Storia di una ladra di libri

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Storia di una ladra di libri
Recensioni cinema e film |
Persinsala.it
Martina Di
Marcoberardino
26 marzo 2014
Duplice, “dissonante”, recensione per Storia di una ladra di
libri, l’opera prima di Brian Percival.
Racconti sotto le bombe
di Martina Di Marcoberardino
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Dal 27 marzo, sarà nelle sale cinematografiche italiane il nuovo film di
Brian Percival Storia di una ladra di libri, tratto dal romanzo di Markus
Zusak, La bambina che salvava i libri. Tra gli attori del cast Geoffrey
Rush, Emily Watson e la giovanissima Sophie Nelisse.
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La vicenda si svolge nella Germania nazista e percorre un arco di tempo
che va dall’inizio alla fine della Seconda Guerra Mondiale. La giovane
Liesel Memingel (Sophie Nelisse) è poco più di una bambina, ma ha già
conosciuto la crudeltà di una vita che non ha avuto il tempo di scegliere.
Dopo aver perso il fratellino ed essere stata abbandonata dalla madre per
la sua stessa incolumità, la giovane viene adottata da Hans e Rosa
Hubermann (Geoffrey Rush ed Emily Watson). Liesel viene emarginata sin
dal primo giorno di scuola poiché analfabeta, ma troverà nel giovane Rudy
(Nico Liersch) un amico dai capelli color limone leale e sincero, nonché
segretamente innamorato di lei. Il rapporto tra Hans e la piccola si rivela
sin da subito profondo e di vero affetto e verrà rafforzato ulteriormente
quando padre e figlia si immergeranno nel magico mondo della lettura.
Linsel si scopre una grande amante di libri e per il suo primo “furto” arriva
addirittura a mettere a repentaglio la sua vita e dei suoi famigliari. Con
l’arrivo di Max (Ben Schnetzer), un ebreo che gli Hubermann decidono di
nascondere in casa, la vita della piccola casetta di Via del Paradiso (dove
abita l’allegra famiglia), cambia per sempre. La guerra è arrivata e lo
spettatore, insieme a Liesel, lentamente se ne accorge.
Storia di una ladra di libri, è un film poetico e delicato. Brian Percival, a
cui si devono numerose puntate della serie cult Downton Abbey, riesce a
descrivere le atrocità della guerra e delle persecuzioni naziste con gli occhi
di una bambina, seppur disillusa, ancora innamorata della vita. Liesel,
infatti, grazie a Max, impara l’arte di raccontare il mondo, di scrivere storie
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per non dimenticare e per far in modo che i suoi cari vivano per sempre al
suo fianco. Eccezionale come sempre Geoffrey Rush. Difatti nei panni di
Hans Hubermann, l’attore australiano rappresenta un rifugio sicuro nelle
tragedie della guerra. Ogni sua espressione, ogni sua parola, ogni suo
gesto, sono finalizzati a tranquillizzare amorevolmente la figlia. Egli è
capace di tracciare con precisione ed efficacia un personaggio leale,
coraggioso e incosciente, ma estremamente umano fino alla
disperazione. La Rosa di Emily Watson, poi, è forse il personaggio più
interessante del film. Rude ed egoista solo all’apparenza, la donna sarà
capace di aprire il suo cuore a Liesel, diventando una madre amorevole e
premurosa. Pragmatica e con i piedi per terra, è lei la colonna portante
della casa, capace di prendere decisioni difficili a sangue freddo senza
battere ciglio, ma anche di commuoversi fino alle lacrime. Sophie Nelisse
descrive una Liesel efficace e mai patetica. La giovane attrice riesce a
divertire e commuovere lo spettatore con grande naturalezza. Piacevole la
sceneggiatura di Michael Petroni anche se, insieme al regista, avrebbe
potuto dare più spazio alla figura della voce narrante: la Morte. Infatti non
acquisisce nel film il rilievo necessario e questo fa sì che la storia perda di
uniformità e di universalità, caratteristiche che avrebbero potuto e dovuto
inserire questa fiaba all’interno della Storia ben più ampia di quel periodo.
Infine, bellissima e commovente, la colonna sonora di John Williams.
Storia di una ladra di libri è semplicemente la storia di una bambina, è
una fiaba narrata ai più piccoli per spiegare l’importanza della cultura e
della letteratura soprattutto in un periodo difficile e tragico come quello
della Seconda Guerra Mondiale. Una favola sussurrata all’orecchio, capace
addirittura di far sperare lo spettatore in un lieto fine.
Pagine bianche
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di Francesca Ruina
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Un mélo didascalico che fotografa la Shoa attraverso gli occhi di una
bambina.
The book thief – Storia di una ladra di libri – è l’ultima fatica del
regista inglese Brian Percival, tratta dal bestseller di Markus Zusak La
bambina che salvava i libri.
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Il film si apre con una voce narrante – la Morte – pronta a dispensare,
dall’inizio alla fine, frasi tutto sommato piuttosto banali (“nessuno vive per
sempre”, “la vita non fa promesse”) che fanno un po’ storcere il naso a chi
si aspettava un taglio più storico e meno melodrammatico delle tematiche
che la pellicola affronta.
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Siamo nella Germania nazista, quando un treno sfreccia nella neve,
portandosi dietro la piccola Liesel (Sophie Nélisse) – figlia di comunisti –
che, dopo avere assistito durante il viaggio alla morte del fratellino, viene
abbandonata dalla madre e affidata ad una nuova famiglia, gli
Hubermann. Accolta da Rosa (Emily Watson), una neo-mamma
inizialmente rude e spigolosa (“fatta di tuoni”) e da Hans (Geoffrey Rush),
un neo-papà buono ed affettuoso (con un “cuore fatto a fisarmonica”),
Liesel si trova a crescere in Via del Paradiso, che è prima di tutto un
paradiso nazista. Almeno fino all’arrivo di Max, ragazzo ebreo il cui padre
aveva salvato Hans e che viene nascosto in casa Hubermann, tra paure e
sacrifici. Max scardina le fragili certezze ideologiche legate al nazismo
attraverso la testimonianza della propria diversità; si rintana nella cantina
dei suoi protettori e diventa, insieme al piccolo e arianissimo Rudy (Nico
Liersch), il migliore amico di Liesel, colui che fa nascere in lei la passione
della letteratura. Dipingendo di bianco le pagine del Mein Kampf, le dona
un diario sul quale poter riscrivere se stessa, regalandole, in senso
metaforico e letterale, la sua salvezza.
La centralità del tema della scrittura risulta, tuttavia, trattata in modo
piuttosto marginale rispetto al peso che dovrebbe o vorrebbe avere. A
parte qualche fuga nella ricca biblioteca della moglie di un dirigente
nazista e il salvataggio di un libro da uno dei celebri roghi operati dal
Reich, il desiderio di conoscenza e di costruzione di una prospettiva
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differente da quella nazista si perde nella smania del voler toccare quanti
più temi possibili, senza approfondirne davvero nessuno. La stessa
superficiale carezza retorica tocca anche la passione del piccolo Rudy per
Jesse Owens, le discriminazioni razziali e i rastrellamenti. Tutte scene che
vengono fotografate per un istante per poi perdersi nel nulla, generando
una sorta di illustrazione del romanzo originale da cui la storia è
tratta. Inoltre la mano registica didascalica di Percival tende a passare un
po’ di palo in frasca, senza entrare nella profondità che il film meriterebbe
e limitandosi a sfiorare i vari punti focali che vengono tutto sommato
lasciati in sospeso.
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Più interessanti sono, invece, le dinamiche umane, veicolate soprattutto
dalla bravura degli attori, capaci di generare un’immediata empatia con il
pubblico. Sia la profonda e generosa bontà del personaggio interpretato da
Geoffrey Rush, che i cambiamenti che caratterizzano la Rosa della
bravissima Emily Watson, generano un notevole coinvolgimento emotivo
dello spettatore. Pregevole anche l’interpretazione della giovane
protagonista e di Max (Ben Schnetzer), che hanno saputo rendere
palpabile un legame così intimo da costituire uno dei principali fils rouges
del film.
Un cast interessante, dunque, per un mélo che non convince, che gioca
tutto il suo potere sull’impatto emotivo – addii strazianti, bombe, morti –
senza dare luogo a un approfondimento tematico.
Titolo originale: The Book Thief
Regia: Brian Percival
Sceneggiatura: Michael Petroni
Attori principali: Geoffrey Rush, Emily Watson, Sophie Nelisse, Nico Liersch, Joachim Paul Assböck, Ben
Schnetzer, Kirsten Block, Sandra Nedeleff
Fotografia: Florian Ballhaus
Montaggio: John Wilson
Musiche: John Williams
Produzione: Fox 2000 Pictures, Studio Babelsberg
Distribuzione: 20th Century Fox
Paese: USA
Genere: Drammatico
Durata: 131’
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