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Mostra realizzata e organizzata per la XXXIV edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli Con il Patrocinio di Con la collaborazione di Studenti e docenti universitari e del TG1 e con la collaborazione di Fondazione Adenauer A cura della Fondazione per la Sussidiarietà Progetto Grafico Immaginazione srl supervisione di Maurizio Milani Stampa San Patrignano Comunità Realizzazione Video Roberto Ravaioli Enrico Castelli Produzione esecutiva Video Limina Traduzioni Chiara Balestri Catalogo Piccola Casa Editrice Ideazione del percorso espositivo Roberto Ravaioli Hanno collaborato alla realizzazione della mostra: Amman Anna, Antonini Luca, Avakumovic Mirko, Beachi Giovanni, Bellavia Andrea, Bergamini Cecilia, Bersanelli Marco, Berti Matteo, Bertolesi Riccardo, Biasoni Davide, Biondi Mauro, Bonasio Francesca, Bottarelli Mauro, Bravi Cecilia, Busetto Samuele, Busnelli Martino, Callea Giulia, Canavesi Guido, Carobene Simona, Cartabia Marta, Casi Michele, Castelli Enrico, Cividini Francesco, Cocozza Anna, Colombo Emilio, Davison Andrew, Davoli Alessandro, De Haro Fernando, De Simone Pia, Demalde' Marta, Facchini Stefano, Farci Pietro, Fernández Crespo José, Ferraguto Andrea, Filonenko Aleksandr, Folloni Giuseppe, Frigo Angela, Frizziero Eleonora, Gerolin Alessandra, Giuliani Fiammetta, Giussani Andrea, Grasso Clementina, Grassi Michele, Grava Paolo, Jiménez Raúl, Jonet Isabel, Kasatkina Tat'jana, Lezzi Alessandra, Libeccio Pietro, Lucchini Marco, Lucchini Matilde, Maduro Miguel Poiares, Magni Francesco, Mele Alessandro, Mezzanzanica Mario, Milbank John, Montanaro Federico, Morán Fernando, Napo Federico, Ortisi Letizia, Paleari Francesca, Panni Tommaso, Parolini Monica, Pasolini Caterina, Pazzini Giuseppe, Podini Andrea, Poletto Monica, Pulcini Ilaria, Quaglio Antonio, Raffaelli Rosa, Raimondi Monica, Ranalli Giuseppe, Ribera d’Alcala Riccardo, Rosael Lorenzo, Rossi Lucio, Schulz Martin, Segarra Roitegui David, Shworm Johanna, Simi Saverio, Simoncini Andrea, mons. Sudar Pedro, Tarantini Sara, Timaco Emanuele, Truffi Attilio, Valmori Niccolò, Violini Lorenza, Waters John, Zanuso Marta. Noleggio della mostra Meeting Mostre [email protected] www.meetingmostre.com Sponsor Media Partner Iniziativa inserita nel calendario di Prove Tecniche Ravenna 2019 Summer Edition Perché una mostra sull’Europa? L’Europa è la dimensione geografica naturale che ospita ciò che fonda la nostra civiltà: il valore unico di ogni essere umano e quindi la sua libertà di espressione, di educazione, di impresa, la libertà religiosa, insieme alla cooperazione tra i popoli e al desiderio di una pace duratura. Gli ideali europei sovranazionali, dal dopoguerra, hanno affermato che «ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide», permettendo un grande sviluppo e un lungo periodo di tempo senza guerre. La mostra vuole richiamare al fatto che l’anima dell’Europa, la sua origine, non è corporativa, burocratica, chiusa in egoismi economici, ma è un impulso foriero di sviluppo, libertà, creatività per ciascuno dei suoi cittadini e dei suoi popoli. Un luogo di unità nella diversità. La prima parte della mostra ricorda come i padri fondatori del dopoguerra, i “ri-fondatori” degli anni Ottanta e la Chiesa cattolica abbiano prospettato un’Europa come luogo delle libertà, dello sviluppo e della pace. La seconda parte testimonia come, nonostante i tradimenti del pensiero sorgivo e le tentazioni tecnocratiche degli anni recenti, questa Europa dei popoli c’è ancora, si muove e cresce. La terza parte suggerisce alcune linee di sviluppo di ordine economico, sociale, istituzionale, in atto o da realizzare, che potrebbero favorire la crescita e il moltiplicarsi di fatti di novità. Perché torni a risuonare la sinfonia del nostro Vecchio continente, il «nuovo mondo»... L’ideale della democrazia sorge normalmente come esigenza di rapporti esatti, giusti fra persone e gruppi. Più particolarmente, punto di partenza per una vera democrazia è l’esigenza naturale umana che la convivenza aiuti l’affermazione della persona, che i rapporti «sociali» non ostacolino la personalità nella sua crescita. Luigi Giussani 1 Il contesto IL CONTESTO Alla fine del secondo conflitto mondiale la situazione politica e sociale della maggior parte dei Paesi dell’Europa appariva quanto mai precaria e instabile. Particolarmente drammatiche erano le condizioni della Germania, la cui popolazione, uscita dalla guerra con un’economia al collasso, era per lo più smarrita di fronte al peso del proprio passato recente, segnato dal totalitarismo nazionalsocialista. «Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide» È la frase che Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi amavano ripetere. Da questa apparentemente semplice, ma dirompente considerazione è iniziata la rinascita del continente europeo dopo le devastazioni prodotte dalle ideologie totalitarie. Solidarietà, unione di popoli, prosperità, tenore di vita della popolazione e cooperazione tra le nazioni, questa è la pace duratura che volevano perseguire questi tre uomini all’indomani dell’immane tragedia. 2 I fondatori I fondatori Alla luce della comune appartenenza cristiana, l’esperienza personale di Adenauer, Schuman e De Gasperi ha assunto una tale imponenza pubblica da diventare fattore decisivo per la ricostruzione dell’Europa. In loro, le «radici cristiane» dell’Europa non sono rimaste un nostalgico retaggio del passato, ma hanno ritrovato la concretezza di una vita, divenendo strada per il futuro. Lo riconosce acutamente uno dei più autorevoli studiosi dell’Europa contemporanea: L’autorità morale dei padri fondatori dell’integrazione europea − Schuman, Adenauer, De Gasperi e Jean Monnet − era conseguenza del loro radicamento nell’etica cristiana del perdono, unito a una saggezza politica illuminata che comprendeva che è meglio tendere a un futuro di riconciliazione e di integrazione piuttosto che crogiolarsi in un passato che, oltre tutto, era infinitamente peggiore. J.H.H. Weiler La divisione del mondo in due blocchi contrapposti è uno degli elementi, forse il più importante, che ha determinato il contesto storico nel quale il processo di integrazione europea mosse i primi passi. Per questo la sovrapposizione tra “europeismo” e “atlantismo” e la “morsa della guerra fredda” rappresentarono all’inizio un fattore politico condizionante il dibattito sulla nascita delle istituzioni europee, specie nel contesto italiano. La sinistra vedeva ovunque l’impronta della strategia americana [...] e travolgeva ogni possibilità di discorso europeistico [...]. Si può dire, credo, che la radicale incomprensione del moto da cui nacque il processo di integrazione europea fu l’errore maggiore in cui incorse la sinistra (in Italia ben più che in altri Paesi dell’Europa occidentale, dove pure vi furono partiti socialdemocratici o laburisti propensi, su quel terreno, ad atteggiamenti di diffidenza e reticenza); fu la prova più grave di cecità che essa diede in quella fase storica. Cecità che impedì anche di cogliere la straordinaria portata della soluzione che con l’ “invenzione comunitaria” fu data alla questione tedesca, e alla questione delle relazioni franco-tedesche, con ripercussioni di lungo periodo sul quadro politico continentale: un’autentica svolta per il destino dell’Europa. Storicamente resta indiscutibile il contributo di Alcide De Gasperi: essenziale, per l’Italia e per l’avvio della costruzione europea, il convincimento europeistico e la lungimiranza politica che egli condivise con altri leader cattolici dell’Europa occidentale (un fenomeno che merita ancora di essere meglio studiato e spiegato). Giorgio Napolitano Proprio la lungimiranza dei padri fondatori ha prodotto un metodo costruttivo, una mentalità e una cultura alla base di politiche che hanno consentito quasi settant’anni di pace e di sviluppo, il più lungo periodo della storia d’Europa senza conflitti (a eccezione della guerra nei Balcani, frutto della disgregazione dei regimi dell’Est). Domandiamoci che cosa è rimasto, oggi, della visione dell’Europa dei fondatori, in una fase di profonda crisi economica, culturale e politica, ma soprattutto antropologica, come è solito ripetere papa Francesco: Questo momento di crisi, stiamo attenti, non consiste in una crisi soltanto economica [...] . È una crisi dell’uomo: ciò che è in crisi è l’uomo! Papa Francesco Ogni riflessione sull’Europa che non riconosca questa drammatica evidenza finisce per essere parziale, come parziali sarebbero le soluzioni prospettate. Per questo è importante riprendere coscienza di ciò che mosse i padri fondatori dell’Europa postbellica: l’esperienza personale della centralità dell’uomo e il realismo conseguente a tale riconoscimento, così come ci sono testimoniati dalle loro stesse parole. 3 Konrad Adenauer L’Europa nascerà progressivamente Konrad Adenauer nacque il 5 gennaio 1876 a Colonia, dove ricevette un’educazione cattolica ispirata a un profondo senso del dovere. Iniziò la sua carriera politica proprio a Colonia, di cui fu borgomastro dal 1917 al 1933. L’avvento al potere del nazionalsocialismo lo costrinse a ritirarsi dalla scena pubblica, a causa della sua aperta opposizione al regime hitleriano. L’esperienza della guerra contribuì a far maturare in lui un sentimento di avversione alla violenza che ne condizionò la successiva attività politica, improntata al mantenimento della pace e alla ricerca di un accordo duraturo con il “nemico storico”, la Francia. Tra i fondatori della Christlich-Demokratische Union (CDU), Adenauer fu cancelliere della Repubblica Federale tedesca dal 1949 al 1963. Morì il 19 maggio 1967. Se riusciamo a creare un’organizzazione che permetta ai francesi di essere al corrente di tutto ciò che accade nel settore della produzione dell’acciaio e dell’estrazione del carbone in Germania e che viceversa consenta ai tedeschi di verificare cosa accade in Francia, questo controllo reciproco sarà lo strumento migliore per condurre una politica basata sulla fiducia. Discorso a Montigny-les-Metz, 2 luglio 1966 Siamo convinti che l’Europa non possa nascere d’un tratto, come la città di Utopia. L’Europa nascerà progressivamente. Sta già per sorgere, un membro dopo l’altro. Le iniziative prese sono perciò continuamente vagliate alla luce dell’esperienza e adattate alle necessità pratiche. Konrad Adenauer Noi non siamo guidati da prevenzioni ideologiche. Le nostre nazioni, nonostante tutte le divergenze di opinioni, devono mettere in primo piano i valori che possiedono in comune. Soltanto in questo modo potremo raggiungere il successo. Non lo facciamo soltanto per le nostre nazioni, ma lo facciamo anche con lo sguardo diretto oltre le nostre frontiere, pensando a ciò che l’intera umanità si aspetta da noi. Konrad Adenauer 4 Alcide De Gasperi Il realismo, il “soffio vitale” Alcide De Gasperi nacque il 3 aprile 1881 a Pieve Tesino, nel Trentino, regione di cultura e lingua italiana, ma, in quegli anni, soggetta ancora al dominio austro-ungarico. Dopo gli studi a Trento, dove fino a 16 anni frequentò il Collegio Vescovile, intraprese il percorso universitario prima a Innsbruck, poi a Vienna, dove si laureò in Lettere e filosofia. Conclusa l’università, De Gasperi fondò il “Partito Popolare Trentino” e venne eletto nel 1911 deputato al Parlamento di Vienna, dove si batté per l’autonomia delle popolazioni trentine. Dopo la caduta del regime fascista, durante il quale De Gasperi fu perseguitato come oppositore politico, lo statista trentino divenne uno dei principali leader della Democrazia Cristiana, e come ministro degli Esteri rappresentò l’Italia alla Conferenza di Pace di Parigi del 1946. La sua attività diplomatica favorì in modo determinante il rilancio politico, economico e morale dell’Italia nel contesto internazionale. Uscito dalla scena politica italiana dopo il deludente esito delle elezioni del 1953, De Gasperi si spense a Borgo Valsugana il 19 agosto 1954. La costruzione degli strumenti e dei mezzi tecnici, le soluzioni amministrative, sono senza dubbio necessarie; e noi dobbiamo esserne grati a coloro che se ne assumono il compito. Queste costruzioni formano la armatura: rappresentano ciò che lo scheletro rappresenta per il corpo umano. Ma non corriamo il rischio che si decompongano se un soffio vitale non vi penetra per vivificarle oggi stesso? In questo caso le nuove generazioni, prese dalla spinta più ardente del loro sangue e della loro terra, guarderebbero alla costruzione europea come ad uno strumento di imbarazzo e d’oppressione. In questo caso, il pericolo di involuzione è evidente. Discorso all’Assemblea del Consiglio d’Europa, Strasburgo, 10 dicembre 1951 Se noi costruiremo soltanto amministrazioni comuni, senza una volontà politica superiore vivificata da un organismo centrale, nel quale le volontà nazionali si incontrino, si precisino e si animino in una sintesi superiore, non rischieremo che questa attività europea appaia, al confronto della vitalità nazionale particolare, senza calore, senza vita ideale? Potrebbe anche apparire ad un certo momento una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva quale appare in certi periodi del suo declino il Sacro Romano Impero. Discorso all’Assemblea del Consiglio d’Europa, Strasburgo, 10 dicembre 1951 Noi due dobbiamo vivere ancora due anni. Quando l’Europa sarà unita potremo andare definitivamente a riposo. Accogliendo Konrad Adenauer nella sua casa, Castel Gandolfo, 25 marzo 1954 5 Robert Schuman La creatività al servizio dell’ideale Robert Schuman nacque il 29 giugno 1886 a Clausen (Lussemburgo) da padre loreno (di nascita francese ma di lingua e cittadinanza tedesca) e da madre lussemburghese. La sua carriera politica iniziò alla fine della Prima guerra mondiale, quando nel 1918 divenne consigliere comunale a Metz. In seguito alla Pace di Versailles, l’Alsazia-Lorena passò dalla Germania alla Francia e Schuman venne eletto al Parlamento francese per conto dell’Unione Repubblicana Lorena come deputato della Mosella, incarico che ricoprì ininterrottamente fino al 1940. Nel secondo dopoguerra fu ministro delle Finanze, presidente del Consiglio dal 24 novembre 1947 al 26 luglio 1948 e ministro degli Esteri fino all’8 gennaio 1953. Dopo essere stato il primo presidente dell’Assemblea Parlamentare Europea dal 1958 al 1960, morì il 4 settembre 1963. L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L’Unione delle nazioni esige l’eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l’azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania. A tal fine, il governo francese propone di concentrare immediatamente l’azione su un punto limitato ma decisivo. Il governo francese propone di mettere l’insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possono aderire gli altri Paesi europei. La solidarietà di produzione in tal modo realizzata farà sì che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma materialmente impossibile. La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i Paesi che vorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti i Paesi in essa riuniti gli elementi di base della produzione industriale a condizioni uguali, getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica. Sarà così effettuata, rapidamente e con mezzi semplici, la fusione di interessi necessari all’instaurazione di una comunità economica e si introdurrà il fermento di una comunità più profonda tra Paesi lungamente contrapposti da sanguinose scissioni. Questa proposta, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta Alla formazione dell’Europa è stato necessario un Autorità, le cui decisioni saranno vincolanti millennio di cristianesimo. In questo lasso di tempo per la Francia, la Germania e i Paesi che vi abbiamo imparato che se un popolo vuole godere aderiranno, costituirà il primo nucleo concreto senza pericoli dei vantaggi propri di una persona di una Federazione europea indispensabile al adulta e responsabile, deve essere anche in grado di comportarsi da adulto responsabile. mantenimento della pace. “Dichiarazione Schuman”, 9 maggio 1950 Robert Schuman 6 Queste tre figure, fondamentali per la nascita dell’Europa, erano inserite in un contesto in cui il dibattito era vivace e coinvolgeva altre numerose voci, tra le quali: Jean Monnet Da qualunque parte ci si volga, nella situazione del mondo attuale, ci si trova di fronte soltanto a impasse… Bisogna cambiare il corso degli avvenimenti. Per questo, bisogna cambiare la mentalità degli uomini. Le parole non bastano. Soltanto un’azione immediata, diretta a un punto essenziale può cambiare l’attuale situazione di staticità. Ci vuole un’azione profonda, reale, immediata e drammatica che cambi lo stato delle cose e ponga nella realtà le speranze nelle quali i popoli stanno per non credere più. “Memorandum Monnet”, 3 maggio 1950 Altiero Spinelli Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge, così diverso da tutto quello che si era immaginato. La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà! A. Spinelli, E. Rossi, Manifesto di Ventotene. Per un’Europa libera e unita, 1944 Walter Hallstein Sappiamo bene cos'è che ci spinge in avanti: esiste un orgoglio europeo indistruttibile. Solo con un'Europa forte e unita gli europei - e il mondo - potranno veramente prosperare. Un'Europa smembrata si trasformerà nei Balcani del mondo, invitando costantemente gli altri paesi ad immischiarsi nei suoi affari. Per farsi sentire, l'Europa deve parlare con un'unica voce. Non vi è pertanto nulla di più inopportuno del drammatizzare l'attenzione posta di tanto in tanto sui singoli processi di compensazione o l'occasionale accumulazione degli stessi. W. Hallstein, primo presidente della Commissione Europea (1958-1967), Discorso a Strasburgo, 2 marzo 1953 Paul-Henri Spaak Mentre taluni sono appena toccati dall’interesse e dall’utilità del nostro operato, per diversi di noi ciò che dovremmo fare qui è una cosa vitale e di urgente necessità. Ammiro chi riesce a mantenere la calma nella situazione attuale dell’Europa. Si potrebbe essere terribilmente crudeli se non fossimo costretti ad essere così diplomatici, ma ripensate comunque agli anni appena trascorsi! P.H. Spaak, Discorso a Parigi, 11 dicembre 1951 7 Pio XII Il contributo della Chiesa: realismo e lungimiranza. PIO XII L’ idea paneuropea, il Consiglio d’Europa, e altri movimenti ancora sono una manifestazione della necessità in cui ci si trova di rompere o almeno di ammorbidire, in politica e in economia, la rigidità di vecchi schemi di frontiere geografiche, di formare tra Paesi dei grandi gruppi di vita e di azioni comuni. Allocuzione ai partecipanti al I Congresso Internazionale di diritto privato, 15 luglio 1950 Pio XII Eugenio Maria Giuseppe Pacelli nacque a Roma il 2 marzo 1876. Divenne sacerdote nel 1899, e prestò servizio presso la Segreteria di Stato della Santa Sede. Nel 1917 divenne Nunzio apostolico a Monaco di Baviera, dove assistette la popolazione tedesca durante la Prima guerra mondiale. Nel 1920 diventò Nunzio nella neonata Repubblica di Germania e nel 1930 divenne Segretario di Stato. Il 10 febbraio 1939 venne eletto Papa col nome di Pio XII, in un momento drammatico per le sorti dell’Europa e del mondo. Nel Radiomessaggio dell’agosto 1939 pronunciò la storica frase: «È con la forza della ragione, non con quella delle armi, che la Giustizia si fa strada. […] La politica emancipata dalla morale tradisce quelli stessi che così la vogliono. Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra». Allo scoppio della Seconda guerra mondiale si adoperò in ogni modo per soccorrere le vittime «nell’ora delle tenebre»: rifugiati, profughi e perseguitati. È ormai da tutti riconosciuto il suo impegno in favore degli ebrei, colpiti dalle leggi razziali fasciste e naziste durante l’udienza del 29 novembre 1945, in Vaticano, 80 delegati dei campi di concentramento ringraziarono «personalmente il Santo Padre per la generosità da lui dimostrata verso di loro, perseguitati durante il terribile periodo del nazifascismo». Nel Radiomessaggio del 9 maggio 1945, a guerra appena conclusa, Pio XII indicò all’Europa devastata dalle armi e dall’odio, la strada per una ripresa nella pace, nella sicurezza e nella giustizia: «Fugata dalla terra, dal mare, dal cielo la morte insidiatrice, assicurata ormai dall’offesa delle armi la vita degli uomini, creature di Dio, e quanto ad essi rimane dei privati e dei comuni averi, gli uomini possono ormai aprire la mente e l’animo alla edificazione della pace». Morì il 9 ottobre 1958. Perché ancora esitare? Il fine è chiaro: i bisogni dei popoli sono sotto gli occhi di tutti. A chi chiedesse in anticipazione l’assoluta garanzia del felice successo, dovrebbe rispondersi che si tratta, bensì di un’alea, ma necessaria; di un’alea, ma adatta alle possibilità presenti; di un’alea ragionevole. Radiomessaggio ai popoli di tutto il mondo, 24 dicembre 1953 Se è vero che il messaggio cristiano fu per essa [l’Europa] come il lievito nel pane, che la lavora e ne aumenta il volume, non è meno vero che quello stesso messaggio resta, oggi come ieri, il più prezioso dei valori di cui essa è depositaria. Esso è capace di salvaguardare nella loro integrità e nel loro vigore, con l’idea e l’esercizio delle libertà fondamentali della persona umana, le funzioni di società familiari e nazionali, e di garantire, in una comunità sovranazionale, il rispetto delle differenze culturali, lo spirito di conciliazione e di collaborazione con l’accettazione del sacrificio che esso comporta e la devozione che esso richiede. Discorso al Congresso d’Europa, 1957 8 1989: con il Muro cade il mito di una società perfetta I ri-fondatori I ri-fondatori Qualcosa di analogo a ciò che è avvenuto nel dopoguerra – a partire dal comune riconoscimento dei padri fondatori che l’altro è innanzitutto una ricchezza e un bene piuttosto che una minaccia e un nemico – si ripete alla fine degli anni Ottanta. Nessuno avrebbe scommesso sulla caduta del Muro di Berlino e sul conseguente crollo del fronte comunista, avvenuta senza violenza. E chi avrebbe creduto alla unificazione delle due Germanie come fattore decisivo del processo di unificazione europea? Tra i motivi determinanti il passaggio pacifico da un mondo a un altro, ci fu ancora l’esperienza umana di alcune personalità, dell’Est e dell’Ovest. Soprattutto alcuni dissidenti, primi fra tutti Lech Wałęsa in Polonia e Václav Havel in Cecoslovacchia, divenuti uomini di Stato, favorirono una transizione pacifica basata sull’amore alla verità piuttosto che sugli egoismi e le rivendicazioni di parte. Anche grazie all’iniziativa di tali figure, il muro di Berlino è crollato non solo sopra i regimi comunisti dell’Est Europa, ma forse più significativamente sull’archetipo di quei regimi: l’ideologia che gli uomini possano essere capaci di realizzare la società perfetta, quella in cui, per dirla con T.S. Eliot, nessuno avrebbe avuto più bisogno di essere buono. L’Unione Europea ne rappresenta un’alternativa realistica e umana. Per un’ Europa come spazio di libertà Lech Wałęsa nacque a Breslavia (Polonia) nel 1943. Elettricista presso i cantieri navali di Danzica, nel 1980 è salito agli onori della cronaca come leader del sindacato indipendente Solidarność (Solidarietà). Sotto la sua guida Solidarność ha contribuito al crollo del regime comunista in Polonia, divenendo fattore di dialogo tra l’Europa dell’Est e la parte occidentale del Vecchio continente. Esponente di spicco dell’opposizione cattolica al regime comunista polacco, è stato in carcere tra il dicembre 1981 (all’epoca del colpo di Stato del generale Jaruzelski) e il novembre 1982. Insignito del Premio Nobel per la pace nel 1983, dal 1990 al 1995 è stato Presidente della Repubblica del suo Paese. Passata l’euforia del 1989 per il crollo del muro di Berlino, Wałęsa ha riconosciuto amaramente: “Non abbiamo combattuto il comunismo per sostituirlo con un altro tipo di materialismo”. La solidarietà è nata quando la nazione, quando il popolo ha capito che erano necessarie nuove soluzioni, guidate dal cuore e dalla ragione. Siamo stati educati e siamo cresciuti nello spirito della fede per essere autenticamente uomo, un essere umano deve capire che ha la ragione e che la deve seguire non solo per assicurarsi il benessere materiale ma anche la salute e l’ordine morale. [...] non siamo un gruppo politico, non siamo interessati alla politica, quello che desideriamo è il diritto di essere pienamente uomini, il diritto di credere e di proclamare liberamente la nostra fede. E se questi diritti, se questi diritti umani sanciti da millenni, saranno preservati, allora incurante delle frontiere, l’uomo sentirà di essere uomo e si ricorderà che egli può soccorrere l’altro e tentare di farlo. Lech Wałęsa La nuova Europa deve riscoprire antiche saggezze se vuole essere un’istituzione forte e rispettata da tutti. Altrimenti sarà solo un grande mercato, uno spazio di libertà senza contenuti se non quelli economici. Sappiatelo cari amici: chi ha lottato per l’Europa unita non può accontentarsi di questo. Lech Wałęsa Alla base delle grandi svolte storiche c’è sempre il fiorire di una nuova umanità, di una nuova solidarietà tra le persone. Ogni cambiamento politico epocale presuppone sempre un altrettanto radicale cambiamento di rapporti umani. Con la propria vita, ognuno di noi ha una missione importante da compiere, quale che sia il ruolo che ricopre. Se smarriamo questa consapevolezza, è come se smarrissimo la bussola, in fin dei conti perderemmo la nostra stessa vita. Ognuno di noi riceve un talento, in base ad esso ogni persona ha una sua battaglia da combattere, una missione specifica da portare a termine. Lech Wałęsa 9 Václav Havel L’ortolano, l’ideologia e la vita nella verità. Il contributo all’Europa unita Václav Havel nacque a Praga il 5 ottobre 1936 in una famiglia della media borghesia. A causa delle origini sociali, gli venne negato l’accesso agli studi superiori e così a quindici anni iniziò a lavorare in un laboratorio farmaceutico. Havel iniziò a scrivere testi drammaturgici, che vennero rappresentati a Praga al teatro «Alla ringhiera», dove aveva trovato lavoro come macchinista, elettricista e segretario. Dopo la Primavera di Praga del 1968, stroncata dal regime comunista con un colpo di Stato, le sue opere vennero proibite in patria, ma riscossero grande successo all’estero rendendolo una delle figure più rappresentative del dissenso. È uno dei primi firmatari di Charta 77, di cui è portavoce tra il 1978 e il 1979; per questo venne arrestato e imprigionato più volte. Il libro Il potere dei senza potere, del 1978, è la sintesi più profonda della sua esperienza umana e culturale, alle prese con la violenza dell’ideologia e il manifesto del riscatto della persona dall’omologazione del potere. Nel 1989 fu uno dei principali attori della cosiddetta “Rivoluzione di velluto”. Dopo la caduta del regime comunista, eletto presidente nel dicembre del 1989, ha guidato la Cecoslovacchia nella transizione democratica. Dopo la divisione del Paese, dal 1993 al 2003, è stato eletto per due volte Presidente della Repubblica Ceca. Havel morì il 18 dicembre 2011 dopo una lunga malattia. ll direttore del negozio di verdura ha messo in vetrina, fra le cipolle e le carote, lo slogan: «Proletari di tutto il mondo unitevi!». […] Lo slogan è stato consegnato al nostro ortolano dall’azienda insieme alle cipolle e alle carote, e lui l’ha messo in vetrina perché sono anni che lo fa, perché lo fanno tutti, perché si deve fare così. […] L’ortolano ha dichiarato la propria lealtà nell’unico modo che il potere sociale recepisce […]: accettando il rituale stabilito, accettando l’apparenza come realtà, accettando le regole del gioco stabilite. Così facendo è entrato egli stesso nel gioco, è diventato un giocatore, ha consentito che il gioco proseguisse, procedesse, continuasse ad esistere insomma. […] Immaginiamo ora che un bel giorno qualcosa si ribelli nel nostro ortolano e che la smetta di esporre gli slogan solo perché gli fa comodo; […] cominci a dire nelle assemblee quello che pensa veramente e trovi in sé la forza di solidarizzare con quelli con cui la sua coscienza lo porta a solidarizzare. Con questa ribellione l’ortolano esce dalla vita nella menzogna; rifiuta il rituale e viola le regole del gioco; ritrova la propria identità e la propria dignità soffocate; realizza la propria libertà. La sua ribellione sarà un tentativo di vita nella verità. Václav Havel Penso che il grande compito dell’Europa oggi sia quello di avere una linea di condotta a livello mondiale. […] Ciò che mi sembra essere molto importante in questo frangente è la capacità di uno sguardo dall’alto. […] Io sono un grande sostenitore del pensiero dell’Europa unita. […] Ritengo che sia molto importante per questo processo il rispetto reciproco dell’identità dei membri e nello stesso tempo la lealtà dei membri all’insieme. Molte volte nella vita, e non solo quand’ero in carcere, mi sono trovato in una situazione in cui tutto era come se cospirasse contro di me […]. Però non perdo la speranza. Václav Havel Ultimo intervento alla televisione ceca, 11 novembre 2011 Una delle principali preoccupazioni che accompagnano il lavoro di Havel durante la presidenza della Repubblica è quella di portare il suo Paese all’ingresso nell’Unione Europea. Questo traspare in diversi discorsi istituzionali, come quello pronunciato a Strasburgo nel 1994. Siamo capaci di rinunciare, e volentieri rinunciamo, a una parte della nostra sovranità statale a vantaggio della sovranità dell’Unione Europea, perché sappiamo che a noi – come a tutti gli altri Europei – conviene per molte ragioni. […] Vengo da una terra che per quasi sessant’anni non ha potuto godere, tranne che per un esiguo intervallo, della libertà e della democrazia. Credetemi, è proprio questa esperienza storica a permettermi di sentire profondamente la sconvolgente importanza dell’attuale integrazione europea. Discorso al Parlamento europeo, 8 marzo 1994 Havel sostiene che l’allargamento dei confini dell’Unione Europea sia piuttosto una riunificazione. 10 Helmut Kohl L’orgoglio di visionari diventati i veri realisti Nello storico discorso di Harvard del 1978 Aleksandr Solzenicyn aveva prefigurato i rischi di un mondo che andava progressivamente in frantumi, indicando la condizione per una ripresa: «Il mondo è percorso da crepe più profonde, più larghe e più numerose di quanto non appaia al primo sguardo e questa frantumazione profonda e multiforme è gravida per tutti noi di vari rischi mortali. […] non resta che cercare l'errore alla radice stessa, alla base del pensiero dell'Età moderna. Mi riferisco alla concezione del mondo dominante in Occidente che, nata nell'epoca del Rinascimento, ha assunto forme politiche a partire dall'Illuminismo ed è alla base di tutte le scienze dello Stato e della società: la si potrebbe chiamare umanesimo razionalista o autonomia umanistica in quanto proclama e promuove l'autonomia dell'uomo da qualsiasi forza. […] Il mondo è oggi alla vigilia […] di una svolta della storia; […] e tal svolta esigerà da noi tutti un impeto spirituale, un'ascesa verso nuove altezze di intendimenti, verso un nuovo livello di vita dove non verrà più […] calpestata la nostra natura spirituale». Insieme al realismo dei Wałęsa e degli Havel, e alla luce della imprescindibile testimonianza resa da Giovanni Paolo II, è risultata fondamentale la lungimiranza di uomini di Stato occidentali, quali Helmut Kohl e Hans-Dietrich Genscher in Germania, Jacques Delors in Francia, Giulio Andreotti in Italia. Essi compresero come l’unica strada per realizzare l’ideale europeo − in un mondo che si andava sempre più globalizzando − era quella di superare gli interessi particolaristici di ogni nazione per aprirsi a un orizzonte comune nel quale, senza cancellare le differenze, l’identità di ciascuno potesse dare il meglio di sé. Se allora qualcuno ci avesse predetto ciò che avremmo vissuto nell’arco della nostra vita lo avremmo considerato pazzo. Vi invito pertanto a condividere l’orgoglio di essere stati dei visionari diventati i veri realisti della storia. Helmut Kohl, Discorso ai membri del Partito Popolare Europeo, Berlino, 5 maggio 1998 Jaques Delors Se gli europei riprenderanno fiducia in se stessi, superano la crisi economica e ritroveranno la via della crescita, allora potranno esprimere il loro interesse per il nostro progetto collettivo e il loro pieno appoggio, riflesso concreto di una domanda d’Europa. Jacques Delors, Discorso al parlamento europeo, 10 febbraio 1993 Giulio Andreotti E ogni passaggio si può fare sia con un passo cadenzato sia di corsa, dipende dalla situazione. In questa Europa così allargata si tratta di costruire delle realtà e delle strutture di una complessità enorme, che ancor più che nel passato devono tener conto delle idee, delle aspettative di culture e appartenenze diverse tra loro. Insomma, un certo pragmatismo oggi è indispensabile. Giulio Andreotti 11