RASSEGNA STAMPA VENERDÌ 28 DICEMBRE 2012 UN

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RASSEGNA STAMPA VENERDÌ 28 DICEMBRE 2012 UN
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RASSEGNA STAMPA
VENERDÌ 28 DICEMBRE 2012
UN AFORISMA AL GIORNO:
«I buoni propositi per l’anno nuovo sono assegni
che gli uomini versano in una banca
dove non hanno nemmeno un conto!»
(Oscar Wilde)
 Baratro fiscale, parte il conto alla rovescia ........................................................... 2
 Mercati, è corsa ai BoT: tassi allo 0,94% ............................................................... 4
 Piazza Affari in rialzo al test di fine anno .............................................................. 5
 «Dalla Bei emissioni per 70 miliardi nel 2013» .................................................... 6
 Generali, salta il patto Crt-Palladio ........................................................................ 8
 Bfa-Bankia: il buco di capitale in crescita oltre 14 miliardi ................................ 9
 Meno BoT nell’agenda del Tesoro .......................................................................... 10
 Il Tesoro fa il pieno alle aste di fine anno ............................................................. 11
 Multe, canone Rai e addizionali comunali
La stangata da 1.500 euro dell’anno nuovo ........................................................ 12
 Via a mini Patrimoniale e Tobin Tax ecco tutte le Imposte sul Risparmio ........ 13
 Taglio di strutture e segretari La spending review della Cisl .............................. 14
 Generali, Crt e Ferak verso il divorzio
I veneti «disponibili» a rilevare la quota ............................................................. 15
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Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
1
 Washington pronta a misure anti-default .............................................................. 16
 Tagli ai salari e licenziamenti “american camalli”
in rivolta è il ritorno di Fronte del Porto ............................................................ 17
 Casa, addio autocertificazione ecco le scadenze per mutui e bonus .................. 19
 Gamberale domina il risiko degli aeroporti ........................................................... 20
*il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012
di: Vittorio Da Rold
Baratro fiscale,
parte il conto alla rovescia
Ore decisive per evitare la crisi: domenica seduta straordinaria della Camera dei
rappresentanti
L'IPOTESI
La Casa Bianca sarebbe disposta a trattare sull'estensione dei tagli alle imposte ma non sulla
riduzione dei sussidi
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Colpo di scena sul fiscal cliff in zona cesarini. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sarebbe stato
secondo la CNN in procinto di presentare al Congresso una nuova proposta per evitare il «precipizio fiscale»
ma la Casa Bianca ha poi smentito. Si sarebbe trattato di un piano «ridotto» e che avrebbe dovuto includere
alcuni elementi del pacchetto che lo stesso Obama aveva presentato la scorsa settimana e cioé l'estensione dei
tagli fiscali per coloro che guadagnano meno di 250 mila dollari l'anno.
L'ennesima doccia fredda arriva il giorno dopo un duro intervento del segretario al Tesoro americano, Timothy
Geithner, che ha acuito le tensioni, lanciando un avvertimento al Congresso: lunedì il debito degli Stati Uniti
toccherà il tetto massimo di 16.394 miliardi di dollari.
In una lettera inviata al Congresso, il segretario al Tesoro ha annunciato che è pronto ad adottare «misure
straordinarie» per rinviare il default del Paese. L'obiettivo è creare una «zona cuscinetto» di circa 200 miliardi,
utile a rinviare il problema di un paio di mesi, in attesa di un accordo tra repubblicani e democratici.
Un tentativo in extremis per evitare che gli Usa si riprendano il palcoscenico nella lunga saga della crisi del
debito sovrano che per due anni ha visto l'Europa sotto i riflettori dei mercati grazie alle "performance"
negative di Grecia, Irlanda e Portogallo, e la partecipazione straordinaria della Spagna e quella, per ora solo
sfiorata, dell'Italia.
Mentre la crisi del debito europeo è, per ora, tamponata, tutta l'attenzione dei mercati internazionali è tornata
sull'altra sponda dell'Atlantico, dove si cerca accordo bipartisan entro la fine dell'anno per evitare il baratro
fiscale, il doppio impasse che deve affrontare Wasghington quando scadranno gli incentivi fiscali introdotti da
Bush e si dovrà trovare un accordo sul tetto al debito.
A ribadire ieri che l'intesa al Congresso era ancora lontana era stato il leader della maggioranza al Senato, il
democratico Harry Reid, che aveva chiesto ai colleghi della Camera di tornare a Washington (la Camera dei
Rappresentanti é stata convocata domenica 30 dicembre in sessione straordinaria alle 18,30 locali, mezzanotte e
trenta del 31 dicembre in Italia) per far ripartire i negoziati ed evitare che gli Usa finiscano nel precipizio fiscale
- situazione determinata dai tagli alla spesa e dall'aumento delle tasse - nel 2013.
«Sembra» che il Congresso fallirà e che non si troverà un accordo entro la fine dell'anno, ha detto Reid. Il
precipizio fiscale? «È dove ci stiamo dirigendo».
Come sembrano lontani i tempi in cui Geithner chiedeva incessantemente agli europei di risolvere «in fretta» la
loro crisi dei debiti sovrani.
Intanto il presidente Barack Obama tornato al lavoro aveva sondato al telefono lo stesso Reid, lo speaker della
Camera, John Boehner, la leader della minoranza alla Camera, Nancy Pelosi, e Mitch McConnell, leader della
minoranza al Senato.
Tutti avevano sentito tutti per cercare di evitare l'onda d'urto dei tagli e aumenti di tasse automatici che
colpirebbe Wall Street e a ruota gli oltre due milioni di americani che vivono dei sussidi di disoccupazione e
che li perderebbero, insieme ai lavoratori dipendenti che vedrebbero aumentare di due punti percentuali le
imposte sui redditi con paghe decurtate e riduzione dei consumi. L'eventuale fallimento del negoziato per
evitare il fiscal cliff - un baratro da 600 miliardi di dollari tra aumenti delle imposte e tagli della spesa investirebbe per gradi l'economia Usa, fino a portarla in recessione a metà 2013 e fino a spingere la
disoccupazione al 9,1% (dal 7,7%) entro la fine dell'anno prossimo, secondo le stime del Congressional budget
office.
Insomma un colpo che vanificherebbe tutti gli sforzi di politica monetaria fin qui fatti dalla Fed di Ben
Bernanke.
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Democratici e repubblicani trattano sul fiscal cliff da oltre un anno senza successo. Nel 2011 il presidente
Obama propose un piano di tagli da 4mila miliardi di dollari compensati da 2mila miliardi di nuove entrate
fiscali, tra cui una tassa sui più ricchi. Secco il "no" dei conservatori che non accettarono alcun taglio alla
difesa. Quest'anno il presidente è tornato all'attacco con la proposta di un aumento delle tasse solo per i redditi
oltre i 250mila dollari (il 2% degli americani che comunque verrebbero colpiti dal fiscal cliff), ma per i
repubblicani l'idea è «inaccettabile»,. L'unico tetto oltre cui erano disposti a trattare è quello da un milione di
dollari (lo 0,3% della popolazione).
Si calcola che il fiscal cliff con i tagli al welfare e l'aumenti delle tasse possa portare a un crollo del 3% del Pil
nazionale. Senza contare le ripercussioni finanziarie, con le agenzie di rating pronte a tagliare la loro
valutazione sugli Stati Uniti. Proprio come avvenne nell'estate 2011, quando senza accordo sul tetto del debito
S&P's tolse agli Usa per la prima volta la tripla A.
*il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012
di: Mara Monti
Mercati, è corsa ai BoT:
tassi allo 0,94%
Il Tesoro incassa 11 miliardi: cala il rendimento dei CTz, in lieve aumento quello dei
semestrali
PROSPETTIVE
Secondo lo scenario di Intesa Sanpaolo il differenziale BTp-Bund nel 2013 si manterrà in
media a 280 punti
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MILANO
La penultima asta dell'anno ha fatto il tutto esaurito nel collocamento dei BoT e dei CTz per 11 miliardi di euro.
Un risultato scontato nonostante gli scarsi volumi in una seduta ancora festiva con un numero esiguo di
operatori presenti ai desk alla riapertura dei mercati dopo la pausa natalizia. Tuttavia le emissioni del Tesoro
italiano sulla parte breve della curva attirano come sempre l'interesse degli operatori, riflettendosi anche sul
secondario. E così in asta i BoT a sei mesi collocati per un ammontare di 8,5 miliardi di euro, hanno registrato
un rendimento medio salito di qualche centesimi allo 0,949% rispetto allo 0,919% dell'asta di fine novembre,
ma pur sempre sui minimi dal 2010. Sostenuta la domanda pari a circa 13,3 miliardi.
In asta il Tesoro ha collocato anche 3,25 miliardi di CTz (con scadenza settembre 2014), pari all'ammontare
massimo offerto. In questo caso il rendimento lordo si è attestato all'1,884%, in calo rispetto all'1,923% dell'asta
del mese scorso, mentre la domanda è stata pari a circa 5,5 miliardi. Entrambi BoT e CTz avevano aperto la
seduta su livelli inferiori rispetto alle chiusure di venerdì, per poi recuperare dopo l'asta con acquisti arrivati
dall'estero, mo con flussi non particolarmente forti. L'innalzamento dei rendimenti su tutta la curva non è un
fenomeno soltanto italiano e come fanno notare dalle sale operative, l'attuale discussione politica sul futuro
dell'ex premier Mario Monti e sulle imminenti elezioni di febbraio, non toccano se non marginalmente le
scadenze a breve termine. Lo spread, intanto, è tornato a salire portandosi sopra la soglia psicologica di 320
punti base dai 310 di venerdì scorso, con il rendimento del BTp a 10 anni al 4,52 per cento. Su anche lo spread
spagnolo a 395 punti base con il decennale al 5,257 per cento.
Secondo lo «Scenario macroeconomico» di Intesa Sanpaolo, lo spread tra Btp e Bund nel 2013 è stimato in
media a 280 punti base, in deciso calo rispetto ai 395 punti medi stimati per il 2012. Una riduzione che porta a
circa 5 miliardi i risparmi globali. La flessione di oltre 100 punti base dello spread, secondo gli analisti,
«dovrebbe avvenire soprattutto nella seconda parte del 2013 mentre lo spread potrebbe rimanere elevato per
tutta la prima metà dell'anno».
Questa mattina ultima tornata di aste con il BTp a cinque anni e 10 anni offerti entrambi in un range tra due e
tre miliardi di euro: ieri i titoli sul secondario erano scambiati al 3,28% e al 4,56 per cento. È prevedibile che
questa mattina i rendimenti in asta saranno lievemente in rialzo rispetto a quelli dell'ultimo collocamento del 29
novembre quando i BTp a 5 e 10 anni erano tornati sui livelli di fine 2010: sul quinquennale il tasso era calato
al 3,23 per cento dal 3,80 per cento precedente, rivedendo i minimi da ottobre 2010; sul decennale l'interesse
pagato era sceso al 4,45% - un livello mai più rivisto da novembre 2010 - dal 4,92% del 30 ottobre, quando il
tasso era tornato per la prima volta sotto la soglia del 5 per cento.
Mentre l'orizzonte resta dominato dalle trattative a Washington su un accordo per evitare il fiscal cliff, a quattro
giorni dalla fine dell'anno, dai dati macroeconomici Usa sono arrivate indicazioni discordanti. Le vendite di
case nuove in novembre sono salite, anche se lievemente meno delle attese, mentre l'indice della fiducia dei
consumatori del Conference Board è calato più del previsto in dicembre, principalmente a causa dell'incertezza
sul fiscal cliff. Positive, invece, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione, calate nella settimana al 22
dicembre a 350mila da 362mila nella settimana precedente, meglio delle previsioni. La media mobile a quattro
settimane, considerata un dato meno volatile, è calata a 356.750, la più bassa da marzo 2008.
*il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012
di: Luca Davi
Borse mondiali. Europa contrastata, Wall Street debole
Piazza Affari in rialzo
al test di fine anno
LA SEDUTA
Nonostante le tensioni americane sul fiscal cliff a Milano continua la corsa del settore
bancario Acquisti sul settore auto
Il dibattito sul fiscal cliff, nel bene o nel male, continua a rimanere al centro delle attenzioni delle (poco
affollate) sale operative azionarie. Ieri ad esempio Wall Street ha chiuso debole (-0,12%) sulla scia delle
dichiarazioni del leader del Senato Harry Reid, che ha riconosciuto in aula l'assenza di prospettive per
scongiurare gli aumenti delle tasse e i tagli al bilancio. «Sembra proprio che sia lì che stiamo andando», ha
dichiarato brutalmente Reid riferendosi al precipizio fiscale. Parole che almeno all'inizio hanno gelato gli
investitori americani, che col passare delle ore hanno però ripreso fiducia. Forse anche per la ragionevole
convinzione che difficilmente non si arriverà in extremis a un accordo tra Repubblicani e Democratici su un
tema così sensibile e decisivo per l'economia americana e mondiale.
Le notizie americane hanno avuto un riflesso anche in Europa, che però è riuscita a mantenere un tono
generalmente positivo fino alla chiusura. L'Euro Stoxx 50 ha chiuso in progresso dello 0,43%. Bene è andata a
Milano, dove il Ftse Mib, pur in un quadro di bassi volumi (1,3 miliardi il controvalore complessivo), ha messo
a segno un rialzo dello 0,46%, a 16.408 punti, dopo aver guadagnato fino all'1 per cento. Oggi si vedrà la
reazione dell'ultima seduta dell'anno, ma intanto ieri a finire nel mirino degli investitori sono stati in particolare
i titoli finanziari italiani che, pur tra alti e bassi, continuano a recuperare terreno rispetto alla prima parte
dell'anno. Intesa ha guadagno l'1,39%, Unicredit lo 0,75%. In rialzo anche Popolare Milano (+2,54%), Banco
Popolare (+2,43%) e Montepaschi (+2,66%). Performance interessanti soprattutto se le si compara a quelle
realizzate dal settore bancario a livello europeo, che è cresciuto appena dello 0,06%. Tra le piazze del Vecchio
Continente, spicca il buon andamento di Parigi (+0,59%) mentre in rosso si è mossa la borsa di Madrid (0,22%). Gli acquisti hanno interessato in particolare i titoli del comparto auto, delle costruzioni e delle materie
prime, mentre in vendita sono finiti i titoli farmaceutici, gli alimentari e i titoli dell'energia.
Le performance europee, come detto, sono state ridimensionate dalla prosecuzione dello stallo sul fiscal cliff.
Ma un po' di scoramento è derivato anche dalla diffusione di dato macro americani non brillanti: la fiducia dei
consumatori americani a dicembre, a sorpresa, è crollata ai minimi da agosto. Tutto ciò ha compensato in
negativo le buone impressioni in arrivo mercato del lavoro Usa: le richieste settimanali di sussidio di
disoccupazione sono risultate infatti al di sotto delle previsioni.
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*il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012
Dal nostro inviato Beda Romano
INTERVISTAWerner Hoyer Presidente Banca europea per gli investimenti
«Dalla Bei emissioni
per 70 miliardi nel 2013»
«La banca è cresciuta incredibilmente negli ultimi anni, ma senza farsi notare»
«Bce, Bei ed Esm sono parte di un grande mosaico e riflettono come l'Unione risponde alle
sfide di oggi»
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LUSSEMBURGO.
In risposta alla crisi debitoria, l'assetto istituzionale europeo si sta rafforzando. Non c'è solo il paracadute
monetario della Banca centrale europea, o la cassaforte finanziaria del Meccanismo europeo di stabilità. C'è
anche il braccio economico della Banca europea per gli investimenti. Tre istituzioni complementari, in tre
settori cruciali della politica europea. Anche dal Lussemburgo, dove ha sede la Bei, il futuro della zona euro
sembra (finalmente) prendere forma.
Werner Hoyer è diventato presidente della banca esattamente un anno fa. Ex ministro di Stato per gli affari
esteri in Germania, Hoyer, 61 anni, è esponente di un partito liberale tedesco che di recente ha flirtato
pericolosamente con l'euroscetticismo. In compenso, l'europeismo di Hoyer non può essere messo in dubbio.
Incontrando alcuni giornalisti a Lussemburgo ha voluto spiegare come intende rafforzare ulteriormente il ruolo
della Bei nel 2013.
«La banca è cresciuta incredibilmente negli ultimi anni, ma senza farsi notare – spiega Hoyer –. Tra il 2009 e il
2012 ha fatto un gran lavoro nell'aiutare a sostenere l'economia». Si è potuta adoperare utilizzando il denaro
accumulato nel tempo. Dinanzi alla crisi debitoria, «per mantenere lo slancio, abbiamo chiesto ai nostri
azionisti di aumentare il capitale di 10 miliardi di euro». I nuovi fondi, attesi via via, avranno il merito di essere
versati e non solo sottoscritti.
«Grazie all'aumento di capitale – prosegue l'uomo politico – vogliamo aiutare la nave a virare, permettendo alla
banca di diventare anticiclica e proactive» (cioè attiva e tempestiva). In passato la Bei aveva l'abitudine di
analizzare i progetti e decidere se approvarli o meno, garantendo prestiti e finanziamenti. «Ora vorrà anche
avvicinare potenziali clienti in modo proactive, presentando loro idee di nuovi progetti». Non per altro sono
numerosi alla Bei gli ingegneri o gli scienziati.
La banca ha attualmente circa 2mila dipendenti, la maggioranza in Lussemburgo, anche se in alcuni Paesi,
come in Italia, l'ufficio di rappresentanza è particolarmente importante. Il consiglio di amministrazione ha
deciso di aumentare il personale dell'8%. Ciò si tradurrà nell'assunzione di circa 160 nuove persone.
L'istituzione lussemburghese ha raggiunto i suoi obiettivi di esborsi nel 2012 (50 miliardi di euro) e prevede nel
2013 un aumento del 40%.
«Nel 2011, abbiamo emesso obbligazioni sui mercati finanziari per un totale di 76 miliardi di euro – spiega
ancora Hoyer –. Nel 2012 abbiamo raggiunto i 71 miliardi anticipando in parte il finanziamento previsto l'anno
prossimo. Il nostro obiettivo per il 2013 è di 70 miliardi». In questi anni, la Bei si è concentrata soprattutto sui
paesi in crisi. La banca, che raccoglie denaro sui mercati per poi darlo in prestito, è presente in particolare in
Italia e in Spagna, ma anche in Grecia, Irlanda e Portogallo.
«L'Italia ha una cultura di piccole e medie imprese molto vivace, ricca e attiva – racconta il presidente della
banca –. Sono convinto che queste società metteranno a punto idee di progetti. Purtroppo, restano differenze
regionali. Il premier Mario Monti mi dice di fare di più nel Mezzogiorno. Stiamo lavorando attivamente per
identificare progetti di valore che sostengano la crescita, l'occupazione e l'innovazione». Proprio l'innovazione è
un aspetto che preoccupa Hoyer.
Il presidente della Bei nota che l'Europa è all'origine di circa il 50% di tutti i brevetti a livello mondiale, ma
metà dei brevetti europei provengono da una manciata di Paesi. La speranza di molti è che le nuove
obbligazioni a progetto, le quali dovrebbero vedere la luce nei prossimi mesi, siano di aiuto nel promuovere
anche l'innovazione nel Sud del continente. I soldi a disposizione sono circa 230 milioni con l'obiettivo di
creare nuovi investimenti per 4,6 miliardi.
«C'è grande entusiasmo per questi nuovi strumenti finanziari. Dobbiamo però capire che devono superare il test
del mercato», avverte Hoyer, ricordando la concorrenza dei partenariati pubblici-privati. «Il Parlamento
europeo vuole che approviamo i primi progetti il più presto possibile. È probabile quindi che i primi project
bond scatteranno in Paesi dove i problemi finanziari ed economici sono meno acuti, come in Germania o nel
Benelux, ma il nostro obiettivo è di utilizzarli in tutta Europa».
Nell'assetto istituzionale europeo la Bce, l'Esm e la Bei hanno compiti ben definiti. La prima gestisce l'arma
monetaria, rassicurando i mercati; la seconda aiuta finanziariamente gli Stati membri più in difficoltà; la terza
sostiene l'economia. Le tre istituzioni sono nate in momenti diversi – la Bei nel 1958, la Bce nel 1998, l'Esm nel
2012 – eppure appartengono a un armamentario di strumenti che appare sempre più omogeneo, sempre più
solido, soprattutto se associato a una unione bancaria.
«La nascita dell'Esm – conclude Hoyer – è un segnale molto forte di quanto l'Europa sia determinata
nell'affrontare le radici della crisi. Le tre istituzioni - la Bce, la Bei e l'Esm - fanno parte di un grande mosaico e
riflettono il modo in cui l'Unione sta rispondendo alle sfide di oggi. C'è una forte interazione tra di noi, e sono
convnto che messaggi unici, provenienti dalle tre istituzioni, oltre che dalla Commissione e dall'Eurogruppo,
siano necessari».
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di: Riccardo Sabbatini
Assicurazioni. Avanza l'ipotesi di una spartizione delle azioni del Leone tra i due attuali
partner - La richiesta dei soci veneti
Generali, salta il patto Crt-Palladio
Fondazione contraria a cedere a Ferak la partecipazione del 2,2% detenuta dalla holding
comune
LO SCENARIO
L'Ente di Torino contrario alla proposta di Meneguzzo in quanto il valore di carico a 18 euro
comporterebbe minusvalenze
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Le grandi manovre in vista dell'assemblea primaverile di Generali sono già cominciate e c'è già una causa di
separazione in corso. Effeti, la scatola societaria che possiede il 2,2% di Generali ed è partecipata
pariteticamente da Crt e Ferak (cordata di imprenditori e finanzieri veneti), è sul punto di sfaldarsi. Alla fine
della scorsa settimana Roberto Meneguzzo, amministratore delegato di Palladio Finanziaria che è tra i grandi
soci di Ferak (vedi tabella), ha comunicato alla Fondazione Crt la disponibilità della finanziaria di rilevare per
intero la partecipazione in Generali. Si è trattato, per il momento, di una conversazione informale con i vertici
della fondazione conclusa con l'impegno a proseguire il confronto dopo la pausa di fine anno.
La Crt sarebbe comunque contraria a vendere a Meneguzzo anche per la significativa minusvalenza che
ricaverebbe dalla transazione con un valore di carico dei titoli Generali mantenuto intorno ai 18 euro a fronte di
un valore di borsa che sta per riguadagnare quota 14 euro. È dunque probabile che si giunga ad una scissione
con entrambi i soci suddividersi le azioni del Leone.
L'iniziativa di Meneguzzo si presta a diverse letture. C'è un interesse di Ferak di aumentare l'investimento in
Generali - 1,6 posseduto direttamente oltre al 2,2% condiviso con Crt - il cui titolo è visto in crescita con la
gestione di Mario Greco che a metà gennaio alzerà il velo sul piano industriale della compagnia. Ma, in
controluce, quella dei veneti può essere interpretata appunto come una marcia di avvicinamento all'assemblea di
Generali che ad aprile rinnoverà il board del gruppo assicurativo. Finora Effeti esprimeva un posto nella lista di
maggioranza che faceva perno su Mediobanca ed una tacita intesa attribuiva ai due soci la facoltà di esprimere a
turno un candidato comune. Nell'attuale consiglio di amministrazione è presente l'ex segretario generale della
fondazione Crt Angelo Miglietta. Ad aprile sarebbe stato il turno di Ferak ad indicare un suo uomo. Ma negli
ultimi tempi i rapporti tra i due partner si sono deteriorati anche per le posizioni opposte che li hanno
caratterizzati nel recente salvataggio di Fonsai. Con Crt a sostegno del piano Unipol-Mediobanca, contrastato
accanitamente da Palladio e dalla Sator di Matteo Arpe.
Nel pour parler con Crt Meneguzzo avrebbe proposto un suo candidato comune per la lista del Leone che i
torinesi non hanno tuttavia gradito. Quest'ultimi, a loro volta, hanno anche prospettato l'ipotesi di un voto
disgiunto al meeting di aprile mantenendo formalmente in piedi la joint venture. Una condizione da "separati in
casa" su cui, questa volta, sarebbe stato Meneguzzo ad opporre un "no".
Si è così giunti ad esaminare le possibili ipotesi di separazione con la disponibilità di Ferak ad acquisire l'intera
partecipazione in Generali. In alternativa si giungerebbe alla scissione, una soluzione peraltro prevista nei patti
parasociali di Effeti. Se l'offerta di Meneguzzo fosse accolta Ferak diverrebbe il terzo azionista del Leone, alle
spalle di Mediobanca (13,47%) e Cassa depositi e prestiti (4,47%). Ma anche in caso di scissione la sua quota si
collocherebbe intorno al 2,7 per cento e sopravanzerebbe quelle di De Agostini e Caltagirone.
*il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012
di: Fabio Pavesi
Credito. Il fondo pubblico inietterà 18 miliardi per tenere in vita la banca
Azioni
Bfa-Bankia: il buco di capitale
in crescita oltre 14 miliardi
IN BORSA
Il titolo a Madrid è crollato del 19%: gli investitori temono che non si sia messa la parola
fine alla richiesta di nuovi capitali
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Un buco patrimoniale di 14,5 miliardi tra Bankia e la sua capogruppo Bfa. È questo il conto finale del disastro
del quarto istituto di credito spagnolo, quantificato ieri dal Frob, il fondo pubblico per il salvataggio delle
banche iberiche.
Crollo del 19% sul listino
Un conto impietoso che ha visto il titolo reagire con un tracollo del 19% sul listino di Madrid. Ma in fondo la
notizia non è affatto nuova e stupisce come il mercato reagisca con tale veemenza. Stupisce ancor di più in
realtà che una banca di fatto andata in default possa ancora essere quotata sul mercato.
Conto impietoso
Guardando ai numeri in dettaglio il Frob ha quantificato come il valore della casa madre, il Banco Financiero y
de Ahorro (Bfa) sia negativo per 10,4 miliardi di euro, mentre per la quotata Bankia il buco di capitale
assomma a 4,1 miliardi. Il crollo di ieri si aggiunge alla perdita di valore del titolo Bankia per l'84% dalla
quotazione in borsa a luglio 2011 (quando valeva 3,75 euro per azione rispetto agli attuali 0,55 euro).
Via agli aiuti pubblici
Bankia, il cui salvataggio storico a maggio di quest'anno ha dato il via alla concessione di aiuti Ue al settore
bancario spagnolo, riceverà complessivamente circa 18 miliardi di euro di aiuti pubblici, passando da un
«aumento di capitale di Bfa di 13,459 miliardi», ha precisato il Frob, che ha comunicato le valorizzazioni degli
altri tre istituti che riceveranno gli aiuti di Madrid e della Ue: -6,674 miliardi per Catalunja Banc, -6,340
miliardi per il Banco de Valencia e -3,091 miliardi per Ncg (NovaCaixaGalicia). La prima tranche di aiuti
europei, fissati in massimi 100 miliardi, sarà di 37 miliardi di euro. Come si vede il dissesto del sistema
bancario spagnolo è in questi numeri. Quattro casse di risparmio che hanno eroso del tutto il loro patrimonio a
causa delle maxi-svalutazioni sui crediti immobiliari in sofferenza e tenuti occultati per anni nei bilanci degli
istituti. Basti pensare, tornando al caso più clamoroso quello appunto di Bankia, che solo 20 giorni prima del
crack, la banca presentava una trimestrale di bilancio tutta rose e fiori. Nessun presagio dell'imminente collasso.
E basta vedere come una volta scoperto il "vaso di Pandora" i vertici dell'istituto abbiano continuato a
centellinare le perdite: a settembre 2012 infatti Bankia mostrava una dotazione di capitale proprio di 6,6
miliardi. Certo in calo del 49% sui 13 miliardi di patrimonio del dicembre 2011, ma pur sempre in territorio
positivo. Ora dopo pochi mesi ecco che il Fondo pubblico rivela che il realtà quel capitale non c'era già più,
anzi era diventato negativo per oltre 4 miliardi.
L'immobiliare non smette di cadere
La palla adesso passa di fatto al Governo di Madrid e Bankia avrà a disposizione i denari pubblici per
ripristinare i ratio patromoniall. La domanda, che non riguarda solo il dissestato istituto iberico ma l'intero
sistema del credito spagnolo, è se queste iniezioni di capitale metteranno fine alla più grave crisi bancaria nella
storia di Madrid. Difficile dirlo. Tutto dipenderà dalla dinamica della crisi economica del paese.
Sofferenze ai massimi
La recessione non smette si mordere, il Pil sarà negativo anche nel 2013 e il tasso di disoccupazione non
accenna a rientrare da quella soglia del 25% su cui si è assestata. Tutto questo produce un continuo
deterioramento degli attivi delle banche con le sofferenze che oggi valgono oltre 180 miliardi e cioè l'11% del
totale dei prestiti. Ora arrivano i capitali pubblici a salvare il sistema. Basteranno?
*il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012
I TITOLI EUROPEI
Meno BoT nell’agenda del Tesoro
L'obiettivo è riallungare la vita media del debito italiano, scesa a 6,5 anni dai 7,2 del 2010
MADRID IN DIFFICOLTÀ
Per la Spagna il 2013 si presenta molto impegnativo, con emissioni nette positive per i titoli a
breve, media e lunga scadenza
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Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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ROMA La prima asta BoT targata 2013, il semestrale emesso ieri con data di regolamento fissata il 2 gennaio, è un
chiaro segnale di dove il Tesoro intende andare l'anno prossimo: sono stati collocati Buoni per 8,5 miliardi contro i
10,35 in scadenza il 31 dicembre e non sono stati rinnovati i "flessibili" scaduti per 6,5 miliardi il 20 e 27 del mese
corrente. L'emissione netta è dunque negativa per 8,35 miliardi: venduti nuovi titoli in quantità inferiore rispetto ai
16,85 rimborsati. Ed è questa l'impostazione che il Tesoro intende dare alla gestione del debito pubblico nel 2013:
«Alla luce del minor fabbisogno di cassa e della strategia di allungamento della vita media del debito – è stato
spiegato nelle Linee guida del Tesoro pubblicate alla vigilia di Natale – le emissioni complessive dei BoT nel 2013
potranno risultare inferiori rispetto a quelle del 2012». I trader prevedono emissioni nette negative sui BoT e gli
investitori istituzionali sono già pronti a ricollocarsi sulla parte lunga della curva, a caccia di rendimenti più
remunerativi. L'Italia dunque frena sui BoT, soprattutto i "flessibili" (durata extra-breve) e i trimestrali, allineandosi
a Germania e Francia che puntano nel 2013 a emissioni nette negative su BuBill e BTf. La Spagna, in
controtendenza rispetto ai paesi core e quasi-core, vedrà lievitare di non poco, almeno 19,9 miliardi, le emissioni
nette delle Letras l'anno prossimo. Madrid deve far fronte al crescente fabbisogno e a una domanda instabile sui
Bonos. Intanto l'Italia nel 2012 ha collocato BoT per 238 miliardi in emissioni lorde, registrando emissioni nette
positive per una ventina di miliardi (18-19 miliardi), secondo le stime di Chiara Cremonesi di Unicredit. Le aste dei
Buoni flessibli sono state quest'anno in tutto quattro: due in gennaio e due in febbraio, per un totale lordo in offerta
di 13,5 miliardi, di cui l'ultima emissione è stata rimborsata ieri. I BoT trimestrali sono stati offerti in cinque
occasioni nel 2012 (marzo, aprile, maggio, settembre e ottobre) per un totale lordo di 15,5 miliardi: l'ultimo Buono a
tre mesi scade il prossimo 14 gennaio ed è l'unico per ora rimasto in circolazione.
I BoT sono un ottimo strumento temporaneo per affrontare esigenze di cassa improvvise e per alleggerire le aste più
indigeste per gli investitori non residenti (quelle che offrono titoli a lungo termine nei momenti di alta tensione sui
mercati). L'aumento della quota dei titoli a breve termine sul totale in circolazione, con una riduzione contestuale
delle emissioni dei titoli a più lunga scadenza (10, 15 e 30 anni) ha però una controindicazione, perché provoca la
riduzione della vita media del debito: dalla vetta più alta dei 7,2 anni toccata nel 2010, questo indicatore del debito
italiano è calato nel novembre 2012 (ultimo dato ufficiale disponibile) a 6,49 anni. Tanto più lunga è la vita media,
tanto minore è l'esposizione dello Stato debitore al rialzo dei tassi d'interesse e quindi al rischio di un aumento
repentino del costo del servizio del debito: e questa è una caratteristica essenziale per attrarre gli investimenti degli
stranieri e tranquillizzare le agenzie di rating. Nel 1990, quando i titoli di Stato italiani erano detenuti
prevalentemente dai residenti BoT-people, la vita media del debito pubblico era molto corta, 2,57 anni: indietro non
si torna, sotto questo profilo, è la parola d'ordine al Mef da un ventennio. E nel 2013 il Tesoro si impegnerà a
invertire la tendenza degli ultimi due anni che ha visto la vita media accorciarsi lievemente.
Anche la Germania taglierà i suoi BoT: le previsioni delle aste 2013 annunciano un calo di 3 miliardi sull'ammontare
dei BuBill a 6 mesi, emessi per 44 miliardi mentre l'importo dei BuBill annuali resterà invariato a quota 33 miliardi.
La Francia punta su una micro-limatura dei Btf, con emissioni nette negative per 0,3 miliardi, su uno stock di titoli
pari a circa 170 miliardi. La vita media del debito pubblico francese va oltre i 7 anni e non ha problemi.
Per la Spagna, il 2013 si presenta invece molto impegnativo, con emissioni nette positive per i titoli a breve, media e
lunga scadenza. Nel primo trimestre dell'anno, secondo gli analisti di SocGen, l'agenzia del debito spagnolo dovrà
«scalare una muraglia di aste». I Bonos in scadenza nel 2013 ammontano a 62 miliardi, in aumento rispetto ai 50
miliardi di quest'anno: all'entità dei rimborsi vanno aggiunti nel 2013 tra i 28 (stime ufficiali) e i 50 miliardi (stime
del mercato) di raccolta extra per finanziare il deficit. Il Tesoro spagnolo prevede già un incremento delle aste delle
Letras di 19,9 miliardi e uno stock del debito pubblico in aumento di circa 50 miliardi. Non è escluso che a questo
fardello già pesante andranno a pesare sul bilancio centrale aste straordinarie per rimborsare 32 miliardi di titoli di
debito delle Regioni in scadenza e 7 miliardi del deficit previsto dalle amministrazioni locali: se così fosse, il
fabbisogno complessivo della raccolta sui mercati per la Spagna potrebbe superare nel 2013 quota 150 miliardi, un
obiettivo alla portata, ammoniscono i trader, solo in un contesto tranquillo.
I. B.
*CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012
Sensini
di: Mario
Il Tesoro fa il pieno alle aste di fine
anno
Collocati Bot per 8,5 miliardi, tassi in rialzo. Spread a quota 322, pesa l'incertezza Usa
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ROMA — Ancora un buon risultato per l'asta dei Bot, la penultima emissione del Tesoro in un anno
difficilissimo per il rifinanziamento del debito pubblico. Ieri sono stati collocati quasi 12 miliardi di titoli di
Stato a breve termine. Il mercato ha sottoscritto 8,5 miliardi di Buoni del Tesoro a sei mesi ad un tasso di
interesse in leggera salita, rispetto all'emissione precedente, ma sempre sotto l'1% lordo, lo 0,949% contro lo
0,919%, con una domanda largamente superiore all'offerta: 13,32 miliardi di euro contro gli 8,5 disponibili e i
circa 10 miliardi di Buoni a sei mesi che venivano a scadenza a fine anno.
Nell'occasione il Tesoro ha piazzato anche 3,25 miliardi di euro di Ctz a due anni, anche questi richiesti in
abbondanza (5,49 miliardi), ad un tasso di interesse in ulteriore calo rispetto alla precedente emissione:
l'1,884% contro l'1,923 dell'asta di novembre, il livello più basso degli ultimi due anni per questo tipo di
Certificati.
Oggi stesso è in calendario l'ultimo appuntamento dell'anno tra il Tesoro e gli investitori. Sul mercato andranno
6 miliardi di Buoni poliennali del Tesoro, con la riapertura delle precedenti emissioni e gli importi equamente
ripartiti tra le scadenze dei cinque e dei dieci anni.
Le attese sono per tassi sostanzialmente stabili, anche se alla vigilia lo spread è leggermente cresciuto, in una
giornata comunque dagli scambi piuttosto rarefatti dato il periodo festivo, portandosi da 309 a 322 punti base.
La risalita del differenziale con i titoli tedeschi, subita anche dai buoni dello Stato spagnoli, sembra tuttavia
legata soprattutto delle difficoltà negli Usa di trovare un accordo sulla legge di bilancio, più che alla situazione
politica interna, giudicata ancora molto fluida dagli operatori. Il Btp a cinque anni, ieri, era quotato al 3,25%,
appena sopra il 3,23% dell'asta di fine novembre, mentre il decennale era scambiato al 4,51%, contro il 4,45%
di un mese fa.
Con l'asta di oggi va dunque in cantiere un'annata assai difficile per il Tesoro, segnata dalle continue e
"costose" impennate del differenziale con i titoli tedeschi, poi progressivamente rientrato su valori decisamente
più contenuti, e da pesanti esigenze di finanziamento.
Nel 2013 la quantità di titoli che lo Stato dovrà collocare sul mercato per finanziare quelli in scadenza ed il
nuovo deficit sarà inferiore rispetto al 2012, soprattutto considerato il minor fabbisogno di cassa previsto
nell'anno del pareggio strutturale del bilancio. Secondo gli operatori le emissioni ammonteranno a poco meno
di 420 miliardi di euro, cominciando con gli oltre 55 miliardi di gennaio, che si annuncia il mese più pesante
dell'anno. Per il 2013 il Tesoro ha annunciato minori emissioni di titoli a breve e a lunghissima scadenza, ed un
maggior quantitativo di titoli a medio termine. «Nel 2013 — si legge nelle Linee Guida appena pubblicate — il
Tesoro si muoverà sulla scia delle novità introdotte nel 2012, al fine di assecondare l'esigenza della domanda,
gestire le fasi di potenziale instabilità e allo stesso tempo conseguire risultati soddisfacenti sul piano della
gestione dell'esposizione ai principali rischi di mercato. Con particolare riferimento al rischio di
rifinanziamento, la strategia di emissione terrà conto dell'esigenza di contribuire all'allungamento della vita
media del debito alla luce della modesta riduzione verificatasi tra il 2011 ed il 2012».
*CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012
di:Enrico Marro
Multe, canone Rai e addizionali comunali
La stangata da 1.500 euro dell’anno nuovo
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ROMA — Una serie di aumenti sono certi, dal canone Rai alle sanzioni sulle multe, dai francobolli su lettere e
raccomandate alla nuova imposta sui rifiuti. Peseranno inoltre alcuni balzelli, come il bollo da 34,2 euro sui
conti correnti e depositi con giacenza superiore a 5 mila euro e la minipatrimoniale pari allo 0,10% nel 2012 e
allo 0,15% nel 2013 che si applica a fine anno su titoli e strumenti finanziari. Infine altri rincari sono solo
stimabili, come quelli che colpiranno nel corso del prossimo anno tariffe pubbliche, spese per alimentari,
carburanti. Oltretutto, dal prossimo luglio su parte dei consumi si abbatterà l'incremento di un punto
dell'aliquota Iva del 21%, che passerà appunto al 22%, per un maggior incasso del Fisco di circa 4,2 miliardi.
Stimare quanto tutto ciò graverà sul bilancio di ogni famiglia è complicato, tuttavia ieri, come di consueto alla
fine dell'anno, le associazioni dei consumatori Adusbef e Federconsumatori hanno diffuso i loro calcoli, che
parlano di una stangata media di 1.490 euro a famiglia nel 2013. Le voci maggiori vengono dall'alimentazione
(299 euro), dalle addizionali territoriali delle imposte (163 euro) e dai carburanti (132 euro). Un 2013 difficile,
insomma. Nel Mezzogiorno ancora di più. Secondo il Check-up pubblicato ieri dalla Confindustria, nel Sud
infatti, tra il 2007 e il 2012, la recessione ha colpito duro: 16 mila aziende scomparse, 330 mila occupati in
meno, una caduta del Pil del 6,8% in termini reali.
Ma torniamo ai rincari. Dal 2013 andrà a regime l'imposta di bollo sui conti correnti e i libretti di risparmi e la
patrimonialina sui prodotti finanziari. Eviteranno di pagare il bollo da 34,2 euro solo i titolari di conto base,
quello che banche e Poste devono offrire per legge a chi ha un reddito molto basso (7.500 euro calcolato con
l'Isee). Sono inoltre esenti i correntisti che possano esibire una giacenza media sotto 5 mila euro. Attenzione
però, il tetto si calcola considerando tutti i rapporti intestati ad un'unica persona fisica aperti in una sola banca
(conti e libretti di risparmi) e se si supera, ogni prodotto paga il suo bollo. Il calcolo della tassa è inoltre
influenzato dalla scadenza dei rendiconti. Se, per esempio, questa è trimestrale e solo in un trimestre la giacenza
media ha superato i 5 mila euro, si pagherà un quarto del bollo, cioè 8,55 euro.
A fine anno si verserà anche lo 0,10% sul valore di tutti gli investimenti finanziari, comprese le polizze unit
linked, i conti di deposito on line, i buoni fruttiferi postali dal valore di rimborso superiore a 5 mila euro. La
differenza rispetto al bollo sui conti correnti è che non è in cifra fissa. La tassa, infatti, ha un minimo di 34,2
euro (come l'altro bollo) e un tetto di 1.200 euro. Nel 2013 si pagheranno 34,2 euro fino au un controvalore del
portafoglio pari a 22.800 euro e lo 0,15% per controvalori superiori. L'anno prossimo debutterà anche la Tobin
tax sulle transazioni finanziarie pari allo 0,12% sulle compravendite di titoli azionari italiani sui mercati
regolamentati (0,22% nei mercati «over the counter», cioè non ufficiali). Sulle operazioni sui derivati si pagherà
invece, dal prossimo luglio, in cifra fissa da 0,1 euro a 100 euro a operazione a seconda del valore nozionale dei
contratti.
Altro dato certo è l'aumento del canone Rai, che passerà da 112 a 113,5 euro, un euro e mezzo in più, ma a
fronte di un'evasione stimata al 27,4%, che sottrae ogni anno all'azienda circa 600 milioni di euro, che nessun
governo è riuscito finora a recuperare nonostante le promesse fatte (per esempio mettendo il canone nella
bolletta elettrica come in altri Paesi). Diventerà inoltre più caro subire una multa per violazione del codice della
strada. Salgono infatti del 6% le sanzioni e quindi, per fare qualche esempio, la multa per divieto di sosta
passerà da 39 a 41 euro e quella per eccesso di velocità da 159 a 168 euro. Rincarano di 10 centesimi i
francobolli sulle lettere (da 60 a 70) e di 30 quelli sulle raccomandate (da 3,30 a 3,60 euro). Nel 2013 debutterà
anche la Tares, la nuova imposta sui rifiuti che sostituirà Tarsu e Tia. Sarà più onerosa soprattutto per le
famiglie più numerose mentre i single potrebbero risparmiare qualcosina. I consumatori stimano comunque un
aggravio medio per famiglia di 64 euro. Per i carburanti si spenderanno invece 132 euro in più ai quali si
sommeranno altri 44 euro per il riscaldamento. Più modesti gli aumenti previsti per le bollette: in media 39 euro
in più per il gas, 26 per l'acqua e 11 per la luce. Bisognerà mettere invece in preventivo 31 euro in più per le
tariffe aeroportuali, 38 per i pedaggi autostradali 61 per le l'assicurazione rc auto e 83 euro per treni e trasporti
locali.
*CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: Marco Sabella
Via a mini Patrimoniale e Tobin Tax
ecco tutte le Imposte sul Risparmio
Btp ancora tra i preferiti dagli investitori. Come battere l’inflazione
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Sotto l'albero di Natale del 2012 un dono sgradito era riservato ai risparmiatori. La piccola patrimoniale
sull'investimento finanziario — probabilmente un primo assaggio di altre imposte patrimoniali destinate a entrare
nell'agenda e nel lessico della politica economica nel 2013 — passerà a partire da gennaio dall'1 per mille all'1,5 per
mille. In pratica come già previsto per l'anno che sta per concludersi tutti gli strumenti e i prodotti finanziari —
fondi, polizze, azioni, obbligazioni, titoli di Stato e buoni fruttiferi postali — pagheranno un'imposta pari, appunto,
all'1 per mille del loro valore di mercato, che salirà all'1,5 per mille a partire dal prossimo anno. Salta, nel computo
della nuova imposta sugli investimenti il tetto massimo di 1.200 euro e l'aliquota si applicherà integralmente
all'intero capitale investito, senza limiti superiori. Rimane, per contro, un limite inferiore di 34,2 euro, analogo a
quello del bollo sui conti correnti (che in questo caso, tuttavia, è applicato solo per giacenze superiori ai 5 mila
euro).
Le novità fiscali non si esauriscono qui perché con l'introduzione della Tobin Tax, le operazioni di compravendita di
titoli azionari sui mercati regolamentati saranno tassate allo 0,12% e quelle Otc (over-the-counter) allo 0,22%.
Anche i contratti derivati saranno soggetti a imposta, in questo caso a quota fissa compresa tra 0,1 e 100 euro a
seconda del nozionale.
Ma non sarà probabilmente la stretta fiscale a frenare l'interesse dei risparmiatori verso l'investimento in
obbligazioni e in titoli di Stato.
Una classe di attivi che nel 2012 si è rivelata l'investimento più remunerativo in assoluto, più delle azioni hi tech e
dei listini emergenti, tanto per intenderci. Con i Btp che in media, hanno fruttato un guadagno del 18,8%, tra cedole
e guadagno in conto capitale. Un bel premio per quegli investitori che a fine 2011 avevano deciso di scommettere
sulla tenuta e sul miglioramento delle condizioni delle finanze pubbliche italiane.
«Per il 2013 non potremo attenderci risultati altrettanto sorprendenti, ma le obbligazioni governative italiane
rimangono uno degli investimenti più interessanti in Europa nel mercato del reddito fisso», afferma Antonio
Mauceri, amministratore delegato di Augustum Opus Sim, una società indipendente di consulenza e di gestione del
risparmio. «I titoli di Stato italiani offrono valore soprattutto sulle scadenze comprese fra i cinque e i sette anni ed è
su queste durate che conviene concentrare la parte più importante del portafoglio», suggerisce Daniele Guidi,
responsabile del reddito fisso in Bnp Paribas Ip.
I due specialisti indicano ricette diverse a seconda dell'ampiezza del patrimonio finanziario disponibile. Gli strategist
di Augustum Opus Sim individuano in una ricetta molto semplice — un terzo di Bot a un anno, un terzo di Ctz a 18
mesi e un terzo di Btp con scadenza fino tre anni — per chi abbia da investire un piccolo gruzzolo di circa 20 mila
euro. Un portafoglio così diversificato potrebbe offrire un rendimento lordo dell'1,83%, cui corrisponde un netto
dell'1,6%. Se le prospettive di un calo dell'inflazione di area euro (prevista sotto il 2% a fine 2013) verranno
rispettate, questo risultato potrebbe rivelarsi sufficiente a salvaguardare (quasi interamente) il valore «reale» del
capitale investito. Vale tuttavia la pena ricordare che ci sono anche offerte di conti di deposito vincolati (online e
non) in grado di offrire rendimenti netti superiori al 2%.
Un obiettivo più ambizioso, può porsi, per contro, chi dispone di un patrimonio investibile in obbligazioni di circa
100 mila euro. «In questo caso una quota del 10% potrebbe essere destinata a un fondo specializzato in bond ad alto
rischio e alto rendimento, da cui ci si può realisticamente attendere un rendimento compreso fra il 5 e il 5,5% nel
2013. E il resto dovrebbe essere suddiviso tra Btp di durata decennale (15%), Btp a 7 anni (15%), Btp Italia, con
rendimento agganciato all'inflazione italiana (30%) e infine un 10% per ciascuna delle scadenze dei Btp a 4, a 3 e 2
anni», sostiene Guidi. Un portafoglio così suddiviso, secondo gli strategist di Bnp Paribas Ip, risulta molto stabile
sotto il profilo del valore capitale, ed è in grado di offrire una performance di circa il 3,5%, cui corrisponde un netto
del 3,05%.
Tra le classi di obbligazioni che hanno registrato i migliori risultati nel 2012 ci sono infine le obbligazioni societarie,
i cui indici di riferimento hanno registrato un apprezzamento di circa il 12%. «A questo punto, tuttavia, le emissioni
corporate hanno raggiunto prezzi molto elevati e anche in Italia i titoli migliori, riconducibili a grandi società come
Eni o Enel, hanno raggiunto rendimenti inferiori a quelli dei titoli di Stato», conclude Guidi.
*CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012
di DARIO DI VICO
@dariodivico
Taglio di strutture e segretari
La spending review della Cisl
Riorganizzazione in Lombardia. «Così saremo più credibili»
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A nche il sindacato inizia la sua spending review. Si comincia ancora una volta dal Nord e dalla Lombardia e
protagonista del cambiamento è la Cisl regionale. L'obiettivo è certo quello di razionalizzare le strutture, ridurre
le poltrone ma soprattutto si vuole creare un modello organizzativo «piatto» con meno gerarchie e più aderenza
al territorio e alla fabbrica. «Non possiamo chiedere alle istituzioni di cambiare mentre noi restiamo a gestire il
tran tran — spiega Gigi Petteni, numero uno della Cisl lombarda —. Se anticipiamo le novità saremo più
credibili nel chiedere agli altri di fare altrettanto». Fino ad oggi la Cisl regionale aveva 14 strutture territoriali di
direzione politica, 12 per ciascuna provincia più due territoriali (Legnano-Magenta e Valle Camonica-Sebino).
Da gennaio 2013 passeranno da 14 a 8. Bergamo incorporerà la struttura del Sebino, Brescia farà la stessa cosa
con la Valle Camonica, Monza e Lecco si uniranno, Milano si allargherà fino a comprendere Legnano e
Magenta, Como e Varese faranno un'unica struttura, idem per Mantova-Cremona-Lodi. Resteranno da sole,
come oggi, soltanto Pavia e Sondrio.
La riorganizzazione e il taglio delle strutture comporterà anche una riduzione massiccia dei componenti delle
segreterie territoriali e di categoria. Per chi non ha ben presente la struttura estremamente articolata di un
sindacato confederale in un'area forte come la Lombardia vale la pena ricordare che nella sola Cisl regionale ci
sono ben 683 persone che si fregiano dei gradi di segretario. Per capirci nelle province di Mantova, Lodi e
Cremona (che saranno accorpate) oggi esistono non solo tre segreterie territoriali ma anche altrettante segreterie
dei metalmeccanici e così per ogni altra categoria. Con la spending review si passerà dalla cifra-monstre di 683
segretari a un numero (relativamente) più contenuto: 282. Anche le strutture di assistenza fiscale verranno
razionalizzate, non più le odierne 14 ma solo una centrale, a Milano. Avere minori livelli gerarchici consentirà
di aprire più sportelli di territorio o di azienda.
Ma che fine faranno i 400 segretari che resteranno senza poltrona? Il sindacato non può certo licenziare o
mettere in mobilità e di conseguenza la Cisl ha scelto di non rinnovare il turn over per avere nel tempo un
dimagrimento fisiologico degli organici, nel frattempo comunque gli ex segretari verranno trasferiti sul
territorio a occuparsi di contrattazione, mercato del lavoro e welfare. Sostiene Petteni: «Da sindacato della
concertazione dobbiamo diventare il sindacato della contrattazione diffusa e perciò i nostri uomini dovranno
seguire la vita dei luoghi di lavoro. Il recente accordo nazionale sulla produttività ci indica la strada, è un
segnale per quello che sarà il sindacato di domani».
Se la Cisl tenterà davvero di dare più voce ai luoghi di lavoro le si para davanti una piccola rivoluzione: ridurre
ruolo e peso dei funzionari, i cosiddetti «permanenti». Il funzionario è stato dagli anni 70 ad oggi l'elemento
chiave della forza sindacale italiana, dava il suo contributo di elaborazione nelle riunioni di vertice e poi quando
si rivolgeva agli iscritti e ai lavoratori era di fatto «il portatore di una linea». Se il tentativo di Petteni avrà
successo il protagonista del sindacato prossimo venturo dovrà diventare l'iscritto, che però è regolarmente
inserito nel suo posto di lavoro e in questa veste elabora le scelte di contrattazione aziendale in coerenza con le
linee di fondo della sua organizzazione. Una rivoluzione tutt'altro che indolore visto che nella sola Lombardia i
funzionari sindacali della Cisl sono circa 2.100. Un esercito che non può essere decimato da un giorno all'altro.
Intanto per far capire da che parte tira il vento è stato deciso che almeno il 40% dei componenti dei consigli
generali dell'organizzazione, i parlamentini, dovrà essere composto da lavoratori e non da funzionari.
La spending review cislina inizialmente non produrrà grandi risparmi finanziari, si tratterà più che altro di un
trasferimento di risorse dall'alto verso il basso ma con gli anni la riorganizzazione dovrebbe produrre qualche
effetto positivo anche sui bilanci. «Sia chiaro comunque che se facciamo la dieta l'obiettivo non è solo
diventare più snelli — conclude Petteni — ma creare le condizioni di un sindacato più vicino al lavoro e più
partecipativo».
*CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: Sergio Bocconi
Generali, Crt e Ferak verso il divorzio
I veneti «disponibili» a rilevare la quota
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MILANO — Si va verso un divorzio tra Fondazione Crt e Ferak, la società che raggruppa gli azionisti veneti di
Generali? La voce corre da tempo alimentata sia dalle divergenze relative al dossier Unipol-Fonsai, che ha visto
Palladio, uno dei principali soci di Ferak, presentare con la Sator di Matteo Arpe una proposta alternativa a
quella del gruppo bolognese, sia dalle indagini interne condotte da Mario Greco, amministratore delegato del
Leone, sul portafoglio investimenti e in particolare su alcune operazioni compiute nel corso della gestione
dell'ex group ceo triestino, Giovanni Perissinotto, con la Palladio di Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago e altri
imprenditori veneti.
Nei giorni scorsi, secondo quanto si apprende, Ferak (che ha fra i soci, oltre a Palladio, la Finint di Marchi-De
Vido, Veneto Banca e le famiglie Amenduni e Zoppas), ha espresso la disponibilità alla Fondazione Crt a
rilevare, in caso di «divorzio» l'intera quota di Generali, pari al 2,2%, detenuta dalla comune scatola societaria
Effeti, nella quale i soci veneti hanno il 50,1% e Torino il 49,9%. Una manifestazione solo verbale, viene
precisato dopo indiscrezioni di Repubblica su un passo formale, senza presentazione di un'offerta.
Le voci di possibile un «divorzio» e quindi di una scissione di Effeti vengono certo confermate implicitamente
dalla disponibilità che avrebbe rappresentato Ferak, azionista anche in modo diretto di Generali con l'1,6%.
Tuttavia bisogna vedere prima di tutto in qual modo la tempistica della separazione possa essere influenzata dai
corsi di Generali e dai valori di carico dei titoli: Effeti è stata costituita per rilevare parte della quota di Generali
che Unicredit ha dovuto vendere per motivi Antitrust e i titoli, pagati 600 milioni (per 300 con un
finanziamento di Veneto Banca), sono in portafoglio a circa 18 euro contro un valore di mercato attuale pari a
13,82. Logica puramente economica, come ha sottolineato fra l'altro ieri il Gazzettino in un articolo dedicato
alla «battaglia» di Trieste e alla «parabola dei soci veneti», suggerirebbe dunque di procedere allo scioglimento
della joint venture una volta venuta meno la certezza di accusare minusvalenze.
Timing non prevedibile, nonostante l'azione della compagnia abbia guadagnato da agosto, e quindi dal cambio
al timone, oltre il 40%. E le attese degli investitori sul piano Greco, che verrà presentato il 14 gennaio, siano
favorevoli. Quando poi per il «divorzio» si passerà dai contatti verbali ai negoziati formali, bisognerà vedere le
disponibilità finanziarie effettivamente spendibili per un investimento così rilevante.
*la Repubblica*
Venerdì, 28 Dicembre 2012
di: ARTURO ZAMPAGLIONE
Washington pronta
a misure anti-default
Piano di Obama per evitare il fiscal cliff anche se l’accordo bipartisan resta lontanissimo
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NEW YORK— Il ritorno anticipato di Barack Obama dalle vacanze alle Hawaii e i suoi concitati appelli ai
leader del Congresso non hanno dissipato il clima di pessimismo che ormai regna negli Stati Uniti sulle
possibilità di evitare il fiscal cliff. Tra soli quattro giorni, infatti, scatteranno le misure automatiche per contenere
il debito. I tagli alle spese pubbliche e il ritorno ad aliquote fiscali più alte per un valore complessivo di 600
miliardi di dollari rischiano di aprire le porte a una nuova recessione, oltre che a un nuovo abbassamento del
rating americano e a una bufera su Wall Street, di cui si sono già visti ieri i primi segnali premonitori. Tanto che
il ministro del Tesoro, Geithner, ha preannunciato misure straordinarie per evitare il default del Paese. E oggi il
presidente Obama incontrerà i leader del Congresso alla Casa Bianca.
Si sperava che un accordo bipartisan potesse evitare il «burrone fiscale», ma ormai non sembrano più esserci
i tempi tecnici per realizzarlo: non fosse altro perché i deputati non sono stati ancora convocati a Washington
e gli schieramenti restano molto distanti. Così, le speranze di politici e mercati si appigliano sempre più
all’ipotesi del «bungee jumping». Che significa il riferimento al pericoloso sport del «salto con l’elastico »?
Semplice: ci si augura che, dopo essere precipitato nel baratro, il Paese possa subito rimbalzare in alto nei
primi giorni del 2013 grazie a misure di emergenza adottate dal Congresso sotto la spinta dell’opinione
pubblica e dei mercati. È uno scenario, questo del «bungee jumping », del tuo possibile, anche perché
nessuno dei due partiti sembra in realtà puntare a un compromesso: almeno per il momento.
Usciti vittoriosi dalle elezioni di novembre, i democratici — che hanno la maggioranza al senato ma non alla
camera — non mollano sulla «linea di Osawatomie». Ricordate? In quella piccola cittadina del Kansas Obama
promise un anno fa che si sarebbe battuto contro la crescente ineguaglianza economica negli Stati Uniti. E
ora, volendo mantenere gli impegni, chiede che i ceti più abbienti paghino più tasse per riequilibrare il deficit.
Ma i repubblicani si oppongono in modo ideologico a qualsiasi incremento fiscale, persino sui redditi superiori
al milione di dollari all’anno. E non si fanno intimorire dalle parole di Harry Reid, il capogruppo democratico al
Senato, che ieri ha dato del «dittatore» al suo collega repubblicano della Camera John Boehner.
Secondo la teoria del «bungee jumping» i due partiti puntano ormai, per motivi diversi, e senza confessarlo, a
cadere nel precipizio fiscale. I democratici, infatti, avranno più potere contrattuale dopo il primo gennaio: non
solo perché saranno più numerosi nel nuovo Congresso che si insedierà proprio in quei giorni, ma anche
perché i maggiori gruppi economici faranno pressione sulla destra per evitare il peggio. Al tempo stesso per i
repubblicani sarà più facile votare dopo il primo gennaio in favore di uno sconto fiscale — sia pure limitato ai
percettori di redditi inferiori ai 250-500 mila dollari l’anno — , piuttosto che schierarsi prima della fine del 2012
per un aumento delle tasse, sia pure limitato ai super-ricchi.
*la Repubblica*
Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: VITTORIO ZUCCONI
Tagli ai salari e licenziamenti
“american camalli” in rivolta
è il ritorno di Fronte del Porto
Lavoratori sul piede di guerra: come nel film con Brando
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WASHINGTON
I SUPERSTITI di quella che fu un’armata leggendaria, invincibile e violenta, gli uomini che controllavano con
le loro mani e i loro muscoli il traffico delle merci in America, tentano un’ultima resistenza prima di arrendersi
all’automazione, ai tagli di salari e al tramonto di un mestiere che ha fatto, in una nazione stretta fra le acque,
le fortune del commercio.
Sono rimasti ormai appena in 35 mila, i longshoremen, gli scaricatori, gli “american camalli”. Erano 400 mila
appena mezzo secolo fa, ma hanno ancora abbastanza forza per chiudere tutti i porti americani dell’Est, da
Houston a Boston, dal Golfo del Messico alle acque del Nord Atlantico e difendere un mestiere che i
containers, le gru, i robot hanno decimato. I negoziati sono ripresi e la rivolta dei “camalli” è sospesa fino a
domenica in attesa dei risultati dei colloqui con le società di carico e scarico che avevano deciso di tagliare le
loro royalties, il supplemento di paga misurato secondo il peso delle merci maneggiata. E se Elia Kazan,
Marlon Brando, Rod Steiger, Eve Marie Saint non dominano più quelle trincee di cemento e di lamiera dove
correva, insieme con la merce e il danaro, il sangue di chi avesse osato opporsi alla mafia dei moli, sono
ancora esseri umani quelli che manovrano le gru, che aprono le porte, che permettono alle macchine
di lavorare, 24 ore al giorno, perché i porti non chiudono mai.
La battaglia che la Ila, il sindacato dei portuali, ha lanciato dopo l’ultimo sciopero lungo due mesi che risale a
35 anni or sono e piegò l’America, è più un ultimo hurrah che uno scontro sui salari. Gli scaricatori vogliono far
vedere che ancora possiedono quei muscoli che in passato terrorizzavano autorità come datori di lavoro, fino
alla Presidenza degli Stati Uniti. Fino a quel Franklyn Delano Roosevelt che nel 1942, a guerra scoppiata,
dovette scendere a patti con Lucky Luciano e con il suo luogotenente Albert Anastasia, signore indiscutibile
dei porti e boss della “Anonima Omicidi”, per sbloccare scioperi e boicottaggi che avevano paralizzato lo
sforzo bellico nel principale dei porti americani, New York. Quando il transatlantico “Normandy” esplose nella
rada, la Casa Bianca si arrese. In cambio della collaborazione di Cosa Nostra, Luciano, che era in carcere, fu
prima trasferito in una prigione assai più confortevole e poi scarcerato e deportato in Italia, come uomo libero.
Contrariare, o anche soltanto sfidare, i signori dei porti era stato per decenni un suicidio politico, quando non
un suicidio materiale. Quando il traffico delle merci in entrata e uscita dal mercato americano passava per l’89
per cento dai porti, bastava che le manone degli scaricatori si stringessero al collo dell’economia perché
l’America soffocasse. Tra intimidazioni, corruzione, solidarietà assoluta e garantita, come scoprì Terry, il
protagonista del film di Kazan disegnato su un caso di cronaca reale, il trattamento economico degli “american
camalli” era arrivato ad altezze inimmaginabile per altri lavoratori. I quasi 4.000 che ancora lavorano al “fronte”
intascano facilmente 40 mila dollari l’anno, fra stipendio di 30 dollari minimi orari e straordinari, che scattano
dopo le cinque del pomeriggio.
Il sindacato risponde che la media è molto più bassa, attorno ai 70 mila annui, ignorando gli extra, e ricorda la
fatica ancora tremenda, e i rischi di infortuni e di morte.
La stretta di Cosa Nostra sul “Fronte del Porto” non è più soffocante come era stata negli anni di Anastasia e
di Luciano, ma la presenza dei “bravi ragazzi” fra le muraglie di container e le braccia meccaniche per lo
scarico dei “40 piedi”, la misura standard dei cassoni, è ancora forte. Parenti, amici, nipoti di famiglie mafiose
occupano posti privilegiati e succulenti, spesso lavorando poco o nulla. Ralph nipote di Vincent “La Bazza”
Gigante, padrino del clan dei Genovese, è pagato 404 mila dollari l’anno per un vago incarico di supervisione,
che di fatto non esercita mai.
Paul Buglioli, anche lui legato alla famiglia Genovese attraverso il padre, ha incassato 474 mila dollari nel
2011, secondo le cifre diffuse dalla New York Port Authority, per fare il cronometrista dei tempi di lavoro. I
dipendenti lo tolleravano perché Paul non si faceva quasi mai vedere e i tempi se li calcolavano da soli. Joe
Colonna, già caporegime per Vincent “La Bazza” Gigante, guadagna 401 mila dollari, per sedere
occasionalmente nell’ufficio di rappresentanza presso le autorità portuali a Manhattan e far notare la propria
presenza inquietante. Quelle stesse autorità che versano 120 milioni di dollari all’anno in sovvenzioni agli
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scaricatori.
Fondi e finanziamenti che la New York Port Authority, come le agenzie equivalenti da Houston a Boston,
passando per Miami, e per tutti i porti atlantici non verseranno più, se questi favolosi salari per “sinecura” non
saranno tagliati. Il “Fronte del Porto” è dunque assediato dalla terra, dal cielo e dal mare. Le compagnie, che
intendono scaricare sempre più merce anche dall’Asia nei porti dell’Atlantico quando l’allargamento del Canale
di Panama sarà completato, non intendono più sottostare al ricatto di un sindacato allo stremo, che si difende
come può.
Le autorità di vigilanza, sono stanche di fingere di non vedere e non temono più la lunga mano dei Padrini e
dei killer di Anastasia. Il traffico di merci per via aerea aumenta ogni anno, con la diminuzione delle tariffe, e
soltanto il 39% di tutte le esportazioni italiane negli Usa transita ancora dai moli di New York e Newark. Non
avranno dunque, specialmente in momento di fragile ripresa economica e di ansia per l’ottusità degli ideologi
di destra decisi a spingere gli Usa dentro il “burrone fiscale”, la simpatia e la solidarietà della gente. Eppure
furono proprio gli “american camalli” a mobilitarsi e a rimettere in attività i porti sconvolti dall’uragano Sandy,
appena due mesi or sono. Non morirà nessuno, in esecuzioni sommarie e pestaggi sul Fronte del Porto come
60 anni or sono, e forse questa battagli sarà vinta, ma la guerra dietro la Grande Muraglia dei container, è
perduta.
*la Repubblica*
Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: ROSA SERRANO
Casa, addio autocertificazione
ecco le scadenze per mutui e bonus
Dichiarazione Imu entro il 4 febbraio, sei mesi per i supersconti
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IL MATTONE non è “immobile”. Il crollo del mercato residenziale incentiva i proprietari immobiliari a valutare
con la massima attenzione alcune importanti scadenze di carattere normativo e fiscale che possono, fra l’altro,
incidere sul valore dell’immobile.
Autocertificazione.
Stop all’autodichiarazione in classe energetica G. Da oggi i proprietari di immobili di cattiva qualità energetica
al momento della compravendita non potranno più autocertificare che l’edificio appartiene alla classe
energetica più bassa. Il venditore potrà utilizzare una delle procedure che prevedono una diagnosi energetica
semplificata svolta da un tecnico. Finora, con l’autocertificazione molti acquirenti non ricevevano nessuna
indicazione sui futuri costi di gestione energetica, né informazioni su come migliorare, nella misura più
conveniente, il rendimento energetico dell’edificio.
Sospensione rate mutui.
Il 31 gennaio 2013 scade il termine per la presentazione delle domande per la sospensione, per almeno 12
mesi, delle rate dei mutui per eventi verificatisi entro il 31 dicembre 2012 come, ad esempio, perdita
dell’occupazione o ingresso in cassa integrazione. I mutui non devono superare i 150.000 euro e devono
essere relativi all’acquisto, costruzione o ristrutturazione dell’abitazione principale. Reddito imponibile
massimo: 40.000 euro annui.
Dichiarazione Imu.
É fissata al 4 febbraio 2013 la scadenza per la dichiarazione Imu sugli immobili che godono di agevolazioni o
che registrano variazioni di imponibilità (per esempio se un terreno agricolo diventa area fabbricabile), e per i
quali l’obbligo dichiarativo è scattato dal 1° gennaio 2012. La novità è che sul sito del dipartimento delle
Finanze è disponibile la versione della dichiarazione in formato pdf che permetterà ai contribuenti di compilare
i campi direttamente dalla tastiera del proprio computer o tablet. La dichiarazione può essere presentata
direttamente al Comune che ne rilascia ricevuta; spedizione postale, con raccomandata senza avviso di
ricevimento; invio in modalità telematica tramite posta elettronica certificata.
Riforma del condominio.
Il 18 giugno 2013 scatta la riforma del condominio. Numerose le novità. Ad esempio, l’assemblea
condominiale potrà subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza
individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato.
L’amministratore sarà obbligato all’apertura di un conto corrente bancario o postale intestato al condominio sul
quale movimentare in via esclusiva le somme ricevute o erogate per conto del condominio stesso.
Bonus ristrutturazioni edilizie.
Il 30 giugno 2013 scadranno le incentivazioni fiscali super a favore dei contribuenti che effettuano
interventi di recupero edilizio: detrazione Irpef del 50% (anziché del classico 36%) e raddoppio del limite
massimo di spesa (da 48.000 a 96.000 euro) per unità immobiliare.
Bonus risparmio energetico.
Il bonus fiscale del 55% per interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti potrà essere usufruito
fino al 30 giugno 2013. Dopo tale data, l’agevolazione sarà sostituita con la detrazione fiscale del 36% prevista
per le spese di ristrutturazioni edilizie che, dal 2012, non ha più scadenza.
Proroga sfratti.
Prorogata fino al 31 dicembre 2013 la sospensione degli sfratti a favore degli inquilini appartenenti a
categorie ”disagiate”. Confedilizia evidenzia che gli affitti incassati dai locatori nel periodo di sospensione degli
sfratti non sono imponibili ai fini delle imposte dirette, limitatamente ai Comuni di Torino, Milano, Venezia,
Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste, nonché ai
Comuni ad alta tensione abitativa con essi confinanti.
*la Repubblica*
Venerdì, 28 Dicembre 2012
di: ETTORE LIVINI e LUCA PAGNI
Gamberale domina
il risiko degli aeroporti
F2i conquista Torino e diventa più forte nella Sea, a Firenze e a Bologna
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MILANO
— Alla faccia del settore in crisi. Gli aeroporti italiani fanno gola e con gli enti pubblici proprietari a caccia di
fondi per evitare il dissesto dei bilanci, sono diventati occasioni di acquisto molto interessanti per i privati. A
cavallo delle feste di Natale, ben due aste sono state aggiudicate, con l’ingresso di un nuovo protagonista e la
conferma di un attore di primo piano in quello che è già stato definito il risiko degli aeroporti.
Il 24 dicembre, il Comune di Venezia ha annunciato di aver ceduto il 14% della Save, la società di gestione
degli scali di Venezia e Treviso a una società controllata dal fondo di investimento Amber per una cifra che si
aggira sui 50 milioni di euro. Ieri a muovere è stata la volta la Provincia di Milano che ha venduto il 14,53%
della Sea (cui fanno capo Linate, Malpensa e il 49% di Bergamo-Orio al Serio) al fondo di investimento F2i,
guidato dall’ex manager pubblico Vito Gamberale. Lo stesso Gamberale, sempre ieri, ha comprato il 24,4% di
Torino Caselle dal gruppo Benetton, salendo al 52% dello scalo piemontese e candidandosi a perno di un
nuovo polo aeroportuale attorno cui ruotano anche gli scali di Napoli, Firenze e Bologna.
A Milano, F2i, partecipato da banche, casse professionali e dalla Cdp, è stato l’unico partecipante alla gara.
per cui ha potuto permettersi di offrire quasi il 10% in meno della base d’asta: pagherà 147 milioni contro i 160
chiesti dalla Provincia. Il fatto che non ci fossero avversari non deve sorprendere: F2i possiede già il 29,53%
del capitale di Sea, rilevato un anno fa dalla giunta milanese guidata dal sindaco Giuliano Pisapia. Gamberale
ora sale al 44% e diventa a tutti gli effetti un socio industriale più che finanziario. E per far crescere soprattutto
Malpensa i due azionisti dovranno dimenticare le polemiche che hanno accompagnato il fallimento della
quotazione di Sea in Borsa, soltanto poche settimane fa.
La grande partita per il futuro degli aeroporti tricolori parte così con due chiari protagonisti. Gamberale da una
parte, che con il suo fondo gestisce già da anni con successo Napoli Capodichino, e la famiglia Benetton, che
malgrado il disimpegno da Torino ha in portafoglio Gemina e Adr.
Fiumicino tra l’altro ha trovato sotto l’albero di Natale un regalo che aspettava da tempo: la firma della
presidenza del consiglio sotto il contratto di programma che gli consentirà di ritoccare le tasse aeroportuali per
avviare nuovi investimenti. Gemina non a caso ha messo a segno a Piazza Affari ieri un balzo del 32%,
trascinando all’insù anche le azioni della Save (+7%). Le difficoltà degli enti locali alle prese con il patto di
stabilità non sono l’unica ragione delle fibrillazioni del settore. Nei prossimi anni, infatti, il sistema aeroportuale
tricolore dovrebbe andare incontro a una grande ristrutturazione. Il piano del governo Monti, preparato da
Enac e OneWorks, prevede la chiusura di una trentina di aeroporti minori (su 60 in tutto) per razionalizzare il
traffico aereo e “rottamare” i micro-scale che bruciano milioni di euro di soldi pubblici ogni anno, aperti solo per
le resistenze di campanile delle realtà locali.
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una fine settimana serena
Arrivederci a
lunedì 31 Dicembre
per una nuova
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