niente da nascondere –cache
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NIENTE DA NASCONDERE –CACHE’ scheda tecnica titolo originale: CACHE’ durata: 117 minuti nazionalità: Austria, Francia, Germania, Italia anno: 2005 regia: MICHAEL HANEKE sceneggiatura: MICHAEL HANEKE produzione: LES FILMS DU LOSANGE, WEGA FILM, BAVARIA FILM, FRANCE 3 CINEMA, ARTE FRANCE CINEMA, EURIMAGES FUND OF THE COUNCIL OF EUROPE, CNC, LE STUDIO CANAL+ fotografia: CHRISTIAN BERGER montaggio: MICHAEL HUDECEK, NADINE MUSE effetti: PHILIPPE HUBIN scenografia: EMMANUEL DE CHAUVIGNY costumi LISY CHRISTL interpreti: DANIEL AUTEUIL (GEORGES), JULIETTE BINOCHE (ANNE), MAURICE BENICHOU (MAJID), ANNIE GIRARDOT (MADRE DI GEORGE), BERNARD LE COQ (REDATTORE CAPO), WALID AFKIR (FIGLIO DI MAJID), DANIEL DUVAL (PIERRE), NATHALIE RICHARD (MATHILDE), DENIS PODALYDES (YVON), AISSA MAIGA (CHANTAL), CAROLINE BAEHR (INFERMIERA), CHRISTIAN BENEDETTI (PADRE DI GEORGES), LESTER MAKEDONSKY (PIERROT), PHILIPPE BESSON (INVITATO DELL'EMITTENTE TELEVISIVA), LOIC BRABANT (IL POLIZIOTTO) la parola ai protagonisti Michael Haneke Un tema che più volte ricorre nei suoi film è la deformazione della realtà quotidiana prodotta dai media. Non è proprio il cinema a possedere più di tutti gli altri mezzi il potere di manipolare la credulità dello spettatore? La caratteristica del cinema commerciale è far finta che un film o una storia possano spiegare e descrivere il mondo intero, e che ogni problema sia risolvibile. E per questo tipo di bugia lo spettatore paga volentieri. Nel momento stesso in cui compra un biglietto, accetta automaticamente il fatto di essere ingannato. Questo genere di cinema persegue lo scopo di fargli dimenticare la propria vita per almeno due ore. Questi film hanno una funzione sociale, non artistica. [email protected] 1 Lei distingue allora il cinema commerciale, che allontana lo spettatore dalla propria vita, dal cinema cos i ddet t o‘ ser i o’ ,ar t i st i c o,cheal cont r ar i ol odeveavvi c i nar ei l pi ùpossi bi l e? Sei lf i l m vuol eesser eun’ oper ad’ ar t e,sideveoccupar edel l ar eal t àedel l esuet ante apparenze frammentarie e deve essere impegnato a dare espressione artistica e cinematografica alle esperienze di ogni giorno, che ricordano tanti shots di un film. I tagli improvvisi che uso nei miei film, e che eludono ogni tipo di spiegazione, sono un tentativo di dar forma a questa vicinanza con la vita. I suoi film tendono a stabilire un rapporto più intimo possibile con gli spettatori. Le lunghe sequenze, note per la loro intensità e violenza psicologica, e che lei usa anche nel suo ultimo film La pianista, sono un ulteriore tentativo di evocare un senso della realtà vissuta sulla propria pelle? Le lunghe sequenze, che uso preferibilmente in quasi tutti i miei film, hanno la funzione di sostenere la fluidità della storia e servono anzitutto per dare agli attori la possibilità di sviluppare se stessi nel proprio ruolo. Ma niente deve essere affidato al caso. Gli attori devono seguire fedelmente le indicazioni del testo e rinunciare a ogni improvvisazione arbitraria. Devono essere professionali, ed è questo uno dei motivi per cui preferisco gli attori di teatro, che sono abituati a un lavoro lungo e ininterrotto sul testo. Isabelle Huppert recita anche in teatro, e il risultato si è potuto vedere. Lei stesso è stato regista di teatro? Dopo aver studiato in Inghilterra sono tornato in Germania e ho cominciato a lavorare sia per la televisione sia per il teatro, prima come autore e poi come regista. Quando ho iniziato af ar e ci nema sono st at o cost r et t o ad abbandonar el ’ at t i v i t àt eat r al e sopr at t ut t o per mancanza di tempo. Ma alla fine è stato sempre il cinema che mi ha dato più soddisfazioni, perché mi ha permesso di realizzare le mie idee e di avere il controllo totale sui miei progetti. In teatro, invece, la regia è maggiormente condizionata dalla capacità degli attori, e dal l a necessi t à dicont r ol l ar l i . La mi af or z a cons i st e nel l ’ i nvent ar miqual cosa e trasmetterlo, sia alla gente che lavora con me, sia agli spettatori che vanno a vedere i miei f i l m.Comunquel ’ esper i enz at eat r al emièser vi t amol t o. Vedendo i suoi film, lo spettatore deve acquisire una coscienza evoluta della realtà che lo circonda. Per raggiungere lo scopo di renderlo partecipe in modo attivo e critico, lei usa dei mezzi che spesso provocano una sensazione di disagio e orrore. La violenza è un tema ricorrente nelle suest or i e… La capacità di manipolazione dei media e la rappresentazione mediale della violenza sono ormai fenomeni indispensabili della nostra società dei consumi, e come tale trattate e spesso parodiate nei miei film. Proprio come cineasta mi sento obbligato a rendere lo spettatore cosciente del suo rapporto artificiale e finto con una realtà spesso pubblicizzata come vera e unica. Ma ciò non significa che i miei film non debbano sedurre lo spettatore, anzi, lo devono violentare a raggiungere la sua indipendenza da ogni tipo di opinione prestabilita e stereotipata. In Funny Games mi divertivo a ingannare e a confondere lo spettatore applicando gli stessi mezzi dei media che manipolano la realtà spacciando la finzione per verità. Nonostante avessi spiegato che si trattava solo di cinema, in alcuni momenti sono riuscito a convincere gli spettatori del contrario. Naturalmente sappiamo tutti chei lci nemaèsol t ant oun’ i l l usi one,mat al vol t af aanchebenedi ment i car l o. In La pianista le parole di Schubert sembrano le parole non pronunciate dalla protagonista. Che significato ha per lei la musica? La musica ha un ruolo molto importante nei miei film. Ma, a eccezione di alcune produzioni televisive, non faccio mai comporre una colonna sonora, ma uso per la maggior parte brani dimusi cacl assi ca:pensochecosìsievi denz i megl i ol ost at od’ ani modei mi eiper sonaggi .I lieder di Schubert usati in La pianista hanno un significato speciale, essendo i portavoce del l ’ ani mosof f er ent ediEr i ka Kohout. Le parole "evito i sentieri, dove camminano gli altri viandanti" esprimono molto della complessità di questa figura e potrebbero essere usate benissimo come motto del film. [email protected] 2 St or i eeLapi ani st asonoent r ambipr oduzi onif r ancesi .L’ ul t i moèunacopr oduzi on econl ’ Aust r i a. Hai n t enzi onedipr odur r eisuoipr ossi mi f i l m al l ’ est er o? A dire la verità, in Francia esistono condizioni di lavoro migliori rispetto a quelle austriache. Soprattutto adesso che, in Austria, la situazione politica è precaria la cultura cinematografica vive un momento molto duro e difficile. Da quando il nuovo governo è andato al potere il fondo di sostegno - che già prima era molto limitato - è stato tagliato di un altro trenta per cento, il che ha peggiorato la situazione già di per sé miserabile del cinema austriaco. Più di tutti ne risentono i giovani talenti, che si sono trovati privati delle possibilità di fare un salto qualitativo. Io personalmente non ho grandi problemi a realizzare i miei progetti in Austria. Juliette Binoche Che reazione ha di fronte alla violenza? Posso piangere, urlare, posso sentirmi impotente ma fare dei film è un modo per agire di fronte alla violenza. Per esempio il mio ultimo film è su un'immigrata bosniaca ed è stato importante per me andare in Bosnia a Sarajevo. L'immigrazione è un tema molto attuale; io stessa sono la nipote di una famiglia emigrata dalla Polonia durante la seconda guerra mondiale per cui è un tema che mi tocca molto. Anche il film di Haneke parla di questo. Non dobbiamo avere paura della violenza che è un'energia straordinaria ma bisogna vedere coma si utilizza questa energia, cosa se ne fa. Questo è il suo secondo film con Michael Haneke. E' interessata alla sua ricerca di verità? C'è sempre il desiderio di andare in fondo a se stessi, alla propria verità mentre si gira un film e poi ciò che conta è essere costantemente presente, all'ascolto e alla comprensione delle cose rispetto alla propria storia. I dadi gettati sono gli stessi: la voglia di essere il più vicino possibile alla verità. Però lei ha fatto film anche molto fiabeschi, per esempio 'Chocolat' con Johnny Depp E' vero, 'Chocolat' è una favola, ma occorre trovare la verità anche in una favola. La realtà di essere uno straniero in un villaggio francese, passare insieme alla propria figlia da città a città per fuggire dalla propria realtà di donna. Questa è la verità certo poi in questo film c'è il cioccolato, gli anni Cinquanta e un po' di glamour ma il desiderio di verità è sempre lo stesso. Lo provo da sempre e non è arrivato adesso con Michael Haneke. Nel film la protagonista vive inconsapevolmente sotto l'occhio costante della telecamera. Come attrice anche lei vive sotto l'occhio della macchina da presa Nella vita di tutti i giorni non ci penso, anche perché non ne ho il tempo. So perché faccio questo mestiere, per esserne sorpresa, cerco di non aspettarmi mai nulla per godermi la sorpresa. Quando si è di fronte ad una macchina da presa è come se si fosse denudati e quindi si pensa soprattutto a dare il meglio di sè piuttosto che alle conseguenza per la professione. Sempre di più il mestiere di attrice si mescola alla moda. Lei Juliette Binoche cosa ne pensa? Come modella non sarei adatta perché non ho la taglia giusta, ma certo bisogna fare attenzione anche a quello. Ho scelto degli specialisti che se ne occupano perché io non ne ho il tempo. Nel film comunque non sono una top model quindi si tratta di essere flessibili alla richiesta, di trasformarsi per il proprio ruolo. [email protected] 3 recensioni Maurizio Porro - Il Corriere della Sera, 14 ottobre 2005 A Cannes questo ossessivo e magistrale thriller di Haneke il più perfido talento del cinema europeo, rischiò la Palma e vinse un meritatissimo premio alla regia. É l'incubo di una famiglia borghese-intellettuale che si vede arrivare a domicilio cassette sulla loro vita day by day. Paura. C'è da dipanare un mistero. Sarà possibile? Molte e inevase le domande sulla codardia radical chic francese, sul rimosso trauma algerino, sui conflitti generazionali, etc. Che ci sia Camus tra gli sceneggiatori occulti? Ma quella che è sconvolgente è la tenuta della tensione morale e materiale, l'inquadrare dubbi & memorie, rancori & rimorsi, ineffabili coppie di tormento. L'austriaco Haneke ne sa più di Freud e col cinema rovista dentro la psiche, un viaggio allucinante ma non solo metaforico, pieno di colpi di scena. Auteuil e la Binoche meritano qualunque premio. Attenzione al finale. VOTO: 9,5 Francesca Felletti –Mymovies.it Tutto inizia dall'immagine di una strada, una mattina qualunque. L'inquadratura è fissa: qualche persona cammina, passa una bicicletta , un uomo esce di casa. Stop, rewind e inizia il mistero. L'immagine è quella di un videoregistratore: una coppia trova sulla porta, come in Strade perdute di Lynch, misteriose cassette che ne ritraggono la vita privata. Poi arrivano inquietanti disegni, telefonate, strani avvertimenti e il segreto nascosto inizia ad emergere: l'infanzia del protagonista è tragicamente legata a quella di un algerino figlio dei domestici di casa. Ma il mistero resta tale, anzi si tramanda fra le nuove generazioni: i figli dei due uomini si incontrano mentre la macchina da presa, non vista (cachè), continua a riprendere. Caché, presentato a Cannes 2005 e nella rosa dei più vicini alla Palma d'oro, come tutti i film di Michael Haneke non lascia indifferenti. La storia, costruita come un thriller appassionante e criptico, riflette sui temi della verità, della colpa e del voyeurismo. In fondo la posizione dello spettatore, unico testimone di tutte le vicende, si identifica con quella del personaggio, ignoto ma onnisciente, che spia la vita della famiglia. L'ambiguità, marchio di stile del regista tedesco, domina la pellicola e i personaggi sono tutti potenzialmente autori del dramma che si consuma ai danni di loro stessi e degli altri. Maurizio Porro - Il Corriere della Sera, 15 maggio 2005 Il thriller si addice a questo 58 Festival che oggi ha in gara Quando sei nato non puoi più nasconderti di Giordana, uscito con successo nelle sale e proiettato ieri sera per la critica, ma accol t oc onqual chef r eddezza:pochiappl ausii sol at i .Oggicisar àanchel ’ event o“ St arWar s” . Ancora Caché, Nascosto: da chi, come, perché? Si chiama così il nuovo, elettrico, magistrale film del 63enne Michael Haneke, che terrorizza da anni Cannes - èquiperl ’ ot t avav ol t ael esi gnor ei n lungo si preparano a terrori e sconcezze - con film apocalittici su fini del mondo pubbliche e private, come La pianista dove la Huppert faceva cose inenarrabili. Dice la stessa interprete, Juliett eBi noche:“ Pr i madic onos cer l oavev opaur adiHanek e,nonavevov i st oisuoif i l m,l iho recuperati uno alla volta e Funny Games ancora oggi mi terrorizza. Sono docce fredde per le nost r ec onsu et udi nianchemor al icheper òt al vol t af annobene” .Conquelvolto inciso tra lunghi capelli e barba bianca, Haneke sembra uscito dal Signore degli anelli, invece è un sadico viennese che si diverte a metterci gran paura, morale e materiale: bollono molte cose nel suo pentolone emotivo. Lo dimostra il gridolino di ter r or edel l aci nef i l apl at eadelFest i valal l ’ ant epr i madiCaché: nel l at ensi onecasal i ngac’ èun’ un i cascenaalsangue,maèi lf i ot t oi n di ment i cabi l ediununt agl i o digol ai ndi r et t a.Ar r i vaa un’ or a e mez z o daquando i lgi or nal i st at vl et t er ar i o Dani el Auteuil ( sempr ed’ i mpal pabi l e,mi st er i osabr avur a,domanigl idann ol aLegi ond’ Onor e)el amogl i e( una Binoche dai mille rivoli espressivi), coppia radical chic con figlio fan di Eminem, sono entrati in crisi. Perché ricevono videocassette di contenuto privato: è allarme rosso. Se si comincia a rovistare nel passat ovapeggi o,s it i r ai lf i l odel l abor ghesi af r anceseevi enef uor il aguer r adiAl ger i a.“ I lf i l m non è solo in questa dimensione politica. Ogni Paese ha la sua Algeria e ognuno la dimentica come vuole, ma soprattutto ogni uomo ha un complesso di colpa da cui non si scappa. È il tema cl assi co del l a cul t ur a gi udai co cr i st i ana,i nut i l er i mboccar sil ec oper t ef i no agl iocchi ” .Anne e Georges, si chiamano così tutti i protagonisti di Haneke, vorrebbero scappare e ci chiamano compl i ci :“ È dover e del l ’ ar t i st a por r ei lpubbl i co i n un’ i nqui et udi ne i nt er i or e che l o mi gl i or er à, met t er ei ldi t o sul l a pi aga:ma i o non gi udi co mai ” .La Bi noche,at t r i ce magi ca anche per [email protected] 4 Ki esl owsk i ,di c e delsuo r egi st a:“ I ncredibile. Passa con la macchina da presa attraverso l ’ i n consci o,t if air aggiX al l ’ ani ma,èmani acal ment epr eci somat il asci aanchel i ber t à” .Leiha subì t ovol ent i er iogniper cos samor al edel l ’ aut or e,cosìc omeAut eui l ,chegl ibast ar eci t ar eesi divert esempr e,anchesguazzandonel l epeggi or inevr osi .Guaiacer car edicapi r el ’ ul t i mascen a, anchei lf i nal eècaché.“ L’ i deal eènonpr et ender emaispi egazi one- avverte il regista -, io faccio domande,nondor i s post e” .Bi nochehasent i t ol apor t at adelmessaggio di questa strana storia in cui si parla molto di un tema caro ad Haneke, la manipolazione delle immagini, la falsa verità dei media, lo strapotere dei video e la rimozione di quello che uno ha dentro, compreso il peccato originale. Lei spiega così :“ Cer t o,sipuòconvi ver econt ut t oet ut t oèsoppor t abi l e,ancheconl a f al si t à,l ’ i nf el i ci t à,madi ment i car eèspess ounacol pachepois ipagacar a” .Comedef i ni r ebbel o st i l ediHanek el asuaat t r i ce?“ Di r eimusi cal e,f at t odit oniemez zit oni ,not eal t eebasse” .Bi ngo. Michael voleva proprio fare il musicista e tra poco metterà in scena un Don Giovanni di Mozart a Par i gie pot r à su cceder e dit ut t o.“ L’ i mpor t ant e è non l asci ar el a gent ei ndi f f er ent e,bi sogna destabilizzare il pubblico. Che ci sia speranza o pessimismo dipende solo da voi, io non sono il vost r omaest r odiscuol a” Roberto Nepoti - La Repubblica, 15 ottobre 2005 Premiato a Cannes per la miglior regia, Niente da nascondere è contemporaneamente un thriller e una riflessione sul potere del l ’ i mmagi ne.Non a caso i lpr ot agoni st a,Geor ges,c onduce un programma in tv. Un giorno cominciano ad arrivargli misteriose cassette: qualcuno spia la sua vita egl i el amandai nvi deo,ci r c ondat adauncr escent eal onedimi nacci a.Conducendoun’ i ndagi nein pr opr i o,l ’ uomosc opr echel ’ an oni moper secut or eèac onoscenzadiunepi sodi opoc oedi f i cant e della sua infanzia, da lui stesso rimosso. A Michael Haneke, però, lo scioglimento del mistero i mpor t a assaimeno dial t r e domande:chiguar da chi ? c’ è di f f er enza tra osservare e essere osservati? Che non si tratti di un giallo, del resto, lo dimostra la noncuranza per il luogo in cui sono piazzate le telecamere-spia, che nella realtà sarebbe facilissimo individuare. Con sadica intelligenza, il regista mischia di continuo i piani di realtà e rappresentazione; stai assistendo a una scena“ dalver o”eal l ’ i mpr ovvi s ol ei mmagi niaccel er ano:er aunacasset t a.Pi ùdi al ogat odisuoi altri film, questo è anche un apologo sul potere della parola. Dove ogni parola ha un suo peso specifico e dove il detto e il non detto scava un solco sempre più profondo tra Georges e sua moglie Anne. Il momento più bello è un dialogo tra il protagonista e la madre; non manca una scena-s hocknel pi ùpur ost i l eHanek e,ment r el ’ epi l ogor est a aperto, lasciando a ogni spettatore la possibilità — e la responsabilità—di trarre le proprie conclusioni. Lietta Tornabuoni - La Stampa, 15 maggio 2005 Michael Haneke, 62 anni, il regista austriaco che dice di aver letto diciassette volte «Il dottor Faust» di Thomas Mann, appassionato al senso di colpa e al mistero inspiegabile che invade e tiene in sospeso la vita delle persone comuni, ha diretto «Caché» con Daniel Auteuil, Juliette Binoche e Annie Girardot, presentato in concorso, come un racconto morale sommato a un film di genere. Auteuil, giornalista che tiene una rubrica televisiva di libri, riceve una videocassetta sulla propria vita quotidiana: momenti qualunque, niente di speciale, però l'idea che qualcuno lo segua e spii con strana familiarità è un turbamento, una minaccia. Riceve disegni infantili rappresentanti una testa che vomita sangue. Riceve altre cassette, sempre più intime. Tenta di condurre la vita di sempre, ma è difficile. Parla con la polizia, ma non è accaduto alcun fatto: gli agenti non possono fare niente. Lo scioglimento del mistero sempre più opprimente risale al passato, comprende il rapporto con un algerino e con le manifestazioni parigine del 1961, coinvolge l'alleanza dei figli, quello dell'algerino e quello del giornalista. Si suppone forse che lo spettatore frema per quasi due ore aspettando con ansia la rivelazione della terribile verità. Non è così: lo stato di suspence è protratto troppo a lungo, la monotonia dell'esistenza dei protagonisti non ha vitalità, il legame tra i figli non è sufficiente a far presagire una integrazione futura e forte tra immigrati e francesi. «Election» di Johnnie To, il regista di Hong Kong, ha portato in concorso il primo film cinese: pure questo un film di genere, di criminali, ben fatto e per gli europei poco interessante, salvo un paio di dettagli: la maniera antica di punire come Attilio Regolo i nemici, chiudendoli in una cassa di legno e facendoli rotolare più volte dall'alto di un dirupo. Anche la polizia di Hong Kong non è indulgente: gli arrestati (e ben presto liberati) per sospetta appartenenza a una triade vengono ammanettati dietro la schiena, posti in ginocchio, e presi continuamente a scappellotti. Due candidati [email protected] 5 concorrono all'elezione biennale del nuovo prtesidente della triade più antica di Hong Kong: il film ne racconta la lotta terribile, le astuzie, le uccisioni feroci, mostra la decadenza dei metodi e della tradizione basati sulla fraternità, sopraffatti dalla spietatezza del mondo degli affari contemporaneo. Naturalmente la lotta criminale allude alle lotte politiche e alle lotte economiche. L'uomo giovane con i capelli bianchi e gli occhiali neri che accompagnava l'altra sera Sophie Marceau è suo marito, l'americano Jim Levilly, produttore di film horror; altre due attrici erano invece scortate da accompagnatori in affitto. Luigi Paini - Il Sole-24 Ore, 23 Ottobre 2005 No, non è permesso vivere senza sensi di colpa. Quando poi, come in Niente da nascondere di Mi chaelHanek e,l a st or i ai n di vi dual e s’ i nt r ecci a con quel l a col lettiva, il malessere diventa insostenibile, quasi un dolore fisico. Ma che cosa ha fatto di male Georges, conduttore di un pr ogr ammacul t ur al edisuccessosuunat vnazi onal ef r ancese?Per chédaunpo’dit empor i ceve le inquietanti videocassette fumate da una tele-camera nascosta che spia i movimenti suoi, della mogl i eedel gi ovanef i gl i o?Chièchesiper met t eun’ i nt r usi onecos’ ipesant enel l asuavi t apr i vat a? Il dramma di Georges è che, in realtà, non ha una colpa vera, non ha commesso alcun reato, eppure è responsabile di qualcosa. Forse per il solo fatto di essere bianco e di essere francese. Qualcosa, intanto, comincia ad emergere anche dal suo passato. Un incubo ricorrente, i ricordi r i svegl i at idal l ’ i ncont r oconl ’ anzi anamadr e( un’ Anni eGi r ar dotche accetta stoicamente di essere “ scavat a”nel l asuav ecchi ai adai mpi et osipr i mipi ani ) ,l ’ appar i zi onediunexc ompagnod’ i nf anzi a, un algerino di cui da allora aveva perso le tracce. Inizio anni 60, la storia ufficiale segna la fine dei domini coloniali ,l ’ avvi o,spess oancor at r aumat i c o,dinuovir appor t ic onipopol ipr i mas ot t omes si . Georges era solo un bambino, eppure, inconsapevolmente, la sua appartenenza a una razza “ super i or e”l oavevapor t at oac ompor t ar sii nmodoest r emament evi ol ent oc on t r ol ’ ami co,daal l or a escluso dalla possibilità di una vita migliore. Il passato non passa, almeno finché non si fanno i conti, definitivamente. Qualcosa nel profondo continua ad agitarsi, proponendo sempre nuovi interrogativi. La tranquillità di questo buon borghese, della sua dolce e sensibile moglie, del l ’ i nqui et of i gl i o adol escent e non pot r à maiesser e compl et a.Fuor idal l a por t a -ma questo riguarda molto da vicino anche noi - l e“ i nvasi onibar bar i che”sonoi npi enosvol gi ment o.Echiper tanto tempo è stato considerato inferiore, ora ci chiede il conto. Roberto Escobar - Il Sole-24 Ore, 23 Ottobre 2005 C’ èqual cosadinasc os t o,nel l avi t adiGe or gesLaur ent ,qual cosac omeunant i c or i mor s or i f i ut at o emess oat acer e.Mac’ èqu al cosadinasc ost oanchenel l e immagini di Niente da nascondere. Lo sisospet t af i ndal l apr i mai nquadr at ur a,unl ungopi anosequenzasul l ’ est er nodel l ’ abi t azi onedei Laurent. Il suo punto di vista, immobile, si direbbe quello di un occhio oggettivo, posto al di fuori della vicenda. La sensazione è confermata dal contrasto con la colonna sonora che, senza dubbio, “ nasce”al l ’ i nt er nodel l acasa.I lmi st er os iacui scequandoi lcampodir i pr esas’ al l ar ga.Quel l oche finora ha occupato tutto lo schermo non era che un altro schermo, televisivo. Insieme con la moglie Anne, Georges sta facendo scorrere un video che qualcuno - l ’ osser v at or eogget t i v o- ha lasciato davanti alla loro porta. Chi tenta di impaurirli, e perché? La sceneggiatura, dello stesso Haneke, fa di questa domanda il filo conduttore del film. La nostra curiosità ne è catturata, come se si trattasse diunt hr i l l er .Eper òl ar egi adi ssemi naquael ài ndi z iche,unpo’al l avol t a,sugger i sconodomande di ver se,l egat eal l ’ al t r omi st er o.Checosasinascondenelpassat odiGeor ges? Uno spettatore at t ent oi nt ui scepoiunt er zocent r od’ i nt er esse.Dopoav ersc or s oi lvi deo,iLaur entsisi edonoa cena. Tutto sarebbe normale, se la tavola non fosse apparecchiata per tre. Il posto vuoto ci racconta di una mancanza. Per quanto Georges e Anne non ne parlino, in platea sappiamo che è Pi er r otquel l oc he“ manca” .E sappi amochequest aespr essi on evapr esai nsen sof or t e.Cel o suggerisce, anzi ce lo dichiara il cenno breve che i due fanno al figlio, prima di mettersi a tavola. Così racconta Haneke: per cenni, quasi velando, e disseminando indizi. Lentamente, inesorabilmente, la sceneggiatura mette a nudo Georges. Lentamente, inesorabilmente, in lui torna alla superficie quel che ha nascosto anche a se stesso. Si tratta di un antico grumo di cattiveria e odio, di un crimine commesso da bambino. Dapprima, sono le immagini catturate, di fronte alla sua casa che l o spi n gono a r i cor dar e,f acendo r i emer ger el ’ angosci a.Poi ,al t r ei mmagi n igl isi aggi ungon oi nsogno,ch i amat e appunt o dal l ’ angosci a.Quanto più quel crimine gli si torna a most r ar e,t ant o pi ùGeor gessenedi f ende,chi udendosinel l acat t i v er i ae nel l ’ odi o.I nut i l men t e [email protected] 6 Annet ent adis aper e.Ost i nat o,l uir es t adent r ol asuaangosci a,pr i gi oni er od’ unaver gognache non ha il coraggio di farsi chiara a se stessa. A noi pare che questa sia la sua colpa maggiore: quest oper si st er eogginel l ’ odi o,nel t ent at i vocupo,eal l af i nesconf i t t o,dir i f i ut ar sial l amemor i a. C’ è,i nt ut t oquest o,unr i f er i ment oancheespl i ci t oaunadi mensi onechevaoltre quella individuale. Maj i d,l avi t t i madiquar ant aepi ùannipr i ma,l ’ or f anocheGeor geshaf al sament eaccusat o,per der ubar l od’ ogniaf f et t oed’ ognif ut ur o,èun«dannat odel l at er r a».E undebol e,unal ger i noi n terra di Francia, simile ad altri dannati della terra che, per una lunga inquadratura, si vedono nelle i mmagi nidiunt el egi or nal e.D’ al t r a par t e,Hanek e ciof f r e quest ’ aper t ur a al l a St or i a,eaisuoi crimini collettivi, solo come indizio, appunto, lasciandoci la responsabilità di procedere da soli. Per quel che riguarda la vicenda del film, resta invece a Georges, e al suo rifiuto ostinato di liberarsi dal l ’ odi oedal l ’ angosci a.Quest aequel l o,l ’ angosci ael ’ odi o,s onogl ist essich el asceneggi at ur ae l ar egi amost r anoal l ’ oper ai nPi er r ot. Anche lui pretende per sé un affetto assoluto ed egoistico, e anchel uit r asf or mal asuapr et esai nun’accusa( al l amadr e) .Quest aèl a“ mancanza”chegi àsi sent i vaal l ’ i ni zi odiNi en t edanascon der e:quest ovu ot ochest adi v or andol ’ ani madiPi er r ot ,e che pot r ebber i per c or r er e,i nal t r omodo,l achi usur ael ’ angosci adelpadr e.Nonacas o,i lf i l mt er mi na conuna nuova,l ungai nquadr at ur ai mmobi l ee“ ogget t i va”sul l af acc i at adell i ceo diPi er r ot .Lo stesso occhio che ha osservato e minacciato il padre, ora minaccia e osserva lui. A chi appar t i ene?Nelf i l m nonc’ èr i spost a.O megl i o,noncen’ èunar eal i st i ca.Manons it r at t adiun l i mi t e,nel l apoet i cadiHanek e.Al cont r ar i o,sit r at t adiun’ ul t i masuggest i one,diunul t i moi ndi zi o.A noi pare, dunque,chesi ast at opr opr i os ol oi lci nemaar i por t ar e” i nchi ar o”quelcheer anascost o, e a sospingere Georges indietro, verso il suo crimine. A chi se ne stupisca, si può rispondere che ni ent eèvi et at oal l asuaonni pot enza,nel l ’ uni ver sosepar at och eèogni film. Fabio Ferzetti - Il Messaggero, 15 maggio 2005 L’ Occi dent eopul ent oeisuoisensidicol pa.Lamemor i ai ndi vi dual eecol l et t i vacomecant i er e sempre aperto. Il passato come creazione incessante, perché per nazioni e individui è facile eliminare o abbellire episodi remoti. Ma quel che è stato è stato, e prima o poi la Storia, o la coscienza, ci presenta il conto. Con modi allarmanti da teatro della minaccia, la partitura serrata di Cach é,“ Nascost o” ,del l ’ aust r i acoMi chaelHanek e,scavai nduedirezioni. Da un lato i recessi più t or bi didel l amemor i a.Dal l ’ al t r ol ’ appar enza,ovver ol ei mmagi ni ,cheoggispess or i mpi azzanol a realtà, anche perché sono molto più malleabili... Prima scena, primo inganno. Per un tempo interminabile sembra non succeder enul l a,ei nvecesucc edet ut t o.Quel l ’ i nquadr at ur af i ssadiuna tranquilla strada parigina è arrivata per posta sotto forma di videocassetta, la casa che si vede è la casadelpr ot agoni st a,i lsi gnor ech epassadav ant ial l ’ obi et t i v o èpr opr i ol ui ,Geor ges, che ora guar dapr eoccupat ol acasset t ac onsuamogl i eJul i et t eBi noche.Edès ol ol ’ i ni zi o.Al t r ec asset t e seguiranno, avvolte in disegni infantili quanto inquietanti. Si vedono bambini, bocche insanguinate, gole tagliate. Avvertimenti, certo. Qualcuno l ot i ened’ occhi oevuol ef ar gl i el osaper e.Machi ,e perché? A questo punto Haneke, sempre gelido e magistrale, ha scoperto parecchie altre carte, ma certo non tutte. Nessuno in effetti lavora sulla capacità delle immagini di ingannare e manipolare, più del regista di Funny Games e della Pianista, ma nessuno è più manipolatore di lui. Ognii mmagi nenenascondeun’ al t r a.Diogniscenasipossonodar ei nt er pr et azi onidi ver se,ecosì del film. Andando avanti scopriamo parecchie cose di Georges, tutte interessanti, nessuna decisiva. Certo è famoso, conduce un programma culturale in tv, guadagna bene, sarà invidiato, niente di più. Ma il misterioso videoamatore sa proprio tutto di lui se riprende perfino la casa di campagna dove Georges è cresciuto e che in effetti è la chiave del mistero, come intuisce mamma Anni eGi r ar doti nun ascenabel l i ssi ma. L’ i ncon sci oi nf at t ièpi ùvel ocedel l ar agi one.E ment r e Geor gesannaspaf r al ei pot esi ,i nsognosir i af f ac ci ai l pi ccol oMaj i d,l ’ al ger i nochet an t iannipr i ma i suoi volevano adottare. Un figlio di immigrati uccisi nella famigerata repressione del 17 ottobre 1961, centinaia di arabi gettati nella Senna dalla polizia, una delle pagine più nere del dopoguerra francese. Chissà, magari le cassette portano proprio a lui. Ma anche qui, perché? Altro non diremo, ma mentre Georges affronta i fantasmi del suo passato, vediamo sbriciolarsi molte certezze. Nella sua famiglia felice si aprono crepe gigantesche; la moglie non tollera il suo tenerla al l ’ os cur o;l at vr i ver ber ai nquel l avi cendaper sonal eechidial t r idr ammi ,dal l ’ I r aqal l aPal est i n a. Intanto la verità, più si avvicina e più sfugge, finché il film non diventa come una macchia di Rorschach, uno di quei test psicologici in cui ognuno vede ciò che crede. Dibattutissimo il lungo f i nal e,l as cal i nat adiunascuol aal l ’ or adel l ’ usci t a,unababel edivociev ol t ichepuòget t ar euna [email protected] 7 l uceancor api ùsi ni st r asul l a vi cenda,o vi cever sasugger i r eunasper anza.L’ uni cacer t ezzaè l ’ angosci a,i nsomma.Faci l e pr eveder e bat t aglie in giuria: ma se non la palma, un premio lo meriterebbe. Valerio Caprara - Il Mattino, 15 maggio 2005 Nel giorno della galassia lontana-lontana (i fans di «Star Wars» sono in fila dalle prime luci del giorno), il cinema vicino-vicino tenta un improbabile assalto alla Palma. È del tutto evidente che il programma non ha finora trovato il guizzo decisivo che proietta i film fuori dal già visto, dalle prove d’ aut or eedaicl i chédigener e:neppur el ’ aggu er r i t oduet t of r anco-hongkonghese di ieri ha, infatti, onor at o quest ’ obi et t i v o pr i mar i o deif est i vali n t er nazi onal i .«Caché»,sopr at t ut t o,pr omet t eva qual cos adipi ùdiqu ant ohapoidat o,nonf osseal t r oper chél ’ aut or e- il maturo austriaco Michael Haneke gode della fama di sulfureo provocatore. Stavolta la trama e lo svolgimento propongono invece cadenze più disinvolte, in prudente equilibrio tra thrilling psicologico e parabola attualistica: Georges, critico letterario televisivo, comincia a inquietarsi quando gli vengono puntualmente recapitati video che riprendono scene non particolarmente significative del tran tran familiare; la vaga sensazione di pericolo aumenta quando il contenuto delle cassette diventa via via più minaccioso e personale, tanto da far scattare una specie di caccia al misterioso voyeur .Nél ’ uomo né la smarrita consorte interpretata da Juliette Binoche individuano peraltro la pista giusta e, ment r eisospet t icadono sul l ’ el ement o pi ùscomodo diunpassat or i moss o,l asor pr esaf i nal e porterà alla luce gli oscuri risentimenti annidati nel pr es ent edel f oc ol ar edomest i c o.L’ i nsi nuar sidel t ema del l a col pevol ezza,c on quant oc ompor t a diangosci a e nevr osi , nel l ’ i n consci o dei contemporanei foderati di false sicurezze dovrebbe costituire il (troppo) alto messaggio del film, ma, una volta scontate un paio di brutalità «alla Haneke», non si va al di là della corretta messa in scena teatrale e delle recitazioni - tra cui quella fugace ma intensa di Annie Girardot - ben intonate al l ef r edde mani pol azi onidel l ar egi a.Del udent e anche l ’ at t eso action-movie dello specialista Johnnie To, «Election», che sciorina senza comunicare emozioni inedite il solito campionario di guer r i gl i e gangst er i st i c he al l ’ ul t i mo sangue.Le compul si ve avvent ur er i guar dano l a Tr i ade hongkonghese e lo smarrito bastone con la testa di drago che sancisce nei secoli dei secoli la cr i mi nal e aut or i t à delsuo «pr esi dent e»:ci nque adept id’ i nar r i vabi l idest r ezza & cr udel t à sono incaricati di recuperarlo in un crescendo di sparatorie, agguati, tradimenti, trappole e violenze assortite che ha il pregio del ritmo mozzafiato e della scenografia rutilante, ma non si discosta mai dalla routine di un genere che Tarantino ha ormai destrutturato con le sue sapienti riletture sarcastiche. Gian Luigi Rondi - Il Tempo, 14 ottobre 2005 A Parigi Georges, la responsabile di una trasmissione televisiva dedicata ai libri, comincia a ricevere delle videocassette da cui risulta non solo che è pedinato ma che qualcuno conosce i luoghi della sua infanzia. A questo si aggiunge il fatto, piuttosto curioso, che a quelle videocassette si accompagnano dei disegni macabri tracciati da una mano infantile. Georges si perde subito in var i ec onget t ur e,convi nt oc om’ èdinonaver«ni ent edanasconder e»,comedi cei lt i t ol oi t al i ano, poi, risalendo addirittura a quando aveva sei anni, ricorda di essersi comportato male con un orfano algerino, suo coetaneo, che, nonostante i suoi genitori lo avessero affettuosamente accolto in casa, era riuscito, con un pretesto crudele, a far rinchiudere in un orfanotrofio. Che quelle vi deocasset t e mi nacci ose si an o una vendet t at ar di va del l a sua vi t t i ma d’ una vol t a? Geor ges r i nt r acci al ’ al ger i noesisent esment i r et ut t o.Nongl icr ede,madopounpo’sisent i r àr i chi amar e perassi st er ealsuosui ci di o.Per ché?L’ aust r i acoMi c haelHaneke, che ha realizzato questo film francese dopo il grande successo de La pianista, protagonista Isabelle Huppert, non ci dà risposte dato che, pur avendo costruita in apparenza la sua storia come un thriller, le sue attenzioni le ha rivolte soprattutto ai ricordi e al rimorso di un protagonista il quale, attorno, mette tutto in crisi, dal suo lavoro al suo rapporto con la moglie, prima sommerso da interrogativi e da ipotesi, poi via via sempre più ferito dal pensiero di quella sua colpa lontana, causa, forse, degli atteggiamenti accusatori di oggi. Una discesa, perciò, tra le pieghe di un rimorso che, pur da tempo rimosso, al l ’ i mpr ovvi s ot r av ol get ut t o.Spec i edopoquelsui ci di odat o,v ol ut ament e,senzamot i vaz i oni .Un crescendo di ansie, uno sfacelo che insensibilmente fa via via franare attorno la vita intera del protagonista, una continua ricerca — nel testo e nella sua rappresentazione — del sospeso e del l ’ al l uso;pr i vi l egi andoicl i mit esieangos ci osisenzamais ugger i r esol uzi oniper ché,appunt o, [email protected] 8 non siamo sul versante del thriller o del noir, ma su quello di una improvvisa tempesta nei segreti del l acosci enza.Lamani f est a,c onsf umat ur emobi l i ssi me,l ’ i nt er pr et azi onest r aor di nar i adiDani el Auteuil come Georges: tutta tocchi segreti, note minime. Con totale vitalità espressiva. Juliette Bi nocheèl amogl i e.Nondi ment i co,per ò,Anni eGi r ar dotnel l evest idel l amadr e:un’ appar i zi one fugace, ma segna il film con la sua pagina più splendida. Roberto Silvestri - Il Manifesto, 15 ottobre 2005 George, odioso conduttore tv di un programma letterario, è perseguitato e impaurito da uno sconosciuto che gli recapita videotape misteriosi, con immagini sue, della famiglia, di casa, della moglie Anne, redattrice editoriale, e del figlio Pierrot, 12 anni, nuotatore provetto ma un po' inquietante. Gli amici non l'aiutano, e nemmeno il capo struttura, mentre arrivano per posta raccapriccianti disegni e, una notte, sparisce Pierrot. Sembra il colmo della tragedia, ma è solo una marachella del piccolo. Però George scopre, con l'aiuto di mamma la pista plausibile: è la vendetta postuma di un algerino, che non fu adottato, per colpa sua, dalla ricca famiglia. Perché, a 6 anni, George cacciò quel fratellastro dalla pelle scura, inventando che volesse assassinarlo, con l'accetta, come una gallina.... E la vera tragedia inizierà quando scopriremo, però, che il videomolestatore non è l'algerino, ma un altro che non sveliamo. Come se, in un giallo, l'assassino fosse il giudice... Travestito da nemesi storica o divina, Michael Haneke, cineasta austriaco in auto-esilio a Parigi, in Caché, lavora sulla paura del presente, che attanaglia l'occidente fin dentro i focolari domestici, visto che la sua agiatezza continua a dipendere dalla rapina intensiva, e professionale, del globo intero. E, più specificamente, fabbrica l'etno-thriller sui sensi di colpa dei francesi rispetto alle passate e presenti atrocità coloniali e alla gestione affaristica del business «immigrazione». Prende dunque di petto la vita e le opere di un borghese senza anima né valori e lo tortura nei soliti modi, voyeuristici e paternalistici, sadici e brutali, opportunisti e moralisti, che fanno l'originalità del suo stile. Se la tv commerciale ci toglie l'anima - si chiede Haneke - quella pubblica non dovrebbe, come il mio film, smascherare il male assoluto? Alberto Crespi - L’ Uni t à,14maggi o2005 Caché di Michael Haneke è un esercizio intellettuale ed emotivo. Intellettuale perché, quando lo vedrete coi vostri amici, si aprirà immediatamente il dibattito: chi è l'ignoto maniaco che perseguita una tranquilla famiglia borghese parigina, inviandole strane videocassette che minano la sua privacy? Emotivo perché Haneke è un regista che prende gli spettatori a pizzicotti, trascinandoli in un gioco al massacro in cui siamo tutti complici e carnefici dei personaggi. Daniel Auteuil (bravissimo: premio per il miglior attore già prenotato?) è un conduttore televisivo che da bambino ha fatto una cosa molto brutta, rovinando la vita di un suo coetaneo figlio di algerini. Anni dopo, le misteriose videocassette che gli arrivano a casa lo portano a re-incontrare il suo passato. Il video diventa il rimorso che si riaffaccia. Ed è forse il rimorso di tutta la Francia (la ferita ancora dolorosa dell'Algeria), che l'austriaco Haneke butta in faccia al pubblico della Croisette. Finora è uno dei migliori film del concorso. Anche se vederlo è un'esperienza dolorosa. Mariarosa Mancuso - Il Foglio, 15 ottobre 2005 Bi s ognaammet t er echel ’ aust r i aco–sesimet t ed’ i mpegno,noncomenel Tempo dei lupi, quando aveva spento la luce, dichiarato una catastrofe mondiale, e sperato che noi provvedessimo alla trama e ai personaggi –i brividi li dà. Bisogna ammettere che sa mettere paura, magari facendo cadere due uova sul pavimento e un cellulare nel lavandino. (Accadeva in Funny Games, spaventoso weekend sulle rive del lago: basta sentire la famiglia che ascolta musica classica, capiamo subito che accadranno cose terribili). Se Michael Haneke decidesse di fare il regista del l ’ or r or eebast a,s ar ebbe il più bravo di tutti. Non avrebbe bisogno di maniaci, seghe circolari, sangue arterioso che zampilla, teste mozzate, moncherini. Invece Haneke vuol fare il registafilosofo (per sapere il motivo, bisognerebbe ficcare il naso nei suoi traumi infantili). Qui tiene nel mirino la colpa e la rimozione. Non solo personali, che sarebbero materia per Alfred Hitchcock. Generazionali, che fanno da zavorra a qualunque trama. Detto e fatto: nella seconda parte di Niente da nascondere provvede a smontare il giocattolo sapientemente costruito nella prima metà del film. Poiché il giocattolo era stato costruito con il solo aiuto di una videocamera e del tasto “ f or war d”delr egi st r at or e( t ant o per f et t iquiquant oi lt ast o“ r ewi nd”r ovi nava Funny Games) arrabbiarsi è legi t t i mo.Maper chéunocher i esceaf ar civeni r el ’ ansi ai nmani er aor i gi nal e,senza [email protected] 9 quel l emusi checheannunci anoi lper i col oc omeunasi r en aannunci al ’ ambul anza,poicr ol l asu una lezioncina di storia francese e su una morale prevedibile? Perché non si è dato la pena di trovare una buona spiegazione al mistero: chi ha girato i video che tormentano Daniel Auteuil, conduttore alla tv francese di un talk show letterario? E perché nessuno della famiglia va mai a frugare là dove dovrebbe essere piazzata la vide ocamer a?( i lpunt odiv i st anonèun’ opi ni one,l a profondità di campo neppure). La scoperta delle cassette, avvolte in un disegno infantile, rovina l ’ ar moni a.Babbol i t i gaconmammaJul i et t eBi noche,t ut t iedues el apr endonoconi lr ampol l o dodicenne, gli amici vengono cacciati di casa prima del tempo, tutte le porte sono chiuse a doppia mandata. Complimenti al traduttore: il titolo italiano è esattamente il contrario del titolo francese, Caché. Lietta Tornabuoni - L’ Espr esso,n.42,27ot t obr e2005 Daniel Auteil, il protagonista francese di Niente da nascondere di Michael Haneke, ha raccontato di esser est at oal ungoaf f l i t t odamut i smo:s i n oal l ’ adol escenzanonr i usci vaapar l ar e;sar àquest o, f or se,chegl ihadat ol ’ espr essi vi t à,l ’ i mpl osi one,l ’ i ntensità che fanno di lui in questo e in altri film, un attore speciale. Stavolta il dramma è soprattutto interiore. Un giornalista televisivo che si occupa di libri e sua moglie, Juliette Binoche, che lavora in una casa editrice, coppia colta e quieta, genitori di un ragazzo tredicenne, ricevono una videocassette che riproduce la loro vita quotidiana: moment iqual si asi ,ni ent e dipar t i col ar e,per òl ’ i dea che qual cuno l isegue e spi ic on st r ana familiarità è un turbamento, una minaccia. Ricevono poi disegni infantili rappresentanti una persona che vomita sangue. Ricevono altre videocassette, sempre più intime. Tentano di condurre la vita di sempre ma è difficile. Parlano con la polizia, ma non è accaduto alcun fatto: gli agenti non possono intervenire. I due sono terrorizzati. Lo scioglimento del mistero opprimente risale al passato, comprende il rapporto con un algerino e il ricordo delle manifestazioni parigine del 1961 cont r ol aguer r ad’ Al ger i a,coi nvol geun’ al l eanzat r ai l f i gl i odel l ’ al ger i noei l f i gl io del giornalista. Il meccanismo ideato dal regista austriaco Haneke è ispirato a una riflessione sulla sorda presenza del l a bar bar i e anche dove essa sembr a esser e st at a cancel l at a:neisuoif i l m c’ è sempr ei l contrasto fra azioni atroci e ambienti elegant i .Nel l ’ af f asc i nant eNi ent edanasconder el abar bar i e ha radici storiche, evoca il razzismo coloniale: a intossicare il protagonista è il rimorso del sopravvissuto. Liana Messina - D di Repubblica, 15 ottobre 2005 Unpo’meno mor bos o delsol i t o,maal trettanto inquietante: Michael Haneke, regista austriaco adot t at o dal l a Fr anci a,non s’ è smen t i t o neppur e colsuo ul t i mo l avor o,Cachè,pr esent at oa maggi oalFest i valdiCannes,doves’ èguadagnat oi lPr emi oal l ami gl i orr egi a,aggi ungendoit oni di un thriller crudele. Sinistri segreti incombono sulla vita dei protagonisti del film, il giornalista Georges-Daniel Auteuil (un simil Pivot che si occupa di libri in tv) e sua moglie Anne, interpretata da Juliette Binoche. Il loro ménage, più o meno tranquillo (unico neo un figlio adolescente e pr obl emat i c o)vi ene scoss o e pi an pi ano t r as f or mat oi n un i ncubo.Non c’ è una mi nacci a f i s i cament evi ol ent a,mapi ut t ost oqual cos ad’ i mpal pabi l e,i mpr endi bi l e,i nspi egabi l e.Vi deocasset t e l asci at esul l ’ usc i odicasaeunatelecamera che non si sa come e non si sa per chi riprende tutto quello che fanno, insinuandosi nella loro privacy: anche se non rivelerà nulla di compromettente, f i ni r à permet t er l il ’ uno c ont r ol ’ al t r o.Geor gesi nt ui sce che quest of ant asma r i appar e dalsuo passato, è qualcosa di cui non ha mai parlato e non vorrebbe che riemergesse: un peccato da bambino, un episodio che ha coinvolto una famiglia algerina che viveva nella casa paterna durante gl ianni’ 60,perunr i t or noalpassat oc hepor t er àaunf i nal e choc. Nessuno è davvero innocente, sentenzia Haneke, chiunque ha un rimorso sepolto. Sotto accusa ci sono gli individui ma anche governi e politici, visto che il sottofondo visivo del film mostra immagini contemporanee di guerre, scontri. «Il giallo mi è servito come strumento per proporre un racconto morale», dice il regista, «in una storia che è costruita come un incastro di bambole russe». Lo stile è quello usuale, i nconf ondi bi l e:sf r ut t al ’ uso divi deo e mat er i al idoc ument ar i ,mescol at isu l i vel l inonsempre distinguibili, per destabilizzare, stimolare lo spettatore. «Ho usato spezzoni di telegiornali del per i odoi ncuigi r avamo,l ’ I r aqel aPal est i naf acevanodaec oaidocument idegl ianni’ 60,conl e manifestazioni parigine degli algerini represse nel sangue. In realtà i riferimenti storici sono solo un pretesto, la guerra non è il vero soggetto: quel che mi interessava davvero sottolineare è il senso di colpa che tutti, in particolare noi ricchi occidentali, abbiamo verso il Terzo mondo. E le [email protected] 10 conseguenze della violenza, i rimorsi che lascia in chiunque ne sia stato protagonista. È un porre domande sulle scelte e sulle responsabilità, individuali, comuni». Anche il modo di costruire i pr ot agoni st iè assol ut ament e par t i col ar e:«Non m’ i nt er essa l a psi col ogia, voglio mostrare dei sempl i cicompor t ament i .Nonsonover iper s onaggi ,pi ut t ost odeimodel l i“ al l aBr esson” ;of or se schermi dentro cui chi guarda può proiettare le proprie idee, i propri fantasmi, le proprie angosce». Quando inizia a pensare una storia, lo fa quasi sempre avendo già in mente un attore preciso: con Jul i et t eBi noche,gi àpr ot agoni st adiSt or i e,c ’ èst at o unat t o dif edel t à,«i lpi acer edir i t r ovar e qual cuno,nondovendor i comi nci ar et ut t odazer o».Aut eui li nveceer aun’ avvent ur anuova,«mi avevasempr eat t i r at oi lsuomi st er o,i lsuoesser epoc oi nquadr abi l e.Unnonsochéd’ i mpal pabi l e che hanno solo i grandi attori, il lato enigmatico che poi rende i personaggi più complessi. Non ho voluto conoscerlo troppo, fuori dal set: meglio mantenere il segreto, per poi sfruttarlo al momento gi ust o».La c osa s’ èr i vel at a assaif aci l e:«Non c’ è st at o bi s ogno dimol t e par ol e,l unghe spiegazioni, Daniel lavora soprattutto sulla tecnica, come me». Quel che ha apprezzato di più è st at ol ’ appr occ i ol udi co:«Al cuniat t or iusano l a sof f er enza,l uif al ’ i nver so,s f r ut t ai lpi acer e di r eci t ar e:vis or pr ender àmaanch’ i opr ef er i sc oquest omododiv i ver el ec ose.I nf at t i ,èpr obabi l e che sia assai più piacevole girare con me, che vedere un mio film». Natalia Aspesi - D di Repubblica, 29 ottobre 2005 Nel l ’ appar t ament o diun not o per s onaggi ot el evi si v o,l ampade f i r mat e,di vanibi anchi ,par et i compl et ament ef oder at edil i br i ,ar r i vaungi or n ounavi deocas set t a:r i pr oduceperunpai od’ or e,a camera fissa, la facc i at adel l asuacas a,conl ’ andi r i vi enidiaut oeper sone.Per chéquel l ’ ogget t o anonimo, apparentemente innocuo, accompagnato dal disegno infantile di un bambino sanguinante, mette subito in allarme Georges Laurent? Incomincia così Caché, tradotto in Niente da nascondere, il nuovo, come sempre crudele film dell'austriaco Michael Haneke, 61 anni, autore t r al ’ al t r odel l osconv ol gent eLapi ani st aconun’ esempl ar eI sabel l eHupper t .Geor gesv i vec onl a bella moglie Anne, che lavora nel mondo editoriale, e il loro figlio 12enne Pierrot, dalla parte giusta del mondo e della società, a Parigi, nella borghesia affluente e intellettuale. Altri video arrivano, sempr epi ùmi st er i osi ,cher i t r aggonol af ami gl i aal l ’ i nt er nodel l acasa,neisuoigest iquot i di ani .La sensazione di essere costantemente spiato, tenuto sotto sorveglianza da uno sconosciuto, un nemi coi nvi si bi l e,r i svegl i ai nGeor gessi ni st r ir i cor didi ment i c at idel l ’ i nf anzi a,ef aemer ger euna sua nascosta violenza, una spietatezza che spaventano Anne e Pierrot, rendendoli sospettosi e conf usi .I lf i l m èc ondot t oc ome un t hr i l l ercar i co diangos ci a,i n un’ at mos f er a diassi l l ant e, i nspi egabi l eper i col o.Unennesi movi deot apec onduc eGeor gesi nunquar t i er edel l ’ al t r aPar i gi , quella desolata, nella misera casa di un algerino suo coetaneo: è Majid, i cui genitori lavoravano al servizio della famiglia di Georges negli anni della massima repressione francese in Algeria. Con t ut t al ’ ar r oganza dichicr ede,per ché eur opeo,per ché c ol t o,per ché benest ant e,dipot er dispr ezzar euni mmi gr at of al l i t o,l omi nacci ac onqui et af er oci a:“ Ter r or i zzameel ami af ami gl i ae t enepent i r ai ” .Equandounpomer i ggi oPi er r otnont or naacasadascuol a,suopadr ef aar r est ar e Majid e suo figlio adolescente, certo che i persecutori siano loro. Il finale resta aperto, scontentando certo chi, appassionandosi alla amara e inquietante vicenda, vorrebbe invece una sol uz i onepi ùchi ar a.Mai nt ant oi l f i l m cih af er i t oc onl asuasegr et adesol azi one,conl ’ accusache il regista muove al nostro Occidente, oggi immerso nella paura della violenza del mondo altro che esso stesso ha provocato con la sua propria violenza, e che ha dimenticato, cancellato dalla sua coscienza. In questa storia le vittime sono altre dalla famiglia che si sente spiata, e il tema principale che inquieta lo spettatore è quello della responsabilità: non solo quella del passato della Fr anci aver sol ’ Al ger i a,maquel l a,oggi ,del l ’ Amer i caedel l ’ Eur opaver sol ’ I r aqeal t r il uoghii n f el i ci e dilaniati del mondo. Implicitamente, Haneke ci obbliga a riflettere sulle origini del terrorismo che avvel enal ’ Occi dent e,sul l enost r ecol pel ont ane.E nel l ’ odi osaf i gur adelbr avi ssi moAut eui l ,nei suoi ricordi di una infanzia attraversata dalla sopraffazione sui più deboli, nel disprezzo e nella violenza con cui difende la sua superiorità sociale, nello spirito di vendetta contro un male da lui stesso provocato, il regista impone il difficile, angoscioso discorso della responsabilità individuale, quella parte di colpa verso lo stato del mondo che ognuno di noi ha e non vuole riconoscere. In una piccola parte, quella della vecchia madre malata di Georges, c'è una grande Annie Girardot, l ’ i n di ment i cabi l e,sensual eNadi adiRoc c oeisuoi f r at el l i ,45annif a. [email protected] 11