Riflessioni sulla cerimonia del Solstizio d`Inverno

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Riflessioni sulla cerimonia del Solstizio d`Inverno
Riflessioni sulla cerimonia del Solstizio d’Inverno
Dopo l’apertura dei lavori, alla domanda del M.V. se il lavoro sia sufficiente per ottenere la
Luce, il 1° Sorvegliante risponde che il lavoro da solo non basterebbe: è necessario che sia
affiancato dalla Ragione perché attraverso essa l’uomo è riuscito a comprendere la natura. La
ragione rappresenta per l’uomo ciò che il sole rappresenta per la terra 1.
Se dunque la ragione equivale al sole, perché il Tempio non può essere ancora interamente
illuminato? Perché sarà necessario l’intervento dell’Amore?
Un primo indizio lo troviamo nella risposta dell’Oratore: la ragione non è riuscita a guidare l’uomo
verso la sua liberazione; attraverso la scienza l’uomo ha sì scoperto i segreti della natura ma è
stato distolto dal suo essere e l’ha utilizzata per costruire il suo dominio sugli altri 2.
La scienza ha dunque snaturato l’uomo facendolo cadere in una sorta di delirio di onnipotenza e
per tale motivo dovrà intervenire Amore in quanto Bellezza, Forza generatrice e Saggezza.
In questo scambio di battute tra l’Oratore, il Maestro Venerabile e il Primo sorvegliante, subito
dopo l’apertura dei lavori, è racchiuso tutto il dibattito sulla conoscenza che ha visto contrapporsi
Illuminismo e Idealismo, determinismo e complessità: il metodo scientifico è l’unico valido per
giungere alla conoscenza e per tale motivo va applicato a tutti gli ambiti del sapere o è uno dei
metodi possibili?
Il dibattito prende le mosse da Kant che individua il metodo di conoscenza per eccellenza in quello
scientifico. Lo afferma chiaramente nella seconda prefazione alla Critica della ragion pura: se lo
scienziato facesse osservazioni a caso, raccoglierebbe solo dati sterili senza giungere a leggi
universali di cui la ragione ha bisogno; la ragione invece vede solo ciò che essa stessa produce
secondo il proprio disegno: ciò significa che lo scienziato dopo aver osservato il fenomeno, fa
l’ipotesi sulla possibile spiegazione e infine la conferma o smentisce attraverso l’esperimento. Se
mancasse l’ipotesi non ci sarebbe legge universale 3.
La presunzione di Kant è di aver ridotto il metodo di conoscenza a quello scientifico della
matematica e della fisica classica, il metodo che per conoscere deve divide per poi ricostruire:
d’altro canto ragione deriva dal latino ratio che a sua volta è la radice comune di raziocinio e di
razionare; il termine latino ratio, però, traduce il greco λόγος che ha un significato molto più
ampio (ragione, discorso; parola) e che Eraclito individua come principio supremo della realtà;
indica dunque il Tutto, l’Intero e non è un caso che il Primo Sorvegliante all’Ara legga l’incipit del
Vangelo di Giovanni: In principio era il λόγος.
11
“Se l’uomo ha potuto progredire, se è giunto a padroneggiare le forze più ribelli della natura, e se ad uno
ad uno a questa misteriosa natura strappa i segreti più nascosti, è grazie alla ragione. Il lavoro e la ragione
formano un’unità organica:senza il lavoro la ragione non esisterebbe: senza la ragione, non vi sarebbe
lavoro costruttivo. Come la luna che brilla nella notte ci fa scoprire il sole, così il lavoro ci svela la luce della
ragione. La ragione è per l’uomo ciò che il sole è per la terra.” Rituale per la cerimonia del Solstizio
d’Inverno, pag.4.
2
“La Ragione non ha avuto la forza di guidare l’uomo verso la sua liberazione. La scienza gli ha fatto
scoprire numerosi segreti della natura, ma lo ha distolto dal suo essere ed è stata utilizzata per costruire il
suo dominio sugli altri con la forza, il terrore e la minaccia della distruzione.” Ibidem.
3
“Quando Galilei fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato, con un peso scelto da lui stesso […] fu
una rivelazione luminosa per tutti gli investigatori della natura. Essi compresero che la ragione vede solo
ciò che lei stessa produce secondo il proprio disegno, e che, con princìpi de' suoi giudizi secondo leggi
immutabili, deve essa entrare innanzi e costringere la natura a rispondere alle sue domande; e non lasciarsi
guidare da lei, per dir così, colle redini; perché altrimenti le nostre osservazioni, fatte a caso e senza un
disegno prestabilito, non metterebbero capo a una legge necessaria, che pure la ragione cerca e di cui ha
bisogno”. Immanuel Kant, Critica della ragion pura, Bompiani, Milano 2004, p.31.
Kant, ha relegato la ragione al compito di dividere per poi riunire, perdendo di vista il Tutto: lo
scienziato nell’esperimento sceglie di mettere in relazione i dati che ritiene più significativi in base
all’ipotesi, non tutti i possibili dati, ma così studia un modello non la realtà. E questo perdere di
vista il tutto ha portato l’uomo al suo delirio di onnipotenza. Sezionare un essere vivente per
comprendere l’origine della vita ci fa trovare la morte; sapere che esistono cellule staminali
totipotenti e pluripotenti ci ha portato a stabilire quali embrioni possano essere distrutti a fine di
ricerca e quali no. Non sto discutendo sugli scopi né voglio esprimere un giudizio in merito,
piuttosto chiedervi di riflettere in base a quale principio stiamo riconoscendo o negando
personalità all’embrione umano? Siamo sicuri che basti una differenziazione tra capacità
riproduttive di cellule per segnare il confine della vita e il diritto alla vita? Non stiamo invece
perdendo di vista il valore della vita? E la stessa vita, siamo sicuri di averne compreso appieno il
senso quando non abbiamo fatto ancora la sua esperienza ultima, la morte? Equivale più o meno
ad affermare che il colore verde sia solo quello che percepiamo noi vedenti e non quello percepito
dai non vedenti attraverso gli altri sensi. A noi è preclusa la loro esperienza, perché se anche
diventassimo ciechi ricorderemmo il colore, eppure, quello dei ciechi, è un modo di rappresentarsi
il “verde” e se potessimo unire le due esperienze, forse potremmo conoscere un po’ di più quel
colore.
Dobbiamo dunque lasciarci alle spalle l’idea che la ratio del metodo scientifico possa essere
applicata a tutti gli ambiti del sapere.
Una rete invisibile ci connette con un Tutto di cui noi siamo parte integrante; la Ragione ci guida
nel cammino verso la conoscenza, un cammino che non avrà mai fine perché guidato da Amore,
inteso come relazione con l’altro; Amore ci dà consapevolezza dei nostri limiti: scoprire le leggi che
regolano la natura non significa poter dominare la Natura senza alcuna ripercussione nei nostri
confronti, perché noi siamo in relazione con essa; allo stesso modo pensare di dominare un altro
popolo non significa che non avrà conseguenze anche per noi: due guerre mondiali sono state il
ritorno che abbiamo avuto dall’imperialismo e ciò purtroppo non è bastato a insegnarci la lezione,
ciò che oggi sta succedendo è sotto gli occhi di tutti.
Lungo questo cammino avremo bisogno di Forza, intesa anche come forza generatrice, io
aggiungerei anche forza generatrice del dubbio: rimetterci in discussione sempre, liberarci da
credenze, preconcetti, falsi moralismi ci permetterà di andare avanti.
Infine, avremo bisogno di Saggezza, l’aristotelica phronêsis, la virtù dianoetica per eccellenza,
intesa come capacità di deliberare bene, ovvero di trovare i mezzi più efficaci (azioni da compiersi
o da evitarsi) per attuare un fine buono (non un fine qualsiasi, altrimenti sarebbe semplice abilità,
o astuzia).
Ho detto