Cose dell\\\`altro mondo
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Cose dell\\\`altro mondo
a cura di Carlotta Magnanini COSE DELL’ALTRO MONDO PIU’ MASCARA, SIAM CINESI La vanità è uomo? Certo è che negli ultimi tempi, in Oriente, sta diventando un ottavo vizio capitale. Il Far East sembra diventato il Far West dei prodotti di bellezza per lui: nuovi profumi, trattamenti e massaggi invadono il mercato, spingendo i consumatori orientali a ricalcare le orme dei ‘‘metrosexual’’ (leggi uomini ossessionati dalla cura di corpo e look senza per questo essere gay). Basta fare una passeggiata sulla Nankin Road’s a Shangai, la Montenapoleone cinese, per testare con i propri occhi l’entità del fenomeno: sui cartelloni pubblicitari come nelle vetrine delle boutique è l’uomo il vero protagonista, forse perché dotato di maggiore potere di acquisto. E il mercato si adegua. Solo una piccola fetta del business legato ai prodotti di bellezza è maschile, 377 milioni di dollari su 45 miliardi, per questo si tende a recuperare terreno con campagne pubblicitarie ad hoc, creazione di nuove linee per il maquillage e aperture di negozi monomarca. La Shiseido ha già in cantiere sedici novità per la bellezza dei cinesi e la Mandom (che sta al Giappone come L’Oreal alla Francia) ha appena creato la linea Gatsby dedicata allo styling dei capelli virili. Gettonatissimi anche gli interventi di chirurgia plastica: se ieri i più richiesti erano mastoplastiche, liposuzioni e siliconature, oggi sono riduzioni di maniglie dell’amore, impianti tricologici e incrementi muscolari. Che l’uomo tenga al proprio aspetto lo rivelano anche i dati sulle vendite di un magazine come Men’s Health, che nell’ultimo biennio a Shanghai (la città più modaiola) 94 ha raddoppiato il numero dei lettori. Sempre più vanitosi anche i vicini giapponesi, che sembra abbiano scoperto solo oggi l’esistenza di manicure e pedicure. Nel Sol Levante si dice che l’origine di questa nuova ‘‘metrosessualità’’ abbia una data di nascita precisa: il 1999. Da allora il salone di bellezza femminile TBC ha cominciato a dedicarsi anche agli uomini, la catena di day-spa vietata alle donne Dandy House ha aperto 54 nuove sedi e le vendite di accessori, prodotti e trucchi da uomo (pioniere in questo senso Jean-Paul Gaultier) sono cresciute del 20%. Cosa accadde di tanto speciale in quell’anno? Per la prima volta la Tv diffuse alcune immagini destinate a segnare profondamente la psiche nipponica: un’intervista a David Beckham, fulminea e fulminante icona di stile per la sua generazione e quelle a venire. GAY PRAVDA Mentre a Ovest il sindaco di San Francisco Gavin Newsom continua a unire dozzine di gay in matrimonio, e New York ottiene il suo primo supereroe a fumetti impegnato nella liberalizzazione omosex (ispirato al sindaco Bloomberg) e il business che ruota intorno all’organizzazione delle omo-nozze raggiunge quota 207 milioni di dollari (il 28% in più rispetto all’anno scorso, secondo la ricerca annuale Gay Press Report), anche nell’Est le comunità gay cominciano a dare battaglia. A Mosca Edvard Murzin, deputato della repubblica di Bashkiria, e Ed Mishin, direttore della rivista per gay Kvir e capo dell’associazione GBLT Together, hanno depositato le firme in municipio per ufficializzare la loro unione. Si tratta del primo passo per ottenere l’incostituzionalità del Codice della famiglia russo che, secondo il signor Murzin-Mishin, viola i fondamenti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Non è il primo episodio del genere: circa un paio d’anni fa due giovani di Nizhni Novgorod avevano convinto un prete a sposarli in una chiesetta del paese, ottenendo risultati poco confortanti: il religioso venne scomunicato e il matrimonio considerato invalido. Del resto il gay pride russo è appena nato e le comunità omossessuali sono storicamente ‘‘giovani’’. Solo dopo la Perestroika si è infatti avviato il processo di affrancamento da quella che era una vera e propria segregazione sociale fin dai tempi dell’ex Unione Sovietica. Oggi circa il 7% dei russi e il 3% delle russe si dichiara gay e la stessa percentuale ha relazioni con persone dello stesso sesso senza per questo definirsi ‘‘diverso’’. Lentamente anche tra gli eterosessuali cresce la tolleranza: nel 1989 il 33% pensava che l’omosessualità dovesse essere repressa, quindici anni dopo a pensarla così era il 22%, contro il 29% dei favorevoli. Il gesto provocatorio di Edvard e Ed probabilmente non avrà un felice esito dal punto di vista burocratico fatto è che l’Eco di Mosca, la maggiore emittente radio locale, subito dopo il “golpe“ nel municipio moscovita ha intervitato 4.800 ascoltatori rilevando che il 30% appoggiava la crociata dei diritti. “Se non otterremo la registrazione in comune“, – ha Contrasto_Corbis COSE DELL’ALTRO MONDO dichiarato Mishin in un’intervista sulla “Komsomolskaya Pravda“, “siamo comunque pronti a rialzarci e lottare per i nostri diritti. Lo dice la stessa Costituzione russa: vietata ogni discriminazione sessuale, razziale o di religione”. TRENDY IGLOO Le mode a volte compiono strani percorsi: saccheggiate in luoghi dove rappresentano la normalità, vengono rielaborate e imbellettate altrove da abili strateghi del marketing, per tornare infine esattamente da dove erano partite. E avere successo perché ritenute esotiche e irriconoscibili. In una parola (orribile) ‘‘trendy’’. Un esempio? Prendete la bevanda nazionale russa, i ghiacci e il clima delle tundre, shakerate bene il tutto ed ecco la formula del locale più “cool” delle ultime stagioni a Est e Ovest: l’ice bar. Come ‘‘Il 66mo parallelo’’ che sull’omonimo grado di latitudine, nelle vicinanze della piccola e anonima città della Siberia settentrionale Salekhard, annovera tra i suoi clienti un’alta percentuale di vip, tra cui l’ex primo ministro Mikhail Kasyanov. In Russia è il primo ‘‘ice bar & restaurant‘’ all’occidentale, ovvero tanta moda e poco arrosto visto il menù decisamente poco eclettico: vodka a fiumi, granite di ribes, caviale e niente più. Snobbato dai residenti abituati a locali più spartani (e confortevoli), ‘‘Il 66mo parallelo’’ in breve tempo è diventato meta di turisti stranieri e personaggi del mondo dello spettacolo, ansiosi di pasteggiare a vodka a 10° sotto zero. Temperatura del resto più che accettabile, se confrontata a quella esterna. Più fortunati i milanesi, che prima di riscaldarsi a suon di cocktail nell’Absolut Ice Bar di piazza Gerusalemme vengono calati in tiepide simil tute di amianto effetto-Yuri Gagarin per sopportare la temperatura a meno 5°. Così come gli Ice Hotel in Quebec, in Cina (precisamente ad Harbin) e Jukkasjarvi (Lapponia svedese), anche quello milanese ha pareti, poltrone, tavolini, sculture, bancone e bicchieri in ghiaccio, in questo caso fatto arrivare a tonnellate (350) dal fiume Torne, uno dei più freddi, limpidi e – adesso – anche alla moda del mondo. Iliescu, che a gennaio ha dato alla luce due gemelle (di cui una morta subito dopo il parto) in età da nonna: 67 anni. L’ex professoressa in pensione ha esaudito il desiderio di maternità dopo nove anni di tentativi spesi tra inseminazioni in vitro e cure ormonali, scatenando medici e commentatori. Bogdan Marinescu, il ginecologo che si è occupato della gravidanza, è stato accusato di colpa morale e violazione dell'etica medica, mentre il ministro della Sanità rumeno Mircea Cinteza ha chiesto espressamente a tutti i medici che lavorano nell'ambito della riproduzione assistita di non accettare più casi analoghi. Una proposta che, fatta altrove, farebbe crollare un vero e proprio business: negli Stati Uniti il costo medio di ogni tentativo di fecondazione in vitro è di 12.400 dollari e l'assicurazione sanitaria, nella maggioranza dei casi, non sborsa un cent per l'intervento. Dal momento che il più delle volte non basta un solo tentativo per rimanere incinta, si può quindi arrivare a spendere anche 72.000 dollari (20.000 in più di quanto guadagna ogni anno un’impiegata). Una bella differenza rispetto ai 5.000 euro pagati per l’“impresa” da Guinness dell’anziana rumena, che in barba alle critiche è felicissima della sua maternità e sembra aver ritrovato le forze della gioventù. Per mantenere la sua piccola si è dichiarata infatti pronta a tornare all’insegnamento di letteratura rumena in una università privata di Bucarest. BEBE’ DA TERZA ETA’ A Est e a Ovest si riaccende la polemica sulle mamme ‘’over anta’’ (e passa). Trascorsi 11 anni dal caso dell’italiana Rosanna Della Corte (puerpera a 62 anni) e 2 da quello dell’indiana Satyabhama Mahapatra (a 64), si discute sul parto da record della rumena Adriana 95