No ai nazionalismi, sì al patriottismo europeo

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No ai nazionalismi, sì al patriottismo europeo
No ai nazionalismi, sì al patriottismo europeo
“I socialisti europei ebbero nel luglio-agosto del 1914 il loro grande momento, il momento in cui
avrebbero potuto fare la scelta giusta e decisiva, e invece fecero la scelta sbagliata. E la cosa
tragica, l'elemento tragico, è che tutti pagarono questo sbaglio, non soltanto i militanti, ma tutti i
cittadini delle varie nazioni in guerra: perché quella scelta agevolò enormemente lo scoppio del
conflitto, il consolidarsi del conflitto.” Con questa frase Luciano Canfora (Bari, 1942), storico,
filologo classico e saggista italiano contemporaneo, mise in luce il fatto che la Prima Guerra
Mondiale, come la Seconda, fu una guerra totale, a cui parteciparono i singoli soldati, ma anche i
cittadini. La Grande Guerra portò migliaia di militanti in trincea e famiglie a casa ad aspettare
mariti e figli e causò 9 milioni di morti. La Seconda Guerra Mondiale portò addirittura le donne
nelle fabbriche per lavorare materiali bellici e produrre armi e colpì i civili coinvolti nei
bombardamenti, nella Resistenza, nelle deportazioni.. Il pensiero di queste due grandissime guerre
mi suscita paura, ribrezzo, orrore mentre mi immagino scontri logoranti, soldati armati in ogni
paese europeo, famiglie sfrattate, internate e decimate in campi di sterminio nazisti. Rifletto su
come la nostra vita sia cambiata nel corso di cento anni: un mondo in cui il terrore di essere portati
via o di essere uccisi fortunatamente non regna più nel nostro spirito. La Prima Guerra Mondiale
scoppiò nel 1914, un secolo fa. Le ragioni furono diverse, come d’altronde accade per ogni
conflitto. Credo però che alla base di ogni guerra ci sia un ideale, quello di voler portare il proprio
paese all’apice e di mostrarne la potenza e la superiorità. L’ideologia a cui faccio riferimento è il
nazionalismo.
Nazionalismo, parola che dovrebbe riportarci immediatamente alla pagina del libro di storia in cui
si presenta la Prima Guerra Mondiale. Pensandoci meglio, però, non era nazionalismo anche quello
che spinse il coraggioso Garibaldi a compiere la spedizione dei Mille in Sicilia mezzo secolo
prima? No, il suo era patriottismo, sentimento ben diverso. Esso è, infatti, grande amore per la
propria patria e desiderio molto forte di difenderla con fermezza e convinzione. Il nazionalismo, al
contrario, è un ideale malsano, per il quale si è convinti che il proprio paese sia di gran lunga
migliore rispetto a tutti gli altri.
Oggi quanto respiriamo il nazionalismo nella nostra realtà? Io penso che si stia perdendo sempre di
più l’identità nazionale. Viviamo in un paese da cui emigrano anche intere famiglie in cerca di una
vita migliore. Basta pensare a quanti Italiani lavorano all’estero, in America come in altri paesi
europei. Rifletto anche sulla partecipazione alla politica da anni sempre minore: quante persone,
anche giovani, non sono andate a votare alle elezione politiche negli ultimi tempi? Questo perchè,
forse, non crediamo davvero negli Italiani, nello stato di cui fa parte ognuno di noi e, alla fine,
l’Italia e la sua politica non ci importano più di tanto.
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Accanto a questa sfiducia diffusa che molti europei, e italiani in particolare, provano nei confronti
della propria patria e soprattutto della sua classe dirigente, si assiste tuttavia a un crescendo di
gruppi e partiti di idee nazionalistiche. Essi fanno leva sul senso di smarrimento conseguente al
momento storico in cui viviamo: la mondializzazione da decenni ha portato con sè una perdita delle
radici culturali e delle tradizioni locali, che oggi è aggravata dall'arrivo di molti immigrati
extracomunitari e dalla crisi economica. Anche la paura di una minaccia esterna sta diventando più
incerta e confusa: durante le Guerre Mondiali o ancora nella Guerra Fredda era chiaro a tutti quale
fosse il nemico; oggi invece, dopo l'11 settembre, tutti percepiamo l'esistenza di un contrasto tra
mondo occidentale e mondo islamico, ma non siamo coscienti di quali forze siano in campo, con
quali modalità né con quali obiettivi: è questa ignoranza che genera istintivamente la paura, il
sospetto, la chiusura. Ed è proprio qui che può entrare in gioco il ruolo dell'Unione Europea: i
movimenti nazionalisti e populisti speculano sulle reazioni irrazionali, e anche comprensibili, della
gente, spingendola a diffidare dell'Europa, dell'Euro e degli stranieri, per difendere le proprie
specificità nazionali; al contrario l'Unione Europea è nata sì da grandi ideali e passioni, ma
soprattutto da una volontà razionale di pace e democrazia. Si tratta insomma di salvaguardare il
sano amor di patria, convogliandolo per esempio verso il patriottismo costituzionale europeo di cui
parla Habermas, un sentimento di lealtà e di attaccamento nei confronti di una Costituzione Europea
fondata su principi di libertà e di eguaglianza come quelli sanciti nella Dichiarazione Europea dei
Diritti dell'uomo. “Un patriottismo" così lo ha definito Barbara Spinelli in un articolo su la Stampa
nel 2001 "differente da quello tradizionale: più freddo, meno determinato da legami di sangue, più
universalista, basato sul rispetto delle leggi, sulla cultura del contratto, della parola data, dei doveri
e diritti dell’individuo-cittadino”.
Il termine nazionalismo non riguarda solo il campo politico: facendo il bilancio di fine anno a
dicembre 2013, il commissario all'Antitrust Jaquin Almunia ha messo in guardia dal "nazionalismo
economico" che rischia di imbrigliare l'Europa, soprattutto in settori come le telecomunicazioni e
l'energia, dichiarando che "ci sono monopolisti che preferiscono proteggere i loro tradizionali
mercati nazionali piuttosto che operare in uno spazio più aperto a livello globale e mondiale, che
garantisce opportunità ed efficienze".
Solo con un patriottismo costruttivo si possono vincere i nazionalismi distruttivi e portatori di
conflitti: penso che proprio questa idea fosse alla base del sogno di pace di Robert Schuman
(Lussemburgo, 1886 - Francia, 1963), uomo politico francese di grande coraggio, caratterizzato da
incredibile forza di volontà, impegno e, soprattutto, dall’amore che egli provava verso l’intera
Europa. Se oggi ci chiedessimo se sarebbe ancora possibile una guerra tra gli stati europei, la
risposta sarebbe negativa; detto alla Schuman, sarebbe infatti “non solo impensabile, ma
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materialmente impossibile”, per citare il suo discorso del 9 maggio 1950, a proposito di una nuova
guerra tra Francia e Germania, nemiche secolari. Era certo di questo perchè era l'ispiratore della
CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio), nata un anno dopo, il 18 aprile 1951, di cui
avrebbero fatto parte Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. La CECA
obbligava questi sei paesi a mettere in comune il carbone e l’acciaio, proprio i materiali
fondamentali per lo svolgimento di una guerra. Notiamo allora la lungimiranza e la grande
intelligenza di Schuman, che decise di attenuare e poi risolvere del tutto l’astio tra Francia e
Germania non con una terza inutile guerra, ma con la creazione di una comunità sovranazionale,
trasformatasi poi nell’attuale Unione Europea dopo anni di impegno e sacrificio da parte di grandi
uomini politici. Un sogno di pace che sarebbe diventato realtà, che partiva proprio dalla Francia,
una delle nazioni in cui il patriottismo è sempre stato molto forte, che però, all'indomani della
Seconda Guerra mondiale, seppe mettere da parte il nazionalismo e non volle punire o umiliare la
Germania sconfitta: era quello che avevano invece fatto le potenze vincitrici della Prima Guerra
Mondiale e che aveva avuto conseguenze disastrose come l'avvento del Nazismo e lo scoppio di un
nuovo conflitto.
Dobbiamo ammettere però che un patriottismo europeo è difficile da costruire e che la realtà
europea è ancora lontana dai nostri pensieri. Sentiamo nominare molto raramente e spesso non
conosciamo affatto i politici europei, i loro nomi sono ancora troppo taciuti; pensiamo a quanto
poco siamo informati sulle nuove leggi che ogni giorno vengono scritte a Strasburgo e Bruxelles;
molte persone a cui ho parlato in questi ultimi mesi addirittura non erano al corrente delle elezioni
che quest’anno si terranno per il Parlamento europeo. Allora rifletto su quanto si respiri l’Europa
nelle nostre città, nelle diverse sedi delle istituzioni politiche nazionali e, soprattutto, su quanto
siamo interdipendenti gli uni dagli altri. E’ necessario diventare davvero parte di questa realtà in cui
i padri fondatori credevano fermamente, e questo è un cammino già intrapreso ma che talvolta
sembra essere abbandonato.
Come si può, allora, educare all’Unione Europea? Camillo Benso, conte di Cavour (Torino, 1810 Torino, 1861) diceva che nei giovani l’esperienza non ha ancora modificato le dottrine assorbite
nell’atmosfera eccitante della scuola. Con queste poche parole possiamo capire che la scuola svolge
una funzione determinante nell’educare i ragazzi alla cittadinanza e, nel nostro caso, all’Europa.
Essa, infatti, dovrebbe diventare sempre più uno stimolo per noi giovani ad amare l’Unione
Europea e il nostro continente, impiegando creatività e nuovi metodi di lavoro. E’ a scuola che si
dovrebbero imparare la storia e la nascita dell’Unione Europea, ma sempre spingendo noi ragazzi a
sognare, a credere in grandi ideali. Persino Schuman era così ambizioso e desideroso di veder
cessare ogni conflitto umano da sognare e sperare anche in qualche utopia. Possiamo affermare
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questo attenendoci alle sue parole: “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con
sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”. Ecco, penso sia fondamentale
soffermarci sul primo sostantivo: pace. Il principale, ma non il solo, obiettivo di Robert Schuman
era di garantire una pace mondiale, duratura, assicurata da una grande comunità, da un’unione di
stati. Come Shuman, noi giovani dovremmo essere educati a credere nelle utopie, perché penso che
rivolgere qualche volta il pensiero a un grande ideale non sarebbe poi un cattivo atteggiamento.
Colui che educa all’Europa deve essere ottimista, mai scettico. In questo modo si può infondere la
speranza in noi giovani, la determinazione di realizzare i grandi sogni dei padri fondatori - o almeno
avvicinarsi ad essi. Noi ragazzi dovremmo essere spinti a pensare sempre più in alto, a osare, a
guardare al di là della precaria e relativa linea del possibile. Sono sicura che ognuno di noi sia
incaricato di spronare il suo vicino a tendere alla perfezione, a raggiungere il massimo con tutta la
sua energia e con il suo impegno. Allo stesso tempo è fondamentale che noi ragazzi conosciamo la
Storia. Shuman aveva anche pronunciato questa potente frase: “L’Europa non potrà farsi in una sola
volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una
solidarietà di fatto.” Sarebbe quindi utile organizzare incontri e seminari finalizzati alla diffusione
di informazioni sull’Unione Europea per entusiasmare i giovani, ma contemporaneamente per far
conoscere loro la Storia. Sono parole che parlano anche di solidarietà concreta, visibile a tutti i
paesi membri dell’Unione: Schuman intendeva che buoni propositi venissero tradotti in fatti per il
benessere comune. Allora è proprio attraverso la condivisione dei momenti più bui nella storia di un
paese, che il ruolo di sostegno dell’Unione Europea diventa più concreto, evidente e noto
all'opinione pubblica. Mi viene in mente la situazione così critica della Grecia, stato membro, che è
stata costretta dalla crisi economica a domandare aiuti finanziari alla BCE nel corso degli ultimi
anni. Se per qualche tempo non si fosse parlato sui giornali o al telegiornale di questo episodio,
probabilmente nelle nostre giornate avremmo percepito di meno di far parte dell’Europa. Io,
personalmente, ero incuriosita e partecipe a questo problema, ho tentato di capire se l’Unione
Europea fosse veramente “unione solidale” o se fosse soltanto "un castello in aria". La risposta, ad
essere sincera, non l’ho avuta in modo chiaro e ancora adesso continuo a cercarla. Alla fine, però,
non ci dobbiamo scoraggiare, perché, come aveva detto Schuman, l’Europa non si farà in una sola
volta: dunque non ci dobbiamo abbattere se la situazione in cui ci troviamo non sembra essere delle
migliori.
Credo si possa educare all’Europa, quindi, bilanciando utopia e conoscenza della Storia. E’
fondamentale che la società si lasci guidare dai grandi ideali dei giovani, accompagnati sempre
dallo studio del passato e delle proprie radici.
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Vorrei chiedere, allora, ai Parlamentari Europei di non pensare solo al loro partito o nazione di
appartenenza, ma di prestare ascolto ogni giorno alle parole pronunciate da Schuman il 9 maggio
1950; mi piacerebbe che i politici europei nutrissero progetti di ampio respiro come fecero Jean
Monnet, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Paul-Henri Spaak - solo per citare alcuni pionieri
dell’Unione- grandi statisti, forse anche dei visionari, di cui oggi avremmo ancora tanto bisogno; li
supplicherei di ricordarsene, di alzarsi ogni mattina determinati ad agire in concreto per rendere
ogni abitante dei paesi membri dell’Unione, a partire da me, un vero cittadino europeo,
consapevole, coinvolto e partecipe di un grande sogno che si può realizzare compiutamente, un
passo alla volta, con il contributo di ognuno di noi.
Evelina Abrardi
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Liceo Classico Internazionale G. Govone - ALBA - CN
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