Libera Lady Khmer, l`aguzzina del sesso ordinato da Pol Pot

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Libera Lady Khmer, l`aguzzina del sesso ordinato da Pol Pot
Ieng Thirith, 80 anni, era uno dei principali imputati al processo
contro i superstiti del regime cambogiano. Malata di Alzheimer, la
ex ministro degli Affari sociali cognata del dittatore, non dovrà
scontare la pena.
Libera Lady Khmer,
l’aguzzina del sesso ordinato da Pol Pot
PRIMADONNA
leng Thirith,
80 anni, è stata
ministro degli
Affari Sociali
nel regime dei
Khmer Rossi
e dunque
la donna con
la carica più
alta nel Paese
LA FAMIGLIA
Thirith ha sposato
leng Sary, altro
esponente del
regime, e
soprattutto è stata
cognata di Pol
Pot, che aveva
sposato in prime
nozze sua sorella,
Khieu Ponnary
LE ACCUSE
Nel 2007 è stata
arrestata perché
accusata di crimini
contro l'umanità,
accoppiamenti
coatti e di aver
partecipato
al genocidio
di circa 2 milioni
di cambogiani
Uno trai principali imputati al processo i contro i superstiti del sanguinario regime
cambogiano dei khmer rossi ha perso ogni ricordo a causa dell’Alzheimer. È un nuovo significativo e
simbolico colpo alla memoria collettiva di uno degli stermini più infami della storia umana.
Il suo nome è Ieng Thirith, 80 anni, ex prima donna di un regime ultracomunista che non prevedeva
prime donne.
In virtù di questa sua progressiva e per lei provvidenziale malattia, la ex ministro degli Affari sociali sotto
il sanguinario governo di Pol Pot (suo cognato), che studiava e recitava Shakespeare alla Sorbona,
accusata "direttamente e indirettamente" di aver pianificato e ordinato il genocidio di 2 milioni di
cambogiani, sarà esclusa dalle successive udienze del Tribunale internazionale. Dopo la decisione dei
giudici, basata sui referti medici e l'apparente evidenza, Thirith è tornata già a casa sua, cinque anni
dopo l'arresto per crimini contro l'umanità. In aula continueranno a giudicarla, ma lei forse non saprà
nemmeno il verdetto o non lo capirà, nello sconosciuto mondo di vuoto in cui si è rifugiata.
BANGKOK -
Dopo la condanna nell'unico processo già svolto contro il solo "Duch", alias Kaing Guek Eav, il
torturatore della famigerata prigione di Tuol Sleng, alla sbarra per genocidio ormai restano solo gli ultimi
tre compagni ancora vivi del vecchio Partito, responsabile tra il 75 e il 79 di stragi, torture, morti per
fame.
Prima di diventare ufficialmente incapace di intendere, nel 2009 Thirith ha lanciato il suo ulti mo
anatema di 15 minuti contro il mondo intero, durante una lucidissima autodifesa nella quale ha negato
di aver fatto uccidere anche una mosca, pur rivendicando ogni mossa del partito, contrario alla
dipendenza dall'Occidente capitalista. «Se la situazione è poi sfuggita di mano, non è lei responsabile»,
dice la sua difesa. Ma di certo, con suo marito e Pol Pot, la compagna Thirith ha pianificato dalle
fondamenta una società livellata all'estremo, sulla base dell'ispirazione ricevuta negli Anni '50 dai futuri
capi dei khmer rossi alla scuola ideologica dei comunisti francesi, decisamente filo-stalinisti. Parte
dell'attività del suo ministero consisteva nel programmare gli accoppiamenti tra compagni privandoli di
ogni risvolto sentimentale. Per esempio in una stanza dove erano raccolti maschi e femmine si spegneva
la luce e le coppie erano formate a un ordine del capo del partito.
Intelligente e piena di carattere, figlia di un ricco giudice che l'ha mantenuta alla Sorbona con sua
sorella, futura sposa di Pol Pot, colpita a sua volta da demenza precoce, leng Thirith è stata la prima
cambogiana a ottenere una laurea in Letteratura inglese. È stata anche l'unica donna con un certo
potere al vertice di un movimento del quale era parte del nucleo ideologico, determinato a sterminare
gli "improduttivi" intellettuali nonostante lei stessa avesse insegnato inglese e gestito una scuola privata
per un lungo periodo.
II suo abbandono dell'aula delle udienze ha profondamente contrariato i rappresentati delle vittime, che
lamentano la lentezza del giudizio. Ou Virak, presidente del Centro cambogiano per i diritti umani e figlio
di un contadino ucciso prima che lui nascesse, ha detto che «stando così le cose, almeno un altro o due
imputati non vedranno la fine del processo».
RAIMONDO BULTIRINI – la Repubblica – Venerdì 14 settembre 2012