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Martina
Franca (Ta)
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Progettazione Editoriale & Realizzazione Grafica:
Gabriele Rosato (imdaydreamer.com - [email protected])
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Prefazione
Nel contesto dell’Articolo 9 (CCLN Comparto scuola), a favore delle aree a
forte processo immigratorio, nasce il progetto Milleunavoce.
Come si evince facilmente dal titolo, l’intento del progetto è quello di dare
“voce” ai “mille” e più… studenti provenienti da zone in cui, il processo
migratorio è una realtà sempre più diffusa.
L’arrivo di studenti stranieri è un fenomeno che riguarda ormai tutto il nostro
Paese e interessa ogni ordine e grado di scuola: in quest’ottica ho pensato al
progetto Milleunavoce come strumento atto ad assicurare ad ogni studente
non solo il diritto ad un’istruzione quanto più qualificata possibile, ma anche
un sereno inserimento nel contesto scolastico.
Dialogo e confronto interculturale sono state le key-words di questo
progetto: solo attraverso un’efficace comunicazione con gli studenti e
frequenti dibattiti è stato possibile instaurare con loro un sincero rapporto di
acquisizione e scambio interculturale.
Ho cercato di porre maggiore attenzione sulla cultura di provenienza di ogni
studente sottolineando le differenze di ognuno di loro senza correre il rischio
di considerare gli stranieri secondo stereotipi precostituiti.
Punto di partenza del mio lavoro è stato l’analisi dello sfondo emotivorelazionale di ogni ragazzo insieme ad ogni bagaglio culturale, che si è
arricchito sempre più attraverso una comparazione in parallelo di esperienze
diverse “raccontate” da differenti “voci” provenienti, fra l’altro, da diverse
aree. Fondamentale, a tal proposito, è stato anche il confronto con le
famiglie dei ragazzi protagonisti del progetto.
Conoscenza e rispetto delle culture diverse sono state le finalità che
Milleunavoce ha cercato di perseguire valorizzando ogni singolo studente
con l’obiettivo di agevolare l’inserimento nel tessuto scolastico e più in
generale, in quello sociale.
In secondo luogo ho cercato di infondere sicurezza in ogni ragazzo
sottolineando come ognuno di loro possieda qualità e risorse che vanno
incanalate nella direzione in cui, da risorse, possano diventare un utile mezzo
per l’integrazione interculturale.
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I 29 studenti che hanno deciso di aderire al progetto provengono da varie
classi, sia del biennio che del triennio, e sono di nazionalità italiana,
straniera o italiana con genitori stranieri.
Per ognuno di loro, Milleunavoce è significato molto più che un semplice
progetto: è stato motivo di riflessione sulla propria cultura e, in molti casi,
vera e propria scoperta delle proprie origini. In questo modo ogni ragazzo di
nazionalità straniera ha potuto dar “voce” con orgoglio alle proprie emozioni
sentendosi finalmente protagonista all’interno di un gruppo interessato ad
apprendere e ad arricchirsi dalle differenze di ognuno.
I ragazzi di nazionalità italiana hanno ascoltato con attenzione ciò che i
compagni avevano da raccontare e li hanno guidati lungo questo percorso di
conoscenza.
Le attività di gruppo hanno favorito la socializzazione, infondendo fiducia nei
più giovani e cercando di responsabilizzare i più grandi che spesso sono stati,
e rimangono ancora adesso, dei punti di riferimento per chi, del gruppo, ne
avesse bisogno.
I ragazzi hanno lavorato autonomamente dividendosi in gruppi, ognuno dei
quali si è interessato ad una zona geografica differente. Gli studenti sono
stati liberi anche nel lavoro di ricerca: ognuno di loro ha scelto su cosa
soffermarsi maggiormente in base alle proprie curiosità e a quali
informazioni dare maggiore importanza.
Il mio ringraziamento va alla Dirigente Scolastica,
Prof.ssa Adele Quaranta che, ancora una volta,
mi ha dato fiducia nell’affidarmi questo delicato progetto permettendomi di lavorare in
libertà ed autonomia con gli studenti.
Prof.ssa Claudia Margiotta
(Referente del Progetto)
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Introduzione
Uno dei maggiori problemi della società odierna è la diversità, poiché la nostra mentalità
ci porta a discriminare il diverso. Ma io mi chiedo, è giusta una società omologata? Non
credo. E’ bellissimo il confronto, la conoscenza del nuovo.
Ecco un corso con la finalità di riscoprire le culture dei paesi d’origine dei ragazzi
frequentanti l’ITCG Leonardo da Vinci di Martina Franca. Questi ragazzi si sono trasferiti
qui da piccoli o sono nati qui da genitori stranieri, perciò conoscono il loro paese solo per
alcune tradizioni che continuano ad usarsi in casa o per sentito dire. Loro, da soli, non
avrebbero mai cercato informazioni, ma in questa occasione, con il supporto dei loro
compagni, ne avranno il piacere.
Attraverso il lavoro di gruppo, abbiamo fatto ricerche riguardo a tutti gli argomenti e i dati
più interessanti di ogni paese; durante le ultime lezioni abbiamo fatto delle foto cercando
di esprimere la nostra fantasia facendo facce buffe e assumendo degli atteggiamenti
divertenti. Le foto e i testi creati potrete trovarli in questo opuscolo.
I nostri incontri sono stati un’opportunità per imparare, oltre che per stare insieme e
conoscerci tra noi.
A proposito della diversità, abbiamo assistito ad un incontro a Taranto con il Prof. Fornasari, docente di sociologia all’Università degli Studi di Bari; durante
quest’incontro abbiamo visto il film “Xman 3”, in
cui si parla della diversità tra gli uomini e i mutanti, durante tutto il film si cerca una cura per i mutanti per poi, alla fine, arrivare a chiedersi se fosse giusto non accettare la diversità e far diventare gli uomini tutti uguali.
In questo volumetto potrete trovare curiosità di
vario tipo, sperando che vi piaccia, buona lettura!
Marianna Basile
(portavoce del gruppo)
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Multiculturalismo:
«Orientamento politico e
sociologico volto a promuovere
il riconoscimento e il rispetto
Il termine multiculturalità e quelli
affini a questo sono lemmi che non
compaiono nei dizionari redatti
sino alla fine degli anni ’70.
La nozione di multiculturalismo,
infatti, è entrata nell'uso comune
soltanto nel corso del decennio
successivo, prova di come tale
concetto sia frutto di studi
relativamente recenti. Malgrado
siano
nate
contestualmente
diverse correnti di pensiero al
riguardo, tutte le parti convengono
sull’identificazione di tale orientamento in una data società entro la
quale più culture, anche molto
differenti, convivono tese al
rispetto reciproco, pur conservando ciascuna le peculiarità del
proprio gruppo d’origine.
dell’identità linguistica,
religiosa e culturale delle
diverse componenti etniche
presenti nelle complesse
società odierne»
(Enciclopedia Treccani)
«Con il termine multiculturalità si
indica un dato di fatto: l’esistenza, su
un territorio, di molteplici culture.
Con [il termine] interculturale
(invece) si intende un progetto di
interazione tra le parti.
In una logica interculturale i
processi di socializzazione non
mirano all’integrazione delle
diversità. Non si può pensare di
rendere integro, di rendere uno ciò
che è costitutivamente diverso.
Ovvero lo si può fare, ma meglio
sarebbe dire: si può tentare di farlo,
cancellando, nella sua memoria, la
sua diversità».
(A. BOSI, La corte dei miracoli,
Battei, Parma, 1998 p. 35-36)
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Quanto all’origine di questo fenomeno, i
sociologi hanno individuato almeno due
ordini di cause. Le prime rappresentate
dalle nuove ondate migratorie, e fra
l’altro sempre più di maggiore portata,
“le cui dinamiche, per ampiezza e
celerità, si differenziano da quelle del
passato e non consentono nella
maggioranza dei casi un’integrazioneassimilazione delle comunità di
immigrati nei paesi di destinazione”1.
Il secondo fattore costitutivo è
rappresentato dalla nuova ‘politica
culturale dell’identità’; affermatasi
oltreoceano e considerata dai più come
una filiazione del movimento giovanile
degli anni ‘60 e delle “mobilitazioni in
favore dell’uguaglianza istituzionale,
sotto il profilo della loro specifica
identità, di determinati gruppi
discriminati o marginalizzati
(femministe, afroamericani e ispanici e,
in seguito, gay e lesbiche)”1.
«In Italia su questi temi decisivi
si continua a fare confusione.
Per esempio, spesso si confonde
la multietnicità con il multiculturalismo. Ma la multietnicità è
un fatto, dovuto all’immigrazione. Il multiculturalismo,
invece, è un progetto. E’ il
progetto di una società in cui le
divisioni culturali che contano
siano difese dalla legge e
sostenute da politiche coerenti».
.
(Angelo Panebianco, Addio società
multiculturale, da Il Corriere della
Sera del 5 aprile 2004 )
Pur tuttavia, contrariamente alla
comune tendenza, è opportuno valutare
i potenziali “rischi” derivanti dal
multiculturalismo. Quello
maggiormente paventato è insito nella
prospettiva propria del multiculturalismo: la propensione a “congelare ogni
gruppo protetto nella sua configurazione attuale, inibendo processi di
revisione interna della sua cultura”1.
In prospettiva, allora, di una società che
consideri il gruppo in questione nel suo
complesso come soggetto di ‘diritti
culturali’ sono stati proposti dei rimedi,
fra i quali figura la legittima garanzia nei
confronti del singolo individuo di
ricorrere al ‘diritto alla secessione’,
“ossia subordinando ogni misura
protettiva dell’integrità di una cultura al
dovere per la comunità […] lasciando i
suoi membri liberi di allontanarsene
senza subire vessazioni di sorta”1.
Questo punto però è tuttora al centro di
aspri dibattiti (ad esempio circa i vari
tentativi di “disfare l’Italia” in favore dei
regionalismi), infatti, come tale
attenterebbe all’unità dello Stato.
Da quanto esposto, emerge come il
fenomeno della multiculturalità sia di una
portata tale da occupare strenuamente i
moderni sociologi, che ne analizzano le più
recondite trame. Ma al di là di ogni erudizione accademica, il fenomeno multiculturale coinvolge il comune cittadino del XXI
Secolo molto più di quanto egli creda.
La nostra società si sta avviando ormai da
tempo ad essere sempre più multiculturale
e come tale si interroga circa le migliori
strategie volte a favorire una possibile
“integrazione” tra le diverse culture2.
Instaurare un’autentica intesa fra i singoli
gruppi etnici implica la proficua entrata in
contatto con altri modi di vivere, sentire,
vedere: una percezione che amplia le
prospettive di chi la sperimenta,
permettendogli di rapportarsi con una
realtà nuova, che non può che apportare
vantaggi alla propria esperienza umana.
Note: 1) Enciclopedia Treccani Online
2) cfr. con l’intervento di A. Bosi
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Albania
Nome completo: Repubblica di Albania
Nome ufficiale: Republika e Shqipërise
Capitale: Tirana
Città più importanti: Valona, Durazzo, Korça, Pogradec, Saranda, Scutari
Popolazione: 3.204.284
Superficie: 28.748 km²
Geografia: l’Albania è bagnata dal Mare Adriatico e dal Mar Ionio.
Ci sono due climi: quello mediterraneo e quello continentale.
Inoltre il territorio è prevalentemente montuoso.
Religione: Islam, Cristianesimo ortodosso, protestante e cattolico
Lingua ufficiale: Albanese
Valuta: Lek Albanese
Festa Nazionale: 28 Novembre
Inno Nazionale: Hymni i Flamurit
Periodo comunista: Dald1946 al 1990.
Forma di Governo: Repubblica Parlamentare
Presidente della Repubblica: Bamir Topi
Primo Ministro: Sali Berisha
Indipendenza: 28 Novembre 1912 dall’Impero ottomano
Ingresso nell’ONU: 14 Dicembre 1955
Suddivisione Amministrativa: 12 prefetture
Liberalizzazione dei visti: 15 Dicembre 2010
Prodotto Interno Lordo (PIL): $23.86 miliardi (2010 est.)
Economia Le principali industrie sono tessili, farmaceutiche, agricole e metallurgiche.
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Il Matrimonio in Albania
Il matrimonio in Albania dura 7 giorni: 4 per la sposa e 3 per lo sposo… ma mai insieme.
La festa per la sposa comincia il Giovedì: la mattina mentre la sposa è dall’estetista, i parenti
dello sposo vanno a casa di lei e le prendono il corredo;
il pomeriggio la donna invita le sue amiche a casa
offrendoli qualcosa e poi ballano tutte insieme
accompagnati da un’orchestra. Il Venerdì la sposa indossa l´abito e questa volta invita i parenti a
casa per stare insieme e per ballare, e lo sposo invita
i suoi amici e festeggia con loro. Il Sabato sera la sposa porta tutti gli invitati al ristorante dove c´è anche
l´orchestra e si balla fino all´alba. La Domenica lo sposo
va a prendere la sposa che lo segue per pranzare con gli
invitati di lui, poi alla sera, lo sposo, da solo, festeggia al ristorante con i suoi parenti dove naturalmente c´è anche l’orchestra.
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Madre Teresa di Calcutta
Madre Teresa di Calcutta, nata Anjeza Gonxhe Bojaxhiu (Skopje, 26 agosto 1910 – Calcutta,
5 settembre 1997), è stata una religiosa albanese di fede cattolica, fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della Carità. Il suo lavoro tra le vittime della povertà di
Calcutta l'ha resa una delle persone più famose al mondo. Ha vinto il Premio Nobel per la
Pace nel 1979, e il 19 ottobre 2003 è stata proclamata beata da papa Giovanni Paolo II.
“Sono albanese di sangue, indiana di cittadinanza.
Per quel che attiene alla mia fede, sono una
suora cattolica. Secondo la mia vocazione, appartengo al mondo. Ma per
quanto riguarda il mio cuore, appartengo interamente al Cuore di
Gesù”. Di conformazione minuta, ma di fede salda quanto la
roccia, a Madre Teresa di Calcutta fu affidata la missione di proclamare l’amore assetato di Gesù
per l’umanità, specialmente per i
più poveri tra i poveri. “Dio ama ancora il mondo e manda me e te affinché siamo il suo amore e la sua compassione verso i poveri”. Era un’anima piena
della luce di Cristo, infiammata di amore per
Lui e con un solo ardente desiderio:
“saziare la Sua sete di amore e per le anime”.
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Inno alla Vita
La vita è un’opportunità, coglila.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne realtà.
La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è ricchezza, valorizzala.
La vita è amore, vivilo.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La via è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, accettala.
La vita è un’avventura, rischiala.
La vita è la vita, difendila.
(Madre Teresa)
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Cucina Albanese
La cucina albanese è simile alla cucina greca e a quella turca. Gli antipasti in Albania
si chiamano "meze", i piatti nazionali sono il riso pilaf e il tasqebap, un piatto a base di
bocconcini di vitello. Normalmente, nella cucina casalinga, i primi e i secondi piatti
sono sostituiti da un piatto unico. Si usa molto la carne, in particolare quella di
agnello, vitello e maiale. Alcuni dei dolci tradizionali sono: bakllava, kadaif, hallva,
Ballokume. Nella parte settentrionale a colazione si beve il raki; a pranzo e a cena si
consumano varie verdure accompagnate a volte dalla carne. Nella parte centrale il
piatto tradizionale è il Tave Dheu. Ottimo è pure il cosiddetto Byrek, un tipo di torta
salata, fatta di pasta filo (una varietà di pasta sfoglia), a strati, contenente solitamente
la carne macinata aromatizzata e cipolle . Nelle parte meridionale un piatto
tradizionale, usato principalmente per colazione, è il Trahana, a base di yogurt.
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Musica Albanese
La musica albanese ha origini antiche, infatti veniva tramandata da padre in figlio solo
per tradizione orale; non vi erano cioè spartiti dai quali i giovani potevano attingere per
la formazione musicale.
Ci sono vari tipi di generi musicali, ma il più importante
è detto kënge të lehta cioè “canzoni soft”. Le canzoni tradizionali vengono definite popullore, che vengono solitamente cantate dagli anziani con il famoso cappello classico della tradizione albanese.
Attraverso queste canzoni si uniscono nel canto corale non solo i vecchi ma anche i
giovani che sono orgogliosi delle radici dei loro antenati. Però di notevole importanza
sono le canzoni vallore, quelle che si suonano durante i fastosi matrimoni dal vivo,
infatti, sono le più suonate perché il loro ritmo è molto apprezzato da tutti gli albanesi.
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Romania
Nome ufficiale: România
Capitale: Bucarest
Città più importanti: Braşov, Iaşi, Timişoara, Cluj- Napoca, Costanza,
Craiova, Sibiu, Suceava, Galaţi, Brăila, Oradea, Bacău
Popolazione: 22 246 862 ab.
Superficie: 238 391 km²
Fiumi: Danubio, Prut
Rilievi: Carpazi, Moldoveanu (2.544m)
Religione: Ortodossa
Lingua ufficiale: Romeno
Valuta: Leu
Festa Nazionale: 28 Novembre
Inno Nazionale: Desteaptă-te, Române
Forma di Governo: Repubblica semipresidenziale
Presidente: Traian Băsescu
Ingresso nell’ONU: 14 Dicembre 1955
Ingresso nell’Unione Europea: 1 gennaio 2007
Prodotto Interno Lordo (PIL): $254.2 miliardi
Risorse minerarie: carbone, oro, argento, uranio, sale, petrolio e gas naturale, etc.
Industrie: metallurgia non-ferrosa, siderurgia, industria del legno, costruzioni di navi, tessili,
pelliccerie, industria alimentare, macchine di precisione, veicoli con motore, industria chimica,
farmaceutica, industria di apparecchiatura elettrodomestica e industria di abbigliamenti.
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Dracula
La zona della Transilvania rimane la parte più misteriosa della
Romania. Il viaggiatore è stato sempre incuriosito ed
affascinato dalla figura di Dracula che ha fornito molti spunti
per libri, film e quant’altro. La leggenda che vuole Dracula uno
spietato vampiro della Transilvania è il frutto di una
mescolanza di tradizioni, superstizioni e storia che hanno
portato ad associare il nome di Vlad III Tepes ad un vampiro.
Nel 1431 l'Imperatore Sigismondo dette una collana ed un
medaglione d’oro con inciso un drago a Vlad II padre di
Dracula, investendolo così del Sacro Ordine del Drago,
un'organizzazione semi-monastica, con il compito di difendere
la cristianità del Sacro Romano Impero dalle continue minacce
della potenza ottomana. Successivamente per le prime due
coniazioni monetarie Vlad II usò l’emblema del drago e da quel
momento iniziarono a soprannominarlo Dracul – Dracula.
Questo nomignolo è mutato poi in un cognome per i suoi
discendenti. Il Dracula viene descritto ”…non troppo alto di
statura, ma molto forte e robusto, freddo e terribile di aspetto,
con un gran naso aquilino, narici larghe, un volto magro e
rossiccio, con grandi occhi verdi spalancati e incorniciati da
nere ciglia, molto folte e lunghe, che davano agli occhi un
aspetto terrificante. Il viso e il mento erano rasati, ma portava i
baffi. Le tempie larghe aumentavano
l’ampiezza della fronte. Un collo taurino univa la testa alle sue larghe spalle coperte da ciocche
nere dei suoi lunghi
capelli neri.”
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Michail Eminescu
Il più grande poeta della Romania è
MICHAIL EMINESCU (1850 - 1889),.
sognatore romantico, perduto nella
contemplazione dei grandi problemi.
I lunghi anni di vita irregolare ed
errabonda, furono decisivi nella sua
esistenza. Dotato di una salda cultura
storica e letteraria e di un'ottima
conoscenza della filosofia di Kant e di
Schopenhauer, egli pensa che il mondo
e la vita sono sogni. L'amore è soltanto un
gioco dell'istinto. L'unica risoluzione si ha
con la morte. Eminescu si applica ai suoi
lavori con una passione veramente
commovente, ecco perché la sua opera,
impossibile ad imitarsi, è impregnata
dalla profonda orma di lui.
L'amore è l'unico conforto della sua vita; anche
se alcune volte sembra indifferente o sembra
odiare la donna, lo fa solo come filosofo, ma
essa lo intenerisce ed egli la invoca perché
illumini i suoi istanti e gli doni l'oblio.
Quest'incanto amoroso, palpitante e
voluttuoso si manifesta negli idilli, nei poemi,
nei notturni di silenzio del poeta, con un
tono lirico, caldo e vellutato. Da un ospizio
all'altro, fra alternative di lucidità
e di smarrimento, smise di produrre
a soli trentacinque anni.
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La Notte
É notte. Disteso in un angolo
fisso la debole fiamma nel camino;
s'assopisce la mente, si chiudono gli occhi;
la candela s'è spenta ... il sonno m'è dolce.
Desiderio
Nel bosco t'aspetto, alla fonte
dal murmure vivo,
dove fitti rami nascondono
una capanna d'argilla.
E tese le braccia a me corri
al petto mio stringiti,
il velo ti torrò dai capelli
perch'io miri il tuo volto.
E sulle ginocchia seduta
noi soli soletti saremo,
e fra le tue chiome disciolte
cadranno i fiori del tiglio.
La nuca e i tuoi biondi capelli
appoggiali lieve al mio braccio,
le labbra tue dolci abbandona
in preda ai miei baci.
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Cucina Rumena
La cucina rumena è una cucina ancora profondamente legata ai prodotti agricoli,
nonostante abbia negli anni subito le influenze di altre cucine. Essa offre sapori molto
decisi come la minestra di verdure chiamata Ciorba (con carote e patate e carne di
vitello, agnello o tacchino).
Il piatto nazionale rumeno è la Mamaliga, un pasticcio di mais, che assomiglia molto
alla nostra polenta, servita con l’accompagnamento di un formaggio di pecora noto
come brânza e che viene abbinata a svariati piatti come le cipolle dorate in padella, le
uova, il formaggio fresco, il pesce salato o la tochitura (polpettine di fegato di pollo e di
carne di maiale).
Gli antipasti, chiamati gustari, sono particolarmente saporiti, tra questi la Salata de
vinete tocate (melanzane alla fiamma), e le icre negre (caviale in insalata), oltre a vari
altri tipi a base di formaggi, insaccati, prosciutto, acciughe, olive ed ortaggi.
I formaggi più famosi sono la brânza de burduf (un formaggio di pecora), il cascaval
(caciocavallo) e l'urda (un formaggio di latte di pecora). Tra i secondi piatti rinomati
sono i mititei (salsicce di manzo aromatizzate e cotte alla
c griglia), le sarmale (involtini di polpette di carne trita
……….. avvolte in foglia di vite o di cavolo), il musacá (carne
----di maiale trita e speziata con aglio e peperoncino),
l-----la passatura (a base di lardo, verze e cipolle), oltre
----------- alle carni di maiale, di montone, di vitello o di
.------pollo, cotte alla griglia.
------------ Famose sono poi le Cozonac (dolci simili al
………-------panettone con semi di papavero, canditi,
--------------------- uvetta e noci), la dulceata (mostarda dolce
---- ------------------ di frutta), il cataif, di origine turca (pasta
----dolce farcita di mandorle tritate e
----------------- caramellato di vaniglia).
--------------------------------- La bevanda tradizionale
è la Zuica, una acquavite che
.------oooooooooooooooooo
viene estratta dalle prugne.
Ooooooooooooooooooooooooooo Ottimi sono anche la birra
looooooooooooooooooooooooo
locale e il caffè servito
aoooooooooooooooooooooooooo
alla turca.
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Le Sarmale:
Si tratta di involtini di foglie di
cavolo in salamoia o foglie di viti
scottate in acqua salata, al cui
interno vi è un misto di carne
macinata, cipolle e riso
leggermente saltate in padella in
precedenza. Il tutto viene cotto in
pentola con acqua, un po' d'olio e
un pizzico di sale.
Può essere mangiata
singolarmente oppure con
l'aggiunta di una salsa fatta con
panna e yogurt intero naturale, un
pizzico di sale o panna acida.
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Cina
Nome ufficiale: Zhong Guo Ren Min Gong He Guo
Superficie: 9.572.900 kmq
Popolazione: 1.370.344.089
PIL: 8,400 $ (2011 est.)
Territorio: la Cina è formata dalle più elevate cime montuose (altopiano dello Xinjiang,
della Mongolia e del Tibet); inoltre è anche ricca di laghi per lo più salati tra cui il
Qinghai e di fiumi tra cui i più importanti il Fiume Giallo e il Fiume Azzurro.
Clima: temperato al centro, caratterizzato da venti monsonici,
tropicale al sud, rigido al nord e a est
Capitale: Pechino (Beijing)
Città più importanti: Shanghai, Hong Kong, Guangzhou, Shenzhen
Lingua: Cinese mandarino, cinese cantonese, inglese e portoghese
Religione: Ateismo di Stato
Suddivisione amministrativa: la Cina è divisa in 22 province, 5 regioni autonome,
4 municipalità e 2 regioni amministrative speciali.
Forma di governo: Stato socialista di modello cinese
Capo di Governo: Wen Jiabao
Capo di Stato: Hu Jintao
Festa nazionale: 1° ottobre
Inno nazionale: La marcia dei volontari
Moneta: Yuan
Economia: nel settore primario prevale la coltivazione di riso, frumento e anche di
tabacco; nel settore secondario l’industria petrolchimica e soprattutto tessile. Infine nel
settore terziario importante è la nascita di banche commerciali, contestualmente al
rapido sviluppo delle telecomunicazioni. Con l’adesione al WTO
(organizzazione mondiale del commercio), gli scambi commerciali hanno registrato
uno sviluppo tale che ha reso la Cina uno dei maggiori esportatori mondiali.
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Capodanno Cinese
Quello che noi chiamiamo Capodanno Cinese, si chiama in realtà Festa di Primavera. Questa
festa cade tra il 21 gennaio ed il 19 febbraio, precisamente il secondo novilunio dopo il solstizio
d’inverno. Questo perché il calendario cinese, a differenza del nostro Gregoriano, si basa sulle fasi
lunari ed ogni mese inizia al primo novilunio. La festa non viene celebrata solo in Cina, ma anche
in molti altri Paesi asiatici come Mongolia, Corea, Nepal, Bhutan, Vietnam e nelle numerose
comunità cinesi presenti nel Mondo. La leggenda narra che in tempi antichi vivesse in Cina un
terribile mostro chiamato Nian che, una volta l’anno, usciva allo scoperto per mangiare uomini.
L’unico modo per evitare la carneficina era spaventare il grande mostro con rumori forti e
bandiere di colore rosso. Per questo motivo, durante la festa, vengono sparati innumerevoli fuochi
d’artificio, viene usato abbondantemente il colore rosso di cui si tingono vestiti, negozi, strade ecc.,
si canta e si balla. Da questa leggenda deriva anche la Danza del Leone, una tradizione del
Capodanno per cui si balla inseguendo un grosso (finto) leone che rappresenta, appunto, Nian.
Nei due giorni che precedono il Capodanno è tradizione pulire a fondo la casa, gesto simbolico
che indica lo spazzar via la sfortuna e le insidie dell’anno precedente. Successivamente si addobba
la casa con ninnoli rossi o, addirittura, tingendo di rosso le pareti. Il primo giorno si mangia
pesce e ci si incontra con parenti ed amici stretti. Durante la sera, invece, si può assistere lungo
tutta la Cina ad incredibili spettacoli pirotecnici ed alla Danza del Leone, durante la quale si
insegue per le strade un grosso fantoccio che simboleggia Nian. Dal secondo al quattordicesimo
giorno la festività si divide tra commemorazione dei morti e feste con musiche, danze e piatti
tipici. Il quindicesimo ed ultimo giorno, si svolge la Festa delle Lanterne: tutte le famiglie escono
per strada con delle lanterne rosse e collocano delle candele davanti casa per guidare gli spiriti
buoni alle abitazioni. Durante tutti i giorni di festa sono visibili fuochi d’artificio spettacolari,
degni di una tradizione secolare, balli, giochi, danze, maschere, rappresentazioni e moltissimi
altri aspetti che ti permetteranno di visitare un incredibile Paese come la Cina ed assaporarne la
cultura nel profondo, unendo divertimento e conoscenza, cultura e tradizioni tra piatti tipici,
mille colori e meraviglie.
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Il Calendario Cinese
Il calendario cinese è di tipo lunisolare, che incorpora cioè elementi sia dei calendari solari che di
quelli lunari. Adesso in Cina sono simultaneamente in uso due diversi sistemi di calendario.
Uno è quello gregoriano, o Occidentale, usato per scopi ufficiali, e l’altro è il calendario
tradizionale, cioè quello citato LUNISOLARE. L'inizio di ogni mese avviene ad ogni fase di luna
nuova, considerata tale dai cinesi nel momento della congiunzione fra la Luna e il Sole, ovvero
quando la Luna è completamente invisibile per le zone in prossimità delle coste orientali della
Cina. Nel calendario cinese gli anni sono contati seguendo un ciclo di 60 anni che si chiama
Ganzhi. Fino al 1911 venivano contati partendo dal momento dell'ascesa al trono di ogni
imperatore. Ad ogni anno viene assegnato un nome composto da due parti: una radice celeste e
un ramo terrestre. Le parole che costituiscono la prima parte del nome sono dieci: jia (abete), yi
(bambù), bing (fiamma di legna), ding (fiamma di lucerna), wu (collina), ji (pianura), geng
(armi), xin (paiolo), ren (onde), gui (ruscelli). Le parole che costituiscono la seconda parte, quella
terrestre, sono le seguenti dodici: zi (topo), chou (bue), yin (tigre), mao (coniglio), chen (drago),
si (serpente), wu (cavallo), wei (pecora), shen (scimmia), you (gallo), xu (cane), hai (maiale).
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2012: Anno del Drago
È già iniziato, in Cina, il Capodanno 2012: l’Anno del Drago. La festa continua fino al 7 febbraio tra
colori, tradizioni, cultura e tantissimi fuochi d’artificio, di cui i cinesi sono fieri inventori: questo è
un evento davvero da non perdere. Una festa di oltre due settimane tra colori sgargianti, feste, balli
e fuochi d’artificio. La festa ha origini molto particolari e radicate solidamente nella cultura
popolare, tanto da essere considerata, dalla comunità asiatica, la festa più importante.
Un’altra leggenda, invece, spiega il motivo per il quale ogni anno è rappresentato da un animale.
Secondo questa leggenda il Buddha, sentendo vicina la fine della sua permanenza sulla terra,
chiamò a raccolta tutti gli animali del pianeta. Solo in dodici, però, risposero alla sua chiamata.
Questi erano: il drago, il serpente, il topo, il bue, il maiale, la tigre, il coniglio, la scimmia, il cavallo,
la capra, il gallo ed il cane. Quello entrante è, appunto, l’anno del Drago. Considerato come il segno
zodiacale più forte e pieno di salute. I nati sotto questo segno, secondo la tradizione, sono forti,
intelligenti e fortunati. Fortuna che si estende anche ai familiari ed alle persone vicine.
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L’Agopuntura
L'agopuntura (針灸 zhēn jiǔ in cinese mandarino) è una medicina alternativa tipica della
tradizione Cinese che fa uso dell'inserzione di aghi in taluni punti del corpo umano al fine di
promuovere la salute ed il dell'individuo. L'origine dell'agopuntura in Cina è incerta. I primi
riferimenti bibliografici a questa pratica sono presenti nell'antico testo cinese Huangdi
Neijing, i leggendari Fondamenti di medicina interna (Story dell'agopuntura) che furono
compilati fra il 305 e il 204 a.C. Prima di ciò, è ipotizzabile che venissero utilizzati strumenti
in pietra o in osso, e quindi assolutamente lontani dalla visione che abbiamo oggi della
pratica. La pratica si diffuse secoli fa in molte parti dell'Asia; attualmente include nel suo
corpo teorico-pratico anche la medicina tradizionale cinese ed alcune sue forme sono anche
descritte nella letteratura della medicina tradizionale coreana, nella quale viene chiamata
yakchim, come pure in India.
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Cucina Cinese
La cucina cinese è da considerarsi fra le migliori del mondo.
Certamente questo è dovuto al profondo rispetto che i cinesi
hanno per il cibo che trova espressione nel proverbio: "È meglio
che un uomo aspetti il suo cibo, piuttosto che sia il cibo ad aspettare
lui". Essa si basa sull'armonia dei vari ingredienti: nessuno deve
prevalere sull'altro. Nella cultura cinese l'alimentazione è da sempre al
primo posto per quanto riguarda la salute dell'individuo, assegnando una
grande importanza alla dietetica. La cucina cinese è, infatti, una cucina sana, con le verdure
servite quasi crude per mantenere inalterate le loro proprietà, con la carne tagliata a piccoli bocconi
per digerirla facilmente, con il pesce pescato e servito. Essendo la Cina un paese popolatissimo ma non ricco,
la dieta si basa soprattutto su alimenti come riso, vermicelli, verdure che costano poco ma saziano e si
prestano soprattutto ad infiniti metodi di preparazione. Le carni, più care, vengono usate in piccole quantità
mentre i cibi di origine marina sono le fonti principali di proteine quindi giocano una parte importante nel
menù cinese. Data la vastità del paese e di conseguenza la enorme differenza di clima e di condizioni
ambientali la cucina cinese si può dividere in quattro diverse cucine: quella del Nord, dell'Est e dell'Ovest e
del Sud. Quest’ultima, la cantonese, è la più conosciuta in occidente. Il tè è la bevanda più bevuta. È
consumato per le sue virtù digestive e decongestionanti. Come in tutte le culture, alle feste ed alle occasioni
speciali sono associati cibi particolari. Di seguito sono proposti alcuni esempi. La torta di Capodanno (nian
gao) a base di farina di riso glutinoso, profumato all'aringa rossa o al longan; è cotta al vapore, poi tagliata a
fette che vengono fritte. Il pasticcio imperiale e l'involtino primavera (chun juan) sono piccole crespelle a base
di farina di grano o di riso contenenti verdure o carne tagliate a lamelle. Gli zongzi, foglie di bambù farcite
(riso glutinoso, maiale, arachidi, tuorlo di uovo d'anatra salato), accompagnano la Festa delle barche drago.
Infine qualche regola di Bon Ton: è cattiva educazione tenere le bacchette sempre in mano. Fra un boccone e
l'altro esse vanno appoggiate sull'apposito “reggi-bacchette” che di solito ha la forma di un fanciullo che
dorme. I cinesi sono dei mangiatori molto rumorosi e ciò può essere di imbarazzo per noi. Niente di più
sbagliato: è il loro modo di apprezzare il pasto.
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Australia
Nome ufficiale: Commonwealth of Australia
Lingua ufficiale: Inglese
Capitale: Canberra
Altre città: Sydney, Melbourne, Cairns, Perth, Adelaide
Forma di governo: Monarchia parlamentare federale
Sovrano: Elisabetta II
Primo ministro: Julia Gillard
Suddivisione amministrativa: Western Australia, Northern Australia, South Australia,
New South Wales, Queensland, Victoria, Tasmania.
Indipendenza: 1°Gennaio 1901, dal Regno Unito
Ingresso nell’ONU: 1°Novembre del 1945
Pil pro capite: 39.699 $
Superficie totale: 7 617 930 km²
Popolazione: 22 618 521 ab.
Densità: 2,79 ab./km²
Economia: produzione di frumento, foraggio e cereali.
Di rilievo è la produzione di lana merino
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Gli Aborigeni:
il Popolo del Sogno
Gli Aborigeni vivono in Australia da almeno 40.000 anni. Questo è stato accertato con la tecnica di
datazione del radiocarbonio delle pitture rupestri. Quando arrivarono gli inglesi esistevano 250
clan che parlavano oltre 600 dialetti diversi, ma legati tra loro in un intreccio territoriale e
spirituale. Gli aborigeni australiani sono originari dell'Asia sud-orientale, dalla quale migrano
attorno al 25.000 a.C. L’Ayers Rock, chiamato Uluru dagli indigeni, è un grande masso monolitico
conficcato nel centro dell'Australia, o meglio Uluru è il loro santuario, un’entità vivente, un luogo
sacro, provvisto di caverne, che migliaia di anni fa, sono state decorate con suggestivi graffiti.
Qualche occidentale si è cimentato nella scalata, ma gli aborigeni hanno sempre visto queste escursioni sportive come una “violazione”, ed ora grandi cartelli ai piedi della roccia pregano vivamente
di rispettare il sito sacro per gli aborigeni dell'Australia: la terra è determinante in ogni azione, il
passato influenza la vita quotidiana e le complesse strutture familiari sono alla base di ogni
relazione sociale. Forti erano però anche gli elementi unitari: la mancanza di invasioni prima del
1788 portò al consolidarsi di un forte senso di parentela tra gli aborigeni, al quale contribuivano
anche i grandi raduni cerimoniali che avevano luogo in tutta l'Australia. Questi raduni, accompagnati da musica e danze, consentirono alla maggioranza degli aborigeni di essere multilingue e
sono una tradizione tuttora viva. I canti durante le cerimonie sono costantemente accompagnati
dall'ipnotico suono dei didgeridoo (l'antico strumento a fiato degli Aborigeni australiani ) e dal
ritmico battito delle bacchette. La musica e le danze riportano gli avvenimenti della creazione e la
potenza del sogno nel presente. Questo dà agli uomini la forza di sostenere l'esistenza e di protrarre la vita nel futuro. Cacciatori e raccoglitori gli aborigeni usavano il boomerang (il bastone che
ritorna). La geologia considera le bizzarre forme rocciose che ovunque si possono osservare sulla
terra come frutto dell’azione erosiva degli agenti atmosferici, ma non è così per gli Aborigeni; essi
considerano quelle manifestazioni naturali come testimonianze tangibili del passaggio dei loro antenati. Per lungo tempo l'arte aborigena ha conservato una natura prevalentemente rituale e si è
espressa attraverso la decorazione del corpo, le iscrizioni rupestri e i dipinti su corteccia. La pittura
del corpo, l'ornamento personale, la scultura delle rocce e del legno, la pittura della corteccia,
la pittura e l'incisione della roccia tracciano
il senso della terra, degli uomini e il
rapporto con gli antenati. Trasmettere il
patrimonio artistico, le musiche, le canzoni e
le danze rituali significa trasmettere la
conoscenza e il rapporto con gli antenati.
E' un’importante responsabilità che ogni
generazione deve assumere per non
interrompere lo scorrere del “Tempo-delSogno” e della vita sulla terra.
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Curiosando…
Kalgoorlie in Australia Occidentale è il più
grande produttore di oro dell’Australia.
La Grande Barriera Corallina del Queensland ospita
l’ostrica più grande del mondo, dal peso di 3 Kg, mentre il
lombrico più lungo del mondo, ben 4 metri, si trova a
Gippsland, nel Victoria. Il granchio più pesante, un
esemplare da 14 chilogrammi, si trova nello Stretto di
Bass, vicino alla Tasmania.
Marsupiali tipici sono fra l’altro il Koala, golosissimo di foglie di eucalipto, l'opossum, il
vombato, il bandicoot ed il numbat. In Tasmania troviamo il caratteristico diavolo di
Tasmania, carnivoro e molto aggressivo nonostante le piccole dimensioni.
Gli australiani hanno inventato i bloc-notes, il rocchetto di salvataggio, l’aspirina, il
pacemaker, la penicillina, la siringa di plastica usa e getta e l’orecchio bionico!
Gli All Blacks, la squadra nazionale
neozelandese di rugby, danzano la
“haka” di fronte ai loro avversari
prima dell’incontro. Il capitano urla
alla squadra il ritornello iniziale. Le
parole devono essere urlate in
maniera feroce per infondere forza e
determinazione agli esecutori.
Squisita è la carne di canguro, tenera
e dolce, ma anche quella di
coccodrillo, con il suo sapore che ci
ricorda vagamente il maiale.
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Molto apprezzata in tutta l'Australia è anche la
Vegemite, una crema a base di estratto di lievito e
soia; dal sapore aspro e forte. E' la sostituta della
nostra marmellata nella prima colazione, ed è
immancabile durante il breakfast ma usata anche
per altre preparazioni.
Tra i dolci vale la pena di menzionare la torta
Pavlova, dedicata alla celebre ballerina russa:
un delicato dessert a base di meringa con strati di
panna e di frutta fresca.
L'area posta al centro geografico dell'Australia
viene chiamata 'cuore rosso', a causa del colore del
suolo ricco di ferro.
Da Cairns (capitale della Barriera Corallina) si possono intraprendere ogni giorno più
di 160 escursioni, tra cui crociere in barca a vela per le isole e la barriera corallina, tour
nella foresta pluviale, ascensioni in mongolfiera e rafting sui fiumi.
Scegliere di festeggiare il nuovo anno nell'emisfero australe
vuol dire inaugurare l'anno con il primo bagno della stagione!
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il Didgeridoo...
…uno strumento un po’ strano
Didgeridoo (trascritto anche come didgeridù, didjeridoo o didjeridu) è una parola di origine
onomatopeica con la quale gli occidentali designano un antico strumento a fiato degli australiani
aborigeni. Questo strumento in Australia viene indicato con almeno cinquanta nomi diversi, a
seconda delle etnie che popolano il paese: oltre a yidaki e mago, rispettivamente della Terra di
Arnhem nordorientale e occidentale, troviamo djalupu, djubini, ganbag, gamalag, maluk, yirago,
yiraki... L'utilizzo del didgeridoo nasce tra gli Aborigeni dell'Australia settentrionale. Non esistono
fonti affidabili che ne certifichino con esattezza l'età, ma è ipotizzabile i primordi siano databili tra
i duemila ed i quindicimila anni fa. Classificato come strumento musicale nella categoria degli
aerofoni ad ancia labiale, il didgeridoo può avere forme variabili: le più comuni sono quelle
coniche, con un progressivo allargamento della colonna interna a partire dal lato dell'ancia; molto
usata è anche la forma perfettamente cilindrica. Non è insolito tuttavia trovare strumenti che
presentano forme irregolari, contorte o serpentine. La lunghezza complessiva di un didgeridoo è
altresì variabile. Generalmente va da 1,50 m a 2,50 m. Va comunque considerato che ne sono stati
costruiti anche decisamente più lunghi, che comportano variazioni timbriche e tecniche esecutive
notevoli. Solitamente questi strumenti sono però avulsi dai legami con la tradizione aborigena e
costituiscono piuttosto delle sperimentazioni "occidentali" sullo strumento. Il didgeridoo
tradizionale è ricavato da un ramo di eucalipto (pianta assai diffusa nel Nord dell'Australia), scelto
tra quelli il cui interno è stato scavato dalle termiti. Scortecciato, ripulito e accuratamente rifinito,
lo strumento viene poi decorato e colorato con pitture tradizionali che richiamano la mitologia
aborigena. Gli aborigeni lo utilizzano non solo come strumento a fiato, nel quale soffiano e al
tempo stesso pronunciano parole, suoni, rumori, ma anche come strumento di percussione, se
colpito con i clap stick (bastoncini in legno usati come percussioni) o con un boomerang. Viene
suonato con la tecnica della “respirazione circolare”.
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Il Boomerang
Il boomerang è uno strumento solitamente di legno che può essere lanciato. Ha la sua origine in
primitive armi da lancio usate dagli australiani aborigeni per la caccia e in guerra. La forma dei
boomerang moderni è sottile e ricurva, e conferisce al boomerang proprietà aerodinamiche che
influiscono sulla sua traiettoria e sul suo movimento in aria:
• mentre è in volo, il boomerang ruota su sé stesso; in questo modo, le sue estremità possono
colpire con violenza la testa dell'animale cacciato;
• può percorrere distanze notevoli;
• percorre una traiettoria curva e, se lanciato correttamente, può compiere un'ellisse perfetta,
tornando alla persona che l'ha lanciato.
Il boomerang è noto in occidente soprattutto per quest'ultima proprietà, spesso reinterpretata un
po' impropriamente come un "pericolo" per il lanciatore. La parola "boomerang" viene spesso usata
anche metaforicamente per indicare un'azione che si ritorce contro chi l'ha iniziata.
Fu il Capitano Cook, nel 1770, ad assegnare, a questo strumento, il nome di boomerang,
mutuandolo dal dialetto della tribù locale Turaval, che lo chiamava "bu-mar-rang".
Strumenti simili al boomerang sono diffusi in gran parte del mondo; per esempio, alcuni popoli
europei disponevano di scuri da lancio capaci di traiettorie ricurve, e qualcosa di simile veniva
usato in Egitto dai faraoni per cacciare gli uccelli. Tuttavia, i boomerang intesi in senso stretto sono
tipici ed esclusivi delle culture australiane aborigene. Lo stesso nome boomerang viene dalla lingua
della tribù australiana Turuwal, originaria della
zona di Sydney. Gli australiani
aborigeni hanno realizzato diversi strumenti affini
al boomerang (o diverse
varianti del boomerang). Oltre che per la caccia, sono
impiegati nei combattimenti tribali. Alcune tribù svilupparono varianti con
forma più
allungata e asimmetrica, che avevano la caratteristica di potersi
agganciare a uno scudo e colpire, ruotando, la testa dell'uomo che lo
reggeva. Oggi, gli aborigeni fabbricano boomerang soprattutto per venderli ai turisti, spesso decorandoli con immagini che riproducono i diversi
stili della pittura aborigena. Accanto alla produzione artigianale, evidentemente,
si è sviluppata anche una produzione industriale specificatamente orientata al
mercato dei souvenir.
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Marocco
Nome ufficiale:
‫ﺭﺏﻱﺓ‬
‫ﺍﻝﻡﻡﻝﻙﺓﺍﻝﻡﻍ‬
Popolazione: 31.968.361
Superficie: 458.852 Km²
Densità: 67 ab/Km²
Capitale: Rabat
Altre Città: Casablanca, Marrakech, Fès, Meknès
Paesi confinanti: Spagna, Mauritania, Algeria
Gruppi Etnici: Arabi e Berberi arabizzati, Berberi (Mauri), Africani neri, Europei
Lingua: Arabo (ufficiale), Francese, dialetti berberi, Spagnolo
Religione: Musulmana sannita
Forma di Governo: Monarchia costituzionale
Capo di Governo: Abdelillah Benkirane
Suddivisione del Governo: il livello amministrativo più elevato del Marocco è
rappresentato dalle regioni, 16 (comprese quelle del Sahara), introdotte con una legge
del 1997 e governate da un Wali (governatore) di nomina regia.
Moneta: Dirham marocchino
Economia: Agricoltura, Industria, Risorse minerarie,
Commercio e Turismo
Ingresso nell’ Onu: 12 Novembre 1956
1536
Territorio
Il territorio si suddivide in due parti: la prima costituita dalla pianura del Marocco
Centrale, zona fertile e ricca di fiumi dove si trovano le città più importanti e popolate;
la seconda quella della catena montuosa dell’Atlante, zona montuosa a Sud-Ovest e
desertica, agricola e a bassa densità di popolazione più a Sud.
Monti Principali: Jebel Toubkal
Fiumi principali: Oum er Draa, Oum er Rbia, Moulouya
Laghi principali: Bine el Guidane
Clima: Mediterraneo - continentale - arido
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Cucina Marocchina
La cucina marocchina è molto varia e notevole per i suoi sapori e aromi.
I diversi secoli caratterizzati da invasioni hanno contribuito a creare delle diverse
tradizioni culinarie, portare nuovi ingredienti e, naturalmente, combinare nel modo
migliore possibile questi due fattori. In Marocco si producono una grande varietà di
frutta e verdura: quasi tutte le varietà tropicali e mediterranee. Il pesce e i frutti di mare
sono presenti in grande quantità mentre l'ambiente naturale è molto generoso di
pascoli per l'allevamento di pecore e capre. Anche il pollame è molto popolare in tutta la
nazione. Nonostante ciò che si possa pensare, anche il deserto fornisce un ricco raccolto
di datteri presenti nelle sue remote oasi. Molti di questi ingredienti sono da sempre
utilizzati dagli indigeni Berberi del Marocco nella preparazione dei loro piatti
tradizionali. La popolazione Andalusa, dal sud della Spagna, insegnò ai marocchini ad
utilizzare ingredienti quali le olive, olio d'oliva, alcuni frutti, le noci e le erbe nella
preparazione dei piatti. Gli Arabi, invece, introdussero le spezie, diverse varietà di pane
e piatti a base di granaglie. Il pane è parte essenziale di ogni pasto; ugualmente noto è il
'tajine' un segmento tradizionale della cucina marocchina. Tajine è perlopiù una
pentola di carne e pollame il cui nome viene dal nome della pentola con il quale viene
cotto. Il tajine è un piatto comune in tutti i ristoranti marocchini, ma il piatto nazionale
più conosciuto è il couscous. Il couscous è una farina di semolino di color crema cotto al
vapore sopra un brodo molto aromatico fatto di carne e verdure e servito con carne e
salsa creata dal brodo stesso. Le olive conservate in succo di limone e sale sono un
ingrediente essenziale in molti piatti marocchini. La preparazione più popolare è
sempre il B'stilla che viene servito in occasioni speciali, si tratta di una combinazione
stravagante di carne di piccione speziata, uova cremose aromatizzate al limone e
mandorle. L'agnello cotto sui carboni ardenti, conosciuto come 'mechoui' è servito
tradizionalmente durante il festival Aid al Kebir che ha luogo alla fine del Ramadan.
(fonte: www.cookaround.com )
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Il Matrimonio in Marocco
Il matrimonio in Marocco è celebrato seguendo una cerimonia che attinge le sue fonti in
tradizioni ancestrali. L'organizzazione del matrimonio varia in funzione delle regioni e
mette in rilievo la diversità culturale che si manifestano, in particolare, con vari riti,
costumi, musica, tradizioni culinarie ecc. Il tutto inizia il giorno prima della cerimonia
nuziale, con un bagno purificatore della sposa, bagno fatto assieme ad altre donne a lei
vicine, come parenti e amiche. Durante il bagno viene usato del profumo d’incenso e
l’illuminazione del locale è fornita da semplici candele accese per l’occasione che la
tradizione vuole illuminino il cammino della felicità. Segue la cerimonia del Henne o
“Henna”, sempre in presenza di un gruppo di amiche o parenti, una donna che sa
disegnare prepara la sposa con disegni tipici sulle mani, sulle braccia, sui piedi e/o in
altre parti del corpo secondo la volontà della sposa. Vengono utilizzate le foglie pestate e
tritate di una pianta detta del paradiso per il suo colore verde e per i simboli che essa
rappresenta come protezione del matrimonio dagli spiriti maligni e dal malocchio. Il
giorno del matrimonio si svolge la "berza", grande cerimonia di presentazione della
sposa. Vestita da un “tachcita” tradizionale, che si può cambiare fino 10 volte a seconda
la posizione sociale della sposa, ella è seduta in modo da essere vista ed ammirata da
tutti gli invitati, in un ambiente di festa ricco di suoni e di colori. In Marocco, più che
altrove, il matrimonio è percepito sul doppio piano sociale e religioso come atto di
grande importanza. A livello organizzativo le NEGAFATES prendono gelosamente in
carico la sposa nel corso del giorno del matrimonio. Queste donne (in generale due o
tre), molto puntigliose su qualsiasi piccolo dettaglio, controllano l'abbigliamento della
sposa, la sua pettinatura ed anche il suo portamento. La famiglia dello sposo si
manifesta a sua volta portando alla sposa, in una processione musicale ricca di colori,
regali offerti dal suo coniuge. È la cerimonia ''della hdia '', momento fondamentale della
celebrazione dell'unione.
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Il Fascino del Sahara
Un universo minerale che in altri tempi ha fecondato tutto un continente, conservando
nel suo cuore ricchezze inaspettate: il Marocco è una terra la cui storia si fonde con
quella dell’umanità intera. Quello che si presenta come un infinito di sabbia e roccia, di
miraggi e oasi, resta da sempre il luogo dei sogni prediletti di ogni uomo e delle sue
bizzarre evasioni.
Alle soglie del grande deserto, vicino all'Atlantico, l’attenzione dell’acuto viaggiatore è
attirata da tappe sensazionali nel vasto Sahara Occidentale: la spiaggia di Tan-Tan, sul
bordo dell'oceano., più in là, sulla costa, il capo Juby, poi Tarfaya; e ancora Laayounne,
sorta dalla sabbia, che rivela la sua trionfante modernità. Smara, capitale spirituale del
Sahara, nel cuore della sanguina al Hamra. Più a sud, alla foce del Rio de Oro, ecco
Dakhla, che ospita il suo porto per la pesca sportiva nella più bella baia del Sahara
meridionale. Il giorno spunta su Merzouga. Per vedere Merzouga, nessuno ha mai
rimpianto di essersi alzato alle 3 del mattino. Centellinare un tè alla menta
contemplando il disco rosa del sole che appare sulle gigantesche dune di Merzouga: il
Grande Sud tiene in serbo delle sorprese grandiose. Cogliete i datteri a Erfoud. Nella
sola regione di Erfoud crescono oltre un milione di palme. Ovvio che il dattero ne sia il
simbolo. E viene festeggiato ogni anno in Ottobre con una festa tradizionale, scatenata e
pittoresca. La “Vie en Rose” è protagonista a El Kelaa M’Gouna. In Maggio c’è la festa
delle rose a El Kelaa M’Gouna. Danze e cortei si succedono sotto una pioggia continua di
petali. I forni di Tamegroute. I vasai cuociono piatti, boccali, giare, all’aria aperta in
forni arcaici. Sono tutti verdi e bruni. Il verde si ottiene col manganese e il rame, il
bruno con l’antimonio e il rame.
(libero adattamento da
www.rajatabla.it)
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Le Città Imperiali
Le cosiddette Città Imperiali sono quattro città del Marocco: Fes, Marrakech,
Rabat e Meknes. Devono il loro nome all'opera delle varie dinastie di regnanti che,
in tempi diversi, le scelsero come residenza, aumentandone il fascino durante il
proprio regno attraverso importanti interventi architettonici. Prima che gli arabi
giungessero in Marocco, i berberi, che popolavano il territorio, vivevano in
agglomerati che ben difficilmente potevano essere considerate vere e proprie città.
Con la diffusione del culto musulmano si affermò il modello di agglomerato
urbano della medina secondo il modello di città fondata da Maometto. Le varie
dinastie che si susseguirono trasformarono quattro di queste città in qualcosa di
più sontuoso attraverso la costruzione di palazzi, moschee, mederse (Scuole
coraniche) e relative mura fortificate. Tali città sono conosciute con il nome di città
imperiali.
Alla fine del 700 Idris I fondò l'odierna Fes, che fu capitale anche durante la
dinastia dei Merinidi. Fes, città santa del Marocco, sorge a 350 m s.l.m., in una
fertile vallata. Sul suo territorio sono presenti botteghe tessili, di pelletteria, di
ceramiche e d'armi, oltre all'università araba. La sua medina (città vecchia) è
Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO e rappresenta, con i suoi edifici, mercati e
moschee, uno dei centri più affascinanti di tutto il mondo islamico.
Con la dinastia degli Almoravidi la residenza dei regnanti passò a Marrakech, città
situata al centro-sud del Paese a circa 150 km dalla costa dell'Oceano Atlantico.
Sotto la dinastia degli Almohadi la residenza dei regnanti fu trasferita a Rabat,
odierna capitale del Marocco. La città è situata sulla costa atlantica del paese, sulla
sponda sinistra del fiume Bouregreg.
Con Moulay Ismahil, della dinastia Alaouita, la capitale fu spostata a Meknes, città
situata nel nord del Marocco, posizionata a circa 130 km da Rabat e a 60 da Fes. Il
nuovo regnante costruì ingenti opere con l'obiettivo di offuscare la magnificenza,
dovuta ai suoi predecessori, delle altre città del Marocco. Sotto di lui Meknes, che
fino a quel momento era un'anonima città, toccò il suo massimo splendore.
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Colombia
Nome ufficiale: República de Colombia
Lingua ufficiale: Spagnolo
Capitale: Bogotà
Città importanti: Medellin, Cali, Baranquilla, Bucaramanga
Suddivisione amministrativa: 32 Dipartimenti
Forma di governo: Repubblica presidenziale
Indipendenza dalla Spagna: 20 Luglio 1810 (dichiarata), 7 Agosto 1819 (riconosciuta)
Ingresso nell'ONU: 5 novembre 1945
Superficie: 1.141.748 km2
Popolazione: 46.294.841 (2010 est.)
Montagne: Nevado del Huila (5700m),
Nevado del Ruiz (5321m), Vulcano Cumbal (4764m)
Fiumi: Magdalena, Rio delle Amazzoni, Orinoco
Moneta: Peso colombiano
PIL: 435.367 milioni di $
Agricoltura: Caffè, canna da zucchero, riso, banane, tabacco e cotone
Allevamento: Bovini, ovini, equini e suini
Risorse: Petrolio, carbone, oro e gas naturali
Religione: 80% cattolica, 7% protestante, 13% altre
Inno nazionale: Oh Gloria Inmarcesible!
Festa nazionale: 20 Luglio (Festa dell'Indipendenza)
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Lo sapevi che...?
…La Colombia deve il suo nome a Cristoforo Colombo
anche se è stata scoperta da Amerigo Vespucci;
…La Colombia ospita 102 tribù indigene, 64 di queste hanno rischiato l’estinzione nel
2010, alcune delle quali sono i Nukak Maku, gli Awa, i Guayaberos, gli Hitnu e i Sicuani;
…Ci sono poche strade asfaltate, la più famosa è la Panamericana;
…È il primo Paese al mondo per le diverse specie di orchidee, ce ne sono circa 20.000;
…Il caffè colombiano è il primo al mondo per la sua qualità;
…Nei matrimoni colombiani la torta nuziale è
la prima cosa che viene consumata;
…Le acque dolci della Colombia sono infestate da voracissimi piranha;
…Un piatto tipico colombiano è l’Hormiga Culona,
una grande formica cucinata fritta;
…La Colombia ha il primato
mondiale per la varietà di volatili;
…Molto diffuso è anche l’Orso dagli occhiali,
chiamato così per le macchie
avane che ha intorno agli occhi.
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Gabriel García Márquez
Gabriel José de la Concordia García Márquez è uno scrittore e giornalista colombiano.
Nasce ad Aracataca, un paesino fluviale della Colombia, il 6 marzo 1927.
La sua notorietà si deve principalmente alla attività di scrittore, nella quale si è espresso
ad un altissimo livello, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica in tutto il
mondo. Considerato il maggior esponente del cosiddetto realismo magico in narrativa,
ha contribuito a rilanciare fortemente l'interesse per la letteratura latinoamericana.
Nel 1967 pubblica la sua opera più nota: Cent'anni di solitudine un romanzo che narra
le vicende della famiglia Buendía a Macondo attraverso diverse generazioni.
Un'opera complessa e ricca di riferimenti e allusioni alla storia e alla cultura popolare
sudamericana che ha consacrato in tutto il mondo García Márquez come un autore del
massimo livello. Seguiranno numerosi altri romanzi e saggi, fra i quali spiccano
soprattutto L'autunno del patriarca (1975) e Cronaca di una morte annunciata, e
l'ironico L'amore ai tempi del colera, pubblicati negli anni settanta e ottanta, che
ottengono un grande successo di pubblico in tutto il mondo, e dai quali sono state tratte
omonime versioni cinematografiche.
Nel 1982 riceve il Premio Nobel per la letteratura. Nel 1999 gli viene diagnosticato un
cancro linfatico che lo spinge a iniziare a scrivere le sue memorie.
Nel 2002 pubblica la prima parte della sua autobiografia intitolata
.
Vivere per raccontarla. Nel 2004 García Márquez, vinta la sua
… . ..
battaglia contro il cancro, torna alla narrativa pubblicando il romanzo “Memoria delle mie puttane tristi”.
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Citazioni...
Non immaginava che era più facile cominciare una guerra che finirla.
"Sono tutti così", disse lei, senza meravigliarsi. "Pazzi dalla nascita."
Il primo della stirpe è legato ad un albero e l'ultimo se lo stanno mangiando le formiche.
Se sapessi che oggi è l'ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti darei
un bacio e ti chiamerei di nuovo per dartene altri.
La memoria del cuore elimina i ricordi brutti ed esalta quelli belli, e grazie a questo
artificio riusciamo a sopportare il passato.
Non smettere mai di sorridere, nemmeno quando sei triste, perché non sai mai chi
potrebbe innamorarsi del tuo sorriso.
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda.
E come la si ricorda, per raccontarla.
Non c'è medicina che guarisca quel che non guarisce la felicità.
Il tempo passa senza far rumore.
Preferiamo una tomba in Colombia piuttosto che una cella negli Stati Uniti.
Nessuno può cantare o ballare con una sensualità
così innocente come quella di Shakira.
45
Shakira
Shakira, nome d'arte di Shakira Isabel Mebarak Ripoll è una cantautrice, attrice,
ballerina e produttrice discografica colombiana. Nasce il 2 febbraio 1977 a Barranquilla,
una località portuale della Colombia sul Mar dei Caraibi.
A 13 anni emigra a Bogotá, capitale della Colombia; all’epoca aveva già alle spalle
numerosi brani scritti sin da quando aveva otto anni. La passione per il canto e per la
musica la porta ad incidere il primo disco intitolato “Magia” nel 1991, a soli 14 anni.
Decide di pubblicare nel 1995 un nuovo CD, “Pies descalzos” (Piedi scalzi), che contiene
testi più autobiografici e passionali. A sorpresa il disco ottiene un grande successo
commerciale, e impone l'autrice all'attenzione del grande pubblico statunitense,
spagnolo e specialmente di quello sudamericano.
La sua canzone più recente che ha riscosso largo successo è stata Waka Waka,
diventata poi il singolo ufficiale dei mondiali di calcio 2010.
«“Waka Waka” mi ha permesso di vivere in prima persona i Mondiali di calcio.
Un'esperienza straordinaria che ha unito il mondo per un mese intero,
forse il più bello della mia vita. Non ho mai ricevuto
così tanto affetto e amore come in quei giorni in Sudafrica».
46
Cucina Colombiana
La cucina colombiana è piuttosto semplice. Si basa sull'uso dei prodotti locali, come i
fagioli, le patate, il mais, la "quinua" e la "cubia". Abbondante e varia è la frutta
("guayaba", cocco, banane, ananas, avocado). Le popolazioni costiere sono solite
accompagnare il latte di cocco a pesce, riso, carne e pollame.
L'"iajico" e il "sancocho" sono considerati i piatti tradizionali del Paese. In Colombia si
preparano gustosissimi succhi di frutta a base di tamarindo, banane, "papaya",
"chirimoya", "maracuyà", "lulo", "curuba", "granadilla", "pitahaya", che vengono frullati
con latte (e allora la bibita si chiama "batido") oppure con acqua (e allora si chiama
"sorbete").
Molto diffusi sono il "mazato", bevanda leggera a base di riso, e il "canelazo", bevanda
più forte, a base di rhum, zucchero e cannella.
Il tipico liquore colombiano è l’"aguardiente", una specie di grappa a base di anice.
47
“Cinema e Identità”:
Incontro col Prof. Fornasari
educazione interculturale e narrazione cinematografica
Il 23 Gennaio 2012 gli studenti si sono recati presso la Sala Paolo VI a Taranto
per partecipare al Corso per la Formazione di Mediatori Interculturali
intitolato “Accogliere chi, accogliere come: dinamiche e prassi di educazione
interculturale” tenuto dal Prof. Alberto Fornasari, docente di pedagogia
sociale e interculturale presso la Facoltà di Scienze della Formazione
dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
Dopo un’introduzione riguardante i temi del Convegno, il Prof. Fornasari
ha introdotto un laboratorio interculturale strutturato su un percorso
filmico come momento formativo importante per l’educazione alla
differenza ed al pensiero plurale, proponendosi come pratica didattica
interculturale. Il titolo del laboratorio “Cinema e Identità” vuole indicare
nello specifico un percorso mirato all’esplorazione della diversità e, come
sostiene il Prof. Fornasari «Ogni uomo ha una propria specificità che altro
non è che il risultato delle relazioni con gli altri. É l’altro che ci definisce e,
infine, permette di riconoscere la nostra identità; è l’altro che fa emergere la
parzialità dei nostri punti di vista delle nostre esperienze e delle nostre
concezioni del mondo».
48
X Men III
Il film proposto di genere fantascientifico affronta la delicata tematica del
rapporto tra identità e differenza, ponendo allo spettatore la domanda se la
diversità sia una ricchezza o una “deminutio” alla quale porre rimedio
mediante processi di omologazione e assimilazione. In questo terzo episodio
della saga di X-Men sia i discepoli del professor Xavier che i seguaci di
Magneto si troveranno ad affrontare un
nuovo e più insidioso pericolo: una
medicina che può 'guarirli' dal loro stato di
diversità. Né gli uni né gli altri vogliono
però cambiare anche se le motivazioni e le
modalità per affrontare lo scontro con gli
umani sono profondamente diverse. La
tematica della paura della diversità, della
paura della ghettizzazione per la non
“uniformità culturale” sono tematiche
estremamente importanti per giovani
adolescenti che spesso costruiscono il loro profilo identitario nella logica
dell’appartenenza al gruppo e quindi attraverso l’utilizzo di marcatori
simbolici. Il film aiuta lo spettatore a riflettere che l’ “altro” da noi non è mai
l’”alienus”, e che solo attraverso l’apertura alle diversità si realizza quella che
1
don Tonino Bello amava definire la “convivialità delle differenze” .
Prof.ssa Claudia Margiotta
Nota: 1) Commento a cura
del Prof. Alberto Fornasari
49
Non soltanto i ragazzi, ma anche i loro genitori hanno contribuito alla realizzazione di
questo progetto. Ho pensato che, il coinvolgimento diretto di coloro che hanno vissuto
da vicino l’esperienza della migrazione, potesse essere un’operazione interessante per
capire e avvicinarsi meglio a questo delicato fenomeno anche da un punto di vista
emozionale. I ragazzi hanno elaborato una serie di domande- tipo e le hanno poste ai
genitori di alcuni di loro. Sono state coinvolte due famiglie albanesi, una famiglia
rumena, una famiglia cinese e una mamma di origini marocchine. Interessante
intervista che mostra il processo migratorio inverso, è quella effettuata ai genitori di
Claudia Fregona, ragazza australiana, i cui nonni di origini italiane, anni fa migrarono
in Australia.
Un discorso a parte merita l’intervista effettuata ai genitori di Roberto Amendola,
protagonisti di un discorso diverso da quelli precedentemente affrontati: l’adozione.
Penso di non dover commentare nulla perché le sole risposte della famiglia di Roberto
sono la prova di come l’adozione sia un argomento sempre molto attuale e delicato.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti i genitori che si sono prestati a rispondere a
domande spesso anche strettamente personali. Anche se le interviste possono talvolta
sembrare riduttive, in realtà sono state argomento di discussione e approfondimento
utili per affrontare questo interessante percorso anche da altri punti di vista.
Prof.ssa Claudia Margiotta
50
1.
Da quanto tempo sei in Italia?
Sono arrivata in Italia nel febbraio del 2004 e quindi vivo a Martina Franca da 8
anni.
Sono arrivata in italia 21 anni fa
2. Quali motivi ti hanno spinta a lasciare il tuo paese di origine?
Mi sono trasferita qui poiché mi sono sposata con un italiano.
La povertà e la dittatura.
3. Com’è stato il primo impatto appena arrivata in Italia? Ti trovi bene qui?
Ho notato inizialmente differenze per quanto riguarda la lingua, la cultura, le
tradizioni e soprattutto il cibo, ma adesso mi sono adattata e mi trovo abbastanza bene.
Emozionante, sembrava di essere in America. Sì… altrimenti sarei ritornata nel mio
paese.
4. Cosa ti manca maggiormente del tuo Paese? E cosa invece sei contenta di aver
lasciato?
Del mio Paese mi mancano tutti i miei parenti e la città in cui vivevo: Tirana! Sono
contenta di averlo lasciato perché non vivevo una vita sentimentale tranquilla.
La nostalgia della mia terra e i miei familiari. La povertà
5. Hai mai avuto a che fare con episodi di discriminazione?
No, anzi mi hanno accolta affettuosamente.
No, non ho mai avuto a che fare con episodi di discriminazione.
6. Come ti senti trattato dagli italiani?
Finora, mi sono trovata molto bene perché sono persone educate,
buone e disponibili nell’ascoltare gli altri.
Bene… è come se stessi nel mio Paese.
7. Oggi ti senti perfettamente integrata nella società italiana?
Ancora no, perché sono trascorsi solo otto anni da quando vivo qui.
Sì… ormai mi sento Italiana…
8. Ti senti più italiana o più albanese?
Mi sento più albanese.
… più Italiana.
9. Hai vissuto in altri Paesi?
Si, ho vissuto in Grecia per un periodo di circa un anno e mezzo.
No.
10. Da quale zona dell’Albania provieni?
Provengo da Tirana che è la capitale.
Dal Sud dell’Albania.
11. Qual è il piatto tipico del
tuo Paese?
Il piatto tipico è TAV DHEJE che si prepara con pezzettini
di carne, ricotta, pomodoro, cipolla, sale e pepe.
Fagioli.
12. E’ vero che il matrimonio viene celebrato diversamente?
Si perché dura quattro giorni e le tradizioni sono diverse.
La musica è fondamentale nel matrimonio.
il matrimonio albanese si svolge in questo modo: il mercoledì si aprono le danze
e il giovedì si offrono dolci ad amici e ai parenti mentre la sposa si prepara, poi il sabato si va in ristorante e lo sposo arriva all’una di notte per ballare con la sposa e presentare i suoi parenti. Si balla fino all’alba e dopo il taglio della torta finisce la festa.
La Domenica lo sposo va a prendere la sposa da casa sua e fa festa con la sua famiglia
e i parenti più importanti della sposa fino a che si conclude la festa.
13. Pur trasferendoti in Italia hai mai mantenuto le tradizioni e le abitudini del Paese
d’origine?
Si perché comunque sono cresciuta con queste tradizioni e trovo me stessa nelle
abitudini del mio Paese d’origine.
No, ormai usiamo le tradizioni italiane.
51
Il legame tra Italia ed Australia è antico e solido. La storia degli italiani in
Australia comincia ancor prima di James Cook, con le mappe disegnate da Padre
Vittorio Riccio, e prosegue con le testimonianze di Giacomo Mario Matra,
esploratore che viaggiò proprio con Cook.
Fu attorno al 1825 che dal canton ticino emigrarono i primi svizzeri italiani,
seguiti dall'attività di numerosi missionari. Anche l'instancabile Garibaldi toccò
le coste australiane nel 1853 con la sua nave. Ma fu con la scoperta dell'oro che
si mosse una seconda e più fitta ondata di migranti. Nino Bixio raggiunse Sydney
nel 1855 portando con sé un buon manipolo di emigranti.
Le tracce del passaggio degli italiani sono anche nella toponomastica. A nord del
New South Wales sorge la cittadina di “New Italy”, fondata da un gruppo di
persone di origine veneta dopo il fallimento di una spedizione in Nuova Zelanda.
Ma troviamo anche città con nomi marcatamente italiani, da Roma a Bronte
sino a Verona o Sorrento.
Ondate migratorie ancor più massicce ebbero luogo dopo la Prima e la Seconda
Guerra Mondiale, per cessare quasi del tutto verso la fine degli anni 60.
GLI ITALIANI IN AUSTRALIA OGGI
La recente crisi economica che ha investito l'Europa ha spinto negli ultimi anni
numerosi italiani a cercare fortuna in Australia. Le ultime cifre parlano di circa
120.000 italiani residenti nel paese, ai quali aggiungerne oltre 850.000 di
origine italiana. Un censimento del 2001 ha inoltre dimostrato che la lingua
italiana è la seconda lingua più parlata nel paese dopo l'inglese.
A differenza dei migranti del dopoguerra, però, quelli di oggi sono giovani,
relativamente benestanti e spesso hanno alle spalle un lungo percorso di studi.
Le città più “italiane” del Paese sono Melbourne (oltre 70.000 italiani) e Sydney
(attorno ai 45.000).
52
1. Quali sono state le cause del suo trasferimento in un altro paese, in questo caso
dell’Australia?
Dopo la guerra non c’erano posti di lavoro in Italia, così abbiamo deciso di
trasferirci in Australia per ottenere, probabilmente, una vita migliore.
2. Qual è stata la cosa che più le frenava una volta arrivati nel “suo nuovo” paese?
Il primo impatto è stato la non conoscenza della lingua e la grande distanza da casa.
3. Cosa le manca del “Bel Paese”?
Non manca niente. Solo la neve a Natale dato che in Australia durante il periodo
natalizio fa caldo.
4. In Australia ha avuto qualche atto di discriminazione?
No, non abbiamo avuto discriminazione perché con la comunità italiana presente in
Australia abbiamo socializzato e lavorato insieme, quindi non siamo stati esposti a
discriminazioni in nessuna città.
5. Come ha trascorso il primo periodo in Australia?
La gran parte bene, ma sempre con un po’ di difficoltà per cultura, lingua, tradizioni
diverse ma in fin dei conti siamo stati trattati bene dagli australiani.
6. Ritorna alcune volte in Italia per rivedere la sua madre-patria?
Sì, per quanto si può.
7. Si sente più Italiano o Australiano?
Sarò sempre italiano, ma dopo tanti anni qui, oramai mi sono abituato a vivere
come un ‘Australiano’.
8. È pentito della scelta che ha fatto, ossia quella di trasferirsi in un altro paese?
No.
9. In quale parte dell’Australia vive?
Tropical North Queensland, Australia.
10. Pur trasferendovi in australi avete mantenuto le
tradizioni e le abitudini del paese di origine?
Sì, parlando la lingua italiana, la cucina italiana,
quei valori presenti solo nelle famiglie italiane.
11. Aveva intenzione di andare in un altro
paese o era già proiettato per l’Australia?
Avrei dovuto andare in Canada,
ma dato che c’erano delle difficoltà
ho deciso di venire in Australia.
12. Cosa le manca di più della
cucina italiana?
La lasagna.
53
1. Da quanto tempo sei in Italia?
- Da circa 20 anni
2. Quali motivi ti hanno spinto a lasciare il tuo paese d’origine?
- Per motivi specialmente economici
3. Com’è stato il primo impatto appena arrivato in Italia? Ti trovi bene qui?
- Non ricordo il primo impatto ma ora mi trovo bene
4. Cosa ti manca maggiormente del tuo paese? E cosa invece sei contento di
aver lasciato?
- Del mio paese mi manca la famiglia e gli amici.
5. Hai mai avuto a che fare con episodi di discriminazione?
- No non mi hanno mai discriminato, anzi mi hanno fatta sentire come se fossi
nel mio paese.
6. Come ti senti trattato dagli italiani?
- Mi sento ben accolta
7. Oggi ti senti perfettamente integrato nella società italiana?
- Si, abbastanza.
8. Ti senti più italiano o più cinese?
- Mi sento quasi italiana
9. Avete vissuto in altri paesi?
- No.
10. Da quale zona della Cina provenite?
- Dallo Zhejiang
11. Qual è il piatto tipico della Cina?
- Per ogni occasione ci sono diversi piatti tipici cinesi, ma l’alimentazione
cinese è basata sul riso.
12. I tuoi genitori pur trasferendosi in Italia hanno mantenuto le tradizioni e le
abitudini di origine?
- Si, soprattutto le abitudini alimentari
13. In Cina avete famiglia, parenti, amici?
- Si, abbiamo parenti e amici.
14. Avete avuto difficoltà a integrarvi con gli italiani?
- Si, inizialmente è stato molto difficile riuscire a comprendere la lingua
italiana.
15. Volete tornare a vivere in Cina?
- Si, ci piacerebbe tornare
16. Oltre al cinese conoscete altre lingue?
- Si, l’inglese
54
•
Da quanto tempo sei in Italia?
Da vent’anni!
• Quali motivi ti hanno spinto a lasciare il tuo paese d’origine?
Non avevo speranza in un lavoro soddisfacente.
• Com’è stato il primo impatto appena arrivata in Italia? Ti trovi bene qui?
Molto emozionante e preoccupante. Si, mi trovo bene!
• Cosa ti manca maggiormente del tuo paese?
Mi manca molto la mia famiglia, le mie amiche, il paesaggio e il clima favorevole.
• Hai mai avuto a che fare con episodi di discriminazione?
Si.
• Come ti senti trattato dagli italiani?
Amata e rispettata.
• Oggi ti senti perfettamente integrata nella società italiana?
Non del tutto.
• Ti senti più italiana o più Marocchina?
Mi sento più italiana!
• Hai vissuto in altri paesi?
Si, in Francia.
• Da quale parte della Francia e Marocco provieni?
Ho vissuto in Francia, a Parigi e in Marocco, a Béni Mella.
• Quali lingue conosci e parli?
Parlo arabo, francese e italiano.
• Pur trasferendoti in Italia, hai mantenuto le tradizioni e abitudini d’origine?
No!
1. Da quanto tempo sei in Italia?
Da dieci anni.
2. Quali motivi ti hanno spinto a lasciare il tuo paese d’origine?
Problemi economici.
3. Com’è stato il primo impatto appena arrivato in Italia? Ti trovi bene qui?
Pensavo che sarebbe stato difficile integrarmi in questa nuova realtà, però alla fine non è
stato così. Si mi trovo bene qui.
4. Cosa ti manca maggiormente del tuo paese? E cosa invece sei contento di aver lasciato?
Mi manca tutto.
5. Hai mai avuto a che fare con episodi di discriminazione?
Fino ad ora no.
6. Come ti senti trattato dagli italiani?
Da certe persone non mi sento trattata molto bene.
7. Oggi ti senti perfettamente integrato nella società italiana?
Si.
8. Ti senti più italiana o più rumena?
Più italiana che rumena.
9. Avete vissuto in altri paesi?
No.
10. Da quale zona della Romania arrivate?
Dal nord-est della Romania, precisamente da Piatra Neamƫ.
11. Qual è il piatto tipico?
La Sarmale. Si tratta di involtini di foglie di cavolo in salamoia o foglie di viti scottate in
acqua salata, al cui interno vi è un misto di carne macinata, cipolle e riso leggermente saltate in
padella in precedenza. Il tutto viene cotto in pentola con acqua, un po' d'olio e un pizzico di sale.
12. I tuoi genitori hanno mantenuto le tradizioni?
Si sempre, come per esempio il giorno di Natale mia madre prepara piatti tipici della
ricorrenza.
55
1) Come mai avete deciso di adottare un bambino?
La nostra storia ha un inizio comune a quella di molte altre coppie. Ci siamo
sposati in età molto giovane e così dopo il matrimonio abbiamo iniziato a
parlare di adozione inoltrando la domanda al Tribunale per ottenere l’idoneità
internazionale, scegliendo come Paese la Colombia. Dopo due anni in lista
d’attesa, finalmente, una telefonata dove ci dicevano che due fratellini ci
aspettavano. “Ormai erano i nostri figli!”. Dopo un mese ci arriva la foto, era il
visino dei miei figli. La prima reazione fu un pianto di gioia seguito da una
telefonata a mio marito dove cercavo di spiegargli il motivo della mia telefonata,
ma non capivo più niente, gli occhi erano fissi sulla foto.
Vi assicuro, che non ci sono parole che esprimono lo stato d’animo di quei
momenti, è come se tutto si illuminasse all’improvviso.
Sono passati un po’ di anni e spesse mi ritrovo con i miei figli a ricordare quel
momento nel quale decidemmo io e mio marito di desiderare dei figli di colore.
2) Che effetto ha avuto su di voi la prima volta che l’avete incontrato?
Il momento del primo incontro è stato il momento più intimo e vero di
_questo percorso. È stato un momento magico, una gioia inimmaginabile,
__un incontro travolgente… Non saprei come descriverlo: eravamo
___emozionati, timorosi, impauriti ed entusiasti, tutto allo stesso tempo. È
__stato l’attimo che ha cambiato la nostra vita. È incredibile vedere bambini
__che non ti hanno mai conosciuto, che fino ad un attimo prima non
_______sapevano nulla di te, e si affidano completamente e ti riconoscono
_________come mamma, come papà. Ricordo Roberto che quando arrivammo
___________a casa mi guardò e mi disse “Mamma”, nella sua lingua, i miei
___________occhi si illuminarono di gioia.
_________________Insomma, non è un legame genetico a renderci figli e genitori, ma
__________________è la condivisione delle nostra quotidianità. Crescere insieme,
_________________conoscersi, condividere la gioia e i dolori, litigare, fare pace,
________________affezionarsi ed amarsi ogni giorno di più. È questo che ci rende
____________davvero genitori e figli.
3) Quanto è durato il procedimento per l’adozione?
Il procedimento per l’adozione è durato in tutto tre anni, uno per
ottenere l’idoneità e due anni in lista di attesa in Colombia.
Le difficoltà non sono state tante, perché abbiamo superato tutti i
colloqui tranquillamente, non avendo dato alcuna preferenza sull’età,
sul sesso o sul colore della pelle. Insomma la nostra determinazione
ha convinto tutti.
56
4) Come mai avete scelto la Colombia?
Abbiamo scelto la Colombia, perché inizialmente avevamo conosciuto un
bambino colombiano, i suoi occhioni neri erano rimasti nel nostro cuore, per
questo decidemmo di adottare anche noi un bimbo colombiano, anche se poi Dio
ce ne ha donati due.
Nonostante sono passati molti anni, la Colombia è rimasta parte di noi, è molto
meglio di quel che si crede. Il nostro istinto genitoriale non ci faceva pensare
assolutamente alle difficoltà e ai pericoli che avremmo incontrato: i paramilitari
e la guerriglia. Quando siamo arrivati all’aeroporto c’erano parecchi ragazzi
della vostra età, con i fucili. I controlli erano tantissimi, ci consigliarono di non
uscire da soli dall’aeroporto, perché diventava rischioso.
Dopo 21 giorni , purtroppo dovevamo lasciare il Paese dei miei figli, eravamo
pronti per il rientro in Italia e prima di salire sull’aereo pensai: “Ciao Colombia,
porto via con me due gioielli che non hanno prezzo, porto via le tue immagini, la
tua gente, le tue cose. Arriverà il giorno in cui con i nostri figli parleremo di te e
ti descriveremo. Gli spiegheremo di te, cercheremo di fargli vedere quello che i
nostri occhi hanno visto”.
5) Che cosa avete visto di particolare?
Abbiamo visto tanto in Colombia: l’atmosfera giovanile, amichevole e
disponibile del popolo; il traffico intenso della città; gli autobus tutto colorati e
variopinti; la gente che si accalcava sugli autobus; la disponibilità della gente ad
aiutarti; i venditori ambulanti per strada; tantissimi taxi; i bambini giocare per
strada scalzi in mezzo al traffico; la paura ad attraversare la strada; il contrasto
tra il lusso dei centri commerciali e la povertà dei quartieri di baracche; le
guardie armate negli aeroporti con i cani pronti a intervenire; la burocrazia
snella e leggera; infine i ragazzini che ti mettevano la spese nella borse e te la
portavano in cambio di pochi spiccioli.
Tante tante emozioni!
6) Da quale parte della Colombia viene Roberto?
Cosa vi ha colpito di questa zona?
Roberto arriva, o meglio è nato a Ciudad Bolivar Antiqua. Purtroppo siamo stati
ospiti in una famiglia per 17 giorni a Medellin e per tre giorni a Bogotá, per
questo non conosciamo bene il posto dove è nato mio figlio.
Vi posso solo dire che parecchi
erano i bambini che in quel
posto vivevano nella povertà
ed era molto pericoloso visitarlo
in quanto c’era molta violenza.
57
Il gioco duro dell'integrazione:
L’Intercultura sui campi da gioco
Davide Zoletto
Listino € 12,00
Editore Cortina Raffaello
Pagine 190, brossura
EAN 9788860303011
Quali sono i giochi preferiti dei bambini nati in Italia da genitori
migranti? E come è possibile promuovere percorsi educativi interculturali che, partendo da giochi e sport, riescano a coinvolgere ragazzi migranti e italiani insieme, a scuola e altrove? Insegnanti ed educatori troveranno risposta a tali domande in
questo libro, che esplora alcuni dei luoghi dove "si gioca" oggi l'integrazione in Italia. Ne
emerge un quadro in cui si incontrano esempi concreti di cortili, parchi e piazze dove
ragazzi italiani e stranieri, giocando insieme, imparano a conoscersi e apprezzarsi.
L’Orda:
Quando gli Albanesi eravamo noi
Davide Zoletto
Listino € 9,90
Editore Rizzoli
Pagine 320, brossura
EAN 9788817108072
Un saggio vibrante d'impegno civile e
morale che ricostruisce una
pagina importante della
storia sociale d'Italia, un
tempo, non troppo lontano,
tra la fine dell'Ottocento e
l'inizio del Novecento, in cui
i clandestini, gli immigrati
disperati eravamo noi. Un
libro contro il razzismo,
l'egoismo e i pregiudizi.
58
Voglia di Comunità
Zygmunt Bauman
Listino € 8,00
Editore Laterza
Pagine IX-145, brossura
EAN 9788842068815
La comunità ci manca perché ci manca la sicurezza, elemento
fondamentale per una vita felice, ma che il mondo di oggi è
sempre meno in grado di offrirci e sempre più riluttante a
promettere. Ma la comunità resta pervicacemente assente, ci
sfugge costantemente di mano o continua a disintegrarsi,
perché la direzione in cui questo mondo ci sospinge nel
tentativo di realizzare il nostro sogno di una vita sicura non ci
avvicina affatto a tale meta; anziché mitigarsi, la nostra
insicurezza aumenta di giorno in giorno, e così continuiamo a
sognare, a tentare e a fallire. Ma se riuscissimo a realizzare una
collettività amica, la comunità richiederebbe una lealtà
incondizionata e noi perderemmo libertà e autonomia. È il
dilemma affrontato da questo saggio.
Pluralismo, multiculturalismo e estranei:
Saggio sulla società multietnica
Giovanni Sartori
Listino € 7,80
Editore Rizzoli
Pagine 192
EAN 9788817128087
Il libro affronta, in modo politicamente
"non corretto", il tema quanto mai
attuale di una società multirazziale
che darà i suoi frutti migliori non
inseguendo il superficiale sogno di
un pluralismo indifferenziato, ma
attuando un multiculturalismo che,
grazie alla tolleranza e al riconoscimento delle peculiarità delle
diverse culture, abbia come conseguenza una società veramente
pluralistica.
59
Listen Up!
The Official 2010 FIFA World Cup Album
AA.VV.
Tipo album:
Pubblicazione:
Dischi:
Tracce:
Genere:
Etichetta:
Studio
31 maggio 2010
1
12
Dance
Epic Records
Listen Up! The Official 2010 FIFA World
Cup Album è l'album ufficiale della FIFA
2010 creato per il Campionato
mondiale di calcio Sudafrica 2010.
L'album contiene Waka Waka (This
Time for Africa) di Shakira, inno
ufficiale della competizione.
Tracce:
1. Sign of a Victory (R. Kelly, Soweto
Spiritual Singer) - 4:13
2. Waka Waka (This Time for Africa)
(Shakira, Freshlyground) - 3:22
3. Viva Africa (Nneka) - 3:21
4. One Day (Matisyahu) - 3:28
5. Shosholoza (Ternielle Nelson,
Jason Hartman, Uju, Louise Carver,
Aya, Deep Level) - 3:42
6. Ke nako (J Pre, Wyclef Jean,
Jazmine Sullivan, B. Howard) - 4:04
7. Move On Up (Angélique Kidjo,
John Legend) - 3:07
8. Spirit of Freedom (Uju, Judy
Bailey) - 3:53
9. Game On (Pitbull, TKZee, Dario G)
- 3:19
10. Maware maware (Misia, M2J,
Francis Jocky) - 3:40
11. As Mascaras (Claudia Leitte, Lira) 3:11
12. Hope (Siphiwo, Nelson Mandela) 3:50
60
Sognando Beckham
Bend It Like Beckham
Regia di Gurinder Chadha
Paese:
Regno Unito, Germania, USA
Anno:
2002
112 min
Durata:
Genere:
commedia, romantico, sportive
Interpreti e personaggi
• Parminder Nagra: Jess Bahmra
• Keira Knightley: Jules Paxton
• Jonathan Rhys-Meyers: Joe
• Anupam Kher: Mr. Bahmra
• Archie Panjabi: Pinky Bahmra
Secondogenita di una famiglia immigrata
negli anni '50, la diciannovenne anglo-indiana
Jess Bhamra gioca a calcio di nascosto invece
di imparare a cucinare e trovarsi un marito,
sognando di far parte di una squadra di
professioniste. 3° lungometraggio di G.
Chadha nata in Kenya e cresciuta alla BBC, è il
caso raro di film sul calcio femminile in cui il
football è messo in immagini con
coreografico brio negli allenamenti e, un po'
meno bene, in partita. Scritta dalla regista
con Paul Mayeda Berges, la commedia ha i
limiti evidenti di una success story di
hollywoodiana ingegneria con tutti gli
stereotipi al posto giusto. Al di là del
programmatico ottimismo che diventa qua e
là gioia di vivere, contano la scioltezza
registica, la direzione degli attori, la colonna
musicale in cui i ritmi del pop britannico si
contaminano con le melodie tradizionali del
Punjab. Il titolo è riferito a David Beckham,
famoso giocatore (n. 7) del Manchester
United e della nazionale inglese.
Recensione a cura di
Laura, Luisa e Morando Morandini
61

Të gjithë njerëzit lindin të lirë dhe të barabartë në
dinjitet dhe në të drejta. Ata kanë arsye dhe
ndërgjegje dhe duhet të sillen ndaj njëri tjetrit me
frymë vëllazërimi.
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1
Dëgjo shtate a tete,
bej si di vete.
Ascolta sette o otto consigli,
infine fai come sai tu.

(P ro ve rb io Alb an e se)

Cuvantul e de argint
si tacerea e de aur.
La parola è d'argento
ed il silenzio d'oro.
Toate fiinţele umane se nasc libere şi egale în
demnitate şi în drepturi. Ele sunt înzestrate cu
raţiune şi conştiinţă şi trebuie să se comporte unele
faţă de altele în spiritul fraternităţii.
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1

(P ro ve rb io Ru men o )

Sarebbe meglio se i guerrieri non avessero un
aspetto truce, se gli studiosi non avessero un'aria
saccente, se i prigionieri delle montagne non
avessero l'odore delle nebbie e se i monaci non
avessero odore di incenso e altari.

(P ro ve rb io Cin e se )
人人生而自由,在尊严和权利上一
律平等。他们赋有理性和良心,并
应以兄弟关系的精神相对待。
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1
62

Those who lost dreaming
are lost.
Quelli che smettono di
sognare sono perduti
All human beings are born free and equal in dignity
and rights. They are endowed with reason and
conscience and should act towards one another in a
spirit of brotherhood.
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1

(P r o ve r b io Abo rige no )

‫ﻡﺕﺱﺍﻭﻱﻥﻑﻱﺍﻝﻙﺭﺍ ﻡﺓ‬
‫ ﻱﻭﻝﺩ ﺝﻡﻱﻉ ﺍﻝﻥﺍﺱ ﺃﺡﺭﺍ ًﺭﺍ‬Le tempeste dell'anima sono
peggiori delle tempeste di
‫ﻭﻕﺩ ﻭﻩﺏﻭﺍ ﻉﻕ ًﻝ ﻭﺽﻡﻱ ًﺭﺍ ﻭﻉﻝﻱﻩﻡ ﺃﻥ‬.‫ﻭﺍﻝﺡﻕﻭﻕ‬
sabbia
‫ﺽﺍﺏﺭﻭﺡ اإلﺥﺍء‬
ً ‫ﻱﻉﺍﻡﻝﺏﻉﺽﻩﻡﺏﻉ‬.

Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1
(P ro ve rb io M aro cch in o )
Todos los seres humanos nacen libres e
iguales en dignidad y derechos y,
dotados como están de razón y
conciencia, deben comportarse
fraternalmente los unos con los otros.

Acqua che non devi bere,
lasciala scorrere

Dichiarazione universale
dei diritti dell'uomo - Art.1
(P ro ve rb io
Co lo m b iano )
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Voci senza Frontiere
Giunge ormai al termine questo lungo e appassionante Viaggio
attraverso i Cinque Continenti, ed essendomi concesso di epilogare con
delle personali riflessioni, non mi lascio mancare questa occasione. Non
sarà mia intenzione, di certo, concludere con un “punto fermo”, affinché
nessuno interrompa la Voce di questi “Mille e uno Ragazzi”, quanto
piuttosto con tre timidi puntini di sospensione, che pur tuttavia
rappresenteranno la direzione verso i traguardi venturi…
Il primo fra questi è stato già conquistato quando ciascuno di loro ha
accolto con slancio la proposta di partecipare al progetto, e ancor prima
quando quest’attività è stata ideata dalla docente referente, la Prof.ssa
Claudia Margiotta, non per far fronte alle comuni esigenze di mero
profitto, ma a favore della conoscenza e del confronto di esperienze
(pure parecchio diverse), proprio in un’ottica di “arricchimento sulla
base delle reciproche differenze”.
All’invito della mia Cara Prof, sono tornato con piacere entro queste
mura, e seppure con alcune difficoltà ho colto con sincero entusiasmo
l’opportunità di collaborare alla realizzazione di questo progetto...
Un progetto che non è restato tale, ma che ha preso la forma del grazioso
volumetto che reggete or ora fra le mani.
Desidero esprimere il mio ringraziamento a ciascuno dei protagonisti,
nessuno escluso, e il mio apprezzamento nel constatare questa spiccata
sensibilità verso la realtà multiculturale proprio nell’ambiente, a me
tanto caro, della Scuola: di sicuro il luogo privilegiato alla percezione del
sentimento di tolleranza, e alla conseguente promozione del rispetto
della diversità, come forma di apertura e di dialogo nella ricerca di un
nuovo autentico modo di fare società.
Congratulazioni! Che le vostre Voci risuonino oltre ogni frontiera!
Con sincero Affetto,
Gabriele Rosato
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Terre Lontane
Se fossi aria, sulle Ali del Vento,
sorvolerei i cieli azzurri dell’America Settentrionale;
Se fossi acqua, dai profondi abissi d’Oriente
porterei a riva le perle più rare che essi celano;
Se fossi fuoco, alimenterei la fiamma che tiene viva
la Passione e le antiche Tradizioni in Oceania;
Se fossi Terra, tremerei al magico e coinvolgente
ritmo delle danze Latinoamericane;
Se fossi Sabbia tempesterei le dune Africane
di preziosa polvere magica;
Se fossi Luce, brillerei anche nelle notti
più buie nei cieli dell’estremo Nord d’Europa.
Ma sono un semplice Sognatore,
e perciò custodisco il Ricordo del nostro Incontro
come un Tesoro, prezioso al punto,
che nessuno Scrigno potrà contenere.
Gabriele Rosato
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Grazie a voi cari studenti,
per le emozioni che mi avete regalato, per la capacità nel prendermi per mano e condurmi sulle ali
delle parole e delle immagini in mondi lontani e vicini, tra culture, tradizioni e sapori.
Grazie per aver trasformato la nostra scuola in un luogo privilegiato in cui le storie differenti e
plurali, le narrazioni, le dimensioni valoriali, i riferimenti religiosi non solo con-vivono, ma
inter-agiscono per costruire insieme un ambiente dove tutti e ciascuno possano sentirsi “a casa”.
Grazie a lei prof.ssa Margiotta,
per aver favorito non tanto la transizione da una all’altra cultura, quanto per l’aver creato spazi e
tempi pedagogici capaci di andare oltre le reciproche differenze.
È riuscita abilmente a creare contesti multiculturali richiamando i concetti di “identità e
appartenenza” di “alterità e relazione” che trovano senso e significato nella mediazione educativa
finalizzata alla costruzione di una spazio di cittadinanza dove è possibile la convivialità delle
differenze.
Grazie a voi genitori,
per la collaborazione e per aver dato “corpo” al concetto:
“Ognuno impara meglio nella relazione con gli altri”.
Grazie a te Gabriele,
per aver messo il tuo talento, la tua creatività a disposizione della scuola che ha fatto parte del tuo
passato e spero faccia parte del tuo presente e futuro.
Grazie per essere esempio di una scuola “della mente e del cuore”, dove dialogano saperi,
conoscenze e abilità, dove il “tutto” è veicolato in un ambiente di “traffico emotivo/affettivo” che
perdura nella stagione post-scolastica della vita.
La vostra Dirigente Scolastica
Prof.ssa Adele Quaranta