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n° 376 - luglio 2016 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori I-20089 Rozzano (Milan, Italy) www.fondazione-menarini.it Nel sogno di Miró Il contatto con la materia vissuto come esigenza per tradurre in immagini fantastiche le forme semplici e inondate di colori puri Joan Miró: La carezza di un uccello - Barcellona, Fundació Joan Miró © Foto Lorenzo Gualtieri Bombetta, bastone e monocolo tipici della Parigi degli anni Venti vestono l’immagine di Joan Miró; un uomo semplice, di mite e gentile educazione borghese, lo stesso che dichiarava di voler “uccidere” la pittura, quella convenzionale, quella prestabilita, s’intende. Pittore, scultore, grafico, incisore, ceramista, scenografo, in una parola artista. Non è facile, infatti, porre un’etichetta sull’opera del maestro catalano che ha percorso tante vie espressive e che in tutte è riuscito a esprimere la forza della vita semplice, delle luci e dei colori del Mediterraneo, del mondo popolare: le cose più semplici mi fanno venire delle idee. Il piatto in cui un contadino mangia la minestra mi interessa di più dei piatti assurdamente lussuosi dei ricchi. Così dichiara il profondo legame alla sua terra, alla vita di campagna, agli oggetti del quoti- Personaggio, uccello II - Collezione privata © Successió Miró by SIAE 2016 2 diano. Di temperamento taciturno e riflessivo, Miró è un artista diventato tale per caso, per un esaurimento nervoso che lo allontana dalla strada della contabilità. Soggiorna a più riprese a Parigi dove Picasso, e le poetiche dadaiste e surrealiste, lo impressionano e sostengono nel delineare lo stile e le scelte artistiche. Si nutre delle cose semplici per dar vita alla sua poetica: il rumore dei carri, dei passi, il canto dei grilli, alimentano la tensione emotiva necessaria. D’altronde per lui, già una pietra e un filo d’erba manifestano la perfezione della natura esattamente quanto la ricca bellezza di un intero paesaggio. Incoraggiato da Picasso, comincia subito ad apprezzare la mancanza di regole dei dadaisti e l’importanza tutta surrealista di seguire pensieri e sogni per raggiungere i significati più profondi. Attinge, ammicca, pondera pur muovendosi sempre in assoluta autonomia per un lavoro completamente libero. L’anima dada lo spinge a scegliere legno, giornali, chiodi, funi, catene, lana, e oggetti di tutti i tipi da assemblare liberamente facendo parlare il caso e il momento; l’anima surrealista gli suggerisce un comportamento istintivo e un processo creativo inconscio: un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni, così lo definisce Jacques Prévert. Nell’inseguire la libertà, Miró si allontana sempre più da qualsiasi figurativismo, semplifica le figure fino all’estrema sintesi delle forme e del gesto – degno di un calligrafo giapponese – e intanto la sua arte si fa sempre più concettuale. Tuttavia, alcune immagini restano riconoscibili: una mano, una stella, la luna, un occhio. Forme reali che costituiscono l’attaccamento a una realtà che grida dolore, quella delle guerre e dei regimi totalitari, da cui cerca sempre di fuggire. E poi ci sono i colori che guardano ai fauves, luminosi, potenti, decisi, che animano o esplodono nelle forme ridotte all’essenza e che trovano conferma nei cromatismi mediterranei del suo ritiro a Maiorca. Miró utilizza le tele, dipinge, ma im- piega anche materiali di tutti i tipi, compone. Utilizzo cose trovate per un caso divino, pezzi di ferro, sassi, ecc., così come mi servo di un segno schematico disegnato per caso sulla carta, o di un accidente sopravvenuto anch’esso per caso: è solo questo, questa magica scintilla, che conta nell’arte. A volte si accinge a lavorare con materiali accurati, altre si lascia ispirare proprio dall’aspetto rozzo e malandato di certi oggetti. Incolla, sgocciola, brucia, nell’incessante sperimentazione di tutta una vita. Proprio su questa “cultura materiale” pone l’attenzione la mostra Joan Miró. La forza della materia al MUDEC Mambo - Barcellona, Fundació Joan Miró © Successió Miró by SIAE 2016 3 (Museo delle Culture) di Milano, aperta fino a settembre prossimo. Un’ampia selezione di opere – provenienti dalla Fundació Joan Miró di Barcellona e dalla collezione di famiglia dell’artista – che mette a fuoco l’importanza riservata alla materia: elemento utile per la “ricerca” e contemporaneamente essenza fine a se stessa. Fonte d’ispirazione e punto di partenza per sperimentare procedure innovative, la materia gli permette di infrangere tutte le regole imposte al fine di potersi spingere fino alle fonti più pure dell’arte. “È la materia a decidere”, grazie alla sua sete sperimentale e alla progressiva semplificazione formale riesce a percepirla in modo totalmente diverso: bisogna avere il massimo rispetto per la materia. Essa è il punto di partenza. Detta l’opera. La impone. È a questo aspetto, quindi, che sono dedicate le quattro sezioni del percorso espositivo milanese studiato per accompagnare il visitatore attraverso il contesto storico dell’epoca. Contesto che a sua volta ha guidato lo sviluppo dell’opera di un artista eclettico, che si esprimeva nelle forme primitive, allucinate costruzioni dall’aspetto onirico, spesso inondate di colori piatti e puri, e che sentiva come un’esigenza il contatto con la materia. Un viaggio “dentro il sogno di Miró” per conoscere meglio l’artista e l’uomo, un itinerario assistito da video, musica e postazioni di realtà virtuale al fine di vivere “attraverso i suoi occhi” la tanto cara natura e gli ambienti testimoni del genio creativo e della realizzazione di alcune sue opere. Considero il mio studio un orto. Là ci sono dei carciofi; qui delle patate. Bisogna tagliare le foglie perché i frutti possano crescere. A un certo momento, si deve potare. anna martinelli Veduta di una sala della Fundació Joan Miró di Barcellona © Foto Lorenzo Gualtieri