Il geniocidio Cambogiano

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Il geniocidio Cambogiano
Il genocidio cambogiano,
Pol Pot e i Khmer Rossi
O. Giuriato
La vicenda cambogiana sotto la dittatura dei Khmer Rossi è forse la sintesi di tutto il percorso
storico fatto dall'utopia comunista attraverso i suoi dittatori, le sue rivoluzioni ma sopratutto
attraverso i suoi massacri. Nell'azione di Pol Pot e dei suoi seguaci si raggiunge l'apice dell'orrore
scaturito da una folle teoria rivoluzionaria. Lo spopolamento di intere città, la costruzione di una
nuova civiltà contadina, il mito della monocultura risicola, l'annullamento di qualsiasi legame o
sentimento umano od il massacro di intere minoranze e classi sociali, sono solo gli aspetti più
evidenti della società che il dittatore cambogiano ha tentato di creare. In un intreccio storico di
colonialismo, imperialismo e comunismo ed in un'area geografica tra le più esplosive dell'intero
pianeta, è stato perpetrato quello che forse può essere considerato il più grande massacro di ogni
tempo.
La Cambogia prima di Pol Pot
Prima dei mostruosi sconvolgimenti provocati dalla follia dei Khmer Rossi, la Cambogia era una
piccola nazione del sud-est asiatico etnicamente piuttosto omogenea nel quale la grande
maggioranza della popolazione era composta dall'etnia Khmer e le principali minoranze presenti
erano quelle cinesi, che controllava il commercio, vietnamita e Cham, composta da circa 100.000
individui di fede islamica.
Ampi tratti delle caratteristiche del popolo cambogiano vengono direttamente dal periodo del
potente regno di Angkor: culto del sovrano, violenza intrinseca generata dal brutale sistema penale,
contrapposizione netta tra contadini poveri e ricchi cittadini. Questa rigida impostazione giocherà
un importante ruolo nelle vicende che sconvolgeranno la nazione in seguito.
I templi di Angkor
Nel XV secolo il paese viene occupato dal Siam che, alternativamente ed insieme a l'Annam,
mantengono un protettorato su di esso fino al XIX secolo. Per evitare l'annessione, nel 1853 il
sovrano Ang Duong invoca l'aiuto francese che viene solo dieci anni dopo. La Francia è interessata
infatti a creare uno stato cuscinetto tra il Siam, colonia inglese, e i suoi territori in Vietnam. Nel
1941 i giapponesi occupano Phnom Penh ma sono cacciati nel '45 quando viene anche proclamata
l'indipendenza della Cambogia. Un anno dopo, però, i francesi ritornano per ridare, nel 1953, la
sovranità al paese che viene governato dal re Norodom Sihanouk. Egli, per dare una parvenza di
democrazia, abdica in favore del padre e fonda un nuovo partito, il Sangkum, con il quale vince le
elezioni del '55 ritornando alla guida del paese. Sihanouk cerca di rilanciare l'economia nazionale e
di ristrutturare l'educazione e la sanità. Persegue inoltre una politica neutralista sia nei confronti
dell'Occidente sia del blocco comunista. La Thailandia, però, preme per modificare i confini
tracciati dai francesi mentre dal Vietnam del Sud arrivano numerosi profughi cambogiani vittime di
persecuzioni. A questo punto il principe stringe i legami con la Cina ed accetta l'installazione di basi
militari vietcong lungo la frontiera: questo provoca l'intervento statunitense che bombarda queste
postazioni. Nel gennaio del '70 Sihanouk si reca in Francia ed il Primo Ministro Lon Nol ne
approfitta per preparare un colpo di stato messo in pratica il 18 marzo dello stesso anno.
Il periodo parigino
La nascita del movimento affonda le sue origini nei partiti nati a metà degli anni trenta in risposta al
rinato sentimento nazionale Khmer. Tra questi i più importanti vi sono l' Issarak, indipendentista, i
comunisti ed i nazionalisti. I futuri dirigenti del movimento provengono da questi tre gruppi e si
sono formati tutti prima a Sisowath, la scuola secondaria di Phnom Penh, ed in seguito a Parigi,
dove è stata spostata l'università di Phnom Penh. Nella capitale francese, alla Casa dell'Indocina, è
presente l'Associazione degli Studenti Khmer, che inizialmente esprime rivendicazioni
indipendentiste e nella quale si ritrovano gli studenti cambogiani. Alcuni di essi fondano in seguito
il Circolo marxista-leninista cambogiano di Parigi, aiutati anche dal Partito Comunista francese
(Pcf), ed in esso confluiscono molti dei futuri dirigenti Khmer come KhieuSamphan, Son Sen ma
anche Saloth Sar (in seguito Pol Pot), Ieng Sary, Khieu Thirith e Khieu Ponnary. Nel '56 viene
fondata l'Unione degli studenti Khmer. In seguito molti degli studenti dell'Unione, rientrati in
patria, si danno all'attività politica.
La nascita dei Khmer Rossi
Nel '60, dopo l'avvenuta rottura con i comunisti vietnamiti, ventuno esponenti comunisti khmer
fondano il Partito dei lavoratori di Kampuchea diretto da Tou Samouth, Nuon Chea, Saloth Sar e
Ieng Sary, che, cinque anni dopo ('65), diventa il Partito Comunista di Kampuchea diretto da Saloth
Sar. Il gruppo dirigente del partito si da quindi alla macchia dove crea i primi nuclei combattenti
nelle province di Kratié e Ratanakiri; queste unità sono formate dalle tribù dei khmer Leu, individui
vissuti isolati dalla civiltà (e perciò esenti dalle sue contaminazioni), spesso completamente
analfabeti e quindi facilmente indottrinabili. Questi gruppi si distinguono per fedeltà e crudeltà ed
agiscono in una regione in alta quota coperta da foreste, ideale per condurre una guerriglia.
L'incontro tra le teorie degli intellettuali "francesi" e la rabbia sociale delle classi più disprezzate
crea una miscela esplosiva che si scatena in una violenza senza precedenti.
Il colpo di stato di Lon Nol
Il 18 marzo 1970 il maresciallo Lon Nol attua il colpo di stato che lo porta al potere grazie anche
all'appoggio degli Stati Uniti ansiosi di poter sfruttare la Cambogia in chiave anti-vietnamita. In un
susseguirsi di azioni i cambogiani arrestano, ed in parte uccidono, circa 30.000 vietnamiti; l'esercito
nord-vietnamita risponde invadendo gran parte del paese mentre gli americani bombardano i
territori sottratti all'esercito di Lon Nol. L'intervento delle forze sud-vietnamite, chiamate in
soccorso da Lon Nol, non fa che aggravare la situazione. Lo scontro costa molto in termini di vite
umane alla popolazione civile che, oltretutto, fugge in massa dalla campagna per rifugiarsi nelle
città: Phnom Penh passa da 600.000 a 2.000.000 di abitanti. Il bilancio finale della guerra sarà
pesantissimo. Circa 500.000 persone muoiono nelle zone sottoposte al regime di Lon Nol, mentre
circa 600.000 periscono nelle zone "liberate" dai khmer rossi. Nel frattempo il principe Sihanouk,
rifugiatosi a Pechino, fonda il FUNK Fronte Unito Nazionale di Kampuchea e forma un Governo
Reale di Unità Nazionale, GRUNK, del quale fanno parte Khieu Samphan, Hou Youn e Hu Nim.
Da questa alleanza nasce il primo vero nucleo combattente khmer rosso, che occupa le regioni
abbandonate dai nord-vietnamiti. In queste aree fa per la prima volta la sua comparsa l'Angkar,
l'onnipotente "organizzazione" che tutto sa, tutto vede e che "provvede" a tutti bisogni della
popolazione. Ed è sempre in queste zone che viene attuato il primo esperimento di società basato
sul modello di Pol Pot: vengono formate delle comunità con i contadini cacciati dai propri villaggi.
Prende il via anche la prima campagna di epurazione contro i vietnamiti residenti nelle zone
orientali della Cambogia e contro i comunisti rientrati dal Vietnam del Nord.
17 aprile 1976: Phnom Penh "liberata"
Lo scontro tra americani, vietnamiti e khmer rossi ha letteralmente sfiancato la popolazione civile
che accoglie quasi con sollievo l'ingresso in città dei "piccoli uomini neri usciti dalla foresta". Dopo
un primo momento però, si inizia subito a rendersi conto della reale situazione: i giovanissimi
soldati khmer non sorridono mai ed avviano immediatamente lo sgombero totale della città, circa
2.000.000 di individui, ma anche di tutti gli altri centri del paese; non vengono risparmiati
nemmeno gli ospedali dai quali vengono cacciati tutti i degenti senza distinzione alcuna. Le folle si
disperdono in ogni direzione e il caos regna ovunque: in questo frangente il nuovo regime comincia
a mietere le prime vittime anche perché si inizia a censire l'identità di ciascun individuo al fine di
poter identificare quelli appartenenti a gruppi sociali "corrotti": militari, funzionari statali,
intellettuali, religiosi o appartenenti alla Casa Reale. Ingenuamente, ed è un primo indizio della
pessima organizzazione dei quadri khmer, i sodati impongono la distruzione dei documenti di
riconoscimento, di modo che molti riescono a celare la propria identità ed a scampare ai massacri.
Lo spopolamento delle città si inquadra nella convinzioni che esse siano centro di corruzione,
degrado e svendita dei grandi valori della società contadina khmer alla corrotta cultura occidentale.
Chiunque ha ricevuto un'istruzione od ha vissuto in queste realtà deve essere eliminato. Solo le
nuove generazioni infatti sono considerate immuni dai mali della vecchia cultura.
Inizia il terrore
Tutto il "popolo nuovo" viene diviso in due categorie: i Nuovi, o popolo del 17 aprile o '75, ed i
Vecchi, o popolo del 18 marzo o '70 dove i nuovi sono coloro che sono stati "liberati" per primi dai
khmer rossi, mentre gli altri sono coloro che avevano vissuto nelle aree sotto il controllo
dell'esercito di Lon Nol, o che comunque avevano avuto qualche legame con esso o appartenevano
a qualche categoria corrotta. Contemporaneamente la Cambogia viene totalmente isolata dal resto
del mondo ed il paese diviene un immenso campo di lavoro dove vengono aperti cantieri ciclopici
per la costruzione di immense opere idrauliche o per la riconversione alla monocultura risicola di
tutte le zone agricole. Tutto questo viene fatto utilizzando la manodopera costituita dalle folle
precedentemente deportate. Ogni individuo deve lavorare e dare il suo contributo verso l'avvenire
radioso promesso dall'Angkar. Gli orari di lavoro massacranti, la mostruosa violenza dei Mekong e
degli Yotear* sulla popolazione la penuria di cibo provocata dalle carestie provocate dalla
sconsiderata politica agricola, cominciano però subito a mietere migliaia di vittime.
Una nuova società
L'azione dei khmer rossi non si limita solamente alla costrizione fisica del lavoro nei grandi
cantieri, ma colpisce anche la sfera sociale della cultura cambogiana tentando di distruggere con
ogni mezzo qualsiasi aspetto che possa essere ricondotto al passato. In questo senso si inquadra
l'eliminazione dei nomi propri sostituiti da appellativi generici; la persecuzione religiosa contro il
clero buddista, la minoranza Cham di fede islamica, le minoranze etniche Thai (ovest del paese) e
khmer Krom (di origine vietnamita); la sostituzione dei tradizionali sistemi di coltivazione con la
monocultura risicola; la distruzione di tutti legami famigliari ed affettivi per minare l'istituzione
della famiglia, fino ad allora cellula base della società; il divieto di contrarre matrimoni che non
siano autorizzati dalle autorità e l'imposizione di unioni coniugali da parte delle stesse. Ogni
individuo vive nella comunità assegnatagli dall'Angkar ed in essa lavora nei cantieri di competenza:
tutti hanno un compito ed alla fine della giornata chi non ha prodotto quanto stabilito ne subisce le
estreme conseguenze. Ogni dieci giorni c'è un giorno di pausa che è totalmente occupato da
interminabili sedute di rieducazione socio-politica. Ognuno è totalmente soggetto al potere assoluto
che i mekong possono esercitare e chi si lamenta per un qualsiasi motivo, viene assassinato con un
colpo di zappa sulla nuca o soffocato con un sacchetto di plastica.
E' proibito conservare oggetti provenienti dalla città ma anche possedere un mestolo od un
cucchiaio: tutto deve essere messo in comune. Manifestare i propri sentimenti può costare la vita e
persino l'abbigliamento è uniformato e tutti devono portare la divisa nera dei contadini. L'ideologia
dei khmer rossi considera "buoni" solo coloro che non hanno avuto contatti con la vecchia società e
quindi cerca di plagiare i bambini educandoli ad un estremo individualismo. Significativamente il
sistema di spie creato dall'Angkor fa larghissimo uso di bambini i quali sono tenuti a spiare persino
i propri genitori per poter riferire ai superiori eventuali mancanze o complotti.
Il gruppo dirigente del regime
Come abbiamo visto la figura di Pol Pot è, per lunghi periodi della sua attività, avvolta nel mistero
tanto che la sua identità, ma anche l'esistenza stessa del Partito Comunista cambogiano da lui
guidato, verranno alla luce solo dopo trenta mesi dall'ascesa al potere. La direzione e
l'organizzazione del regime cambogiano è comunque gestita da un ristretto gruppo di individui di
cui il nucleo centrale è costituito dal clan familiare di Pol Pot:
¾ Saloth Sar, in seguito conosciuto come Pol Pot o Fratello n°1; è il capo del partito e del
governo
¾ Khieu Ponnary, moglie di Pol Pot e sua strettissima collaboratrice
¾ Ieng Sary, un intellettuale divenuto il numero due del regime
¾ Khieu Thirith moglie di Ieng Sary e sorella di Khieu Ponnary; è l'ideologa del partito
Il quartetto è poi coadiuvato da altri personaggi; tra questi bisogna ricordare Khieu Samphan che
rappresenta ufficialmente l'Angkar; Nuon Chea, il numero tre del regime, Ta Mok, detto il macellaio
uno dei principali responsabili dei massacri. Nei primi due anni di regime questo gruppo sceglie di
presentarsi sotto la misteriosa denominazione di "Angkar" (Organizzazione), al fine di disorientare
e terrorizzare maggiormente la popolazione che in effetti vedeva nell'Angkar una potenza quasi
divina. Solo il 30 settembre del 1977 Pol Pot, a causa della pressione dell'esercito vietnamita, svela
che l'Angkar è in realtà l'Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito Comunista.
L'ideologia dei Khmer Rossi
La formazione del pensiero di Pol Pot, avviene dopo un cammino in cui la formazione in Francia
dei dirigenti, la situazione geopolitica del sud-est asiatico, l'esperienza del Partito Comunista
Indocinese di Ho Chi Min e l'esempio di altre realtà basate sul modello marxista-leninsta
rappresentano tappe fondamentali per lo sviluppo dell'ideologia del partito. Se alla miscela di queste
esperienze aggiungiamo due caratteri fondamentali della cultura khmer quali l'orgoglio nazionale e
l'atavico odio nei confronti dei vietnamiti, otteniamo i principi che, già da prima della presa del
potere, costituiscono la linea politica del Partito. Anche il fascino che l'antica potenza di Angkor ha
sui khmer rossi, contribuì a far chiudere su se stesso il regime ma anche l'intera nazione
cambogiana, isolata dal resto del mondo, e spinta verso un modello socio-economico che avrebbe
dovuto garantire l'autosufficienza totale della nazione. La follia della purificazione razziale rivolta
contro i Vecchi e le minoranze etniche è perciò tesa alla costruzione di un nuovo popolo khmer
esente da ogni corruzione culturale ed ideologica: questo popolo nuovo sarebbe dovuto essere
formato dai bambini e dagli adolescenti cresciuti sotto la "protezione" dell'Angkar. La follie
politica, però, annientò l'intero tessuto sociale ed economico del paese (proprio quello che avrebbe
dovuto cambiare) creando una spirale di odio e terrore che finisce, in poco tempo, per divorare
l'Angkar stesso.
Il fallimento della politica khmer
Le nuove opere di cui viene avviata la costruzione richiedono masse enormi di lavoratori che
vengono presto decimate dalla fatica ma anche dalla fame e dalla diffusione di epidemie di colera e
malaria. La nuova politica, come detto, non risparmia nessuno e comincia a mietere le sue vittime
tra le categorie fisicamente più deboli. Chi non ha le forze di lavorare per la comunità non ha diritto
a ricevere il cibo ed è quindi destinato alla morte. Anche il ricovero in ospedale rappresenta solo
un'inutile agonia poiché questi luoghi sono deputati alla raccolta dei morti più che luoghi di cura. La
sconsiderata politica agricola, che tende ad una produzione continua ed incessante senza il rispetto
dei cicli naturali e delle più elementari tecniche di coltivazione, da ben presto i suoi disastrosi
risultati. La carestia è ormai una costante di vita per i cambogiani anche se bisogna annotare che
yotear, mekong e quadri del partito, non soffrono mai la fame e si accaparrano molto del cibo
disponibile. Lo stesso Pol Pot dirige il regime dalla tanto disprezzata Phnom Penh dove ingrassa
insieme ai suoi collaboratori e gira la città con tanto di autista. Anche la raccolta di frutti spontanei
è proibita dal regime in quanto tutto deve essere messo in comune. E' a questo punto, forse, che la
tragedia cambogiana raggiunge il culmine: la carestia ed il clima di follia spingono alcuni individui
ad atti di necrofagia. Per finire, anche le ciclopiche opere di idraulica avviate dal regime, erette con
metodi e conoscenze inadatte, si rivelano un clamoroso fallimento: argini appena costruiti si
sfaldano da soli, le nuove dighe si aprono alle prime piogge, i canali di irrigazione portano l'acqua
in senso contrario a quello corretto. Tutto questo, unito alla mostruosa violenza delle milizie
comuniste, produce una carneficina senza precedenti.
Il terrore dei complotti: cominciano le purghe
"Il punto culminante del terrore è raggiunto quando la polizia di stato comincia a divorare i propri
figli, quando il carnefice di ieri diventa la vittima di domani". Tutto il partito, in seguito anche ai
clamorosi insuccessi agricoli ed economici che presto diventano anche militari, entra in una spirale
di sospetto ed odio che porta a sospettare di chiunque di un complotto contro l'Angkar. Tutti gli
insuccessi, di qualsiasi natura essi siano, sono imputati a fantomatici agenti vietnamiti oppure a
piani della CIA americana. Nelle zone dove i piani agricoli non danno i risultati sperati (e come
potrebbero!!!) i quadri del partito sono subito accusati di collaborazionismo con i vietnamiti o con
gli americani e sono ben presto eliminati. Nel '76 le milizie della Zona Speciale (il paese era stato
suddiviso in sei zone) e quelle della Zona est decimano i "traditori" della Zona Nord, nel '77 le
truppe del Sud- Ovest intervengono nella zona del Nord-Ovest mentre nel '78, nella Zona Est,
100.000 persone, vengono massacrate con l'accusa di collaborazionismo filo- vietnamita. Tutta la
dirigenza del partito, ma anche l'intera popolazione, è comunque soggetta a questo processo di
autodistruzione: i campi di sterminio per "nemici interni" spuntano in tutto il paese. Tra di essi il più
"celebre" è quello di Tuol Seng a Phnom Penh dove muoiono almeno 20.000 persone, la maggior
parte dei quali ex quadri del partito comunista sospettati di un qualche complotto o comunque in
disaccordo con la linea del partito.
L'invasione vietnamita e la fine del regime
Ormai l'intero partito è in preda ad un cancro interno che lo sta corrodendo ed il clima di terrore è
generalizzato a tutti i livelli. Dopo la grande purga della zona est, alcuni dirigenti tra i quali Heng
Samrined Hun Sen si danno alla fuga e fondano il FUNSK Fronte Unito Nazionale per la Salvezza
della Kampuchea: essi sono anche i primi a rivelare al mondo intero l'enormità dei crimini di Pol
Pot. A questo punto i vietnamiti approfittano della situazione e, forti di un esercito di un milione di
uomini, invadono la Cambogia il 25 dicembre '78. Rapidamente Phnom Penh è raggiunta e
conquistata il 7 gennaio '79 e qui viene fondata la Repubblica Popolare di Kampuchea guidata da
Heng Semrin. Comincia l'esodo della popolazione civile verso la Thailandia che li ospita, dall'ottbre
'79, in campi profughi. In patria, ma solo nelle zone liberate, il nuovo regime è gestito da ex khmer
rossi riciclati, mentre nelle aree ancora sotto il controllo dei khmer rossi il genocidio continua come
prima. A questo punto anche Pol Pot, datosi malato, si nasconde, mentre Khieu Samphan diventa il
capo del Partito del Kampuchea democratico creato nell'81 al posto del PCK. Esso crea, nel marzo
'81, il Fronte Unito Nazionale per la Cambogia Indipendente che, assieme ai khmer rossi ed a altri
oppositori al regime di Heng Samrin, da vita ad una coalizione che occupa il seggio cambogiano
presso l'ONU.
A seguito del ritiro delle truppe vietnamite, nell'ottobre 1991, viene formato un nuovo governo
presieduto dal redivivo Sihanouk di cui fa parte anche Khieu Sampan. In quel momento, i Khmer
rossi occupano ancora il 15% del territorio e, nelle zone sotto il loro controllo, applicano ancora il
terrore sperimentato in passato. Nel '93 le forze di pace statunitensi inviate in Cambogia, tentano un
reinserimento dei khmer rossi nel sistema politico cambogiano, ma i guerriglieri hanno perseverato
nelle guerra al governo. Nel '96, dopo la conclusione delle trattative avviate nel '94, il re concede
l'amnistia così che già nel 1997 alcuni gruppi di escono dalla clandestinità rinnegando Pol Pot. Il
dittatore muore invece nel 1999 a causa di un attacco cardiaco dopo che ormai è stato abbandonato
da tutti e braccato dai suoi stessi uomini nel suo ultimo rifugio nella giungla cambogiana a ridosso
del confine thailandese.
Le vittime del genocidio
La stampa internazionale, ma anche larga parte delle forze politiche, hanno, all'epoca dei fatti,
ampiamente sottovalutato l'effettiva gravità della tragedia cambogiana sia per la totale chiusura del
paese ordinata da Pol Pot sia per il disinteresse, spesso anche convenienza politica, dei partiti e dei
governi occidentali. Alcune notizie appaiono sporadicamente già nell'autunno del '74 (Washington
Post, New York Times) e nel '77 in Francia con la pubblicazione di Cambodge, année zero di padre
Francois Pouchard, ma è solo nel gennaio del '79, quando i vietnamiti ritrovano i documenti dei
khmer rossi inerenti i campi di sterminio, che la reale portata del genocidio appare in tutta la sua
mostruosità. A seguito dei ritrovamenti viene svolto un processo farsa imputando a Pol Pot e Yeng
Sary le accuse di genocidio: i due sono gli unici condannati (in contumacia) mentre per gli altri
responsabili non viene presa nessuna iniziativa. Anzi alcuni di loro, tra cui Hun Sen, trovano il
modo di riciclarsi nella vita politica cambogiana e ricoprono attualmente posti importanti nelle
istituzioni cambogiane.
Le cifre sul totale delle vittime causate dal regime dei khmer rossi sono spesso discordanti (molto
più che in altri casi) ma è innegabile che i crimini siano tanto efferati da poter parlare di genocidio.
Alcune stime, peraltro discordanti, sono:
¾ l'ex presidente Lon Nol giudica le vittime dei khmer rossi in 2.500.000 di individui;
¾ Pen Sovan, ex segretario del Partito popolare rivoluzionario della Kampuchea, parla di
3.100.000 vittime;
¾ gli studi di Ben Kiernan propongono un totale di 1.500.000 di morti;
¾ David Chandler, che ammette di non aver effettuato una valutazione analitica, parla di 800.0001.000.000 come cifra minima
¾ uno studio della CIA, basato su dati approssimativi e considerando la denatalità indotta, parla di
3.800.000 persone morte tra il 1970 ed il '79
¾ infine il volume Lo stato criminale di Yves Ternon giudica tra 1 e 2 milioni le vittime causate
dal regime di Pol Pot
Certamente, però, il regime cambogiano è stato particolarmente spietato nei confronti degli
esponenti religiosi e delle minoranze etniche; infatti, prima del'75, vivevano in Cambogia 60.000
monaci mentre i sopravvissuti dopo il '79 erano solamente 3.000. Le popolazioni Cham, di fede
islamica, furono forse le più colpite e circa metà degli appartenenti a tale gruppo fu eliminata. Una
sorte non dissimile subirono le minoranze dei khmer Krom e dei Thai. Nel gennaio 1996 il
"Cambodian Genocide Program", finanziato dagli Usa, ha comunque accertato l'esistenza di circa
20.000 fosse comuni.
Comunque, nonostante esistano tutte le condizioni storico-giuridiche e vi sia abbondanza di prove,
l'ONU non ha mai istituito un processo contro i responsabili del genocidio. Come se non bastasse,
nel settembre del '79, l'Assemblea Generale, ha accettato i khmer rossi quali rappresentanti della
Cambogia in seno all'ONU.

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