Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani

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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
3 - 5 marzo 2007
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 PROFESSIONI: L’Antitrust apre le audizioni sulla riforma (il sole 24 ore)
Pag. 4 PROFESSIONI: Professioni, partono le audizioni (italia oggi)
Pag. 5 PROFESSIONI: Avanti con le liberalizzazioni anche se a qualcuno danno
fastidio (mondo professionisti)
Pag. 6 STUDI LEGALI:Conciliazione, chance sfumata? - di Paola Parigi (il sole 24 ore)
Pag. 7 STUDI PROFESSIONALI: Studi poco informatizzati (italia oggi)
Pag. 8 PRIVACY: Dal Garante della privacy sfida impossibile a internet (il sole 24 ore)
Pag. 9 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO:Cancellato il corso— concorso (il sole 24 ore)
Pag.10 ASSICURAZIONI: Partenza sprint per l’indennizzo diretto (il sole 24 ore)
Pag.11 ASSICURAZIONI: Gli incidenti a due (il sole 24 ore)
Pag.12 RIFORMA CONDOMINIO: Violenza e risse in condominio, le colpe del Codice
di Paolo Alvigini - Vicepresidente Unione Camere Civili (il sole 24 ore)
Pag.13 CASSAZIONE:Il giudizio di appello ritorna a tutto campo (il sole 24 ore)
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IL SOLE 24 ORE
Ordini e Associazioni. Da giovedì
L’Antitrust apre le audizioni sulla riforma
Non bastano omila firme a deviare l’azione della maggioranza in tema di riforma delle professioni. E
decisa la replica di Pier Luigi Mantini (Ulivo), relatore del Ddl governativo alla Camera — dove
giovedì cominceranno,con il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, le audizioni— nei confronti
dell’iniziativa, avviata dal Cup (Coordinamento unitario delle professioni) con la proposta di legge di
iniziativa popolare per modificare alcuni aspetti essenziali del testo dell’Esecutivo. La campagna di
raccolta adesioni, infatti, dovrebbe iniziare nei prossimi giorni. Mantini — alla vigilia dell’indagine
conoscitiva congiunta delle due commissioni Giustizia e Attività produttive — dichiara di «puntare più
sugli aspetti di modernizzazione che di liberalizzazione». E per questo si auspica che «il contributo del
Cup sia all’altezza della qualità delle professioni italiane e soprattutto che venga reso nell’ambito delle
istituzioni e non nelle piazze». Mantini mira infatti a fissare paletti precisi su alcuni punti qualificanti,
quali «la riduzione del numero degli Ordini, le attività con riserva in via esclusiva, i limiti e i confini
delle competenze delle Regioni, la pubblicità informativa». Un accordo parlamentare preventivo
potrebbe trovarsi anche sul praticantato «che per i medici non può essere di soli 12 mesi» o per gli
avvocati «con un tetto limite al patto di quota lite».
Intanto la Corte costituzionale — con la sentenza n. 57/2007 —ha sancito l’illegittimità della legge
regionale 28/2005, che istituiva il registro degli amministratori di condominio, subordinando
l’iscrizione nell’elenco al possesso di un attestato di qualifica professionale rilasciato dalla Regione
dopo il superamento d{ un esame. Il provvedimento è stato impugnato dallo Stato per incompatibilità
con l’articolo 117, comma 3 della “Carta”. Illegittimità fondata, per la Corte, che ha ricordato come
«l’attività di amministratore di condominio è pienamente libera e affidata esclusivamente
all’autoregolamentazione delle varie associazioni di categoria». E dopo aver citato i precedenti
provvedimenti regionali sanciti come illegittimi per aver individuato figure professionali in eccesso di
delega rispetto alla normativa statale (<n. 449, 424, 423 e 153 del 2006»), la Corte ha fatto riferimento
al cosiddetto “decreto La Loggia” (Dlgs 30/2006). Ovvero, il testo che prevede che la potestà
legislativa regionale si muova lungo il solco già tracciato dalla disciplina statale in materia di identità di
una professione, requisiti tecnico-scientifici e titoli da possedere per il suo esercizio. «L’intera legge
regionale - ha concluso la Corte nella sentenza 57/2007 — è inscindibilmente connessa con le
disposizioni specificamente censurate, essendo priva di autonoma portata normativa senza le
disposizioni medesime». Accolta, dunque, la tesi dell’illegittimìtà costituzionale. Laura Cavestri
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ITALIA OGGI
Professioni, partono le audizioni
Partono le audizioni sulla riforma delle professioni. Sono attesi per giovedì prossimo davanti alle
commissioni giustizia e attività produttive della camera il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalà, e
i rappresentanti del Cnel e del Censis. Punto di partenza del confronto il disegno di legge delega di
iniziativa governativa (ddl Mastella). Che, approvato in consiglio dei ministri il primo dicembre 2006, è
arrivato a Montecitorio solo agli inizi di febbraio. Quello che uscirà dalle commissioni congiunte,
stando alle intenzioni del relatore alla riforma, Pierluigi Mantini (Margherita), dovrà essere un testo
migliorato sulle questioni deleghe (considerate troppe ampie) e tariffe (minimi obbligatori da prevedere
per gli appalti di opere pubbliche). Il ddl che tanto piace alle associazioni non regolamentate, però, non
si è conquistato fino ad oggi le simpatie degli ordini. Che, attraverso il loro coordinamento (il Cup),
stanno preparando il tutto per raccogliere le 50 mila firme necessarie e presentare una proposta di legge
di iniziativa popolare.
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MONDO PROFESSIONISTI
Avanti con le liberalizzazioni anche se a qualcuno danno fastidio
Romano Prodi non si arrende. E nel suo intervento di replica al dibattito sulla fiducia alla Camera
attacca: il governo intende proseguire nel programma delle liberalizzazioni, anche se ci sono resistenze
da parte di chi non è interessato ad avere un mercato più aperto e trasparente. Il presidente del conslgio
non ha forse letto l’indagine Isae (vedi MP di ieri) secondo la quale la liberalizzazione di Bersani non
ha affatto contribuito ad abbassare le parcelle dei liberi professionisti. Prodi, invece, continua a
sognare: “Sono convinto –ha affermato il Premier - che iniziano a scrostare interessi storici, che sono
pure legittimi e consolidati ma che frenano il Paese''. Prodi ha poi elencato le iniziative assunte: “Ci
siamo occupati di banche, di assicurazioni, di servizi pubblici, di energia, di professioni, di opere
pubbliche e se parliamo di vita quotidiana anche di aprire un'attività specie da parte dei giovani senza
avere bisogno di raccomandazioni”. Un lungo applauso della maggioranza ha sottolineato queste parole
mentre dai banchi dell'opposizione si sono levate diverse contestazioni che sono aumentate quando
Prodi ha fatto riferimento all'esistenza di interessi contrari nell'opposizione. “Posso capire -ha dettoche può dare dispiacere a qualcuno dell'opposizione, ma questa è la realtà... E noi non ci fermiamo
perché questa è la strada del rilancio”. Prodi ha anche annunciato nuovi provvedimenti importanti in
tema di liberalizzazioni nell'obiettivo di “aprire il mercato alla concorrenza” una cosa ha ripetuto che
certo “può dare fastidio a qualcuno, ma noi andremo avanti per un'economia più trasparente”.Pronta la
replica di Giancarlo Laurini, vice responsabile del dipartimento libere professioni di Forza Italia. "Se il
presidente del consiglio intende portare avanti il suo progetto sulle liberalizzazioni è bene che consigli
al ministro Bersani di rivedere le strategie di questi mesi, visto che l'elaborazione dei dati Istat da parte
dell'Isae, hanno dimostrato che dopo i provvedimenti adottati sulle professioni, il costo dei servizi
professionali è aumentato". Per Laurini, si tratta di un risultato analogo a quello registrato in Olanda,
''in linea con quanto è emerso dal rapporto della commissione ministeriale Hammerstain del 2005, che
rilevò come la liberalizzazione delle tariffe in Olanda ha comportato un abbassamento solo dei massimi
di tariffa a vantaggio dei cosiddetti contraenti forti (imprese, banche, compagnie di assicurazione ecc.)
e una lievitazione dei costi ai livelli piu' bassi''. E questo, conclude Laurini, è ''esattamente il contrario
di quello che i liberalizzatori anche di casa nostra dicono di voler realizzare''. Luigi Berliri
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IL SOLE 24 ORE
Conciliazione, chance sfumata?
di Paola Parigi
A chi non piacerebbe veder risolta la propria controversia in un tempo ragionevole, a un costo certo e
contando sull’assistenza dell’avvocato di fiducia? La domanda non è retorica. Perché,a quanto pare, gli
italiani, in primis le aziende, continuano a preferire l’incertezza degli esiti di un giudizio, la sua durata
estenuante, i costi smisurati. La conciliazione, anche detta Negoziato professionale agevolato, stenta a
decollare, nonostante sia stata introdotta e dotata di valore assoluto (l’accordo conclusivo vale come
titolo esecutivo: articolo 40, comma 8, del Dlgs 5/03), anche a causa della ritrosia degli avvocati nel
farvi ricorso. Gli avvocati i non hanno ancora assunto l’abitudine di considerarla come forma
alternativa e preferiscono adire le sedi giudiziarie o, tuttalpiù, gli arbitrati. Il negoziato agevolato
consente di tenere fuori del Tribunale questioni che altrimenti finirebbero per invecchiare insieme a chi
vi è coinvolto, con enorme dispendio di denaro e senza la certezza di veder rispettato il proprio diritto.
Il negoziatore, terzo neutrale, viene nominato d’accordo dai due rappresentanti dei contendenti con il
mandato di agevolare la soluzione transattiva che poi avrà valore di legge (o di titolo esecutivo nel caso
del diritto societario). La presenza dell’avvocato è richiesta, anzi auspicabile, e quindi il suo lavoro e il
suo compenso sono salvi; il costo dell’intervento del terzo è misurabile a priori o legato al successo
della negoziazione. Se questa non produce l’effetto sperato, ad esempio, nulla è dovuto al conciliatore e
si potrà procedere in sede ordinaria. Interessanti, inoltre, sono i tempi, ristretti e concordati tra le parti,
che dipenderanno dalla mole di documentazione, sopralluoghi e perizie, ma comunque contenuti e
prevedibili, a differenza di quanto potrebbe accadere nella migliore Corte d’Italia.La procedura può
essere oggetto di una apposita clausola nel contratto che lega le parti, pertanto è già dalla fase
preliminare che gli avvocati possono svolgere il compito di prefigurare soluzioni efficaci alle ipotesi.
patologiche dell’accordo, ma può anche essere attivata successivamente, in forma preventiva (e se dà
buon esito, alternativa e definitiva), alla soluzione arbitrale o giudiziale. Stando al parere degli esperti
(ad esempio A.D.R. Center di Roma, www.adrcenter.it), è proprio questa la fase delicata, nella quale
illegale di riferimento può svolgere un molo determinante: convincere il proprio assistito ad attivare un
tavolo negoziale agevolato. A differenza dei tentativi transattivi che normalmente preludono alla causa,
la formalità di incaricare un terzo, l’impegno ad accettarne il molo di mediatore e di riconoscere il
valore dell’accordo raggiunto, conferisce un tenore del tutto diverso alle trattative. Al conciliatore si
confessano anche gli obiettivi nascosti, i risentimenti personali e le diverse motivazioni (non sempre
giuridiche) che sottendono l’insoddisfazione. Sono carte in più che il mediatore può giocarsi e che non
sono date al giudice o all’arbitro che può decidere solo secondo diritto. La terzietà del negoziatore è
garantita da un codice di comportamento inflessibile accettato dalle più reputate realtà di mediazione
internazionale. Il trucco è semplice: gestire il conflitto anziché lasciargli prendere corpo. L’obiettivo è
onorevole: risolvere invece di litigare. Un avvocato che garantisce questo tipo di assistenza, che sa
consigliare la parte e indirizzarla preventivamente al contenimento della litigiosità e alla ricerca della
giustizia migliore (quella realistica), è un avvocato apprezzabile, che rispetta in tutto il proprio
mandato. Per dirla con Pietro Calamandrei: «l’opera più preziosa degli avvocati civilisti è quella che
essi svolgono prima del processo, stroncando con saggi consigli di transazione i litigi all’inizio e
facendo tutto il possibile affinché essi non raggiungano quel parossismo morboso che rende
indispensabile il ricovero nella clinica giudiziaria» (P. Calamandrei, «Elogio dei giudici scritto da un
avvocato», Ed. Ponte alle Grazie, p.142).
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ITALIA OGGI
Interprofessionale/Una ricerca su avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro
Studi poco informatizzati
I professionisti preferiscono di più le risorse umane
Il mancato sviluppo della tecnologia negli studi professionali è un problema di mentalità. In quasi il
90% dei casi, infatti, il principale ostacolo alla gestione di dati, informazioni, sicurezza e livello di
informatizzazione, è di natura culturale. E la conseguenza è un'inadeguata struttura organizzativa di
supporto. Questo, in sintesi, il quadro emerso da un'indagine di Studio Interprofessionale (studio di
consulenza fiscale, legale, societaria e del lavoro) su un campione di 5 mila studi, tra commercialisti,
avvocati e consulenti del lavoro, posizionati sul territorio italiano. Stando alla ricerca, l'80% degli studi
professionali in Italia ha fino a dieci persone, mentre il 14,5% è più esteso. Si attestano in percentuale
maggiore nel Nord Italia (55%), a seguire il Centro Italia (30%), e infine il Sud e le isole (15%). La
maggioranza degli studi (77%), indistintamente piccoli e grandi, dimostra, secondo l'indagine, più
interesse verso gli aspetti tecnologici e di hardware più concreti e immediati (come back-up, età media
delle strutture hardware di studio) rispetto invece a quelli di supporto alla gestione, e cioè specifici
software (23%), che evidenziano una visione di tali aspetti più ampia e completa, rispetto alla mera
risoluzione di un problema. L'indagine rivela inoltre che negli studi fino a dieci persone le soluzioni
tecnologiche disponibili sono meno onerose (89% dei casi) rispetto agli studi più estesi: all'aumentare
del numero di postazioni, tra l'altro, aumentano le necessità in termini di server e reti. Questi ostacoli
´vengono superati automaticamente' negli studi con oltre 20 persone, tanto più se collegati a livello
internazionale con altre sedi e partner. Dove, da un lato l'aumento di dati e informazioni, dall'altro le
persone che li utilizzano e li scambiano, comportano che l'attenzione a questi argomenti venga tradotta
operativamente in specifici requisiti da rispettare quotidianamente.
In particolare, poi, l'indagine riscontra che, negli studi di dimensioni superiori a 20 persone le strutture
e le risorse prevedono e consentono personale specificamente dedicato: gli studi vengono considerati e
dunque gestiti come delle vere e proprie aziende, dalle quali sono disponibili a mutuare le soluzioni
applicate con successo. Emerge una visione più aperta al mercato e alle sue evoluzioni, in un'ottica di
miglioramento continuo. La ricerca rileva anche una stretta correlazione tra certificazione di qualità e
gestione attiva dell'informazione: gli studi certificati, in altre parole, indipendentemente dalla
dimensione, si attivano in tal senso più degli altri.
´Seppure non sia semplice implementare un sistema qualità in uno studio professionale', ha dichiarato
in proposito Ermanno Basilico, managing partner di Studio Interprofessionale, ´laddove lo si sia fatto,
da un lato, la continua richiesta di informazioni-evidenze-dati concreti e misurabili, dall'altro l'abitudine
a saggiare i benefici di disporne, costituiscono un valido stimolo all'adeguamento continuo'.
(riproduzione riservata) Gabriele Ventura
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IL SOLE 24 ORE
Diritti e tecnologie. I 10 anni dell’Autorità per la tutela dei dati personali
Dal Garante della privacy sfida impossibile a internet
«La tutela della privacy è un dovere di tutti, dai parlamentari ai giudici, agli operatori dei diversi settori.
Non può essere delegata in via esclusiva all’Authority. A lungo andare, anzi, l’identificazione tra
privacy e Garante può risultare pericolosa». Il Garante per la protezione dei dati personali, Franco
Pizzetti, ha tracciato un bilancio positivo dell’attività svolta a favore della tutela della riservatezza, in
questi anni, ma non ha mancato di sottolineare alcune incongruenze nell’applicazione della disciplina
«che rischiano di deludere le aspettative che si creano sull’estensione della tutela e in parte sulla natura
stessa del diritto alla privacy». Intervenendo ieri a Milano al convegno «La legge sulla privacy, dieci
anni dopo», organizzato dall’università Bocconi, Pizzetti ha ribadito quello che considera il vero
compito dell’Autorità: «Essere esperti in protezione dei dati e accompagnare tutte le componenti della
società nell’implementazione di misure che la garantiscano». Pizzetti ha però lanciato un allarme su una
«bulimia» di privacy. <(Non possiamo considerare — ha detto —un diritto fondamentale quello alla
riservatezza,perché i diritti fondamentali non sono negoziabili. Invece ogni giorno ci rendiamo conto
che serve trovare un compromesso tra il diritto alla privacy e altri diritti riconosciuti dall’ordinamento.
L’importante è che non si violi la dignità delle persone». Niente “integralismi”, dunque.
Per scendere nel concreto Pizzetti cita il “conflitto” di interessi che si riscontra nell’ambito della
pubblica amministrazione: «Da un lato c’è una legge che dal 1990 assicura il diritto d’accesso agli atti e
quindi pretende trasparenza dalle strutture pubbliche; dall’altro lato, cittadini e imprese, si pensi agli
appalti, pretendono un’accurata protezione dei propri dati». Su questo punto,peraltro, il Garante ha
anche reso pubblica la riflessione che sta animando l’Autorità, alle porte del secondo biennio, circa
l’eventualità di mutuare il modello inglese: «Forse — ha precisato Pizzetti— un sistema come il nostro,
sdoppiato in una commissione sul diritto d’accesso presso la presidenza del Consiglio e un’Autorità
sulla privacy, funziona peggio di un modello che raggruppa in un’unica realtà i due organismi».
Al Garante, in ogni caso, non si può chiedere l’impossibile. «Si pensi a internet —ha sottolineato
Pizzetti —. Stiamo terminando un codice di autodisciplina per l’Italia. Sta di fatto però che quasi tutti
gli operatori hanno sede in altri Stati e sarà dura pretendere l’adesione alle norme italiane». L’Authority
ha anche messo a punto il documento sull’autorizzazione generale per l’utilizzo dei dati genetici per
fini di ricerca scientifica. Sarà pubblicato nelle prossime settimane. La sfida del Garante resta
comunque quella di «tenere il passo della tecnologia e aiutare chi gestisce i processi che controllano le
telecomunicazioni». Pizzetti infatti riserva un’ultima stoccata agli operatori telefonici: «Va riconosciuto
lo sforzo economico e tecnologico che stanno compiendo per elevare la sicurezza dei propri database.
Ma non va dimenticata l’emergenza che il Paese ha vissuto a causa dell’attività di dossieraggio
effettuata da dipendenti in malafede delle stesse aziende telefoniche o da terzi che hanno violato
ripetutamente i loro sistemi». Marco Bellinazzo
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IL SOLE 24 ORE
Ordinamento
Cancellato il corso— concorso
Ultimi ritocchi all’ordinamento giudiziario. Nell’ultima versione del testo, ieri all’esame del
preconsiglio dei ministri è scomparso il corso-concorso, cioè il canale di accesso alternativo in
magistratura destinato ai laureati più meritevoli. Come è stato cancellato il ritorno al sistema
proporzionale sulla base di liste contrapposte per l’elezione dei consiglieri togati del Csm (che
aumentano a 20). Resta fermo in via generale il principio che il concorso in magistratura diventa di
secondo grado: non basta la laurea ma bisogna essere in possesso di un titolo derivante dal superamento
di una valutazione precedente (come per esempio quella di avvocato, dirigente dello Stato, giudice di
pace). Ma un’eccezione viene fatta dal nuovo testo per i laureati in giurisprudenza che abbiamo
riportato una votazione complessiva agli esami sostenuti nell’intero corso di studio (se quinquennale)
pari a 28 trentesimi o un voto di laurea non inferiore a 107 centesimi (nel caso di corso quadriennale):
per loro l’ammissione al concorso sarà diretta.
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IL SOLE 24 ORE
Assicurazioni. A un mese dal debutto della nuova procedura per i sinistri le principali compagnie
dichiarano tempi medi di risarcimento in 11 giorni
Partenza sprint per l’indennizzo diretto
Le richieste già arrivate sono 97 mila e le pratiche liquidate superano quota 12 mila
Liquidato in soli 20 minuti grazie all’indennizzo diretto. A un mese dalla partenza della nuova
procedura per i risarcimenti Rc auto, la competizione tra compagnie assicurative si misura proprio sui
“casi” da mettere in vetrina. Per i più veloci i tempi di definizione della pratica varino da meno di
mezz’ora a una settimana. La solerzia con cui le compagnie chiudono le pratiche più semplici diventa
in alcuni casi un messaggio pubblicitario e si scopre così che l’iter per risolvere un sinistro può essere
davvero rapido. Non così semplice invece è risultato raccogliere tutte le informazioni sulle nuove
pratiche di liquidazione: Il Sole- 24 Ore del Lunedì ha cercato di tracciare un primo bilancio delle
richieste di indennizzo diretto trasmesse alle compagnie nel mese di febbraio e delle pratiche già
liquidate. Le piccole compagnie non sono ancora in grado di tenere il passo delle più grandi nella
registrazione dei numeri e nel monitoraggio delle pratiche e l’estrema novità delle procedure non
consente ancora la lettura di dati definitivi. «Per poter fare un serio bilancio sul funzionamento
dell’indennizzo diretto — spiega Vittorio Verdone, direttore auto dell’Ania, l’Associazione nazionale
fra le imprese assicurative —è necessario almeno un anno. Dalla rilevazione del flusso di informazioni
dei sinistri, però, abbiamo già conteggiato 88 mila denunce con indennizzo diretto». La macchina delle
“procedure accelerate” dunque è già partita e i numeri lo confermano. Le compagnie che coprono il
90% del mercato registrano infatti più di 97 mila richieste con la nuova procedura nel solo mese di
febbraio. Per più di 12 mila pratiche è già stato liquidato il danno, con un tèmpo medio di 11giorni. Un
buon risultato se si pensa che attraverso questa modalità si dovrebbero trattare il 90% dei sinistri, per un
valore del 70% dell’importo totale pagato dalle assicurazioni. «Crediamo molto nell’indennizzo
diretto— aggiunge Verdone—e stiamo concentrando i nostri sforzi su una campagna di informazione
diretta agli utenti per allargare il numero di utilizzatori di questa procedura. La nuova normativa non è
ancora chiara a tutti e il nostro obiettivo è far capire all’automobilista che è sempre obbligatorio
rivolgersi al proprio assicuratore e che in caso di accordo tra le parti è importante apporre la doppia
firma sul Modulo blu. In questo modo si semplifica la liquidazione del danno, perché la responsabilità è
accertata». Non sempre succede che gli automobilisti siano d’accordo sulla dinamica dell’incidente. Nel
2005 infatti sono stati ben 320 mila i ricorsi al giudice di pace perla liquidazione dei sinistri auto. E le
contestazioni seguono un trend di crescita: dal 1999 al 2005 le cause per mancato accordo tra le parti
sono aumentate del 50 per cento. E complessivamente, secondo gli ultimi dati Isvap, nel 2005, per i
sinistri auto, sono stati pagati più dì 14 miliardi di euro. Attraverso l’indennizzo diretto l’Isvap stima un
calo dei prezzi delle polizze auto pari al 5% grazie ai minori costi per il contenzioso a carico delle
imprese. Per potenziare il servizio molte compagnie hanno istituito numeri verdi “dedicati” per
rispondere alle richieste degli automobilisti. Altre hanno aperto call center per supportare la rete di
agenti nella pratica delle nuove liquidazioni:Tutte hanno comunque dovuto intervenire sulle procedure
informatiche e sull’organizzazione del lavoro. Solo tra un anno, dunque, si potranno valutare i vantaggi
economici per le compagnie e per i loro assicurati. Rosalba Reggio
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IL SOLE 24 ORE
Gli incidenti a due
Definizione
L’indennizzo diretto è la nuova procedura di risarcimento peri sinistri stradali, in vigore dal 1° febbraio
2007. Permette al danneggiato non responsabile — o responsabile in parte—di essere liquidato dal
proprio assicuratore
Applicazione
Può essere applicato in caso di incidente fra due veicoli a motore; entrambi i veicoli devono avere targa
italiana, essere identificati e regolarmente assicurati
Danni risarcibili
I danni al veicolo nonché quelli connessi al suo utilizzo (fermo tecnico, traino); le lesioni lievi (fino a 9
punti di invalidità permanente) subite dal conducente; i danni alle cose trasportate dell’assicurato o del
conducente. Peri danni subiti dai passeggeri la richiesta d’indennizzo va presentata all’assicuratore del
veicolo sul quale viaggiavano
Iter d’attivazione
Il danneggiato presenta alla propria compagnia (per raccomandata Ar, lettera a mano, telegramma,fax o
mail)la denuncia del sinistro— utilizzando il Modulo blu — e la richiesta di risarcimento. La denuncia
è obbligatoria anche se si ha torto
Dati nel Modulo blu
Il Modulo blu serve ad attivare la procedura Card (Convenzione tra assicuratori penI risarcimento
diretto). Queste le informazioni essenziali: targhe; nomi assicurati; codice fiscale; nome compagnie;
modalità e data incidente; firma possibilmente di entrambi; generalità di eventuali testimoni; eventuale
intervento agenti; modalità per visionare il mezzo. Ulteriori notizie sono da fornire in caso di lesioni
Risposta della compagnia
La compagnia comunicherà la sua offerta o i motivi per cui ritiene di non risarcire il danno in:30 giorni
per danni al veicolo o a cose se il Modulo blu è firmato da entrambi i conducenti o assicurati coinvolti;
60 giorni in assenza di modulo con doppia firma; 90 giorni in caso di lesioni al conducente
Pagamento dell’indennizzo
Dopo la comunicazione della somma offerta la compagnia deve procedere al pagamento entro i 15
giorni successivi
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Violenza e risse in condominio, le colpe del Codice
di Paolo Alvigini - Vicepresidente Unione Camere Civili
Le cronache di questi ultimi periodi hanno riportato prepotentemente alla ribalta l’antico problema della
convivenza nei fabbricati condominiali. I fatti di Erba o l’assassinio a Riccione dell’amica dei delfini”,
ad opera di un vicino disturbato dall’abbaiare dei suoi cani, costituiscono solo la punta, clamorosa e
terribile, dell’iceberg di intolleranza, di violenza e di illegalità che si nasconde dietro le mura dei
fabbricati delle nostre città. E non è un caso se, per una questione di parcheggio, per la musica a volume
eccessivo, per un cane che latra, per giochi di bimbi fragorosi, per gli orari di un pubblico esercizio non
rispettati e così via, si viene alle mani, o peggio. La prima colpa va attribuita senza meno all’inciviltà di
chi non si preoccupa di rispettare le regole di buon vicinato, ed alla mancanza di dialogo tra condomini.
Il secondo addebito va mosso a quei costruttori che, evidentemente preoccupati di ottenere il massimo
realizzo economico dalle vendite, non rispettano le normative di legge in materia di insonorizzazione e
coibentazione. Ma la responsabilità principe di tante tragedie e di tante sofferenze — perché ad ogni
evento che finisce sui quotidiani ne corrispondono centinaia di altri rimasti sconosciuti ai più — è del
legislatore. La legge italiana, infatti, a differenza di quanto si verifica in altri Paesi civilizzati, non si
cura di salvaguardare la sicurezza del cittadino, condomino o meno ma comunque residente in un
fabbricato con più unità, avendo per contro come unico riferimento la proprietà e la sua tutela.
Tale impostazione, derivante dal diritto romano, prevede meccanismi celeri e cogenti per il pagamento
delle spese comuni, per la salvaguardia del decoro architettonico del fabbricato, disciplina
rigorosamente la validità delle delibere, ma si mostra assolutamente latitante circa le regole
comportamentali da osservarsi nell’ambito della convivenza. Il regolamento condominiale, quando
esiste, non serve a nulla non rinvenendosi strumenti atti a farlo rispettare mentre l’amministratore non
ha potere alcuno di intervento, neppure nei casi più clamorosi. Tutta la disciplina codicistica evita
accuratamente di entrare nelle case dei condomini, limitandosi a dettare regole circa le parti comuni,
salvo i poi non fornire gli strumenti per rendere efficaci almeno queste ultime: le liti tra condomini non
sono “condominiali” e quindi fuoriescono dalla stessa codificazione in materia; né, d’altro canto, il
legislatore ha emanato disposizioni capaci di rendere giustizia delle malefatte dei maleducati e dei
violenti. Il disturbo della quiete pubblica, le immissioni moleste di fumi e di odori, gli abusì sulle parti
comuni del fabbricato, il getto di cose e le altre pessime abitudini nei condomini non trovano sanzione
adeguata. Da tempo si sta progettando una riforma della legislazione condominiale, ma senza che
alcuno dei disegni di legge sin qui proposti tenga nel minimo conto le considerazioni di cui sopra, e
nemmeno di altre che pure sono emerse forti in questi anni a seguito della rovina di fabbricati, di
ascensori che si trasformano in trappole mortali. L’occasione è dunque propizia per avviare una seria
riflessione su quale condominio vogliamo per il futuro; se un assieme di unità immobiliari o invece un
luogo ove la gente vive o lavora: due filosofie diverse che preludono a regole diverse.
Prima di affrontare la discussione parlamentare sarebbe dunque opportuno promuovere un confronto su
questi temi che interessano la stragrande maggioranza dei cittadini italiani e che involgono non solo
interessi economici enormi, ma anche, e soprattutto, il civile convivere.
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
IL SOLE 24 ORE
Il giudizio di appello ritorna a tutto campo
In secondo grado il ricorso con riesame delle prove
La Cassazione mette a punto la ricetta per affrontare il ritorno all’appellabilità da parte del Pm delle sentenze di
assoluzione. Con un’ordinanza e una notizia provvisoria la Corte è intervenuta per dare soluzione a due casi
rimasti aperti dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato l’incostituzionalità del punto qualificante della
legge Pecorella: l’impossibilità per la pubblica accusa di proporre appello davanti a una pronuncia di
assoluzione, rimanendo invece sempre possibile il ricorso in Cassazione. Con notizia provvisoria depositata il 26
febbraio dalla Sesta sezione penale è stata innanzitutto riconosciuta una portata estensiva della dichiarazione di
incostituzionalità, affermando che questa si allarga alla sentenza di non luogo a procedere pronunciata al termine
dell’udienza preliminare. Era infatti ancora controverso se il dispositivo della sentenza n. 26 della Corte
costituzionale potesse comprendere anche questa fattispecie, oltre a quella classica della ordinanza di
inammissibilità emessa dal giudice di appello nella fase precedente l’entrata in vigore della legge Pecorella per
quanto riguarda la sola assoluzione nel merito. Ora, visto che la notizia provvisoria non ne fa cenno e bisognerà
leggere con attenzione le motivazioni, è difficile prevedere se potrà rivivere l’appello inizialmente proposto e
giudicato inammissibile oppure se gli atti alla base del ricorso in Cassazione verranno trasmessi alla Corte
d’appello. Dalla Cassazione sinora non sono arrivare indicazioni univo- che ed è rimasta irrisolta l’incertezza sul
caso della trasmissione degli atti dalla Cassazione alla Corte d’appello, con quest’ultima chiamata a pronunciarsi,
in assenza di un recupero dell’appello, su un perimetro di motivi più ristretto del consueto perché limitato alla
sola legittimità. L’ordinanza n. 8080 della Terza sezione penale, depositata il 27 febbraio, affronta invece la
situazione “strutturale” e non più quella limitata alla fase transitoria che aveva preceduto l’entrata in vigore della
legge Pecorella. In questo caso non esiste il dubbio su un appéllo da fare rivivere o meno, perché un appello non
è stato neppure presentato (non si poteva). Non è stata pronunciata quindi un’ordinanza di inammissibilità da
annullare e la Cassazione precisa che la sentenza della Corte costituzionale ha avuto come effetto immediato
quello di rendere nuovamente appellabile la sentenza di primo grado. Con la conseguenza che gli effetti
dell’impugnazione del pubblico ministero, che aveva proposto ricorso in Cassazione, sono stati analizzati alla
dell’articolo 569 del Codice di procedura penale sui ricorsi «per saltum» (quei ricorsi cioè presentati saltando la
pur possibile presentazione dell’appello). Il passaggio successivo è stato quello di osservare che, essendo state
proposte dalla pubblica a4ccusa ampie censure sulla valutazione delle prove, il ricorso «per saltum» non era
consentito, mentre era invece imposta la sua trattazione come appello davanti al competente giudice di secondo
grado. Giovanni Negri
I chiarimenti
La fase transitoria Nel caso di ordinanza di inammissibilità dell’appello del Pm e di successiva
presentazione del ricorso in Cassazione prima dell’entrata in vigore della legge Pecorella, l’ordinanza viene
annullata e, secondo un primo orientamento, gli atti relativi al ricorso passano alla Corte d’appello, mentre un
secondo indirizzo prevede il recupero dell’appello originariamente proposto, sul quale sarà chiamata a
pronunciarsi la competente Corte d’appello; inoltre la dichiarazione di incostituzionalità si applica anche al caso
del non luogo a procedere emesso al termine dell’udienza preliminare
La piena operatività Dopo l’entrata in vigore della legge,invece,la dichiarazione di incostituzionalità ha come
effetto quello di convertire in appello quei ricorsi che sollecitava no una valutazione delle prove
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