Point Break - Persinsala

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Point Break - Persinsala
Recensioni cinema e film | Persinsala.it
Andrea Ussia
26 gennaio 2016
Il remake ad altissimo tasso di rischio non buca lo schermo.
Point Break di Ericson Core non regge il confronto con il
prodotto di Kathryn Bigelow e la variante mistica, ostentata a più
riprese, non coinvolge.
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Johnny Utah è un atleta di sport estremi con molto seguito su Internet. A
causa di una sua idea sconsiderata, il suo amico d’infanzia Jeff muore.
Sette anni dopo Utah è negli uffici dell’FBI, impegnato nell’addestramento.
Nel mentre un gruppo di poli-atleti estremi sta compiendo dei crimini, che
sembrano ripercorrere le otto prove di Osake. Utah, agente in prova sotto
copertura, entra in contatto con gli atleti e conosce il carismatico Bodhi.
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Rimettere mano a un film che è diventato un punto di riferimento nella
cultura di massa è sempre un rischio. Inoltre Point Break faceva
conoscere al grande pubblico le capacità registiche della Bigelow, donna
regista a suo agio con il genere action e in grado di tenere ben saldo il
polso della situazione. Il remake, diretto da Ericson Core (direttore della
fotografia di numerosi film adrenalinici), mette in mostra delle evidenti
difficoltà. In primo luogo è inevitabile il confronto con l’originale, da cui il
regista non ha intenzione di distanziarsi (alcune sequenze richiamano o
addirittura ricalcano le gesta di Keanu Reeves e Patrick Swayze), e
purtroppo il remake risulta perdente. Invece in seconda battuta si può
facilmente notare come si siano modificati i costumi dal lontano 1991, nel
quale i surfisti erano gli atleti estremi pronti a rischiare tutto pur di
inseguire l’onda perfetta, e ci sia stato bisogno di un riallineamento alle
abitudini odierne. Ed ecco che il poli-atleta estremo (snowboard, free
climbing, motociclismo, base jumper e surf) diviene il protagonista del
rischio, colui che vanta milioni di visualizzazioni di Youtube, che gli
permettono di costruirsi una fama che lo precede. Tuttavia questo
allineamento ai giorni nostri non stona eccessivamente con il racconto e si
inserisce in modo sufficientemente adeguato all’interno di una pellicola
nella quale spingersi oltre il “punto di rottura” perde quell’accezione
gergale da surfer per assurgere a filosofia di vita, laddove la paura
comincia a dominare le azioni. Ciò che invece stona e appare poco
coinvolgente è la variazione mistica, ovvero il raggiungimento del Nirvana
a patto che le otto prove di Osake (impossibili per qualsiasi essere umano)
vengano superate. Un inseguimento di un’illuminazione mistica che si
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trascina stancamente per l’intera durata del film.
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Caratterizzato da una recitazione piatta e dall’estenuante ricerca della
ripresa a effetto, Point Break non possiede gli strumenti giusti per far
dimenticare l’originale, un film molto più legato ai bisogni primordiali di un
gruppo di delinquenti e al fascino per l’oscurità. Il Johnny Utah di Keanu
Reeves era un ambizioso agente dell’FBI, che veniva attirato dal rischio;
quello interpretato da Luke Bracey è un personaggio molto meno ordinario
e più facilmente malleabile e, proprio per questo motivo, meno profondo e
combattuto.
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Nonostante Point Break riempia gli occhi di riprese spettacolari e prove
al limite dell’impossibile, non convince e lascia l’amaro in bocca allo
spettatore, che si ritrova a guardare una copia di risibile fattura di un
prodotto che ha, volente o nolente, segnato i primi anni Novanta.
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Titolo originale: Point Break
Regia: Ericson Core
Sceneggiatura: Kurt Wimmer
Attori principali: Edgar Ramirez, Luke Bracey, Teresa Palmer, Ray Winstone, Delroy Lindo, Matias Varela,
Clemens Schick, Tobias Santelmann
Fotografia: Ericson Core
Montaggio: Thom Noble, Jerry Greenberg, John Duffy
Musiche: Tom Holkenborg
Prodotto da Ehman Productions, Alcon Entertainment
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 114′
Genere: Azione
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