parte3 – scarica il pdf - Il Quaderno di Mauro Scardovelli
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! ! ! ! MANCINI-PARTE 3 ! ! ! ! Trascrizione a cura di Mirko Brazzoni “La forma di civiltà in cui ci troviamo è stata globalizzata” Il significato è che non c’è nessuna alternativa, ci sono solo varianti interne: quella: Cinese, Occidentale, Europea, Americana... ! Insomma, è un mondo veramente soffocato nel modo unico di pensare alla realtà ed è il frutto di una lunga tradizione, da un lato è giusto fare una ricostruzione storica. Faccio solo un esempio: pensate come questa civiltà che in fondo si chiama “capitalismo” (passione per il capitale), è nata nel seno di una civiltà cristiana o di una civiltà che si definiva cristiana, cioè è nata in Europa , non è nata in Cina o in India. ! ! Noi in fondo, insieme a Mozart, insieme a Platone abbiamo dato al mondo i “Totalitarismi” ed “il Capitalismo Globale”. E allora, dentro la ricostruzione della sedimentazione culturale di questo modello di civiltà c’è stato l’addomesticamento della radice cristiana dell’incontro con il messaggio cristiano... ! Perché lo cito come un messaggio rilevante? Perché al di là della nostra scelta di essere credenti o non credenti, tutti noi se siamo cresciuti in Italia abbiamo assorbito tutta questa melassa di “pseudo cristianesimo” e li dentro ci sono molti “semi velenosi” . ! Pensate, il primo è quello della dottrina del peccato originale che è un’alterazione profonda, cioè noi non siamo figli di Dio -tanto che la teologia con imbarazzo ha dovuto dire che Gesù è il figlio unigenito di Dio, fa già parte della trinità- noi invece siamo figli adottivi: “Figli originali del 1 male” (la natura umana è corrotta) che è una tautologia, cioè il male esiste perché l’uomo è il male. Già dalla nascita con questa conseguenza noi siamo massimamente colpevoli. Nella nostra cultura abbiamo interiorizzato questo senso d’indegnità, ancora oggi durante la messa nel momento della comunione cioè nel momento di massima partecipazione dell’incontro tra umano e divino un attimo prima diciamo “o signore non sono degno” come dire io sono una schifezza non sono degno (sempre con un io mai un noi) è entrato molto nell’immaginario religioso questo senso di indegnità. Secondo quello che nel Vangelo viene chiamato “Dono” è stato tradotto nella tradizione a “sacrificio” ed è una modificazione profondissima, pensate che nei Vangeli, Gesù utilizza la parola sacrificio solo due volte “ Matteo 9 13 12 7” dove cita il profeta “Osea” della scrittura ebraica e dice: ! ! “Misericordia, io voglio il non sacrificio” La misericordia ha fatto una brutta fine, è diventata una virtù da santuario, una specie di sentimento patetico, femminile per come lo guarda lo sguardo maschile, quindi non la capiamo, infatti la nostra è una società senza misericordia che si prende le logiche peggiori come se fossero normali e giudica le persone invece di fare l’inverso, cioè, giudicare le logiche peggiori e comprendere le persone, voi sapete che quando giudico una persona ho smesso di capire, divento: Cieco, Sordo, Insensibile, sto giudicando, la nostra è una società senza misericordia, profondamente sacrificale. ! ! La gran differenza è che il sacrificio è un atto di morte. Pensateci: è strano ma è l’offerta di un cadavere. Io prima ammazzo, poi la realtà che ho ammazzato te la offro, che è un’uccisione concreta oppure simbolica. ! Penso che per essere più vicino a Dio devo ammazzare la mia sessualità, la mia ragione, la mia libertà e questo mi renderebbe più vicino a Dio. ! 2 È veramente una follia: quale genitore metterebbe al mondo un figlio perché poi questo sia mutilato da qualcosa di essenziale? Perché così è più obbediente! Ecco quindi il sacrificio: è sempre un passaggio di morte, basta che ci mettete il genitivo. Vi ricordate il sacrificio di chi? È sempre un sacrificio di vittime. ! Noi ne siamo talmente immersi, che anche i teologi riconoscono che i vangeli sono “anti sacrificali” non “sacrificali”. Che fanno e dicono che è così ma poi lo risignificano, cioè non hanno il coraggio di buttare via la categoria, gli trovano a tutti i costi un’altro significato. Se tu gli togli il sacrificio, praticamente in un attimo, togli il religioso separato dalla vita, cioè cade la religione come istituzione di potere e quindi anche quelli che lo capiscono se lo tengono. ! Anche nei vangeli è penetrata molto questa cosa. ! Anche la liturgia dice: Fa’ di noi un sacrificio vivente a te gradito . ! Quale genitore mette al mondo un figlio perché questo sia un sacrificio vivente? Ecco il sadismo! ! ! Invece il dono rappresenta sempre un atto di vita! Il dono vero non è mai un regalo: è una relazione nella vera relazione di dono. Chi partecipa è più libero. Il dono vero non ti rende debitore, neppure morale. Anche la gratitudine è un atto di gratuità! Quando il genitore dice al bambino “dì grazie al signore”, comincia a farglielo diventare un atto meccanico, lo falsifica. ! Dire grazie è un atto di gratuità: allora il dono rispetta la libertà delle persone. L’atto di dono è sempre un atto di libertà di poter dare e poter ricevere. ! Questo è uno dei luoghi cruciali della mentalità occidentale. Non in tutte le mentalità è così: per esempio nell’induismo il sacrificio è un parto . 3 ! È il Dio iniziale che si sacrifica, si spezza, perché l’umanità sia. Già è un’altra cosa! ! Ma per noi il sacrificio è veramente un momento distruttivo: noi crediamo che la distruzione sia creativa. Infatti la nostra crescita economica è distruttiva! ! Poi, pensate, nel vangelo non c’è l’aiuto ai poveri; perché vuol dire che hai cristallizzato l’umanità in una categoria di ricchi che aiutano i poveri e di poveri che stanno lì a ricevere! ! Tanto è vero che c’è stato un rovesciamento per cui il ricco è uno buono perché sa condividere mentre il povero si merita questa condizione perché non ha saputo far fruttificare i doni di Dio. ! Ecco, in realtà nel vangelo non c’è l’aiuto ai poveri, c’è la condivisione. Cioè non ci sono propriamente ricchi e poveri. Ci sono fratelli e sorelle. E’ proprio un’altra antropologia! ! ! Oppure l’idea che l’amore si merita attraverso la sofferenza. Tutti siamo cresciuti pensando che Cristo si è sacrificato per noi. Ma mica c’è scritto che nei vangeli quello di cui si parla è l’amore, che riesce anche a reggere la sofferenza. Tutto questo sta nel nostro DNA culturale. ! Un figlio dell’Occidente ha subito l’incontro di 4 logiche: ! 1) La logica dell’identità come identità esclusiva: per noi l’identità conta più della relazione. L’io viene prima dell’altro, è il portato del narcisismo, se scopro che l’altro ha qualcosa in comune con me, per me è un dramma. Lo straniero non è vero che mi fa paura per la sua differenza, mi fa paura per la sua possibile uguaglianza (deve restare diverso da me, se no, io chi sono?) “identità esclusiva”, “separazione” (tutte le nostre identità sono particolari) siamo lombardi, siamo cattolici... in un modo o in un altro siamo di una scuola psicanalitica piuttosto che un’altra. Cioè tutte le identità a cui ci 4 aggrappiamo sono basate sulla divisione. Sono la risultante di una rottura delle relazioni, che sarebbero più profonde e quindi non arriviamo mai alla verità del nostro essere. ! 2) La logica della potenza: qui c’era una possibilità, si poteva riconoscere ! la potenza come capacità di dare la vita e prendersene cura. La potenza al femminile invece no! È stata abbracciata la potenza al maschile cioè l’efficacia, la capacita di arrivare al risultato costi quel che costi, senza distinguere fini e mezzi. L’Occidentale è uno che ha il culto della potenza: ideologica, fisica, militare ed economica. Se pensa a Dio, naturalmente lo pensa onnipotente, se no che Dio è? 3) La logica della proprietà: non avendo capito la relazione, la grammatica della relazione che implica la fiducia (se io distruggo la fiducia in una relazione è finita la relazione) avendo avuto paura della relazione e di ogni alterità, l’occidentale come fa a surrogare la fiducia alla relazione? Con la proprietà. Nello spazio di proprietà non ha bisogno di correre il rischio della fiducia, “quello è suo” e li sente di avere un potere arbitrario totale (padroni in casa nostra quello che è mio ne faccio ciò che voglio) con l’equivoco tragico di trattare gli affetti e le persone come proprietà. Quando un genitore dice “mio figlio ” e non ci mette le virgolette su “mio” è una tragedia perché tratta gli affetti e le ! relazioni di amore come fossero oggetti di proprietà, come gli uomini che ammazzano le donne. È proprio il portato finale di una cultura in cui l’altra è un oggetto a mia disposizione, è una proprietà, con la finezza che nello sguardo maschile si desidera un soggetto che deve accettare da solo, di farsi oggetto. Quindi, quando lo voglio soggetto, dev’essere soggetto, cioè voglio un amore vero e libero ma nel contempo non dev’essere un amore veramente libero perché dev’essere oggetto del mio possesso, se non ci sta lo ammazzo, questa è una cultura non è una follia individuale. 4) La logica del sacrificio: la superstizione per cui la distruzione è creativa, si arriva alla vita passando per la morte. Adesso immaginatevi un uomo che è imbevuto di logica d’identità esclusiva di potenza, di proprietà e di sacrificio. Che sentimenti avrà nel cuore questo disgraziato? Un’angoscia profonda, un profondissimo sentimento di morte. Se c’è una cosa a cui noi non crediamo, è l’eterno nell’uomo (oggi 5 molta gente crede in Dio, quasi nessuno crede all’eterno nell’uomo). Cioè vuol dire che le cose fondamentali della vita hanno un valore eterno. Nessuno le può distruggere. Noi pensiamo che tutto sia precario, tutto sia per un attimo, ci viene l’espressione stupida “i migliori anni della nostra vita” e quali sarebbero? ci sono bambini o adolescenti che portano montagne e tonnellate di dolore sulle spalle e quali sarebbero i migliori anni? Solo perché sono giovane? È falso! La vita non è così. Però veramente, abbiamo avuto scandalo del fatto che la vita potesse essere una vita irreversibile, allora ci siamo attrezzati per la sopravvivenza (dunque per la competizione, per l’egoismo, in fondo viene tutto di conseguenza) perché il narcisismo è la ferita di questa grande delusione, è il pensare che la vita sia sotto il potere della morte. Allora per noi ha senso differire il momento della nostra morte addossando situazioni di morte agli altri, scaricando morte civile, morte sociale, morte giuridica, morte simbolica, con il giudizio. Allora c’è bisogno di uscire da questo spirito di morte e questo implica un percorso di liberazione delle persone con l’educazione (Educere) e non vuol dire tirare fuori il meglio di una persona, ma anche il peggio. Se tu insegni a dei bambini a fare i conti con la loro rabbia, con le loro paure, con le loro frustrazioni, li metti al mondo, perché solo se le tiri fuori riesci a relativizzarle e a superarle con sincerità. Se tu gliele condanni in modo moralistico, l’unico effetto che imparano è l’ipocrisia. Cioè coveranno dentro quei sentimenti. È inutile parlare male dell’invidia ecc... bisogna che tu le affronti, le ascolti, allora Educere. Intanto va verso i talenti migliori, ma anche verso il negativo per disattivarlo, per trasformarlo. Ma è anche portare qualcuno che cresce, incontro alle cose migliori della realtà, della cultura, della spiritualità, mica è vero che abbiamo tutto dentro (che siamo un microcosmo e abbiamo già i semini dentro e basta farli crescere) non è vero! Educare significa portare incontro, non selezioni le persone, selezioni le forze “educative” separandole dalle forze “anti educative”. Lo spirito di competizione, il narcisismo, l’immagine... (quelle non c’è le fai entrare in uno spazio educativo) e per i tuoi allievi/ragazzi selezionerai le “cose migliori” che li fanno crescere. ! 6 Allora la selezione cambia significato, non è una selezione di classe quella che conosciamo ancora oggi. Ma soprattutto, educare significa liberare, non significa indottrinare, opprimere , bisogna ricordarsi quello che diceva René Girard quando parla del doppio vincolo che c’è tra un modello e un discepolo dove il modello è sacrificale. Cioè il genitore manda il messaggio non verbale al bambino: “imitami” perché io sono il modello. Però sopratutto gli manda l’altro messaggio e questo alla fine è veramente distruttivo: “non ti azzardare ad imitarmi”. Perché il modello sono io, tu stai dietro, tu stai sotto. Allora il bambino, quando crescerà, applicherà a sua volta quel modello in una catena mimetica tragica. ! Ecco, l’educazione è il contrario, è liberare le persone, liberarle dalla paura, insegnare il confronto con la paura, con la sofferenza. Liberare dall’ignoranza, dall’angoscia, da tutto quello che rischia di bloccare la nostra nascita nella pienezza dell’essere umano. ! Allora questo percorso di liberazione quando dicevamo che l’economia richiede anche persone liberate, non è un meccanismo che va da se, non basta una riforma legislativa. Certo, l’economia sistematicamente quando cambierà? Quando ci troveremo a cambiare le regole del gioco. Se tu sei a calcio e dici che la palla si può toccare con le mani anche se non sei portiere, hai cambiato il calcio, hai cambiato le regole. ! Quando su scala internazionale cambieremo le regole, cioè, la finanza sarà riportata dentro regole di civiltà e il credito servirà per le persone, per le famiglie, per le imprese, l’economia reale sarà un’economia di servizio. ! Cioè non siamo noi che siamo risorse umane. ! Sentite, ci siamo abituati all’ideologia delle “risorse umane” ma sarà l’economia che è una risorsa per noi, non noi le risorse umane per l’economia. Risorse umane è un’espressione terribile oltre tutto, “se ti va bene”, “se ti va male” diventi un esubero “se ti va peggio” diventi una vita di scarto, cioè i migranti, Rom, quelli che nessuno vuole accogliere. ! 7 Oggi sono gironi infernali (risorse, esuberi, vite di scarto). Allora, quando sistematicamente arriveremo ad altre regole, a un‘altra civiltà, allora tutto questo sarà rovesciato. Però intanto, come persone, vincere la disperazione, quella convinzione di non poter fare altrimenti. Io ho fatto una piccola fenomenologia delle forme di disperazione, cioè della conciliazione facile (perché la disperazione è comoda) con una realtà sbagliata! ! 1) Gli Apologeti: quelli che ti dicono, il nostro è il migliore dei modi possibili. ! 2) Quelli che si impegnano a cambiare il mondo ma dopo tante frustrazioni dicono “no il mondo non si cambia” . ! 3) Quelli che capiscono che così il mondo è sbagliato, ma non ci provano perché pensano che così è troppo potente. ! 4) Quelli che ci provano, ma cadono, hanno il virus del settarismo. Cioè tutti gli altri sono stupidi. La ricetta giusta “è la mia” “il mondo lo cambio io” e che fanno? Si riportano le contraddizioni all’altezza del loro sguardo per cercare di sedare l’angoscia. Cioè, mentre la contraddizione è più alta dell’altezza del nostro sguardo, le contraddizioni del mondo attuale sono talmente complesse con queste radici così profonde, sono di ordine: culturale, spirituale, politico, militare, ecologico (hanno una complessità vasta). Tu te le riporti alla tua altezza è pensi che se fai gas o se fai ego solidale o se fai la crescita, la soluzione la porti tu. Ecco, quello è un altro modo di conciliarsi. Invece chi riesce attraverso questa “liberazione personale comunitaria” a riconoscere, che non c’è un destino ineluttabile di organizzare le cose in questo modo, nel contempo riconosci che ci vorrà del tempo, magari non sarai tu nell’arco della tua vita a vedere questa liberazione.... ! Mentre le prime quattro categorie si scandalizzano e dicono: “no se è una liberazione che io non vedo nell’arco della mia vita non ci sto” , tu invece proprio perché riconosci la tensione di una cultura del compimento “cioè la nostra vita è fatta per diventare una vita vera, una vita riuscita”. ! Mi obiettate: si, però c’è la morte! Allora, a parte il fatto che la morte è una sorta di mistero, nessuno sa cosa c’è dopo la morte. È una sorta di mistero con cui noi dobbiamo confrontarci, a parte questa soglia dove se 8 ci viene dato tempo noi possiamo esprimere comunque, un modo di morire. ! Io ho visto persone che sono morte pensando a chi restava, ringraziando. ! Cioè hanno trasformato il modo di morire in un atto di amore (per quelli che hanno paura di non essere abbastanza incisivi e potenti). Una persona morente può esprimere una grandissima efficacia, cioè può rinnovare con un gesto d’amore la situazione intorno. ! Allora, anche se facciamo l’ipotesi peggiore (dopo la morte non c’è niente, è vero che alla fine la morte tronca tutto) ma una vita riuscita, compiuta, significa che tu hai condotto una vita sensata. ! Tendenzialmente una vita felice, dove la tua capacità di felicita è fondamentale perché fondamentali non sono i fatti che ci accadono, ma le risposte che diamo ai fatti che ci accadono, non è che tu sei felice o infelice a seconda di quello che ti succede. In gran parte sei felice o infelice a seconda della qualità della risposta d’amore che tu dai. ! Allora, ipotizziamo pure che la morte arriva e tronca tutto, ma una vita vera compiuta non ci sarebbe negata, perché una vita riuscita è quella che oltre ad essere stata sensata non è stata sprecata in quel ergastolo che è il narcisismo. ! Noi siamo nati per la comunione e ci moriamo dentro il nostro presunto “IO” che, oltre tutto, è sempre più vuoto. Non riusciamo neppure a farci compagnia da soli. È veramente un ergastolo! Allora non solo non sei caduto in questa trappola ma quando tu muori lasci un’eredita. ! Un’eredità non significa che tu lasci una casa, un patrimonio, un conto in banca. ! 9 Tu lasci da vivere per quello che tu hai vissuto, per quello che tu hai insegnato. Questo diventa alimento, nutrimento a quelli che restano. Il tuo esempio, il tuo percorso dà da vivere agli altri e allora, fateci caso, si capisce veramente che la vita non è un fatto biologico (se gli economisti anziché avere modelli matematici si fossero ispirati a modelli biologici non avrebbero fatto questo disastro) perché si ricordavano i processi vitali, si ricordavano la seconda legge della termodinamica (se tu produci tre distruggi cinque), allora ci serve un’economia della cura, un’economia degli equilibri, non un’ economia della crescita illimitata, che ovviamente è insostenibile. ! Ma a parte questo, nel percorso di vita, l’esistenza non è un fatto biologico ma è veramente relativa alla qualità d’amore che la fonda. ! La vita viene dall’amore, ve lo dico come uno slogan tipo baci perugina o canzone di San Remo, ma ci capiamo. ! La vita viene dall’amore, da un certo tipo di amore, poi vedete voi, umano, della natura, divino... a seconda della vostra visione e voi lo vedete da un’esperienza concreta o riscontro concreto. ! Noi siamo vivi finché siamo capaci di ricomunicare o anche solo di ricevere un frammento d’amore. ! Quando tu non sei più capace ne di darlo ma neanche di riceverlo, allora anche se campi cent’anni sei già morto. ! Voi conoscete persone vive che sono interiormente morte e conoscete persone scomparse il cui affetto vi arriva ancora oggi e la relazione con loro non è affatto distrutta. Non li cercate al cimitero, cercateli nella relazione, quando uno muore vi fa un dono, vi fa il dono di tutto l’amore, di tutto quello che ha espresso e quello va raccolto. Allora, quando parliamo dei morti con i verbi all’imperfetto o ai funerali diciamo quella banalità “la vita fa parte della morte”, ma mica è vero! Ogni morte arriva come un’interruzione della vita, il compimento della vita umana non è la morte, è una vita così piena d’amore, che anche se la morte fosse veramente la 10 fine biologica della vita, in ogni caso la tua vita non è morta, perché il tuo amore resta vivo, resta vero nella relazione con gli altri, quella è la tua eredità. Una vita riuscita è una vita che lascia eredità anche di fronte a quel confine. ! Pensate oggi la nostra civiltà al contrario, sta chiudendo completamente il futuro alle nuove generazioni. Addirittura compromette il presente e i giovani sono i primi sacrificati dentro questo modello, che appunto è sacrificale di civiltà. ! 11