Roman words in semantic field of fishing and life near sea in the
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Roman words in semantic field of fishing and life near sea in the
SVEUČILIŠTE U ZAGREBU FILOZOFSKI FAKULTET ODSJEK ZA TALIJANISTIKU Nina Mrkonja ROMANISMI NEL CAMPO SEMANTICO MARINARESCO E PESCHERECCIO NELLA PARLATA CROATA DI KALI Diplomski rad Mentor: dr. sc. Vinko Kovačić, v. asist. Zagreb, lipanj 2016. INDICE 1. 2. INTRODUZIONE............................................................................................................... 2 STORIA MARINARESCA E LINGUISTICA ALLA LUCE DELLA PENETRAZIONE DEI ROMANISMI NELLA PARLATA DI KALI.................................................................... 3 2.1 Prima dell’arrivo dei Romani ...................................................................................... 3 2.2 Arrivo dei Romani ....................................................................................................... 4 2.3 Alto Medioevo ............................................................................................................. 4 2.3.1 2.4 Basso Medioevo .......................................................................................................... 7 2.4.1 2.5 3. Dopo la caduta della Repubblica di Venezia ....................................................... 7 Novecento .................................................................................................................... 8 CARATTERISTICHE DELLA PARLATA DI KALI ....................................................... 9 3.1 Sistema vocalico .......................................................................................................... 9 3.2 Sistema consonantico ................................................................................................ 10 3.2.1 4. Arrivo dei Croati nel VII secolo ........................................................................... 5 Indebolimento o scomparsa dei nessi ................................................................. 11 3.3 Sistema prosodico ...................................................................................................... 12 3.4 Suffissi di origine romanza ........................................................................................ 13 3.5 Morfologia ................................................................................................................. 13 METODOLOGIA DELLA RICERCA ............................................................................. 14 4.1 Lemmario................................................................................................................... 16 5. CORPUS ........................................................................................................................... 18 6. ANALISI DEL CORPUS ................................................................................................. 41 6.1 7. Analisi etimologica dei prestiti .................................................................................. 42 6.1.1. Strato preveneto .................................................................................................. 42 6.1.2 Strato veneto ....................................................................................................... 43 6.1.3 L’italiano ............................................................................................................ 44 6.2 Caratteristiche dei prestiti romanzi ............................................................................ 44 6.3 Integrazione linguistica.............................................................................................. 46 6.4 Calchi linguistici ........................................................................................................ 50 CONCLUSIONE .............................................................................................................. 51 ABBREVIAZIONI ......................................................................................................... 53 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 55 APPENDICE ................................................................................................................ 60 1. INTRODUZIONE Le relazioni tra le due sponde dell’Adriatico sono state continue nel corso della storia. I contatti plurisecolari croato-romanzi hanno lasciato una forte impronta nei dialetti ciakavi. Quasi tutte le parlate dell’Adriatico orientale sono un prodotto del fatto che la sponda occidentale è stata la crocevia di gruppi etnici e culture diversi. Lo scopo di questa ricerca è di presentare i romanismi appartenenti al campo semantico marinaro e peschereccio, generalmente contrassegnato da un forte influsso romanzo, nella parlata ciakava di Kali sull’isola di Ugljan1. Siccome il mare da sempre rappresenta una delle risorse di maggior rilievo sul piano produttivo, economico, alimentare e pertanto sociale, e l’Adriatico è stato considerato un bacino molto pescoso fin dal passato, mi è sembrato conveniente analizzare la terminologia legata alla vita e alle attività legate al mare. Per conseguenza ho scelto Kali, un villaggio noto nel mondo per le sue attività di pesca marittima (per lo più quella di pesce azzurro e tonno), che hanno menzionato anche Alberto Fortis (1774) e Miroslav Hirtz (1939: 173), ma anche per la sua parlata particolare (a volte incomprensibile per chi non ne conosce le regole o il lessico). Ho limitato il corpus della ricerca ai termini usati dai pescatori per la semplice ragione – più del 40% degli abitanti di Kali sono pescatori professionisti o lavorano nell’industria peschereccia.2 Essendo considerati un gruppo sociale specifico e oserei dire marginale, i pescatori hanno un lessico che è, non raramente, diverso da quello dal resto della popolazione. Ad esempio le parole di Kali budiẽ 'budello di pesce' (cr. iznutrice) o kȁlma 'calma, bonazza' (cr. bonaca) sono usate dai pescatori (mentre lavorano), druȏbci e bonȁca dagli altri abitanti (o dai pescatori quando il senso in cui le usano non a niente a che fare con loro lavoro). Il punto di partenza è stato il vocabolario in rete della parlata di Kali che fa parte della Kalipedija (un progetto fatto dagli abitanti per la conservazione della loro parlata). 3 I termini raccolti sono stati sottoposti all’analisi etimologica e all’analisi dei cambiamenti effettuatisi nel passaggio delle parole entrate nella parlata ciakava di Kali da diversi strati romanzi. 1 La forma it./venez. del nome di questa isola è Ugliano. 2 Il dato si riferisce alla popolazione in età lavorativa (dal censimento generale della popolazione del 2011 effettuato dall’Istituto di statistica croato). La percentuale è stata calcolata utilizzando i dati del Comune di Kali. 3 http://www.kalipedija.net/ 2 2. STORIA MARINARESCA E LINGUISTICA ALLA LUCE DELLA PENETRAZIONE DEI ROMANISMI NELLA PARLATA DI KALI Innanzitutto, la ricerca storica e le informazioni disponibili sul passato di Ugljan 4 hanno rivelato una serie di processi interessanti che hanno influenzato in maniera significativa la formazione della sua struttura demografica, linguistica, sociale e politica, nonché le condizioni di vita contemporanea sull’isola. Dato che la situazione economica era in continua evoluzione, cambiava anche il numero degli abitanti sulle isole e il loro vocabolario, la terminologia marinaresca inclusa. Avendo raccolto un vasto vocabolario peschereccio della zona, V. Vinja, P. Skok e Š. Županović confermano che gli abitanti delle isole zaratine, già tanto tempo fa, hanno cominciato ad impegnarsi nell’acquacoltura e in varie altre attività marittime. Siccome la terminologia peschereccia delle isole zaratine è molto ricca, è facile seguire, analizzandola, il corso della storia linguistica, ma anche della storia in generale. La letteratura scientifica, soprattutto quella storica, corrobora i cenni storici descritti. 2.1 Prima dell’arrivo dei Romani Le ricerche archeologiche e due raschiatoi trovati sull’isola confermano che Ugljan è abitata fin dal Neolitico. Grazie alle condizioni geografiche e climatiche favorevoli, il traffico principale lungo la costa adriatica orientale si svolge via mare fin dai tempi antichi. Ciò consente relazioni costanti tra l’Adriatico e il Mediterraneo, come lo confermano tanti reperti archeologici e storici, ma anche l’analisi linguistica del sostrato preindoeuropeo (mediterraneo) e indoeuropeo (Županović, 1997: 40). Secondo Županović (1997: 40), la linguistica contemporanea cerca di spiegare “la nomenclatura ittica ed i relitti linguistici che sono un risultato di contatti e stratificazioni tra i vari gruppi etnici“. Le ipotesi secondo cui in Dalmazia viveva una popolazione preillirica prima del I millennio a. C., di cultura mediterranea, potrebbero essere confermate dalle ricerche toponomastiche che analizzano i nomi di luoghi col suffisso -ss- (Marasović-Alujević, 1985: 57). I numerosi tumuli e i resti della cultura materiale segnalano una vita dinamica su tutto l’arcipelago di Zara durante il periodo illirico, quando Ugljan era abitata dai Liburni 5. In quel L’isola di Ugljan è stata menzionata per la prima volta nell’opera di Plinio il Vecchio: “Di fronte a Zara c’è Lissa”; non è da confondersi con l’isola Lissa o Issa (cr. Vis), annoverata con Brazza e Lesina, mentre i nomi di particolari villaggi, trovati in vari documenti, risalgono al Medioevo. L’etimologia del toponimo di Kali è incerta, deriva o dalla parola celtica cale ‘porta’ o dalla parola slava kal ‘fango’ (cfr. Skok, 1950: 104-109). 4 Una tribù illirica, che nel IV secolo a. C., ha stabilito l’insediamento su una collina. I resti di una casa e una piazza liburnica si sono conservate fino ad oggi. 5 3 periodo la popolazione dell’isola si occupava di agricoltura, allevamento del bestiame e trasporto e commercio marittimi. Dai numerosi termini marinareschi di remota etimologia greca si può concludere che i Greci hanno colonizzato6 l’Adriatico per estendere il commercio e l’area di sfruttamento delle risorse marittime portando con sé tutte le loro conoscenze marinaresche. Gli Illiri accettano la cultura ellenica, che prevale fino al I secolo. 2.2 Arrivo dei Romani Nel I secolo i Romani conquistano la Dalmazia7, introducendo l’ordine militare e socioeconomico uguale a quello dell’Impero romano, e nell’anno 33 cominciano a invadere l’interno. La romanizzazione del resto degli Illiri sulla costa e sulle isole avviene molto rapidamente. La lingua latina diventa ufficiale. In quell’epoca di pace e prosperità, nell’età augustea, per la prima volta viene menzionato il nome della provincia di Dalmazia. Siccome nell’isola di Ugljan l’acqua è scarsa, come pure la terra fertile, i Romani iniziano a sfruttare il mare. Ricco di pesce, esso diventa fonte di reddito e ispirazione per i poeti. I Romani cominciano a trasferirsi sull’isola, mentre i vecchi residenti, i Liburni, si spostano ai margini della città, lavorando come braccianti agricoli per i nuovi colonizzatori. Nelle nuove proprietà costruiscono villae rusticae8 con numerosi vivari, che rappresentano l’inizio dell’acquacoltura. Che loro arte marinaresca sia ben sviluppata, si riflette anche nel loro idioma, dove si incontrano molti termini di origine dalmatoromanza. Il dalmatoromanzo9, detto anche dalmatico, è una diretta continuazione del tardo latino e dell’illirico (le lingue di sostrato), influenzato dal greco e dal croato, che appartiene al gruppo delle lingue neolatine, cioè allo strato preveneto (Šimunković, 2009: 51-52; Bartoli, Vidossi, 1945: 17). 2.3 Alto Medioevo Nel VI secolo Bisanzio, sotto l’imperatore Giustiniano, conquista l’intera Dalmazia e l’Italia. Il diritto romano rientra in vigore e tutto il potere è concentrato nell’Italia meridionale, a Venezia e nel tema di Dalmazia fino alla conquista di Costantinopoli nel 1204. 6 Anche se questo periodo della storia è ancora poco noto, si assume che la prima espansione greca in Adriatico avviene già nel VI secolo a. C. Loro stabiliscono le loro città sulla costa dell’Adriatico centrale. Ora l’isola di Ugljan viene denominata secondo un tale Gellio, colonizzatore a cui viene regalato il territorio Gellianum posum. Dal suo nome probabilmente deriva il nome odierno Ugljan (cfr. Skok, 1950: 104-109). 7 8 I resti di decine di ville si possono trovare anche oggi sull’isola di Ugljan. Insieme all’istroromanzo, è la lingua autoctona parlata lungo la costa orientale dell’Adriatico fino alla metà del Medioevo. La sua ultima forma è il vegliotto, varietà settentrionale del dalmatoromanzo, il cui nome deriva da Veglia (cr. Krk), estinto nel XIX sec. 9 4 2.3.1 Arrivo dei Croati nel VII secolo Prima dell’arrivo dei Croati, il vocabolario marinaresco era composto da elementi di tutti e tre i popoli che vi abitavano prima: Illiri, Greci e Dalmato-Romani. Secondo Županović (1997), i Croati conoscono alcuni termini pescherecci e adottano altri, influenzati dagli elementi greco-romani, che prima erano sotto l’influsso di ancora più antichi popoli mediterranei. Arrivati sulla costa, i Croati conquistano gli Avari, poi assimilano il resto della popolazione che vi trovano. La slavizzazione avviene più velocemente nei villaggi e sulle isole. Le fonti scritte di quel periodo (VII-XI sec.) non sono numerose, né lo sono i termini marinareschi. Di quei pochi termini, la maggior parte è nella forma del latino volgare, solo pochi sono stati influenzati dalla lingua italiana. Il dalmatico, sostrato rispetto al croato, è ancora la lingua principale anche se l’elemento croato è assai forte (Malinar, 2004: 285). È parlato tra i nobili zaratini fino alla penetrazione del veneziano nel XIII sec. (Sočanac, 2004: 64). Gradualmente viene estinto nelle città dalmate e il croato diventa la lingua parlata. Il primo croato che comincia a risolvere il problema dell’origine della terminologia marinaresca adriatica è Petar Skok, che sostiene che i Croati venuti sulla costa adriatica conoscevano parecchi nomi slavi come lađa 'nave', veslo10 'barca', jedro 'vela', čun 'tipo di canoa', poi la parola indoeuropea more 'mare' e quelle slave riba 'pesce' e vrša 'nassa'. Quindi possiamo concludere che questo popolo non conosceva il mare. I dati toponomastici forniscono informazioni sul periodo in cui i Croati sono venuti sulle isole zaratine. Vi trovano i Romani da cui accettano alcuni termini marinareschi, assumono il loro sistema onomastico e la denominazione ittica e li adattano al loro sistema linguistico. Da parte loro, i Romani adattano elementi del sistema onomastico e ipocoristico e i suffissi croati (Županović, 1998: 22). Il risultato di questo scambio di vocaboli è, infatti, il gran numero di calchi linguistici cosicché oggi è difficile riconoscere alcuni nomi come nomi romanzi. Inoltre, i DalmatoRomani erano connessi economicamente con la Magna Grecia e perciò tanti nomi dalmati provengono dall’Italia meridionale. Dopo l’assedio e la caduta finale di Ravenna nel 751 il suo ruolo in Adriatico lo prende Venezia, che finora è ancora sotto il dominio bizantino. Zara nel IX secolo diventa centro del tema bizantino, il centro amministrativo più ricco della sponda orientale dell’Adriatico. Attrae i Romani delle isole vicine e i Croati dell’entroterra (di Ravni kotari, in fuga dagli ottomani). Indebolita l’influenza dell’Impero bizantino sull’Adriatico, aumenta quella di Venezia, 10 Oggi, nel croato standard veslo significa ‘remo’. 5 specialmente dopo la costruzione di una forte marina. Durante quel periodo i Croati sono sotto il dominio dei Franchi. Quindi i conflitti legati alla supremazia sull’Adriatico tra Venezia e i Croati si intensificano. Nel X secolo la lingua latina è alterata sotto l’influsso del romanzo parlato (Sočanac, 2004: 57). Dalla metà del IX fino al X secolo la Repubblica di Venezia deve pagare un tributo per la navigazione costiera sulla sponda orientale dell’Adriatico (solitum censum). Nel X secolo per la prima volta è menzionata la pesca croata in un documento di Zara del 995. 11 In un documento del 1056 troviamo il termine gripatores ‘pescatori’ e i nomi di alcuni pescatori zaratini12. Contemporaneamente, il veneziano assume un ruolo importante come lingua commerciale e marinara. La varietà del veneziano parlata in Dalmazia è chiamata veneto coloniale13. Tanti termini veneti si trasmettevano oralmente fino ad oggi (Županović, 1998: IV, 21). Nel 1069 Bisanzio lascia il tema di Dalmazia al re croato Pietro Cressimiro IV. Alla fine dell’XI sec. il dominio bizantino scompare completamente dall’Adriatico e il re ungherese Ladislao di Napoli ottiene il dominio sulle città dalmate. Il commercio, l’arte e la cultura si sviluppano insieme alla marina: comincia la costruzione dei porti e lo sviluppo del traffico marittimo. In un documento del 1299 per la prima volta viene menzionato il nome di Kali. Durante il periodo della Serenissima, sulla sponda orientale dell’Adriatico, il dialetto veneziano14, lingua dei mercanti e degli artigiani, dei militari e dei marinai, è la lingua di prestigio che diventa parzialmente ufficiale (Sočanac, 2004: 90). Essendo sempre in contatto con le altre lingue mediterranee, il veneziano assume termini greci legati soprattutto alla marina bizantina, mentre tanti venezianismi entrano nelle altre lingue. Così per tanti anni funziona come lingua franca, lingua comune parlata nel Levante (Sočanac, 2004: 89). Il sostrato veneto è l’ultimo strato romanzo che a contatto diretto con il croato costituisce il dialetto veneto-dalmata. Il modo di vivere e la cultura veneziana, insieme ad una certa quantità di termini nuovi, vengono introdotti nei dialetti dalmati. Tuttavia, l’impatto del veneziano sulla terminologia peschereccia, soprattutto ittica, del territorio che comprende la 11 Si tratta di un documento di donazione delle poste di pesca al monastero di San Grisogono di Zara, nelle isole Molat e Isola Lunga. 12 Župan (Supan), Podboj e Petulel. Oggi questi nomi si possono trovare in alcuni cognomi croati. Il termine è stato introdotto da Bidwell per le varietà venete dell’Adriatico orientale. Il dialettologo e linguista Gianfranco Folena lo ha denominato veneziano de là da mar. (Ursini, 1995: 180-181) 13 14 Ivi. Si pensa al veneziano cittadino e non a quello campagnolo (di provincia). 6 costa zaratina e le isole antistanti è minimo, soprattutto sulle isole, a causa del loro isolamento, come sarà spiegato più avanti. 2.4 Basso Medioevo15 La lotta tra Venezia e la dinastia degli Arpadi dura più di tre secoli e finisce nel 1409 quando Ladislao di Napoli vende16 Zara alla Repubblica di Venezia. È il periodo in cui il dialetto toscano diventa lingua di cultura che gli studiosi dalmati studiano nelle università di Bologna e Padova, più tardi a Firenze e a Roma. Grazie ai pescatori zaratini17 che utilizzano numerose reti da pesca per il pesce azzurro, il settore della pesca inizia a svilupparsi. 2.4.1 Dopo la caduta della Repubblica di Venezia Nel XVIII sec., la Repubblica di Venezia comincia a perdere potenza e la Dalmazia si separa dall’autorità centrale. Lo stesso accadde nell’ambito della pesca: a causa del contrabbando del pesce in altri paesi, l’economia della Repubblica di Venezia si indebolisce (Županović, 1997). In quel periodo Trieste18 diventa il porto principale dell’Adriatico e nei secoli successivi “un centro d’irradiazione linguistica, portando così al predominio del triestino coloniale nelle aree tradizionalmente venetofone” dell’opposta sponda dell’Adriatico (Malinar, 2004: 292). Dopo la caduta della Serrenissima (1797), con il trattato di Campoformio, la monarchia austriaca acquisisce sia la Dalmazia19 che Venezia. Con la pace di Presburgo20 (1805) passano sotto il controllo della Francia. Durante il breve governo francese, lo sviluppo della pesca migliora. In seguito, la Dalmazia viene ceduta prima al Regno d’Italia napoleonico, e poi alle Province Illiriche21. Dandolo introduce varie riforme, tra cui quelle che riguardano il settore della pesca. Nel 1813 la costa dalmata, senza isole, viene rioccupata dall’Austria. La capitale asburgica, Vienna, diventa un mediatore da cui si diffondono indirettamente gli italianismi su tutto il territorio dell’Impero austriaco (Jernej, 1956: 61). Le lingue ufficiali sono l’italiano e il croato (fino a quando il croato non diventa l’unica lingua ufficiale nel 1883). Nella seconda metà del XIX sec. l’Austria si dedica al 15 Tra il XV e il XIX secolo le lingue letterarie in Croazia sono state il latino, l’italiano e il croato. 16 Per una somma di 100.000 ducati. 17 Si riferisce a tutti i pescatori che abitavano a Zara o sulle isole del suo arcipelago. 18 Nell’Ottocento a Trieste si parlava il tergestino, un dialetto romanzo correlato al dialetto friulano. 19 Insieme alle isole già veneziane dell’Adriatico (tra cui anche l’isola di Ugljan). 20 L’odierna Bratislava. La Dalmazia, l’Istria, Ragusa e alcune province austriache sono uno dei governatorati dell’Impero napoleonico, amministrate per la parte civile da Vicenzo Dandolo, provveditore generale in Dalmazia che le divide in 4 distretti (capoluoghi: Zara, Spalato, Sebenico e Macarsca). 21 7 mare, dopo un periodo in cui i pescatori venivano penalizzati (come streghe) perché si pensava che causassero la sterilità del mare. Di conseguenza, a Zara (1874) viene fondata la prima cooperativa dei pescatori22. L’Impero austro-ungarico stipula l’accordo con gli italiani, permettendogli di pescare nelle sue acque territoriali. Comunque, i conflitti tra i pescatori croati e i Ćozoti23 sono continui, conclude Županović (1997). 2.5 Novecento Il bilinguismo plurisecolare inizia a sparire gradualmente. Dopo la prima guerra mondiale24, con il tratatto di Rapallo (1920), Zara diviene ancora una volta territorio italiano e lo resta fino al 1941. Anche se l’isola di Ugljan non appartiene al nuovo territorio, l’influsso dell’italiano si sente tuttavia. Si vuole rafforzare l’influsso culturale e linguistico della lingua italiana introducendolo nelle scuole25. Nella seconda metà del XIX secolo, l’influsso dell’italiano pian piano indebolisce finché non completamente sparisca. I romanismi conservatisi in croato nella maggioranza dei casi fanno parte del lessico delle parlate ciakave e appartengono soprattutto a terminologie specifiche (ad es. marinaresca, culinaria, architettonica, edilizia ecc.). 22 Chiamata la “Società della pesca delle spugne per bagno e del corallo“. Ćozoti è l’antico nome dialettale croato dei pescatori di Chioggia, città nota per la sua attività peschereccia. La parola è usata ancora oggi dai parlanti di Kali in senso spregiativo col significato allargato di ‘pescatori italiani che pescano con le cocchie’. Probabilmente deriva dal nome della città di Chioggia, dal ven. Chiozoto ‘abitante di Chioggia’. 23 24 Cade la monarchia austro-ungarica e si costituisce prima lo Stato degli Sloveni, Croati e Serbi, successivamente il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e poi nel 1929 il Regno di Jugoslavia. Dopo la seconda guerra mondiale viene fondata la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, dissolutasi nel 1991 con la proclamazione dell’indipendenza della Croazia e della Slovenia. Durante l’amministrazione del Partito Autonomista, dominante dalmata fino agli anni ’70, costituito da quel gruppo di politici locali che intendeva mantenere l’autonomia del Regno di Dalmazia all’interno dell’Impero austro-ungarico, rifiutandone l’unificazione col Regno di Croazia e Slavonia. 25 8 3. CARATTERISTICHE DELLA PARLATA DI KALI Le isole dell’arcipelago zaratino, situate geograficamente nella Dalmazia settentrionale, si sono sviluppate lungo un asse orografico dalmata26 con andamento nord-ovest / sud-est. Situate nell’Adriatico centrale, occupano la posizione centrale all’interno del dialetto ciakavo. Tuttavia, le loro parlate sono una miscela di dialetti delle regioni isolane, istro-quarnerina e dalmata centrale, derivanti dalla variante ikavo-ekava27 (Finka, 1972: 261-263). Le parlate della maggioranza delle isole zaratine hanno inventari fonologici, morfologici e prosodici simili. Quello che le distingue dalle altre parlate ciacave sono un ricco inventario vocalico (Finka, 1972: 262), molte desinenze arcaiche, ma anche un’evidente evoluzione che non è presente nelle altre parlate (Finka, 1972: 268). La pronuncia di Kali (kualjski) è assai particolare grazie alla sua espressività e al suo dittongamento. Inoltre, a differenza delle altre parlate dell’isola di Ugljan (e non solo), il kualjski è ancora vivo e quotidianamente parlato dagli abitanti, anche se in continuo cambiamento. Essendo molto orgogliosi dalla propria parlata, gli abitanti di Kali la denominano “il dialetto”, o spesso si può sentire anche kualjski jezik 'la lingua di Kali'. 3.1 Sistema vocalico Il sistema vocalico delle isole zaratine generalmente comprende 8 fonemi vocalici grazie alla presenza delle coppie vocaliche e-e͎ , a-a͎, o-o͎ dove si distinguono le vocali aperte e quelle chiuse. Nella parlata di Kali le vocali chiuse si realizzano come dittonghi /ie/, /ua/, /uo/ (Finka, 1972: 262). Le vocali /i/ e /u/ possono essere lunghe e brevi. Il sistema vocalico di Kali può essere sintetizzato come segue: i/ī u/ū e/ie o/uo a/ua I dittonghi si sono evoluti dalle vecchie vocali lunghe, ma si verificano anche nei prestiti relativamente recenti (Benić, 2013: 16). La pronuncia ideale del dittongo di Kali è quella di leggerlo come voce unica col colpo sulla prima parte. Un’altra caratteristica è la pronuncia delle coppie e-e͎ ed o-o͎, di fronte alle consonanti nasali (/m/, /n/, /nj/) che si alternano spesso al fonema vocalico, /i/ e /u/ rispettivamente: žĩnska 'femmina' (cr. ženska), zbogȗn 'addio' (cr. 26 Costa di tipo dalmata, segue la direzione del massiccio montuoso del Dinara. 27 Il riflesso della vocale jat nelle varianti ikava e ekava dipende da una particolare regola fonetica. Il riflesso è /e/ se viene a trovarsi dopo una dentale dura (dopo cui c’è una vocale chiusa): del, leto, belo. Il riflesso è /i/ se viene a trovarsi dopo una dentale debole (dopo cui c’è una vocale aperta): lipo, mliko (Finka, 1972: 263). 9 zbogom) (Finka, 1972: 262). Finka osserva che l’alternazione in /u/ è più visibile nelle parole d’origine italiana, come ad esempio: bokûn 'boccone' (cr. komad), lancûn 'lenzuolo' (cr. plahta). Secondo la stessa regola, anche la coppia di fonemi vocalici a-a͎ si alterna con /u/: jedũn dȗn 'un giorno' (cr. jedan dan), znũn 'so' (cr. znam). Nella parlata di Kali, come pure nel croato standard, la /r/ è sillabica, ma in alcune parole funziona come una vocale secondaria che appare limitatamente negli antichi prestiti (a differenza degli altri dialetti delle isole zaratine): krnevuã 'carnevale' (cr. karneval). La voce arcaica /ę/ in alcune parole e i loro derivati, dopo le /j/, /lj/, /č/, /ž/ diventa /a/ o /ua/, ad esempio: cr. jezik > jazȋk28 'lingua', cr. žedan > žuȃđan 'assetato'. Ciò che distingue la parlata di Kali dal croato standard è anche la caduta delle vocali non accentate iniziali, l’aferesi, nelle parole slavi: tuãc 'padre' (cr. otac), vuȃj 'questo' (cr. ovaj), o nei prestiti: Tuȃlija 'Italia' (cr. Italija), lêrgija 'alergia' (cr. alergija). La sincope, ovvero la caduta delle vocali non accentate all’interno di una parola, kakô > ko 'come' (cr. kako). La caduta delle vocali finali non accentate davanti ad una parola che inizia con la vocale, cioè l’elisione, accade perlopiù in un discorso veloce: čȁ b’ ȗnda 'poi, cosa faresti' (cr. što bi onda). 3.2 Sistema consonantico Finka (1972: 264) afferma che la melidiosità delle parlate delle isole zaratine è superiore a quella della lingua croata, perché ci sono più vocali che consonanti. Le particolarità della parlata di Kali che la distinguono dalla lingua croata standard in materia di sistema consonantico sono le seguenti (Benić, 2013: 12-16): - /dž/ manca ed è sostituita da /ž/ žiẽp 'tasca' (cr. džep). Anche il fonema /đ/29 è meno presente, ed è sostituito da /j/ come in mêja 'confine' (cr. međa). - a differenza delle altre parlate del dialetto ciakavo, nel dialetto trattato si fanno sentire raramente gli elementi cakavi (la sostituzione della voce /č/ con /c/) Finka (1972: 265). Tuttavia, si usa la /s/ invece di /š/, come nelle parole slȉva 'prugna' (cr. šljiva), e la /z/ invece di /ž/, come nel sostantivo zlȉca 'cucchiaio' (cr. žlica).30 28 Jazȋk è un organo, mentre jezȋk è un sistema di comunicazione. 29 /Ć/ e /đ/ non sono affricate, e sono spesso sostituite dalle occlusive dentali palatalizzate /t’/ e /d’/, come nella parola kȕt’a 'casa' (cr. kuća). 30 Tale fenomeno, imitato da alcuni locutori ciakavi della costa, potrebbe essere spiegato soltanto in via indiretta col bilinguismo, in questo caso col dialetto veneto, il cui sistema fonologico non ha mai avuto i fonemi /š/ e /ž/, (Muljačić, 1966: 386). Tuttavia, questo fenomeno è ancora oggetto di dibattito. 10 - la coarticolazione succede spesso con le preposizioni is 'con' (cr. s, sa), iz 'da', bez 'senza', che davanti ai pronomi personali diventano iš, iž, bež. - i nessi palatalizzati e iotati /st/, /sk/, /zg/ e /zd/ diventano /šć/ e /žđ/: šćuãp 'bastone' (cr. štap), zvīžđȉti 'fischiare' (cr. zviždati). I nessi arcaici /jt/ e /čr/ sono conservati nelle parole come: nuãjti 'trovare' (cr. naći), duõjti 'venire' (cr. doći), čȑv 'verme' (cr. crv), črȋvo 'tubo flessibile' (cr. crijevo), črĩšnja 'ciliegia' (cr. trešnja), ecc. - nelle desinenze e nei numerali, alla fine della parola si trova /n/ invece di /m/31: gljêdun 'guardo' (cr. gledam), ôsan 'otto' (cr. osam). In alcune parole, prevalentemente presso locutori anziani, si verifica la /m/ secondaria: dumbòko 'profondamente' (cr. duboko). - alla fine di una parola, dopo una vocale, /n/ può opzionalmente cadere o essere pronunciata debolmente: ȗ 'lui' (cr. on), grȋ 'vado' (cr. idem). La /n/ secondaria è spesso aggiunta alla parte finale paradigmatica32 della vocale: ženȃmin 'donne' (cr. ženama), brôdimin 'navi' (cr. brodovima). - tra una velare all’inizio della radice di una parola e una vocale aperta, /l/ diventa /lj/: gljêdati 'guardare' (cr. gledati), hljȋb 'pane' (cr. kruh). /L/ finale scompare33, mentre la vocale breve si prolunga juȃrbu 'albero della nave' (cr. jarbol); lo stesso cambiamento si ha al genitivo singolare: srdiẽ '[di] sardina' (cr. srdele). - in alcune parole c’è la dissimilazione: r>l in lebro 'costola' (cr. rebro.); mnj>mlj in Lamljȃna34; m>b in bravȉnac 'formica' (cr. mrav). - in certe parole, alcuni locutori di fronte alla /i/ aggiungono opzionalmente /j/: (j)ȉdro 'vela' (cr. jedro). 3.2.1 Indebolimento o scomparsa dei nessi La parlata di Kali presenta alcune caratteristiche comuni del dialetto ciakavo, come l’indebolimento e la scomparsa delle consonanti, ma si possono incontrare anche quelle dimenticate o arcaiche. Possono essere suddivise in tre gruppi come segue (Finka: 1972, cfr. Benić: 2013): Alla fine della radice rimane /m/, salvo rare eccezioni, come nella parola srȗn 'vergogna' (cr. sram) e in alcuni casi sȗn 'solo' (cr. sam). 31 32 Al dativo, al locativo e allo strumentale plurale. Al nominativo plurale femminile /l/ rimane: frôštul 'frittelle' (cr. uštipci, fritule), tȋkul 'mattone' (cr. opeka), ma all’interno di una parola scompare se si trova dietro /o/, e a volte anche dietro /e/ ed /a/: Duocȕ (locativo del microtoponimo di Kali: Dolac), suȃpa 'salpa' (cr. salpa). 33 34 Il microtoponimo del porto di Kali: Lamjana/Lamljana. 11 1. la scomparsa della consonante iniziale: tȉca 'uccello' (cr. ptica),(h)ćȋ 'figlia' (cr. kći); 2. l’indebolimento della consonante all’interno di una parola: (kt>ht) nôhat 'unghia', trajêht 'traghetto'; 3. la scomparsa della consonante all’interno di una parola: a) p.e. (ks>s) presȕtra 'dopodomani' b) la scomparsa di /t/ e /d/: se fanno parte del prefisso: okrȉti 'scoprire' (cr. otkriti); nei nessi /ds/, /ts/, /dn/, /dnj/, /dm/: brȃski 'fraterno' (cr. bratski), zuȃnji 'ultimo' (cr. zadnji); nelle preposizioni e nelle locuzioni preposizionali: ispri kȕće 'davanti ad una casa' (cr. ispred kuće), pȕ mora 'verso il mare' (cr. prema moru) o in alcuni numerali: piȇ 'cinque' (cr. pet), četrdesiȇ godȉn nazȃ '40 anni fa' (cr. prije 40 godina). 3.3 Sistema prosodico Il sistema prosodico della parlata di Kali ha un vecchio posto dell’accento e una lunghezza vocalica. Le vocali brevi possono essere foneticamente estese, mentre le lunghezze possono essere abbreviate, ma queste non sono le vere vocali lunghe lessicali.35 Quando le vocali lunghe vocaliche (che danno una voce di tono piatto) sono seguite da una vocale breve, generalmente nelle parlate dei giovani, l’accento si sposta nella vocale lunga.36 Secondo Benić (2013: 17,18) il nuovo acuto [˜], che può cadere su qualsiasi vocale originariamente lunga, si incontra spesso nella parlata dei locutori più conservatori. Nella parlata di Kali le vocali fonologicamente brevi /a/, /o/ ed /e/ hanno la lunghezza fonologica variabile e perciò non sono né brevi né lunghe37 (Benić, 2003: 19). Oltre che di accenti lessicali, il kualjski è ricco di accenti espressivi/pragmatici che esprimono stupore, rabbia, cautela e sentimenti simili. Grazie ad essi, la parola può avere il doppio accento, tȅcȉ 'corri' (cr. trči), nȍsȉla san 'portavo', pronunciato in modo che la prima sillaba viene sottolineata da un tono più alto e la seconda dal colpo. 35 Ad esempio u Kālȋ 'in Kali'. 36 Ad esempio bìt’ica 'anello' (cr. prsten). 37 Dipende dai parlanti, dalle parole e dal contesto in cui vengono pronunciate. 12 3.4 Suffissi di origine romanza Dato che nella presente tesi si analizzano i romanismi nella terminologia marinaresca e peschereccia, penso che sia utile indicare i suffissi sostantivali d’origine romanza che si trovano nella parlata di Kali. Da essi dipende anche l’accento di un sostantivo (che per lo stesso suffisso è sempre fisso) (Benić, 2013: 46). I suffissi possono essere suddivisi nel seguente modo: 1. l’accento è davanti al suffisso ('-ul-) '-u/la < it. '-olo/a: prtesȋmu 'prezzemolo' (cr. peršin), mȋndula 'mandorla' (cr. badem); 2. il suffisso ha un accento breve (-êl-38) -iẽ/-êla < it. -'ello/a: arganiẽ, kanaštrêla; (-êt-) -êt/a < it. -'etto/a: parapêt, kašêta;39 3. il suffisso ha un accento lungo (-ȋn-) –ĩn/ȋna < it. -'ino/a: bićerĩn 'bicchierino' (cr. čašica za rakiju), santȋna40; o (-uôl-) -uô/la < it. -(u)'olo/a: tavajuô 'tovagliuolo' (cr. salveta), karijuôla 'carriola' (cr. teretna kolica, tačke); 4. l’accento è posto dopo i suffissi -ual-', -īr-', -ūn-' o -ūr-' < it. -'ale, -i'ere, -'one o (nella maggioranza dei casi) -ore: kavicuã, madĩr, sabũn,41 pitũr 'pittore' (cr. slikar). 3.5 Morfologia Le desinanze di certi sostantivi al plurale hanno conservato la loro forma arcaica in alcuni aspetti. Al genitivo plurale maschile e neutro la desinenza è -ov, come nella parola brodôv 'di navi' (cr. brodova), mentre nel genere femminile la desinenza non c’è: kũć 'di case' (cr. kuća). L’accusativo maschile termina in -i: brodi. Il dativo e lo strumentale plurale del genere femminile potrebbero essere kućam o kućami. Invece di usare gli aggettivi possessivi, il sostantivo viene messo spesso al gentivo uõcov > uõca 'di padre' (cr. očev). I verbi alla terza persona plurale dell’indicativo presente terminano in -u invece in -e. Peraltro, anche se la desinenza -u non richiede la palatalizzazione, essa si trasmette, per analogia, dalle altre persone alla terza persona plurale dell’indicativo presente, per esempio sîču 'tagliano' (cr. sijeku). Lo stesso accade all’imperativo. 38 Da alcuni parlanti di Kali le vocali foneticamente brevi /e/ ed /o/ vengono pronunciate tra brevi e lunghe. In questi casi Benić (2003) usa i simboli /ê/ ed /ô/ rispettivamente. Nel mio corpus ho usato /ȅ/ ed /ȍ/ perché i miei informatori le hanno pronunciate come se fossero brevi. 39 Per i significati v. p. 30 s.l. arganiẽ; p. 36 s.l. kanaštrȇla, p. 28 s.l. parapȅt; p. 35 s.l. kašȅta. 40 Per il significato v. p. 28 s.l. santȉna. 41 Per il significato v. p. 38 s.l. kavicuã; p. 27 s.l. madĩr; p. 21 s.l. sabũn. 13 4. METODOLOGIA DELLA RICERCA Partendo dall’ipotesi che le lingue geograficamanete più vicine condividono più caratteristiche comuni di quelle lontane, non è difficile concludere che in croato esistono molti romanismi. Infatti, nella maggioranza delle parlate croate della costa adriatica è presente un notevole numero di parole di origine romanza. Secondo Muljačić, il termine romanismo si riferisce ad ogni elemento linguistico proveniente da qualsiasi parlata romanza direttamente entrato nel dialetto o nella lingua esaminata (citato in Gačić, 1979: 4). A causa delle relazioni continue con la sponda opposta dell’Adriatico, moltissimi romanismi sono entrati nel lessico ciakavo attraverso il dialetto veneto. D’altra parte, Zara ed i suoi dintorni hanno subito un forte influsso romanzo, ma le loro parlate sono anche inevitabilmente caratterizzate da una notevole quota di dalmatismi, cioè di relitti romanzi preveneti (Županović, 1995: 10). Il corpus indagato nella mia tesi è costituito da 217 lessemi della terminologia marinaresca e peschereccia usati nella parlata di Kali. Sono analizzate anche le parole che non sono di origine romanza per potter mettere a confronto la quantità delle parole di origine italiana con quelle di origine croata (o slava). L’atlante linguistico della terminologia marinaresca delle parlate istriane (ALTMI) di Goran Filipi e Barbara Buršić-Giudici, è stato il mio punto di riferimento principale nella stesura del questionario. L’atlante contiene 436 lessemi, divisi in otto sottocampi semantici42, ma per la mia ricerca ho tenuto conto soltanto di quelli menzionati dai miei informatori o trovati nel vocabolario di Kalipediija. Il corpus si basa sui dati raccolti: a) nell’inchiesta a cui hanno partecipato 4 pescatori professionisti (di 27, 32, 56 e 73 anni rispettivamente), nati e cresciuti a Kali con una lunga tradizione di famigla nel settore della pesca; b) analizzando i discorsi dei residenti locali e individuando i termini che appartengono al lessico marinaresco. I termini sono tratti dai dialoghi registrati degli informatori che parlavano della loro quotidianità sulla nave e della vita peschereccia in generale. In questo modo si sentivano liberi di parlare di tutto, ed io ho avuto l’opportunità di raccogliere quasi tutti i termini che intendevo. Quelli non menzionati li ho raccolti per mezzo delle domande brevi e precise, dicendogli la parola nel croato standard o mostrandogli una foto. 42 I sottocampi dell'ALTMI sono seguenti: Mare, Geomorfologia, Meteorologia, Navigazione, Imbarcazioni, Pesca, Flora e fauna marine. 14 Siccome non esiste un vocabolario della parlata di Kali pubblicato o compilato da esperti, per trovare sia le spiegazioni ed i significati dei termini sconosciuti (a me o ai miei informatori) oppure di quelli non trovati nell’ALTMI, ma menzionati dai miei informatori, sia l’etimologia dei termini raccolti, sono stati consultati: a) articoli che trattano il tema della vita al mare: J. Božanić (1997), S. Braica (2015) e M. Pederin (1987); dizionari marinari di G. Bustico (1932), L. Castagna (1955), R. Vidović (1984) e G. Filipi (1997); b) dizionario della parlata di Kukljica43 di T. Maričić (2000) e di Sali44 di A. Piasevoli; c) dizionari etimologici italiani di C. Battisti, G. Alessio (1975) e di M. Cortelazzo, P. Zolli (1999) e dei dialetti italiani di M. Cortelazzo, C. Marcato (2005); d) dizionari etimologici croati di P. Skok (1971-73) e V.Vinja (1998, 2003, 2004). L’etimologia prossima del materiale raccolto è fondata sui lessemi, che hanno la stessa forma (e a volte lo stesso significato) nella lingua donatrice e nella lingua ricevitrice (di Kali), trovati nei dizionari dialettali italiani: a) Giuseppe Boerio (1856) Dizionario del dialetto veneziano b) Mario Doria (1984) Grande dizionario del dialetto triestino c) Luigi Miotto (1984) Vocabolario del dialetto veneto-dalmata d) Gianni Pinguentini (1954) Dizionario storico etimologico fraseologico del dialetto triestino e) Enrico Rosamani (1975) Vocabolario marinaresco giuliano-dalmata. Le parole del croato e dell’italiano standard sono prese dall’ALTMI, o confermate in tutti i dizionari menzionati sopra, o nel Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli (2010) e Hrvatski enciklopedijski rječnik (2002-2004). Nell’analisi dei romanismi nella parlata di Kali è possibile utilizzare diversi approcci: etimologico, alfabetico, semantico o altri. Ritengo che in questo caso la formazione del vocabolario in ordine sistematico sia la più efficace perché la terminologia marinaresca si sovrappone spesso ad altre, come ad esempio alla meteorologia e alla geografia. L’ALTMI è strutturato allo stesso modo. Kukljica è un piccolo villaggio situato nella punta sud-orientale dell’isola di Ugljan, collegata all’isola di Pašman da un ponte. Anche se si trova nelle vicinanze di Kali, secondo Ante Jurić (citato in Skračić, 2007) le loro parlate sono diverse. La parlata di Kukljica appartiene al gruppo delle parlate ikavo-ekave con le vocali lunge ē, ō, e assomiglia alle parlate di Pašman, mentre quella di Kali ha le vocali lunge ie, uo, ua, cioè i dittonghi. 43 44 Sali (it. Sale) è la località più grande di Isola Lunga. 15 Ho diviso il corpus in 6 campi semantici: I Meteorologia (27 lessemi), II Mare (12), III Geomorfologia (18) con il sottocampo Costa (9), IV Navigazione (24), V Imbarcazioni con i sottocampi: Costruzione navale (11), Parti delle imbarcazioni (32) e Corde e verricelli (26), e l’ultimo campo VI Pesca (57). La regione principale di questa divisione, e non quella dell’ALTMI, è la specificità delle parole raccolte dai miei informatori e trovate su Kalipedija. A differenza delle parole dell’ALTMI, il corpus è pieno della terminologia peschereccia, più precisamente di termini che si riferiscono alla pesca con vari tipi di reti e alle attività dei pescatori sulla nave. Inoltre, i pescatori di Kali usano (o usavano in passato) quotidianamente sui pescherecci tutti i termini menzionati appartenenti ad altri campi. I termini relativi alla flora e fauna marina non sono stati inclusi in questo vocabolario per alcune ragioni. Siccome la maggior parte dei vocaboli di questo corpus è tratta dai discorsi con i pescatori, il pesce più menzionato era quello economicamente più importante e pescato da anni in quest’area. La terminologia ittica è simile in tutte le lingue mediterranee, il che è un risultato della costante interferenza linguistica, e perciò non mi è sembrato interessante prenderla in considerazione. Per simili ragioni non ho incluso neache i nomi delle imbarcazioni. Šime Županović ha esaminato l’etimologia dei talassozoonimi della zona di Zara ed è giunto alla conclusione che nelle parlate di questa parte della Dalmazia si sono conservati tantissimi relitti dalmatoromanzi45, e ha confermato i risultati degli studi di V. Vinja, che aveva concluso che la terminologia ittica della zona zaratina fosse stata adottata dai Greci mediante o direttamente dai Dalmato-Romani. Come già menzionato, nonostante l’influenza della Repubblica di Venezia assai lunga e forte, le asserzioni di Vinja, Skok e Županović sui talassozoonimi dimostrano che i venezianismi nella zona di Zara e nelle sue isole non sono numerosissimi. Un’altra ragione era l’incapacità dei miei informatori di distinguere i nomi di varie specie ittiche dello stesso genere. 4.1 Lemmario Ogni lessema della parlata di Kali è seguito da più elementi che forniscono le seguenti informazioni grammaticali: categoria della parola46 (sostantivo, verbo, aggettivo, locuzione avverbiale o esclamazione), genere (maschile, femminile o neutro) del sostantivo, transitività del verbo. In seguito, viene scritto in corsivo il significato della parola nell’italiano standard, 45 A differenza delle zone di Lesina, dove sono numerosissimi gli elementi greci, e di Sebenico, con tantissimi elementi croati (Županović, 1994: 47). In alcuni sintagmi l’informazione sulla categoria della parola riguarda solo la parola analizzata (es. vȅtar kalmȋva, 'vento si calma', v.) o la sua funzione sintattica (es. mȑtve bȃnde 'opera morta', s. f., composta da un aggetivo e un nome, si riferisce ad una parte della nave, cioè ha una funzione di sostantivo). 46 16 seguito dall’equivalente nel croato standard tra parentesi tonde, o la spiegazione nei casi in cui nelle lingue standard non esiste una parola corrispondente. Per alcune parole della parlata di Kali è evidente che provengono dall’italiano o da un dialetto italiano, ma hanno un significato leggermente diverso. In questi casi ho preso in considerazione il termine italiano da cui probabilmente proviene la parola della parlata di Kali, nonostante il significato diverso. Il significato è probabilmente cambiato perché la gente di Kali potesse adattare più facilmente alcuni termini al suo modo di vivere. La maggioranza di questi termini hanno un significato simile, ma in italiano si riferiscono alla vela, mentre nella parlata di Kali sono strettamente collegati alla pesca, l’attività che fa parte della cultura di Kali. Anche i miei informatori hanno confermato che è probabile che prima il significato di queste parole assomigliasse o fosse uguale a quello in italiano ma, con lo sviluppo della pesca, è diventato necessario, e più facile, adattare vocaboli simili già esistenti che inventarne nuovi. Dopo le spiegazioni, seguono i corrispodenti vocaboli trovati nei dizionari italiani dialettali menzionati prima. Se i vocaboli italiani dialettali hanno il significato uguale a quello di Kali non vengono ulteriormente spiegati. Altrimenti, il significato viene indicato dopo il lessema in dialetto. Per alcune parole, dove mi è sembrato necessario o interessante, ho menzionato la loro etimologia o altre informazioni tra parentesi quadre. Rosamani e Doria (soltanto in alcuni lemmi) usano le abbreviazioni delle città in cui hanno attestato le varietà venete47. Il dizionario di Boerio comprende le parole della città di Venezia48 e quello di Pinguentini raccoglie le parole del dialetto della città di Trieste. I lemmi trovati nei dizionari italiani sono riportati nello stesso modo per quanto riguarda la trascrizione e l’accentuazione. Per distinguere s [s] e z [ts] sorde da s [z] e z [dz] sonore, Miotto e Doria usano i caratteri ṣ e ẓ, mentre Rosamani usa ʃ e ʒ per le sonore. Pinguentini e Boerio segnano soltanto la s sorda intervocalica con la s doppia (-ss-), pronunciata come semplice, mentre la pronuncia delle altre sorde e sonore segue le regole della lingua italiana. Nel dizionario di Boerio, ch si pronuncia come [tʃ], mentre ci e ce si pronunciano come [tsi] e [tse]. 47 Alcune città in Friuli Venezia Giulia, in Istria (con il Quarnero), in Dalmazia, Grado e Monfalcone. 48 Ha raccolto anche alcune varietà attestate a Chioggia e a Padova. 17 5. CORPUS I. METEOROLOGIA vȅtar, s. m. – vento (cr. vjetar); vènto (MIO), vento (BOE, DOR, PIN, ROS) bȕra, s. f. – vento di N-E, bora o greco (cr. bura); bòra (MIO), bora 'vento impetuoso di EstNord-Est' (BOE, DOR, PIN, ROSR.Z.) burȋn, s. m. – borino (cr. slabija bura); borìn (BOE, MIO), borin 'bora leggera, vento di tramontana' [venez. borin 'vento mediocre di settentrione', ancon. borina 'tramontino', ha conservato il significato originario] (DOR), borin (PIN, ROS) jȕgo, s. n.49 – vento di S-E o di S, sirocco o mezzogiorno (cr. jugo50, vjetar s JI ili J); siròco (MIO, ROSM.Cap.Ctn.G.C.Z.), siroco (BOE, PIN), siroco (DOR51), vento da mezo zorno 'vento di Sud' (BOE) levȁnat, s. m., levantarȗn, s. m.52, levantuȃra, s. f.53 – vento di E, levante (cr. istočnjak); levantàda 'forte vento di levante con pioggia e mare agitato' (MIO), levante (BOE), levantêra (BOE), levantàra (BOE), levantera 'vento di levante' (DOR), levantèra 'forte vento di levante con mareggiata levantera, vento da scirocco, levante, E-S-E' (PIN), levante o livanto (ROSR.), livantada (ROSR.), levantara (ROSLg.), levanta (ROSRag.) meštruã, s. m. – vento di N-O, maestro (cr. sjeverozapadnjak, maestral); maistràl (BOE), maïstral (DOR), maìstro54 (DOR), maìstro (PIN), maestral (ROSG.), maistro (ROSLg.), maistral (ROSG.R.Z.), vento maisto (BOE) meštraluȃda, s. f. – forte maestro (cr. jaki maestral); maistralàda (BOE), maestralàda (MIO), maistralada (ROS) pulintȁčina, s. f.55 – vento di O, ponente (cr. zapadnjak); ponentàda 'burrascaina mare da ponente' (BOE, MIO), ponentazzo (BOE), ponentazo 'forte vento da ponente' (DOR), 49 Južȋn, s. m. – lieve vento di S, (cr. slabo jugo). 50 La parlata di Kali non distingue i venti jugo e široko. Il termine široko non si usa quasi mai. 51 Cfr. le varianti siroc (Mugl.A.cont.), siruoco (R.), scìloc (Rag.). 52 'Levȁnat fortissimo' (cr. snažni istočnjak). 53 'Levantarȗn che soffia d’inverno' (cr. snažni istočnjak koji puše zimi). 54 Attestato anche a T.G.Lg. e in ven.-dalm. 55 Qualche volta questo vento è chiamato odozdo 'da sotto'. 18 ponentada 'fortunale proveniente da ponente' (DOR), ponentera 'vento fresco da ponente' (DOR), ponentada 'fortunale del ponente' (PIN, ROS), ponente (ROS) trmuntuȃna, s. f. – vento di N, tramontana (cr. sjeverac); tramontana (BOE, ROSCap.Pir. Ctn.G.C.ve.Z.), tremuntana (ROSG.), tramontanada 'nodo, colpo di tramontana' [chiogg. tramontanà, tramontaneṣe] (DOR) fortunã(l), s. m. – fortuna di mare, fortunale (cr. fortunal, jako nevrijeme na moru s vjetrom); fortunàl 'maltempo' (BOE, MIO), fortuna 'fortunale, vento assai forte' (ROSG.Cap.ve.), fortuna («mar grosso») 'mare molto agitato' (ROSZ.), fortunal 'tempesta' (DOR, PIN) ciklȗn, s. m. – uragano56 (cr. ciklon, jak olujni vjetar); ciclon 'vento in cui l’aria è animata da movimento di rotazione' (ROSG.) ćȗh, s. m.57 o buȃva, s. f. – bava di vento (cr. lahor, povjetarac); bava (BOE, DOR), bàva (MIO), bava de vento 'vento leggiero che increspa il mare con piccole onde la cui cima orlata da spuma fornisce l’immagine della bava' (PIN), bava (ROS), bavèta (BOE), bavesela (BOE), baviʃiola (ROSLg.), baviʃuola [de mar o de terra] (ROSG.), bàviza (ROSRag.), baviʒiola (ROSR.C.), baviʒòla (ROSPir.), ventiʒèlo (ROSZ.), ventiṣèl (MIO), breʒʒa (ROS) lagȗn, s. m. – vento da uragano (cr. orkan); ragàn 'vento fortissimo e procelloso che mena gran rovina' (BOE), ragàn (MIO), uragan (ROSPir.), ragam (ROSMf.Pir.), ragan (ROSCtn.G.), ràgan (ROSRag.), regan (ROSG.), rogan 'colpo di vento con pioggia' (ROSG.) neviẽra, s. f. – tempesta (cr. oluja); nevèra 'improvviso maltempo in mare con pioggia e vento' (BOE), nevera 'nevischio o con significati abbastanza affini, tempo freddo e ventoso' (DOR), tempesta 'grandine' (PIN), nevera (ROS) neverȋn, s. m. – improvvisa, breve tempesta (cr. manja kratkotrajan oluja); neverin58 'colpo, folata di vento' (DOR), neverìn 'improvviso maltempo in mare' (MIO), neverin 'colpo di vento improvviso dopo il quale succede la calma' (PIN), neverin 'piovasco, colpo di vento con pioggia' (ROSG.), neverin 'burrasca' (ROSCap.F.Lg.Lp.) luađȉna, s. f. – sottovento (cr. zavjetrina); sotovento 'la parte della nave opposta a quella ove soffia il vento' (BOE), sotovento (ROS) 56 Ciclone in it. è 'complesso dei fenomeni atmosferici associati a una zona di bassa pressione' (ZI). 57 La parola ćȗh è usata per lo più dai giovani. 58 Attestato anche in chiogg. e ven.-dalm. 19 pojuȃda, s. f. – vento in poppa59 (cr. vjetar u krmu); poiada (ROSM.), poia (ROS60G.), pogiada (ROS), pogia (ROSF.Z.G.); v. pojuȃti, p. 24 rȅful, s. m. – raffica di vento (cr. udar vjetra, reful); rèfolo (BOE, DOR, MIO, PIN, ROSZ.), refulo (ROSC.), rèfuo (ROSRag.), refolàda (BOE), refolada (ROSM.) šijȗn, s. m., šijunuȃda, s. f. – tromba marina, scione (cr. pijavica); siòn [d’orig. venez. (sec. XIII)] (BOE, ROSG.Lp.Pir.Mf.C.), sionada 'tromba marina' (ROSZ.), sionada 'colpo di vento impetuoso' (ROSG.R.), sionera (ROSCap.Ctn.G.F.), sioniera (ROSR.Lp.61Pir.), siunera (ROSR.), siòn o scionèra (PIN), sïon (DOR), sïonera (DOR) špalmȋn, s. m. – vento che provoca il pulviscolo marino (cr. silan vjetar, mjestimičan vihor koji podiže morsku pjenu poput prašine); spalmèo (BOE), spalmèo 'spargimento di minutissime gocce, a guisa di pioggia che fa l’onda del mare nel suo rompersi e anche, pulviscolo marino sollevato dalla bora che copre la terra' (MIO), spalmeo (ROSLg.) žvȉhalj, s. m. – vento velocissimo (cr. olujni vjetar); «brz k’o žvihalj» cfr. it. 'veloce come il vento' vȅtar (s)forcȋva, v. – vento rinforza (cr. vjetar jača); sforzàr (BOE), sforzar (DOR, ROST.), rinforzar (ROS), dar una rinforzàda (MIO) vȅtar kalmȋva, v. – vento si calma (cr. vjetar slabi); calàr del vento62 (BOE), incalmàr (MIO), calar (ROSPir.C.), calâ (ROSG.Pir.), (in)calmar (DOR, PIN) japȓk, s. m.63 – da S, raramente da S-O (cr. s juga, rjeđe s jugozapada) izneverȁti, v. – tempestare (cr. glagol kojim se opisuje dolazak i djelovanje oluje); tempestàr (BOE), tempestar 'grandinare' (DOR, ROS) rašćuarȁti/ ovrimenȉti, v. – schiarire, rischiarare (cr. razvedriti se); s'ciarìr-se (MIO), schiaràr [in term. mar. anche il tempo affina] (BOE), schiarìr (BOE), s'ciarir (ROS), s'ciarir (DOR, PIN) ćuȃro nȅbo, agg. – cielo sereno, chiaro (cr. vedro nebo); ciàro (MIO), ciaro (PIN, ROSG.T.), ciaro (DOR) 59 La parola poggia in it. significa 'lato di sottovento di una nave'. 60 C’è anche un modo di dire simile all’it. «Navigar col vento in pupa». 61 A Lp. significa 'temporale a trombe d’aria'. 62 Cfr. la varietà che si riscontra nella frase «El vènto se càlma». 63 La parola usata per indicare la direzione del vento, «Puše s japrka» 'soffia dal sud'. 20 II. MARE muȏre, s. n. – mare (cr. more); màr (MIO), mar (BOE, DOR, PIN, ROS) marȉtima, s. f. – marittima (cr. obalni pojas); marìtimo (ROST.Lp.) kȕlaf/ kȕlf, s. m. – alto mare (cr. pučina); gràn mar (BOE), mar verto 'mare aperto' (MIO), culf (ROSC.), cόlfo 'golfo' (ROS) kȁlma/ bonȁca, s. f. 64 – bonaccia, calma (cr. bonaca); bonàza (MIO), calma (BOE, DOR), bonazza (BOE), bonasa (ROSCap.Ctn.Mf.G.), bonaccia (ROSG.), bonaza (DOR, PIN, ROSF.C.Z.) dȅbelo muȏre, agg.65 – mare agitato (cr. nemirno more); mar cativo (MIO), mar in boràsca (BOE), mar grosso (ROS), mar moso (ROSMf.ve.), mar burascòso [anche mar rabius] (ROSR.) mȑtve marȅte, agg. – mare morto (cr. mrtvo more); ònda rebataìza 'l’onda morta' (MIO), mar morto 'mar mosso ma senza più vento' (MIO), mar morto 'ancora mosso ma senza onde' (ROS), mar muorto [cfr. mar da pruva o da pόupa] (ROSR.) marȅta, s. f. – maretta (cr. lagano uznemireno more); mar ṣbataìzo (MIO), mareta (ROSM.Pir.Ctn.), maretta (ROSMf.), marita (ROSR.), mar increspà (ROS), mareta 'mare leggermente mosso' [assieme ad it. maretta evidentemente dim. di mare] (DOR) morȉna, s. f. – onda grossa, cavallone, maroso (cr. veliki, snažni valovi); onda granda (ROS), una bocona de onda (ROSF.), grande onda (ROS), onda destesa 'che non si rompe e non biancheggia' (BOE) ruȃz, s. m. – ondulazione causata dal movimento dei pesci (cr. val nastao mreškanjem koje uzrokuje jato plave ribe); raʃo 'bavicella che leggermente increspa la superficie del mare' (ROSLp.) barȁti66/ ruazȁti, v.67 – mare increspato causato dal movimento dei pesci (cr. mreškanje površine mora uzrokovano komešanjem jata riba) La parola kȁlma è usata dai pescatori (mentre lavorano) per indicare che non c’è nessun pericolo o che si può calare la rete, mentre la parola bonȁca è usata dagli altri abitanti (o dai pescatori quando il significato che si intende non a niente a che fare con loro lavoro), entrambe per dire che 'il mare è calmo'. 64 65 L’espressione ȉma muȏra, 'mare in tempesta', è usata dagli informatori giovani. 66 Secondo Skok, proviene dalla parola italiana barra 'ammasso di sabbia alla bocca dei porti' o potrebbe provenire da barra d’acqua 'onda di marea che si forma nell’estuario di alcuni fiumi e che avanza contro corrente'. 67 Il soggetto di entrambi verbi è 'mare', «muȏre baruã/ razuã». 21 bȑbolj, s. m. – bolla dell’aria in mare (cr. mjehurić zraka u moru); bola (DOR, PIN), bula (ROS) korȅnat, s. m. – corrente marina (cr. morska struja); corente (ROSCap.Lp.), corentìa (ROSG.), corentìa 'via-vai', a Cap. 'corrente marina' (DOR) III. GEOMORFOLOGIA ȍtok, s. m. – isola (cr. otok); isola (BOE, PIN), iʃola (ROSG.), iʒola (ROSF.Z.), ìṣola (DOR) sȉka, s. f. 68 – secca rocciosa, isola non abitata (cr. greben, manji nenaseljeni otok); seca 'certi siti che per poca acqua sono pericolosi ai naviganti' (BOE), grèbani 'luoghi alpestri e sassosi' (BOE), grèbano 'sasso grosso' (MIO, ROS, PIN), seca 'scogliera' (ROSG.F.), grèben (ROSRag.), grèmbano (ROST.) škuõlj, s. m.69 – scoglio (cr. otočić); scòio (MIO), scogio 'masso in ripa dentro del mare' (BOE), scogio (ROSG.), scōj 'isola priva di case' (ROS) scoglio (PIN), scoio 'isoletta rocciosa' (DOR), scoio (PIN, ROSPir.Ctn.C.I.) bruãk, s. m.70 – scoglio al di sotto della superficie del mare (cr. stjenovito izdignuće dna ispod površine mora) krȗg, s. m. – roccia, scoglio (cr. veliki kamen, stijena uz morsku obalu, greben); grèban 'luoghi alpestri e sassosi' (BOE), grèbano 'sasso grosso' (MIO, ROS, PIN), grèben (ROSRag.), grèmbano (ROST.) puntuãl, s. m./ pȕnta, s. f. – punta di terra, promontorio (cr. rt); pònta (MIO), ponta (BOE, PIN, ROSF.M.Cap.Ctn.C.ve.Z.), punta (ROS), ponta (DOR), pontal 'salita' (DOR) rampuȃda, s. f. – abisso (cr. klisura, ponor); rampàda 'salita aspra e difficile' (MIO, BOE), rampada (ROSZ.) školjiêra, s. f. – scogliera (cr. lukobran, nasip od krupnog kamena); scoièra (MIO, ROS), scoliera (DOR71, ROS) škrȁpa/ skrȁča, s. f. – grotta (cr. škrapa, jama); gròta (ROSve.) Nella parlata di Kali, sȉka si riferisce anche a qualsiasi isola priva di (o con pochissimi) abitanti, oppure non affollatta, che è di regola rocciosa e minore dell’isola di Ugljan. L’isola di Pašman è chiamata «(divlja) sika» 'isola selvaggia' dagli abitanti di Kali, in senso spregiativo, volendosi dire che la gente che ci vive è primitiva. 68 69 Škuõlj è anche un toponimo dell’isola di Ošljak, una piccola isola davanti alla valle di Kali. Skok ha attestato che la parola brȃk significa 'posto basso sabbioso in mare dove si può trovare pesce'. La parola è un relitto preindoeuropeo. 70 71 Attestate anche le varianti scoiera (M.Cap.Pir.Ctn.), scogiera (G.), scuriera (G.Mf.). 22 konuã/ kanuã, s. m. – canale (cr. kanal); canal (BOE, DOR, ROSG.T.), canale (ROS) štrȅt, s. m. – stretto (cr. tjesnac) mandrȃč, s. m. – mandracchio, darsena (cr. mandrač); mandràchio 'la parte più interna del porto dove si ormeggiano le navi' (BOE), mandràcio 'bacino ben riparato nella parte interna dei porti' (MIO, PIN), mandracio 'la darsena, o sua parte più interna del porto' (DOR, ROS) buõk, s. m.72 – piccola valle (cr. manja uvala); v. sotto vȁla vȁla, s. f. – valle, rada (cr. uvala); vàl 'insenatura riparata dalle onde e dal vento adatta all’ancoraggio delle navi' (MIO), vale 'lagune nell’estuario veneto dove s’alleva e si piglia il pesce' (BOE), vala (ROSG.), rada (ROS), vale (DOR) žuālȏ, s. n. – spiaggia (cr. plaža, žal); spiagia (BOE, ROSM.F.C.Z.), spiaʃa (ROSG.R.Cap.), marina 'riva del mare, spiaggia' (DOR) sabũn, s. m. – sabbia, sabbione (cr. pijesak); sabion (PIN, DOR73, ROSG.T.), sabiòn (ROSM.Cap.Ctn.), sabiom (ROSPir.), sabia (ROSCtn.F.ve.Z.), sablun (ROS), sabiòn (BOE, MIO, PIN) fȁng, s. m. – fango (cr. mulj s morskog dna); fango (BOE), fango (DOR), fang (ROS74), paltàn (BOE), paltan 'pozzanghera' (DOR) melȗra, s. f. – parte rocciosa nel fondo di mare pieno di pesce bianco (cr. stjenovito morsko dno gdje se skuplja bijela riba) a) Costa kruȃj, s. m. – costa (cr. obala); marina (BOE, DOR, ROS), costa (BOE, DOR), riva (BOE, DOR, ROS), riva 'erta salita' [cfr. lat. ripa] (PIN), còsta (ROSPir.Rag.F.Z.G.C.), spiaia 'costa' (ROSCtn.) mȗ(l), s. m. – molo (cr. mol, gat); mòlo [fr. le môle, dalla Liguria nell’it. (sec. XIV)] (ROSG.M.Ctn.F.C.ve.Z.), mόl (ROSPir.Cap.), molo (BOE, PIN), molo75 (DOR) rȉva, s. f. – riva (cr. riva); riva (BOE, DOR, ROS) pȍrat, s. m. – porto (cr. luka); porto (BOE, DOR, ROST.F.C.ve.Z.G.), poràt (ROSRag.) 72 Microtoponimo di Kali Koliêgin buõk. 73 In chiogg. e bell. rust. sabion invece sta per 'sabbia non marina'. 74 Nella term. mar. fango è della rete che in tal caso non serve a pigliare pesce, «La go casada a fango». 75 Anche mol, voce venez., di origine gr. ho môlos, il quale a sua volta è derivato dal lat. mōles 'masso'. 23 bankȉna, s. f. – banchina (cr. operativna obala); banchìna (BOE), banchina (DOR, ROSG.) bȉta, s. f. – bitta, colonnina per avvolgervi cavi (cr. bitva, stupić za privez); bita 'morti del molo' (BOE, ROS76Rag.M.) kalȗn, s. m. – colonna di ferro (cr. bitva, željezni stup na obali za privez); v. koluȏna koluȏna, s. f. – colonna (cr. stup za vezivanje); colòna de armìẓo 'colonna di ormeggio' (MIO), colòna (BOE), colona (DOR, PIN, ROSCap.M.Ctn.C.ve.Z.) paštȗra, s. f. – colonna, di ferro o legno (cr. kameni ili željezni stup na obali za privez) IV. NAVIGAZIONE uȁrmati, v.77 – attrezzare, armare la nave o le reti, essere pronti per andare a pesca (cr. opremiti, kretati na ribe); armàr 'allestire, preparare' (MIO, BOE), far l’armo 'allestire equipaggio, provviste, attrezzi per compiere una data partenza' (PIN), armâ (ROSR.), armar (DOR, ROSM.Cap.) armižȁti, v. – ormeggiare (cr. usidriti); armiṣàr (MIO), ormiṣàr (MIO), armizar 'assicurare un galleggiante alla terra con cavi o catene o farlo sostare in uno specchio d’acqua dando fondo alle ancore' (PIN), armiʒar (ROSvenez.), armiʃar (ROSPir.Ctn.), armiʃâ (ROSG.), armiẓar (DOR) mȍla, escl., molȁti, v. – molla!, mollare (cr. opusti, opustiti); mòla! 'allenta la corda', molà (MIO), molàr [molarse da la riva] (BOE), molar 'allentare, mollare' (PIN), molâ 'calarsi del vento, voce di comando per allentare le manovre, le corde, le scotte, le vele ecc.' (ROSG.), molar78 'mollare, staccare, allentare' (DOR) sȕrga, escl., surgȁti, v. – dar fondo all’ancora (cr. baci sidro!, baciti sidro); surgar (ROSC.) 'calare il ferro per fissare la rete' šijȁti, v. – sciare, remare indietro (cr. veslati unatrag); siàr (MIO, BOE), siar (PIN, ROSM.Cap.Pir.Ctn.F.Z.), sïar 'vogare a ritorso' (DOR), siâ (DORG.R.) šijavuȏga, loc. avv. – voga di coda, col remo da bratto (cr. veslanje jednim veslom na krmi); sìa e vòga (MIO), sìavόga (ROSM.Cap.Ctn.ve.), a sia voga [it. ant. (XVI sec.) ciavòga] (PIN), (a-) sïavoga 'modo di remare, col remo a poppa, come nelle gondole' (DOR) 76 In senso figurato vuol dire banchina. Contr. razuȁrmati 'disattrezzare' (cr. raspremiti), «Ruazarmali smo» oltre al significato 'abbiamo disattrezzato' indica che 'è finito il periodo di pesca che dura 20 giorni'. 77 78 Cfr. la variante molâ (Pir.) e muiâ (dign.). 24 vȍga, escl., vogȁti, v. – voga!, vogare, remare (cr. veslaj!, veslati); vogàr (BOE), vogâ (ROSCtn.), vogar (DOR, ROSCtn.), voga! 'lavora! fa presto!' [nel linguaggio degli ormeggiatori; in quanto una volta il cavo o cima di una nave in arrivo veniva portato a terra con una barca sulla quale si trovavano gli addetti alla manora] (DOR) alȃj, loc. avv.79 – ormeggiare la nave accanto a qlc. (cr. privezati se paralelno uz nešto); a lài 'accanto, allato' (MIO), ala a bordo (BOE), a-lai [gr. aláē, venez. a lai 'ai lati'] (ROS), alai 'allato, affianco' (PIN), alài (a lài) 'a lato di una nave' [lài è la voce friulana, oltre che ven.istriana, e deriva dal lat. latus] (DOR) na bȁndu, loc. avv.80 – su un lato (cr. na stranu); andar alla banda (BOE), andar a la banda 'pendere su un lato' (PIN) koštȃti se, v. trans. – accostare (cr. pristati bočno); costâ (ROSG.), costar 'accostare a' (DORchiogg.Ctn.Lg.), costar 'ancorare a' (DOR, ROSM.), acostà (DORG.), acostar (DORPir.ve.) lemurćȃti, v. – rimorchiare (cr. tegliti, vući drugi brod); rimurciàr-se (MIO), remurchiar (BOE), rimorciâ (BOE), rimurciar [propaga la voce nell’Isola Lunga] (BOE), lemurciar [ciat a Isola Lunga] (DOR, ROSZ.), remurciar (ROS), rimurciar81 (DOR) natiẽgnuti, v. – vararsi in costa, in secca (cr. izvući brod na obalu) porȉnuti, v. – varare (cr. gurnuti brod u more); sbaràr (BOE), butar (BOE, DOR, PIN, ROS M.Cap.Pir.Ctn.C.T.), ṣbarar (DOR) burdižȁti, v.82– bordeggiare (cr. jedriti u vjetar u naizmjeničnom, cik-cak smjeru); bordizàr (BOE), bordiṣàr 'veleggiare ora orzando, ora poggiando' (MIO), bordizar (PIN), bordiʃâ (ROSG.), bordiʃar (ROS), bordiʒar (ROS), bordiẓar [il suffisso venezianeggiante -iẓar] (DOR), bordiṣar 'bordeggiare o in alcune varianti vuol dire andare zig-zag' (DORPir.) orcȁti, v., ȍrac, s. m., «jȉdriti na ȍrac» – orzare, «andare all’orza» (cr. jedriti u vjetar); òrzar 'barcollare'83 (MIO), orẓar 'stringere l’orza, in modo da mettere il naviglio sopravvento' «Koštaj se alaj» comando di 'far approdare una nave accanto all’altra' e «Koštaj se na bandu» 'far approdare una nave accanto alla riva. 79 80 Ci sono due bande della nave: «radna», 'in cui si lavora', cioè quella dov'è la rete, e «neradna» 'in cui non si lavora', cioè quella dove sono le baie e le cassette. Il capitano sceglie su che lato far approdare la nave. 81 Cfr. remurciar (Cap.Lg.Z.Rag.F.A.buie.Canf.C.), rimorciâ e riburciâ (G.). 82 Il verbo con il prefisso za- «zaburdižȁti» in senso figurato vuol dire 'sparire velocemente'. 83 «Andar a l’òrza» è un modo di dire, che significa 'barcollare da ubriaco'. 25 (DOR), orzar84 'ordine al timoniere di andare controvento' (ROS), orsar 'id.' (ROS), orza85 'il fianco d’un vascello a man sinistra guardando verso la prua' (BOE), orza 'fianco della nave a sopravvento' (DOR, PIN), orẓa 'id.' (DOR), orsa 'id.' (DOR), orza86 (ROSF.Z.), ursâ (ROSR.), όrsa (ROSM.), orsâ (ROSG.); v. uȏrca, p. 31 // contr. pojuȃti pojuȃti, v. – poggiare (cr. jedriti niz vjetar); poiàr87 'poggiare navigando' (MIO), andar a poggia (BOE), pogiàr 'cedere al vento' (BOE), pogiar 'allontanar la prua dalla direzione da cui soffia il venrto', poẓar 'appoggiare' (DOR); v. pojuȃda, p. 18 peškȁti, v. – avere un pescaggio alto o basso (cr. imati dobar gaz i biti stabilan na moru); pescar 'parlando dell’immersione d’una nave nell’aqua, pescare più o meno' (BOE), pescar '[di nave] essere tuffato fino a una certa altezza' (ROS) zarašȁti, v. – raschiare (cr. zagrepsti morsko dno); ras'ciàr (MIO, PIN), rasàr a tera (BOE), ras'ciar (ROSR.), rascar (ROSCap.), ras'ciar88 (DOR) brȉva, s. f., «ćapuã je brȉvu» – abbrivio (cr. ubrznje broda pri pokretanju motora); brìva (MIO), briva! 'far operare con forza nel varare una barca o far forza sopra il timone o altra simile operazione' (BOE), brivàda (BOE), brivar 'abbrivare, l’inizio del movimento di nave che si stacca dalla riva' (PIN), briva (ROSPir.C.), briva 'velocità, slancio, abbrivio', «ciapar la briva» 'prendere l’abbrivio', «andar de briva» 'procedere dopo aver spento il mortore' (DOR), «ciapàr la brìva» (MIO), «ciapo la briva» 'prendo la rincorsa' (ROSPir.C.) puȃrtiti, v. – partire (cr. isploviti); partìr (BOE), partir 'partire, allontanarsi' (DOR) navigȁti, v. – navigare (cr. ploviti); navegàr (BOE, MIO), navigar (DOR, ROSLg.T.), navegâ (ROSPir.G.), navèga (ROSRag.), navegar (ROSLg.T.), navigà (ROSLg.T.) sinjuã, s. m. – segnale (cr. znak, oznaka); segno (BOE, DOR), signal89 (ROSG.R.), segnal (ROSC.ve.) buȏva, s. f. – boa (cr. plutača); bòva (ROSPir.F.C.Z.Rag.), boa (DOR90, ROSG.M.Cap.Ctn.ve.) 84 Contr. poia, pogia. 85 L’orza si dice quando 'il vento soffia con gran forza e gonfia molto le vele ed esse si devono stringere'. 86 «A-orza!» è il modo proverbiale che indica 'il lato dal quale spira il vento: verso cui bisogna muovere angolarmente la prua per orzare' (ROSZ.). 87 Comando «Pòia la vela!». 88 Attestato anche a F.Cap.Pir.A.Par.Lg. e in ven.-dalm. 89 Dal fr. signal. 90 Probabilmente proveniente dal genovese; attestato boba (G.), bua (R.). 26 lantiẽrna, s. f. – faro (cr. svjetionik); lantèrna (MIO), lanterna (BOE, DOR, PIN, ROSG.T.), lantieran (ROSR.) V. IMBARCAZIONI a) Costruzione navale havarȉja, s. f. – avaria (cr. oštećenje broda, šteta); avarea91 (DOR), avarèa (MIO), avarìa (ROS) škviẽr, s. m. – cantiere navale (cr. brodogradilište); squero (BOE, PIN, ROS), squero 'cantiere per la riparazione di piccoli natanti' [dal gr. eskhárion 'cantiere', attraverso la forma biz. scarìon] (DOR), squèro (MIO), sqver (ROSRag.) kalafatȁti, v. – calafatare (cr. šuperiti); calafatàr (BOE), calafatar (PIN, ROS), calafatar [parola veneziana tratta direttamente dal gr. tardo (XIII sec.) kalaphatízō; nel cr. di Isola Lunga kalafât o kalafatât] (DOR), calafar (ROS) kalafuãt, s. m. – calafato (cr. šuperač); calafà (BOE, DOR92, PIN, ROSM.Cap.Ctn.Pir.F.R.C.Z.), calafào (BOE), galafao (ROSG.), galafari [pl.] (DOR) katrȃm, s. m. – catrame (cr. katran); catrame (ROSG.Lp.C.R.Z.Ctn.), catràm (ROSRag.) katramȁti, v. – catramare (cr. premazivati katranom); catramàr (MIO), catramar (ROS), catramar 'incatramare' (DOR), catramâ (ROSG.R., DOR), catrama (DOR) blȁk, s. m. – intonaco nero di pece (cr. premaz od pakline za zaštitu broda); blac93 'tintura di catrame' (DOR) kȍper, s. m. – pittura sottomarina navale rossastra (cr. crvenkasta antivegetativna zaštitna boja kojom se boja dno broda) lamarȋn, s. m. – lamiera (cr. metalne ploče za oblaganje ili izgradnju brodova); lamarìn (MIO), lamarin 'lamiera più ordinaria per tubi da stufe e simili lavori' (BOE, PIN, ROST.), lamarin 'indumento metallico' [a Vicenza lamerin e lamierin] (DOR94), lamerin 'piastra metallica per costruzioni' (DOR, ROS) 91 Anche varea, probabilmente dall’ar. ‘awwar o ‘awar 'mancanza, danno'. La parola irradiatasi da Venezia, dove arriva dal gr. tardo (VI sec.) in poi, kalaphátēs. Secondo Cortelazzo l’origine della parola rimane oscura. 92 93 Il forestierismo è penetrato anche nella term. mar. it.: black 'tintura nera di catrame minerale che si dà agli scafi e alle ancore', in ingl. 'nero'. 94 Attestato anche a Cap.Pir.Par.Canf.F.Lg. 27 muȏrša, s. m. – strumento di fissaggio (cr. stega, škripac); morsa 'strumento di ferro ad uso de’ fabbri' (BOE, ROS) piketȁti, v. – pulire ruggine picchiettandola (cr. čistiti hrđu udaranjem zašiljenim čekićem); picar (ROSZ.T.), picar [it. ant. piccare 'ferire con una punta', connesso con picca 'arma con punta acuta'] (DOR), pichetar (ROST.), picàr 'lavorare da punta un qualsiasi materiale duro' (PIN) b) Parti delle imbarcazioni škȁf, s. m./ korȉto, s. n. – corpo, fusto della nave (cr. korito, trup drvenog broda); scafo (BOE, ROS) bȃnda, s. f. – fianco della nave (cr. bok broda); banda (BOE, DOR95, PIN, ROSG.T.Lp.C.R. Rag.) mȑtve bȃnde, s. f. (pl.) – opera morta, parte dello scafo situata sopra la linea di galleggiamento (cr. dio broda iznad površine mora koji služi kao zaštitna ograda); opere morte96 (BOE), òpera morta (ROSG.Lp.) muruȃda, s. f. – murata (cr. palubna ograda97), muràda98 (MIO), muràda 'fianco interiore della nave sopra la coperta, o sia l’opera morta della parte di dentro della nave' (BOE), murada 'fianco interno del bastimento, sopra coperta, ossia l’opera morta dalla parte interna' (DOR, PIN, ROSLg.Lp.Rag.G.99) madĩr, s. m. –madiere (cr. platica); magèri (BOE), màdièr (ROS), madieri 'corsi di fasciame esterno' (ROSLp.), maier (DOR, ROSPir.), madier 'parte dell’ossatura delle navi, base delle corbe' (PIN), madier 'parte dell’ossatura della nave, precisamente il fasciame esterno della medesima' [dal fr. mad(r)ier, a sua volta dal prov. madier, che non è altro che la continuazione di lat. materium 'materia, legname da costruzione'] (DOR), magier100 (DOR) 95 Banda significa 'lato', mentre banda de barca è 'sponda di natante'. 96 Opere vive sono 'tutte le parti d’un bastimento che sono nell’acqua'. 97 M. Pederin (1987: 84) spiega che la murata è l’insieme di opere morte con tutti i suoi prolungamenti. 98 Dall’esempio «La barca ga l’aqua a la muràda» si può concludere che il termine è simile ad opera morta. 99 Doria ha notato che a G. murada significa 'muratura'. 100 Attestato anche a G. 28 pajuõ(l), s. m. – pagliolo (cr. podnica); paiòl (MIO, ROSCtn.M.), pagiòl (BOE), pagiolà (BOE), pai(u)ol (ROS101Pir.R.Lp.ve.), pagiol (ROSG.), pajόl (ROSM.), paiόli (ROSF.), paia 'coprente il fondeo dei battelli' (PIN), paiol102 (DOR) kolȕmba, s. f. – chiglia (cr. kobilica); colòmba (MIO), colomba (BOE, PIN, ROSPir.F.Lg.C. ve.Z.G.), colomba [termine marinaresco attestato a Venezia fin dal 1229, dal gr. kólymbos 'parte inferiore della stiva, immediatamente vicino alla chiglia', a sua volta dal verbo kolymbáō 'tuffare, immergere'] (DOR), columba (ROSRag.) kuviẽrta, s. f. – coperta (cr. paluba); covèrta (MIO), coverta103 (BOE, ROSG.F.Lp.T.), cuviérta (ROSR.), cuverta (ROSZ.), cùvèrta (ROSRag.) krmȃ, s. f. – poppa (cr. krma); pùpa (MIO), pope (BOE, DOR, ROSG.), pupa [quella delle barche grandi] (BOE), pupa (PIN), pupa104 [continua direttamente dal lat. pŭppis, pupa e si rifà alla medesima base appena attraverso il fr. poupe] (DOR) pruȏva, s. f. – prua (cr. pramac); pròva (MIO), prova (BOE, ROSG.Pir.ve.), prua (ROSG.), prova [cfr. ven. proa ed it. prua] (DOR) kvartȋr, s. m. – quartiere (di poppa, prua e mezzania) (cr. prednji ili stražnji dio broda) karȍc, s. m.105 – dritto di prua (cr. pramčana statva s produžetkom na provi broda); carozzo 'parte nel basso fondo de’ vascelli, che nel mezzo si rialza, e ch’è il primo fondamento a tutti gli osami' (BOE), caroz (ROSRag.), carόso 'chiglia' (ROSR.), carόso 'piè di ruota, pezzo di costruzione che raccorsa la ruota di prova con la chiglia' (ROSPir.) ȉdro, s. n. – vela (cr. jedro); vela (BOE106, ROS) parapȅt, s. m.107 – parapetto, impavesata (cr. pregrada u/na brodu); parapeto 'tramezzo o separazione di tavole a poppa e a prua sotto coperta, per riprovi cordami e simili arredi e per comodo de’ marinari' (BOE, PIN), paràpet (ROSRag.), parapeto (DOR) 101 Dal fr. palliol. «Andar pluc’ a paiol» 'andar giù di colpo', «Èser a paiol» 'essere stanco', «Cascar ẓò a paiol» 'cadere a terra sfinito'. 102 103 «Andar sotto coperta» 'andare nella parte inferiore della nave'. 104 Attestato anche a F.Cap.Pir.Par.C.Lp.Lg. ed in ve.mugl. 105 Tȁulac nella parlata di Kali è la stessa cosa, ma della poppa, si usa per mettere le reti (fig. 5, p 45). 106 “I pescatori dicono anche velo, dal latino velum.” 107 Nella parlata di Kali parapet può significare anche 'un muretto sulla riva'. Il significato di 'muraglia' della parola parapeto è trovato nel Boerio. 29 balaȕstra, s. f. – balaustra, parapetto di una nave (cr. ograda na brodu) bukapȍrta, s. f./ pokapȍrto, s. m. – boccaporto (cr. poklopac na otvoru potpalublja); bocaporta (BOE, DOR, ROST.M.Cap.Pir.Ctn.F.Lp.Z.G.), bocaporta 'apertura delle stive delle navi' (PIN) portȅla, s. f. – portella, portello, apertura chiusa da battenti di una nave (cr. otvor s poklopcem na palubi); portèl (MIO), portèl 'pìcola bocaporta' (ROSPir.), portèla 'piccola porta' (BOE), portèla 'salin. parte della màchina' (ROSPir.), portela 'portella, porticina' (DOR) santȉna, s. f. – sentina (cr. sliv); sentìna (BOE), santina (ROSLp.C.), sentina (ROSM.Pir.Ctn.G.F. ve.Z.), santina [corrispondente continuatore del lat. sentīna] (DOR) štȋva, s. f. – stiva (cr. grotlo, prostor za teret ispod palube); stiva108 (BOE, DOR, PIN, ROSM. Pir.Cap.F.Z.Rag.Ctn.), steva (ROSR.) mȕnkul, s. m. – bitta sulla nave (cr. bitva na brodu za privez); màncoli 'due piccole bitte, a prua e a poppa, della barca, per dar volta ai cavi' (MIO), monachelle109 (ROSPir.), màngolo 'bittone' (ROSM.), mànculo (ROSR.), màncolo 'bitta' (ROSF.Lp.ve.Z.), màncolo (ROSG.R.), màncolo 'schermetto' (DOR), bitòni 'due grossi cilindri di quercia che stanno sulla prora della nave verticalmente, fermati anche sull’inferiore coperta' (BOE) pȕnat, s. m. – ponte di comando, plancia (cr. komandni most); ponti 'le coperte di una nave' (BOE), ponte 'costruzione elevata sul piano della nave', «Sul ponte de comando […]» (ROS) provȉšta, s. f. – provviste di bordo (cr. brodske zalihe), proviste (ROSF.C.Z.) gabȉna, s. f. – cabina (cr. kabina); gabìna (MIO), gabina [prestito dal fr. cabine, da un dialetto è passato nel cr. della Dalmazia] (DOR, ROSG.T.) kȁmara, s. f.110 – camera (cr. soba); càmara (BOE, DOR, MIO, ROSRag.), camera (BOE), càmera (ROS) pȍstelja111/ koćêta112 s. f. – cuccetta (cr. ležaj); cocèta 'letto di bordo' (MIO), cochieta113 'lettiera e quell’arnese di legno che sostiene il letto' [dal fr. dim. couchette] (BOE), cucita 'lettino' (ROSR.), cuceta (DOR, PIN, ROST.Cap.Lp.F.), coceta (DORchiogg.) 108 Nel dizionario di Miotto è attestata la parola stivadòr 'operaio portuale addetto al caricamento delle merci'. 109 V. s.l. bittoni. 110 Oltre a quella in casa, si riferisce alla cabina del capitano (probabilmente perché è sempre la più grande con un letto solo). 111 La parola slava pȍstelja è usata di più dai giovani. 30 jarugȏla, s. f. – barra del timone (cr. rudo kormila); argòla (MIO), argola [ant. it. ar(i)gola, ant. ven. arguola] (ROSF.Z.), argutla (ROSRag.), rigòla (PIN), rigola (ROSG.Pir.Ctn.C.ve.114), ribòla (BOE), ribola [l’etimologia potrebbe essere dal dalm. argùt(u)la, argluta e quindi tratta dal dim. del lat. ergata (gr. ergátēs) 'strumento'] (DOR), sgura (BOE) timȗn, s. m. – timone (cr. kormilo); timòn (BOE), timon (DOR, PIN, ROS), timūn (ROSRag.) mȁkina, s. f. – motore navale (cr. brodski motor); machina115 (BOE), màchina (ROS, DOR116) manȉca, s. f. – manovella (cr. ručica motora); mànego (MIO), màniga 'manico per governare' (ROST.), manisa (ROSCap.), maniza (ROS), mànigo 'parte di un oggetto che viene impugnata per utilizzarlo' (DOR), manissa (PIN), manizza 'unione di carrucole o girelle entro alle sciarpe' (BOE) jȅlica/ propȅla, s. f. – elica (cr. brodski propeler); élica (ROSLg.), élice (ROSR.), èlise (ROSCap.Pir.), èlica (ROST.), ièliza (ROSA.), èlice (DOR), èliẓe (DOR), propela (ROSLg.R.), prupiéla (ROSR.) škȁrig, s. m. – scarico (cr. ispušna cijev na motoru broda); scàrigo 'scarico di una conduttura, di un motore a scoppio' (DOR), scaregar e scarigar 'scaricare' (PIN, ROS) feruãl, s. m. – fanale di bordo (cr. brodska svjetiljka); feràl (MIO, BOE, PIN), feral 'lanterna, fanale, lampada' [più comune in grad.venez.trevis.bellun.; ferale in vic.padov.valsug.] (DOR), feral (ROSG.ve.Z.), faral (ROSR.I.) c) Corde e verricelli arganiẽ/ organȉje, s. m. – argano, apparecchio di sollevamento delle reti o qlc. altro, con una fune portante (cr. vitlo i konop za potezanje mreže ili čega drugoga); arganèla 'pezzi di legno curvi da un capo, che servono ad innalzar le sponde delle lance' (BOE), àrgana 'strumento da tirar pesi' (BOE), àrgano 'strumento da alzar pesi' (ROS), àrgano 'verricello o molinello usato per salpare le ancore o i pesi' (PIN), àrgano [cfr. la variante árgheno di tutto ven.-giul., Nella parlata di Kali koćêta è anche 'comodino' (spesso collegato al letto) se si trova in una nave. Se si trova in una casa significa 'l’inseme d’assi di legno del letto'. 112 113 Si pronuncia come il toscano cocieta. 114 Attestate anche le varianti ribola e riguola (R.), ʃbogola, ʃguola e regola (Z.). 115 Menzionato s.l. bocaporta. 116 S.l. macchinista è specificato macchinista navale. 31 nonché árghena (Pir.Par.venez.), dal lat. volg. arganum, a sua volta dal gr. órgana] (DOR), àrgan (ROSA.cont.cra.) brȁc, s. f. – cavo per serrare le vele (cr. konop kojim se zateže jedro); brazàr 'manovrare a braccia', «brazar la vela» (MIO); v. brȁga brȁga, s. f. – braca, braga, cavo per imbracare (cr. konop koji se koristi prilikom dizanja tereta u brod); braga (BOE), braga 'ferro o anche legno che si conficca attraverso per tenere insieme ed unite le commessure' (ROSR.Lp.), braga 'cavo, fune con cui si circonda una balla o una botte per issarle o calarle a o da bordo' (PIN), braca 'qualunque corda con cui si lega un oggetto che si deve sollevare' (BOE, ROSPir.Lp.) cȉma, s. f. – cima, cavo (cr. priveza); zìma (MIO), zima 'estremità di una gomena' (DOR), zima (PIN, ROST.C.Rag.) kruȃjna, s. f. – tipo di cima (cr. vrsta konopa za privez broda) grlȋn, s. m. – gherlino, (cr. grlin, debelo uže); gherlìn 'canapo di tre cordoni, minore però delle gomene' (BOE), gherlin 'coda di canapa di quelle più grosse' (ROS), gherlin 'cavetto a tre cordoni' (PIN), gherlin 'cavo a tre cordoni per la manovra dell’ancora di tonneggio' [anche nel venez., sempre nel significato di 'corda di canapa piuttosto grossa', passato in Dalmazia grlin, a Venezia garlin, in sic. gherlinu; prestito dal fr. mediev. guerlin] (DOR) gȕmina, s. f. – gomena (cr. gumina, debelo uže); gòmena 'canapo il più grosso delle navi composto di tre gherlini' (BOE, ROSCap.Pir.), gόmena (ROSCtn.G.Z.), gùmina (ROSC.) inbrȏj, s. m. – cavo che serve per chiudere la rete (cr. konop ili čelično uže za stiskanje dna mreže u ribolovu); imbrogi 'tutte le corde che servono a imbrogliar le vele' (BOE), imbroio 'cavo semplice per sviluppare le vele e raccoglierle sui pennoni' (ROS) kalȏm, s. m. – calumo (cr. dio konopa koji povezuje predmet na dnu mora, sidro ili mrežu, sa nečim na površini); calùmo 'ancora di fortuna, spesso fatta di un sasso con corda' (MIO), caloma 'specie di cavo' (ROSLg.), calumo 'cavo, cima (per gettare la nassa)' (ROSF.Lg.), calùme (PIN), caloma 'corda stramba per gettare la nassa' [dal lat. volg. calauma, forse adattamento del gr. chálasma o chálagma 'l’azione dell’allentare'] (DOR) 32 kaumȉšta, s. m.117 – tipo di fune costituita da un cavo metallico (cr. konop kroz koji prolazi željezna sajla) sȉdrina/ surgadȉna, s. f. – cavo, catena dell’ancora (cr. sidreni konop ili lanac); v. sȕrga, p. 23 špuãg, s. m. – spago (cr. špaga, uzica); spàgo sforzìn 'spago grosso' (MIO), spago (BOE, DOR, PIN, ROSG.), spag (ROSRag.) štrȁj, s. m. – sartie, cavi fissi che servono di rinforzo agli alberi verticali dei natanti a vela (cr. pripone, užad koja drži jarbol); straio (DOR, ROSPar.Pir.T.), straj (ROSRag.), stragio (ROSG.), stralio (DOR); suȃrtige, s. f. (pl.) – scala di corda per salire su un albero (cr. ljestve od konopa za uspinjanje na vrh jarbola); sarchie 'nome generale di tutti i cordami che servono a stabilire gli alberi' (BOE), sartie (ROSF.Z.), sàrtije (ROSRag.), sarcia (ROSG.Pir.R.), sarce [pure venez.] (PIN), sarce118 'le sartie, il sartiame' (DOR), sàrtiga (ROSLp.Lg.C.) trcaruõl, s. m. – cavo per legare le vele, terzarolo 'ciascuna delle parti di una vela che si possono ripiegare al fine di ridurre la superficie esposta al vento' (cr. konop za podvezivanje jedara); terzariol 'la minor vela della nave' (BOE119, PIN120, ROSF.C.), terzaròlo (ROSZ.), tasarioi (ROSCap.Ctn.), tersariόi (ROSM.), tersaruol (ROSR.), trzàruo (ROSRag.) uȏrca, s. f. – orza121 (cr. konop kojim se donji kraj latinskog jedra na gajeti vezuje za jarbol); orza 'la corda che si lega nel capo dell’antenna nel naviglio da man sinistra' (BOE), òrsa 'in it. è il canapo con cui si tira l’antenna e la vela, dalla parte dove soffia il vento' (ROS), orza 'fianco della nave a sopravvento' [probabilmente dovuto all’influsso della lingua letteraria, dove la parola orẓa significa propriamente 'corda legata in cima al carro dell’antenna di una vela latina, per portarla dalla banda di sopravvento'] (DOR) uzã, s. m. – corda (cr. uže); corda 'fila di canapo' (BOE), corda (DOR) ȕzalj, s. m. – nodo (cr. čvor); nodo (BOE), gropo (BOE, DOR, PIN, ROSG.), gròp (ROSRag.) 117 La parola è un nesso semanticamente unitario che potrebbe essere composta dalla parola veneziana cao 'cavo, corda o fune' (BOE, ROSCap.R.) e misto. In it. cavo misto è quello 'formato di più tipi di fibre'. v. Vinja (1998) p. 45, s.l. kalamišta. 118 Attestato anche a G.Cap.Pir.Par.R. ed in venez.chiogg. Il modo di dire «far terzarioi o terzarolàr» significa 'acconciare le altre vele maggiori all’altezza e forma del terzeruolo, abbreviarle'. 119 120 Terzaiolar 'terzarolare, l’operazione di accorciamento'. 121 Può significare anche 'il lato di sopravvento di una nave' (ZI). 33 verȉna, s. f. – verina, cavo munito di gancio (cr. kružni zapetljaj konopa); inverinar 'aggrovigliare, ingarbugliare' [da «verina»] (PIN), verina 'anello che si forma su una corda' [dim. di vera] (DOR), verina 'cavo di canapa o di acciaio munito di ganci ad una estremità che serve per maneggiare la catena dell’ancora' (ROS), viréina (ROSR.) vuȏta, s. f. – nodo parlato (cr. vrzni uzao); parlar (ROSLg.) 'per brevità così chiamasi nella marina mercantile il nodo parlato' (ROSLg.) buciẽ, s. m.122 – bozzello, carrucola (cr. paranak); bozèl (MIO), bozzèlo (BOE), bozel (DOR, PIN, ROSC.), bozèlo (ROSZ.), buzèlo (ROSZ.), buzèl (ROSve.), buselo (ROSG.) tȁljica, s. f. – taglia, paranco di due bozzelli (cr. manji paranak); taglia 'un istrumento meccanco composto di carrucole per muovere pesi grandi' (BOE), tagia 'carrucola' (DORchiogg.grad., ROS), taia (DOR123, ROS) vȉnć, s. m. – verricello (cr. vitlo); vìnc124 (MIO), vinc' (DOR, ROSR.), venc' (ROSR.) veinc' (ROSR.), vericelo (ROSG.), vinz (DOR125) grȕja, s. f. – gru (cr. dizalica); grua 'diversi pezzi di legname appartenenti al vascello che ordinariamente sporgono fuori del bordo' (BOE), grua (DOR, ROSM.Cap.Pir.Ctn.ve.Z.), gruia (ROSF.), gruga (ROSC.), gru (ROSRag.) laškȃti, v. – lascare (cr. popustiti konop); lascàr126 (BOE, MIO), lascâ (ROSG.R.), lascar 'allentare il cavo' (PIN, ROSPir.Ctn.C.F.Z.), lascar127 'diminuire la tensione di una corda' (DOR) pjumbȃti, v. – fare l’impiombatura di due cavi (cr. spojiti dva konopa preplitanjem njihovih niti na mjestu spajanja); far la piombadùra 'unione dei capi di due funi' (MIO), (im)piombàr una corda (BOE), piombar (ROSLg.), impiombâ e impiombar 'unire due corde per le loro estremità' (PIN, ROSLp.), piombar [piombadura 'piombatura di corde'] (DOR) sȉdro, s. n. – ancora (cr. sidro), ancora (BOE), àncora [dal lat. anc(h)ora, a sua volta dal gr. ágkyra] (DOR), ancora (PIN, ROS), sidro (ROSC.) 122 Il plurale della parola è bucȅli. 123 Cfr. lat. mediev. talia, tailia, tagia, genov. tagia e piem. taila 'carrucola'. 124 Il grafema finale c si legge /tʃ/. 125 Attestato anche in ven.-dalm. e bis. 126 Parlando di costume 'rilassare'. 127 «Lascar la zima!» 'allenta la corda!', dal lat. laxāre. 34 VI. PESCA ceruãda, s. f. – incerata, giaccone con pantaloni in tessuto impermeabile (cr. ribarsko nepropusno odijelo); incerà 'tela con cui si coprono i boccaporti per impedire che la pioggia o l’acqua non entri nell’interno della nave' (BOE), inserada 'tela incerata' (ROS), insarada (ROSR.) montȕra, s. f. – tuta da lavoro blu per i pescatori (cr. plavo ribarsko odijelo); montùra 'divisa militare' (MIO, DOR128), montura 'divisa militare' (BOE, ROS), montura 'divisa, uniforme' (PIN) pȍšta, s. f. – posta, zona di pesca (cr. lovište ribe); pòsta (MIO), posta (PIN), posta (ROSLg.Rag.), posta 'tipo di rete fissa usata per la cattura del tonno e altre specie ittiche sotto Santa Croce' (DOR) rȅnj, s. m. – posto dove si iniza a calare le reti (cr. mjesto gdje se spušta mreža) kusiẽrba, s. f. – cooperazione di più navi della stessa azienda che condividono la pescata tra di sé (cr. zajednica više brodova čiji se ulov dijeli na jednake dijelove) škȗr, s. m. – periodo in cui i pescatori lavorano129 (cr. period u kojem ribari love); scùro de luna 'novilunio' (MIO), scuro de la luna (BOE), scuro de luna (ROSMf.) ūžbȃ, s. f. – periodo in cui i pescatori non lavorano130 (cr. period u kojem ribari ne love) vagũn, s. m. – misura del pescato di 10 tonnellate (cr. mjera za 10 tona ulovljene ribe) ćap(iv)ȃti, v. – acchiappare (cr. hvatati, uloviti); ciapàr 'prendere' (MIO), ciapar 'acchiappare' (DOR, PIN), chiapàr in rede131 (BOE) bȁja, s. f. – baia, tinozza di plastica per conservare pesce (cr. plastična velika kanta); bàia (MIO), baia (ROSG.R.), baia 'la tina che a bordo si usa per la lavanda' (PIN), baia132 'tinozza dove si conserva il pesce appena pescato, prima di selezionarlo e immetterlo nelle cassette' (DOR), bagia (DOR) 128 È un neologismo militare. 129 Dura 20 giorni circa, dal primo all’ultimo quarto lunare; la luna nuova è in mezzo a questo periodo. 130 Dura 10 giorni circa, inizia 3 o 4 giorni prima del plenilunio e dura per altri 6 o 7 giorni. 131 V. s.l. rede. 132 Dal fr. baille, parola marinaresca delle zone genovese, livornese e veneziana (compresa Grado). 35 kašȅta, s. f. 133 – cassetta (cr. sanduk za ribu); caseta (DOR, ROS), casa (ROSC.M.Cap.Ctn.G.) lampijȗn, s. m. – lampara134 (cr. veliko svjetlo pod kojim se u moru skuplja riba); lampara 'grossa lampada installata a bordo delle barche per la pesca delle sardele; la barca stessa attrezzata con detta lampara' (DOR), lampara 'il metodo di pesca con lamapare subacquee che attirano i pesci nelle reti' (ROSPar.), lampion 'fanale, lampione' (DOR) armȋž, s. m. – attrezzi per ormeggiarsi, ormeggio, attrezzature per pescherecci (cr. oprema ribarskog broda); armìzo (BOE), armiẓo o armiṣo (DOR), armìșo (MIO), ormìșo (MIO), armizo (PIN), armiʃi (ROSM.Cap.Pir.Ctn.), armiʒʃi (ROSC.), armo 'attrezzi e equipaggio' (PIN), armo 'armamento, equipaggio' (DOR) uȁrti, s. f. (pl.) – attrezzi di pescatori (cr. ribarski alat i oprema); arte 'strumenti e arnesi di pescatori' (BOE), arte135 [pl.] 'reti' (ROSG.) mrȉža, s. f. – rete (cr. mreža); rede (DOR, PIN, ROS), rède (MIO) bitȉca, s. f. 136 – annello (cr. željezni prsten na mreži); vèra 'anello per il coltrinaggio' (MIO), verina 'anelletto' (ROS) kavicuã, s. m. – gavitello (cr. plutača koja označuje položaj potopljene mreže); gavitelo (BOE, DORG.F.), cavidel (DORPir.Lg.), cavitel (ROSM.Lp.), gavedèl (MIO), gavitel 'il capo della gomena' (PIN), gavitel 'galleggiante utilizzato per segnalare dove è stata gettata l’ancora o la rete' (DOR) pijumbȋn, s. m. – piombino, peso della lenza (cr. olovo za mrežu); piombìni (MIO), piombàe e piombini [pl.] 'piombi de la rede' (BOE), piombin [nel mugl. plumbin 'filo a piombo'] (DOR), piombin (ROSC.), pjόmbin (ROSRag.), piombo (ROSM.Cap.Pir.Ctn.F.C.ve.Z.), piombà e piumbi [pl.] (ROSG.) šȕvar, s. m. – sughero (cr. plutača); sùro (MIO), suvro (ROS), sùgaro (ROSF.), suro [attestato anche in vic.ant.padov. (zuro), pol.venez.trevis.veron. (sóaro, sóvaro)] (DOR), suro (PIN) tiẽg, s. m. – fili intrecciati a maglie, materiale di base per le reti (cr. mrežno oko ispleteno od konca, osnovni materijal za izradu mreže, mrežni teg) 133 Kašetivȃti significa 'selezionare pesce e mettere le cassette piene una sull’altra'. 134 Con il significato 'grande lampara per pescare; barca dotata di tale lampada; rete alla deriva' (ZI). 135 V s.l. rede. La voce arte è usata dai non pescatori. 136 Anello, nel dialetto ven. vera, si riferisce ad un qualsiasi cerchietto di metallo. Le varianti regionali croate per ‘l’anello matrimoniale’ sono vera e vira. Esiste anche la parola vitica. Bitica è evidentemente derivata da vitica. 36 nȁpa, s. f. – rete senza anelli, piombini e sugheri (cr. mrežni teg bez prstenova, olova i pluta); napa 'telo interno del tramaglio' (ROSLg.Lp.) agȃnjač, s. m. – gancio137 (cr. kuka u obliku slova “S”138); gànzo (MIO), ganzo (BOE, ROS), ganzo [d’origine turca gang’a] (DOR), ganso (ROSG.) rokiẽ, s. m.139 – rocchetto di filo (cr. klupko konca za krpanje mreža); rochèlo 'rocchetto di filo' (MIO), rochelo 'colombiere nell’albero della nave' (ROSLp.), rochel 'colombiere, parte inferiore dell’albero della nave' [dim. di roca 'conocchia, mucchietto di lana, lino o canapa avvolta sulla rocca per filarla'] (DOR) fijȅrsa, s. f.140 – pezzi della rete141 (cr. komad mreže); fersa [dal genovese del XV sec.] (ROSLp.), sf(i)ersa (ROSR.), fijorsa (ROSRag.) lokȍća, s. f. – cucitura dei due pezzi di rete (cr. šav nastao spajanjem dvaju komada mreže) poplȉćati, v. – fare gli orli della rete (cr. zarubljivati krajeve mreže) sakȃma, s. f. – parte della rete più forte (cr. najdeblji i najjači dio mreže) srdȗn, s. m. – parte forte della rete, quella vicino al fune con piombino o sughero (cr. čvrsti dio mreže, uz konop s olovom ili plutom) talȗn, s. m. – parte iniziale o finale della rete (cr. početak ili kraj mreže) kumbȗlj, s. m.142 – groviglio di reti (cr. zamršeni kup ribarske mreže) barakȗda, s. f. – barracuda (cr. vrsta mreže od prozirnog najlona, visoka oko 2m, dobra za lov trlja) kanaštrêla143/ plȉvarica, s. f. – sardellara, lampara, menaide (cr. plivarica); sardelèra (MIO), sardelara (ROS), sardelera (DOR, ROS), sardeler (ROSG.), saccaleva (ROSPir.), 137 Nella lingua italiana standard, aggancio è 'l’insieme di gianci' (ZI). 138 Si usa quasi sempre nel rammendare le reti da pesca. 139 Il plurale della parola è rokȅli. 140 In it. la parola ferzo significa 'strisce di tessuto che formano la vela' (cr. komad tkanine za jedra). 141 La rete è composta da più fijȅrse cucite insieme. 142 Skok ha attestato che il significato di konvoj 'gruppo di navi' deriva dal ven. convoie > it. convoglio. Anche se c’è la possibilità che la parola derivi sia da canastrel (ROSLp.), canastriel (ROSR.), canestrel (ROSG.) con un significato di 'anello formato con un pezzo di corda, senza alcun nodo', sia da canestrel 'piccolo canestro' (DOR) perché la rete ha una forma simile ad esso, sia da canestrèli (BOE, DOR), sorta di conchiglia, secondo Skok il nome di quel tipo di rete (cioè piccola plȉvarica) è croata. 143 37 saccoleva (ROS), sardelara (DOR), menàide (ROSCap.), melàida 'pesca del pesce azzurro' [attestato anche a Cap.Mf.G.Lp.] (DOR), tarantèla (MIO) puruȃra, s. f. 144 – guadino (cr. mrežasta vreća na metalnom obruču s dugačkom drškom) kȍća, s. f. – cocchia, rete tirata da due barche (cr. koča); cocìa (MIO), cochia (BOE), cocia 'rete a strascio con bocca larga e terminante a sacco, detta anche tartana' (DOR, PIN), cόcia [tartana se tirata da una barca] (ROSC.ve.), còcia (ROSG.Ctn.), tartana145 (ROSMf.) palanduȃra, s. f. – palamitara (cr. mreža za ulov palamidi); palandàra 'rete per la palamita' (MIO, ROSRag.), palandara (ROSLg.Lp.), palandera (ROSLg.Lp.) popunuȃna, s. f. – tramaglio (cr. popunica); popòna e popòniza 'rete trimagliata da insacco' (MIO), popόna (ROSLp.ve.), popònize (ROS), bombine e gombine (ROS), tramaio (ROSPir.) sklatuȃra, s. f. – squadrara (cr. mreža za ulov landovine); paselera (DOR, ROSG.R.), paselèra (MIO), squainera (DOR) trȁta, s. f. – sciabica, rete a strascio (cr. tramata); trata146 (BOE, DOR, ROSM.Cap.Pir.Ctn.G. C.Lp.ve.) tunuȃra, s. f. – tonnara, rete per la pesca del tonno (cr. tunolovka); tonàra (BOE, MIO), tonara (DOR, ROS) bȕskavica, s. f.147 – tipo di rete per la pesca del latterino (cr. gavunara); gavonèra (MIO), agonara e agoner(a) (ROS), anguelera (ROS), gavonera (ROSLp.), gavunara (ROSRag.), aguner (ROSR.), aguniera (ROSR.) ruȃgul/ pobȗk, s. m. – pertica per spaventare pesci (cr. pobuk, ribarski alat za plašenje ribe); piston 'imbuto di legno o lamiera fissato ad un’asta di legno per spaventar il pesce col batterlo in acqua' (ROS) 144 I pescatori la usano per rimuovere il pesce o altre cose dalla rete o dal mare. Probabilmente dal croato oprara 'piccola rete a strascico che viene trascinata a mano impugnando i due bastoni fissati ai lati esterni'. 145 Tartana nel dizionario di Boerio viene descritta come 'barca peschereccia' e in quello di Doria come 'nave grossa'. 146 Nei dizionari di Boerio e Doria si trova s.l. rede. Skok ha cercato di determinare l’etimologia della parola croata bucati spiegandola con gli esempi di alcune parlate (ad es. di Vrgada) dove essa ha un significato di 'colpire la superficie del mare'. Ribati na buc 'pescare a buc' (esempio di Pederin, della parlata di Kučište) significa 'pescare con uno strumento di legno col quale i pescatori percuotono l’aqua', affinché i pesci impauriti fuggano nella rete. A Kali questo strumento è chiamato pobuk o ruagul. Da lì deriva il nome della rete con la quale si pescavano gli anguelli bucavica. Sull’isola di Vrgada (secondo Skok), e a Kali, questa rete è chiamata buskavica. Inoltre, in it., buscarle, nel linguaggio fam. ha un significato di 'essere percosso, prendere botte' (ZI), ma l’etimologia di questa parola rimane incerta. Questo tipo di rete si usava per la pesca del latterino, in cr. gavun; da qui il nome croato gavunara. 147 38 ispobukȃti, v. – modo di pescare, battere la superficie del mare con la pertica (cr. strašiti ribu pobukom da uđe u mrežu) istiẽgnuti, v. – tirare fuori la rete dal mare (cr. dignuti mreže iz mora); tiràr su (BOE148), tirar (PIN, ROSM.Cap. Pir.Ctn.), tirâ (ROSG.) kalumivȃti, v.149 – calare la rete (cr. puštati mrežu da preko ruku klizi u more); calumàr 'calare una gomena da bordo' (MIO), calumàr le corde e le gomene 'allentarle o tirare un cavo da un luogo all’altro' (BOE), calumar 'allentare le gomene' (PIN, ROS), calomar (ROSCtn.), calumȃ (ROSPir.), calumâse (ROSG.R.), calumar 'abbassare, assestare' [significato originario 'far scorrere all’esterno di un’imbarcazione una fune d’ormeggio o da rimorchio', derivato da caloma 'corda stramba per gettare la nassa'] (DOR), calar la rede (ROS), meter zo150 (BOE) kaluȃda, s. f. – fase di pesca con la sardellara (cr. zapas mreže kod ribolova plivaricom); calàda 'calo, calata' (MIO), calada 'l’atto di calar le reti per pescare; il tempo che corre tra il gettare e salpare la rete' (ROS) vȉra, escl., virȁti, v.151 – tirare fuori la rete, (cr. diži, vuci mreže!); vira!, viràr (BOE), virâ (ROSCap.Ctn.), virar (ROSCap.Ctn.), ʒirâ (ROSG.), ʃirâ, -ar (ROSPir.), virada 'virata, girata di una nave, o di un cavo o di una gru' (DOR); v. istiẽgnuti, p. 38 salpȁti, v.152 – stringere la rete prima di sollevarle (cr. zbiti mrežom ribu prije dizanja na palubu); salpàr 'levar l’ancora dal mare' (BOE), salpar [significato antico era quello di 'andar via, partire'] (DOR), salpar (ROSCap.Ctn.C.Z.), salpâ 'tirare su la rete, ma anche levare l’ancora, sciogliere gli ormeggi e partire' (ROSG.R.) šumȃti, v.153 – circondare pesci con la rete (cr. zapasati, mrežom zatvoriti, zaokružiti ribu) ocrvȋti/ očrljȃti, v. – tingere le reti da pesca (cr. obojati ribarsku mrežu) filošpȁnja, s. f. – filo di plastica (cr. plastična nit, flaks); fil de Spagna (ROSF.Z.T.) ȕdica, s. f. – amo (cr. udica); àmo (MIO), amo (DOR, ROSG.F.Z.R.C.M.Cap.), amo 'uncino d’acciaio' (BOE), am (ROSmugl.) 148 V. s.l. rede. 149 Lo stesso verbo con il prefisso is-, iskalumȃti, vuol dire 'calare la rete metro dopo metro nel mare'. 150 V. s.l. rede. 151 In it. vira!, virare 'modificare direzione'. 152 In it. salpare l’ancora 'dignuti sidro'. 153 Secondo Skok, deriva dall’it. assumere. 39 jȅška, s. f. – esca (cr. meka, mamac); esca (BOE), èsca (MIO), ésca (ROSve.Z.Rag.), iésca (ROSF.Lp.C.), lésca (DOR, ROSG.M.Cap.Pir.Ctn.) kanjuȃra, s. f. – amo per i piccoli pescecani (cr. udica za kanjce); càna (MIO), cagnera 'rete per pescare piccoli pescecani' (DOR, ROST.) paranguã, s. m./ špuȃzi, s. m. (pl.) – parangalo, arnese da pesca con molti ami (cr. parangal); parangàl (MIO, PIN), parangàlo (BOE), parangàlo (PINvenez.), parangal (ROSM.Cap.Pir. Ctn.G.F.C.ve.Z.), palangar (ROSLg.Lp.); v. špuȃg, p. 33 (s)kȍsavica, s. f. – totanara, fuso (cr. pušča, udica za lignje i sipe); pus’cia (ROSM.F.C.Ctn.), pùs’cia (MIO, PIN), totaniera (ROS) tȕnja, s. f. – togna (cr. tunja); tògna (MIO), togna (BOE, PIN), togna 'lenza' [attestato lungo le coste venete e nell’Italia meridionale] (DOR), togna [dal gr. mediev. apetonía] (ROSG.Cap. Ctn.M.F.ve.T.) uȏsti, s. f. – fiocina (cr. osti); fòsina (MIO, DOR, ROSM.Ctn.G.F.C.ve.Z.), fòsena (DOR, ROSCap. Pir.), fiòsina (DOR, ROS), fùsena (DORdign.), fiòzina (DORA.) 40 6. ANALISI DEL CORPUS Come è stato già menzionato, la stratificazione lessicale della terminologia marinaresca croata è molto complessa. La terminologia marinaresca è composta di vari sostrati e di elementi lessicali diversi. Županović154 (cfr. 1998: 37) ha suddiviso il lessico marinaresco e peschereccio croato secondo l’origine come segue: 1. termini invariabili, derivati dai sostrati mediterranei: greco>dalmatoromanzo>croato. Questo processo è caratteristico della maggioranza dei popoli mediterranei, 2. termini greci entrati attraverso il dalmatoromanzo, che ha influenzato alcune parlate dei dialetti croati della Dalmazia, 3. termini presi dai Dalmato-Romani, le cui tecniche marinaresche erano ben sviluppate, adattati alla struttura linguistica croata, 4. termini che sono un risultato dei contatti con i popoli dell’Italia meridionale, 5. termini entrati in croato durante il dominio della Repubblica di Venezia. Siccome il territorio di Zara già allora aveva il vocabolario marinaresco assai ricco, ha risentito meno dell’influsso veneziano, ma comunque contiene tracce di tale contatto, 6. termini di origine croata. Deanović (1996-1977: 169-170) invece riconosce 3 strati principali delle parole croate. Il primo è di origine slava (sia croata sia proveniente dal latino o a volte dal greco), il secondo è formato dalle “voci che i Latini mutarono dai Greci“ e il terzo strato è infatti formato dai prestiti più numerosi, “provenienti dal veneto che da queste parti sottentra al medievale dalmatico“. Seguendo i principi predetti, nell’analisi del corpus ho rivelato che soltanto circa il 26% dei termini non sono di origine romanza (di cui più della metà sono di origine slava o preslava). Una parte minore (circa il 4%) appartiene agli strati più antichi, al tardo latino e dalmatico, mentre una parte maggiore è divisa tra il veneto e l’italiano (circa il 70%). Lo strato slavo è formato dai lessemi “principali“ della terminologia marinaresca e peschereccia, che gli antichi popoli slavi conoscevano come primi e che avevano portato con sé (Deanović, 1996-1997: 168; Malinar, 2004: 301; Županović, 1998). Le parole della parlata di Kali che appartengono a questo strato nel mio corpus sono parecchie (vȅtar, jȕgo, žvȉhalj, japȓk, muȏre, kruȃj, korȉto, krmȃ, pȍstelja, ocrvȋti, mrȉža, ȕdica, uȏsti, ȉdro, ȍtok, krȗg ecc.). 154 Lo strato romanzo al quale appartengono i termini che i Croati hanno preso dai Dalmato-Romani, che erano intermediari di parole greche, viene suddiviso in dalmatico, veneziano e italiano meridionale (1998: 23). 41 In alcuni prestiti di questo strato, l’etimo slavo del lessema della parlata di Kali è uguale a quello del croato standard: krmȃ – cr. krma, ȍtok – cr. otok, ȉdro – cr. jedro; gli altri, invece, diversificano: ocrvȋti – cr. obojiti, ćȗh – cr. povjetarac. Dato che non c’è bisogno di presentare tutto il materiale analizzato, in seguito vengono citati soltanto alcuni esempi appartenenti agli strati romanzi. 6.1 Analisi etimologica dei prestiti Secondo Muljačić (Šimunković, 2009: 58), dovrebbe essere decisiva “l’ultima linguafonte dalla quale provengono gli elementi entrati nell’altra lingua”, così segue l’analisi etimologica dove cercheremo di stratificare i romanismi secondo il principio dell’etimologia prossima. 6.1.1. Strato preveneto Le varietà romanze autoctone della Dalmazia, complessivamente chiamate il dalmatoromanzo o dalmatico, formano lo strato romanzo preveneto. Muljačić (2000: 396) distingue jadertino (la cui varietà è vegliotto), raguseo e labeatico. Il jadertino è la varietà del dalmatico parlata a Zara e sulle isole circostanti. Alcune parole d’uso quotidiano nella parlata di Kali sono riconducibili al dalmatico: kusiẽrba, sklatuȃra (da sklat che è riflesso dalm.). Attraverso il dalmatoromanzo alcuni termini, sia tardo latini sia grechi, sono entrati nella parlata di Kali: uȁrti < lat. ars, artis, kȕlf < riflesso dalm.< gr. kόlpos > ven./it. colfo – golfo, organȉje < dalm. < gr. ὂrganon, surgȁt < rl. dalm. < lat. surgere, trȁta < rl. dalm. < lat. tracta, mȕl < rl. dalm. < lat. moles. L’analisi ha rivelato un termine, attestato solo sull’isola di Ugljan e come toponimo sull’Isola Lunga, che secondo Skok e Vinja, potrebbe essere un relitto istroromanzo paštȗra < lat. pastus 'pascolo'. Per alcune parole non è facile stabilire se provengono dal dalmatoromanzo o dal veneto. Ad es., la parola jarugȏla sembra più vicina alla forma veneziana antica arguola, mentre in alcune parlate croate esiste la forma argutula che è di origine dalmatoromanza. La forma latina era ergela, a sua volta dal gr. ergátes. 42 6.1.2 Strato veneto Il materiale lessicale raccolto per questa ricerca dimostra una percentuale significativa dei prestiti veneti. Nella zona dell’arcipelago zaratino, lo strato dalmatoromanzo era assai stabilito, e perciò il nuovo strato veneto rispetto ad esso prima era adstrato. Poi, con l’espansione del dominio veneziano è diventato il sostrato. Dal veneziano in Dalmazia si è sviluppato il veneto-dalmata che è la varietà più vicina alla parlata di Kali quando si tratta dei prestiti veneti. Anche se è difficile dire a quale varietà del veneto appartengono alcune parole, l’etimo veneto-dalmata in alcuni casi si può risconoscere se la voce non è attestata in uno dei dizionari del dialetto veneziano, ossia da qualche tratto fonetico-fonologico, morfonologico o semantico (Gačić, 2007: 56). Per alcuni termini abbiamo trovato i modelli veneto-dalmati: ćap(iv)ȃti < ven.-dalm. ciapàr, mȕnkul < ven.-dalm. màncoli, meštraluȃda < ven.-dalm. maestralàda, neverȋn < ven.-dalm. neverìn, pajuõ(l) < ven.-dalm. paiòl, koćȅta < ven.-dalm. cocèta, gabȉna < ven.-dalm. gabìna. Nel dizionario veneziano di Boerio sono trovati i seguenti possibili modelli: trmuntuȃna < ven. tramontana, špalmȋn < ven. spalmèo, kȁlma < ven. calma, bonȁca < ven. bonazza, kanuã < ven. canal, bankȉna < ven. banchìna, na bȁndu < ven. andar alla banda, peškȁti < ven. pescar, lamarȋn < ven. lamarin, feruãl < ven. feràl. Per di più, il veneziano è stato mediatore per alcuni termini francesi (gabȉna, grlȋn, koćêta, madĩr), inglesi (kȍper) o arabi (havarȉja). Il centro commerciale dell’Adriatico nell’Ottocento si è spostato a Trieste e così un certo numero di prestiti triestini entra nelle parlate della sponda orientale. Tuttavia, nella parlata di Kali ne sono entrati pocchissimi, ad esempio: lampijȗn < tr. lampion, piketȁti < tr. pichetar, filošpȁnja < tr. fil de Spagna. Invece, il triestino ha avuto un ruolo di intermediario per alcuni termini come ad es. per il termine inglese blȁk < tr. blac < ingl. black, entrato attraverso le etichette sui prodotti. Alcune parole del materiale raccolto si riscontrano soltanto nel dizionario di Rosamani: ciklȗn < ven.(G.) ciclon, ruȃz < ven.(Lp.) raso, provȉšta < ven.(F.C.Z.) proviste, nȁpa < ven.(Lg.Lp.) napa. 43 Anche se il veneto era anche la lingua ricevitrice degli elementi croato-dalmati, gli elementi veneti in croato sono di gran lunga più numerosi e più importanti che quelli che ne abbia ricevuto (Bartoli, Vidossi, 1945: 20; Ljubičić, 1991-1992: 122). Nel giornale zaratino Narodni list del 1887 è attestato che il nome della rete popunuâna, tra tanti altri, è il nome croato usato anche “nel dialetto italiano-dalmata“ (Šimunković, 2009: 88). 6.1.3 L’italiano Assieme al triestino, particolarmente nell’Ottocento, anche parole italiane entrano in croato e nei dialetti croati, “perché nelle città risiedevano gli impiegati di origine italiana che non parlavano altra lingua oltre l’italiano” (Šimunković, 2009: 61). L’italiano standard, come l’unica lingua fonte, ha fornito soltanto un prestito nella terminologia marinaresca di Kali: barakȗda < it. barracuda, e per altre due parole non possiamo dire con certezza che sono i prestiti dall’italiano standard, anche se non sono trovate in nessun dizionario del dialetto veneto: kvartȋr (it. quartiere), balaȕstra (it. balaustra). Per molte parole, invece, è difficile trovare l’etimologia prossima perché la stessa forma esiste nella lingua italiana standard e nel dialetto veneto: fortunã(l) < it. fortunale, ven.-dalm., ven. fortunàl, tr. fortunal; brȁga < it., ven., tr. braga; laškȃti < it. lascare, ven.-dalm., ven. lascàr, tr. lascar, ed altri. La parola kavicuã è entrata nella parlata di Kali da un dialetto italiano settentrionale cavedel < lat. capitelli > tal. gavitello. Se la forma di una parola è diversa in italiano standard e dialetto veneto, la parola di Kali è, di regola, più vicina a quella veneta come in esempi brȉva < ven. briva // it. abbrivio; pojuȃti < ven.-dalm. poiàr // it. poggiare. 6.2 Caratteristiche dei prestiti romanzi La maggioranza dei prestiti romanzi sono probabilmente entrati oralmente nelle parlate croate e secondo Gusmani (2004: 94) sono chiamati prestiti diretti. Siccome i Croati, arrivati sulla costa, non avevano le proprie parole per tutti i concetti e oggetti, hanno avuto bisogno di “prestare” molte parole dai Romani. Tappolet ha chiamato questo tipo di prestiti i prestiti di necessità (Šimunković, 2009: 57-58). La confermazione dell’ipotesi che i sostantivi sono più disponibili al prestito (Šimunković, 2009: 58) si vede dal numero maggiore di essi (136) nel corpus analizzato. Seguono i verbi (27), locuzioni avverbiali (2) ed un aggettivo. Tutti i prestiti trovati hanno 44 subito alterazioni fonologiche, morfologiche o semantiche, e con ciò si intende che sono prestiti integrati o adeguati (Dardano, 2005: 131). Il materiale raccolto ha rivelato alcuni esempi di due varianti allotrope usate dagli informatori. Nei casi in cui nella parlata di Kali già esisteva la parola croata, il prestito ne è diventato sinonimo: ovrimenȉti e rašćuarȁti, ćȗh e buȃva, škȁf e korȉto, pȍstelja e koćêta, sȉdrina e surgadȉna. La maggioranza delle voci italiane stanno accanto a quelle croate. Però, in alcuni casi può avvenire il contrario (Ljubičić, 1998: 21). Così, i più giovani informatori danno la precedenza alle voci croate ćȗh e pȍstelja, mentre gli anziani usano frequentemente i prestiti veneti, buȃva e koćêta rispettivamente. Inoltre, il significato specifico del prestito koćêta 'comodino legato al letto sulla nave' è infatti usato regolarmente anche dai giovani. È interessante che il prestito rašćuarȁti venga usato dagli informatori di ogni età, sostituendo il suo sinonimo croato ovrimenȉti. Nelle parlate croate si trovano spesso due parole da cui una proviene dall’italiano standard e l’altra dal veneziano. Se prendiamo in considerazione l’ipotesi etimologica di Vinja e Skok155, nel corpus raccolto ce n’è un esempio barȁti < it. barra (d’acqua) e ruazȁti < ven. raso. Lo stesso prestito può entrare in una lingua due volte con due significati linguisticostilisticamente diversi (Ljubičić, 1998: 25). Nella parlata di Kali, la parola mȁkina, probabilmente derivata dal ven. machina, significa 'motore navale' e anche 'apparecchio', per lo più 'rasoio elettrico' o 'macchina da cucire'; la stessa parola, proveniente invece dalla voce italiana macchina, entrata nella parlata con la diffusione del gergo giovanile (di solito di Zagabria o di Spalato) ha assunto un significato di ‘automobile bella o costosa’ (cfr. ivi.). Succede molte volte che due parole vengano prestate dallo stesso dialetto: kȁlma < ven. calma e bonȁca < ven. bonazza, jȅlica < ven. élica e propȅla < ven. propela, paranguã < ven. parangàl e špuȃzi < it. spago. Ci sono anche allotropi provenienti dalla stessa parola d’origine romanza, ma con una pronuncia diversa. Ciò è probabilmente risultato della pronuncia difettosa o delle varietà sociali dei parlanti di Kali: kȕlaf e kȕlf, konuã e kanuã, bukapȍrta e pokapȍrto. Nella terminologia marinaresca raccolta, sono presenti anche alcune parole che derivano dagli stessi etimi romanzi, creando un’altra parola con significato diverso: ven. spàgo > špuãg 155 Qui v. p. 21, s.l. barȁti. 45 špuȃzi; oppure che aggiungono gli affissi è hanno diverse sfumature del significato: ven. armàr > uȁrmati razuȁrmati, ven. levante > levȁnat levantarȗn. I termini analizzati si possono suddividere in quelli che hanno origine dall’etimo romanzo che è diverso dal croato standard: ven. nevera > neviẽra // cr. oluja, ven. voga > vȍga // cr. veslaj, ven. armar > uȁrmati // cr. opremiti; e in quelli che hanno origine dall’etimo romanzo che è uguale al croato standard: ven. mandràcio > mandrȃč // cr. mandrač, ven. posta > pȍšta // cr. pošta, ven. gomena > gȕmina // cr. gumina. 6.3 Integrazione linguistica I cambiamenti fonologici e morfologici, più o meno significativi, sono risultato dell’integrazione linguistica, dove la lingua ricevitrice spesso cerca di adattare gli elementi prestati al suo sistema linguistico che cambiarlo con innovazioni (Ljubičić, 1998: 17). Tutti i prestiti del corpus si sono adattati al sistema linguistico croato di Kali. Adattamento fonologico Nel maggior numero di casi le vocali rimangono inalterate. Comunque, l’analisi ha rivelato alcuni cambiamenti vocalici: /a/ > /u/ ven.-dalm. màncoli > mȕnkul /e/ > /i/ ven. seca > sȉka, ven. gòmena > gȕmina /e/ > /a/ ven. sentìna > santȉna /o/ > /u/ ven. rèfolo > rȅful, ven. timòn > timȗn, ven. bora > bȕra /u/ > /o/ it. cuccetta > ven.-dalm. cocèta156> koćȅta, ven.-dalm. calùmo > kalom caduta delle vocali: /a/ > 0 ven. tramontana > trmuntuȃna /e/ > 0 ven. gherlino > grlȋn aggiunta delle vocali: 0 > /a/ ven. gancio > agȃnjač dittonghi: /ai/, /ae/ > /e/ ven. maistral, maestral > meštruã /ie/ > /i/ 156 tr. madier > madîr Nel dialetto ven.-dalm. /u/ è già cambiato in /o/. 46 nei suffissi: –on(e)/ –an > –un –olo > –ul(o) ven. ciclon > ciklȗn, ven.-dalm. ragàn > lagȗn ven. rèfolo > rȅful. I cambiamenti sul piano dell’inventario consonantico sono meno rari: /dz/ > /c/ ven. zima>cȉma, ven.-dalm. òrzar > orcȁti > /ž/ ven. bordizàr > burdižȁti > /z/ ven. raso > ruȃz /ts/ > /c/ ven. terzariol > trcaruõl, ven. bonàza > bonȁca /n/ > /nj/ ven. gancio > agȃnjač /r/ > /l/ ven.-dalm. rimorciàr > lemurćȃti /s/ > /š/ ven. squero > škviẽr, ven. pescar > peškȁti, ven. morsa > muȏrša /ʃtʃ/ > /š/ > /šć/ /z/ > /ž/ ven.-dalm. ras'ciàr > zarašȁti ven. s'ciarìr > rašćuarȁti ven.-dalm. armiṣàr > armižȁti L’unico esempio del cambiamento di /m/ > /n/ davanti alla labiale /b/ ven. imbroio > inbrȏj. Il fonema /j/ si aggiunge all’inizio di una parola che inizia con /e/ accentata: tr. èlice > jȅlica, ven.-dalm. èsca > jȅška, oppure tra due vocali che fanno un iato: ven. grua < grȕja. Nello stesso caso si può inserire anche il fonema /v/: ven. boa > buȏva. I dittonghi /j+vocale/ vengono sciolti in /ij+vocale/ (ven. siàr > šijȁti, ven. siòn > šijȗn, ven. avaria > havarȉja). Adattamento morfologico e derivazione Molti sostantivi mantengono il suffisso romanzo157: -etto/a: ven. parapetto > parapȅt, it. cassetta > kašȅta, -ada: ven.-dalm. maestralàda > meštraluȃda, -in: ven. borìn > burîn, - ina: tr. verina > verȉna, -ela: ven. portèla > portela, ed altri. Alcuni sostantivi di genere maschile perdono le desinenze -e od -o: it. catrame > katrȃm, ven. scafo > škȁf. Oltre a ciò, in alcune parole viene introdotta a secondaria (mobile) per evitare una sequenza di consonanti: it. levante > levȁnat, it. porto > porat. Il morfema italiano -e nei sostantivi al femminile, viene sostituito dal corrispondente croato -a ven. vale > vȁla. La parola dalm. arte > uȁrti rimane al femminile plurale, anche se il morfema grammaticale -e cambia in -i. 157 Qui v. p. 12. 47 I prestiti del corpus di origine romanza, penetrati nella parlata di Kali, hanno conservato il loro genere e il numero primitivi. Il cambiamento dal genere maschile al femminile è successo nella parola ven. ponentazzo > pulintȁčina, e dal femminile al maschile nella parola it. corrente > korenȁt. Nell’adattamento dei verbi i suffissi vengono aggiunti secondo le regole della lingua ricevitrice: la desinenza dell’infinito -ar(e) in croato diventa -ati: ven. viràr > virȁti; ven. salpàr > salpȁti, tr. armizar > armižȁti; mentre -ere ed -ire diventano -iti158: it. partire > puȃrtiti. L’aspetto verbale imperfettivo si raggiunge con l’aggiunta dell’infisso -iv-: ven.dalm. ciapàr > ćap(iv)ȃti, ven. calumàr > kalumivȃti. L’aspetto perfettivo si raggiunge con l’aggiunta dei prefissi raz-, che indica una fase iniziale dell’azione che passa alla fase finale (rašćuarȁti < ven. s'ciarìr), e za-, che indica l’inizio dell’azione (zarašȁti < ven. ras'ciàri). L’unico aggettivo del corpus, ćuȃro < ven.-dalm. ciàro, si è adattato senza l’aggiunta dei suffissi. Ci sono pochi locuzioni avverbiali ed esclamazioni prestati dall’italiano o dai dialetti italiani. Da quelli raccolti, tutti sono rimasti morfologicamente uguali ai loro modelli: alȃj < ven.-dalm. a lài, šijavuȏga < ven. sìavόga, ossia mȍla < ven. mòla, vȍga < ven. voga. Tra le parole analizzate, sono trovate alcune composte dove gli affissi croati sono aggiunti alla voce veneziana: tȁljica (parola d’origine veneziana taglia + suffusso cr. -ica), izneverȁti (preffisso cr. iz- + parola d’origine ven. neviẽra (< nevèra). Più numerose sono le parole croate con i suffissi veneziani: -in/ina: južîn, luađȉna, morȉna; -ura: melȗra, ecc. Cambiamenti semantici Il significato del prestito può rimanere uguale nella lingua ricevente, ma può anche essere modificato. Il numero dei significati o l’area semantica possono essere ristretti (Filipović, 1986: 180). Se avviene la restrizione dell’area semantica, si tratta della specializzazione semantica (Ljubičić, 1998: 19). Il significato di una parola dipende dai fattori sociolinguistici: è necessario spiegare un concetto sconosciuto o nuovo (Ljubičić, 1998: 18). Alcuni esempi del restringimento del significato sono: ven. riva 'costa' > rȉva 'parte del porto arredata, spesso un palcoscenico degli eventi sociali'; 158 Tranne puȃrtiti 'partire', in questo corpus non è trovato nessun verbo in –iti, ossia –ere/ire. 48 ven. partìr 'allontanarsi, mettersi in viaggio verso una determinata destinazione' > puȃrtiti 'salpare, partire dal luogo dell’ancoraggio'; tr. pichetar (1) 'dare colpi leggeri e ripetuti', (2) 'punteggiare con piccoli tocchi di colore', (3) (mar.) raschiare dalle lamiere la vernice e la ruggine prima di procedere a nuova verniciatura' > piketȁti 'pulire la ruggine picchiettandola'; it. balaustra 'struttura a colonnette, collegate da un basamento e una cimasa, che serve da parapetto o divisorio' > balaȕstra 'parapetto di una nave'. Inoltre, la lingua ricevitrice può creare i significati nuovi delle parole che si adattano completamente al sistema linguistico ricevitore. In questo caso succede l’estensione del numero di significati, oppure dell’area semantica: ven. cocèta 'letto di bordo' > koćêta (1) 'letto di bordo', (2) 'l’inseme d’assi di legno del letto', (3) 'comodino di bordo'. L’estensione del numero dei significati può essere influenzata da metonimia, metafora, peggioramento del significato ed elissi (cfr. Sočanac, 2004: 188, 211-15). Infatti, è più probabile che il prestito prenderà il significato dispreggiativo (Filipović, 1986: 159-60): ven. seca 'sassi grossi che per poca acqua sono pericolosi ai naviganti' > sȉka (1) 'sasso grosso nel mare', (2) 'isola priva di abitanti, oppure non affollata, che è di regola rocciosa e minore dell’isola di Ugljan', (3) (spreg.) 'isola selvaggia abitata dalla gente primitiva'. Il termine škȗr, che proviene dall’aggettivo italiano scuro, trovato anche nel sintagma veneto scuro de la luna 'novilunio, fase iniziale della lunazione nella qualle la luna resta invisibile', ha esteso il significato a 'periodo in cui i pescatori lavorano'. Qui è difficile parlare dell’estensione dei significati perché questo termine per dire 'il novilunio' oggi si sente raramente. Nel passaggio interlinguistico può succedere che la parola modello cambi completamente il suo significato: ven. viràr (vira!) 'modificare direzione' > virȁti (vȉra!) 'tirar fuori la rete'. Alcune parole venete entrate nella parlata di Kali hanno perso il suo significato principale relativo alla navigazione o alla veleggiatura, e hanno preso un significato simile, ma relativo alle reti, ossia alla pesca: 49 tr. fersa 'strisce di tessuto che formano la vela' > fijȅrsa 'pezzi cuciti insieme che formano la rete'; ven. salpàr 'levar l’ancora dal mare' > salpȁti 'stringere la rete prima di sollevarla'; ven.-dalm. calumàr 'calare una gomena da bordo' > kalumivȃti 'calare la rete'. 6.4 Calchi linguistici La presenza del biculturalismo e bilinguismo plurisecolari è visibile di più nei calchi linguistici dove si traduce soltanto la forma interna (struttura o articolazione semantica) della lingua modello mediante parole già esistenti nella lingua replica, o si manifestano nel rapporto d’imitazione, mentre la forma esteriore non si prende. Il calco strutturale è assai raro, proprio perché nella lingua ricevente si deve riprodurre “non solo la motivazione formale, ma anche il suo archetipo semantico” (Šimunković, 2009: 93). Secondo Vinja, la parola kruȃjna ricalca la voce italiana cima 'apice, estremità' che significa anche 'cima di un cavo' (cr. kraj konopa). Il calco fraseologico è l’imitazione di un gruppo di parole appartenenti ad una lingua straniera la cui interna espressione viene interpretata nella lingua fonte. Anche se, secondo Muljačić, è difficile dire con assoluta certezza che qualcosa sia un calco (Šimunković, 2009: 92), nel corpus marinaresco di Kali si riscontrano i sintagmi che hanno la stessa motivazione extralinguistica. Ci sono alcuni frasemi nominali composti da un elemento croato ed un altro italiano: mȑtve bȃnde – ven. opera morta, dȅbelo muȏre – ven. mar grosso. Una locuzione preposizionale composta dagli elementi ibridi na bȁndu molto probabilmente ricalaca l’espressione veneta alla banda. I modelli veneziani di mȑtve marȅte potrebbero calcare le espressioni veneto-dalmate ònda rebataìza 'onda morta' o mar morto. 50 7. CONCLUSIONE In questa tesi ho voluto presentare i romanismi entrati nella parlata ciakava di Kali appartenenti al campo semantico della cultura marinaresca e peschereccia. Partendo dal vocabolario di Kalipedija, ho fatto l’analisi lessicologico-etimologica che è basata sui dati raccolti nell’inchiesta degli informatori. Innanzitutto, per sistematizzare i risultati dell’analisi bisogna riprendere le ipotesi formulate nella tesi. Plurisecolari contatti linguistici, culturali e politici tra le due sponde adriatiche sono la ragione principale di una massiccia presenza di parole di origine romanza. In alcuni dialetti croati, forti legami economici e commerciali, soprattutto con Venezia e Trieste, hanno permesso alla lingua italiana di entrare in tutte le sfere della vita sulla sponda orientale dell’Adriatico. Ne ha risentito anche Kali, situata nelle vicinanze di Zara, uno dei secolari centri della Dalmazia. Quest’influsso è stato così forte che non è potuto sparire nonostante gli influssi del croato standard, particolarmente in settori come marina, edilizia ed archittetura, commercio e cucina. Del numero totale di 217 termini pescherecci e marinareschi raccolti a Kali, quasi tutti usati giornalmente dai pescatori, addirittura l’81% sono di origine romanza. Una parte minore appartiene allo strato preveneto (tardo latino e dalmatico), anche se l’etimologia prossima di questi termini non si può determinare con certezza perchè spesso esistono le forme simili venete. Tuttavia, la fonte più frequente dei romanismi marinareschi nella parlata di Kali è il veneziano. L’ipotesi è stata validata, con la prevalenza dei venezianismi che fanno più della metà del corpus analizzato. L’analisi ha rivelato che i più numerosi appartengono al sottocampo delle imbarcazioni il cui numero raggiunge il 93% di tutti i termini che appartengono a questo sottocampo, seguono la navigazione con l’87%, la meteorologia con l’81%, la geomorfologia con il 69%, il mare con il 59% e la pesca con il 58%, tutti adattati al sistema fonologico e morfologico ciakavo di Kali. Se il significato di alcune parole della parlata di Kali è diverso dal loro equivalente nel croato standard, esso è di regola più vicino a quello di una parola del dialetto veneto che non dell’italiano standard. Inoltre, le due varianti delle voci allotrope che hanno l’origine romanza avranno di solito il significato uguale, mentre quelle di cui una proviene dall’etimo slavo avranno sfumature diverse. In conclusione, bisogna tener conto che l’analisi dell’influsso straniero non può essere mai completamente accurata perché dipende da varie condizioni linguistiche e dalle varietà sociali (età, sesso, provenienza, classe sociale ed economica, livello di istruzione del parlante) che determinano le loro scelte nell’uso di lessico, morfosintassi e accento, soprattutto perché il lessico è anche una creazione individuale della propria parlata. Oltre a quanto è stato detto, 51 dopo l’analisi del corpus sono giunta alla conclusione che l’uso di quasi tutte le parole d’origine romanza è in uso ancora oggi, con minimi cambiamenti di significato. 52 ABBREVIAZIONI Dizionari e vocabolari ALTMI G. Filipi, B. Buršić Giudici – Atlante linguistico della terminologia marinaresca delle parlate istriane, 2013 BOE G. Boerio – Dizionario del dialetto veneziano, 1856 DOR M. Doria – Grande dizionario del dialetto triestino, 1984 MIO L. Miotto – Vocabolario del dialetto veneto-dalmata, 1984 PIN G. 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Zingarelli – Vocabolario della lingua italiana, 2010 Abbreviazioni varie ant. – antico p. – pagina loc. avv. – locuzione avverbiale pl. – plurale agg. – aggettivo qlc. – qualcosa cfr. – confonta rl. – relitto contr. – contrario s. – sostantivo dim. – diminutivo s.l. – sotto il lemma escl. – esclamazione spreg. – spregiativo f. – genere femminile term. mar. – terminologia marinaresca fam. – familiare trans. – transitivo m. – genere maschile v. – verbo mediev. – medievale v. – vedi opp. – opposto 53 Città e paesi, lingue e dialetti A. – Albona lat. – latino A.cont. – termini italiani usati dagli slavi Lg. – Lussingrande bbbbbbb nella zona di Albona Lp. – Lussinpiccolo ancon. – anconitano M. – Muggia ar. – arabo Mf. – Monfalcone bellun. – bellunese mugl. – muglisano bis. – bisiacco padov. – padovano biz. – bizantino Par. – Parenzo buie. – buiese Pir. – Pirano C. – Cherso pol. – polesano Canf. – Canfanaro prov. – provenzale Cap. – Capodistria R. – Rovigno chiogg. – chioggiotto Rag. – Ragusa cr. – croato sic. – siciliano cra. – Craglietto ve. – vegliotto Ctn. – Cittanova valsug. – valsuganotto dalm. – dalmatico ven. – veneto dign. – Dignano ven.-dalm. – veneto-dalmata F. – Fiume ven.-giul. – veneto-giuliano fr. – francese venez. – veneziano friul. – friulano veron. – veronese G. – Grado vic. – vicentino gr. – greco volg. – volgare grad. – gradese trevis. – trevisano I. – Isola T. – Trieste ingl. – inglese tr. – triestino it. – italiano z. – Zara 54 BIBLIOGRAFIA Anić, Vladimir... 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Hrvati i more: od koga Hrvati naučiše ribarstvo i ribarsku terminologiju?, vol. IV: Ribarska terminologija. Zagreb: AGM Sitografia Enciclopedia Treccani. http://www.treccani.it/enciclopedia/ ultimo accesso 20/5/2016 Kalipedija: [rječnik govora mjesta Kali], http://www.kalipedija.net/rjecnik/rjecnik.html, ultimo accesso 20/4/2016 Mali gajetin glosar, http://www.latinskoidro.hr/glosar.html, ultimo accesso 20/4/2016 Rječnik [govora mjesta Ugljan], http://www.ugljan.org/rjecnik, ultimo accesso 20/4/2016 Stare ribarske riječi i njihova značenja, http://narodni.net/stare-ribarske-rijeci-njihovaznacenja/, ultimo accesso 20/4/2016 59 APPENDICE Fig. 1 Le basi navali sulle due sponde dell’Adriatico, cartolina pubblicata nel 1918 circa (Ivetic, 2014) Fig. 2 Karȍc (p. 29) Fig. 3 Tȁulac (p. 29) 60 Fig. 4 Parti delle imbarcazioni (p. 28) Fig. 5 Bozzelli con Fig. 6 Argano (p. 31) gancio (p. 34 e 37) Fig. 7 Sartie e stralli (p. 33) Fig. 8 a) Parlato (p. 34) b) Doppio parlato (p. 33) Fig. 9 Impiombatura dei cavi (p. 34) Fig. 10 Rete per la pesca con la lampara (p. 36) Fig. 11 Rete a strascio rimorchiata da un peschereccio Fig. 12 Trata, sciabica (p. 38) 61 Fig. 13 Sciabica da natante (p. 38) Fig. 14 Tramaglio (p. 38) Fig. 15 Parangalo (p. 40) 62 Canzone con termini marinareschi scritta nella parlata di Kali Blaž Ricov Gajeta U spomin svimin Kualjanimin, Buog ih pomilova ča su puartili na moru. Zašaburuaj, rasušena gajeto Ki te je u skraču zahiti, meju zbičje, ruj i mrtu Čiguov te je jid natiegnu, na grandele pustoga žuala, na otin groblju mrtvih maret Pravi, reci, tumbuana dolidrobun, prelomljene kolumbe, rasporenih madirov na kušinu sluane Mučiš, prez pajuolov, prez juargole i ko da se tikuaš Ne moru te više prilipci ni gujbe ni riesa, zgorila si ih na suncu Nego, i dalje gušteraš vragu češati popluat Di su ti bokaporte, zakrpano jidro, vesla, sidro ruzinavo Povidaj, zavikni! Neka uzviknjivaju vale, sike, neka prene Kali, neka počinu Kale, neka štrkne besida jistine prez tvoje buže, neka je vetar uduahne svakomu živomu čeljadinu Govori, kruto zarukni, puartili su kumpuari pu raja. I dokle tkoli u tebi kumferi mrva duše, zera kuraja, bi ćeš kaštiguana, čičera, suama A za ja, ve je, muči, vazmi zduaha ča više muaha Svorcuaj, zakrči kua te je neviera, ki te je ciklun, na ki te je kamik Zajuači nesrićo da mukama jenua tuga olabavi A di su ti uarti, masarija, di je ruagul, ferua, uosti švorljivi, svića Di su vrše, uze, špuazi Muko moja, prez mriž, prez timuna, prez bruzina, latenih pijatov, zlice, peruna Di je mezarulin, damnjana, a žulji, paruade, izglođena katinela, kurbaška hćeri frajunice Sve si pohljibila, sve si muoru duala Viči, izderi se, neka te svuas svit čuje Neka zatindi, je li ki zatufinji, je li ki afamua, je li žveljarin fermua, su li štrige, oli je ono niko Di ti je juarbu, di su kabuni, di su puarti od pošt, o bruakov, a di mi je didov leroj i lula, di mi je štegla didova besida. Duoškali smo iz godišća u godišće s luminum pri Majkun Božjun i zuavitom svetomu Lovri I u muki ti sika, izmoli se je ki znua po ki put Očenuaš za puokoj duš Jedna ne bila Katram ti je iscuri, brukve popadale, drivo izbišavilo, a još vajk mučiš Izbišavilo drivo prokljatoga jimena. 63