Intervento conclusivo del Direttore generale TERLIZZESE

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Intervento conclusivo del Direttore generale TERLIZZESE
Ministero dello Sviluppo Economico
DIPARTIMENTO PER L’ENERGIA
DIREZIONE GENERALE PER LE RISORSE MINERARIE ED ENERGETICHE
IL DIRETTORE GENERALE
IL SETTORE ESTRATTIVO IN ITALIA
ANALISI E VALUTAZIONE DELLE STRATEGIE COMPETITIVE
PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Milano, 9 aprile 2013
Sala del Consiglio della Scuola di Economia e Statistica
Università di Milano - Bicocca - Via Bicocca degli Arcimboldi, 8 - Edificio U7 - IV piano
(Ing. F. Terlizzese, intervento conclusivo - ore 12.50)
Abbiamo molto apprezzato l’opportunità di ritrovarci a convegno dopo meno di un anno
dall’ultimo incontro ufficiale organizzato sempre da Criet e LabMP, svoltosi a Roma lo scorso
luglio. L’apprezzamento va soprattutto a questo pregevole lavoro di ricerca che analizza e ci
aggiorna puntualmente sullo stato economico - finanziario del settore estrattivo, ma
approfondisce anche le strategie competitive perseguite dalle imprese che vi
appartengono.
I dati che sono stati raccolti e così rappresentati sono largamente significativi e mettono
in risalto il peso rilevante dell’industria estrattiva italiana per l’economia nazionale,
che genera un volume d’affari annuo pari a 4 miliardi di euro diretti ed arriva fino a
40 miliardi se si prende in considerazione l’intera filiera di settore, ma evidenziano
altresì che, in termini di fatturato, le imprese si concentrano principalmente nella
classe delle micro e piccole imprese, specificità estesa a tutto il tessuto imprenditoriale
italiano, e sono comunque concentrate per lo più nel Nord Italia.
Al contempo i dati ci inducono ad alcune riflessioni iniziali tra cui quella relativa alla forte
componente territoriale delle attività del settore che spesso genera conflittualità e
problemi di accettabilità presso la popolazione locale ma anche complessità legate alla
difficoltà di crescita dimensionale delle aziende e conseguentemente alla loro
opportunità di internazionalizzazione.
In particolare ciò che emerge dalla sezione dell’indagine relativa alla valutazione del
settore è che esso soffre dell’esistenza di troppi vincoli burocratici ed anche dello
scarso sostegno da parte delle istituzioni da cui si desume una richiesta a gran voce in
direzione non solo di una semplificazione amministrativa ed autorizzativa ma anche di
una politica nazionale sulle materie prime che produca certamente un
ammodernamento
normativo
e
garantisca
al
Paese
una
continuità
nell’approvvigionamento di materie prime, nel riciclo e nella loro sostituzione,
secondo i criteri improntati allo sviluppo sostenibile, così come ci viene richiesto dall’Unione
Europea.
Via Molise, 2 – 00187 Roma
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E’ sicuramente da evidenziare anche il dato emerso dalla sezione dell’indagine
riguardante la produzione che ci parla chiaramente dell’attenzione delle aziende alla
qualità del loro prodotto, spesso certificato anche nell’ambito del processo, ritenuto un
presupposto strategico per raggiungere una più alta quota di mercato.
Ma non basta probabilmente per “riqualificarsi”, “rinnovarsi” e “sopravvivere”.
Vi è, infatti, un cenno particolare da fare alle problematiche affioranti nelle sezioni
dell’indagine dedicate alla competitività e all’internazionalizzazione: nella prima sezione
citata emerge che le aziende spesso puntano sull’innovazione di processo e sulla
formazione delle risorse umane, sulla valorizzazione del know-how, riconoscendoli
come strumenti che possono portare a un vantaggio competitivo. Di contro si rileva un forte
grado di criticità nell’organizzazione della rete commerciale, nella ridotta
dimensione aziendale e quindi nella quasi totale assenza di una pianificazione
strategica,
almeno
a
livello
interno,
tutti
aspetti
strettamente
legati
all’internazionalizzazione e alla difficoltà a sostenere strategie di espansione
all’estero. Alcune aziende hanno comunque costruito e attuato strategie di
internazionalizzazione, anche se l’attività di estrazione è chiaramente legata alla presenza
della risorsa in un determinato territorio e prevede costi di trasporto spesso proibitivi
nell’economicità interna di un’impresa: certamente le esportazioni restano un elemento di
forza rispetto all’estrazione diretta all’estero evidenziando inoltre che la vendita di materie
prime sui mercati stranieri è di recente avvio e che essi solo localizzati non in modo
aggregato ma si trovano estesi in tutti i continenti.
La nostra riflessione dovrebbe quindi rivolgersi verso quell’ambito di miglioramento e
trasformazione positiva del settore estrattivo che può identificarsi nella capacità di
sviluppare reti d’impresa e collaborazioni non soltanto a livello italiano ma anche con
aziende straniere che, ad esempio, puntano anch’esse sull’eccellenza del prodotto, e
verificare l’esistenza di raggruppamenti strategici già avviati o quanto meno analizzarne le
best practices che li hanno portati al successo.
A tal proposito segnalo che il Ministero dello Sviluppo Economico ha fissato, attraverso il
Decreto Ministeriale del 22.11.2012 ed il decreto del Direttore Generale per le politiche di
internazionalizzazione e la promozione degli scambi dell'11.01.2013, i “Criteri e le modalità
per la concessione dei contributi ai Consorzi per l’internazionalizzazione”. Va
evidenziato l’ampliato ambito di operatività dei Consorzi per l’internazionalizzazione che
possono avere ad oggetto una vasta gamma di attività che va dalla diffusione internazionale
dei prodotti e dei servizi delle PMI, al supporto alla loro presenza nei mercati esteri anche
attraverso la collaborazione ed il partenariato con le imprese estere. A queste attività
possono aggiungersi quelle relative all’importazione di materie prime e di prodotti
semilavorati, alla formazione specialistica per l’internazionalizzazione, alla qualità,
alla tutela e all’innovazione. Altro elemento di novità è rappresentato dalla possibilità di
ampliare la compagine consortile associando al consorzio anche enti pubblici e privati, banche
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e imprese di grandi dimensioni, sia pur non destinatari del contributo pubblico. I Consorzi per
l’internazionalizzazione possono ottenere un contributo fino al 50% delle spese sostenute e
approvate dal Ministero per lo svolgimento di attività promozionali di rilievo nazionale per
l’internazionalizzazione delle Piccole e Medie Imprese.
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Il lavoro svolto da Criet non ha la pretesa di essere esaustivo ma, svolto ormai
da anni con encomiabile continuità e dettaglio indica certamente una strada.
La prima domanda che ci poniamo è quindi se questa strada può essere percorsa
attraverso una proposta fatta di più azioni:
1. una nuova legge quadro con delega per l’emanazione di norme attuative;
2. l’istituzione di un organismo di coordinamento della politica estrattiva e di
ripristino, con la funzione di verificare l’attuazione delle norme e che possa essere
anche il luogo di formazione del personale con una cultura e preparazione specifica
con canoni comuni, senza comunque limitare l’autonomia regionale;
3. una strategia nazionale di approvvigionamento delle materie prime.
Esaminiamo le tre azioni, tra loro strettamente connesse.
1 – NUOVA LEGGE QUADRO
Sembra necessario partire dal quadro regolatorio di riferimento, antiquato a livello
generale e frammentario nelle norme di settore di più recente produzione regionale.
La materia è regolata da fonti antichissime. Basti solo pensare che è ancora in vigore
l'Editto sulle cave di marmo di Massa e Carrara promulgato da Maria Teresa nel 1751 ed il
noto R.D. 1443 del 1927 costituisce ancora oggi la legge fondamentale di riferimento. In
esso si stabiliva che la ricerca e la coltivazione di sostanze minerali e delle energie del
sottosuolo si distinguevano in due categorie, miniere e cave, ma ormai da molto tempo la
produzione di minerali di seconda categoria, come numero di attività in corso, di volumi di
minerale estratto e di valore commerciale del prodotto supera quella dei minerali di prima
categoria.
Esso, tuttavia, fu elaborato in un ordinamento giuridico profondamente diverso
dall’attuale. In primo luogo all’epoca non vi era alcuna previsione di forme di competenza
regionale e locale, mancando del tutto l’organismo regionale. Ne derivava che tutto
apparteneva allo Stato, artefice della normativa e controllore del risultato. In
secondo luogo, ma non di secondaria importanza, mancava un momento “superiore” di
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raccordo e di indirizzo quale è attualmente la dimensione comunitaria. Con
l'istituzione della forma di governo regionale, nei primi anni settanta, la materia è stata
trasferita alle Regioni con il D.P.R. 616/1977.
Il quadro normativo e regolamentare che si è oggi determinato, pur rispondendo
positivamente alla necessità di un’attenta e dettagliata programmazione degli interventi in
sede locale, manca di quei requisiti di uniformità necessari alla programmazione degli
investimenti e non consente comunque una verifica del raggiungimento dei livelli minimi di
qualità del sistema estrattivo sul piano nazionale, richiesti anche dall’Europa.
Quanto premesso, da solo, renderebbe necessario delineare una nuova cornice
normativa per l’attività estrattiva in Italia la quale dovrebbe puntare a dettare,
anche se non negli aspetti “ tecnici”, una disciplina uniforme e di coordinamento
sull’intero territorio nazionale.
Non si deve dimenticare inoltre che la riforma del Titolo V della Costituzione,
attraverso il nuovo riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni ha fatto emergere quelle
che la Corte Costituzionale definisce “materie trasversali” le quali sono degli “aggregati
di situazioni” che, pur non costituendo una materia a sé stante (ai sensi della riforma
del titolo V del 2001, art.117 Cost.), permeano altre materie. L’ambiente è una di
queste materie trasversali per cui, come ha più volte affermato la Corte
Costituzionale, spetta allo Stato il compito di fissare standard di tutela uniforme su
tutto il territorio nazionale. Ne consegue che lo Stato potrebbe e dovrebbe anche
intervenire per fissare limiti e criteri per l’attività estrattiva.
Lo stato della presente legislazione e l’organizzazione delle strutture non consentono
però al Ministero e alle Regioni e Province di intervenire in maniera più incisiva e coordinata.
Ciò che emerge dalla ricerca Criet è invece il fatto che le imprese estrattive
auspicano un nuovo strumento normativo che potrebbe essere costituito proprio
dall’auspicata legge quadro per rispondere proprio alle mutate esigenze sia
dell’industria sia della stessa Amministrazione pubblica.
2 - ORGANISMO DI COORDINAMENTO
Quanto premesso consente quindi di introdurre la seconda proposta di azione ovvero la
costituzione, da prevedere nell’ambito della legge quadro, di un organismo di
riferimento volto a garantire l’uniforme attuazione delle norme di settore, nonché
l’idonea formazione del personale tecnico destinato alla gestione delle attività estrattive ed a
quelle di vigilanza, con una cultura e preparazione specifica con canoni comuni, senza
comunque limitare l’autonomia regionale.
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3 - STRATEGIA NAZIONALE DI APPROVVIGIONAMENTO DELLE MATERIE PRIME
Nell’ambito della “European Innovation Partnership on Raw Materials”, nel mese di
settembre 2012 si è conclusa la call for expression della Commissione Europea e la
candidatura italiana, in particolare quella della Direzione Generale per le Risorse Minerarie ed
Energetiche, ha portato alla nomina di un rappresentate istituzionale italiano
all’interno del progetto. La Comunità Europea ha quindi ufficialmente avviato l’iniziativa con
l’obiettivo di sviluppare un Piano Strategico di Attuazione per le materie prime entro
la fine del 2013. L'EIP sulle materie prime riunirà gli Stati membri dell'Unione Europea e
altri soggetti interessati (imprese, ONG, enti di ricerca, ecc).
E’ chiaro quindi che per il nostro Paese non è più procrastinabile l’ADOZIONE DI
UNA STRATEGIA NAZIONALE DELLE MATERIE PRIME non energetiche che definisca
le reali necessità dell’industria italiana e solleciti quindi lo sviluppo di ampi
programmi e riforme di settore, in analogia con quanto recentemente realizzato per il
settore energetico nella Strategia Energetica Nazionale.
Senza un’azione coerente, trasparente e coordinata tra i molteplici livelli
interessati - comunitario, nazionale e locale - il settore minerario italiano non sarà
in grado mantenere la propria competitività in ambito europeo. La posizione
dell’industria mineraria italiana in Europa può essere mantenuta e rafforzata solo in presenza
di un interesse interno considerevole. Per far fronte a questa sfida occorre quindi un’azione
congiunta tra tutti gli attori: Amministrazioni centrali e decentrate, associazioni di
categoria, mondo industriale, società civile e associazioni ambientaliste.
In quest’ottica la strategia nazionale di approvvigionamento delle materie prime deve
intendersi come un programma di politiche ambientali, sociali, economiche e
culturali, costruito in modo partecipato fra le parti a vario titolo coinvolte al fine di
delineare opportune strategie di sviluppo sostenibile del settore da realizzarsi attraverso
iniziative concrete per l’organizzazione del territorio, la fornitura dei servizi e la loro qualità.
Infatti, la strategia è il metodo di pianificazione meglio orientato ad agevolare la
comprensione, il dialogo e la ricerca di soluzioni fra attori diversi, favorendo e
facilitando la creazione di pratiche partecipative. La dimensione partecipativa oltre ad
aiutare l’aggregazione e la coesione fra gli attori coinvolti, garantisce un elevato grado di
trasparenza della procedura nel suo complesso.
Sotto il profilo operativo, la strategia dovrebbe delineare in particolare l’individuazione
e lo scambio delle migliori pratiche di definizione delle politiche minerarie e di gestione del
territorio, la promozione dell’eccellenza italiana e delle competenze tecniche, il miglioramento
delle condizioni del contesto regolatorio.
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Più in dettaglio, gli obiettivi operativi possono essere declinati tra l’altro come:
•
•
•
•
•
•
rafforzamento della politica nazionale delle materie prime;
riduzione dell’impatto ambientale del settore estrattivo incrementandone la
produttività ma nel contempo promuovendo uno sviluppo sostenibile del
territorio;
promozione del recupero ambientale e della produzione di materie prime
seconde;
contributo alla crescita culturale del settore incrementando anche le expertise
degli addetti ai lavori;
sostegno all’innovazione tecnologica e alle attività di R&S;
sostegno
attivo
alle
imprese
in
termini
di
supporti
all’internazionalizzazione, alla tutela del marchio e della qualità dei
prodotti estrattivi nazionali e alla creazione di reti all’interno della filiera
produttiva.
In particolare ci interessa soffermarci proprio sul tema della filiera perché secondo noi è
assolutamente necessario tentare di identificare quali sono i gap di quella italiana nel
settore delle materie prime (esplorazione, estrazione, lavorazione, riciclo e recupero,
sostituzione e materiali alternativi), per poi occuparsi di recepire e comprendere in
dettaglio le esigenze ed i fabbisogni delle imprese, porli all’attenzione dei ministri
competenti in materia anche al fine di cooperare con quei Paesi che ci potranno
permettere di colmare i gap riconosciuti ed infine definire azioni di alto livello per
rafforzare il partenariato tra il Governo e le imprese.
Ma crediamo anche che le imprese debbano chiedere alle proprie associazioni di
categoria di farsi avanti e sostenerle proprio nella fase di espressione delle loro
esigenze, dei loro fabbisogni. Solo così lo Stato potrà agire garantendo azioni
pianificatorie e programmatiche, utili all’industria e al Paese, per uno sviluppo
sostenibile delle risorse. In definitiva, la strategia nazionale di approvvigionamento delle
materie prime dovrà necessariamente individuare un equilibrio fra esigenze industriali e di
sviluppo economico del Paese.
Proprio in relazione alla proposta di una strategia è doveroso sottolineare che altri
paesi quali Regno Unito, Germania, Norvegia, ma soprattutto la Francia hanno
recentemente deciso di rivedere la loro strategia nazionale per le materie prime e i
piani di azione in materia di sicurezza e approvvigionamento. In particolare la Francia
ha deciso di realizzare un progetto imponente di revisione e aggiornamento dei dati
della ricerca mineraria di base, ferma alla fine degli anni ’60. Molti paesi europei
intendono anche procedere alla riapertura di vecchie miniere e all’apertura di nuove
affrontando le problematiche della sostenibilità delle attività, dell’inquinamento e
dell’impatto ambientale, attraverso l’impiego di tecnologie all’avanguardia nel settore per
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la minimizzazione dell’impatto sia sul territorio che sulla popolazione, sviluppando così il
concetto del “mining sostenibile”. Il rischio concreto è quello che l’Italia, senza azioni
urgenti e concrete, possa segnare il passo anche su questo tema che invece ci permetterebbe
di essere competitivi e affidabili in Europa.
La necessità per l’Amministrazione pubblica di reperire ed elaborare informazioni
è la chiara risposta e l’espressione del ruolo strategico che essa è chiamata a svolgere, cioè
quello di programmare e governare. Si è ormai ampiamente radicato il concetto secondo
cui è necessario conoscere per programmare, perché senza programmazione non
sussiste la possibilità di creare continuità tra un processo di sviluppo di breve
periodo con uno di medio e lungo periodo. Ciò non può essere sganciato né dalla
conoscenza dei fabbisogni dell’industria né tantomeno dalla conoscenza approfondita del
territorio ai fini di una successiva definizione delle priorità di azione, di un’attenta
valutazione delle ricadute degli investimenti pubblici e privati da programmare o già attivati,
soprattutto perché la valutazione stessa diviene elemento di garanzia del processo di
programmazione. Il processo conoscitivo prevede quindi una fase di raccolta, di
organizzazione e di elaborazione di una serie di informazioni quantitative e qualitative che
permettano di conoscere al meglio le potenzialità del nostro territorio e
razionalizzare le conoscenze minerarie del Paese.
A tal proposito molti di voi ricorderanno che circa 30 anni fa, con l’emanazione della
legge n°752/82, in particolare l’art. 4, ha avuto inizio un’azione organica di sostegno
da parte dello Stato al comparto minerario, meglio conosciuta come RICERCA
MINERARIA DI BASE. L’architettura dello strumento di aiuto definito dalla legge in
questione è ancora attuale ed è incentrato sull’istituto della ricerca mineraria di base che lo
Stato conduce per individuare nuove aree di interesse per la successiva ricerca operativa da
parte delle imprese, la quale è mirata ad ampliare le potenzialità estrattive delle miniere
esistenti, nonché ad individuare nuovi giacimenti da avviare alla coltivazione. L’esecuzione
del piano organico ha avuto inizio nel 1986.
La Ricerca Mineraria di Base fu interamente finanziata dallo Stato e ad essa ha
partecipato attivamente anche la Div. V della DGRME “Laboratori di analisi e di
sperimentazione per il settore minerario ed energetico” che ha lavorato inoltre a creare un
grande archivio storico con le analisi sui minerali industriali che partono addirittura
dal 1889 per giungere ad oggi. Obiettivo principale fu quello di fornire dati di fondo per la
valutazione del potenziale minerario esistente e di segnalare indizi di corpi mineralizzati e fu
comunque finalizzata non solo all’accertamento di giacimenti e riserve (compito della ricerca
mineraria operativa) ma soprattutto all’ottenimento di una prima serie di indizi, diretti o
indiretti, sulla presenza di obiettivi minerari e sulla loro natura. Si misero così a disposizione
degli operatori gli obiettivi di ricerca già “sgrossati”, tali da ridurre le condizioni di rischio, di
costo esplorativo ed incoraggiare iniziative imprenditoriali di settore.
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I risultati furono tra l’altro un censimento globale delle manifestazioni minerarie, la
definizione dei contesti geologico – strutturali delle mineralizzazioni e la loro
caratterizzazione, le verifiche sul terreno e la predisposizione di un database informatizzato.
I numeri: bibliografia e documenti (11.446), cartografie geologico – strutturali (74),
carte delle mineralizzazioni e metallogeniche (80), schede geominerarie e schede sondaggi
(8.703), carte tematiche (41), campioni raccolti (1.936), campioni analizzati (1.638),
frazioni minerali pesanti esaminate (1.506), volumi cartacei (circa 560).
Molti ancora oggi, a cominciare dal mondo universitario e scientifico, ci
esprimono un grande interesse per questi risultati e ci chiedono di conoscere e
pubblicizzare questo immenso patrimonio di conoscenza. Le risorse umane ed
economiche ci rendono difficile concretizzare queste richieste nell’immediato futuro ma
potremmo pianificare, attraverso convenzioni ad hoc, la possibilità di realizzare un
“PROGETTO PILOTA” ad esempio in aree di particolare interesse strategico in cui
sono stati censiti indizi diretti o indiretti della presenza di Terre Rare.
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