Offertorio Nell`antico Israele c`era il rito dell`uccisione dell`animale

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Offertorio Nell`antico Israele c`era il rito dell`uccisione dell`animale
Offertorio
Nell'antico Israele c'era il rito dell'uccisione dell'animale come segno di devozione e di unione con Dio;
venivano offerti anche altri prodotti della terra e del proprio lavoro, le primizie, come una dimostrazione a
Dio: vedi io ti do la parte migliore, e Tu donami la tua benedizione. Il sacrificio come atto mediante il quale
l'uomo cerca di entrare in comunione con Dio, offrendo doni, per riconoscere la sua divinità, lodarlo o
renderselo propizio.
Anche oggi nella Messa si offrono pane e vino, “frutto della terra e del lavoro dell'uomo”. Simbolicamente si
offre l'attività, la fatica e la creazione che geme e soffre aspettando la liberazione.
L'offerta delle primizie consiste - così ritengono i Padri della Chiesa con riferimento al pensiero biblico –
nell'unificazione dell'uomo e della creazione con Dio. Significa l'uscire dallo stato di separazione, di
apparente autonomia, dell'essere solo per se stessi ed in se stessi. Essa significa quel perdere se stessi che è
l'unico modo di trovare se stessi(cf. Mc 8, 35; Mt 10, 39). Per questo Agostino poteva dire che il vero
“sacrificio” sarebbe la Civitas Dei, cioè l'umanità divenuta amore, che rende divina la creazione e che è la
consegna dell'universo a Dio: Dio tutto in tutti (1 Cor 15, 28) – è questa la destinazione del mondo, è questa
l'essenza di “sacrificio” e culto.
“Se tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo
dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24)
In Deuteronomio 26 il gesto rituale dell'offerta delle primizie è al tempo stesso memoriale della storia di
Israele, confessione di fede nell'azione di Dio e comando etico da vivere nel presente.
Il brano termina con il comando della condivisione: “Gioirai, con il levita e con l'immigrato che sarà in
mezzo a te, di tutto il bene che il Signore, tuo Dio, avrà dato a te e alla tua famiglia”.
Il Deuteronomio legifera in modo audace la decima triennale (14,1-18.28-19; 26,12), l'anno sabbatico
(15,7-11), le misure di protezione (24,19-21) per garantire al povero ciò che a lui spetta per diritto e non per
elemosina.
Didascalia: “Le vedove e gli orfani saranno per voi come un altare”. Fin verso il IX secolo i fedeli portavano
in chiesa doni in natura destinati ai poveri, da questi doni si prelevavano il pane e il vino da porre sull'altare
per l'eucarestia, a significare che offerta a Dio e offerta ai poveri formavano un unico atto di offerta.
150 dc Giustino in I Apologia, cap 66,6: “Quelli che sono nell'abbondanza e che lo desiderano, danno quello
che intendono dare, ciascuno ciò che vuole. Si raccolgono questi doni e si consegnano a colui che presiede. E'
lui che assiste gli orfani e le vedove, chi si trova nel bisogno a causa di malattie o per qualsiasi altro motivo, i
prigionieri; in una parola soccorre tutti quelli che si trovano nel bisogno”
L'offertorio è contro quell'istinto di proprietà che ci impedisce di elevare l'anima al Signore in modo puro.
“Chi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo” (Lc 14,25)
“Pregate, fratelli, perché il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente. Il Signore riceva dalle
tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la santa chiesa”
Oblazione di Cristo
Gesù porgendo il pane e il vino agli apostoli non dice semplicemente 'dato a voi', ma 'dato per voi'.
La Scrittura presenta Cristo come il grande oblatore del suo sacrificio: Ed 9,23-28; 10,6-10; Ef 5,2.
L'atteggiamento oblativo permeò tutta la vita del Cristo: Eb 9,27; 10,1-18.
Culminò sulla croce: Ef 5,2; Eb 10,5.10.
S. Ignazio, vescovo di Antiochia, dopo la condanna a morte viene condotto a Roma e durante il viaggio
scrive: “Cari romani quando sarò lì da voi, vi prego di non adoperarvi per la mia liberazione, perché io voglio
veramente morire per il Signore, voglio essere sacrificato, voglio completare la mia offerta […] Io sono
frumento di Dio, verrò macinato dai denti delle belve per diventare immacolato pane di Cristo”.
“Se soffrirò il martirio, diventerò un liberto di Gesù Cristo”. I liberti erano coloro che venivano liberati dalla
schiavitù e tornavano liberi cittadini.
Don Barsotti: “L'atto del martirio sarà così vissuto come preghiera eucaristica […] L'atto del martirio è la
preghiera eucaristica veramente vissuta, cioè la lode perfetta, dono totale di sé a Dio nell'amore”
PNMR 62: “Nella celebrazione della Messa, i fedeli formano la gente santa, il popolo che Dio si è acquistato
e il sacerdozio regale, per rendere grazie a Dio, offrire la vittima immacolata, non soltanto per le mani del
sacerdote, ma anche insieme con lui, e imparare a offrire se stessi”.
Giovanni Paolo II in Dies Domini: “Portare all'altare la settimana tracorsa con l'intero carico umano che l'ha
segnata”.