Storia di Luca il fortunato – R.Rosati

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Storia di Luca il fortunato – R.Rosati
Storia di Luca il fortunato – R.Rosati – Panorama – 29-04-10
Dai primi incarichi vicino a Gianni Agnelli fino al grande salto del 2004, con la presidenza in Fiat e
Confindustria. Una vita con il vento in poppa. Finora.
Venerdì 16 aprile, Luca Cordero di Montezemolo aveva chiesto a Sergio Marchionne di poter comunicare
l’addio alla presidenza Fiat con un giorno d’anticipo rispetto alla presentazione del piano industriale. È
nato così l’annuncio del 20: visto il precipitare delle cose, doveva essere un trattamento di riguardo, un
«giro d’onore». Insomma, un’idea mediatica, ma dall’effetto incerto. Del resto uno dei giudizi più
ragionati che Gianni Agnelli dette sul suo pupillo fu: «Luca si considera un politico, e come tutti i politici è
molto sensibile a quello che scrivono i giornali. Anzi, direi che è più sensibile ai giornali che ai fatti».
Vedremo. In tutt’altro contesto, più familiare, l’Avvocato disse: «È stato il migliore amico di Cristiano, il
figlio di Suni. Gli sono sempre piaciute le belle donne e le auto veloci. Ed è anche belloccio». Era il 7
maggio 2000 e a Villa Fungarino Neri, residenza di famiglia sulle colline bolognesi, si teneva il ricevimento
per le nozze di Luca con Ludovica Andreoni. Agnelli era testimone dello sposo, con Diego Della Valle.
Di sicuro i destini incrociati con Suni, la sorella prediletta di Gianni, hanno giocato un ruolo singolare.
Destini proseguiti fino al 2009, quando il 15 maggio morirono contemporaneamente il suo papà, Massimo
Cordero di Montezemolo, e proprio Susanna Agnelli. Così come in quei 14 mesi fra il gennaio 2003 e il
maggio 2004, tra la scomparsa di Gianni e di Umberto, che indussero la famiglia a individuare proprio in
Luca il presidente della Fiat e il garante della dinastia. Logico che lui si sentisse un predestinato.
Due mesi prima, in marzo, era riuscito a farsi designare presidente della Confindustria, dopo un’accurata
campagna per ottenere un’investitura plebiscitaria: la nomina ufficiale, il 25 maggio, avvenne con il 98,5
per cento, nonostante malumori e adesioni di circostanza. Non importava: quello fu l’anno, come disse
poi, del «tutto in un fiato».
«È bravo e fortunato»: questa resta la sintesi di Maria Sole Agnelli. In verità all’Avvocato non dispiaceva
dispensare anche su Luca un po’ del suo cinismo. All’inizio degli anni Novanta l’allora 44enne
Montezemolo fu messo alla guida della Juventus. Con Luigi Maifredi in panchina la squadra venne esclusa
dallo scudetto e da tutte le coppe. Nel ’91 divenne presidente della Ferrari; anche lì inizi stentati prima
dei trionfi con Michael Schumacher. Agnelli commentò: «Vediamo almeno di mettere il naso davanti alla
Benetton». Nel frattempo ricamava sulla storia tra Montezemolo ed Edwige Fenech: «Ieri notte non
riuscivo a dormire, e facendo zapping mi sono imbattuto in un film con la Fenech tutta nuda…».
Negli anni Settanta Montezemolo cura le relazioni esterne Fiat e della corrente di Umberto Agnelli,
senatore dc. Quando torna in corso Marconi vi trova Cesare Romiti, che racconterà: «Abbiamo pescato in
Fiat un paio di persone che pretendevano denaro per presentare qualcuno all’Avvocato. Uno dei due
l’abbiamo mandato in galera, l’altro alla Cinzano». Ironia della sorte, l’episodio è stato ripescato dal
Giornale in un’intervista a Romiti pubblicata proprio domenica 18 aprile. Domanda del Giornale: «Quello
finito alla Cinzano ammise: “È vero, per favorire il contatto con Gianni Agnelli mi sono fatto dare 80
milioni nel cofanetto vuoto di un libro di Enzo Biagi”. Si tratta di Montezemolo». Risponde Romiti: «Non
faccio commenti».
Ventotto anni fa quell’inciampo costa a Montezemolo la lontananza dalla Fiat, finché vi governano Romiti
e la Mediobanca. Quando torna, suggerisce un polo dell’auto di lusso con Alfa, Maserati e Ferrari. Ora
proprio la Ferrari potrebbe essere il prossimo punto di scontro con il dominus del Lingotto; e
prevedibilmente anche l’ultimo. Marchionne del resto ha osservato con distacco anche i quattro anni di
Montezemolo in Confindustria.
La candidatura era stata preparata con incontri segreti tra Andrea Pininfarina, Emma Marcegaglia, Della
Valle, Luigi Abete, Innocenzo Cipolletta: detto il «club di Capri», per le partite di calcio organizzate dietro
l’hotel Quisisana. L’avversario di Montezemolo era stato Nicola Tognana, esponente dell’imprenditoria del
Nord-Est che oggi gonfia le vele della Lega. Montezemolo aveva altro in mente: fare il controcanto
moderato al secondo governo Berlusconi, mettendosi a cavallo tra destra e sinistra; puntare sull’amicizia
col leader Cgil Guglielmo Epifani, e vedere quel che accadeva alle politiche 2006.
Ma il mandato confindustriale di Montezemolo viene spaccato dal duro intervento di Silvio Berlusconi al
convegno di Vicenza, proprio nel marzo 2006, alla vigilia delle elezioni vinte di un soffio da Romano Prodi.
Il premier litiga con Della Valle, l’amico più stretto di Luca, e riceve un’ovazione dalla platea.
Montezemolo si mette in stand-by: già nell’agosto 2006 sul Wall Street Journal definisce «fallimentare il
debutto di Prodi».
Due anni dopo, con il ritorno di Berlusconi nell’aria, chiude il quadriennio attaccando la sinistra su tasse e
spesa pubblica. La successione di Marcegaglia pare nel segno della continuità; e invece si consuma la
rottura. Luca aveva riportato la Cgil al tavolo di trattativa; Emma discute con chi ci sta: governo, Cisl e
Uil.
All’inizio di questa primavera, a metà mandato, Marcegaglia si libera dei montezemoliani e lo stesso
Montezemolo deve lasciare la presidenza della Luiss, l’università confindustriale. E nel board
dell’organizzazione Emma chiama proprio John Elkann. Ancora destini incrociati; ora, forse, per l’ultima
volta.