Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli
Transcript
Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli
Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci. (Jim Morrison) Editoriale Entrare nella profondità del proprio “sentire” P er realizzarsi come persone è necessario sapere amare. Per sapere amare è necessario conoscere le numerose forme in cui l’amore si dispiega, riempirsene e Comunità del Pettirosso viverle senza riserve. La vita dell’uomo è un dono dell’amore di Dio che è destinato a durare per sempre e la creatura umana, fin dalla sua nascita, è pronta per il viaggio che la trasferisce dalla terra al Cielo, ossia in quel Regno dove l’amore è eterno. Cosa significa, allora, amare? Cosa significa sentire? Questa è la domanda che facciamo ai nostri lettori. Dalla risposta che ognuno dà dipende la pienezza della sua vita ossia la sua felicità. Siamo certi che il fine di ogni uomo è quello di vivere nell’amore. Si nasce, solitamente, per un atto d’amore, ci si nutre dell’amore materno, si cercano carezze e tenerezza, ci s’innamora nell’amicizia, si cerca l’amore di coppia, si desiderano dei figli per amarli e tutto ricomincia in un ciclo di vita dettato sempre dallo stesso sentimento: l’amore! Fuori da questa realtà non vi è speranza e l’uomo muore a se stesso e alla vita che gli è stata donata. L’amore viene da Dio perché Lui è amore; per definizione, quindi, l’amore non è egoista, esso è relazione con gli altri, ma non si possono amare gli altri se non conosciamo noi stessi ed è per questa ragione che il primo passo da fare per capire cosa sia l’amore è entrare nella profondità della propria persona e coglierne i doni, i talenti, i turbamenti, le ferite, le gioie, i dolori. La nostra interiorità parla e ci comunica il suo sentire nel bene e nel male, dobbiamo sapere riconoscere ciò che nasce dal bene, ossia dall’amore, e ciò che invece nasce dal nostro malessere, cioè dalla mancanza d’amore. Non è difficile perché i sentimenti di bene allargano il cuore e i sentimenti di male levano la pace. Una volta acquisita la consapevolezza di sé, si può fare una rivoluzione interiore accettandosi per quelli che si è. Solo dopo quest’accettazione si può essere persone libere e scegliere la via dell’amore. Nella nostra società si ragiona troppo e si sente poco, il pensiero è l’alternativa vincente solo per conquistare notorietà e successo, ossia per detenere il “potere” su persone e cose. Il sentire viene considerato un segno di debolezza che l’uomo deve tenere lontano se non vuole perdere prestigio e autorevolezza. Tuttavia, rinunciare a sentire significa rinunciare ad amare e andare incontro alla disperazione. Dio non è pensiero, è sentimento, il Vangelo chiama beati coloro che riempiono la loro vita di ogni forma d’amore: tenerezza, speranza, purezza, accoglienza, fiducia, emozione, passione, gioia, affetto, compassione, ardore, condivisione, desiderio, stupore e… gratitudine! Quest’ultimo è il re di tutti i sentimenti di bene. Aspettando che ognuno risponda alla domanda fatta loro all’inizio, esprimiamo la nostra opinione che, pur rimanendo personale, è un augurio per ogni nostro lettore. Sentire è meraviglioso, è l’essenza della vita. Il sentire è alternativo al pensare: il sentimento non è un pensiero o si pensa o si sente: o funziona l’uno o funziona l’altro. Solo dopo aver sentito, infatti, il pensare diventa fecondo di vita. Sentire la gioia dentro e ballare è meraviglioso! Chiudere gli occhi e cantare finché si freme dentro, finché quel canto non diventa preghiera, liberazione, guarigione, inno all’Altissimo è esaltante. Sentire l’eccitazione, la passione per il proprio compagno che ci percorre il corpo e che raggiunge l’anima è la sacra danza della vita, è la vittoria dell’amore sulla povertà del successo effimero che è destinato a terminare. Anche il sentire la rabbia dentro per le ingiustizie e urlarla è amore ed è liberante. Sentire la gratitudine profonda per chi ci ha fatto innamorare di Dio è la pienezza del cuore. Stupirsi di fronte al primo passo di nostro figlio, al “ti amo” di chi siamo innamorati; commuoversi di fronte a un tramonto, a un gesto, ci riempie l’anima di quella felicità che non si può comprare. Questa è la realtà che Cristo ci ha invitato a vivere per essere perfetti come il Padre suo, in questa realtà noi possiamo vivere il Paradiso in terra. Redazione: Via della Nocetta, 171 Roma Contatti: [email protected] - www.ciaofrate.org Direttore Responsabile: Marisa Grillo Grafica: Patrizia Ruscio Hanno collaborato a questo numero: Maria Teresa Lo Bianco, Daniela Troina Magrì, Maria Grazia Fanelli, Piero Giovinazzo, Pina Orlandi, Federica Agresti, Giovanna Merletti, Marisa Grillo, Livio Falsetto. Le opinioni espresse negli articoli sono quelle dell'autore. Il materiale inviato, anche se non pubblicato, non sarà restituito. In copertina “Caldo Riposo” di Patrizia Ruscio Aspettiamo i tuoi suggerimenti e le tue idee... Scrivile a [email protected] o lasciale nella cassetta predisposta in chiesa 2 - luglio 2014 LA TERAPIA DEL SORRISO Una settimana con la Madonna Pellegrina N ostra Signora di Fatima è arrivata nella Basilica di San Sebastiano fuori le Mura il 18 maggio 2014 ed è stata accolta dai fedeli della nostra Comunità del Pettirosso, dai parrocchiani e dai visitatori con entusiasmo e commozione. Un addobbo di fiori bianchi ha reso festosa la Basilica ed ha dato il benvenuto alla statua itinerante di Maria. Per una intera settimana i frati francescani si sono prodigati per rendere speciale questo incontro celebrando Sante Messe, adorazioni, recite del Santo Rosario e processioni aux flambeaux. Tante le lacrime versate dai visitatori, tante le preghiere d’intercessione ascoltate da Maria, tanta la condivisione dei cuori e la speranza. Domenica 25 Maggio, i fazzoletti bianchi, sventolati dai fedeli commossi che gremivano l’intera basilica, hanno salutato la statua di Maria e in ogni Suo figlio è rimasta la nostalgia della Sua presenza e la consapevolezza di essere da Lei particolarmente amati. nazionali che dividono, non più separazioni di frontiere, non più interessi che separano i suoi figli. Tutti, in questo momento, sentono la gioia di essere fratelli”. Il 13 dicembre del 1958, la Conferenza Episcopale Italiana approvò il progetto di consacrare l’Italia al Cuore Immacolato di Maria e stabilì che questo atto avrebbe concluso il XVI Congresso Eucaristico Nazionale di Catania. I vescovi italiani fecero arrivare alla Madonna itinerante di Fatima l’invito a percorrere 92 capoluoghi della nostra nazione e ad arrivare a Catania il 13 settembre del 1959 per ricevere dall’Italia inginocchiata la consacrazione ufficiale al Suo Cuore Immacolato. Fu calcolato che nella sua Peregrinatio italiana essa fu accolta nelle piazze e nelle strade da ventisette milioni di italiani portando con sé un grande risveglio religioso ricco di conversioni. Fu in questa occasione che la statua di Nostra Signora di Fatima visitò San Giovanni Rotondo e sostò al capezzale di Padre Pio malato. Prima che l’elicottero che la trasportava riprendesse il volo, il grande Santo la pregò di non andarsene lasciandolo malato: l’elicottero sorvolò il santuario per tre volte ed egli guarì dal male che lo stava affliggendo. Il messaggio che la Regina del Rosario, come lei stessa si definì, ha portato al mondo nelle sue apparizioni, può essere riassunto come un invito alla preghiera, una rinunzia ad offendere Dio, una richiesta di pace e una consacrazione permanente al Suo Cuore Immacolato per ricevere Cristo dalle sue sante mani e accogliere la Parola del Vangelo come unica via per essere salvati. Maria Teresa Lo Bianco PELLEGRINATIO MARIAE Il pellegrinaggio itinerante mariano, iniziato alla fine della prima guerra mondiale, è il modo di Maria di farsi missionaria e non aspettare che l’umanità vada a trovarla nei santuari a Lei dedicati, ma di essere Lei a muoversi per prima e andare a visitare i suoi figli nelle loro case. L’impulso decisivo a questo movimento è stato dato dall’immagine della Madonna di Fatima che dal 13 maggio 1947, partendo dal Portogallo, ha preso a peregrinare lungo due strade: la strada europea e la strada mondiale per indicare ai popoli la via della salvezza attraverso il Vangelo. Sua Santità Papa Pio XII, nel suo famoso messaggio radiotrasmesso ad un milione di pellegrini riuniti a Fatima il 13 ottobre 1951, disse: “Là dove va la Vergine Pellegrina non vi sono più antagonismi - luglio 2014 3 PERSONAGGI AL CALEIDOSCOPIO Robert Schuman Il fondatore della Comunità Europea A Maggio di quest’anno si sono tenute le elezioni europee. Non entrerò nel merito di chi ha vinto o perso e perché, non è questa la sede. L’evento offre, tuttavia, l’occasione per presentare la figura di Robert Schuman, uno dei padri fondatori della Comunità Europea, del quale è in corso l’iter di beatificazione. Robert Schuman, famoso politico franco-tedesco, nacque il 29 giugno 1886 a Clausen in Lussemburgo, da genitori provenienti dalla Lorena e qui trascorse la sua infanzia ed adolescenza. Dopo il diploma, insieme alla famiglia tornò in Lorena, che in quel periodo apparteneva alla Germania e prese un secondo diploma. Benché molto giovane, Schuman possedeva già allora una formazione multiculturale e plurilingue. Successivamente studiò a Bonn, Monaco di Baviera, Strasburgo e Berlino. Con una laurea in giurisprudenza in tasca, tornò a Metz, storica cittadina situata nel nord est della Francia, al confine con la Germania e, nel 1912, vi aprì uno studio di avvocato. Riformato per motivi di salute allo scoppio della prima guerra mondiale, iniziò ad interessarsi alla politica e quando nel 1918, al termine della guerra, l’Alsazia e la Lorena ritornarono sotto la Francia, Schuman iniziò la sua carriera come consigliere comunale a Metz. Protagonista senza interruzione della politica francese, durante la seconda guerra mondiale approfittò della sua posizione per aiutare i rifugiati espulsi dai tedeschi dall’Alsazia e dalla Lorena durante l’occupazione da parte del Reich. Proprio per questa attività fu arrestato dalla Gestapo. Nel 1942 riuscì ad evadere e si unì alla resistenza francese. Fu dopo la seconda guerra mondiale che Schuman, Primo Ministro francese dal 1947 al 1948 e successivamente Ministro degli Esteri dal 1948 al 1952, gettò le basi per la realizzazione del suo sogno. Il 9 maggio del 1950 – data in cui ogni anno viene celebrata la Festa dell’Europa – Schuman presentò la sua proposta di porre le basi per la creazione graduale 4 - luglio 2014 di una federazione europea, indispensabile per il mantenimento di pacifiche relazioni e nota come “Dichiarazione Schuman”. Al progetto avrebbero potuto aderire altri Paesi europei limitrofi. Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo accettarono l’invito. A questo punto corre l’obbligo di segnalare il peso che ebbe l’attività del consigliere di De Gasperi Altiero Spinelli, firmatario dell’adesione dell’Italia. Fu Altiero Spinelli, infatti, che durante il periodo del suo confino a Ventotene (1939-1943), insieme ad altri prigionieri politici, preparò il Manifesto di Ventotene (1941), che proponeva la formazione di una federazione Europea sovranazionale di Stati, il cui obiettivo primario consisteva nel creare un legame tra gli Stati europei che impedisse lo scoppio di una nuova guerra. Il primo risultato fu la costituzione della Commissione Europea Carbone e Acciaio – CECA, base dell’odierna Unione Europea. Robert Schuman fu il primo Presidente dell’Assemblea Parlamentare Europea (1958-1960), che al termine del mandato lo proclamò “padre dell’Europa”. Morì a Scy-Chazelles, in Francia, il 4 settembre 1963. Il 9 giugno 1990, il vescovo di Metz, monsignor Pierre Raffin, autorizzò l’apertura del processo di beatificazione. La Congregazione per le cause dei Santi ne sta studiando il dossier. Schuman fu proclamato “Servo di Dio” nel maggio del 2004. Può un politico diventare santo? Si, se tutta la sua esistenza è stata posta al servizio del bene comune. Il quadro socio-economico fa sì che l’Europa, oggi, appaia una realtà senza speranza: disoccupazione giovanile, scioperi, violenza urbana, radicalismi e nazionalismi sono ormai all’ordine del giorno. In questo clima tumultuoso, dove lo scetticismo ha spento l’entusiasmo del fare dei padri fondatori, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (Comete) ha promosso a Bruxelles nel 2013, nell’ambito dell’Anno della cittadinanza, “La Settimana della Speranza” (24-27 giugno). L’iniziativa ha avuto lo scopo di tornare alle radici della storia cristiana presentando all’Europa di oggi le figure di uomini e donne che con il loro impegno, talvolta vissuto fino alla morte, si sono prodigati per costruire la storia di questo continente sulle basi della giustizia sociale, della legalità, del dialogo e dell’accoglienza. La settimana della Speranza, con l’obiettivo di far capire ai cittadini che la Chiesa è presente, ha promosso l’ottimismo europeo, “è stata una compagna di viaggio al servizio di tutti quelli che cercano di dare un’anima all’Europa”. Essa ha visto il susseguirsi d’incontri e dibattiti inerenti l’educazione dei giovani, il servizio alle persone povere ed emarginate, la lotta al crimine e le migrazioni, ha proposto un riferimento etico nell’economia e nella finanza. Ognuno dei temi trattati è stato introdotto dalla presentazione di varie figure di santi e beati, tra gli altri il nostro padre Pino Puglisi per la sua lotta alla mafia. In questo quadro s’inserisce la beatificazione di Robert Schuman, un cristiano che non si è limitato ad aiutare il fratello più prossimo ma ha rivolto il suo aiuto all’umanità intera. Robert Schuman, uomo di fede e di “potere”, fu un fedele pacificatore. Fece le sue azioni di persona laica come un apostolo. Lavorò per costruire la prima comunità di nazioni, esprimendo l’augurio che l’Europa prefigurasse l’universale solidarietà del futuro. Con tutto il suo agire dimostrò che la politica può essere una via di santificazione. Seguendo l’esempio di Gesù, fu mite ed umile di cuore. La Chiesa lo onora come discepolo e imitatore di Cristo affinché sia utile come modello ai legislatori ed ai Capi di Stato, perché anch’essi diventino servitori dei loro popoli e lavorino per la pace e la giustizia tra le nazioni. Alla proposta di Schuman, contenuta nella sua “Dichiarazione”, risposero, tra gli altri, Alcide de Gasperi “Servo di Dio”, Adenauer e Joseph Bech anche essi cristiani praticanti, con esperienza di vite vissute “sulla linea di confine”. Furono uomini grandi con gli stessi principi di fondo che concordavano anche nelle questioni pratiche connesse con il futuro del progetto europeo e furono così in grado di realizzarlo. Erano tutti – per citare la frase che Benedetto XVI quando, nel giugno del 2009, parlò di Alcide de Gasperi – passati attraverso la “scuola del Vangelo” ed erano ben radicati nella fede. Anche essi possono, perciò, essere ancora oggi considerati modelli di riferimento per il modo concreto con cui hanno saputo vivere la propria storia cristiana sia nei metodi che nei contenuti. È per questo che il successo della loro opera è giunto, con oltre 60 anni di pace e sviluppo, fino ai nostri giorni. Schuman non ha lasciato scritti teologici o testi di spiritualità. Semmai ci consegna una spiritualità vissuta e incarnata, una vita ispirata al Vangelo e una carità spesa nella città degli uomini e sempre ordinata al bene comune. Robert Schuman è un personaggio attuale perché ci ricorda il valore della pace e della dignità umana; ci indica la necessità di dialogo e unione tra le nazioni e ci conferma che per fare politica bisogna essere donne e uomini dalle forti convinzioni ed essere capaci di mettersi senza riserve al servizio dei popoli. Marisa Grillo - luglio 2014 5 DOPO LA MISTICA... LA MASTICA Cena d’estate a casa di Giovanna Antipasto salato Vol au v pasta sfo ent (canestrini d glia) 1 co nfezione i Riempire vent con a piacere i vol a pezzetti d u i: melone e pomodor prosciutto; stracchin ini e mozzarella; o e noci. la Sbucciare e lavare bene . mi se i ere gli To . frutta li Tagliare la frutta in piccogli ne rli lza cubetti e infi do spiedini lunghi, alternan ai se ba in tta fru di tà rie le va in gusti preferiti e metterlinto me mo al o frigorifero fin della degustazione. Spiedini di frutta Preparazione: 1. Tagliare a cubetti i fagiolini, le carote e la zucchina e lessare insieme ai piselli in acqua bollente salata; 2. Tagliare il petto di pollo a pezzettini e rosolarlo in padella con olio, aggiungere sale e pepe; 3. Far rinvenire il Couscous immergendolo nel brodo Ingredienti: bollente per alcuni minuti, fino ad ottenere circa un volume doppio; • 250 gr cous-cous 4. Aggiungere le verdure lessate ed il petto di pollo precotto mescolati tra loro; • 400 gr petto di pollo 5. Condire con olio extra-vergine di oliva; • 150 gr fagiolini 6. Per la presentazione a tavola ungere uno stampo con • 2 carote olio, versare il Couscous e lasciare riposare alcuni • 200 gr piselli sgranati minuti. Rovesciare su un vassoio e guarnire a piacere • 1 zucchina romanesca con verdure sbollentate. • ½ litro brodo vegetale Cous-cous di verdure e petto di pollo La tua ragazza è in carne? incoraggiala a camminare 5 km la mattina e 5 la sera, i risultati saranno incredibili, in una sola settimana sarà a 70 km da casa Torta di fragole Preparazione: 1. Tagliare le fragole in una ciotola, unire lo zucchero e lasciare macerare per alcune ore mescolando ogni tanto per sciogliere bene lo zucchero, fino ad ottenere il succo utile per bagnare i savoiardi; 2. Montare la panna da utilizzare nei diversi strati della torta; 3. Disporre in un vassoio un primo strato di savoiardi Ingredienti ed impregnarli con il succo delle fragole; • 300 gr di savoiardi 4. Stendere sul primo strato la panna montata • 500 gr di fragole insieme ad alcune fragole macerate; • 250 gr di zucchero 5. Sovrapporre a piacere altri strati con i savoiardi • 250 gr di polvere di bagnati, fragole e panna (le dosi indicate sono per cocco (normalmente 2 strati più la decorazione finale); una confezione) 6. Al termine coprire tutta la torta con la panna e • ½ litro di panna fresca spolverare con la polvere di cocco; da montare 7. Decorare a piacere, meglio se con fragole. Giovanna Merletti 6 - luglio 2014 a CURIOSITà MEDICHE Forse non tutti sanno che Rubrica di curiosità mediche a cura del Prof. Livio Falsetto medico chirurgo specializzato in Medicina interna, Dietologia e Dermatologia Cos’è la drunkoressia Q uasi tutti ne conoscono il significato, o, se non altro, hanno sentito nominare il termine “anoressia”, cioè quel disturbo psicopatologico di alcuni soggetti, specie di sesso femminile e di giovane età, che li spinge a rifiutare di alimentarsi, per timore fobico di ingrassare, fino a contrarre varie patologie e giungere spesso a uno stato di cachessia che, se non si interviene in tempo, può condurre alla morte. Non di rado, dietro a rifiuto di alimentarsi per dimagrire, si cela un più vasto e complesso rifiuto della vita in genere, che riconosce nell’alimentazione un presupposto elementare ma essenziale. Parimenti ben conosciuta è la pulsione opposta, la “bulimia”, che spinge chi ne è affetto a mangiare oltre misura, fino al raggiungimento di gravi obesità, sempre per una condizione di malessere esistenziale. Non altrettanto nota, o almeno non ancora, visto che si sta sempre più diffondendo, col rischio di diventare presto anch’essa tristemente famosa è la “drunkoressia”, cioè quello strano e pericoloso comportamento alimentare, diffuso particolarmente in soggetti femminili molto giovani (c.d. teenagers), che consiste nel mangiare sempre meno, fino a digiunare, per poi assumere rilevanti quantità di bevande alcoliche (drunk=ubriaco, in inglese). Si tratta, in sostanza, di una variante dell’anoressia, nella quale l’abuso di alcool si intreccia con l’anoressia stessa in modo, per così dire, complementare: da un lato, infatti, l’alcool facilita il digiuno, per l’apporto calorico degli zuccheri presenti nelle bevande alcoliche, che dà l’illusione di sazietà; dall’altro, l’assunzione di alcool a stomaco vuoto rende più rapida ed intensa l’ebbrezza da esso provocata. Inoltre, la suddetta maggiore facilità a digiunare indotta dalle calorie fornite dall’alcool evita alle drunkressiche quei comportamenti comuni alle anoressiche pure, quali induzione al vomito, ricorso a lassativi e diuretici, logoranti attività fisiche, tesi a neutralizzare gli effetti ingrassanti del poco cibo che , a volte, non riescono ad evitare di assumere. Sia detto per inciso, la tendenza ad eccedere con l’alcool, è presente spesso anche nei soggetti bulimici, in cui diventa una sorta di sostituto del cibo, che li aiuta ad “abbuffarsi” di meno. Va anche ricordato che l’abitudine di bere alcolici nelle adolescenti, oltre ai citati legami con l’anoressia e, a volte, con la bulimia, è anche spesso suggerita da spirito di imitazione, da volontà di inserimento nel “branco”, in particolare seguendo il modello dei maschi, la cui assunzione di alcool è legata al divertimento e alle emozioni. Di questa tendenza ad emulare i “più grandi”, o, comunque, i “più emancipati, sia per quanto riguarda l’uso di alcool, sia, soprattutto, di droga, vi è ampio riscontro nella letteratura, sia scientifica che narrativa. Basti per tutti ricordare il libro “Cristiana F. Noi, i ragazzi delle zoo di Berlino”. Tornando alla drunkoressia, è evidente, che col tempo, si manifestano gli eventi patologici sia propri dell’anoressia (osteoporosi, alterazioni cardiache, amenorrea), sia derivanti dal consumo di alcool (neuropatie, tremori, danni al fegato e al cervello). Nel momento in cui la drunkoressia raggiunge i livelli di allarme è necessario intervenire come con l’anoressia: terapia di rinutrizione, psicoterapia individuale e di gruppo, eventuale assunzione di farmaci quando l’alcool è diventato una vera e propria dipendenza. Per attuare tutto ciò, potrebbe rendersi necessario rivolgersi ad un centro per i disturbi del comportamento alimentare. Dr Livio Falsetto Gradazione alcolica delle bevande comunemente assunte: Birra bicchiere 330 ml 4,5° Vino bicchiere 125 ml 12° Aperitivo Superalcolico 18° 36° bicchiere 80 ml Recenti studi sotengono che la birra contiene ormoni femminili... se ne bevi troppa “infatti” poi non sei in grado di guidare e continui a parlare senza sosta. bicchiere 40 ml sarà .. ?? vero - luglio 2014 7 DENTRO E FUORI LE MURA Castel Sant’Angelo ...da mausoleo imperiale a fortezza papalina... U no dei luoghi più criptici e intriganti di Roma è Castel Sant’Angelo. Avvolto dal fascino e dal mistero si eleva fiero presso l’antico ager vaticanus dove un tempo, a poche centinaia di metri, sorgeva il famoso circo di Nerone in cui trovò il martirio San Pietro. Il Castello è stato sempre al centro delle vicende romane ma non esordisce come maniero difensivo, bensì come sepolcro imperiale edificato, a partire dal 123 d.C., per volere dell’imperatore Publio Elio Adriano che elesse quel luogo a sepoltura sua e dei suoi successori. Esternamente si presentava come una struttura cubica, sormontata da un grande tamburo in peperino e opus caementicium sul quale era collocata una quadriga in bronzo trainata dall’imperatore. All’interno, oltre l’ingresso era la cosiddetta rampa elicoidale che, salendo di 12 mt, conduceva, e conduce tuttora, all’interno della camera sepolcrale, termine ultimo del mausoleo. Tuttavia, da quando nel 403 l’imperatore Onorio incluse l’edificio nelle mura aureliane, il mausoleo venne inglobato in una struttura difensiva ben più grande che divenne un vero e proprio baluardo atto alla protezione di tutta la zona.L’edificio però prende il nome di Castel Sant’Angelo solo dal 590 quando, durante una processione indetta da papa Gregorio I per allontanare la grave peste che stava decimando la città, sulla sommità della struttura, i fedeli videro l’Arcangelo Michele rinfoderare la sua spada annunciando così la fine dell’epidemia. Da allora, quel luogo iniziò a difendere non solo la Chiesa, ma tutta la popolazione romana e, pertanto, molti Pontefici decisero di renderlo inespugnabile edificando i quattro bastioni che lo circondano, un’alta e fitta merlatura e dei punti d’osservazione per sentinelle e militari. Allo stesso tempo curarono l’aspetto estetico donando alla struttura opere eccelse del panorama storico artistico manierista di metà ‘500. Ritroviamo, così, l’appartamento di papa Leone X Medici, collocato tra i due cortili dell’angelo e della balestra, in cui Perin del Vaga realizzò l’apparato pittorico, Michelangelo Buonarroti progettò la piccola Cappella e Tiziano concluse i sublimi ritratti da parata. Al piano superiore, ritroviamo gli appartamenti di Paolo III Farnese tra le cui stanze spicca la magnificente Sala Paolina in cui tutto il registro iconografico è teso ad esaltare il pontefice messo a confronto con Alessandro Magno. Dall’appartamento di Leone X, passando per quelli di Paolo III, si giunge infine alla splendida terrazza dove spicca trionfante l’arcangelo in bronzo del fiammingo Pierre van Verschaffelt che domina tutta la città di Roma. Castel Sant’Angelo, però, è noto soprattutto per i suoi ambienti più nascosti, quei luoghi che lo resero protagonista nei secoli della Roma papalina. Il primo è il celeberrimo Passetto: un passaggio segreto, costruito dall’antipapa Giovanni XXIII sopra le Mura Vaticane per collegare la Basilica di San Pietro al Castello. Le seconde sono le Prigioni Storiche: luoghi angusti e umidi in cui erano detenuti quei delinquenti più pericolosi che attendevano soltanto la morte. Dopo un breve periodo di proprietà francese, all’epoca napoleonica, il Castello è tornato all’Italia e oggi è uno dei musei più visitati della nostra città grazie all’attenta gestione del Ministero dei Beni Culturali. 8 - luglio 2014 Villa Adriana ...una città a dimensione d’imperatore... Q uando Publio Elio Adriano assunse il potere il 2 agosto del 117 d.C., l’impero romano era nel momento della sua massima potenza ed estensione. Fu il secondo imperatore straniero di Roma ed essendo accorto uomo politico, giudicò necessario creare una certa stabilità tra il potere centrale e le province periferiche dell’impero stesso. A tale scopo intraprese una lunga serie di viaggi nei quali la sua multiforme e poliedrica personalità si arricchì al punto che, tornando a Roma, decise di trasferire i luoghi del potere in un nuovo complesso che avrebbe preso il nome di Villa Adriana: una città ideale in cui sarebbero state realizzate tutte le architetture più singolari e gli edifici più curiosi che ammirò durante i suoi famosi viaggi. La villa fu costruita tra il 118 e il 134 ed attualmente soltanto un quinto della sua originaria estensione è venuto alla luce. Entrando dagli alti muraglioni, si incontra subito una grande piscina, detta Pecile, che, circondata da un vasto porticato, offriva all’imperatore la migliore condizione climatica per una salutare passeggiata pomeridiana. Poco distante un singolare edificio con tre esedre, accanto al quale troviamo le Piccole Terme, destinate alle donne e, a seguire, le Grandi Terme, riservate agli uomini. Adriano costruì la villa nel territorio dell’attuale Tivoli soprattutto per l’abbondanza delle acque come testimoniano del resto non solo le terme ma anche il Teatro Marittimo, il Pecile e soprattutto il Canopo. Un lungo bacino d’acqua il cui nome richiama un centro egiziano vicino all’odierna Abukir dove Antinoo, il favorito dell’imperatore, trovò la morte. La struttura appare quanto mai moderna e, addossato ad uno dei lati corti, si trova un grande triclinio per feste e banchetti solenni dove i commensali potevano rinfrescarsi grazie a getti d’acqua nebulizzata. La parte più importante della villa di Adriano però è, senza dubbio, la residenza imperiale. Articolata in tre nuclei intorno ad altrettanti cortili porticati detti peristili, prevede un grande corpo centrale che corrisponde al Palazzo dal quale Adriano esercitava la sua autorità. Tuttavia, l’ambiente più singolare e che meglio rappresenta il carattere dell’imperatore si trova dal lato corto occidentale del cortile delle biblioteche. Qui ancora una volta è l’acqua la grande protagonista scenografica: un canale ad anello racchiude un’isoletta circolare sulla quale si trova una piccola villa costituita da una serie di vani disposti intorno ad un cortile porticato con una fontana. Si tratta del cosiddetto Teatro Marittimo. Questo sito apparentemente inaccessibile, era il luogo in cui l’imperatore Adriano si ritirava privatamente per comporre i suoi brani poetici e coltivare i suoi studi e i suoi interessi. Attualmente Villa Adriana, patrimonio dell’Unesco, rappresenta il massimo esempio del fascino di quanto rimane dell’antica Roma ma, allo stesso tempo, lo scempio perpetrato a partire dall’epoca costantiniana durante la quale si iniziarono a portar via opere di statuaria e marmi preziosi innescando un processo irreversibile che si concluderà solo con l’oblio in cui questo maestoso complesso cadde per lunghi secoli. Piero Giovinazzo - luglio 2014 9 buone notizie Viaggio in Iran S ono stata in Iran. Quando ho comunicato in casa e agli amici il mio “insolito” viaggio, tutti mi hanno definito una pazza... tranne mia madre che ormai, per quanto mi riguarda, si affida alla volontà del Signore. Come da consigli raccolti in giro, ho preparato una valigia per l’occasione: camicione e magliette fin quasi al ginocchio, sciarpe e foulards. Tutto l’occorrente per rendere invisibile una donna. Già nella prima tappa del viaggio, a Shiraz, ero bardata di tutto punto. Ho avuto il primo shock al controllo passaporti: un canale per gli stranieri ed uno per gli iraniani. Noi “straniere” vestite come monache di ordini religiosi diversi… le donne iraniane coperte si, ma incantevoli. Alcune erano molto belle, con grandi occhi scuri, vellutati e brillanti, sopracciglia perfette, piuttosto magre, ma non ossute o palestrate, un magro che si potrebbe definire “dolce”. Per non parlare poi della loro postura eretta e della spiccata femminilità nei movimenti. Il loro abbigliamento? Vestitini strizzati in vita, lunghi fino a mezza coscia e con sotto leggins o fuseaux. E le teste? Le straniere continuamente attente a sistemare il foulard per il terrore di scoprire il capo; le iraniane elegantemente drappeggiate sembravano muoversi come modelle sulla passerella. Ho scoperto che l’unica loro fissazione è quella di farsi ritoccare il naso che, per caratteristica di razza, a volte è leggermente aquilino. Nel complesso la popolazione è giovane... le guerre hanno fatto la loro parte. La base della società iraniana è ancora la famiglia: genitori e nonni sono oggetto di amore e massimo rispetto, non è concepibile non prendersene cura nella vecchiaia. Le donne lavorano, spesso a contatto dell’altro sesso, in quasi tutti i campi lavorativi. Effusioni in pubblico, invece, mai viste. Sarà pudore, riservatezza, costume o perché la società e la religione non lo ammettono? Non si può dire, ma certo fa piacere notare che i giovani non siano stati contagiati dal permissivismo dell’occidente, dove tutto è lecito… anche il troppo! Al massimo ho visto coppie che passeggiavano tenendosi teneramente per mano o abbracciate o baciarsi sulle guance. 10 - luglio 2014 I matrimoni non sono più combinati dalle famiglie e, pur non essendo reato la poligamia, nella norma ci si sposa solo una volta. L’adulterio può essere ancora punito in modo severo. Anche se il nuovo regime cerca di occidentalizzarsi un po’, la pena di morte non è ancora stata abolita, né è stata abolita la così detta “legge del taglione” contemplata dalla giurisprudenza islamica. Tutto sommato ho avuto l’impressione di viaggiare in un Paese sicuro, anche se non si vedono molte divise in giro. La tranquillità delle donne nel muoversi da sole, le bancarelle o i negozi lasciati tranquillamente incustoditi denotano un’atmosfera di sicurezza. I bambini sono bellissimi, vivaci ed educati e in quindici giorni non li abbiamo mai visti piangere o fare capricci. Ho provato tenerezza per le bambine che, come dovunque, cercano di imitare le mamme e già a 6/7 anni, se indossano il velo, riescono ad assumere la loro stessa andatura elegante. L’Iran è molto vasta! Il territorio è almeno cinque volte quello italiano e si svolge in senso orizzontale. Per la gran parte è desertico, un deserto aspro senza le romantiche dune del deserto del Sahara. Vastissime sono le vallate circondate da montagne alte fino a 5.000 metri. Ho viaggiato per ore senza riuscire a vedere nitidamente i confini per poi, all’improvviso, imbattermi in macchie verdi dall’aspetto di enormi oasi. I grandi centri abitati sono strutturati come cittàgiardino, attraversate da ampi viali alberati le cui corsie sono spesso spezzate da spazi ricreativi con prati, panchine, fontane e fiori, fiori di tutti i colori. Nell’intero arco della giornata, persone sole, famiglie, gruppi di amici, bambini e giovani coppie si godevano quei curatissimi spazi messi a loro totale disposizione. Ho potuto verificare il loro senso civico: anche dopo il più affollato dei pic-nic non si vedeva in giro un solo pezzo di carta! Stupiti di così tanto verde nel deserto, ne ho parlato con Sciarin, la nostra guida persiana: jeans, camicetta aderente, scarpe da ginnastica e sempre bellissimi foulards. Mi ha spiegato che in tutto l’Iran c’è acqua potabile che viene soprattutto dalle montagne innevate per gran parte dell’anno, e che, in gran parte del Paese – tranne che nelle grandi città – essa è ancora trasportata a valle e distribuita attraverso un sistema di pozzi e canali, chiamati “ganat”, di origini antichissime. Il loro grande numero consente di coltivare i numerosi orti e irrigare gli incommensurabili giardini. L’Iran è, tra l’altro, il paese delle rose. Ho visto tanti fiori ma soprattutto rose, infatti, “l’acqua di rose” iraniana viene esportata in tutto il mondo. Ovviamente ho visto tappeti meravigliosi, ho capito la differenza tra nodi turchi, persiani e kilim ma soprattutto ho scoperto che per gli orientali i tappeti non sono soltanto una decorazione per la casa e un posto morbido dove poggiare i piedi, ma fanno parte della loro tradizione. Essa nasce dai beduini che si spostavano continuamente ed usavano tessuti annodati per tantissimi scopi, tra l’altro per fissare un tetto sulla testa o un pavimento per la loro casa. Quando iniziarono a tessere tappeti inserirono decorazioni (mondo animale, mondo vegetale, simboli geometrici) che individuavano le specifiche tribù e, successivamente, i luoghi per cui venivano utilizzati. I più ricchi di simbolismo sono sicuramente i tappeti dedicati allo spazio per la preghiera: per gli islamici, il filo con cui vengono tessuti rappresentano il tramite tra l’uomo e Allah. Ho visitato moltissime moschee. Le più antiche e le più nuove hanno in comune gli interni spogli e i pavimenti ricoperti di tappeti. Indimenticabile è il ricordo della decorazione delle facciate e di parte degli interni: ricchi di decori floreali, di uccelli o altri animali, di preghiere o semplicemente del nome di Allah, tutto riportato su maioliche dallo sfondo azzurro declinato in tutte le tonalità. Nelle loro funzioni religiose la separazione uomo-donna effettivamente esiste. Ho visitato tante moschee e assistito allo svolgimento dei loro riti e immagino che essa dipenda anche dal loro modo di pregare. Ho assistito ad una funzione del venerdì, a cui è richiesto a tutti i fedeli di partecipare: è impressionante l’atmosfera carica di concentrazione e misticismo che si percepisce! Per un italiano, la varietà della cucina iraniana è decisamente scarsa. Si tratta però di una cucina sana dove gli arrosti la fanno da padroni: agnello e pollo soprattutto e pesce; ho mangiato eccezionali minestre con orzo e del crème caramel come ormai in Italia è difficile trovare. Siccome c’è acqua potabile dovunque abbiamo anche mangiato frutta e verdura in abbondanza, cosa non frequente nei Paesi orientali. Le città? Teheran, immensa con i suoi 12 milioni di abitanti; la mistica zoroastriana Yazd; Isfahan, la perla dell’Iran: moschee splendide con i minareti turchesi, un bazar-labirinto unico, l’immensa Iman Square con i meravigliosi giardini e le grandiose fontane; Shiraz, città della poesia. Quanta arte e quanta storia! Se qualcuno mi chiedesse a caldo cosa mi ha colpito di più, cosa mi è rimasto nel cuore risponderei immediatamente: i colori! L’ocra del deserto, le mille sfumature dei fiori, il verde dei parchi, le tonalità di azzurro dei ricami vetrificati delle maioliche nelle facciate delle moschee e dei mausolei, il nero degli occhi delle ragazze che ti rubano l’anima quando ti dicono: “welcome!”. Marisa Grillo - luglio 2014 11 essere carita’ Concorso di disegno per calendario 2015 C I O N “ I T S i T R A DI DIO” 12 - luglio 2014 arissimi bambini, questo articolo è rivolto a voi... Sì, proprio a voi!! La “Comunità del pettirosso” ha deciso di bandire un concorso di pittura dal titolo: “Noi artisti di Dio” per i bambini della nostra comunità fino agli 11 anni. Occorrono: fogli (formato A4 utilizzati in orizzontale) colori (pastelli - pennarelli - colori a cera - gessi colorati tempera - acquerelli - colori ad olio: scegliete voi!) - tanta fantasia e soprattutto A-L-L-E-G-R-I-A! Ogni bambino potrà presentare fino a 12 disegni, uno per ogni mese dell’anno. I lavori dovranno pervenire entro il 30 settembre 2014 e essere consegnati a Maria Grazia Fanelli Cell. 392 2369362. Una commissione esaminerà tutti i lavori consegnati e ne sceglierà massimo 48. I disegni scelti faranno parte di un calendario che sarà distribuito a Dicembre, anche in occasione del mercatino di beneficenza. Le offerte ricevute saranno devolute ai bambini ricoverati al Baby Caritas Hospital di Betlemme e ai bambini di Komono in Congo che aspettano un pozzo per potere crescere sani. Sì, miei cari bambini, con la vostra arte e con il vostro cuore aiuterete bambini come voi, che purtroppo soffrono, a causa sia delle malattie fisiche che della povertà, dovuta all’indifferenza di molti adulti. Il vostro cuore trabocca di luci e colori che doneranno calore e gioia di vivere: la solitudine è nera… la solidarietà è luminosa! Voi siete gli artisti preferiti da Dio, che decise di far nascere suo figlio in una stalla e come culla gli donò le braccia accoglienti di Maria che lo coccolavano e cullavano al canto degli Angeli. Pensate che a Betlemme, sopra la grotta, è stata costruita la basilica della Natività. La piazza che circonda la basilica si chiama “Salah al Mac” che significa “piazza della culla”. Ogni bambino è Gesù nato in una grotta. Pensate a Lui: allungate le vostre braccia verso il cielo e diventate la Sua culla vivente, poi armatevi di colori e pennelli e colorate la Sua vita! Siate pittori della vita! Allora: prendete la mira, puntate il vostro arco, scagliate le vostre frecce colorate e spruzzate in cielo l’arcobaleno… a proposito, lo sapevate che nel racconto biblico di Noè e del diluvio universale l’arcobaleno è il simbolo della salvezza? A tutti i bambini partecipanti verrà consegnato un attestato di partecipazione e riceverà tanta gratitudine da parte di fratellini lontani, per distanza geografica, ma vicini nel cuore! La comunità aspetta le vostre opere d’arte. Buon lavoro! n.3 dipinti di Elisabetta Calabrese donati al Baby Caritas di Betlemme La Danza dei Colori Disse un giorno nostro Signore: “ sono stanco del buio e del vuoto, in ogni dove.” Detto fatto, con un soffio dal suo cuore, sparpagliò nel sipario della vita... il colore. Bianca apparve all’istante, la luce abbagliante e tanto bella da illuminare il volto di ogni stella, che tosto iniziò a danzare, al ritmo che più amava improvvisare. S’infiammò di rosso, la prima stella, fuoco dell’amore, intenso contatto di calore. Toccò con impeto la seconda stella, al ritmo gioioso di una tarantella e trasformò il rosso in arancione, il colore di ogni vivida emozione!! Roteò sul palco la terza stella, regina della vita e di ogni cosa bella, di luce gialla vestita, con l’amore di Dio, fra le dita. La quarta stella iniziò a respirare così profondamente da far vibrare il mare e seminare nel mondo il verde prato della speranza, dove ogni bimbo gioca, sereno e con esultanza. In punta di piedi, la quinta stella cominciò a ballare e in religioso silenzio prese a volteggiare nei cieli immensi e innamorati, dagli occhi blu e di indaco colorati. Spiccò, infine, il volo l’ultima stella, leggiadra e libera con ali di libellula, dal profumo di viola delicato, di un tramonto intenso ed incantato. Fu così che nacquero i colori, per dare luce e speranza ai nostri cuori, perché il buio di ogni sofferenza si tramuti nella gioia di vivere, nella nostra esistenza, nel respiro profondo dell’Amore che supera, col sorriso, ogni dolore. Maria Grazia Fanelli - luglio 2014 13 il bello del fai da te Tutti possono disegnare S iamo Tutti Artisti: ne sono assolutamente convinta tanto da aver registrato il marchio STArt! che è al tempo stesso un’affermazione ed un invito appunto ad iniziare. Credo fortemente nel valore della innovazione, dell’arte e della energia umana come ingredienti importanti per lo sviluppo della società civile, ne ho discusso proprio nei giorni scorsi in occasione del mio intervento dal titolo “Art at Hospital” nell’ambito della Nona Conferenza Internazionale “The Arts in Society” presso l’Università la Sapienza, un’importante occasione di confronto internazionale sull’arte “nella” e “per la” società. Il progetto STArt! che è l’acronimo, appunto, di Siamo Tutti Artisti è nato dalla convinzione che tutti noi abbiamo dei talenti spesso non sviluppati. E’ dimostrato da ricerche scientifiche che ciascuno di noi utilizza solo un sei per cento delle proprie capacità cerebrali, il che significa che esiste un novantaquattro per cento inesplorato che può essere, se sufficientemente stimolato, portato in superficie. Questo potenziale può essere reso disponibile e può diventare parte della nostra vita di tutti i giorni, in tutti i campi: scientifico, letterario, artistico. Io sono convinta che il campo artistico debba essere sviluppato perché, anche attraverso la capacità di creare un oggetto artistico, ciascuno di noi può migliorare la propria qualità di vita. Il creare dà ottimismo, ci propone nuove sfide e ci consente di vivere meglio. Come dice Hubert Jaoui in un libro da lui pubblicato nel 2011, “La creatività è necessaria al benessere così come il sole è necessario alla vita”. E così un paio di anni fa ho deciso di mettere a frutto le mie esperienze e passioni: sia l’esperienza ingegneristica che quella derivante dall’Accademia di Belle Arti e di grande aiuto è stata anche l’esperienza di mentoring che da decenni arricchisce le mia attività di manager, di consulente, di professionista della creatività e dell’innovazione. Ho così strutturato un approccio metodologico mirato a risvegliare l’artista che è in tutti, anche in coloro che credono di essere negati per le arti figurative. STArt! è indirizzato a tutti coloro che dicono “Sono negato”, “Non so disegnare”, “Ho smesso di disegnare 14 - luglio 2014 quando avevo 7 .. 8.. 9 anni”. E in effetti chiunque riprende a disegnare, da adulto, riprende a disegnare come se fossero passati 30, 40, 50 anni in cui nulla è successo ma sono rimaste fissate, stereotipate, le immagini del bambino, di quel bambino che un giorno si è sentito dire dal suo insegnante (o almeno ha percepito): “Non sai disegnare”, “Sei negato!”, “Cosa hai fatto?”. Il corso STArt! parte da questa capacità del bambino che in qualche modo è stata annullata o repressa per far si che riemergano quelle potenzialità che non sono mai state sviluppate. Per ottenere questo ci sono tre cose essenziali da fare ed è quello che facciamo durante il corso: - bisogna allenare la mano, - bisogna allenare l’occhio a vedere, - bisogna allenare il cervello a rimuovere quegli stereotipi che si sono accumulati e che impediscono di disegnare, di dipingere, di creare. Messa a punto la metodologia, due anni fa ho lanciato la sfida: “Scommettiamo che sai disegnare anche tu?” E in effetti con i lavori realizzati abbiamo dimostrato che chiunque lo desideri senza limiti di età può imparare a disegnare in un mese divertendosi e imparando anche dai grandi Maestri del passato. Questo è diventato per me un vero e proprio lavoro che svolgo come attività professionale presso il mio studio di Roma e come attività di volontariato un giorno a settimana presso l’ospedale Sant’Eugenio a supporto dei pazienti ematologici-oncologici e dei loro accompagnatori. Si sono avvicendati allievi di tutte le età (dai 6 ai 92 anni) accomunati dal desiderio di acquisire in poco tempo gli strumenti per esprimere in maniera compiuta la propria creatività. Particolarmente stimolante e delicato è per me l’appuntamento del venerdì mattina in ospedale. Riuscire a fare qualcosa che si pensava di non essere in grado di fare, è importante per tutti, a maggior ragione è secondo me di grande utilità per un paziente che sta percorrendo un percorso di cura spesso non semplice: sapere di potercela fare accelera il processo di guarigione!>>. Daniela Troina Magrì notizie dalla comunità E’ nata l’associazione di volontariato “Comunità del Pettirosso” L a nostra Comunità del Pettirosso è diventata un’associazione senza fini di lucro iscritta nelle liste delle Associazioni di Volontariato della Regione Lazio. Il carisma ad essa affidato è quello della preghiera, dell’ascolto, dell’accoglienza e della carità. L’associazione è sorta per dare voce a tutte le persone che si stringono intorno alla figura di padre Renzo Campetella, un frate molto amato che semina la parola di Dio, riaccende la speranza del Vangelo ed è seguito da un grande numero di persone in tutta Italia. La decisione di costituire un’Associazione senza fini di lucro è scaturita dalla necessità di dare trasparenza e chiarezza fiscale alle donazioni di carità che le numerose persone che seguono questo sacerdote fanno per dare aiuto ai bisognosi. Inoltre, per permettere ai fedeli di riunirsi in ritiri spirituali, pellegrinaggi e catechesi gestendo spostamenti e logistica in coerenza con le leggi dello Stato Italiano. Essa ha come obbiettivo comune la diffusione e l’approfondimento della cultura Cristiana e Cattolica; le attività spirituali in forma collettiva; l’attività di volontariato a titolo umanitario e sociale. Il suo Statuto prevede le seguenti modalità di svolgimento - Raccolta di fondi per opere umanitarie attraverso offerte di privati, donazioni, organizzazione di mercatini, attività culturali, ludiche, sportive, mostre e pubblicazioni; - Incontri spirituali attraverso ritiri, pellegrinaggi, gruppi di preghiera, catechesi; - Gemellaggi spirituali anche con conventi e comunità religiose per una preghiera comune; Gemellaggi con ONLUS e altre associazioni che abbiano finalità umanitarie e sociali. I progetti già attivati sono i seguenti: - Progetto Komono che prevede la trivellazione di un pozzo della profondità di 52 metri e l’istallazione di un gruppo elettrogeno nella località di Komono (Congo Repubblica Popolare); - Progetto Caritas Baby Hospital che prevede l’aiuto all’ospedale dei Bambini di Betlemme; - Progetto “Diamoci una mano” che ha aperto uno sportello per le necessità dei fedeli nel sito della comunità: offerta/richiesta gratuita di cose di prima necessità come carrozzelle, lettini, abiti bambini, e offerta/richiesta occasioni di lavoro. - Micro progetti: bomboniere solidali (sostituzione delle bomboniere con pergamene e donazione alla comunità delle somme risparmiate indicandone in causale le motivazioni: es: donazione per progetti associativi); notti calde (distribuzione di sacchi a pelo e indumenti caldi ai senza tetto nella stagione invernale); aiuto a mense dei poverelli, raccolta medicinali ecc.; - Gemellaggio con la ONLUS “Providence Land” che prevede: 1. aiuto all’ambulatorio dei poverelli attraverso visite gratuite offerte anche da medici nostri fedeli e frequentatori delle attività spirituali; 2. partecipazione dei nostri fedeli e simpatizzanti al progetto “Pet Therapy” (aiuto terapeutico per disturbi comportamentali attraverso il contatto con animali) 3. offerte di farmaci per la Farmacia dei Poverelli. - Maria Teresa Lo Bianco Per eventuali offerte il codice è: Comunità del Pettirosso – IBAN IT18W0569603204000008850X31 – indicare in causale: “donazione per progetti associativi”. Rendiamo noto ai lettori che il prossimo ritiro spirituale tenuto da padre Renzo avrà luogo ad Assisi, località Santa Maria degli Angeli, dal 14 al 16 novembre p.v. presso l’Hotel Domus Pacis. Le iscrizioni sono aperte (consultare la rubrica “Notizie” nel nostro sito: www.ciaofrate.org ). I posti del nostro viaggio in Terrasanta dal 24 settembre al 1 ottobre sono esauriti. - luglio 2014 15 uno di noi Agata, ovvero... che problema c’è? A gata è uno dei pettirossi della nostra Comunità… minuta, tranquilla e sempre affabile, sempre disponibile a una chiacchiera e a uno scherzo. Agata è poliedrica, lavora duro ed è… romantica. Qualcosa in più? Il mercatino di Natale di quest’anno è stata un’occasione per focalizzare le personalità di molte/i appartenenti alla Comunità del Pettirosso. Il primo approccio è stato: chi vuole dare una mano?… a fare cosa?... di tutto! Lei romantica, si è proposta per creare dei cuori di stoffa, tipo puntaspilli, da utilizzare o come decorazione natalizia o per la casa o per appenderli direttamente all’albero di Natale. Ne ha preparati tantissimi per il settore artigianato del nostro mercatino e, non contenta, ne ha preparati in quantità industriale su ordinazione di chi voleva addobbare un albero di Natale più originale. Naturalmente non “pro domo sua”: tutto il ricavato è andato al Baby Caritas Hospital di Betlemme! Esaurito l’argomento mercato, si è guardata intorno e: adesso, chi ha bisogno di me? - ha chiesto. In una Comunità come la nostra, in tanti hanno bisogno di aiuto e chi arriva prima meglio alloggia. La poliedricità di Agata ha colpito ancora: nel working progress dell’Ospedale dei Poverelli c’era l’emergenza Farmacia, e lei prontamente: - di cosa avete bisogno? - ha domandato. La nostra risposta è stata: ci sarebbe da implementare il data base dei farmaci che grazie a Dio stanno piovendo da tutte le parti... e Agata con un sorriso ha soggiunto: - e che problema c’è? Ho lavorato nel settore informatico per 3 anni, fatemi vedere una volta come funziona il programma e sarà uno scherzo -. Detto fatto, i dati sono stati quasi tutti inseriti (supportata da un altro pettirosso… ma questa è un’altra storia). Ora che la farmacia è una realtà dobbiamo essere certi che verranno rispettate le normative in materia, che verranno controllati ed incrementati i canali che ci riforniscono, dobbiamo trovare il modo di fare giungere i farmaci ai malati. Agata ci ha pensato un solo minuto e poi ha soggiunto: - e che problema c’è? Ho una cugina che ha una farmacia - … in quattro e quatr’otto la cugina è arrivata a San Sebastiano e ha preso i contatti necessari, ora anche sul quel fronte possiamo stare più tranquilli. Notizie dell’ultima ora: forse abbiamo trovato dei locali da utilizzare come ambulatori. Che bello, abbiamo pensato, così possiamo far venire i pazienti in un posto più centrale e quindi più comodo per molti. Che bello, ma... dove li facciamo sedere? Per terra? Agata ha sorriso e detto: - e che problema c’è? -... dopo solo due giorni è arrivato un suo messaggio su WhatsApp con la foto di un divanetto a due posti in ottime condizioni. Agata ha precisato: me ne mettono a disposizione 3, può andare? Non abbiamo parole… forse è una fatina! Pina Orlandi 16 - luglio 2014 Periodico a diffusione interna - Diffusione e stampa in proprio - Attività editoriale a carattere non commerciale ai sensi previsti dall’art. 4 DPR 16/10/1972 n. 633 e succ. mod.