Scheda di sintesi
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Scheda di sintesi
critgiudizio.doc materiale didattico a cura di P. Carmignani page 1 di 5 Scheda di sintesi: Kant Critica del giudizio 1790 Pubblicata da Kant dopo le atre due critiche (1781 e 1788) completa l’indagine già avviata rispetto alla facoltà della ragione in generale. Nella prima Critica Kant ha affrontato il tema della conoscenza pervenendo alla conclusione che la ragione umana è limitata dall’esperienza1; l’intelletto costituisce il mondo dell’esperienza unificando il molteplice dell’intuizione sensibile sotto le categorie a priori. Il mondo fenomenico che ne risulta può essere compreso solamente alla luce delle leggi della causalità meccanica. Questo significa che il mondo fenomenico (della conoscenza) è concepito dalla ragione assolutamente sotto il principio della necessità causale; non c’è alcuno spazio per la libertà. Nella seconda Critica Kant affronta il tema della morale e disegna un mondo della volontà in cui si può postulare la libertà, lasciando intendere che la ragione possa orientare il comportamento umano in assoluta autonomia2. Nella Critica del Giudizio Kant vorrebbe riuscire a conciliare i due mondi, ovvero quello dell’esperienza caratterizzato dalla necessità, e quello della morale caratterizzato dalla libertà. Se nel primo mondo ad agire è la ragione e nel secondo è la volontà, Kant concepisce una terza facoltà il sentimento che dovrebbe fungere da mediatore fra i due mondi spiegando il passaggio dall’uno all’altro, pur rispettandone l’autonomia. Per Giudizio Kant intende la facoltà del giudicare; essa è diversa dai giudizi cognitivi che esprimono proposizioni in cui avviene l’unione di due concetti: soggetto e predicato. Il giudicare di cui parla ora Kant è qualcosa di diverso: esso significa pensare il particolare sotto un universale. Ciò può avvenire in due modi: a) pensare il particolare sotto una legge universale data, come avviene nel mondo della ragion teoretica (conoscenza): in questo caso il giudizio è determinante3. Il giudizio determinante è costitutivo perché si applica un universale ad un oggetto particolare ( che viene dunque compreso in esso, ovvero viene costituito). L’oggetto è concepito sotto una legge universale. b) Muovere da un particolare alla ricerca di un universale in cui comprenderlo: in questo caso il giudizio è detto riflettente. L’universale non è dato ma deve essere cercato, il giudizio è riflettente e funge da guida per il soggetto che inizia da un particolare che deve essere sussunto sotto un universale che non è dato, ma che deve essere cercato 1 l’unico uso legittimo delle categorie è quello empirico, la natura non può essere conosciuta che in conformità alle forme a priori. 2 la libertà è la conditio sine qua non della morale. L’uomo poiché può agire secondo la ragione (ovvero moralmente) eleva la sua condizione dalla semplice naturalità alla personalità. 3 I giudizi cognitivi e scientifici sono tutti determinanti perché gli oggetti sono “determinati” mediante le forma e priori (spazio, tempo, categorie) critgiudizio.doc materiale didattico a cura di P. Carmignani page 2 di 5 . Tale giudizio si chiama riflettente perché, secondo Kant, riflette su una realtà che è già stata determinata appunto dal giudizio determinante. La facoltà che Kant studia nella terza critica è il sentimento, cioè la facoltà deputata a produrre giudizi sentimentali o riflettenti; esso permette all’uomo di fare esperienza di quella finalità del reale che è stata postulata ma che non può essere dimostrata sul piano fenomenico. L’esigenza che il sentimento esprime consiste nel riuscire a pensare il mondo secondo un principio universale che soddisfi il sentimento stesso (esigenza dunque del soggetto) e che consiste nel “principio di armonia e di finalità”. Concepire il mondo, ovvero la realtà fenomenica che è già stata determinata in base al principio di causalità, secondo un principio diverso di armonia e di finalità che lo interpreti e per dargli (al mondo) un ordine di armonia ed un senso (ovvero una finalità). Concepire il mondo in questo modo, avverte Kant, è una esigenza del sentimento ovvero del soggetto, non è una dimostrazione che il mondo fenomenico è così. È l’uomo che ha bisogno di pensare al mondo come un tutt’uno armonico per concepirlo in modo finalistico. Nel 1786 Kant aveva scritto Principi di una Metafisica della Natura in cui, fra l’altro affronta il tema della natura organica. Pensare alle parti di un organismo secondo un rapporto meccanicistico di causa/effetto è limitativo. Pensiamo per esempio ad un organismo pluricellulare complesso come il corpo umano; la scienza meccanicistica mi spiega la sua complessità ricorrendo al principio di causalità che, per Kant, non soddisfa la mia esigenza di interpretarla secondo un criterio idoneo al mio bisogno di pensare le cellule armonicamente interagenti e operanti secondo un fine. L’uomo, attraverso il sentimento, soddisfa la sua necessità di non ridurre il mondo a meccanismo, ma di pensarlo armonicamente concepito e finalisticamente orientato. La facoltà che permette all’uomo di fare esperienza di ciò è il sentimento. I giudizi riflettenti che sono giudizi sentimentali puri, cioè derivano dall’apriori della nostra mente e non dall’esperienza, si dividono in estetici e teleologici. Nel giudizio estetico noi viviamo intuitivamente la finalità della natura, nel giudizio teleologico viviamo la finalità della natura concettualmente, cioè mediante la nozione di fine. Il giudizio estetico riguarda l’analisi del bello e del sublime. << Per decidere se una cosa sia bella o no, noi non poniamo, mediante l’intelletto, la rappresentazione in rapporto con l’oggetto, in vista della conoscenza; la rapportiamo invece, tramite l’immaginazione (forse connessa con l’intelletto), al soggetto e al suo sentimento di piacere e di dispiacere. Il giudizio di gusto non è pertanto un giudizio di conoscenza; non è critgiudizio.doc materiale didattico a cura di P. Carmignani page 3 di 5 quindi logico, ma estetico: intendendo con questo termine ciò il cui principio di determinazione non può essere che soggettivo. >> (I. Kant, Critica del giudizio, a cura di A. Bosi, U.T.E.T., Torino, 1993, p. 179) Kant parla del bello in relazione al soggetto, o meglio a quella facoltà del soggetto che si chiama gusto (facoltà di discernere il bello). Non esiste per Kant un’idea data di bellezza, essa si riferisce sempre al gusto della persona. Kant definisce il bello in 4 modi, ognuno secondo un gruppo di categorie; per semplificare diciamo che per kant : bello è ciò che piace in modo disinteressato e che pretende di valere universalmente pur in assenza di un concetto. Kant distingue il bello dal piacevole. Il piacevole riguarda ciò che piace in modo interessato (ad es. quando guardo un/a bel/la ragazzo/a e dico che è bello/a oppure quando dico che il vino di Scansano è piacevole) il mio sentimento non riguarda la forma pura della bellezza, perché è interessata la sensibilità, tale giudizio è sì estetico ma empirico. I giudizi estetici empirici sono individuali (de gustibus non est disputandum). I giudizi estetici puri, invece, hanno la pretesa di valere universalmente e scaturiscono dalla pura contemplazione di un oggetto. Quando dalla contemplazione pura di un oggetto ne sostengo, con la facoltà del gusto, la bellezza, traggo da ciò un piacere puro, disinteressato, e pretendo che esso sia riconosciuto anche da tutti gli altri; desidero che tutti concordino e provino questo piacere puro. Kant spiega ciò con il fatto che gli uomini sono dotati di una comune struttura mentale; dal libero gioco di fantasia (= immaginazione) ed intelletto essi si rappresentano un oggetto che risponda alle esigenze intellettuali e che, allo stesso tempo, produca un senso di armonia. Questo processo è simile in tutti gli uomini proprio perché hanno una comune struttura mentale. << Il bello ed il sublime concordano in questo, che entrambi piacciono per se stessi. Entrambi inoltre non presuppongono un giudizio dei sensi od un giudizio logico determinante, ma un giudizio riflettente; di conseguenza, la soddisfazione non dipende da una sensazione, come nel caso del piacevole, né da un concetto determinato, come nel caso della soddisfazione dipendente dal buono, ma tuttavia viene riferita a concetti, sebbene indeterminati. La soddisfazione è pertanto legata alla mera presentazione, o alla facoltà relativa, in modo che la facoltà di presentazione, o immaginazione, in una data intuizione, viene considerata in accordo con la facoltà dei concetti dell'intelletto o della ragione, la cui attività essa promuove. Per questo, inoltre, entrambi i giudizi sono singolari, ma si presentano come universalmente validi per ogni soggetto, sebbene critgiudizio.doc materiale didattico a cura di P. Carmignani page 4 di 5 pretendano solo al sentimento del piacere e non alla conoscenza dell'oggetto.>> I. Kant, Critica del giudizio, Torino, Utet, 1993, pp; 219-221 Rivoluzione copernicana estetica Consiste nel fatto che, per Kant, non esiste la bellezza come qualità dell’oggetto, ma come giudizio (estetico) che il soggetto dà dell’oggetto stesso. La facoltà del giudizio è quindi legislatrice. La natura per Kant non è bella in sé, ma è bella perché è sottoposta al giudizio estetico. Siamo noi che valorizziamo esteticamente la natura giudicandola in modo da pensarla secondo un ordine di armonia e di finalità. Accanto al bello Kant propone il sentimento del sublime. Friedrich Schiller : “ Si chiama sublime un oggetto alla cui rappresentazione la nostra natura fisica sente i propri limiti, nello stesso tempo in cui la nostra natura ragionevole sente la propria superiorità, la sua indipendenza da ogni limite: un oggetto rispetto al quale siamo fisicamente deboli ma moralmente ci eleviamo sopra di esso con le idee” È il sentimento che proviamo quando ci troviamo di fronte ad un immenso paesaggio naturale o ad uno smisurato evento di forza naturale; dapprincipio si avverte un senso di dispiacere immediato per la nostra piccolezza e debolezza di fronte alla smisuratezza dell’evento che la nostra immaginazione non riesce ad abbracciare; ma ad esso segue un piacere che proviamo quando acquisiamo la consapevolezza del fatto che la nostra ragione è in grado di concepire un’idea d’immensità e/o di potenza superiori a quelle naturali. In senso pascaliano è la consapevolezza del pensiero che rende l’uomo superiore alla natura stessa. Kant distingue fra un sublime matematico (di fronte all’immensità della natura) ed un sublime dinamico (di fronte alla potenza della natura) 4. Arte È l’agire di chi liberamente produce un’opera. Tutti gli uomini sono in grado di apprezzare il bello dell’arte, ma solo il Genio è in grado di realizzare il bello in un oggetto. Il Genio è il talento che dà la regola all’arte, ovvero è l’unico in grado di produrre oggetti che fungano da modelli per l’arte. Esso è il tramite fra la natura e l’arte: “il genio è la disposizione innata dell’animo (ingenium) per mezzo della quale la natura dà la regola dell’arte”. La capacità del genio è assolutamente spontanea, inimitabile ed incomunicabile, né dimostrabile scientificamente. Il Giudizio teleologico << Facendo riferimento ai princìpi trascendentali, si hanno buone ragioni per ammettere una finalità soggettiva della natura nelle sue leggi particolari, in vista della sua intelligibilità da parte del Giudizio umano, e della possibilità di connettere le esperienze particolari in un unico sistema. Ma che le cose della natura stiano tra di loro in rapporto di mezzo a fine, e che la loro stessa possibilità si possa comprendere a sufficienza solo mediante tale tipo di causalità, l’idea 4 Leggere brano dalla Critica del Giudizio in Abbagnano–Fornero pag 728-730 critgiudizio.doc materiale didattico a cura di P. Carmignani page 5 di 5 generale di natura, come insieme degli oggetti dei sensi, non ci dà nessun motivo di pensarlo. [...] Si applica tuttavia con ragione il giudizio teleologico alla ricerca naturale, almeno problematicamente; ma solo per sottoporla, seguendo l’analogia con la causalità secondo fini, a princìpi di osservazione ed investigazione, senza pretendere di poterla spiegare. Esso appartiene dunque al Giudizio riflettente, non a quello determinante. [...] >> (I. Kant, Critica del Giudizio, a cura di A. Bosi, Torino, UTET, 1993) È un giudizio riflettente che risponde all’esigenza umana di pensare alla complessità del mondo secondo il concetto di fine. È anche in questo caso un’esigenza soggettiva e non una rappresentazione fenomenica (empirica) del mondo. La concezione teleologica del mondo non risulta dall’esperienza, ma dal giudizio sentimentale che soddisfa l’esigenza propria dell’uomo di concepire il mondo in modo finalistico. Questo giudizio svolge una funzione euristica5 cioè di metodo per la ricerca di leggi particolari della natura non spiegabili in termini semplicemente meccanicistici. Il finalismo è un concetto regolativo e non determinante. Esso dice Kant ha la funzione di “promemoria critico” che da un lato ci rammenta i limiti della concezione meccanicistica e, dall’altro, ci ricorda l’intrascendentalità dell’orizzonte fenomenico e scientifico. 5 Euristica, dal verbo greco heuriskein (“trovare”). In generale, euristico è ogni procedimento che permette di condurre a nuove conoscenze e a nuove scoperte (la filosofia è dunque un procedimento euristico, in questo senso). Nell'ambito della scienza contemporanea, l'euristica è il metodo che favorisce la scoperta di nuovi risultati scientifici. Il procedimento euristico è un metodo di approccio alla soluzione dei problemi che non segue un chiaro percorso basato su specifiche teorie universalmente conosciute, ma si affida all'intuito di chi cerca una soluzione e allo stato temporaneo delle circostanze.