Trattamento antibiotico della pielonefrite nei bambini (PDF
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Trattamento antibiotico della pielonefrite nei bambini (PDF
Oggi Vol. 99, N. 7-8, Luglio-Agosto 2008 Pagg. 343-346 Trattamento antibiotico della pielonefrite nei bambini. Prospettive attuali Giovanni Montini Riassunto. Le infezioni delle vie urinarie febbrili sono frequenti in età pediatrica: la prevalenza nei lattanti (2-24 mesi) con febbre di origine sconosciuta è di circa il 5%. Nel 1020% dei casi l’infezione renale provoca la comparsa di una cicatrice, che può essere causa di ipertensione arteriosa o ulteriore danno renale. Per tale motivo e per la paura di sepsi associate, la terapia antibiotica raccomandata è stata per lungo tempo aggressiva richiedendo l’utilizzo di antibiotici per via parenterale. Recenti evidenze indicano che le infezioni febbrili delle vie urinarie possano essere trattate in modo altrettanto efficace per via orale. I farmaci raccomandati sono il cefixime e l’amoxicillina-clavulanato per 10-14 giorni. Parole chiave. Amoxicillina-clavulanato, antibiotico-terapia, cefixime, pielonefrite in età pediatrica. Summary. Antibiotic treatment of pyelonephritis in children. Recent advances. Urinary tract infection (UTI) is one of the most common bacterial infections in infancy, its prevalence being 5% in febrile infants (2 to 24 months of age). 10 to 20% of febrile UTIs may result in permanent renal damage (scar), whose long-term significance (hypertension or proteinuria) in previously normal kidneys remains unclear. A wide variety of antibiotic agents have been used, generally administered aggressively by intravenous route and for long periods (up to three weeks), to possibly prevent scar formation and/or sepsis complications. Recent studies suggest that children with febrile UTIs can be effectively treated with oral antibiotics such as cefixime or amoxycillin/clavulanic acid for 10 to 14 days. Key words. Amoxycillin/clavulanic acid, antibiotics, cefixime, pyelonephritis in children. Maria Maria, all’età di 4 mesi, si presenta all’attenzione del curante con febbre (fino a 39,5°C), da tre giorni. La bambina è in buone condizioni generali, ma irritabile, inappetente e con qualche piccolo vomito. Non vi sono segni di localizzazione infettiva, ma lo stick urine dimostra la presenza di leucocituria intensa, nitriti, modesta ematuria. L’urocoltura confermerà più tardi una conta batterica significativa. I seguenti quesiti sono spontanei per il medico che deve decidere come trattare bambini come Maria: • è necessario un trattamento aggressivo, con terapia antibiotica parenterale, che molto spesso, a questa età, richiede ricovero ospedaliero, oppure è sufficiente una terapia meno aggressiva, con antibiotici somministrati per os? • per quanto tempo deve essere continuata la terapia antibiotica? Dipartimento di Pediatria, Azienda Ospedaliera, Padova. Pervenuto il 9 maggio 2008. 344 Recenti Progressi in Medicina, 99, 7-8, 2008 Questi quesiti sono particolarmente importanti per due ordini di motivi; da una parte la necessità di efficacia e di sicurezza clinica del trattamento antibiotico in bambini di età così fragile; dall’altra, la necessità di mantenere un atteggiamento scientificamente valido anche per motivi di sanità pubblica. Infatti, è sorprendente come l’uso della terapia antibiotica, da tutti ritenuta una delle più grandi scoperte della scienza medica, sia basata, molto spesso, su un’evidenza non adeguata e su “dicerie” cliniche1. Un recente lavoro pubblicato su Lancet2 ha molto bene dimostrato una prescrizione ambulatoriale di antibiotici, in 26 nazioni europee, molto diversa quantitativamente (la Francia consuma antibiotici 3,5 volte di più rispetto all’Olanda in termini di dosi/1000 abitanti) e qualitativamente (l’Italia consuma chinolonici 22 volte di più rispetto alla Danimarca, sempre espresso come dosi/1000 abitanti). Lo stesso studio ed anche altri effettuati su soggetti in età pediatrica3 hanno messo in evidenza maggiori percentuali di antibiotico-resistenza nei paesi a maggiore consumo di antibiotico. Cercheremo pertanto di prescrivere la terapia antibiotica di Maria basandoci sull’evidenza disponibile. Infezioni delle vie urinarie Le infezioni delle vie urinarie febbrili (IVU = febbre + leucocituria + urinocoltura con carica batterica significativa) sono frequenti in età pediatrica4: la prevalenza di IVU nei lattanti (2-24 mesi) con febbre di origine sconosciuta è di circa il 5%5. La diagnosi è spesso difficile nel bambino per l’assenza di sintomi specifici e per la difficoltà di eseguire una raccolta di urine sterile nei primi anni di vita. Il metodo ideale è la raccolta del mitto intermedio, ma spesso è necessario ricorrere al cateterismo vescicale, all’applicazione di un sacchetto e, nei più piccoli, alla puntura sovra-pubica. Solo il 60-70% delle infezioni urinarie febbrili ha una localizzazione parenchimale renale, dando il quadro tipico della pielonefrite. Il gold standard per tale diagnosi è rappresentato dalla scintigrafia con 99mTc-DMSA (acido dimercaptosuccinico) agente chelante usato, in passato, per la terapia negli avvelenamenti da metalli pesanti. Il 90% di questo radiofarmaco, dopo iniezione e.v., si lega alle proteine plasmatiche, il che ne impedisce l’eliminazione per filtrazione glomerulare. Un’ora dopo la somministrazione, il 50% della dose somministrata è fissata nei tubuli contorti prossimali, evidenziando le aree di ridotta o assente fissazione, che corrispondono alla sede dell’infezione batterica o pielonefrite. Oggi la procalcitonina, un nuovo indice di infiammazione sistemica, permette la diagnosi di pielonefrite con sensibilità e specificità di circa 80%6. Nel 10-20% dei casi l’infezione renale guarisce lasciando una cicatrice che, se estesa, può interferire con la crescita, la pressione arteriosa e la funzio- nalità renale. Pertanto gli studi sull’efficacia della terapia antibiotica utilizzano la cicatrice renale come misura di efficacia primaria, mentre il tempo di scomparsa della febbre e della sintomatologia clinica e la negativizzazione dell’urocoltura sono considerati misure secondarie di efficacia. Il batterio più frequentemente in causa è Escherichia coli (fino al 90-95% delle prime IVU febbrili del bambino), la cui resistenza deve essere considerata nella scelta dell’antibiotico. Nella realtà italiana questi patogeni urinari sono resistenti all’amoxicillina (40%) ed è stato notato un aumento della resistenza anche al cotrimoxazolo (10-15%); hanno resistenze più basse l’amoxiclavulanato, le cefalosporine di terza generazione, gli aminoglicosidi e i fluorochinolonici; questi ultimi, però, sono farmaci molto poco utilizzati in età pediatrica. Antibiotico-terapia Un’ampia varietà di antibiotici è stata utilizzata per il trattamento della pielonefrite acuta in età pediatrica (vengono esclusi per definizione i bambini nel primo mese di vita che, per il rischio elevato di sepsi, necessitano sempre di terapia molto aggressiva con combinazione di due farmaci per via endovenosa). Divergenze si osservano sia in letteratura sia nella pratica clinica anche per quanto riguarda le modalità di somministrazione della terapia. Nel corso degli ultimi tre decenni si è notata una riduzione dell’aggressività terapeutica passando da terapie molto lunghe, esclusivamente per via parenterale (i miei maestri ricordano di avere trattato con terapia antibiotica a dosaggio pieno per periodi fino a tre mesi) a periodi più brevi: inizialmente per via parenterale (da 3 a 5 giorni), seguite dalla terapia per via orale. Una revisione sistematica della Cochrane Collaboration del 2005 ha preso in considerazione le varie modalità di trattamento della pielonefrite acuta (PNA)7. Tre studi randomizzati e controllati (RCT), tutti pubblicati nel 2001, hanno comparato l’efficacia di una terapia eseguita esclusivamente per via parenterale, rispetto ad una terapia eseguita inizialmente endovena (3-4 giorni) e poi proseguita per os. Non sono state riscontrate significative differenze sia in termine di risoluzione dell’episodio infettivo acuto (negativizzazione dell’urinocoltura), sia come incidenza di reinfezioni e di scar renali alla scintigrafia con DMSA eseguita dopo 3-6 mesi (RR 0,99, 95% IC 0,72-1,37). Nel gruppo trattato con terapia parenterale breve, seguita da terapia orale, la durata dell’ospedalizzazione è risultata significativamente più breve ed i costi del trattamento, conseguentemente, minori. Questo permetterebbe di ospedalizzare meno i bambini con PNA, ma comporterebbe comunque la necessità di un iniziale ricovero. Un quarto studio è stato pubblicato agli inizi di quest’anno a nome della Società francese di Nefrologia Pediatrica. G. Montini: Trattamento antibiotico della pielonefrite nei bambini. Prospettive attuali In questo studio gli autori hanno randomizzato 383 bambini con una prima IVU febbrile a ricevere – dopo un trattamento iniziale per 3 giorni con netilmicina e ceftriaxone ev – o terapia antibiotica per os oppure terapia parenterale con il solo ceftriaxone, per una durata totale di 8 giorni di trattamento8. L’incidenza di cicatrici renali alla scintigrafia con DMSA eseguita dopo 9 mesi dall’infezione è risultata simile nei due gruppi di trattamento. Questi studi e, in particolare quello del gruppo francese, pubblicato quest’anno, evidenziano l’atteggiamento terapeutico aggressivo molto diffuso e che comunque, nella migliore delle ipotesi, richiede l’uso parenterale dell’antibiotico per qualche giorno, con conseguente necessità di ricovero. 345 Questa scelta dovrebbe basarsi su una sorveglianza delle resistenze batteriche verso i patogeni più comunemente responsabili di IVU. Una volta instaurata una corretta terapia antibiotica si ottiene la sterilizzazione delle urine entro 1-2 giorni con scomparsa della temperatura febbrile e dei sintomi associati all’infezione in 3-4 giorni.La persistenza della febbre e/o il persistere di urocolture positive oltre questi termini richiede una rivalutazione della terapia e a volte della diagnosi. Non esistono studi randomizzati e controllati sulla durata della terapia antibiotica; 7-14 giorni sono generalmente consigliati. Il nostro protocollo di trattamento Dal punto di vista pratico, il seguente Solo due RCT9,10 hanno finora comparato una terapia è il protocollo che viene attuato presso il assunta esclusivamente per via orale rispetto a quelnostro Dipartimento per un bambino di la somministrata inizialmente per via parenterale. età compresa tra 2 mesi e 3 anni, con un Dai risultati emerge che non vi sono differenze siprimo episodio di IVU febbrile. gnificative nei due gruppi di trattamento, sia in terIl bambino con IVU presunta deve essere mini di risoluzione a breve termine dell’episodio intrattato empiricamente con terapia antibiofettivo (sterilizzazione dell’urina e defervescenza), sia tica in attesa dei risultati dell’urinocoltura. in termini di possibili esiti a lungo termine (presenLa terapia va quindi iniziata, in caso di positività za di scar renali a distanza). In particolare, lo studio dell’esame delle urine, subito dopo aver ottenuto il italiano, condotto in 28 Pediatrie del nordcampione per la coltura. est dell’Italia, non ha dimostrato differenze La via di somministrazione viene scelta in base significative tra il trattamento per os alle caratteristiche cliniche riassunte in tabella 1. In (n=244) e quello parenterale (n=258), sia per quanto caso di terapia parenterale, il passaggio alla sommiriguarda l’outcome primario [presenza di cicatrici alnistrazione orale dell’antibiotico potrà essere attuala scintigrafia a 12 mesi: 27/197 (13,7%) vs 36/203 to una volta raggiunto uno stabile miglioramento del(17,7%), differenza del rischio −4%, (95% IC da −11,1 le condizioni generali, e mantenuto fino a completaa 3,1%)] sia per outcome secondari [tempo di sfebmento del ciclo di terapia previsto (10-14 giorni). bramento: 36,9 ore (DS 19,7) vs 34,3 ore (DS 20), differenza media 2,6 (da −0,9 a 6,0)]; Tabella 1. Criteri clinici per la scelta della modalità di somministrazione della terapia antibiotica nel bambino (2 mesi- 3 anni) con una prima IVU febbrile. percentuale di urine sterili a 3 giorni: 85/186 vs 203/204, IVU non complicata IVU complicata differenza del rischio −0,05% (da −1,5% a 1,4%)]. Gli stessi risultati sono stati trovati esaminando il sottogruppo di terapia empirica per os terapia parenterale pazienti (n = 278) che avevano una localizzazione renale • bambino febbrile, ma in buone condi- • bambino con febbre >40° o segni e sindell’infezione alla scintigrafia tomi di sepsi zioni generali con DMSA in fase acuta, il • libero di assumere liquidi per os • vomito persistente gruppo di bambini con l’infe• disidratazione moderata/severa • disidratazione lieve zione urinaria più a rischio e • previsione di buona compliance • previsione di scarsa compliance più grave, corrispondente alla vera PNA. Questo suggerisce che le infezioni febbrili delle vie urinarie possano essere trattate in modo altrettanto efficace per via orale, non rendendo dunque più necessario ricoverare i bambini. L’indicazione dell’antibiotico di scelta con cui iniziare il trattamento non è attualmente univoca. Tabella 2. Antibiotici e dosaggio nel bambino (2 mesi- 3 anni) con una prima IVU febbrile, in base alla via di somministrazione. INIETTIVI: ORALI: – Ceftriaxone 50-75 mg/kg ogni 24 ore – Cefixime: 8 mg/kg/die – Cefotaxime: 100-150 mg/kg in 3-4 dosi – Amoxicillina-clavulanato: 50 mg/kg in 2 dosi – Aminoglicosidi* • Gentamicina 7,5 mg/kg/die • Tobramicina 5 mg/kg/die • Amikacina 15 mg/kg/die • Netilmicina 6-9 mg/kg/die *Gli aminoglicosidi non sono di prima scelta in monoterapia; da considerare se presente allergia alle cefalosporine; in monosomministrazione sono efficaci e sicuri frazionati in 3 dosi giornaliere. 346 Recenti Progressi in Medicina, 99, 7-8, 2008 La scelta degli antibiotici, in attesa dell’antibiogramma, e la relativa dose sono riassunte in tabella 2 alla pagina precedente. La terapia antibiotica deve essere proseguita per un minimo di 7 giorni, fino a 14 giorni. Una terapia di 10 giorni sembra ragionevole ed adeguata nella maggior parte dei casi. I criteri di ricovero sono i seguenti: lattante <3 mesi, quadro clinico severo (sepsi, disidratazione, vomito), febbre >40° ascellari, mancato sfebbramento dopo 3 giorni di terapia antibiotica mirata e contesto famigliare inaffidabile. Tornando alla nostra piccola Maria e alle domande che ci eravamo posti all’inizio, possiamo concludere che la bambina può essere trattata con terapia antibiotica per os, senza dover ricorrere ad un ricovero; una durata del trattamento di 10 giorni è sufficiente per trattare in maniera soddisfacente la sua infezione urinaria febbrile. Bibliografia 1. Smith J, Finn A. Antimicrobial prophylaxis. Arch Dis Child 1999; 80: 388-92. 2. Goossens H, Ferech M, Vander Stichele R, Elseviers M; ESAC Project Group. Outpatient antibiotic use in Europe and association with resistance: a crossnational database study. Lancet 2005; 365: 579-87. 3. Chung A, Perera R, Brueggemann AB, et al. 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