2 - Ordine degli Avvocati di Trani

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2 - Ordine degli Avvocati di Trani
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
2 Settembre 2005
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag.3 ASSICURAZIONI: Codice al via (il sole 24 ore)
Pag.5 ASSICURAZIONI: Indennizzo diretto per i danni in auto (italia oggi)
Pag.6 ASSICURAZIONI:: Cota:« Rc auto, tagli da 2 mld » (il sole 24 ore)
Pag.7 ASSICURAZIONI: Pieno regime a partire dal 2008 (il sole 24 ore)
Pag.8 ASSICURAZIONI:: Meno burocrazia e più ispezioni
Pag.9 FALLIMENTI: Stop al registro falliti (italia oggi)
Pag.10 CORTE DEI CONTI: Le riscossioni restano al palo (il sole 24 ore)
Pag.11 CORTE DEI CONTI: Spese di giustizia - Flop dei recuperi (italia oggi)
Pag.12 TARIFFE: L'Italia scrive all'Ue (italia oggi)
Pag.13 PROFESSIONI: Professioni in cerca di una riforma
di Pierluigi Mantini (italia oggi)
Pag.15 EUROPA: Condanne non eseguite, Italia record (il sole 24 ore)
Pag.17 INTERCETTAZIONI: Oggi discussione in Consiglio Nella bozza Ghedini
(Fi) pene più severe contro gli abusi (il sole 24 ore)
Pag.18 INTERCETTAZIONI:Intercettazioni a prova di garanzia (italia oggi)
Pag.19 INTERCETTAZIONI: All'Italia il primato di « ascolto » nella Ue
(il sole 24 ore)
Pag.20 LA POLEMICA: Le critiche di Castelli, le conferme del « Sole »
(il sole 24 ore)
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IL SOLE 24 ORE
CONSIGLIO DEI MINISTRI • Atteso questa mattina l'ultimo « sì » al testo di riordino del settore
Assicurazioni, Codice al via
All'interno le norme sull'indennizzo diretto e maggiori strumenti di controllo per l'Isvap
ROMA • Da un lato, " sfrondare" un settore afflitto da una selva normativa. Dall'altro, innestare più
trasparenza nei rapporti tra assicurati e compagnie, attraverso il sistema dell'indennizzo diretto ma
anche del rafforzamento del ruolo ispettivo e sanzionatorio dell'Isvap.
Su queste premesse è atteso per stamane, sul tavolo del Consiglio dei ministri, l'esame del Codice
delle assicurazioni che punta a ridisegnare la disciplina di settore. Anche se i tempi non saranno
brevi.
L'entrata in vigore delle nuove regole è infatti prevista dal 1 ? gennaio 2006, ma, da tale data,
potranno trascorrere 24 mesi prima dell'adozione dei provvedimenti regolamentari. Dunque, in molti
casi, gli effetti si dispiegheranno dal 2009.
La fisionomia del Codice. Un testo imponente — 19 titoli e 355 articoli anticipati ieri dall'agenzia
di stampa Radiocor — riordinati in un decreto legislativo che trae legittimazione dall'articolo 4 della
legge delega n. 229/ 2003. La stessa norma che da tempo sino al 9 settembre 2005 per
l'approvazione del Codice. Da quì, l'esame del Consiglio dei ministri in tempi stretti. Un codice che
si propone come " Testo unico" in cui confluiscono tutte le leggi in materia, alcune in vigore dagli
anni' 20, tranne le norme sui contratti di assicurazione e di riassicurazione rimaste nel Codice civile.
Il primo titolo riguarda le disposizioni generali, mentre quello successivo tocca « l'accesso
all'attività assicurativa » , limando gli ostacoli burocratici all'accesso di nuove imprese. Il titolo
terzo disciplina « l'esercizio dell'attività assicurativa » ; il quarto riguarda le disposizioni per «
particolari mutue assicurative » . Il titolo quinto disciplina « l'accesso all'attività riassicurativa » , il
cui esercizio è regolato dal titolo successivo. Le norme del titolo settimo riguardano « assetti
proprietari e gruppo assicurativo » col riordino della disciplina sulle partecipazioni al capitale e gli
investimenti partecipativi in altre imprese. Il titolo ottavo disciplina il bilancio e le scritture
contabili, il nono « intermediari di assicurazione e riassicurazione » . Il titolo decimo è dedicato
all'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore ed i natanti » . Il meccanismo dell'indennizzo
diretto è previsto dall'articolo 149, che lo limita « ai sinistri in cui sono coinvolti solo due veicoli per
le lesioni personali di lieve entità » .
Mentre il successivo articolo 150 ne prevede il funzionamento tramite un Dpr su proposta delle
Attività produttive. L'undicesimo disciplina « particolari operazioni assicurative » , il dodicesimo le
« norme relative ai contratti » . Il titolo tredicesimo interviene su « trasparenza e correttezza » nei
rami danni e vita, con obblighi informativi che devono prendere a modello il testo unico della
finanza. Il titolo quattordicesimo riguarda la « vigilanza sulle imprese e sugli intermediari » ,
adeguando peraltro la disciplina al nuovo diritto societario. E ancora, il quindicesimo tratta la «
vigilanza supplementare sulle imprese di assicurazione » , il sedicesimo le « misure di salvaguardia,
risanamento e liquidazione » , il diciassettesimo i « sistemi di indennizzo » . Infine, il diciottesimo è
dedicato a « sanzioni e procedimenti sanzionatori » , mentre l'ultimo, il diciannovesimo, illustra le
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disposizioni transitorie e finali. E fissa, tra l'altro, l'entrata in vigore del codice al 1°gennaio 2006 e
24 mesi, da tale data, per l'adozione dei regolamenti attuativi.
Indennizzo diretto. Si tratta di una procedura di indennizzo veloce. L'assicurato da risarcire dovrà
rivolgersi direttamente alla compagnia di cui è cliente, che poi si rivarrà sulla compagnia che
assicura il responsabile del danno. E gli avvocati potranno entrare in scena solo in caso di mancato
accordo tra assicurato e compagnia sul risarcimento. Secondo l'Antitrust ( si veda « Il Sole 24Ore »
del 2 agosto) « Un sistema di indennizzo diretto permette l'instaurazione di un rapporto tra impresa
di assicurazione e cliente senza ricorrere agli avvocati. Ciò dovrebbe consentire un contenimento dei
costi dei risarcimenti, con riduzione dei premi di polizza » . Sul punto, l'Ania resta cauta e pone
come condizione che il nuovo sistema consenta un'effettiva riduzione dei costi anche per le
compagnie. Contrarie, invece, le rappresentanze dei legali. Per Michelina Grillo, presidente
dell'Oua ( Organismo unitario dell'avvocatura) « l'indennizzo rappresenta un danno per i
cittadini, poiché i risarcimenti ottenuti senza assistenza sono sempre palesemente inferiori » ,
aggravando l'asimmetria tra cliente e compagnia.
Isvap più forte con le società. Le nuove misure prospettano maggiori poteri per l'Isvap, estesi sulle
holding che controllano « direttamente o indirettamente » le compagnie assicurative. In base al
testo, « ai fini di vigilanza » il gruppo assicurativo è composto « dall'impresa di assicurazione e
riassicurazione italiana capogruppo » e dalle sue controllate o « dall'impresa italiana di
partecipazione assicurativa o riassicurativa capogruppo » e dalle sue controllate. Sono escluse le
società che esercitano attività bancaria e quelle impegnate in attività di intermediazione finanziaria.
L'Isvap accerta che « lo statuto della capogruppo non contrasti con la sana e prudente gestione del
gruppo » . Alle capogruppo vengono estesi i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza
previsti nelle imprese assicurative per chi riveste un ruolo di amministrazione, direzione o controllo.
Viene istituito l'Albo delle capogruppo, con la possibilità per l'Isvap di accertamenti e iscrizioni
d'ufficio.
E vengono estesi i poteri di indagine e ispezione, previsti per tutte le società del gruppo assicurativo
e per i titolari di partecipazioni. Un « Testo unico » che sintetizza l'intera disciplina in materia.
Laura Cavestri
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ITALIA OGGI
Indennizzo diretto per i danni in auto
Arriva l'indennizzo diretto per i danni subiti negli incidenti automobilistici. Oggi il governo
approverà, dopo una serie di rinvii, il codice delle assicurazioni (frutto della delega ex art. 4 della
legge 229/2003), che estenderà il Cid (la conciliazione amichevole tra gli automobilisti)
obbligatoriamente a tutti i sinistri che avvengono sulle strade. Così, in caso di incidente, il
danneggiato non dovrà più rivolgersi all'assicurazione di chi ha procurato il danno ma, più
semplicemente, alla sua. Questa, valutata l'entità del danno, liquiderà direttamente la somma dovuta
e regolerà i conti successivamente con la compagnia del responsabile. Un'innovazione che
comporterà tempi più stretti per la conclusione delle pratiche assicurative (il risarcimento sarà
disponibile al massimo 15 giorni dopo l'accettazione dell'offerta) e, soprattutto, consentirà un giro di
vite alle truffe molto frequenti nel settore. Sarebbe proprio questo il principale obiettivo che il
governo intende raggiungere con l'approvazione delle nuove regole, perché per questa via è
possibile raggiungere una sensibile riduzione delle tariffe pagate per la rc auto. Il sottosegretario alle
attività produttive, Roberto Cota, proponente delle norme, è sicuro dell'effetto calmierante sui premi
assicurativi: ´A fronte di una serie di provvedimenti legislativi in materia, abbiamo già ottenuto un
impegno per una riduzione dei prezzi da parte delle compagnie'.
L'indennizzo diretto dopo aver ottenuto l'appoggio delle assicurazioni, e il sostanziale via libera
dell'Antitrust, è visto di buon occhio anche dalle associazioni dei consumatori. L'Adiconsum è
convinta che a regime la riforma sarà in grado di garantire risparmi tra il 10 e il 15% sulle tariffe rc
auto. Di segno opposto le reazioni dei professionisti del settore, che temono di perdere parte del loro
giro d'affari. (riproduzione riservata) Filippo Caleri
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IL SOLE 24 ORE
Gli effetti / Parla il sottosegretario Roberto Cota
« Rc auto, tagli da 2 mld »
MILANO • Una « vera riforma » del sistema assicurativo, con due obiettivi principali: introdurre
norme di « assoluta trasparenza e garanzia » per il mercato delle assicurazioni, e tagliare « costi
inutili » per strappare alle compagnie una riduzione « del 10 15% » delle tariffe Rc Auto.
Il sottosegretario alle Attività produttive, Roberto Cota, illustra così all'agenzia Radiocor i contenuti
del nuovo Codice delle assicurazioni private che va oggi all'esame del Consiglio dei ministri. « Non
un Codice compilativo — ha detto Cota — ma una riforma vera, che incide a fondo, porta più
garanzia e trasparenza nel mercato, semplifica le procedure, taglia costi inutili che pesano sulle
tariffe » . Il risparmio tra il 10 ed il 15%, indicato come obiettivo del Governo, corrisponde (
considerando che nel 2004 nel ramo danni Rc auto le compagnie italiane hanno incassato 18,062
miliardi), ad un taglio tra 1,8 e 2,7 miliardi l'anno a regime. « È aritmetica. È giusto parlare — ha
proseguito Cota — di risparmi tra il 10 ed il 15%, io direi più intorno al 15 per cento » . Il Governo
punta su un forte risparmio per gli assicurati, ed intende metterlo nero su bianco.
« Nel decreto attuativo ci sarà anche l'indicazione analitica dei benefici, dei risparmi, perchè ci sia
maggiore chiarezza sul fatto che è una riforma tutta orientata a vantaggio dei cittadini. Il decreto
indicherà gli impegni che le compagnie di assicurazione si assumono in termini di riduzione delle
tariffe » . Accanto a « qualche piccola limatura » dell'ultima ora, indica Cota, l'impianto del Codice
« è tutto confermato » . Il Governo resta fermo sull'introduzione del meccanismo dell'indennizzo
diretto, che, per i risarcimenti, esclude mediazioni dal primo confronto tra assicurati e compagnie.
Una novità che non è piaciuta agli avvocati. « Possono stare tranquilli — ha replicato il
sottosegretario — si tratta soltanto di non creare inutile burocrazia quando il risarcimento può essere
fatto velocemente. Se poi non c'è accordo, interviene l'avvocato » . Secondo Cota, dunque, il pregio
principale della riforma è che « sarà a vantaggio degli assicurati » . Per esempio, conclude, « nuove
regole, come quelle che garantiscono la restituzione del premio residuo, nel caso di auto vendute, o
rubate » . Il nuovo codice interviene, infine, anche sulle regole per il mercato e la vigilanza sul
settore, per conferire « trasparenza assoluta al sistema assicurativo » .
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IL SOLE 24 ORE
DENTRO IL DECRETO/ 1
Pieno regime a partire dal 2008
Il decreto. Il decreto legislativo che contiene il « Codice delle assicurazioni private » sarà
esaminato oggi dal Consiglio dei ministri.
È istituito ai sensi dell'articolo 4 della legge 229 del 29 luglio 2003 ( legge di semplificazione 2001).
Il riordino dovrà inoltre coordinare la normativa nazionale con le disposizioni comunitarie e gli
accordi internazionali Y Oltre 300 articoli. Il decreto legislativo si compone di 355 articoli collocati
in 19 Titoli. Questi gli argomenti: — disposizioni generali e definizioni ( Titolo I); — accesso
all'attività assicurativa ( II); — esercizio dell'attività assicurativa ( III); — disposizioni relative a
particolari mutue assicurative ( IV); — accesso all'attività riassicurativa ( V); — esercizio
dell'attività riassicurativa ( VI); — assetti proprietari e gruppo assicurativo ( VII); — bilancio e
scritture contabili ( VIII); — intermediari di assicurazione e riassicurazione ( IX); — assicurazione
obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti ( X); — disposizioni per particolari operazioni
assicurative ( XI); — norme relative ai contratti di assicurazione ( XII); — regole di trasparenza e
correttezza nei rami danni e nei rami vita ( XIII); — vigilanza sulle imprese e sugli intermediari
(XIV); — vigilanza supplementare sulle imprese di assicurazione ( XV); — misure di salvaguardia,
risanamento e liquidazione ( XVI); — sistemi di indennizzo ( XVII); — sanzioni e procedimenti
sanzionatori ( XVIII); — disposizioni tributarie, transitorie e finali ( XIX) Y Entrata in vigore.
L'entrata in vigore del provvedimento è prevista per il 1 ? gennaio 2006; da quella data, ci saranno
24 mesi di tempo per l'adozione dei regolamenti attuativi Due anni di tempo dal 1 ? gennaio per i
regolamenti
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IL SOLE 24 ORE
DENTRO IL DECRETO/ 2
Meno burocrazia e più ispezioni
Indennizzo diretto. Lo schema di decreto legislativo conferma l'introduzione del nuovo
meccanismo dell'indennizzo diretto, pensato per tagliare i costi della Rc Auto, e quindi consentire
una riduzione delle tariffe.
Si tratta di una procedura veloce basata sul rapporto diretto tra l'assicurato e la propria compagnia.
L'assicurato da risarcire dovrà rivolgersi direttamente alla compagnia di cui è cliente, che poi si
rivarrà sulla compagnia che assicura il responsabile del danno. E gli avvocati potranno entrare in
scena solo in un secondo momento, se non si sarà raggiunto un accordo tra assicurato e compagnia
sul risarcimento, al termine dell'iter ordinario.
Secondo l'Esecutivo ( ma anche l'Antitrust e le associazioni dei consumatori) la procedura accelerata
servirà a eliminare tempi burocratici ma soprattutto a risparmiare denaro, tagliando sino al 10 15% i
costi delle polizze Rc auto. Per le rappresentanze degli avvocati, invece, l'indennizzo rappresenta un
danno per i cittadini, poiché i risarcimenti ottenuti senza assistenza sono sempre palesemente
inferiori al dovuto
Isvap. I poteri dell'Isvap vengono estesi sulle holding che controllano « direttamente o
indirettamente » le compagnie assicurative.
« Ai fini di vigilanza » il gruppo assicurativo è composto dall'impresa di assicurazione e
riassicurazione italiana capogruppo e dalle sue controllate o dall'impresa italiana di partecipazione
assicurativa o riassicurativa capogruppo e dalle sue controllate. Sono escluse le società che
esercitano attività bancaria e quelle impegnate in attività di intermediazione finanziaria. L'Isvap
accerta che « lo statuto della capogruppo non contrasti con la sana e prudente gestione del gruppo »
. Viene istituito l'Albo delle capogruppo, con la possibilità per l'Isvap di accertamenti e iscrizioni
d'ufficio. Poteri estesi anche in materia di indagine e ispezione, previsti per tutte le società del
gruppo assicurativo, e anche per i titolari di partecipazioni Y Informative più chiare. Previsti
obblighi di maggiore chiarezza e trasparenza nelle polizze e il rimborso per premio residuo in caso
di furto o vendita dell'auto Avvocati: « Possibili risarcimenti non sufficienti ».
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ITALIA OGGI
FALLIMENTI / Le novità contenute nel decreto di riforma
Stop al registro falliti
Concordato anche a istanza di terzi
Addio al registro pubblico dei falliti. Scompariranno dalla cancelleria dei tribunali italiani i registri
nei quali tuttora sono iscritti i nomi di chi è stato dichiarato fallito dal tribunale. È questa una delle
principali novità contenute nella riforma del fallimento, elaborata dai tecnici del ministero della
giustizia guidati dal sottosegretario Pasquale Giuliano e dell'economia sotto la direzione di Michele
Vietti, in collaborazione con palazzo Chigi (si veda ItaliaOggi di ieri). Con il venir meno delle
iscrizioni a seguito della sentenza del giudice, scompare quindi anche tutta la procedura di
riabilitazione del fallito. Non solo. La nuova regola sancisce anche il venir meno degli obblighi di
residenza e corrispondenza a carico del fallito. Oggi, infatti, secondo gli articoli 48 e 49 della
disciplina in vigore (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) la corrispondenza del fallito arriva al
curatore, al quale il fallito peraltro deve comunicare ogni spostamento dalla propria residenza.
Grazie al nuovo articolato, invece, sarà direttamente l'imprenditore a consegnare al curatore la
corrispondenza, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento.
L'inosservanza di queste disposizioni gli impedirà di essere ammesso al beneficio dell'esdebitazione.
Ovvero la liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti.
Nell'ottica di considerare il fallimento uno strumento di tutela dell'impresa che ne mantenga integra
l'identità e i posti di lavoro, la nuova disciplina amplia i casi d'esercizio provvisorio dell'impresa. Se
finora è autorizzato dal giudice solo quando si tratta di evitare danni, in futuro sarà possibile
chiederlo anche quando ci sia un'utilità per gli stessi creditori. Stessa cosa per il concordato
fallimentare, istituto che consente la chiusura del fallimento grazie a un accordo con i creditori
privilegiati e chirografari. Dopo la riforma potrà essere richiesto non solo dal debitore, ma anche da
terzi.
Ma le novità in arrivo dai dicasteri guidati da Roberto Castelli e Domenico Siniscalco riguardano
tutta la procedura che nella nuova versione è improntata alla massima celerità. Scomparirà la
possibilità di fare opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento.
Le nuove regole, infatti, lasceranno solo la carta del ricorso in appello. Ma l'impugnazione è esclusa,
durante tutta la fase endoprocedimentale, pure contro qualsiasi pronuncia sullo stato passivo del
fallimento e tutti i reclami ammessi saranno sottoposti alla medesima procedura. Paletti più rigidi
anche per i giudici delegati. Nei giudizi sui nuovi fallimenti questi ultimi non potranno fare parte dei
collegi che giudicano sulle cause d'impugnazione, riguardanti le procedure di cui sono responsabili.
(riproduzione riservata) Chiara Cinti
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IL SOLE 24 ORE
CORTE DE I CONTI
Le riscossioni restano al palo
Nel 2003 il sistema giustizia ha recuperato il 30% dei crediti accertati
ROMA • La macchina della giustizia non riesce a incassare.
Nel 2003, solo il 30 per cento dei crediti accertati è stato recuperato e quello stesso anno la
percentuale di copertura delle spese è stata del 9,94% rispetto alle entrate: i pagamenti hanno cioè
superato i 505 milioni mentre le riscossioni si sono fermate a 50. Nel periodo 2001 2003 la
copertura è stata del 18 per cento.
A fare il quadro della situazione è la Corte dei conti, nella relazione su « Incongruenze, ritardi e
carenze nei recuperi delle spese di giustizia » . Le cifre dimostrano i ritardi e le difficoltà nell'attuare
le procedure di spesa e la riorganizzazione degli uffici giudiziari e finanziari contenute nel Testo
unico adottato tre anni fa per riordinare la materia ( Dpr 115/ 02).
La relazione sottolinea che « si è rivelata critica la presenza delle spese telefoniche relative alle
intercettazioni di giustizia, i cui rilevanti importi hanno assunto un andamento ulteriormente
crescente negli esercizi oggetto della presente rilevazione. Per esse, il Ministero della Giustizia
dichiara di aver avviato una attività di razionalizzazione e contenimento, sul versante dei costi
economici, con miglioramenti derivanti dalla contrattazione di nuove convenzioni con le società
telefoniche fornitrici » . I problemi nel controllo e nel recupero delle spese, secondo i magistrati
contabili, hanno varie cause: articolazione delle fasi e procedure, ripartite fra soggetti pubblici e
privati; caratteristiche della spesa, legata in gran parte alle mutevoli esigenze processuali; credito
erariale costituito dai recuperi delle spese di giustizia, con riguardo alla sua concreta possibilità di
esazione. La soluzione, si sottolinea, sta « nella necessità di una azione meglio coordinata, più
incisiva e più tempestiva dei vari soggetti agenti nel settore programmazione e controllo della spesa
e nel settore della riscossione dei crediti di giustizia » .
Dopo la riforma, il pagamento avviene attraverso il circuito degli uffici postali e dei concessionari,
ma « anche in questo caso con rilevate disfunzioni in ordine alla formazione di un cospicuo debito
derivante da residui di pagamenti compiuti in precedenti esercizi » . Un altro aspetto critico è la
mancata formulazione di previsioni sia per le entrate che per le spese, per la loro « dichiarata "
imprevedibilità", connaturata alla particolarità dell'attività giudiziaria e del suo autonomo
svolgimento in relazione alle caratteristiche dell'azione penale e alle esigenze di ciascun singolo
procedimento processuale » .
Dai dati forniti dall'agenzia delle Entrate, aggiornati al 31 marzo 2005, risultano, inoltre, giacenti
presso gli uffici locali e ancora da iscrivere a ruolo oltre 164mila atti per un importo di quasi 103,3
milioni. Sulle uscite pesano le intercettazioni.
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ITALIA OGGI
La Corte dei conti sulla riscossione
Spese di giustizia - Flop dei recuperi
Recuperi delle spese di giustizia in squilibrio finanziario e senza un preciso monitoraggio che accerti le
potenzialità delle specifiche voci di entrata. Capacità di riscossione inferiore al dato di previsione. Copertura
delle spese non corrispondente alla legge di contabilità dello stato. A due anni dall'entrata in vigore della
riforma relativa al riordino della materia relativa alle spese di giustizia, con il T.u. 115/2002, gli aspetti di
innovazione relativi alla revisione delle procedure e delle modalità organizzative degli uffici presentano
tuttora ritardi e difficoltà di attuazione, così come non si è ancora sviluppato un pieno feeling tra le
amministrazioni interessate, la giustizia e le finanze, che si riverbera in una difficoltà nel reperire i dati
quantitativi e documentali utili a una tempestiva e corretta ricognizione delle rilevazioni contabili, statistiche
e finanziarie. Queste le considerazioni contenute nella relazione della Corte dei conti, sezione centrale di
controllo sulla gestione dello Stato, avente per oggetto l'indagine sulle ´incongruenze, ritardi e carenze nei
recuperi delle spese di giustizia', pubblicata il 1° settembre 2005 con la delibera n. 19/2005, con la quale è
stato osservato il triennio 2001-2003 e si è condotta un'analisi specifica sulla natura, il contenuto e
l'andamento dei recuperi delle spese di giustizia, segnalandone le cause individuate come le più probabili dei
carenti risultati gestionali. La Corte ha potuto accertare che a due anni dall'entrata in vigore della riforma, ci
sono fattori di criticità e difficoltà di collegamento tra le varie articolazioni del settore pubblico interessato
(ministeri della giustizia e dell'economia e tesoro), e nei rapporti di questo con quello privato, in riferimento
al sistema di riscossione delle entrate recuperabili per spese di giustizia da effettuarsi a mezzo concessionari.
Sul punto, la Corte sottolinea che ´appare necessaria l'acquisizione di una maggiore consapevolezza del
proprio ruolo, da parte di ciascuna delle amministrazioni interessate, nella gestione delle risorse e delle
attività finanziarie a esse affidate', auspicando che ci possa essere una maggiore integrazione fra le
amministrazioni giudiziaria e finanziaria per quanto riguarda al reciproco scambio di informazioni, atteso che
dalla situazione attuale ci sono ´segni di miglioramento', anche grazie all'introduzione di nuovi sistemi di
contabilità generale (il Si.co.ge. collegato alla Rgs), in fase di realizzazione. Dal punto di vista prettamente
gestionale, rileva la Corte, non può essere sottaciuto che la gestione delle spese di giustizia registra una dato
evidente, che è quello di una situazione di squilibrio finanziario, rappresentata dal capitolo di spesa indicato
come n. 1360 dello stato di previsione del ministero della giustizia, sul quale, con costante ripetitività, le
sezioni riunite della Corte, in sede di giudizio annuale sul rendiconto dello stato, ne ha sempre rifiutato la
parificazione a causa del costante superamento dei limiti di impegno del capitolo causato dalle spese per
pagamenti superiori alle dotazioni di bilancio. Questo dato, non di poco conto, priva il parlamento del potere
di conoscere, in sede di approvazione della legge di bilancio, l'effettiva dimensione delle risorse finanziarie
impiegate dal settore giustizia, ripercuotendosi a catena sulle altre risorse a disposizione negli altri settori
statali. Ne consegue, precisa la Corte, che la copertura finanziaria di queste spese, avviene ´sistematicamente
in maniera non corrispondente alle indicazioni della legge di contabilità dello stato', con successivi interventi
dell'amministrazione finanziaria conseguenti alla mancata parifica di cui sopra. Sempre in relazione
all'entrata, si sottolinea come le diverse fonti affluiscono in ´corposi capitoli' che hanno per oggetto voci
eventuali e diverse che influiscono negativamente sulla loro corretta imputazione. L'analisi mostra come il
dato delle riscossioni totali è per alcuni capitoli pari all'accertato, ma, rileva la Corte, il dettaglio dei capitoli
di competenza, sia dell'amministrazione finanziaria sia di quella giudiziaria, mostra un indice di riscossione
pari o inferiore al 50% della previsione (nel 2003 solo il 30% del riscosso rispetto all'accertato). Le cause?
Secondo la magistratura contabile, vanno cercate nell'attuazione, ancora parziale, del sistema delineato dal
T.u. nella parte in cui dispone fasi e procedure ripartite fra soggetti pubblici e privati, nella necessità di un
migliore coordinamento tra i soggetti pubblici interessati nell'azione più incisiva dei soggetti della
riscossione. Antonio G. Paladino
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ITALIA OGGI
Dopo gli avvocati, pronta la risposta a Mc Creevy per architetti e ingegneri
Tariffe, l'Italia scrive all'Ue
Onorari inderogabili solo per pochissime attività
Il sistema tariffario di architetti e ingegneri non viola il principio di libera prestazione di servizi
nella Unione europea. I minimi e massimi, infatti, sono stabiliti dalla normativa interna per una rosa
ristretta di attività professionali rispetto alle quali il mercato professionale di riferimento è molto più
ampio. È questo il condensato della risposta che il Dipartimento delle politiche comunitarie, guidato
da Giorgio La Malfa, sta predisponendo per controbattere alle argomentazioni del commissario
europeo al mercato interno Charlie Mc Creevy, che due mesi fa ha inviato all'esecutivo italiano una
lettera di messa in mora, aprendo così una procedura contro l'Italia per violazione dei principi di
libertà di stabilimento e di libera prestazioni di servizi. Come per gli avvocati, investiti
contestualmente dalle stesse obiezioni (si veda ItaliaOggi del 1° settembre), sotto accusa è il sistema
tariffario inderogabile che impedirebbe in concreto al professionista europeo di esercitare in Italia
alle stesse condizioni nelle quali esercita nel paese di origine. A differenza dei legali, tuttavia, la
replica del Dipartimento sembrerebbe escludere interventi specifici pur dando conto, in termini
dinamici, della evoluzione normativa che ha investito il settore già da anni e anche delle prospettive
di revisione di cui si è tanto discusso con riferimento alla riforma delle professioni. ´Inoltre nel
settore della libera circolazione e della libera prestazione dei servizi, più che in quello della
concorrenza, c'è anche una normativa comunitaria assestata. E in questi anni di esperienza non
abbiamo constatato tensioni o obiezioni formali sul suo funzionamento in Italia', sottolineano al
Dipartimento.
A dare man forte alla tesi difensiva dell'esecutivo, peraltro, c'è anche la sentenza della Corte di
giustizia (C-221/99), che nel 2001 aveva dichiarato legittima sotto il profilo della tutela della
concorrenza la normativa italiana ai sensi della quale i liberi professionisti possono stabilire
liberamente l'importo degli onorari relativi ad alcune prestazioni da essi effettuate. In quella
sentenza, tra l'altro, si ritrova una ricostruzione del sistema tariffario delle professioni tecniche, che
evidenzia come i minimi inderogabili sono stabiliti per alcune prestazioni specifiche. Argomenti che
il Dipartimento utilizzerà della sua risposta. La documentazione dovrà pervenire a Bruxelles entro il
13 settembre e in queste ore i rispettivi consigli nazionali stanno predisponendo il materiale preistruttorio, utile al Dipartimento per confezionare la versione finale della risposta, in coordinamento
con il ministero della giustizia, competente per materia. Claudia Morelli
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ITALIA OGGI
Professioni in cerca di una riforma
di Pierluigi Mantini
Mario Monti, con gli interventi sul ´grande centro' che hanno caratterizzato il dibattito estivo, ha
sostenuto l'inidoneità degli attuali poli nel sostenere le riforme liberali di cui il paese ha bisogno.
Molti rilievi critici sono stati mossi alle tesi ´terziste' di Monti: tra questi, l'obiezione secondo cui il
´centro' è il luogo politico ove frequentemente vengono affossate le riforme liberali che
promuovono la concorrenza essendo privilegiati gli interessi corporativi esistenti. Una verifica
concreta di questa discussione, anche al di là del rilievo che il bipolarismo è il sale della
concorrenza democratica per il governo, ci è offerta dalla mancata riforma delle professioni e dei
servizi professionali. Il governo di centro-sinistra l'aveva avviata, con il disegno Prodi del 3 luglio
1998 e sul testo Fassino, al termine della scorsa legislatura, si erano registrati consensi anche nei
mondi professionali, sebbene dopo una intensa ´istruttoria'. Nel desiderio di modernizzare il settore
il centro-sinistra si è spinto persino a regionalizzare il sistema delle professioni. Un errore questo
che è stato corretto con gli emendamenti alla riforma costituzionale del titolo quinto. E inoltre vanno
ricordate la legge Bersani, che ha abolito il divieto fascista del 1939 di esercizio della professione in
forma societaria, e il dpr 328 del 2001 con cui sono stati innovati gli accessi alle professioni
(principio degli albi in concorrenza) in specie per i titolari di ´lauree brevi'. Nonostante l'impegno
costruttivo svolto anche nell'attuale legislatura, e riconosciuto dallo stesso Vietti, in materia
´sfiduciato' da Castelli, l'attuale governo Berlusconi e la maggioranza di centro-destra non sono
riusciti a fare la riforma delle professioni. Peggio, non hanno voluto farla la riforma preferendo
davvero una politica corporativa fatta di ´contentini elettorali' in favore degli ordini. In sostanza una
politica contro le professioni italiane che ha frenato la modernizzazione necessaria impedendo la
crescita sia in termini di competitività che di maggior equità. L'Unione di centro-sinistra una sua
proposta matura e condivisa di riforma l'ha elaborata e una prima occasione proficua di confronto
sarà quella offerta dalla Festa nazionale della Margherita, il 9 settembre a Porto S. Stefano, nel
dibattito dal titolo ´La riforma delle professioni che ci sarà'. Ecco, più che l'inseguimento di mitici
´centri', ciò che occorre è il confronto su programmi e sul merito delle proposte per l'Italia.
L'Ulivo ha elaborato proposte precise attraverso un costruttivo confronto con tutte le ipotesi in
campo. Proponiamo in primo luogo la creazione di un sistema duale che legittimi, accanto agli
ordini professionali riformati, anche il mondo delle ´nuove professioni' basato su libere associazioni
riconosciute tramite requisiti statutari previsti per legge, il ruolo consultivo del Cnel e il rilascio
dell'´attestato di competenza' degli iscritti, secondo il modello previsto da una direttiva europea
(92/51/Cee). Il riconoscimento delle nuove professioni costituirà un incentivo notevole all'autoorganizzazione nel mondo del lavoro, con forme di garanzia per i cittadini. Un modello che
dischiude potenzialità notevoli soprattutto per i giovani liberando e legittimando spazi per la
creatività, l'innovazione e l'occupazione. Un altro punto per noi decisivo è costituito dallo sviluppo
delle società professionali e interprofessionali: società tra professionisti, con limitazione del socio
terzo di puro capitale per le attività riconosciute, e società commerciali, per le nuove attività.
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Un altro punto essenziale della proposta dell'Ulivo è costituito dall'attenzione speciale che occorre
dedicare ai giovani laureati, agli outsider, rispetto agli insider. In Italia vi è uno spreco di energie
professionali nella fascia di età tra i 23 e i 30 anni, con numerose ingiustizie. È difficile descrivere
questa situazione solo in termini di ´ingiustificate barriere all'accesso': la contraddizione sta nel fatto
che gli ordini professionali italiani (per esempio, avvocati e architetti) sono i più numerosi in
Europa. Ma occorrono modifiche legislative e riforme per contrastare le iniquità diffuse e garantire
diverse condizioni di accesso.
Vi è infine l'esigenza di modernizzazione degli ordini professionali. La necessità
dell'armonizzazione europea, della circolazione dei professionisti, oggetto di direttive all'esame del
parlamento europeo, spingono a criteri di riconoscimento che tengano conto delle attività soggette a
riserva (poche e determinate) e di quelle comunque esercitabili sulla base di forme di concorrenza
leale. A nessuno verrebbe in mente di farsi operare da chi non è medico-chirurgo, o farsi difendere
in un giudizio da chi non ha i requisiti di avvocato e certo non è opportuno affidare la costruzione di
un ponte a chi non è ingegnere.
Ma esistono molte attività professionali, in specie nel campo della consulenza, che non sono
soggette a esclusiva, non sono attività ´riservate', e possono essere svolte da più soggetti
professionali, purché risultino chiari al pubblico, anche nella denominazione della categoria
professionale, i requisiti soggettivi e le competenze professionali di chi le svolge. Problemi di
questo tipo si sono posti, in Italia, per i tributaristi (diversi dai commercialisti) e per i giuristi
d'impresa (diversi dagli avvocati). Nel mondo contemporaneo dei saperi e dei lavori, in rapida
trasformazione, non è pensabile incasellare le attività di ciascun gruppo o categoria professionale in
un reticolo di competenze esclusive, secondo l'antico brocardo unicuique suum. Lo schema è un
altro: poche competenze riservate in via esclusiva a chi ha determinati requisiti e le altre in regime
di leale concorrenza. Sulla base di ciò si comprende che non ha senso sostenere la proliferazione di
nuovi ordini: meglio semplificare quelli esistenti, favorendo l'unificazione di quelli simili, come è
ora avvenuto con l'istituzione dell'albo Unico delle professioni economico-contabili, che ha
unificato i commercialisti e i ragionieri, e come potrà avvenire con l'unificazione di periti industriali
e geometri, in un'unica grande professione tecnica.
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IL SOLE 24 ORE
CORTE DEI DIRITTI DELL'UOMO • Sono quasi 2.500 le pronunce dei giudici di Strasburgo che
non vengono rispettate
Condanne non eseguite, Italia record
Tra i punti deboli la durata dei processi, gli sfratti e le espropriazioni Pronta una legge per sbloccare
l'impasse
È l'Italia a guidare la classifica degli Stati con il più alto numero di sentenze di condanna della Corte
europea dei diritti dell'uomo non eseguite sul piano interno. Su 3544 casi pendenti dinanzi al
Comitato dei Ministri, che ha il compito di vigilare sull'attuazione effettiva delle pronunce di
Strasburgo da parte degli Stati condannati, ben 2467 riguardano l'Italia, che stacca Turchia ( 331
casi), Polonia ( 153), Francia ( 89) e Grecia ( 76). Questo a causa dell'alto numero di casi "
ripetitivi", legati soprattutto alla mancata adozione di misure di esecuzione per le condanne " seriali"
per violazione del diritto alla durata ragionevole del processo. Ma l'Italia mantiene il primato
negativo anche per i cosiddetti « casi precedenti » , per i quali gli Stati devono adottare misure
individuali o generali, riguardanti problematiche nuove rispetto ad altre sentenze.
Infatti, su un totale di 333 « casi precedenti » all'esame del Comitato, cifra che non include le
questioni che saranno oggetto di una prima analisi nella riunione del Comitato dei ministri che si
terrà l' 11 ottobre, 43 riguardano l'Italia, 38 la Turchia, 34 la Francia, 32 il Regno Unito e 24 la
Grecia.
Se quindi nel 2004 Roma ha perso il primato negativo nella classifica degli Stati condannati dalla
Corte europea, scendendo dal primo posto del 2003 al quarto, l'Italia svetta tra gli Stati con problemi
nell'esecuzione delle sentenze, intasando l'agenda del Comitato dei ministri. Che da anni mantiene
all'ordine del giorno delle riunioni sull'esame dello stato di attuazione delle sentenze della Corte,
molte questioni italiane, che non può chiudere fino a quando non viene rimossa la violazione. Tra
queste, oltre i casi sulla durata dei processi penali, civili e amministrativi, ci sono la mancata
adozione di misure per riaprire i procedimenti penali, la non esecuzione dei provvedimenti di
sfratto, la violazione del diritto di proprietà a seguito di espropriazione, la mancata adozione di
misure idonee a garantire il diritto di visita ai minori in istituto.
Accanto al problema strutturale dovuto all'eccessiva durata dei processi per il quale il Comitato ha
previsto un monitoraggio annuale ( prossima riunione ottobre 2005), manca quindi un sistema di
revisione delle sentenze interne " bocciate" a Strasburgo. E se finora il Comitato dei ministri non ha
fatto altro che mantenere nell'agenda i casi di non esecuzione, con la futura entrata in vigore del
protocollo n. 14 del 13 maggio 2004, che modificherà il sistema di garanzia della Convenzione, il
Comitato avrà uno strumento più efficace per obbligare gli Stati ad eseguire le sentenze. Infatti, con
una decisione presa a maggioranza di due terzi, il Comitato potrà ricorrere alla Corte europea per
l'inottemperanza degli Stati.
Un rischio che l'Italia può arginare con l'approvazione, da parte del Parlamento, del disegno di legge
varato dal Consiglio dei ministri a maggio. Infatti, oltre a prevedere la ratifica del Protocollo n.
14, l'articolo 3 introduce un sistema di revisione dei processi penali condotti in violazione delle
norme della Convenzione europea, modificando l'articolo 630 del Codice di procedura penale.
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Inoltre, il disegno di legge — sul quale il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, nella
riunione del 5 luglio scorso, ha espresso parere favorevole— prevede anche l'introduzione di un
meccanismo di revoca per i processi civili, modificando l'articolo 395 del Codice di procedura civile
e attribuendo efficacia esecutiva all'equo indennizzo deciso a Strasburgo. In questo modo, l'Italia
sarà in linea con gli altri Stati membri che già prevedono misure di revisione. Infatti, dal rapporto
presentato il 25 giugno scorso dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e dallo studio
condotto dallo Steering Committee for Human Rights, che ha analizzato il sistema di esecuzione
delle sentenze di 40 Stati ( su 45 che hanno ratificato la Convenzione), ormai ben 29 Paesi hanno
introdotto un meccanismo di riapertura dei processi passati in giudicato e condotti in violazione
delle norme della Convenzione. MARINA CASTELLANETA
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IL SOLE 24 ORE
Intercettazioni, Cdl ancora senza intesa
Oggi discussione in Consiglio Nella bozza Ghedini ( Fi) pene più severe contro gli
abusi
ROMA • Lavori ancora in corso per la riforma delle intercettazioni annunciata dal governo. Alla
vigilia del Consiglio dei ministri di stamani, infatti, la bozza del provvedimento non aveva ancora
raccolto il consenso di tutti gli alleati. Lega compresa, che affida la sua posizione alla relazione del
guardasigilli Roberto Castelli ( pure all'ordine del giorno) sulle intercettazioni in generale e le
possibili soluzioni in particolare.
Certo, quindi, nei giorni scorsi, solo il confronto in casa Forza Italia sulla bozza di provvedimento
predisposta dal deputato Niccolò Ghedini, che ha coinvolto a distanza lo stesso premier Berlusconi,
oltre al sottosegretario e al responsabile Giustizia, Luigi Vitali e Giuseppe Gargani ( entrambi Fi),
senza peraltro riuscire a definire un testo condiviso.
D'ufficio, ieri sera, il via libera alla bozza Ghedini da parte di Maurizio Gasparri ( An), secondo cui
« si tratta di un testo valido. Se poi ci sono delle piccole correzioni da fare, ci riserveremo di
discuterne in Parlamento » .
Frutto delle polemiche sulla leadership degli ultimi giorni, infine, il netto altolà della responsabile
giustizia Udc, Erminia Mazzoni, che ha denunciato la mancata consultazione del suo partito e la
scarsa collegialità della maggioranza su « un provvedimento importante » . Come al solito, ha
spiegato, « non siamo stati contattati. Quindi non posso esprimere giudizi » .
In attesa di un chiarimento nel corso della riunione, che potrebbe limitarsi a un primo esame, la
bozza di cinque articoli predisposta da Ghedini rimane comunque il testo di riferimento. Non
prevede interventi sul " tetto" dei reati intercettabili ( 5 anni) su cui l'attuale normativa rimarrebbe
inalterata, ma concentra l'attenzione sul contrasto degli abusi. Quindi, pene più severe per chi
divulga o pubblica intercettazioni. Da due a sei anni, in particolare, per i pubblici ufficiali che
diffondano i contenuti, e un piccolo giro di vite quando la pubblicazione riguardi genericamente «
atti coperti dal segreto d'ufficio » . In questo caso, viene leggermente alzato sia il tetto della pena
che quello dell'ammenda. Ma, soprattutto, le due opzioni non saranno più alternative ma congiunte:
dove ora si prevede « l'ammenda o il carcere » sarà modificato con « l'ammenda e il carcere » .
Quando invece si tratta nello specifico di divulgazione giornalistica delle intercettazioni ( ma il
punto è controverso) la pena prevista per il cronista va da uno a tre anni, con ammenda da 500 a
5mila euro.
Altra linea di intervento, la maggiore tutela dei non indagati. Lo strumento delle intercettazioni sarà
utilizzabile solo nei confronti del soggetto indagato. In casi eccezionali, in cui si proceda per reati
gravi, sarà possibile " intercettare" anche il non indagato. Più difficile anche l'autorizzazione da
parte del giudice, che sarà possibile non solo in presenza di indizi di « reato » ma anche di «
colpevolezza » . Dovranno essere più rigorose anche le motivazioni che giustificano la richiesta,
dovendo sussistere « specifiche e inderogabili esigenze » relative ai fatti su cui si indaga, « fondate
su circostanze di fatto espressamente motivate nel provvedimento » . VITTORIO NUTI
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ITALIA OGGI
Oggi in consiglio dei ministri il guardasigilli propone le modifiche al codice di procedura penale
Intercettazioni a prova di garanzia
Procedura ammessa solo per gli indagati e con l'ok del gip
Intercettazioni a prova di garanzia e stretta sul segreto d'ufficio. Le intercettazioni dovranno essere
disposte non solo in presenza dei soli indizi di reato ma a seguito di indizi di colpevolezza, dunque
nei confronti dei soli indagati (a meno che non si tratti di reati di mafia) e dovranno essere avviate
contestualmente all'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari (e non più anche in via
d'urgenza). Quanto alla loro utilizzazione, non solo non possono essere fatte valere in altri processi
(come è già oggi) neanche come notitia criminis, ma saranno inutilizzabili anche quando la
fattispecie di reato per le quali sono state disposte non corrisponda ai limiti di ammissibilità
richiesti. Sanzioni più severe per il pubblico ufficiale che le divulga (fino a sei anni) e per chi le
pubblica (risponderà sia con l'arresto fino a sei mesi sia con l'ammenda fino a 750 euro). Pene
ancora più alte (arresto fino a tre anni e 5mila euro) se la pubblicazione arbitraria riguarda
intercettazioni di conversazioni e di comunicazioni. Cambia anche l'articolo 114 del cpp: è vietata
tout court la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, degli atti di indagine e di quanto
acquisito al fascicolo del pm o avvocato. È il canovaccio su cui si articolerà l'intervento normativo
sul codice di procedura penale in materia di intercettazioni che, con ogni probabilità (nonostante la
richiesta informale di rinvio tecnico giunta dall'Udc), approderà oggi in consiglio dei ministri. È
certo, comunque, che il guardasigilli Roberto Castelli terrà anche la sua relazione sull'utilizzo di
questo strumento investigativo, su cui ieri è tornata la Corte dei conti per stigmatizzarne gli alti costi
(con aumenti progressivi dal 2001 a oggi, fino ai 265 milioni di euro nel 2004).
Il testo del ddl (otto articoli in tutto) è stato limato fino alla serata di ieri sotto la regia di palazzo
Chigi (e non si esclude che domani il cdm provveda solo a un esame preliminare), ma nella
concertazione con i partiti della coalizione è tramontata l'ipotesi di intervenire sui reati presupposti
per evitare ´ingiustificati doppi binari', ha spiegato a ItaliaOggi il sottosegretario alla giustizia Luigi
Vitali (Fi). Anche perché, è il pensiero diffuso, la normativa del cpp è già abbastanza efficace,
mentre mostra la corda la sua concreta applicazione, come ha riferito ieri Ignazio La Russa (An).
Così i reati intercettabili restano quelli previsti dalla normativa attuale (articolo 266 cpp): delitti non
colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo e la reclusione superiore nel massimo a cinque
anni. Ma anche delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la reclusione non
inferiore nel massimo a cinque anni e gli altri reati elencati.
L'intervento ha insistito, dunque, sulle garanzie, cercando di limitare al massimo le possibilità di
abuso. La stretta riguarda tutte le fasi, dalla disposizione dell'intercettazione come strumento di
indagine (colpevolezza, indagato, motivazione, tempo massimo di tre mesi) al suo utilizzo (mai
come notitia criminis e se la qualificazione del reato non rispetta i limiti di ammissibilità), alla sua
pubblicazione (con un giro di vite che non piacerà alla stampa). (riproduzione riservata)
Claudia Morelli
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IL SOLE 24 ORE
All'Italia il primato di « ascolto » nella Ue
Con circa 76 decreti di intercettazione ogni 100mila abitanti l'Italia detiene il record di " ascolti" in
Europa. Dietro di noi seguono Olanda ( 62), Svezia ( 33) e la Germania ( 15).
Per il resto, la riforma " antiabusi" delle intercettazioni che il governo si appresta a varare si
inserisce in un panorama normativo europeo assai variegato: intercettazioni sempre possibili, ma per
reati tutt'altro che omogenei, inseriti in elenchi tassativi o definiti da parametri come la lunghezza
della pena; registrazioni preventive di telefonate sospette generalmente possibili, ma spesso solo per
combattere la criminalità organizzata; infine, categorie diverse degli indizi che giustificano questo
particolare strumento di indagine, da quelli « gravi e fondati » previsti dagli ordinamenti di Belgio e
Italia, a quelli « semplici » necessari in Francia e Regno Unito.
È l'analisi realizzata due anni fa dal Max Planck Institut per il Diritto penale straniero e
internazionale nell'ambito di un confronto a largo raggio ( oltre 500 pagine) tra le diverse « Realtà
giuridiche ed efficienza delle intercettazioni di telecomunicazioni » in Germania e nei Paesi
occidentali. Molte le differenze registrate, anche in termini di frequenza con cui si ricorre a questo
specifico strumento. Con l'Italia nettamente in testa.
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IL SOLE 24 ORE
LA POLEMICA
Le critiche di Castelli, le conferme del « Sole »
ROMA • Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, torna ad accusare il Sole 24 Ore di fare «
disinformazione » nei suoi confronti.
« La scorsa settimana — ha detto ieri il ministro — a proposito del Ddl Cirielli, il quotidiano titolò "
I dati del Ministero: processi a rischio", quando invece questi dati non esistono, essendo ancora
parziali le informazioni raccolte finora sull'incidenza del Ddl sul sistema giustizia. Oggi un nuovo
episodio, con presunte anticipazioni rispetto alla relazione sul tema delle intercettazioni che il
sottoscritto presenterà al Consiglio dei Ministri. Il titolo di oggi (" Castelli contro i nuovi poteri
della Consob") è completamente falso. Faccio sempre più fatica a distinguere il Sole 24 Ore dalla
stampa gossippara » .
Il Sole 24 Ore conferma i contenuti degli articoli pubblicati.
Nell'articolo sui poteri della Consob si riferiva, infatti, delle perplessità del ministro sull'impatto
delle nuove norme introdotte dalla legge comunitaria sulla base di attendibili fonti ministeriali e
parlamentari.
Il testo era chiaramente in formula dubitativa, essendo la relazione di Castelli ancora in fase
preparatoria. D'altra parte che la Lega abbia da tempo criticato i nuovi poteri derivanti alla Consob
da quella normativa è un dato di fatto, testimoniato da molteplici interventi pubblici dei vertici del
partito.
Quanto all'articolo sugli effetti del Ddl Cirielli pubblicato il 26 agosto, come il Sole 24 Ore ha già
spiegato la scorsa settimana, basta leggerlo per verificare che non sono stati riportati i dati
sull'impatto sui processi in corso, ma ci si è limitati a riferire le valutazioni preoccupate del
Direttore dell'Ufficio statistiche sui risultati della simulazione effettuata. Non resta perciò che
confermare integralmente quanto scritto, frutto di un lungo colloquio con il dottor De Santis. Il
ministro smentisce i dubbi sui poteri della Consob
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