divisione polizia anticrimine squadra mobile 2^sezione

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divisione polizia anticrimine squadra mobile 2^sezione
QUESTURA DI PISA
Divisione Polizia Anticrimine
Squadra Mobile
2^ Sezione
Tel. 050/583646 – Fax 050/583642 aut
e-mail: [email protected]
L’attività della seconda sezione della Squadra Mobile
Si tratta della sezione che si occupa dei reati contro la persona , subiti da minori, violenze sessuale e
prostituzione.
Alla Squadra Mobile della Questura di Pisa ci sono tre donne, un Sostituto Commissario un Sovrintendente
Capo e un’Assistente Capo, donne che hanno maturato un’esperienza professionale nel settore, ormai
collaudata.
Quotidianamente l’attività della sezione pone al centro dell’attenzione la vittima, sia essa maggiorenne che
minorenne.
E’ dalle vittime di reato come le violenze sessuali o gli abusi sessuali che si possono avere le maggiori
informazioni sui fatti a loro accaduti ed è solo stabilendo un rapporto di fiducia che si riesce a conoscere
dalle parti offese i modus operandi degli aggressori e tutti quei particolari che possono fare la differenza
perché l’indagine stessa vada a buon fine.
Si deve riuscire a raggiungere, talvolta anche scandagliare, l’intimità di una persona e a vincere una serie di
barriere emotive, che non sempre è scontato superare.
Fondamentali, in casi di violenza sessuale, sono state le notizie intime acquisite su determinate
caratteristiche fisiche dell’aggressore che poi hanno permesso di individuare con assoluta certezza l’autore
del fatto.
Per le vittime minorenni l’attenzione e la sensibilità sono maggiori.
Vengono sempre sentiti avendo cura di tutelare maggiormente la loro personalità e la loro sensibilità in
modo che tale evento non possa mai essere traumatico.
In genere i minori di anni quattordici vengono sempre sentiti in locali diversi da Uffici di Polizia e alla
presenza di consulenti tecnici. Per alcune tipologie di reato (sfruttamento sessuale di minori, violenza
sessuale, adescamento di minori) da ottobre 2012 è obbligatorie sentire i minori nel corso delle indagini
preliminari alla presenza di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, ma questo in genere veniva già
fatto ed è attività consueta e consolidata.
Le modalità con cui viene condotta l’audizione protetta del minore sono quelle che mirano a mettere a
proprio agio il minore fin da subito in modo che lo stesso possa stabilire una buona comunicazione con gli
operatori. Le domande rivolte al minore saranno sempre domande aperte che non contengono mai una
risposta.
Diventa anche qui fondamentale il rapporto di fiducia che il minore istaura con gli operatori perché sia a suo
agio nel raccontare i fatti accadutigli.
I bambini sono soggetti ritenuti capaci di testimoniare anche molto piccoli. Tale capacità di testimoniare
viene valutata conducente l’intervista con il C.T.
Fermo restando che la testimonianza di un bambino è sempre un’esperienza “forte2 per lui, in linea di
massima si può dire che per un bambino è più facile raccontare ciò di cui è stato vittima quando l’abuso si
verifica fuori dalla famiglia o da parte di adulti che non gli sono legati da relazioni affettive.
L’attività di P.G., sia antecedente che successiva alle dichiarazioni delle vittima, è ampia e varia, ed avrà un
esito più facilmente positivo quanto maggiori sono le informazioni che si possono acquisire dalle p.o..
Le donne vittime di violenze domestiche e familiari arrivano a denunciare il proprio marito o compagno di
vita o semplicemente fidanzato dopo aver subito dallo stesso, anche per lunghi periodi, maltrattamenti di
ogni genere. Ci sono stati casi in cui la vittima di un reato grave come il tentato omicidio avvenuto con un
accoltellamento si è rifiutata di dire la verità sui fatti, nascondendo di essere stata già in precedenza
maltrattata, perché era entrata in un cerchio di “amore-dipendenza” con l’autore dei fatti che non gli
permetteva di veder le cose nella giusta dimensione.
QUESTURA DI PISA
Divisione Polizia Anticrimine
Squadra Mobile
2^ Sezione
Tel. 050/583646 – Fax 050/583642 aut
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Nell’ambito delle violenze domestiche, al fine di far capire quanto può essere determinante il ruolo della
testimonianza della vittima, ci viene a mente il caso di una signora non più giovane e paraplegica da molti
anni, che ha trovato il coraggio di denunciare le violenze subite dal marito per molti anni. L’intero impianto
accusatorio si è basato prevalentemente sulla testimonianza della donna, avvalorata da riscontri oggettivi,
pur essendo solo marito e moglie all’interno della casa e la maggioranza dei fatti verificatasi tra le mura di
casa.
Le vittime di atti persecutori meritano particolare attenzione perché temono per la loro incolumità e perché
sono vittime di un reato che, frequentemente si evidenzia con una progressiva gravità di interferenze illecite
nella vita della vittima, fino a raggiungere conseguenze estreme, se non si interrompe l’attività dello stalker.
Si può ricordare che abbiamo trattato il caso in cui la vittima di tale reato era un uomo e la ex fidanzata gli
aveva reso la vita simile ad un incubo.
Una studentessa universitaria che viveva a Pisa per motivi di studio aveva intrapreso una relazione con un
altro ragazzo italiano e la relazione si è trasformata per la ragazza in una vera “dipendenza” dal suo uomo
tanto da non vedere nella giusta ottica le cose che le stavano accanendo, arrivando a sopportare botte non
solo date con le mani ma anche con catene e altri oggetti contundenti e vivendo in un clima di terrore senza
riuscire a confidare questa storia ai genitori, ma solo a qualche amica che non è però riuscita a fare tesoro
del racconto della vittima e non è stata subito pronta a denunciare l’accaduto e quindi interrompere quel
circolo vizioso che si crea tra vittima e aggressore, quando la vittima si convince che può cambiare la
persona che ha al fianco e non riesce a vedere i fatti in maniera obiettiva.
Appare quindi fondamentale la collaborazione del cittadino terzo rispetto ai fatti che ha una visione più
obiettiva della situazione e che può percepire il pericolo, mentre la persona direttamente coinvolta per motivi
anche psicologici non vede.
L’aspetto psicologico della vittima va quindi sempre tenuto ben presente. Si ricordo il caso di un’indagine
per maltrattamenti in famiglia da parte di un marito nei confronti della moglie, che l’ha denunciato; le
indagini portarono all’allontanamento dalla casa famigliare nei confronti marito, ciò nonostante la donna al
processo contro il marito violento, si è presentata in aula sottobraccio a lui.
Ci occupiamo anche di prostituzione minorile e pedopornografia come da recenti fatti di cronaca in cui, è
doveroso sottolineare, l’indagine è iniziata grazie ad una segnalazione della scuola. Questo per dire che è
fondamentale che l’ufficio mantenga costanti e proficui rapporti di collaborazione e di informazione con le
istituzioni e gli enti che sono in contatto con i minori o comunque con le cd. fasce deboli. In quest’ottica
hanno un ruolo fondamentale anche i rapporti di collaborazione con i centri antiviolenza e le associazioni di
tutela delle donne vittime di maltrattamento o sfruttamento.
Negli anni si sono consolidate delle prassi e dei modus operandi che coinvolgono molte figure professionali
che operano sul territorio, prassi che hanno portato poi a dei protocolli di intesa che in questa provincia sono
operativi ed efficaci.
Per fortuna una gran parte dell’attività che svolgiamo serve a verificare che l’ipotesi di reato iniziale era
inesistente. Ciò comporta comunque un’attività investigativa capillare e articolata, perché anche per
dimostrare che un fatto non sussiste occorre approfondire scrupolosamente la vicenda.