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CHRYSLER: STORIA DI FINANZA
E DI SFRUTTAMENTO OPERAIO
Giordano Sivini
In Inchiesta n. 174, 2011
Marchionne auspica che i lavoratori passino dalla “cultura dei diritti” alla “cultura
della povertà”. La strada è quella del grande ricatto, di Bush prima e di Obama poi: lo
scambio tra conservazione del posto e peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Gli
imprenditori di turno, che si inseriscono nello scambio e ne colgono i frutti, sono espressione
della finanza. Cerberus, un fondo di private equity, provoca il crack della Chrysler. La Fiat,
subentrandogli nella proprietà, si indebita sul mercato finanziario e paga gli interessi
spremendo i lavoratori. Il sindacato subisce in nome della competition.
Cerberus
“Bisogna smettere di pensare che la Fiat stia ricevendo un regalo”, dice Bob Nardelli, CEO
della Chrysler rovinata dai debiti, in un’intervista a Bloomberg, commentando le voci che danno per
scontata la cessione alla Fiat dell’azienda che dirige. E’ il 25 marzo 2009, pochi giorni prima che
Obama decida del futuro dell’azienda sommersa dai debiti. “La Fiat valorizza il [nostro] piano.
Porta vantaggi reali che valgono da 8 a 10 miliardi. Tecnologia pesante. Piattaforme di provata
affidabilità e durata, che non solo hanno un grande valore di mercato ma fanno fare alla Chrysler un
balzo in avanti di 4 o 5 anni. E, di grande importanza per l’ambiente, ha un motore con le più basse
emissioni in Europa (...). La Fiat ha ciò che noi non abbiamo, ed è presente dove noi non siamo. Ha
300 distributori in Brasile, e noi 30. Ha una joint venture in Russia. Negli Stati Uniti non ha prodotti
competitivi con i nostri”1.
Alla fine del 2008 Nardelli aveva ricevuto da Bush 3,7 miliardi di dollari e si era impegnato a
ristrutturare l’azienda, riducendo debiti e costi del lavoro. Il 17 febbraio 2009 aveva presentato il
piano di ristrutturazione, con la richiesta ad Obama di altri 5 miliardi. Aveva previsto, d’accordo
con il sindacato, di ridurre la massa salariale; di trasformare i debiti garantiti (6,9 miliardi di dollari)
in quote proprietarie, e di negoziare la riduzione degli altri. Per il rilancio produttivo, aveva puntato
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Università della Calabria, Dipartimento di Sociologia e di Scienza Politica.
Bartiromo M., Bob Nardelli on the Future of Chrysler – With or Without Fiat, Bloomberg Businessweek, 25 marzo
2009.
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su una intesa con la Fiat. Aveva però formulato il piano in maniera generica, perché all’ultimo
momento JPMorgan, che guidava la cordata dei creditori, non aveva confermato la loro
disponibilità, e Sergio Marchionne, per la Fiat, gli aveva solo concesso di allegare una lettera
d’intenti non vincolante. Ambedue queste parti avevano ormai interesse a discutere del futuro
dell’azienda direttamente con il governo, che aveva istituito una Task Force incaricata di risolvere
la crisi dell’industria statunitense dell’auto.
In questa prospettiva Marchionne aveva fatto una conversione ad U rispetto al piano messo a
punto ai primi di gennaio con Nardelli2, che prevedeva la messa in comune della progettistica e
della rete di distribuzione, e la produzione della Cinquecento in Messico. La situazione era cambiata
rapidamente, aprendo la diversa prospettiva dell’acquisizione della Chrysler da parte della Fiat.
“Marchionne ha annusato l’occasione e si è messo in agguato accanto al letto di morte della
Chrysler. La Fiat, cacciata dal mercato americano [nel 1983] per la scadente qualità che le aveva
valso una reputazione che sfiorava il ridicolo, si è presentata come un’inattesa salvatrice”3.
La Presidential Task Force on the Auto Industry, nominata da Obama e presieduta dal
segretario al Tesoro, aveva ritenuto insufficiente il piano di ristrutturazione di Nardelli, e aveva
puntato sulla Fiat per far decollare la Chrysler. Era stata una decisione politica. L’alternativa del
fallimento avrebbe comportato la perdita di 300 mila posti di lavoro, 40 mila della Chrysler e il
resto di fornitori e distributori, che sarebbe stata attribuita ad Obama, anche se buona parte dei posti
avrebbero potuto essere riguadagnati per l’aumento delle vendite delle case automobilistiche
concorrenti..
Questa prospettiva venne illustrata ad Obama il 26 marzo da Stephen Rattner, capo operativo
della Task Force, e da Ron Bloom, senior advisor. Rattner era uomo della finanza, già dirigente di
Lehman Brother, Morgan Stanley e Lazard Frères prima di fondare Quadrangle Group, fondo di
private equity al quale nel 2008 il sindaco di New York Michael Bloomberg aveva affidato la sua
cospicua ricchezza in una sorta di blind trust. Anche Bloom aveva lavorato da Lazard e creato poi
una propria banca di investimento, specializzandosi però nella rappresentanza dei sindacati in casi
di ristrutturazione aziendale; e lo aveva fatto in particolare nella crisi dell’industria dell’acciaio.
La Chrysler da sola, ormai da tempo non stava in piedi, aveva spiegato Rattner al Presidente.
Era sommersa da debiti, priva di soldi. Tra il 2006 e il 2008 aveva perso 30 miliardi4. Dipendeva
dalle vendite di camions e suv, era concentrata sul mercato nordamericano in recessione, era troppo
piccola per competere globalmente, ed era priva di risorse per investire in nuove tecnologie. Tutti i
modelli dei marchi Chrysler, Dodge, Jeep e Ram stavano in fondo alla scala della costumer
2
Rattner S., Overhaul. Boston-New York, Houghton Mifflin Harcourt, 2010, p. 81.
Von Drehle D., Government Motors: Can a Reinvention Save GM?, Time Magazine, 8 giugno 2009.
4
Stewart J.B., Salvation at Chrysler, in the Form of Fiat, New York Times, 29 luglio 2011.
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2
satisfaction. Le vendite erano state sostenute da enormi sconti e dall’abbassamento degli standard di
credito degli acquirenti: oltre un terzo erano subprime o near subprime, e neppure questo era
bastato quando, nel 2008, il prezzo del carburante aveva superato la soglia dei 4 dollari per gallone.
La Chrysler, insomma, era un dead man walking, e Marchionne si era fatto avanti con questa
proposta: se il governo spazza via proprietari e debitori, taglia posti di lavoro e salari, si fa carico
degli oneri previdenziali, la Fiat è disposta a riavviarla, utilizzando la sua tecnologia, e vendendo i
veicoli sui propri mercati.
Per realizzare questi obiettivi era necessario affrontare una procedura di bancarotta, che
doveva essere promossa dalla stessa Chrysler, e questo annunciò Obama il 30 aprile alla televisione,
mettendo l’enfasi sul fatto che il piano serviva a mantenere e rilanciare l’occupazione, contribuendo
alla ripresa dell’economia. In quella occasione ringraziò quanti si apprestavano ad affrontare
“grandi sacrifici”5, creditori e sindacato messi sullo stesso piano. Per le banche che avevano
scommesso sulla vecchia Chrysler, la rinuncia ad una parte consistente di crediti era parte del gioco
finanziario; i lavoratori erano invece vittime di questo gioco, senza responsabilità per una gestione
che aveva affrontato la crisi in condizioni peggiori dei concorrenti.
Chrysler era una holding con due componenti, quella produttiva che si occupava della
produzione di veicoli e aveva stabilimenti negli Stati Uniti e, in minor misura, in Canada, e quella
finanziaria, Chrysler Financial, che ne sosteneva le vendite. Tutte e due erano di proprietà di
Cerberus, un fondo di private equity, ma solo la parte produttiva, scorporata dalla holding, sarebbe
passata attraverso la bancarotta.
Cerberus era stato fondato nel 1992 da Stephen Feinberg, che aveva fatto le ossa nella banca
Drexel Burnham Lambert, coinvolta in attività illegali e finita in rovina dopo essere stata
protagonista, nella seconda metà degli anni ’80, di molti e importanti leveraged buyouts:
raccoglieva denaro emettendo titoli spazzatura, dava l’assalto alle imprese, se ne impadroniva, le
saccheggiava e le rivendeva.
Per avere l’81 per cento della proprietà di Chrysler, Cerberus nel maggio 2007 aveva versato
7,4 miliardi di dollari alla tedesca Daimler-Benz, che dieci anni prima l’aveva acquistata per 36
miliardi. Aveva anticipato un quinto dei soldi, ottenendo il resto da un’ottantina di investitori, tra
cui fondi pensione e fondazioni universitarie. Si erano esposte JPMorgan, Citibank, Bear Stearns,
Goldman Sachs, Morgan Stanley.
Wall Street apprezzava Cerberus. Ne era presidente John W. Snow, che da poco aveva dovuto
lasciare il posto di Segretario al Tesoro di Bush jr; perché era risultato evasore fiscale. Al suo fianco
5
Tapper J., Martin R., Miller S., Meet ‘New Chrysler’, Abcnews, 30 aprile 2009.
3
stava Dan Quayle, già vicepresidente degli Stati Uniti con Bush senior, e l’ex primo ministro
canadese Brian Mulroney.
Bob Nardelli, prima di arrivare al comando della Chrysler si era fatto le ossa alla General
Electric aspirando al posto di CEO. Non avendolo ottenuto, era passato a dirigere Home Depot, una
grande catena di forniture per la casa. Si era fatto conoscere per gli stratosferici compensi e per il
dispotico trattamento degli azionisti. Costretto ad andarsene, aveva ottenuto una liquidazione di 210
milioni di dollari6.
L’entrata di Cerberus in Chrysler era stata preceduta, l’anno prima, dall’acquisto del 51 per
cento delle azioni di General Motors Acceptance Corporation (Gmac), la finanziaria della General
Motors. Era costato 6,4 miliardi, e anche allora Cerberus si era esposto per un quinto del capitale,
raccogliendo il resto da altri investitori. Nella pieno della crisi, sia General Motors che Chrysler
dipendevano, per i rapporti con distributori e acquirenti, da due finanziarie controllate da Cerberus.
Negli ultimi giorni dell’era di Bush entrambe avevano ricevuto contributi pubblici. Gmac, per
accedere anche ai fondi della Federal Reserve, aveva anche chiesto lo statuto di banca,
riconoscimento ottenuto alla vigilia di Natale, condizionato al ridimensionamento della proprietà
per rispettare la normativa bancaria. Il mese dopo, Obama aveva anche preteso le dimissioni dei
suoi dirigenti. Fiduciario di Cerberus, in posizione di non executive chairman, era J. Ezra Merkin, in
quei giorni travolto dallo scandalo Madoff, cui aveva dato ingenti somme avute in gestione
fiduciaria. A qualche mese dalle dimissioni da Gmac, Merkin, “esempio di successo, pio, devoto,
misericordioso”7, dovette dimettersi anche da presidente della sinagoga fondata nel 1959 dal padre,
dopo aver fatto perdere ai parrocchiani un miliardo e più di dollari8.
Quando Nardelli, nell’intervista a Bloomberg, spiegava i vantaggi della collaborazione con
Fiat, il suo capo, Stephen Feinberg, era a Washington al Tesoro, non tanto per confermare alla Task
Force presidenziale la disponibilità a presentare istanza di bancarotta per la parte produttiva della
holding che controllava, quanto per tentare di fondere Gmac e Chrysler Financial9. Non ci riuscì.
Ottenne tuttavia dalla Task Force che i rapporti finanziari con distributori e acquirenti della
Chrysler dopo la bancarotta venissero gestiti da Gmac. L’anno successivo vendette Chrysler
Financial alla Toronto Dominion Bank per 6,3 miliardi, rimettendoci quasi niente nella travagliata
vicenda di quella che era stata la sua Holding Chrysler10. Per concludere l’affare dovette restituire al
6
Rattner, p. 78.
Fishman S., The Monster Mensch, New York Magazine, 22 febbraio 2009.
8
Vitello P., Financier in Madoff Case Quits Synagogue Position, New York Times, 22 maggio 2009.
9
Story L., Cerberus Tries to Get Chrysler Out of a Ditch, New York Times, 1 aprile 2009.
10
De La Mercede, Cerberus, Recouping Costs, Will Sell Chrysler Financial, New York Times, 21 dicembre 2010.
7
4
Tesoro il miliardo e mezzo avuto da Bush, e lo fece con soldi ottenuti dalla Federal Reserve contro
il deposito di titoli spazzatura che aveva in bilancio11.
Fiat
“La Fiat non può sopravvivere alla crisi che ha investito il settore automobilistico, se non
opera una fusione”, dichiara Marchionne l’8 dicembre 2008. “E’ necessario vendere da 5,5 a 6
milioni di veicoli all’anno per fare utili, e la Fiat non è neppure a metà di questa strada. Così, in un
modo o nell’altro, dobbiamo aggregarci”. Le case automobilistiche che producono più di 5 milioni
di veicoli sono Toyota, Volkswagen, Ford e Renault-Nissan. Secondo Marchionne “ne rimarrà una
americana, una tedesca, una franco-giapponese, una giapponese, una cinese, e ci sarà un altro
potenziale giocatore europeo”12.
Messe così le cose, Marchionne pensava evidentemente ad una aggregazione in Europa di Fiat
con pezzi della General Motors in crisi. Non c’era ancora la Chrysler nel suo orizzonte, ma appena
due mesi dopo sottoscriveva la lettera d’intenti non vincolante per contribuire alla sua
ristrutturazione, e, un mese ancora dopo, era pronto a prenderne le redini.
Ottenuto finalmente il controllo da Obama, a novembre presentò il piano quinquennale di
rilancio. Gli obiettivi erano pareggio di bilancio nel 2010, profitti nel 2012, vendite dai 1,3 milioni
del 2009 ai 2,8 milioni nel 2014 su un mercato che sarebbe dovuto crescere dai 10 milioni del 2009
a 14,5 milioni. Come raggiungerli? Aumento degli investimenti dai 3 miliardi di Cerberus a 4,1
miliardi nel 2010, poi a 5,7 miliardi, per un totale di 23 miliardi entro il 2014 (“la spesa - precisò
Marchionne - dipenderà dalla nostra capacità di generare flussi di cassa”, niente, dunque, sostegni
finanziari dalla Fiat13). Realizzazione in ogni stabilimento di assemblaggio di prodotti di livello
internazionale, tali da ‘stimulate men better than Viagra’, come preannunciavano i designers.14
Lancio entro il 2014 di 16 modelli nuovi o heavy refreshed. Aumento delle esportazioni da 144 mila
a 500 mila veicoli, soprattutto jeeps. Allargamento della quota di mercato negli Stati Uniti da 9 a
oltre 13 per cento.
Nella crisi statunitense dell’auto, la prima mossa di Marchionne - ricordava l’Economist – era
stata di acquistare Opel dalla General Motors, ma il piano di ristrutturazione non venne accettato in
Germania, perché prevedeva chiusure di fabbriche e licenziamenti. Se fosse andata in porto, la Fiat
si sarebbe rafforzata solo in Europa. Ora invece, con la Chrysler “siamo un global octopus”, disse
Marchionne. La Fiat poteva spostare la produzione laddove era più conveniente. Arrivato “il suo
11
Chrysler Financial Pays Back Its Tarp Loan, Dealbook, 14 luglio 2009.
Hooper J., Fiat will not survive without merger, say chief executive, Guardian, 9 dicembre 2008.
13
Welch D., Fiat’s ‘Crazy’ Chrysler Plan Just Might Succeed, BusinessWeek Online, 12 novembre2009..
14
Watson T., Chrysler Almighty!, Canadian Business, 17 febbraio 2009.
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5
‘tatcher moment” - scriveva l’Economist riferendosi alla situazione italiana - “perde la pazienza e
usa le maniere forti”15.
Con la Task Force Marchionne era stato chiaro sin dall’inizio. “No way”, aveva risposto alla
richiesta se la Fiat fosse disposta ad investire capitale in Chrysler. “Era evidente che se fossimo
entrati in affari l’intero rischio sarebbe stato sostenuto dai contribuenti americani”16.
Infatti l’accordo finale prevedeva che l’avviamento della nuova Chrysler fosse sostenuto da
crediti del governo statunitense e di quello canadese, e che la proprietà dell’azienda passasse
gradualmente alla Fiat, da un iniziale 20 per cento in cambio del know-how ingegneristico, al 51 per
cento quando fossero realizzati tre obiettivi e rimborsato il debito ai governi. Alla Fiat venne data
anche un’opzione sulle quote detenute dai governi (8 per cento quello statunitense e 2 per cento
quello canadese) e da Veba, il fondo di assistenza malattia gestito dai sindacati, cui sarebbe spettato
inizialmente il 55 per cento della proprietà, in cambio della rinuncia alla metà dei fondi che
Chrysler le avrebbe dovuto versare17.
Le banche rinunciavano a gran parte dei crediti, il governo ai 3,7 miliardi di dollari concessi
da Bush; le attività finanziarie di sostegno alle vendite passavano da Chrysler Financial ad Alley
Financial (nuovo nome di Gmac diventato banca), di cui Cerberus conservava il 40 per cento delle
azioni; i fornitori venivano assistiti dal Tresaury’s Supplier Support Program; il sindacato facevano
nuove concessioni in termini di salari diretti e indiretti, trattamenti pensionistici, copertura sanitaria,
e condizioni di lavoro.
La scalata della Fiat alla Chrysler è iniziata dunque con un baratto: imprecisata proprietà
intellettuale Fiat contro il 20 per cento di proprietà materiale Chrysler, che è stato iscritto nel
bilancio della Fiat alla voce proventi atipici per 2,5 miliardi di dollari18. I passi successivi sono stati
relativamente rapidi. Il 10 gennaio 2011 la Fiat ha aumentato la quota di proprietà di un 5 per cento
quando ha avuto l’approvazione per la produzione nella fabbrica di Dundee, nel Michigan, del
motore FIRE. Il 12 aprile un altro 5 per cento le è venuto per aver venduto attraverso la propria rete
e quella delle affiliate più di 1,5 miliardi di vetture fuori dall’area NAFTA. Il terzo obiettivo
dovrebbe essere realizzato entro dicembre 2011 mettendo in commercio una utilitaria basata su
piattaforma Fiat con consumo massimo di un gallone per 40 miglia.
Il 21 aprile 2011 la Fiat ha annunciato di voler esercitare l’opzione sul 16 per cento della
proprietà dopo aver rimborsato i crediti avuti dal Tesoro e dal Canada, il che è avvenuto il 24
maggio, quando ha versato 5,9 miliardi al Tesoro e 1,7 al governo canadese, nonchè 1,3 miliardi per
15
Fiat plays double or quits with Chrisler, Economist, 27 novembre 2010.
Rattner, p. 93.
17
Dati desunti da The White House, Obama Administration Auto Restructuring Initiative Chrysler-Fiat Alliance, Office
of the Press Secretary The White House, 30 aprile 2009.
18
Gruppo Fiat, Bilancio semestrale abbreviato al 30 giugno 2011, p. 48.
6
16
l’opzione. Ha acquistato anche le quote dei governi versando altri 625 milioni, ed ha pagato infine
75 milioni per l’opzione di acquisto della quota di Veba, quando verrà messa in vendita. Tra
gennaio e maggio 2011 la proprietà della Fiat è passata dunque dal 20 al 53,519.
Per rimborsare i governi, la Chrysler, che, come la Fiat, è guidata da Marchionne, ha
utilizzato utili realizzati e rastrellato soldi sul mercato finanziario statunitense. Morgan Stanley è
stato incaricato di un credito di 3,5 miliardi di dollari in due tranches con scadenza 5 e 6 anni;
Citigroup di un altro credito per 1,5 miliardi; Bank of America Merrill Lynch di collocare
obbligazioni per 2,5 miliardi con scadenza 8 e 10 anni.
Per le obbligazioni Marchionne si aspettava di pagare interessi compresi tra 7,75 e 8%, in
linea con il mercato. Gli investitori, pur avendo un grande appetito, hanno avanzato perplessità sulle
garanzie: “l’azienda è molto vaga nei documenti di offerta”20. ”Ieri abbiamo incontrato il
management, e non siamo usciti dalla riunione convinti che si trattasse di un affare” – dichiarava un
investitore di Boston. “Speriamo sia così, ma per arrivarci dobbiamo ancora fare un bel po’ di
lavoro”21. L’azienda è la più debole delle tre case automobilistiche: “a work in progress”, e gli
investitori sono “interessati ma non interamente convinti”22.
Il 19 maggio i prezzi sono stati resi noti: le due tranches di obbligazioni riceveranno interessi
rispettivamente dell’8 e dell’8,25, più alti rispetto alle aspettative iniziali di Marchionne. I crediti
saranno del 4, 75 % sopra il Libor con una base di 1,2523.
Mody’s ha assegnato Ba2 al credito, e B2 alle obbligazioni e all’azienda; Standard & Poor’s
rispettivamente preliminary BB- al credito, B alle obbligazioni e B+ all’azienda24. Un rating
inferiore alla tripla B con Mody’s e a Baa con Standard and Poor’s è considerato speculative, o
below investment; i titoli sono correntemente definiti junk, spazzatura, rischiosi ma remunerativi per
gli investitori. Marchionne tuttavia è soddisfatto delle valutazioni complessive delle due agenzie,
“un riconoscimento per gli sforzi fatti dal management, dai dipendenti e dagli altri stakeholders del
Chrysler Group in meno di due anni per riportare in vita l’azienda”25.
La Chrysler ha ottenuto 400 milioni da Bancomex e Nafin per finanziare la produzione della
Fiat 500 e di diversi modelli Dodge a Toluca, in Messico. La Fiat invece ha rastrellato soldi sul
mercato finanziario italiano, emettendo obbligazioni per un miliardo di euro e negoziando un
prestito di 1,5 miliardi di euro a fronte della scadenza di un miliardo nel febbraio 2012. Mody’s,
dopo la scalata a Chrysler ha abbassato la valutazione di Fiat da Ba1 a Ba2 con outlook negativo.
19
I dati sulla scalata vengono dai Reports trimestrali relativi agli Audit Financial Results del gruppo Chrysler.
Chrysler Tests Investors on Bond Covenants, Wall Street Journal, 12 maggio 2011.
21
Clouse C.J., Chrysler Gets Slashing Yellow Light from Investors, High Yield Report, 9 maggio 2011.
22
Clouse, cit.
23
Chrysler Group LLC Prices Dept Offering, PR Newswire US, 19 maggio 2011.
24
Ivi.
25
Statement from the Chief Executive Officer of Chrysler Group LLC Sergio Marchionne, 3 maggio 2011.
20
7
La Chrysler ha chiesto al governo statunitense un nuovo prestito di 3,5 miliardi di dollari a
tasso agevolato nel quadro di un programma di risparmio energetico gestito dal dipartimento
dell’Energia26. Il programma è però oggetto di attacchi da parte dei repubblicani, sull’onda di
supposti favori ad una azienda finita in bancarotta27, basati anche su un documento del Government
Accountability Office che ha criticato il dipartimento dell’Energia per aver “trattato le domande in
maniera incoerente, favorendo alcuni e sfavorendo altri”28. Marchionne, di fronte alla possibilità
che il credito non venga erogato, ne ha sottolineato l’importanza “per la stabilità sul lungo periodo
della Chrysler”29.
Sulla sponda italiana un commentatore, Massimo Mucchetti, ha più volte sollevato sul
Corriere della Sera perplessità sulla politica di indebitamento della Fiat e della Chrysler. Ha
osservato che al marzo 2011 la Fiat aveva 16,3 miliardi di euro di debiti e 13 di liquidità. La
Chrysler rispettivamente 9,3 e 6,8; insieme, 25,6 miliardi di euro di debiti, diventati 27 dopo che
Fiat ha aumentato la proprietà in Chrysler, con la possibilità di arrivare a 30 se dovesse esercitare
l’opzione Veba. Una posizione finanziaria netta negativa che passerebbe da 5,4 a 9,6 miliardi:
“troppo, se la si confronta con quella delle tedesche, che esercitano l’attività industriale con i propri
soldi e con margini ben superiori”. “La liquidità ‘costosa’ tenuta in cassa sembra derivare dal fatto
che l’accesso ai mercati finanziari rimane una scommessa”30.
“Negli anni scorsi - rileva Mucchetti - la Fiat ha strizzato i conti, e ha guadagnato un po’
grazie al buon momento dell’economia. E’ durata fino al 2008. Poi il declino, accentuato dalla
mancanza di nuovi modelli. (...) L’operazione Chrysler è stata il grande paravento. Ma a noi pare
che gli investimenti netti in Chrysler siano bassi, e troppo alti i debiti finanziari e pensionistici. Con
un patrimonio netto tangibile negativo (...). Non potendo far investire i suoi azionisti sull’auto, si è
inventato una strategia che ha incantato le banche d’affari”31.
A fronte dei 10 miliardi di dollari avuti dalle banche nel 2011 per l’operazione Chrysler
Marchionne ha riferito agli analisti di prevedere a fine anno, per Fiat e Chrysler insieme, un utile
netto di circa 1,7 miliardi di euro, un debito industriale netto tra 5 e 5,5 miliardi, e una liquidità di
18 miliardi32. Non è chiaro come possa ridurre l’esposizione con le banche, considerato il cattivo
andamento delle vendite e delle azioni Fiat, e la decisione di non quotare, per ora, Chrysler in borsa.
26
US hiper Chrysler will qualify for Energy loans, Reuter, 17 maggio 2011.
Nocera J., The Phony Solyndra Scandal, New York Times, 23 settembre 2011.
28
Department of Energy: Further Actions Are Needed to Improve DOE’s Ability to Evaluate and Implement the Loan
Guarantee Program, US Government Accountability Office, GAO Report 19-627, 12 luglio 2011.
29
Keane A.G., Higgins T., Chrysler’s US Advanced-Vehicle Loan May Lose to Disaster Aid, Bloomberg, 21 settembre
2011.
30
Mucchetti M., Fiat-Chrysler, il Peso dei Debiti sull’Ascesa di Marchionne, Corriere della Sera, 11 giugno 2011.
31
Mucchetti M., Lettera aperta a Marchionne, Corriere della Sera, 11 agosto 2011.
32
Chiarelli T., Fiat, la strategia di Marchionne: 58,5 % di Chrysler e 25 nuovi modelli, La Stampa, 21 settembre 2009.
8
27
Negli Stati Uniti, la strategia sembra comunque funzionare, almeno per adesso. Presa in mano
l’azienda, Marchionne ha avviato la produzione di 6 modelli di veicoli considerati nuovi (realizzati
su piattaforme differenti da quelle dei modelli precedenti) o con esterni del tutto rinnovati, e di altri
10 modelli ‘significativamente rinnovati’ soprattutto nell’esterno e nell’interno 33. Ha introdotto
sistemi di controllo di qualità in tutte le fabbriche, e in tre di esse la World Class Manufacturing. Ha
aumentato l’occupazione complessiva da 47 a quasi 53 mila unità, di cui 40 mila operai di linea; il
12,5 per cento è a mezzo salario e senza altri benefici.
Il lancio dei modelli è stato accompagnato da intense campagne pubblicitarie, culminate con
l’esibizione di due minuti di Eminem per il lancio della Chrysler 200 “imported from Detroit34, e
con due visite alle fabbriche di Obama, e una di Biden, il suo vice. Molti modelli sono stati premiati
dalla stampa.
Le vendite all’interno e all’estero sono cresciute, da 688 mila unità nell’ultimo trimestre del
2009 al milione del secondo trimestre 2011. La quota della Chrysler sul mercato interno è passata
da 8,1 a 10,6. Il flusso di cassa è costantemente aumentato, trimestre dopo trimestre tranne l’ultimo
del 2010, da 7,4 miliardi a oltre 10; l’utile operativo è stato di mezzo miliardo nel secondo trimestre
2011. Altri indicatori finanziari si muovono nella stessa direzione, e sembrano confermare le
previsioni del piano operativo quinquennale.
La Chrysler, dunque, ricava di nuovo stabilmente profitti dalle vendite. Per realizzarli, i
lavoratori che non volevano perdere il posto sono stati costretti da Obama ad accettare di
comprimere le proprie condizioni di vita e a intensificare i ritmi produttivi. Marchionne ha ricevuto
da Obama il complesso produttivo liberato dal peso dei debiti, insieme ad una dote per la sua ripresa
produttiva. La dote, che era gravata da interessi molto alti, è stata restituita rastrellando denaro sui
mercati finanziari, ed ora sono gli investitori che si mangiano una quota degli utili, prossima alla
metà dell’insieme dei salari, che, anche per questo, vengono fortemente compressi.
Marchionne vorrebbe comprimerli di più. Nella scheda di registrazione alla SEC, tra gli
handicap operativi lamenta i limiti imposti dagli accordi sindacali del 2009. “Stabiliscono minimi
salariali, livelli di benefici e gradi di sicurezza nell’occupazione. (...) In pratica restringono la nostra
capacità di modificare le nostre decisioni e di ridurre i costi in risposta alle condizioni di mercato. Il
sindacato fino al 2015 non può dichiarare lo sciopero, ma, come noi, al momento del rinnovo del
contratto nel settembre 2011 è soggetto ad un arbitrato che deve soltanto tener conto (...) che i salari
e i benefici stiano a livello comparabile con quelli delle altre aziende degli Stati Uniti, incluse
quelle di proprietà straniera”. Eppure, “potrebbe essere necessario modificare i termini del nostro
33
Crysler Group LLC, General Form for Registration of Securities, US Securities and Exchange Commission, s.d., p.
10.
34
Stewart J.B., Salvation at Chrysler, in the Form of Fiat, New York Times, 29 luglio 2011.
9
accordo collettivo e le condizioni delle nostre relazioni con la forza lavoro che possono
svantaggiarci, compreso una possibile revisione di alcune delle concessioni critiche negoziate”35.
Non ci sono però vincoli contrattuali ad aumentare lo sfruttamento in fabbrica, ed è questo
l’obiettivo già perseguito con la riorganizzazione.
Marchionne ancora un cruccio. Avendo ricevuto soldi pubblici, fino al giugno 2018 dovrà
limitare i compensi ai senior executives, che, al di sotto di quelli erogati dai competitors, potrebbero
abbandonarlo36. Obama aveva posto il limite di 500 mila dollari all’anno, oltre a stock options e
altri benefici; il Congresso aveva fissato un reddito complessivo a 750 mila dollari. Poi i paletti
sono stati spostati verso l’alto, demandando le decisioni ad un arbitro, che ha stabilito che nessun
CEO possa guadagnare più di 9,5 milioni di dollari all’anno37.
Dal momento che i top managers della Chrysler lavorano anche per la Fiat, l’ostacolo non
dovrebbe essere insuperabile.
Operai e sindacato
“Marchionne cominciò [la riunione] con Gettelfinger dandogli una lezione sulla necessità per
i lavoratori dell’auto di perseguire una ‘cultura della povertà’ invece che ‘una cultura dei diritti’”.
(…) “Fu un disastro”
38
. Il presidente del sindacato aveva creduto che con Obama la situazione
sarebbe cambiata. Invece, con il suo intervento televisivo sui sacrifici, lo aveva messo “con le spalle
al muro”39.
Gettelfinger, del resto, aveva già imboccato nel 2007, al tempo di Bush, la strada della
’povertà’, accettando la svolta che Nardelli aveva imposto ai lavoratori della Chrysler quando
Cerberus era subentrato alla Daimler. I nuovi assunti a mezzo salario e con famiglia a carico, senza
assistenza malattia e senza pensione, erano materialmente prossimi alla soglia ufficiale della
povertà40.
Il presidente del sindacato si era fatto conoscere per le buone relazioni con il management e
per la disponibilità a “concessioni che fino ad allora erano state considerate un’anatema” 41. Aveva
fatto parte del consiglio di azienda della Daimler in rappresentanza dei lavoratori statunitensi, e, tra
la sorpresa degli analisti, aveva accolto positivamente l’arrivo di Cerberus42. Un fondo privato di
35
Chrysler Group, General Form For Registration of Securities, cit., p, 46.
Chrysler Group, p. 50.
37
Rattner, p. 256.
38
Rattner, p. 152.
39
Ivi.
40
White J., US auto workers union to abandon hourly wage increases, World Socialist Web Site, 24 giugno 2011.
41
Rattner, p. 96.
42
Briggs J., UAW president optimistic about Chrysler’s future under Cerberus, mlive.com, 31 maggio 2007.
36
10
investimento fa strip and flip, depreda e se ne va: questa era l’idea dominante tra i lavoratori,
condivisa anche da Buzz Hargrove, presidente del sindacato canadese dell’auto43.
Bob Nardelli, prendendo in mano la Chrysler, aveva annunciato invece un programma di
rilancio. Avrebbe eliminato i modelli che non andavano e unificato la rete di distribuzione dei
marchi della Chrysler; avrebbe fatto produrre alla Nissan subcompacts per il mercato sud
americano, e lanciato sul mercato internazionale una utilitaria prodotta dalla cinese Chery
Automobile44. Avrebbe licenziato 10 mila persone, in aggiunta alle 13 mila cui aveva provveduto la
Daimler, ma i licenziamenti avrebbero potuto essere evitati se fosse stato ridotto il costo del lavoro.
Gettelfinger negoziò il contratto. Salari congelati, dimezzati per i nuovi assunti senza
assistenza malattia e pensione; trasferimento al sindacato del fondo di assistenza malattia per i
pensionati, in cambio di un contributo forfettario di 8,8 miliardi di dollari destinato a Veba, la
Voluntary Employee Beneficiary Association, cui sarebbero confluiti anche i fondi della General
Motors e della Ford che avevano sottoscritto accordi analoghi, e che si sarebbe alimentata in seguito
con l’indennità di caro-vita, versato direttamente dalle aziende. Dichiarò: ”Il contratto farà
assolutamente felici i nostri pensionati”45. Sicuramente felice fu la Chrysler, il cui costo medio per
salariato scese da 74 a 60 dollari.46
Prima di sottoporre il testo del contratto al voto degli iscritti, proclamò uno sciopero di sei
ore, che i lavoratori definirono “hollywood strike”. Molti dirigenti si mobilitarono per far passare il
‘si’. Bill Parker, che aveva guidato il comitato di negoziazione con la Chrysler, si espresse per il
‘no’47. Il ‘si’ prevalse con il 56 per cento dei lavoratori di linea e il 51 degli specializzati48. La paura
di perdere il posto di lavoro aveva pesato, in un momento in cui negli ambienti operai si stavano
moltiplicano i pignoramenti delle case.
Un anno dopo la Chrysler era in coma. Bush a dicembre aveva approvato un contributo di 3,7
miliardi di dollari per tamponare la situazione. A gennaio era subentrato Obama, che aveva
nominato la Task Force per trovare il modo di salvare oltre a Chrysler anche General Motors. Il
piano di ristrutturazione presentato da Nardelli il 17 febbraio, con nuove concessioni concordate
con Gettelfinger, non fu approvato. Dopo aver rigettato il piano, Obama “diede ai lavoratori della
Chrysler una seconda chance”49. Ma fu Marchionne a giocarsela, sostenuto dalla Task Force.
43
Wernie B., UAW, CAW chiefs split on views of Cerberus, Automotive News, 14 gennaio 2008.
Ingrassia P., Who Will Survive?, Conde Nast Portfolio, giugno 2008.
45
Haglund R., Questions remain about historic UAW contract., mlive.com, 26 settembre 2007.
46
Bertnstein Research, Fiat SpA & Fiat Industrial: Divide and Conquer, marzo 2011, p. 133.
47
Agne T., 3 more UAW locals reject controversial Chrysler agreement, mlive.com, 20 ottobre 2007.
48
Associated Press, UAW members approve Chrysler contract, mlive,com. 28 ottobre 2007.
49
Parks J. UAW Reaches Settlement Agreement with Chrysler, Fiat, AFL-CIO Now Blog, 27 aprile 2009.
44
11
Il presidente del sindacato accettò ciò che gli venne proposto, opponendosi solo alla richiesta
di abbassare i salari legandoli agli incrementi di produttività50. Non si chiese se la Fiat avrebbe
rinunciato all’affare, nel caso non si fosse piegato. Si fece persino abbindolare. Rattner, che guidava
la Task Force, scrive che Gettelfinger “agiva nel presupposto sbagliato che fossero ancora vigenti le
condizioni poste dal TARP [sotto la presidenza Bush] per la concessione del credito, incluso il
divieto di sciopero”51.
Agli iscritti al sindacato non venne concesso alcuno spazio di discussione. Dovettero ratificare
il contratto sotto minaccia di chiusura dell’azienda, nel giro di tre giorni, prima del 30 aprile, data
stabilita per la presentazione dell’istanza di bancarotta. Votò a favore l’82 per cento degli operai di
linea e l’80 per cento degli specializzati52.
Ron Bloom, il membro della Task Force, che in altre occasioni aveva rappresentato i
sindacati, superò l’insistenza di Marchionne per la riduzione dei salari. Gli propose di agire su altre
voci contrattuali per ridurre i costi, come l’innalzamento del limite per le nuove assunzioni o la
rigidità della classificazione delle mansioni. Gettelfinger era aperto a queste concessioni, ma
Marchionne ancora insisteva.
“Ron allora - racconta Rattner - si rese conto che aveva una carta decisiva da giocare. Andò
da Sergio e disse: “Ti andrebbe se ti promettessi la pace sindacale? Non solo per la durata di questo
contratto ma anche per quello successivo? Non avrebbe grande valore per te, che vorresti cambiare
la cultura, se ti dicessi che qui non si sciopererà?”. Gli offrì anche altri goodies: l’impegno a
congelare i salari per la durata del contratto e a sottoporre i problemi non risolti nel prossimo
negoziato ad un arbitrato vincolante basato sulla conservazione di salari competitivi con le
transplants”53. Marchionne si prese un week-end, rientrò in Italia dove fu accolto da eroe, e, al
ritorno, accettò.
Roon Bloom passò da Gettelfinger, e gli ripetè le stesse cose che aveva detto a Marchionne.
“Questo è il meglio che posso darti”. Aggiunse “So che non vorresti questo accordo, ma se è così
torniamo a casa e la Chrysler viene posta in liquidazione”. “Gettelfinger riflettè per un’ora sulla
proposta di Bloom e fu d’accordo”54.
Il contributo di Chrysler a Veba venne ridotto da 8,8 a 4,6 miliardi di dollari, da versare in
tranches annuali tra il 2010 e il 2023. A fronte della somma restante le venne attribuito un iniziale
55 per cento della proprietà dell’azienda e un rappresentante nel consiglio di amministrazione senza
50
Rattner, p. 143.
Rattner, p. 159.
52
UAW Members Ratify Chrysler Settlement Pact, AFL-CIO Now Blog, 30 aprile 2009.
53
Rattner, p. 159
54
Ivi.
51
12
diritto di voto. Il governo statunitense e in minor misura quello canadese si riservarono opzioni per
l’acquisto di questa quota, che poi avrebbero ceduto alla Fiat.
A causa della riduzione del contributo e per garantire risparmi all’azienda durante il 2009,
l’assistenza sanitaria per i centomila pensionati della Chrysler iscritti a Veba venne da subito
ridimensionata. Eliminati i trattamenti oculistici e dentari; chiusi i programmi speciali di rimborso
di farmaci; finiti i contributi per prestazioni speciali nell’ambito del programma pubblico Medicare,
(compartecipazione alle spese farmaceutiche e a quelle di pronto soccorso). Secondo la Task Force i
tagli incisero per almeno il 40 per cento. “Dunque, per i pensionati, - è il commento di Rattner - la
compartecipazione ai sacrifici richiesta dal presidente Obama arrivò senza indugi”55.
Il fondo pensioni, che la Chrysler gestisce, non venne toccato. Presentava un deficit di 9
miliardi. La Daimler in sede di bancarotta si impegnò a contribuirvi con 200 milioni all’anno per tre
anni. Il deficit emergerà quando si esauriranno i soldi per pagare le pensioni. E’ possibile – ha
osservato Bloomberg – che in questo modo si sia semplicemente rinviato l’inevitabile56, cioè il
passaggio del fondo alla Pension Benefit Guaranty Corporation, ente pubblico, che coprirebbe solo
2 dei 9 miliardi scoperti, riducendo drasticamente il trattamento pensionistico57.
I salari sono stati congelati e l’indennità di carovita è stata sospesa. I nuovi assunti, che
potranno raggiungere il 25 per cento della forza lavoro, avranno il salario dimezzato, senza altri
diritti. Il premio di risultato e il premio natalizio finiranno nelle casse di Veba. Il lavoro
straordinario sarà calcolato non più sulle 8 ore giornaliere ma sulle 40 settimanali. La
classificazione degli operai di linea sarà ridefinita entro il sistema del team. Le pause sul lavoro
saranno ridotte. L’azienda sarà libera di introdurre, con preavviso, regimi di orario alternativi.
L’UAW si è impegnata a non scioperare per sei anni, e a comporre ogni vertenza non risolta
mediante arbitrato, senza alterare il rapporto di costi salariali tra l’azienda e le case automobilistiche
concorrenti. Si è persino impegnata ad agire per la riduzione dei costi del lavoro nelle imprese di
subfornitura, accettando nel contratto la formulazione dell’azienda: “Nel corso del negoziato
l’UAW e la Chrysler hanno stabilito che un costo del lavoro, comprensivo di benefit, di 35 dollari
l’ora per assemblare i sedili presso l’impresa fornitrice sia da considerarsi competitivo”58.
“Abbiamo combattuto per mantenere i nostri salari, i nostri trattamenti sanitari e i nostri posti
di lavoro”, hanno detto Ron Gettefinger e il suo vice, General Holiefield. “Di fronte alla avversità
55
Rattner, p. 154.
Byrnes N., Francis T., Chrysler: The Next Pension Crisis?, Bloomberg Businessweek, 5 maggio 2009.
57
Geisel J. Bankruptcy may hit Chrysler retiree benefits, Business Insurance, 4 maggio 2009
58
UAW Chrysler, Modifiche all’Accordo 2007 e integrazione all’accordo Veba, aprile 2009, Notizie Internazionali,
119/120, 2009.
56
13
abbiamo ottenuto nuove garanzie produttive e abbiamo negoziato nuove opportunità per il
coinvolgimento dell’UAW nelle future decisioni economiche”59.
I lavoratori si sono resi conto di molte ‘novità’ contrattuali solo quando l’azienda le ha
applicate. Il malcontento è sfociato nella richiesta al sindacato di un impegno per una full disclosure
del prossimo accordo e di un no rush vote60: Trasparenza, insomma, e diritto alla discussione e alla
valutazione.
I lavoratori hanno denunciato che l’azienda si serve di assunzioni con salario di secondo
livello per aggiungere un turno o per far passare a permanente un lavoratore temporaneo part time61.
Hanno scoperto che il management ha predisposto una lista di Competitive Operating Agreements,
applicati a livello di fabbrica, che riguardano l’organizzazione del lavoro, i tempi di riposo,
l’utilizzazione di personale esterno con salari di terzo livello a 10 dollari l’ora 62. Hanno attribuito
all’applicazione del World Class Manufacturing il trasferimento agli operai di linea di mansioni
spettanti agli operai specializzati.
“Gli specializzati avevano la responsabilità di far funzionare le macchine, provvedere ai
sistemi elettrici, ai robot, alle presse di stampaggio; dovevano ispezionare, ingrassare, individuare le
rotture, sostituire pezzi, riparare (...). Adesso il genio malefico della manutenzione autonoma
obbliga operai già stressati e con paghe basse, a fare in economia il lavoro degli specializzati”. Un
bel risparmio per l’azienda, perché gli specializzati sono pagati 33 dollari l’ora, gli operai di linea
attorno a 28, i nuovi assunti tra 14 e 16 senza altri benefici 63. Hanno, persino, quasi all’unanimità,
preannunciata la possibilità di indire uno sciopero contro il cambiamento della turnazione tra giorno
e notte nella fabbrica di Dundee, entrata a far parte della Chrysler dopo il 200964.
Pressioni per un accordo analogo a quello imposto dalla Task Force di Obama erano state
fatte al sindacato canadese, che già nel maggio 2008 aveva concesso riduzioni salariali a Nardelli, e
nel marzo 2009 aveva fatto altre concessioni, preoccupato della possibile chiusura di stabilimenti in
Canada. A Marchionne non erano bastate. A metà aprile il sindacato aveva protestato per i suoi
interventi presso il governo canadese. “Disturba profondamente vedere il nostro governo fare eco
alle pesanti richieste di dirigenti di imprese multinazionali ai lavoratori canadesi, che lavorano forte
e versano le imposte. La paga oraria è già inferiore a quella degli stabilimenti degli Stati Uniti e la
produttività è più alta; il trattamento salariale diretto e indiretto è sostanzialmente eguale a quello
59
Hakala J., UAW leaders reccomend approval of Chrysler deal, mlive.com, 27 aprile 2009.
Autoworkers fight back for our future!, AutoworkerCaravan. org, s.d.
61
Testimonianza di C.W, in Grevat M., Angry autoworkers speak out, demand equal pay, Workers World, 21 agosto
2011.
62
Waun N., WillAuto’s Three-Tier Wages Be on the Table?, Labornotes.org, 13 luglio 2011.
63
Wassel A., UAW Contract’s Hidden Surprises for Skilled Trades, Labornotes.org, 14 settembre 2011.
64
Hoffman B.G., Chrysler’s Dundee staff OK National UAW deal: Workers hope to get day-niglt rotation schedule
rescinded, Detroit News, 28 settembre 2011.
14
60
dei competitors, Toyota e Honda”65. A fine aprile, tuttavia, fece altre concessioni in un nuovo
contratto, approvato con l’82 per cento dei voti66.
Misure simili a quelle della Chrysler erano state imposte dalla Task Force ai lavoratori della
General Motors, pure destinata ad una ristrutturazione via bancarotta. Alla Ford, di cui nel marzoaprile 2009 non era ancora chiaro il destino, i lavoratori avevano dovuto accettare una riduzione del
trattamento salariale e dei benefici accessori, e l’introduzione delle assunzioni a metà salario. A
favore aveva votato il 59 per cento67. Appena uscita dalla crisi, in ottobre la Ford aveva chiesto altri
‘sacrifici’ per equiparare i trattamenti alle altre due case automobilistiche di Detroit. In particolare
aveva chiesto che il contributo a Veba fosse in parte dato in azioni, che il salario dimezzato per i
nuovi assunti fosse protratto nel tempo, che ci fosse più flessibilità per specializzati e impiegati, e,
soprattutto che il diritto di sciopero fosse limitato a questioni non salariali 68. Ron Gettelfinger si era
impegnato con l’azienda.
Bob King, diventato vice presidente, aveva fatto campagna per il si, ma aveva incontrato
lavoratori che in coro gridavano “No, no, no!”. La proposta sindacale venne bocciata 3 a 1. La Ford
stava macinando profitti e i lavoratori non erano sotto ricatto. Per la prima volta nella storia
dell’UAW si erano pronunciati, assieme ad un gran numero di rappresentanti di fabbrica, contro la
dirigenza69.
Bob King, tuttavia, eletto in seguito presidente del sindacato, cerca di esercitare una pressione
egemonica sui lavoratori con una parola d’ordine “il nemico è la competition”, che ripete le
posizioni del management delle aziende automobilistiche. I principi dell’UAW pongono lavoratori e
management stanno sullo stesso piano. “Per promuovere il successo dei nostri datori di lavoro,
l’UAW sostiene l’innovazione, la flessibilità, la produzione snella, la migliore qualità a livello
mondiale, e il continuo miglioramento dei prezzi. Attraverso il lavoro di squadra e la soluzione
creativa dei problemi, stiamo costruendo con i datori di lavoro relazioni basate sui principi di
rispetto e di condivisione degli obiettivi in una missione comune. Abbiamo imboccato un percorso
che non presume più un contesto antagonistico con rigide regole lavorative, vincolato dalla
classificazione delle mansioni e da complicate norme contrattuali. L’UAW è impegnato nella
creazione di valore in favore della sicurezza dei consumatori, dell’efficienza energetica e delle
tecnologie verdi70.
65
Déclaration de Ken Lewenza, président des TCA, CAW-TCA, 17 aprile 2009.
TCA Quebec, Les membres des TCA chez Chrysler entérinent une entente de restructuration, Contact, 1 maggio
2009.
67
Wilson A., Barkholz D., UAW may balk at concession for Ford, Automotive News, 17 agosto 2009.
68
Barkholz D, UAW pact narrow a Ford gap with rivals, Automotive News,10 ottobre 2009.
69
Grevatt M., Building on ‘no concessions’ vote at Ford, Workers World, 6 febbraio 2010.
70
UAW Principles for Fair Union Elections, www.UAW.org, 2010.
15
66
In quelle che un tempo erano the big three of Detroit ed ora sono le three of Detroit, i
trattamenti sono già parificati alle transplant giapponesi. Il costo medio orario, comprensivo di tutti
gli oneri, è 58 dollari alla Ford, 56 alla General Motors, 49 alla Chrysler, comparabile con le
aziende in cui non esiste un contratto collettivo: Toyota 55 dollari, Honda 50, Hunday 44. Per il
management, il problema non è dunque tanto economico, quanto di “libertà manageriale“, si
commenta sul Sole-24 ore71.
Agli iscritti King promette un riscatto puntando sulla creazione di una rete sindacale globale
che comprenda i lavoratori della Chrysler e della Fiat. “Building a global middle class is a win-win
for all workers”72. Alla condizione di middle class si oppongono, fuori e dentro al sindacato, gruppi
che sostengono in vari modi iniziative di solidarietà operaia. Si collegano su internet, si esprimono
su facebook, organizzano incontri e convegni nelle chiese e nell’università di Toledo, manifestano
davanti al North American International Auto Show di Detroit, intervengono sulla stampa locale e
su You Tube, distribuiscono adesivi, magliette. Windsor Workers Action Center è attivo in Canada.
Factory Rats Unite e Warrior of Labor raccolgono sui rispettivi siti centinaia di segnalazioni,
informazioni, commenti. Autoworkers Caravan, sostiene una campagna contro le discriminazioni
salariali, per la stabilizzazione dei lavoratori temporanei, per le indennità di aumento del costo della
vita. Soldiers of Solidarity diffonde un bollettino: “Bisogna cambiare - vi si legge. Occorre darsi da
fare astenendosi dal lavoro, facendo lo sciopero bianco, realizzando azioni concertate coperte.
Proveremo inizialmente disagio per qualcuna di queste pratiche, perché dall’anno delle concessioni
ci siamo arrugginiti nel combattimento. Ma più le praticheremo, meglio ci sentiremo”73.
Inaspettatamente, alla vigilia del rinnovo dei contratti, il New York Times ha invitato le
aziende a cambiar strada. “Mentre l’UAW deve astenersi da richieste estreme, le case
automobilistiche di Detroit devono ricordare che la loro ripresa non sarebbe stata possibile senza le
grandi concessioni fatte dal sindacato. E’ tempo che comincino a restituire ai loro lavoratori.
Quattro anni fa nell’ultimo contratto il sindacato accettò che i nuovi assunti guadagnassero la metà
del resto della forza lavoro. Già prima, nel 2008, quando le vendite dei veicoli erano crollate, i
sindacati avevano fatto altre concessioni, come la rinuncia agli aumenti legati al costo della vita,
alla copertura alle cure odontoiatriche, e al fondo che consentiva ai licenziati di percepire gran parte
del salario. Lo scorso anno Alan Mullay, capo esecutivo della Ford ha ricevuto compensi per 26,5
milioni di dollari. General Motors è soggetta a restrizioni, ma Dan Akerson, da settembre 2010 capo
71
Berta G., Cambio di marcia dei sindacati USA, Sole 24 ore, 22 agosto 2011.
Pope B., UAW’s King Seeks Return to Pattern Bargaining, Ward’s Auto World, 1 aprile 2011.
73
Ivi.
72
16
esecutivo ha preso 2,5 milioni per quattro mesi. Marchionne lo scorso anno non ha ricevuto uno
stipendio ma 2,9 milioni di azioni della Chrysler oltre a 4,8 milioni di dollari dalla Fiat” 74.
Marchionne, però, nella contrattazione ha mirato ad abbassare ulteriormente il costo del
lavoro. Il nuovo contratto “è sostanzialmente meno generoso” di quelli appena conclusi dal
sindacato con Ford e General Motors, approvati dal 63-64 per cento dei votanti75.
Prevede un bonus una tantum di 1750 dollari, e un altro di eguale importo quando la Chrysler
“raggiungerà la stabilità finanziaria” (alla Ford il bonus è di 6 mila dollari, alla General Motors di 5
mila); un bonus annuale di 500 dollari (alla Ford 1500, alla GM 1000); un premio di produttività di
85 centesimi per ogni milione di profitti realizzati dall’azienda sul mercato del Nord America (1
dollaro alla Ford e alla General Motors); un bonus di 500 dollari per gli stabilimenti che
raggiungeranno gli obiettivi di qualità della World Class Manufacturing (almento 250 dollari come
premio di qualità alla Ford a alla GM). I nuovi assunti avranno aumenti salariali graduali da 15.78 a
19.28 dollari, con qualche copertura sanitaria.
I risparmi sul costo del lavoro sono fatti cancellando un rilevante numero di mansioni
specializzate senza contropartita per gli skilled workers in servizio, e ottenendo il consenso di
pagare tutti i nuovi assunti a salario ridotto (già sono il 12 per cento della forza lavoro) anche
superando il limite del 25 per cento previsto dall’accordo del 200976.
Bob King attribuisce al sindacato l’impegno contrattuale della Chrysler a fare 4,5 miliardi di
investimenti e 2100 assunzioni. Ma si tratta di obiettivi (nel contratto in gran parte distribuiti sito
per sito) già iscritti nel piano operativo quinquennale dell’azienda; i nuovi posto di lavoro saranno a
salario ridotto..
L’accordo è stato accolto con rabbia o con rassegnazione. “Con i bonus e qualcos’altro, non ci
ridanno ciò che ci hanno tolto negli ultimi anni”. “Anche se come salario e indennità restiamo dove
siamo, penso che molti di noi lo ingoieremo anche questa volta. Troppe persone nelle nostre
comunità sono state colpite duramente - hanno perso il lavoro, e anche le loro maledette case”77.
Dopo un periodo di black out informativo per impedire il fluire delle notizie di quelle
fabbriche che votavano contro il contratto, il 27 ottobre 2011 l’UAW ha comunicato i risultati del
voto sul contratto. Il 54,6 per cento del complesso dei votanti lo ha approvato, ma tra questi il 55,6
per cento degli specializzati ha votato contro. Tra i 26 mila iscritti l’astensionismo è stato alto,
tuttavia l’UAW non ha fornito dati sull’affluenza alle urne.
74
Editorial, Detroit, the Union and Improving Times, New York Times, 28 luglio 2011.
Hoffman B.G., Aguilar L., Priddle A., Chrysler contract doesn’t match rivals’, Detroit News, 13 ottobre 2011.
76
UAW – Chrysler, Hourly Workers Contract Summary, ottobre 2011.
77
Hoffman, Aguilar, Priddle.
75
17
Il Detroit News, che nei servizi giornalistici ha sostenuto il contratto, ha commentato: “La
decisione di non comunicare sulla pagina UAW-Chrysler di Facebook i risultati [dei singoli
stabilimenti], a differenza di ciò che era stato fatto per Ford e GM, aveva già ingenerato sospetti tra
gli iscritti al sindacato nei confronti dei dirigenti dell’Unione. La ratifica da parte di una
maggioranza risiscata, alimenta la diffidenza degli iscritti scontenti”. L’opinione di molti, lavoratori
e osservatori, è che questo contratto non sarebbe passato se ci fosse stata la possibilità di ricorrere
allo sciopero78.
78
Rogers C., Priddle A., Chrysler pact OK’d despite resi stance, Detroit News, 27 ottobre 2011.
18