Stampa articolo - La scuola possibile

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Articolo tratto dal numero 8-aprile 2009- Anno II de http://www.lascuolapossibile.it
Tu sei una maestra!
L'attenzione pedagogica ai bambini del terremoto
Didattica Laboratoriale - di Traversetti Marianna
Discorrere amabilmente di pedagogia, sperimentazione e didattica tra le pagine di questo numero della rivista in un momento così triste e disorientante in cui le nostre vite
sono cadute a causa della tragedia in Abruzzo, mi sembra anacronistico e quasi sgarbato, consentitemi il termine, nei riguardi di quell'urgenza che ha le fattezze di un
paradossale e incombente dolore collettivo e che porta con sé un'amarezza profonda ed impavidamente alle soglie della tolleranza umana.
Non è facile per nessuno, nemmeno per noi che siamo docenti, colleghi, genitori, specialisti ed esperti dell'educazione, riprendere "una vita normale" e chinare il capo davanti
ad un computer per redigere un articolo più o meno tecnico, dando le spalle -metaforicamente ma vigliaccamente- ad una riflessione che richiede un'attenzione tanto
obbligatoria quanto spontanea e naturale sull'aspetto psicoemotivo dei bambini che hanno vissuto in prima persona l'esperienza del terremoto.
Una pedagogia delle piccole vittime del sisma? Chiamatela come volete, ma in questi giorni, contrariamente a quanto avviene in me in qualsiasi e normale giornata lavorativa
e non, non riesco a pensare in "didattichese", ma solo in termini di donna, di madre, di figlia, di nipote... non sarà una proposta tecnica, questa volta, piuttosto una riflessione a
voce alta...
Gli effetti emotivi scaturiti dalla terribile esperienza del terremoto per un bambino sono i più vasti e diversi;
si tratta di una tragedia naturale così allargata e definitiva perché vedere crollare la propria casa, non
poter riavere e rivedere il proprio gioco preferito, magari quel peluche fonte di rassicurazione e proiezione
infantile delle proprie paure ed aspettative, che potrà essere riconfezionato ma mai recuperato e rivissuto
nella medesima forma in cui era stato originato, è un dato di fatto, immediatamente intuibile da ogni
bambino: non dà diritto di replica, è atto compiuto e finito.
Per chi lavora nella scuola si pone allora un imperativo prioritario: è necessario che ci occupiamo con le
nostre classi -dalla prima alla quinta "correggendo il tiro" a seconda dell'età e del contesto socio-culturaledel terremoto
in ambito scientifico (che cos'è, come si verifica),
in relazione alle sue conseguenze storico- sociali (quali altri episodi storici nel passato si sono verificati di
pari entità, quali conseguenze abitative, lavorative, economiche genera un sisma al suo passaggio),
nell'area linguistica (con resoconti di quotidiani e telegiornali, approfondimenti tematici, bollettini e articoli da
redigere, interviste a persone che in qualche modo, se sono presenti nella scuola, hanno avuto a che fare
con il sisma di qualche giorno fa o sono state testimoni di altri terremoti simili),
ma soprattutto bisogna affrontare il tema dal punto di vista psicoemotivo.
Proprio qualche giorno fa, una persona che conosco bene e che abita nel mio condominio mi ha chiesto di
parlare con una sua amica, madre di una bambina di nove anni, perché entrambe hanno vissuto la terribile
esperienza del terremoto, nel centro de L'Aquila: ne sono uscite illese fisicamente ma con profonde "ferite
dentro".
Si tratta di una bambina già fortemente introversa, molto pacata ed equilibrata che però, fin dai primi minuti
successivi alla scossa devastante la loro abitazione (che ha anche causato lo smarrimento del suo amato gatto, e questo è un elemento di grandissima importanza nella sfera
e nel quadro psicologico della bambina), ha chiesto alla madre di non parlarne con nessuno in sua presenza, di non raccontare come è accaduto, di non spiegare dove loro si
trovassero in quel momento, perché erano lì e come mai ce l'avessero fatta!
Questa mamma non mi conosceva, mi aveva solo vista qualche volta ed aveva solo sentito parlare di me, ma senza avere una opinione in merito alla mia persona e, quindi, al
possibile consiglio che le avrei potuto dare. Mi ha comunque chiesto aiuto per il semplice fatto che l'amica che abbiamo in comune le ha detto "Lei è una maestra che ama i
suoi bambini".
Questo le è bastato per aprirsi in un uggioso pomeriggio pasquale e chiedermi solo un piccolo suggerimento perchè lei non aveva la forza di pensare ma sentiva l'esigenza
naturale ed imperante di aiutare sua figlia.
Le considerazioni, un po' da maestra, un po' da mamma e un po' da persona assolutamente comune che ho fatto con lei, le hanno consentito di portarsi a casa già un
programma di azioni da fare per sostenere la figlia nell'immediato e alcuni comportamenti non verbali da seguire per accompagnarla nella difficile razionalizzazione
dell'evento, in termini strettamente intimi e personali.
Quando mi ha affettuosamente e sentitamente ringraziato al momento del congedo serale, mi ha colpito la sua frase pronunciata stringendomi a sé: - Tu sei una maestra!
E qui non posso che ribadire un pensiero già ampiamente espresso più volte, in molti articoli che ho scritto per questa rivista: l'importanza e, nello stesso tempo, l'equivocabile
figura dell'insegnante di scuola elementare nella società di oggi. Che cosa si chiede alle maestre? Cosa devono fare? Come si devono comportare? Qual è l'elemento che le
rende immediatamente riconoscibili a livello formale dall'utenza genitoriale?
Le risposte sono tantissime e tutte diverse, molte addirittura diametralmente opposte dal punto di vista contenutistico l'una dall'altra...
Cosa intendeva dire con: - Tu sei una maestra!
Spesso molte mamme cercano nella figura di un insegnante un punto di riferimento in carne ed ossa per se stesse, che sappia dall'esterno (ma da un esterno che conosce il
proprio figlio in maniera capillare e nutre per lui un affetto che tutte le maestre, spontaneamente, naturalmente e fortemente nutrono per i loro alunni) considerare il problema
nel suo complesso, ma proiettandolo nelle sue diramazioni e che sappia cogliere le linee di indirizzo per agire proficuamente in vista di un superamento dello stesso in forma
felice, senza lasciare strascichi e fastidi. Questa è l'attesa...
Caspita! Un po' troppo! Forse non esiste un'insegnante così! Certamente, però, esistono docenti che si mettono in gioco, per amore del proprio lavoro e che ragionano
su come operare per rassicurare, orientare, smussare gli angoli di una brutta storia vissuta e prepotentemente radicata nella coscienza di un bambino che -pur
così piccolo, innocente ed estraneo alla vita quella vera, quella brutta e carneficista- deve farci i conti.
E allora, colleghe e colleghi, in questi giorni di rientro, sarà bene affrontare questo tema di attualità e, se avesse colpito anche solo di riflesso un nostro alunno, sarà
indispensabile e gratificante rimboccarsi le mani: organizziamo circle-time, prepariamo dibattiti, proponiamo approfondimenti, leggiamo i giornali in classe e commentiamoli e,
soprattutto, diamo un messaggio forte ai nostri bambini: per superare una tragedia interiore, un dramma profondo e inespresso è fondamentale parlare, sfogarsi,
riflettere, piangere insieme ai propri maestri o a tutti i compagni, oppure scegliere "la persona giusta".
In questo modo ci sarà sempre una mamma che, davanti ad un insegnante sincera, affettuosa e competente, anche se non rileverà subitamente il risultato, sarà pronta a dire:
-Tu sei una maestra!
E per me questo, nonostante tutto, è un complimento!
Marianna Traversetti Docente 196° Circolo didattico Via Perazzi 46 - Roma
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La scheda progettuale
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