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n° 376 - luglio 2016
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Nel sogno di Miró
Il contatto con la materia
vissuto come esigenza per tradurre
in immagini fantastiche
le forme semplici e inondate di colori puri
Joan Miró: La carezza di un uccello - Barcellona, Fundació Joan Miró
© Foto Lorenzo Gualtieri
Bombetta, bastone e monocolo tipici
della Parigi degli anni Venti vestono
l’immagine di Joan Miró; un uomo
semplice, di mite e gentile educazione
borghese, lo stesso che dichiarava di
voler “uccidere” la pittura, quella convenzionale, quella prestabilita, s’intende.
Pittore, scultore, grafico, incisore, ceramista, scenografo, in una parola artista. Non è facile, infatti, porre un’etichetta sull’opera del maestro catalano
che ha percorso tante vie espressive e
che in tutte è riuscito a esprimere la
forza della vita semplice, delle luci e
dei colori del Mediterraneo, del mondo
popolare: le cose più semplici mi fanno
venire delle idee. Il piatto in cui un
contadino mangia la minestra mi interessa di più dei piatti assurdamente
lussuosi dei ricchi. Così dichiara il profondo legame alla sua terra, alla vita
di campagna, agli oggetti del quoti-
Personaggio, uccello II - Collezione privata
© Successió Miró by SIAE 2016
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diano.
Di temperamento taciturno e riflessivo, Miró è un artista diventato tale
per caso, per un esaurimento nervoso
che lo allontana dalla strada della contabilità. Soggiorna a più riprese a Parigi dove Picasso, e le poetiche dadaiste e surrealiste, lo impressionano e
sostengono nel delineare lo stile e le
scelte artistiche.
Si nutre delle cose semplici per dar
vita alla sua poetica: il rumore dei
carri, dei passi, il canto dei grilli, alimentano la tensione emotiva necessaria. D’altronde per lui, già una pietra e un filo d’erba manifestano la perfezione della natura esattamente quanto
la ricca bellezza di un intero paesaggio.
Incoraggiato da Picasso, comincia subito ad apprezzare la mancanza di regole dei dadaisti e l’importanza tutta
surrealista di seguire pensieri e sogni
per raggiungere i significati più profondi. Attinge, ammicca, pondera
pur muovendosi sempre in assoluta
autonomia per un lavoro completamente libero. L’anima dada lo spinge
a scegliere legno, giornali, chiodi,
funi, catene, lana, e oggetti di tutti i
tipi da assemblare liberamente facendo parlare il caso e il momento;
l’anima surrealista gli suggerisce un
comportamento istintivo e un processo creativo inconscio: un innocente
col sorriso sulle labbra che passeggia nel
giardino dei suoi sogni, così lo definisce Jacques Prévert.
Nell’inseguire la libertà, Miró si allontana sempre più da qualsiasi figurativismo, semplifica le figure fino all’estrema sintesi delle forme e del gesto – degno di un calligrafo giapponese – e intanto la sua arte si fa sempre più concettuale. Tuttavia, alcune
immagini restano riconoscibili: una
mano, una stella, la luna, un occhio.
Forme reali che costituiscono l’attaccamento a una realtà che grida dolore, quella delle guerre e dei regimi
totalitari, da cui cerca sempre di fuggire. E poi ci sono i colori che guardano ai fauves, luminosi, potenti, decisi, che animano o esplodono nelle
forme ridotte all’essenza e che trovano conferma nei cromatismi mediterranei del suo ritiro a Maiorca.
Miró utilizza le tele, dipinge, ma im-
piega anche materiali di tutti i tipi,
compone. Utilizzo cose trovate per un
caso divino, pezzi di ferro, sassi, ecc.,
così come mi servo di un segno schematico disegnato per caso sulla carta, o
di un accidente sopravvenuto anch’esso
per caso: è solo questo, questa magica
scintilla, che conta nell’arte. A volte si
accinge a lavorare con materiali accurati, altre si lascia ispirare proprio
dall’aspetto rozzo e malandato di certi
oggetti. Incolla, sgocciola, brucia, nell’incessante sperimentazione di tutta
una vita.
Proprio su questa “cultura materiale”
pone l’attenzione la mostra Joan Miró.
La forza della materia al MUDEC
Mambo - Barcellona, Fundació Joan Miró
© Successió Miró by SIAE 2016
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(Museo delle Culture) di Milano,
aperta fino a settembre prossimo.
Un’ampia selezione di opere – provenienti dalla Fundació Joan Miró di
Barcellona e dalla collezione di famiglia dell’artista – che mette a fuoco
l’importanza riservata alla materia:
elemento utile per la “ricerca” e contemporaneamente essenza fine a se
stessa. Fonte d’ispirazione e punto di
partenza per sperimentare procedure
innovative, la materia gli permette di
infrangere tutte le regole imposte al
fine di potersi spingere fino alle fonti
più pure dell’arte. “È la materia a decidere”, grazie alla sua sete sperimentale e alla progressiva semplificazione
formale riesce a percepirla in modo
totalmente diverso: bisogna avere il
massimo rispetto per la materia. Essa è
il punto di partenza. Detta l’opera. La
impone.
È a questo aspetto, quindi, che sono
dedicate le quattro sezioni del percorso espositivo milanese studiato per
accompagnare il visitatore attraverso
il contesto storico dell’epoca. Contesto che a sua volta ha guidato lo sviluppo dell’opera di un artista eclettico, che si esprimeva nelle forme primitive, allucinate costruzioni dall’aspetto onirico, spesso inondate di
colori piatti e puri, e che sentiva come
un’esigenza il contatto con la materia.
Un viaggio “dentro il sogno di Miró”
per conoscere meglio l’artista e l’uomo,
un itinerario assistito da video, musica e postazioni di realtà virtuale al
fine di vivere “attraverso i suoi occhi”
la tanto cara natura e gli ambienti testimoni del genio creativo e della realizzazione di alcune sue opere.
Considero il mio studio un orto. Là ci
sono dei carciofi; qui delle patate. Bisogna tagliare le foglie perché i frutti
possano crescere. A un certo momento,
si deve potare.
anna martinelli
Veduta di una sala della Fundació Joan Miró
di Barcellona
© Foto Lorenzo Gualtieri