Introduzione

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Prefazione
IX
Prefazione
A fronte dello sconfinato dibattito dottrinale e giurisprudenziale sul licenziamento, la risoluzione del contratto di lavoro per mutuo consenso o per atto
unilaterale del lavoratore ha trovato rare occasioni di approfondimento in sede
scientifica. Il tema, evidentemente, attrae poco i giuslavoristi, anche perché –
come osserva Del Conte – “se il diritto del lavoro persegue con la tutela del
posto di lavoro uno dei suoi fini caratterizzanti, le dimissioni ne costituiscono
la contraddizione, ma consentita e legittima perché prodotta dall’autonomia del
soggetto tutelato”.
Dal punto di vista dello studio del contratto di lavoro e delle sue dinamiche
risolutorie, dimissioni e risoluzione per mutuo consenso pongono questioni di
ordine teorico di non minore complessità di quelle poste dal licenziamento e il
saggio di Del Conte offre al dibattito scientifico un rilevante contributo interpretativo sui diversi profili problematici coinvolti.
L’A., confermando la particolare sicurezza nell’addentrarsi fra le pieghe del
diritto privato già dimostrata in altri suoi precedenti saggi, ricostruisce in modo originale e metodologicamente rigoroso il complesso intreccio fra le regole
civilistiche in materia di formazione e risoluzione dei contratti e la specificità
della cifra giuslavoristica.
La libera volontà del lavoratore costituisce il requisito negoziale determinante attorno al quale si ordinano e trovano disciplina gli istituti del diritto comune
che circondano il contratto di lavoro, in un contesto di regole speciali volte a favorire la permanenza in vita del rapporto di lavoro. Libertà che si esprime anche
nella possibilità di negoziare ragionevoli limiti, come avviene nei casi dei patti di
stabilità volti a tutelare l’investimento dell’impresa nel capitale umano, sebbene
mai disgiunta da cautele protettive per il lavoratore. Senza dimenticare che, nei
casi in cui ricorra una giusta causa, le dimissioni del lavoratore si configurano
alla stregua dell’esercizio di un potere che non solo produce un effetto risolutivo
immediato del contratto di lavoro, ma implica anche la sanzione economica dei
comportamenti illeciti della controparte datoriale mediante la connessa azione
risarcitoria.
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Dopo un’analisi sulla disponibilità del diritto di recesso da parte del lavoratore, il saggio approfondisce lo studio delle regole e dei modi in cui si manifesta la
relativa volontà con riguardo alla forma, alla rilevanza dei comportamenti e alle
questioni che attengono alla prova, in specie nel conflitto col datore di lavoro,
quando questi li evoca come indici di accettazione tacita del licenziamento orale.
Originale è anche la rilettura dei vizi del consenso e dei casi di nullità delle
dimissioni, nel delicato equilibrio fra i principi generali che regolano il recesso
unilaterale dal contratto e la tipica condizione di squilibrio negoziale nel quale
versa il lavoratore che si dimette. Questa lettura consente di meglio individuare
la ratio ed i confini di legittimità delle dimissioni anche con riferimento alle
fattispecie specificamente regolate dalla legge (dimissioni per matrimonio, per
gravidanza e puerperio) e in relazione a quei casi particolari nei quali, per la
peculiarità del lavoro svolto e del ruolo ricoperto nell’organizzazione dell’impresa, è la contrattazione collettiva a dettare regole specifiche (dimissioni del
giornalista e del dirigente).
Il tema delle dimissioni per giusta causa è, poi, l’occasione per un confronto
con la disciplina del licenziamento e per una conseguente verifica dell’utilizzabilità, sul versante opposto, del medesimo repertorio di fatti giustificativi e di
requisiti formali. L’analisi evidenzia come la giurisprudenza non si preoccupi
tanto di tracciare una linea di demarcazione tra i fatti rilevanti in caso di licenziamento e quelli utili ai fini della configurazione della giusta causa di dimissioni,
quanto piuttosto di verificare il grado di distorsione degli stessi fatti invocati,
ai fini della loro riconducibilità alla ragione risolutoria del vincolo contrattuale.
Le dimissioni richiamano anche il mai sopito dibattito sulla natura reale del
preavviso, a proposito del quale la crescente critica verso autorevoli ma ormai
risalenti opinioni dottrinali, ha finito per produrre un alternarsi di pronunce
contraddittorie dei giudici di legittimità, spesso indifferenti al richiamo delle
sezioni unite della Corte per una lettura più fedele al testo normativo.
L’opera si conclude confrontandosi con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la speciale disciplina stabilita in materia di estinzione
del rapporto di lavoro subordinato per volontà unilaterale di una delle parti
(sia in caso di licenziamento intimato dal datore di lavoro, che di dimissioni
rassegnate dal lavoratore), non esclude che esse possano convergere nella scelta
di risolvere consensualmente il rapporto, dovendosi ritenere valide ed operative tutte quelle manifestazioni bilaterali dell’autonomia negoziale che danno
luogo alla fattispecie della risoluzione del contratto per mutuo consenso. A tale
proposito, una volta affrontato il nodo interpretativo della valutazione e della
rilevanza costitutiva dei comportamenti delle parti, l’analisi esplora il rapporto
fra le differenti ipotesi di risoluzione del contratto di lavoro per mutuo consenso
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e di dimissioni del lavoratore, rilevando come non di rado entrambe convergano nella finalità tacitamente condivisa dalle parti di prevenire l’insorgere di
eventuali controversie. Ma ciò pone al giudice del caso concreto il particolare
problema dei limiti di indagine sulla volontà delle parti. Se, infatti, l’approccio
interpretativo più risalente era, nel solco del primato della volontà, quello di attribuire minor rilievo alla dichiarazione formalizzata rispetto alla condotta complessivamente tenuta dalle parti, oggi si registra uno spostamento del baricentro
verso la dichiarazione esterna, ove questa sia espressa con formalità esplicite e
semanticamente inequivoche.
In realtà, segnala Del Conte, i due orientamenti procedono in parallelo, alla
ricerca di un equilibrio, secondo un percorso che, allo stato, non ha prodotto
una sintesi bensì, più frequentemente, una composizione che ambisce a
soddisfare entrambi i punti di vista.
In questo itinerario, lungo il quale tocca misurarsi con temi e significati fra
i più sensibili del diritto del lavoro, l’autore conversando e dialogando con i
risultati spesso discordi dell’ermeneutica giurisprudenziale e dottrinaria, rende
i risultati di un’analisi sempre acuta e puntuale.
Stefano Liebman