Ridi, pagliaccio

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Ridi, pagliaccio
Ridi, pagliaccio
“Voi siete il niente”. La parole con cui Paola Taverna, portavoce del M5S, chiude il suo intervento nel
dibattito sulla fiducia a Letta, sono la migliore sintesi di quanto è successo nell'operetta tragicomica della
crisi di governo, che potremmo anche chiamare “i tre giorni del (Jo) Condor”, ovvero “morte e resurrezione
delle larghe intese”.
I fatti sono noti. Dopo un'orgia di dimissioni di parlamentari e ministri PDL, più simboliche che reali, Letta
decide di andare a “vedere” il bluff di Berlusconi, come si dice nel poker, chiedendo un voto di fiducia al
Parlamento.
Probabilmente sapeva già che Alfano e compagni, dopo avere accettato per anni servilmente ogni volontà,
capriccio e giravolta del capo (memorabile la farsa delle primarie, solennemente e inequivocabilmente
annunciate da Alfano, con tanto di data, e annullate in un minuto da Berlusconi), non erano più disposti a
immolarsi per il Boss.
Alfano e gli altri quattro ministri (Lupi, Quagliariello, Lorenzin e De Girolamo) trovano infine il coraggio di
ribellarsi al padre-padrone, cioè capiscono un minuto prima degli altri che Berlusconi è (quasi) bollito.
Grande fiuto politico, si dirà: indubbiamente, anche se tradotto in italiano si chiama opportunismo.
I finti dimissionari trovano subito la sponda degli avanzi della Prima Repubblica: Giovanardi, Cicchitto,
Formigoni, ché ai loro tempi ogni sotterfugio era possibile, anzi apprezzabile, e i governi democristiani e
socialisti cadevano come le foglie di autunno, magari solo per spartirsi qualche sottosegretario in più o in
meno.
Evidentemente conoscono i compagnucci della parrocchietta meglio di Berlusconi, che, non potendo
riportare all'ordine i reprobi, deve ingoiare il rospo, fare un grottesco dietro front, e, mentre il fido Bondi,
come un giapponese, continua a insultare Letta e i “traditori”, si presenta e annuncia la fiducia al governo,
“non senza un grande travaglio”.
Completata la ritirata, Berlusconi scoppia in lacrime, mentre la stampa straniera si scompiscia (secondo
quanto riportato da Curzio Maltese), Letta sorride, Alfano pure, e tutti si congratulano con tutti, mentre
qualcuno si è incaricato di mettere in gabbia la Santanché col guinzaglio e nella bara Sallusti, allergico alla
luce.
“Ridi, pagliaccio” è la colonna sonora.
La “giornata storica” (con Berlusconi ce ne sono state a dozzine, i bugiardi e i palloni gonfiati si nutrono di
retorica) si è conclusa con un nulla di fatto. Berlusconi ha fatto un altro passo sul Viale del Tramonto, che
solo questo sito gli pronosticava nel 2008, quando le bandiere garrivano al vento, e gli oppositori (a metà) si
rimettevano alla voglia del Sultano “di passare alla Storia come statista” (vero Augias?).
Soltanto ora i nostri coraggiosi giornalisti cominciano a sbilanciarsi, a prendere le distanze, perfino a
ironizzare sul Magico Silvio (Feltri si è spinto fino a dire che bisogna chiamare gli infermieri, ma almeno era
sincero, si vedeva che non ci aveva capito una mazza).
Vedrete fra un po' di tempo che giri di valzer per dire che nessuno di loro ha mai appoggiato Berlusconi. Tutti
aggrappati a questo governicchio, che continuano a sostenere come hanno fatto con Monti, ovviamente
ripetendo che “si deve fare di più”, ci vuole “un colpo d'ala” o “più coraggio”, loro che sono l'espressione della
meschinità e della vigliaccheria, loro che continuano a campare di rendita sulla crisi, sul “dramma dell'Italia”
(che in realtà affonda perché non cambia, e loro sono terrorizzati dal cambiamento).
Continueranno a raccontarci che Letta ha dimostrato di essere “un politico di razza”, che è l'unico che abbia
un “profilo europeo” (ma non era Monti?), che Napolitano è “l'ultimo baluardo della democrazia”, e
soprattutto, che “non ci sono alternative”. Continueranno a mentire, finché la realtà glielo consentirà. Ma
ricordate le parole di Paola Taverna,e magari rivedetevi su You Tube il suo intervento: “voi siete il niente”.
Un po' tutti si interrogano su cosa succederà adesso. Qualcuno comincia già ad ipotizzare un nuovo
centrodestra”deberlusconizzato”, che Alfano dovrebbe guidare alla rivoluzione liberale tanto agognata fin da
quando il Cavaliere scese in campo (gli è sempre sfuggito che in uno Stato liberale Berlusconi non solo non
avrebbe mai potuto fare politica, ma non avrebbe mai avuto il monopolio della tv privata).
Altri, a partire da Mario Giordano, classe 1966 come Letta, sono già rassegnati a ri-morire democristiani. Il
centro, il centro, l'Italia va sempre verso il centro, ci dicono.. Ma il centro di che? Noi dobbiamo affrontare
una decadenza morale spaventosa, una corruzione endemica, un sistema di potere mostruoso. Meno male
che ogni tanto qualcuno ricorda che parlare di “moderati” con riferimento ai berlusconiani significa ignorare la
più eversiva forza politica che si sia vista nel dopoguerra, capacissima di stravolgere la Costituzione per
concentrare il potere nelle mani di un satrapo megalomane.
Questi, non ci stancheremo mai di ripeterlo, i berlusconiani, sono i “fascisti” del Duemila, e vanno ridotti
come fu ridotto il Movimento Sociale Italiano (che peraltro sull'onestà era irreprensibile, almeno finché c'è
stato Almirante), lasciati a marcire in un angolo, guardando i pellegrinaggi ad Arcore con lo stesso disprezzo
misto a pietas con cui abbiamo assistito alle processioni nostalgiche a Predappio (per i giovanissimi: luogo di
nascita di Mussolini).
C'è un enorme lavoro da fare, e non può farlo né questo PD, né quello prossimo venturo guidato da Renzi.
(lui è un prodotto della cultura berlusconiana, ma sul tema torneremo nella prossima puntata).
Quanto alla Democrazia Cristiana (quella degli ultimi anni, non il grande e glorioso partito del dopoguerra) in
realtà c'è già e si chiama Partito Democratico. Ma anche questo lo vedremo la prossima volta.
Per il momento, dobbiamo accontentarci del fatto che il tempo lavora contro Berlusconi, a cui è rimasta
soltanto la carta davvero disperata delle elezioni anticipate col Porcellum (a questa specie di roulette russa,
infatti, potrebbe perfino vincere lui o un suo succedaneo). Ma siccome è del tutto improbabile che si possa
votare nel giro di pochi mesi, che poi significa che è del tutto improbabile che si voti con il Porcellum, il
Cavaliere senza cavallo dovrebbe cominciare a valutare seriamente altre uscite di scena, senza escludere la
fuga ad Antigua o la richiesta di semi-infermità mentale.
Perché i giudici faranno quello che la politica vigliacca o collusa non è stata in grado di fare, cancellandolo
per sempre dalla scena pubblica, a perenne monito (altro che “non PUO' finire con l'infamia”, come dicono i
suoi; Berlusconi DEVE finire nell'infamia, altrimenti non avremo imparato niente dagli ultimi trent'anni).
E dopo di lui, il diluvio; prima dalla sua parte, poi tutti gli altri: proprio come prima fu il turno di Mussolini e dei
fascisti, poi del Re, dei monarchici e dei badogliani, poi dei vecchi liberali.
Non si è mai riflettuto abbastanza sul fatto che il concetto di Destra, e perfino la parola Destra, è stata per
mezzo secolo ai margini della scena politica italiana, forse anche ingiustamente. Ma era la vicinanza con
fascismo che aveva determinato il suo destino infausto.
Per tornare a galla, per essere vincente dopo così tanto tempo, la Destra ha avuto di nuovo bisogno
dell'Uomo forte, del nuovo “Puzzone”: ora li vogliamo vedere, i liberali “de' noantri”, a elemosinare un po' di
legittimità dalla Merkel, dalla “culona inchiavabile”, e dai Popolari Europei (che speriamo vengano messi
quanto prima in minoranza, in Europa), dopo aver urlato che era tutta colpa dell'euro e dell'Europa.
Ora non hanno più nemmeno la sponda del Vaticano, i Quagliarelli che davano dell'assassino a Beppino
Englaro. Pensano che un mezzo tradimento, un po' di cipria e un'ave maria possano farci dimenticare
vent'anni di bastardate. Poveri stronzi.
Cesare Sangalli