` ` “dei demoni e degli esorcismi”
Transcript
` ` “dei demoni e degli esorcismi”
Doss Dossier Lo spettacolo della Renata Pisu “dei demoni e degli esorcismi” I demoni sono tra noi, il demone spesso è la nostra passione che ci porta all’accecamento. Passione che ci possiede come, appunto, ci possiede un demone. M Ma di quale passione si tratta? L’amor di patria, se ci acceca, può diventare un demone, così la fede nel nostro credo religioso se ci porta all’intolleranza per la religione altrui, così la convinzione della superiorità della nostra civiltà rispetto a tutte le altre. Sono demoni che ancora minacciano di possederci, spesso si impadroniscono di noi all’improvviso, noi diremmo contro la nostra volontà. L’esorcista che potrebbe liberarci dalla loro malefica influenza pronuncia invano parole che dovrebbero scacciarli, parole di giustizia, libertà, fratellanza. ti: in un campo profughi del Sì, so che non dovrei usare Burundi ho visto una ragazquesto “noi” perché i de- zina con indosso una camimoni non siamo noi, noi cetta nera di velo con dei non “demonizziamo”il ne- lustrini rossi scintillanti, una mico: noi non abbiamo ne- vecchia con un abito di tela mici. Noi siamo coloro che jeans che le arrivava sopra non soffrono , i “fortunati”, al ginocchio, un ragazzo con e ci commuoviamo alle sto- una giacca bianca con i botrie e alle immagini dei pati- toni d’oro, tutti capi di vestiario che noi abbiamo menti degli “infelici”. Però spesso il demone si in- donato a una qualche assosinua dentro di noi, ci sug- ciazione umanitaria e che loro indossano. gerisce dei distinVolentieri? guo, dei dubbi. L’esorcista che Certo, in manAnche noi, spesso, potrebbe liberarci d e m o n i z z i a m o dalla loro malefica canza d’altro… Questi diversi da l’Altro anche se influenza non lo chiamiamo pronuncia invano noi sono diversi anche perché viil Nemico. parole che vono in posti dodovrebbero ve non ci sono le Apriamo un giorscacciarli: strade, come da nale, accendiamo giustizia, il televisore. libertà, fratellanza. noi, non ci sono bar e ristoranti Immagini e racdove ci si possa conti di guerre, tumulti, sommosse, riguar- sedere a bere qualcosa. dano quasi esclusivamente Questi diversi, quando sono uomini e donne che sono di- stanchi, si accoccolano per terra, non si sdraiano su di versi da noi. Vestono in modo diverso o una poltrona. hanno addosso i nostri scar- Noi pensiamo che a loro ‘ ‘ 2-3/02 24 sier la demonizzazione Andando in giro per lavoro, a raccontare le catastrofi del mondo negli ultimi dieci anni del secolo che è appena finito, mi sono resa conto che per i diversi anche noi siamo diversi, cioè che chiunque può diventare il diverso quando il demone lo suggerisce. E se il demone è particolarmente cattivo, il diverso diventa il Nemico. Come osservatrice dei diversi ho sempre tentato di non 25 ‘ Immagini e mantenere almeprendere posiracconti di guerre, zione a favore tumulti, sommosse, no la faccia truce per il gusto di un diverso riguardano quasi della sfida e per rispetto a un esclusivamente non sentirsi del altro. uomini e donne tutto vinta. Non è facile, che sono diversi E invece lo è. alcune volte, da noi. Un militare con i in alcune precise situazioni, è molto dif- capelli lunghissimi fino alle ficile. L’indignazione per spalle, grandi baffi spioventi, quello che vedi ti obbliga a un berretto rosso in testa, le armi in pugno, passeggia per prendere posizione. Mi spiego meglio facendo il il corso principale e dice che caso della Bosnia: durante lui combatterà fino alla morquell’orrendo conflitto, spe- te per salvare la sua terra. cie a Sarajevo assediata, non Un ragazzo in borghese ha ho potuto fare a meno di il passamontagna calato sul stare dalla parte dei bosnia- volto. Perché? Risponde. ci musulmani contro i Serbi. “Perché sono un criminale di Ho demonizzato i Serbi? guerra, non voglio essere riForse sì, forse pur non vo- conosciuto”. “Hai ucciso?” lendolo ho abbracciato an- “Può anche darsi”… ch’io la tesi che loro fossero Al mercatino del centro la gente ci guarda con sospetil Nemico. to, sono rari i sorrisi. Sarajevo, novembre 1995. Un uomo grida “TornateveSiamo dai serbi, dagli altri, ne dall’altra parte, dai muda coloro che in questa sulmani vostri amici!” guerra hanno ucciso come Una donna con le labbra cohanno ucciso anche i bo- lor ciclamino vende sigaretsniaci e i croati; ma si dice te americane all’angolo delche i serbi abbiano ucciso di la strada. Ci fa cenno di ferpiù e forse è vero. Comun- marci, vuole sapere se abque lamentano di essere biamo notizie del muro. stati demonizzati dalla co- Quale muro? E lei insiste: munità internazionale e per “Sì, il muro che si dovrà cole strade di questo sobborgo struire per dividerci dai mudi Sarajevo si incontra gen- sulmani”, Un muro come te che vuole apparire per- quello di Berlino? versa, come se ormai, aven- “Sì, proprio così” afferma la do perso tutto, volesse donna. ‘ piaccia così. Noi andiamo in giro per il mondo soprattutto come turisti, quando non ci sono guerre, e coltiviamo un nostro nuovo mito: quello del buon turista il quale stringe la mano al buon selvaggio, un mito antico. Siamo tutti fratelli: io vengo a casa tua a divertirmi, tu a casa mia verrai magari a lavorare ma non pretenderai mica tanto, ho visto che con quello che spendo da voi in un giorno, la tua famiglia di nove persone campa per un mese intero. I diversi poi sono diversi anche per il colore della pelle, per il taglio degli occhi, per l’odore del corpo che, si sa, dipende dal tipo di cibo che si mangia. Ma i diversi mangiano cose diverse: quando le cose vanno male nei loro paesi, non mangiano affatto. 2-3/02 2-3/02 Doss Dossier Lo spettacolo della ‘ I diversi poi sono diversi anche per mio pensiero ma molLo stesso il colore della to probabilmente anmi è capipelle, per il taglio che nei miei articoli, tato neldegli occhi, gli hutu. Di nuovo il l’inferno per l’odore del Nemico. del Rwancorpo che, si sa, da quanBujumbura, maggio do si scadipende dal 1994. Ogni giorno qui tenarono, tipo di cibo a Matonga, al campo come mi che si mangia. allestito in Burundi disse un missionario “tutti i diavoli”: per i profughi tutsi, muoiono diavoli “corti”, gli hutu, dia- in media dieci persone di voli “lunghi” i tutsi, diavoli dissenteria. All’infermeria, che gareggiavano in odio et- sotto una tenda, stanno lanico, che si accanivano a vando degli uomini forse ancolpi di machete gli uni con- cora per poco viventi perché tro i figli degli altri. Ma an- sono già scheletri. Indovini che lì, quando ho capito che in loro la vita soltanto per erano per lo più gli hutu a quegli occhi che si fissano massacrare i tutsi, non ho nei tuoi e per il fetore delle potuto fare a meno di par- loro feci colanti. teggiare per coloro che era- Poco lontano stanno distrino le vittime, almeno in quel buendo delle gallette vitamese di maggio del 1994. minizzate ma non ce n’è per Così ho demonizzato, nel tutti, soltanto per i bambini ‘ 26 Nel 1959, tre anni prima di raggiungere l’indipendenza dal Belgio, gli Hutu, da sempre la maggioranza nel paese, rovesciarono la monarchia tutsi. Negli anni successivi furono massacrati migliaia di Tutsi, gli orfani dei quali costituirono il Fronte Patriottico Rwandese (FPR), di stanza in Uganda, che nel 1990 invase il Rwanda. Si originò una guerra civile che durò due anni e che terminò con gli accordi di Arusha, che prevedevano la presenza di osservatori neutrali dell’Organizzazione dell’Unità Africana. Il 6 aprile 1994, con l’assassinio del presidente rwandese Habyarimana e del Presidente del Burundi, iniziò il genocidio che in poco più di tre mesi portò alla morte di un milione tra Tutsi e Hutu moderati. Nel luglio del 1994, con la sconfitta dell’esercito rwandese da parte del FPR, si interruppero i massacri ma cominciò la fuga di quasi due milioni di Hutu che ripararono nei paesi confinanti. Verso la fine del 1996, iniziò il rientro in Rwanda dei profughi. Cominciò, quindi, la lunga attesa per i processi che iniziarono ad essere celebrati alla fine dello stesso anno. sotto i cinque anni. La fila è lunga, le madri con i figli più piccoli in braccio attendono il loro turno in un innaturale silenzio a tratti rotto dagli acuti pianti infantili… Un’infermiera italiana tiene tra le braccia una bambina di due anni con il torace trapassato da una pallottola, si vede il buco da dove è entrata e il buco da dove fortunatamente è uscita. Le ha sparato suo padre, un ufficiale di etnia tutsi che ha eliminato tutta la sua famiglia prima di suicidarsi. La bambina invece è sopravvissuta. Piccola, sola, in lacrime. Che vita vivrà? Certo, si fa presto a dire che per noi, come osservatori e testimoni, o anche come gente che assiste in casa propria allo spettacolo del dolore che va in scena ormai ogni sera sul piccolo schermo, il Nemico è tale soltanto per riflesso, soltanto perché i cronisti che devono, e vogliono scrivere o filmare qualcosa che abbia un minimo di senso, che offra una parvenza di spiegazione all’orrore, ci influenzano. E allora, lo confesso, non c’è niente di più semplice ed efficace che dividere il mondo in “buoni” e “cattivi”. !