Violazione al Codice della strada . MANCATA

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Violazione al Codice della strada . MANCATA
Violazione al Codice della strada
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MANCATA COMUNICAZIONE DEI DATI DEL CONDUCENTE
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Nell'applicazione anche del testo originario dell'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, la
necessità di distinguere il comportamento di chi si disinteressi della richiesta di comunicare i dati
personali e della patente del conducente, non ottemperando, così, in alcun modo all'invito rivoltogli
(contegno per ciò solo meritevole di sanzione) e la condotta di chi abbia fornito una dichiarazione di
contenuto negativo, sulla base di giustificazioni, la idoneità delle quali ad escludere la presunzione
relativa di responsabilità a carico del dichiarante dovrà essere vagliata dal giudice comune, di volta
in volta, anche alla luce delle caratteristiche delle singole fattispecie concrete sottoposte al suo
giudizio.
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[Corte Costituzionale, Sentenza n. 165 del 07.05.08, Pres. Bile, Relatore Quaranta]
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(Nota di commento a cura di Avv. Giacomantonio Russo Walti)
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LA COMUNICAZIONE DELL’IDENTITA’ DEL CONDUCENTE DEL VEICOLO
DI CUI ALL’ART. 126 BIS, II CO., C.D.S.:
UN PROBLEMA ANCORA APERTO
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di
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Avv. Giacomantonio Russo Walti
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1. Premessa.
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Il provvedimento in commento, pur confermando i principi già in precedenza stabiliti dalla Corte
Costituzionale sull’obbligo del proprietario del veicolo al quale venga contestata la violazione di una norma
del codice della strada che comporti la decurtazione dei punti della patente di comunicare i dati personali del
conducente, risulta di particolare interesse per la non celata netta presa di distanza dall’orientamento
espresso dalla Corte di Cassazione, nella medesima materia, nella recente sentenza n. 13748 del 12 giugno
2007. Due sono le questioni decise unitariamente dalla Corte per motivi di opportunità, stante l’unicità della
norma in contestazione.
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2. La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice di Pace di Ronciglione.
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Il Giudice di Pace di Ronciglione ha ritenuto la non manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 126 bis, II co., C.d.S. ritenendo che l’obbligo a carico del proprietario di
comunicare i dati personali del conducente sia lesivo, per un verso, del diritto di riservatezza del medesimo
conducente e, per altro verso, qualora l’autore dell’infrazione sia lo stesso proprietario, del diritto del
trasgressore a non confessare un illecito (nemo se ipsum accusare tenetur).
Il Supremo Collegio esclude la fondatezza della questione, relativamente al diritto alla riservatezza,
spiegando che tale diritto individuale deve cedere il passo innanzi al più rilevante interesse generale della
collettività alla sicurezza pubblica, interesse che, nel caso di specie, consiste nell’assicurare l’incolumità
personale dei soggetti coinvolti nella circolazione stradale.
Riguardo, invece, al “diritto al silenzio” del trasgressore, la Corte osserva che l’obbligo di emettere
una dichiarazione con eventuale contenuto confessorio sarebbe bilanciato dalla possibilità data al medesimo
trasgressore di promuovere, avverso il verbale di accertamento, opposizione innanzi al Giudice di Pace.
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3. La questione sollevata dal Giudice di Pace di Cittadella.
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Il Giudice di Pace di Cittadella solleva dubbi, invece, sulla legittimità costituzionale della norma in
commento, nella sua formulazione anteriore alle modifiche apportate dal D.L. 03.1.0.06 n. 262, convertito
nella L. 24.11.06 n. 286, in cui non era prevista la possibilità per il proprietario, in presenza di giustificati
motivi, di evitare la sanzione per non avere indicato le generalità del responsabile della violazione.
La Suprema Corte, richiamando la precedente Ordinanza n. 244 del 2006 che aveva ritenuto
infondata la questione per non avere il giudice a quo esaminato la possibilità di pervenire ad interpretazioni
della norma conformi alla costituzione, rileva che il Giudice del merito avrebbe dovuto verificare se il rinvio
disposto dall’art. 126 bis, II co., C.d.S. all’art. 180, VIII co., C.d.S. non potesse ritenersi esteso anche alla
prima parte della seconda norma, che prevede la possibilità di escludere la responsabilità dell’autore della
violazione (consistente, nella fattispecie, nella mancata comunicazione delle generalità del conducente) in
presenza di giustificati motivi.
Parimente, il Giudice a quo avrebbe dovuto esaminare la possibilità di applicare alla fattispecie la
norma di cui all’art. 3 L. 689/1981, che subordinando la responsabilità del trasgressore all’esistenza di
un’azione od omissione volontaria e cosciente, considera implicitamente quali cause di esonero di
responsabilità il caso fortuito o la forza maggiore.
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4. Ulteriori precisazioni della Corte Costituzionale.
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Il Giudice delle Leggi non si ferma alle considerazioni sopra sinteticamente riassunte, ma prende
espressamente posizione sulla sentenza della Corte di Cassazione n. 13748 del 12.06.07, secondo la quale
“……il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle
pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l'identità dei soggetti ai quali
ne affida la conduzione, onde dell'eventuale incapacità d'identificare detti soggetti necessariamente
risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente
osservanza del dovere di vigilare sull'affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di
comunicare l'identità del conducente”.
Secondo la Cassazione, quindi, il legislatore avrebbe introdotto un nuovo illecito amministrativo,
consistente nel mancato adempimento, da parte del proprietario del veicolo, dell’obbligo di comunicare alla
Pubblica Amministrazione l’identità del conducente che ha commesso la violazione, illecito di cui il
proprietario risponderebbe sempre, anche nel caso, come quello sottoposto all’attenzione dei giudici di
legittimità, in cui veniva asserita l’esistenza di un motivo di giustificazione.
Da tale decisione prende nettamente le distanze la Corte Costituzionale, la quale, richiamando la
citata Ordinanza n. 244 del 2006, precisa che “tra le varie interpretazioni della norma oggi censurata rientra
anche quella che riconosce «la possibilità di discernere il caso di chi, inopinatamente, ignori del tutto l'invito
“a fornire i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione” da quello di
colui che, “presentandosi o scrivendo”, adduca invece l'esistenza di motivi idonei a giustificare l'omessa
trasmissione di tali dati».
Insomma, a parere della Corte, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 126 bis, II
co., C.d.S., sia nella vecchia che nella nuova formulazione, deve portare a ritenere esente da responsabilità
il proprietario del veicolo che dimostri l’impossibilità di rendere una dichiarazione diversa da quella negativa,
poiché la norma in commento non sanzionerebbe la mera omessa collaborazione del proprietario del veicolo
(come sostenuto dalla Cassazione), ma il rifiuto a collaborare di colui che, essendone in grado, non fornisce
le generalità del conducente.
Conseguentemente, in caso di omessa comunicazione, sussisterebbe non una presunzione iuris et
de iure, come sostenuto dalla Cassazione, ma solo una presunzione iuris tantum di responsabilità, dovendo
necessariamente ammettersi, anche per evitare un’inammissibile lesione del diritto alla difesa di cui all’art.
24 Cost., la possibilità, da parte del proprietario, di escludere la propria responsabilità dando prova di non
essere stato in grado di effettuare la comunicazione per motivi che dovranno essere valutati caso per caso
dal Giudice del merito.
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5. Conclusioni.
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La sentenza della Corte Costituzionale, assolutamente condivisibile nei contenuti, lascia tuttavia
perplessi perché proprio l’esistenza di una interpretazione legislativa tanto difforme da parte della Corte di
Cassazione avrebbe forse reso preferibile una pronuncia direttamente modificativa della norma in
contestazione.
La semplice enunciazione dei principi interpretativi aderenti alla costituzione lascia invece comunque
la porta aperta ad interpretazioni che tali principi ignorino completamente.
Ad ogni buon conto, l’interprete che vorrà aderire ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale non
potrà interpretare la norma in commento nel senso indicato dalla Corte di Cassazione, che ipotizza una sorta
di responsabilità oggettiva del proprietario del veicolo, ma dovrà tenere in debito conto la possibilità del
medesimo di addurre giustificati motivi idonei ad escluderne la responsabilità.
In tale ottica, la locuzione utilizzata dalla nuova formulazione della norma, “giustificato e
documentato motivo”, dovrà necessariamente essere letta in senso atecnico, laddove “documentato“ non
deve ritenersi riferito esclusivamente alla prova documentale, ma a qualsiasi mezzo di prova. Infatti, è di
tutta evidenza che la limitazione della prova ai soli documenti risulterebbe palesemente in contrasto con i
diritti di difesa e di uguaglianza previsti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione, nonché con tutte le
considerazioni sopra esposte dalla Corte delle Leggi.
Il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione, inoltre, potrà trovare giustificazione sia
nell’ipotesi di mero invio della dichiarazione (si pensi, in via esemplificativa, a chi non abbia potuto inviare la
dichiarazione nei termini per essere stato trattenuto all’estero per un lungo viaggio di lavoro), sia nell’ipotesi,
più evocativa della buona fede del trasgressore, in cui la dichiarazione venga comunque inviata, indicando i
motivi che non hanno permesso di identificare il conducente (si pensi alla situazione del proprietario del
veicolo che svolge un’attività che, per il gran numero di veicoli utilizzati, non gli permette di conoscere chi
abbia utilizzato il veicolo a distanza di molti mesi di tempo).
Altri esempi di cause di giustificazione possono ravvisarsi nella situazione di chi non abbia inviato la
comunicazione per avere promosso, contro il verbale di accertamento, ricorso in via giurisdizionale o
amministrativa; di chi non abbia mai ricevuto la richiesta di comunicazione; di chi possieda un veicolo che
viene utilizzato indifferentemente da tutti i membri della famiglia senza che sia possibile ricordare, a distanza
di mesi, chi abbia utilizzato il veicolo in un particolare giorno.
In tutte queste ipotesi, come in ogni altra in cui il trasgressore lamenti l’impossibilità di conoscere
l’identità del conducente o una diversa causa impeditiva dell’obbligo di comunicazione, il Giudice, in
aderenza ai suddetti principi, non potrà ritenere la colpa del proprietario del mezzo per negligente
osservanza del dovere di vigilare sull'affidamento del medesimo veicolo, ma dovrà valutare caso per caso
l’esistenza ed il fondamento delle cause di giustificazione lamentate dal ricorrente.
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Roma, 1 luglio 2008
Avv. Giacomantonio Russo Wälti
[email protected]