La battaglia degli imperi - Dragon Blade

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La battaglia degli imperi - Dragon Blade
Recensioni cinema e film | Persinsala.it
Edoardo
Ribaldone
30 giugno 2016
Un film d’arti marziali che alterna le sequenze d’azione tipiche
del genere a dialoghi bolsi e predicatori sulla tolleranza verso gli
altri. Già viste, e di qualità migliore le prime, decisamente
insopportabili i secondi, declamati da una star che non perde
occasione per mettersi al centro dell’attenzione.
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Nel 50 a.C. una legione romana comandata dal generale Lucio arriva,
ormai sfinita per la stanchezza del viaggio, nel pressi della Via della Seta. I
soldati sono fuggiti ad oriente per salvare il piccolo Publio, figlio minore del
console Crasso, dal fratello maggiore Tiberio, assassino del padre che gli
preferiva l’ancor giovane Publio e colpevole di aver accecato il fratello per
renderlo indegno del potere. Qui Lucio si scontra con Huo An, il
comandante incaricato della difesa della Via della Seta. Tra i due, a torto
incolpati entrambi di tradimento nasce, pur nella diversità, amicizia e
rispetto, e Huo An concede ai legionari di ripararsi entro le mura della città
che stanno edificando, e questi in cambio li aiuteranno, grazie alle loro
conoscenze tecniche, a rendere più celeri i lavori. Quando l’esercito di
Tiberio li raggiunge, Huo An è costretto a scegliere se tradire e consegnare
il suo nuovo amico oppure combattere per difendere i suoi valori e il suo
paese.
Il film è composto di due elementi in alternanza che ne costituiscono
l’ossatura: le scene d’azione, realizzate con abbondanza di controfigure; le
magniloquenti scenografie che ricostruiscono i Cancelli delle oche
selvatiche, la città dov’è ambienta la storia, anche se con un uso cospicuo
del digitale nella costruzione di alcuni fondali (quello di Roma è il più
improbabile e ridicolo, almeno per lo spettatore italiano); lo sfoggio di
comparse e di ampie vedute dei paesaggi desertici e montuosi della Cina
occidentale: anche qui, però il digitale viene spesso in aiuto. L’altro
elemento che lo sostanzia sono gli insistiti sermoni pronunciati dal
protagonista Chan sul rifiuto della guerra e sull’unità di popoli diversi nel
rispetto delle reciproche differenze. L’attore e produttore (nonché regista
delle scene d’azione) sembra non avere alcun pudore ad occupare il
proscenio per quasi tutto il film ed a mostrarsi come un uomo saggio, leale
e buono, costretto a combattere da nemici odiosi, infidi ed intriganti: non è
un caso, infatti, se dei tre protagonisti l’unico a rimanere in vita, dopo aver
affrontato e vinto i più cruenti duelli, sia proprio lui, che non solo unisce e
pacifica ben trentasei tribù asiatiche, ma viene anche nominato primo
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console dal piccolo Publio, dal quale riceve il gladio che ne riconosce il
nuovo ruolo, ponendosi così come figura unificante l’Oriente e l’Occidente.
È l’impostazione complessiva del film a non convincere: musica roboante
nelle scene di combattimento, solenne quando vengono intonati i rispettivi
inni nazionali (quello in cinese alla pace e quello in latino alla gloria di
Roma); siparietti comici di rara insipienza; personaggi piatti e prevedibili,
privi di spessore e profondità: esageratamente magnanimo e valoroso
quello di Chan, debole e incapace quello di Cusack, ridicolmente negativo
quello di Brody (condannato, a quanto sembra, al ruolo del villain a causa
del suo naso adunco). Un film nato vecchio, nella concezione e nella
messinscena: basta confrontarlo con La città proibita di Zhang Yimou
per accorgersi di cosa sia capace il cinema cinese coevo: qui si ha una
ricchezza ed uno sfarzo formale (la ricercatezza della fotografia, delle
scenografie e dei costumi lascia ammirati) e scene d’azione d’una
complessità eccezionale, insieme ad una visione fortemente pessimistica
sull’ineluttabilità della violenza nell’uso del potere. Nel film di Daniel Lee
(e di Jackie Chan, soprattutto), si trovano soltanto acrobazie di seconda
mano ed uno stucchevole ecumenismo di fondo. La versione italiana,
derivata da quella americana, riduce la durata di quasi mezz’ora: per una
volta, c’è da ringraziare il distributore.
Titolo originale: Tian jiang xiong shi
Regia: Daniel Lee
Soggetto e sceneggiatura: Daniel Lee
Fotografia: Tony Cheung
Montaggio: Yau Chi-Wai
Musica: Henry Lai
Scenografia: Daniel Lee
Costumi: Thomas Chong
Interpreti: Jackie Chan, John Cusack, Adrien Brody, Lin Peng, MikaWang, Siwon Choi, Xiao Yang, Wang
Taili
Prodotto da: Jackie Chan, Susanna Tsang
Paesi: Cina/Hong Hong
Genere: azione, avventura, storico
Durata: 101′
Anno: 2015
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