01-Prima - Europa Quotidiano

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01-Prima - Europa Quotidiano
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INTERVISTA CON SAVINO PEZZOTTA
LA MALATTIA DI BOSSI
Il leader della Cisl interviene sui temi del
momento: dalla concertazione alle europee, dalle
sfide per l’opposizione all’indifferenza del governo
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Provato e affaticato, invia a Radio
padania un messaggio registrato.
Orgoglioso. Ma pieno di sofferenza
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E R C O L E D Ì
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I U G N O
2004
www.europaquotidiano.it
Montezemolo,
Perché
Fazio e la sordità
della destra
stavolta
non ci saremo
PIERLUIGI
CASTAGNETTI
EDOARDO
PATRIARCA
ull’altro che la casualità è all’origine della sequenza cronologica di alcuni recenti avvenimenti altamente significativi per il nostro paese: il discorso di insediamento al vertice confindustriale di Luca Cordero di Montezemolo, il congresso di Forza Italia e le “Considerazioni finali” del Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio. Eppure,
grazie a questa casualità una manciata
di giorni, gli ultimi di maggio 2004, ci restituiscono un quadro che forse non
sorprende ma certo dà corpo ad una svolta nella vicenda nazionale.
Da un lato il vertice dell’associazione degli imprenditori e la più importante
Authority italiana e dall’altra il partito di
maggioranza relativa della coalizione di
governo, il partito del premier o, meglio,
il premier stesso. Non è scontro “politico” e guai, nel centrosinistra, ad arruolare Montezemolo o Fazio sotto le proprie insegne. L’uno e l’altro hanno però
detto cose chiare ottenendo dal governo
o, più precisamente, dal congresso di
Forza Italia e dai ministri forzisti-leghisti un’alzata di spalle nella più generosa
delle interpretazioni.
Con lo sguardo rivolto al futuro,
com’è giusto, entrambi hanno delineato una strategia per riportare l’Italia dentro i binari di uno sviluppo all’altezza delle sue potenzialità che cozza con la “filosofia” assunta dalla destra italiana.
Montezemolo riprende la bandiera della concertazione, ammainata dal suo
predecessore D’Amato, issandola sull’asta dell’innovazione. Fazio segnalando
che «occorre» una politica economica
«chiara, sicura, basata su dati concreti e
su interventi ben definiti, largamente
condivisi, inseriti in una visione di lungo periodo» aggiunge all’idea della collaborazione virtuosa tra i diversi protagonisti della vita sociale ed economica
quella del rigore, della serietà. Sia il presidente di Confindustria che il Governatore della Banca d’Italia hanno fatto intendere di considerare inutile e/o rischiosa, oggi, la riduzione delle aliquote Irpef ma senza infierire. Eppure proprio su questo aspetto la destra li ha contestati. Perdendo di vista la “sostanza” dei
loro interventi. O, forse, deliberatamente
oscurandoli perché molto ma molto più
lacerante per essa.
Il congresso forzista colpisce proprio
per questo aspetto: sordità totale e anche,
in alcuni, compiaciuta rispetto al pacchetto delle indicazioni confindustriali
(e non solo ad esse). Un evento autoreferenziale, ostinatamente indifferente a
quanto è accaduto e sta accadendo nel
paese dopo mille e passa giorni di governo della destra. Neppure una finestra
s’è aperta sull’esterno. Solo feritoie per
dardeggiare con offese e insolenze gli avversari e svillaneggiare gli alleati. Stessa
linea d’azione nel dopo-Fazio come testimonia la dichiarazione di Tremonti.
Questa caparbia volontà di “non vedere”
è senza dubbio un elemento centrale nella destra. Èquesta che, sommata alla qualità delle osservazioni contenute negli interventi di Montezemolo e Fazio, segna
di sé la seconda fase della legislatura.
A Milano, sabato 22, alla seconda
Convenzione nazionale della Lista uniti nell’Ulivo Prodi ha parlato dell’Italia che
«oggi sta sprecando se stessa» e invece
«ha un grande futuro» a patto che giochi «come una grande squadra», si concentri sui giovani, sulla ricerca, sull’innovazione. Mi paiono le linee adeguate
non solo per lavorare, con fatica, alla ricostruzione dell’Italia, ma anche per corrispondere alle indicazioni ascoltate in
questo fine di maggio.
a da sé che la venuta del presidente degli Stati Uniti nell’occasione
del 50° anniversario della liberazione di
Roma sarebbe stato per noi tutti un momento di festa e di rinnovata alleanza
con questo grande paese che ha mandato una generazione di giovani a combattere una guerra di in Europa contro
il fascismo e il nazismo.
Ma la storia non sempre si lascia governare, anzi, talvolta ci riserva amare
sorprese. Come questo momento della nostra vita politica e sociale che rischia di zittire le nostre intelligenze e
i nostri cuori pervasi da un clima di pessimismo e di insicurezza imperanti.
Angustiati dall’esplosione dei conflitti
– non da ultimo la tragica guerra in Iraq
– e dall’azione del terrorismo che colpisce con una violenza e un sadismo
che mai avremmo immaginato, rischiamo per davvero di perdere la capacità di fare politica. Lo sgozzamento
degli ostaggi da una parte, e per converso la tragicità delle immagini delle
torture nelle carceri irachene, ci dicono di un logoramento di quella stagione entusiasmante e di quella cultura dei
diritti scritta nelle Carte della seconda
metà del secolo scorso.
Ma il presidente degli Stati Uniti
sarà in visita nel nostro paese, nonostante tutto. Di nuovo si pone al mondo dell’associazionismo cattolico e laico che poco ha a che fare con i “professionisti del pacifismo militante” o del
“profetismo senza se e senza ma”, il difficile compito di offrire una piattaforma politica e una bussola per orientarsi
in queste giornate che ci attendono.
Oggi è la festa della repubblica, è bene non dimenticarlo. Sfileranno le forze armate, i corpi della protezione civile, i vigili urbani; sfilerà un piccolo
contingente di ragazze impegnate nel
servizio civile volontario. La presenza
dei nostri militari in Iraq non può disconoscere il lavoro prezioso e competente da essi svolto nelle zone di conflitto in varie parti del mondo. E dunque, per cortesia, nessuna manifestazione “anti”, nonostante la politica avventuristica del governo Berlusconi.
Il 4-5 giugno giungerà a Roma Bush per celebrare il 60° dell’anniversario
della liberazione di Roma. A me pare
che questa memoria non vada dimenticata, a ricordare che la nostra democrazia è nata anche dal dolore e dal sacrifico di militari e partigiani.
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N
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N F O R M A Z I O N
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A
N A L I S I
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE,
ART.2, COMMA20/B
LEGGE 662/96 - ROMA
A
N N O
Trentasei morti nel primo giorno del presidente iracheno Yawar
È nato fragile il governo
di Bagdad. All’Onu è vicino
l’accordo sulla risoluzione
a scelta finale di Brahimi ha spiazzato quasi tutti. Il nome di Ghazi Yawar, il presidente designato del governo ad interim dell’Iraq, non era stato previsto da nessuno.
Tanto meno dagli americani, che fino all’ultimo hanno anzi cercato di dissuaderlo offrendogli (con Bremer) il ruolo di ambasciatore a Washington.
Il nuovo presidente è un leader sunnita che ha studiato
negli Usa e ha vissuto in Arabia Saudita, ma ha soprattutto
una buona base di consenso tribale, ai vertici di una tribù
di oltre tre milioni di persone, anche fuori dall’Iraq, che
comprende sia sciiti che sunniti. Il limite suo e del nuovo governo (in tutto trentuno persone) è di non comprendere alcuna delle fazioni ostili agli Stati Uniti, e di es-
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sere quindi molto esposto alle ricorrenti ventate di violenza.
Come si è capito del resto fin dal suo primo giorno: due
pesantissimi attentati hanno colpito Bagdad causando in
tutto 36 vittime, soprattutto nell’esplosione che ha devastato la sede di un partito curdo.
L’insediamento del governo provvisorio è stata salutata come un grande successo da Bush (che ne ha attribuito a Brahimi la formazione, “tirando fuori” gli Usa). Ma
gli americani e gli inglesi puntano a un altro risultato che
sembra a portata di mano: già oggi verrà presentata a New
York la seconda bozza di risoluzione del Consiglio di sicurezza, emendata secondo le osservazioni critiche di
Russia, Cina, Francia e Germania.
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ARRIVEDERCI NELSON
Non chiamatemi, vi chiamerò io. A 86 anni, dopo essersi ritirato dalla politica attiva nel 1999, Nelson Mandela ha deciso di «andare in pensione dalla pensione». In tutti questi anni infatti il leader anti-apartheid ha continuato a impegnarsi con la sua Mandela Foundations nella raccolta fondi per costruire scuole e ospedali e, soprattutto, nella lotta all’Aids. (Ap)
Il dialogo è l’essenza della democrazia.
Il 2 giugno di Ciampi dedicato alla pace
l dialogo come essenza della democrazia. La pace come priorità.
Assieme alla concordia tra i cittadini,
il rispetto reciproco tra i partiti e fra
le forze sociali. Il presidente Ciampi
ha rivolto ieri il suo messaggio al
paese alla vigilia della festa della repubblica. Un augurio, ha detto, rivolto
a tutti gli italiani, «a coloro che vivono in patria e a coloro che portano con
orgoglio il nome d’Italia nel mon-
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do». Ricordando che il 2 giugno del
1946, scegliendo la repubblica con un
libero voto, «gli italiani scelsero, nella scia degli ideali del Risorgimento,
la libertà e l’unità della patria. L’Italia
che avevamo in mente, dopo la dittatura e dopo la tragedia della guerra –
ha continuato il presidente – era una
nazione in pace con tutti i suoi vicini, in un’Europa unita, in un mondo
di pace. Volevamo costruire, e abbia-
mo costruito, un’Italia in pace anche
con se stessa». Poi Ciampi ha spiegato
che «senza rispetto non c’è dialogo,
nel paese e in parlamento; e il dialogo è l’essenza della democrazia». Infine un riferimento ai più di novemila
militari italiani, uomini e donne, che
in Kosovo, in Bosnia, in Albania, in
Afghanistan, in Iraq e in altre parti del
mondo sono portatori di questi valori. «A loro va la nostra gratitudine».
R O B I N
La campagna di Diliberto, tra eredità genetica e calcolo politico
Totò
Il più antiamericano di tutti
Ecco perché il governatore
STEFANO
MENICHINI
della Sicilia vuol trasferirsi a
Bruxelles: nelle casse della regione c’è un buco di tre miliardi. Deve cioè 600 euro ad
ogni siciliano. E gli isolani si
sa son gente tosta. Ma Totò
vasa vasa non si scoraggia:
«Io c’entro» confessa follinianamente dai muri di Palermo prima di scappare.
ue paia di piedini sporchi, irrigiditi, sbucano
da sotto una coperta, sudario improvvisato per bambini ignoti. Affianco c’è scritto, lapidario: «È colpa di Bush». Roma in questi giorni
è tappezzata di manifesti così, mentre in cielo va un aeroplanino con lo striscione:
«Comunisti italiani. Bush
no grazie». Niente di male
in assoluto, da metterci una
firma se il presidente americano se ne andasse da Roma solo con questo viatico.
D
Però forse, tra le cose che andranno “revisionate” dopo il
14 giugno, c’è a questo punto anche quella (apparentemente minore) del rapporto nell’Ulivo con il partito di
Diliberto e Cossutta.
Perché, è vero, tutto il
centrosinistra è pacifista. E
poi, è vero, la sinistra della
coalizione è dura nella polemica contro le colpe Usa.
Ma nessuno, neanche
Rifondazione, sta usando
nella campagna elettorale
in maniera così esasperata e
monomaniacale la carta dell’odio verso gli americani:
non c’è praticamente altro,
nella propaganda del Pdci. I
primi a chiamare in piazza
per il 4 giugno. Quelli che
spendono di più per pubblicità e cartelloni sul tema.
I più estremi nelle dichiarazioni.
L’antiamericanismo
estremo di Diliberto ha una
prima spiegazione di tipo
genetico. C’erano due componenti filosovietiche nel
Pci: una di destra e una di sinistra, quella dei Bufalini e
degli Amendola e quella di
Secchia. Gente che poteva
dividersi su tutto, ma si ritrovava dietro allo stato guida. Cossutta ha tenuta viva
la memoria di quell’epoca e
non è bastata l’autocritica
sulla rottura con Berlinguer:
quel tipo di sinistra comunista è passata attraverso
due scissioni e ha conservato intatte due caratteristiche peculiari di quel Pci. Il
moderatismo in politica interna (per cui, se si può, al
governo sempre e comunque) e l’idea che gli Usa siano il diavolo in terra.
Tratti genetici che rendono il Pdci molto diverso
sia dal Prc che da altre sinistre radicali. Per alcuni di costoro dirsi antiamericani è
impossibile, essendo nati
non a Mosca ma sulla controcultura americana.
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II • N°111 •
€
1,00
Non sono più
portatori
d’acqua
FRANCESCO SAVERIO
GAROFANI
osa viene dopo l’inesorabile e sempre più rapido tramonto berlusconiano? La domanda guarda oltre la
campagna elettorale e la “sfida” di giugno. Supera persino la scontata e legittima risposta delle opposizioni: verrà
il governo dell’Ulivo. Già. Ma nel frattempo c’è un vuoto politico che comincia ad essere colmato attraverso
una dinamica destinata a cambiare lo
scenario cui eravamo abituati. Il declino berlusconiano e il fallimento di
un’azione di governo che si era annunciata “rivoluzionaria” per la sua
volontà di cambiamento hanno innescato una reazione. Dal conflitto sociale
che si è prodotto in questi anni è scaturita una nuova realtà. Non si tratta solo di una ricollocazione dei cosiddetti
“poteri forti”, delusi e pentiti per il loro sostegno a Berlusconi. Ciò che accade in questi mesi mostra – ancora in
filigrana – un fenomeno inedito: di
fronte al fallimento della politica di
governo, i “corpi intermedi” tendono a
riacquistare e in qualche misura a blindare, esaltandola, la loro autonomia. In
questo modo costituendosi a loro volta in veri e propri soggetti politici. Succede con i sindacati (si legga l’intervista con Savino Pezzotta che pubblichiamo in questo numero). È accaduto in modo netto con la svolta confindustriale di Montezemolo. Succede
con il sistema bancario, uscito rapidamente dall’angolo buio in cui era stato
cacciato dai crack finanziari di Cirio e
Parmalat. Succede, più in generale,
con le associazioni di categoria grandi
e piccole. Con le associazioni di volontariato. Con il terzo settore. E, su altri fronti, con i movimenti. Non solo
quelli mobilitati per la pace. Ma anche
quelli che si sono costituiti spontaneamente su grandi “emergenze” sociali, da Scanzano Jonico a Melfi. Dai
più grandi ai più piccoli, ognuno di questi nuovi soggetti è portatore di istanze e rappresentante di diritti e interessi che sempre più passano attraverso
canali alternativi a quelli tradizionali.
E in primo luogo a quelli dei partiti.
Ha ragione Pezzotta nel segnalare
che questo fenomeno di autorganizzazione sociale, di nuova partecipazione, è anche la risposta alla deriva rappresentata dal leaderismo berlusconiano.
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C
Chiuso in redazione alle 20,30
DOMANI
3 GIUGNO
UNITI NELL’ULIVO
L’ORA DELLE SCELTE
NELLE EDICOLE
DI MILANO
E DELL’HINTERLAND
IL NUMERO
DEL SUPPLEMENTO
MENSILE