Si è riunito oggi a Milano il Consiglio d
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Si è riunito oggi a Milano il Consiglio d
LANCIO STAMPA MILANO FINANZA Paperoni di borsa: Berlusconi (6,5 mld di euro) si conferma il più ricco, seguito dalla famiglia Benetton (6,2 mld) e da Ernesto Bertarelli (5,5 mld). Un primo ministro e quattro fratelli veneti: insieme valgono 12,5 miliardi di euro. Silvio Berlusconi, sul filo di lana, si è aggiudicato anche l'edizione 2003 della classifica annuale dei paperoni della borsa stilata da Milano Finanza, in edicola da domani 15 agosto, con un valore personale quantificabile in 6,5 miliardi di euro. Immediatamente alle sue spalle Gilberto, Luciano, Giuliana e Carlo Benetton che, grazie alla maxiacquisizione di Autostrade (una delle grandi blue chip di borsa), salgono a 6,2 miliardi di euro di patrimonio borsistico personale. Al terzo posto (anche se formalmente sia lui sia la sua società sono svizzeri, in realtà vantano radici italianissime) Ernesto Bertarelli, fresco vincitore dell'America's Cup, con 5,5 miliardi di euro, seguito da Leonardo Del Vecchio, patron della Luxottica, con 3,9 miliardi. Il club dei miliardari. Sono solo 12 i nuclei familiari che possono ancora dirsi miliardari dopo l'avvento dell'euro, sulla base del solo patrimonio borsistico: oltre ai quattro ricordati, c'è il paperone francese Francois Pinault con 2,3 miliardi di euro in azioni Gucci, la famiglia Rocca (1,6 miliardi), Marcellino Gavio, altro re delle autostrade (1,2 miliardi), Callisto Tanzi della Parmalat (1,2 miliardi), e la new entry delle famiglie Drago-Boroli, che attraverso le quote in Lottomatica e quelle indirettamente detenute da Toro assicurazioni, da loro recentemente acquisita, hanno un controvalore borsistico di 1,2 miliardi di euro. Segue ancora Ennio Doris con la sua Mediolanum (1,15 mld), Romain Zaleski, l'unico del gruppo a non gestire direttamente nessuna delle sue partecipazioni, con 1 miliardo in quote di Edison, Mittel, Banca Lombarda, Asm Brescia. Chiude il gruppo Francesco Gaetano Caltagirone (1 miliardo). Fininvest mette Hopa nel motore. Oltre alle tradizionali partecipazioni in Mediaset, Mediolanum e Mondadori, quest'anno nel patrimonio personale della famiglia del premier possono essere aggiunte le quote indirettamente possedute in numerose altre società quotate grazie al recente ingresso in Hopa, la potente holding guidata da Emilio Gnutti. La sua variazione rispetto allo scorso anno è in aumento di circa il 5% a parità di perimetro, nonostante il -10% di Mediolanum. Nello scrigno di Ponzano. Come detto, a fare la parte del leone nei 6,2 miliardi di euro di valore familiare dei Benetton sono i 2,7 miliardi della sola quota in Autostrade, frutto della coraggiosa opa lanciata alla fine dello scorso anno e che, dopo che la fusione tra Newco28 e Autostrade stessa sarà operativa, con il conseguente taglio del numero delle azioni, permetterà ai Benetton di controllare indirettamente il 36% della nuova Autostrade, che capitalizzerà circa 7,5 miliardi di euro. Interessante notare come la seconda partecipazione in valore non sia l'azienda di famiglia, il Benetton group, bensì Autogrill, la società di ristorazione acquisita dalla Sme (1,4 miliardi di euro contro 1,15 miliardi del gruppo tessile). Segue la quota (vale 0,5 miliardi di euro) indirettamente detenuta dai quattro fratelli in Telecom Italia, via Olimpia (la subholding che ora controlla il 16% della nuova Telecom e in cui sono presenti Pirelli, Benetton, Intesa e Unicredit). E poi cose minori, come la quota in Banca Antonveneta, che comunque permette ai Benetton di orientare la gestione di uno degli snodi cruciali della finanza italiana. In 420 hanno il 10% della borsa. Nei più di 400 nomi censiti nella classifica di Milano Finanza c'è la quota diretta nella sola holding quotata, dove cioè i paperoni sono presenti in proprio. L'insieme di queste quote vale circa 53 miliardi di euro, circa il 10% della capitalizzazione totale, ma in realtà ne controlla una fetta enormemente più grande, grazie all'effetto leva presente in molti gruppi. I maghi della leva. Scorrendo la classifica, infatti, si nota come prevalgano i nomi di famiglie che possiedono la maggioranza della loro industria, quasi sempre una medium e small cap: è il caso delle doviziose quote dei Bulgari, di Della Valle, dei cementieri Buzzi (Unicem), dei Garavoglia (Campari), dei Pesenti (Italcementi). Ma i grandi protagonisti della mappa del potere sono piuttosto indietro. Marco Tronchetti Provera, per esempio, è al 68 esimo posto, con 100 milioni di euro di capitalizzazione personale di Camfin, la capogruppo quotata che, a cascata, gestisce l'impero PirelliTelecom (in cui la somma delle capitalizzazioni dà più di 60 miliardi di euro). Salvatore Ligresti, tornato grandemente in auge dopo l'acquisizione di Fondiaria, pesa singolarmente solo per 70 milioni di euro della sua quota in Premafin. Carlo De Benedetti vale 198 milioni di euro (Cofide, Cdb web tech). Arcipelago Hopa. Come detto nel caso di Berlusconi, Gnutti e la sua Hopa hanno numerose partecipazioni e numerosi soci potenti. Per questo motivo in molti casi accanto alle partecipazioni personali sono state aggiunti i valori pro quota delle partecipazioni quotate di Hopa, prime tra tutte quelle in Telecom Italia (via Olimpia), Asm Brescia, Antonveneta, Snia, Banca Lombarda, Popolare di Lodi eccetera. Ma Gnutti è un altro sapiente manovratore della leva, sia quando decide di intervenire sul mercato (resterà agli annali la scalata alla Telecom) sia all'interno del sistema Hopa: la sua personale capitalizzazione è, infatti, di soli 192 milioni.