LUNCHBOX Ritesh Batra - Il cineforum "Il posto delle fragole"
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LUNCHBOX Ritesh Batra - Il cineforum "Il posto delle fragole"
3° film “Cineforum Il posto delle fragole” 21° edizione 2014 LUNCHBOX Ritesh Batra Titolo originale: Dabba. Regia: Ritesh Batra. Sceneggiatura: Ritesh Batra, Rutvik Oza. Fotografia: Michael Simmonds. Montaggio: John F. Lyons. Musica: Max Richter. Scenografia: Shruti Gupte. Costumi: Niharika Khan. Interpreti: Irrfan Khan (Saajan Fernandes), Nimrat Kaur (Ila), Nawazuddin Siddiqui (Shaikh), Denzil Smith (il signor Shroff), Bharati Achrekar (la signora Deshpande), Nakul Viad (Rajeev), Yashvi Puneet Nagar (Yashvi), Lillete Dubey (la madre di Ila), Shruti Bapna (Mehrunnisa), Akash Sinha (se stesso). Produzione: Anurag Kashyap, Guneet Monga, Arun Rangachari, Shahnaab Alam, Marc Baschet, Benny Dreschel, Nina Lath Gupta, Sunil John, Siddharth Roy Kapur, Nittin Keni, Cédomor Kolar, Vivek Rangachari, Karsten Stöter, Danis Tanovic per Skhya Entertainment/DAR Motion Pictures/National Development Corporation of India/Rohfilm/Asap Films/Cine Mosaic. Distribuzione: Academy Two. Durata: 104’. Origine: India/Francia/Germania/USA, 2013. Un film assolutamente off-Bollywood, fuori dai canoni colorati e variopinti del chiassoso cinema di genere indiano, una commedia sentimentale totalmente inedita nel suo rigore formale e soprattutto nel non abbandonarsi mai, neanche per un momento, ad alcun cliché o al facile romanticismo, inevitabile di solito nelle commedie rosa di genere di produzione internazionale. "La strada del cuore passa attraverso lo stomaco", ma questa non è una commedia culinaria che segue la moda del momento: le riflessioni sull'esistenza che si scambiano per lettera i due protagonisti, il risveglio delle loro speranze imprigionate nella solitudine di un matrimonio incolore o dalla gabbia invisibile di un passato perduto, sono sorprendentemente profonde, mai banali, come le righe che i due si scrivono, e che raggiungono dei momenti di delicatezza e poesia non comuni nella loro semplicità. I due straordinari protagonisti, misurati, intensi nella loro austera serietà, sono sempre credibili anche quando la storia assume i contorni della favola: sentono le stesse canzoni, vedono le stesse immagini, vivono le stesse situazioni, condividono senza conoscersi, ed è il potere della condivisione e il desiderio di essa che li risveglia, ancora prima dell'amore, che rimane inespresso, solo evocato, perché "dimentichiamo le cose quando non abbiamo qualcuno a cui raccontarle". La metropoli sullo sfondo è l'altra protagonista, con i suoi ritmi e la sua frenesia, le persone in continuo movimento, le molteplici realtà all'interno di Mumbai, mondi diversi uniti da un filo sottile: nella versione originale i protagonisti parlano in inglese o in hindi a seconda della classe sociale, e questo li rende ancora più distanti, e rende ancora più miracoloso il loro trovarsi. "A volte il treno sbagliato ti porta alla stazione giusta", la fiducia nel caso e nel destino, che ci lascia con la possibilità di credere che tutto possa accadere nella vita, che si possa ritornare a sperare, sono la vera forza del film: il desiderio di cambiamento, di tornare ad essere felici, che grazie ad un piccolo miracolo avviene dentro di noi, è più importante di qualsiasi scontato happy ending. Si esce dal cinema con pudica commozione, voglia di un piatto di agnello speziato con naan, e di cercare sull'atlante il Bhutan, dove "invece del prodotto interno lordo, hanno la felicità interna lorda" Dalla rivista cineforum Lontano da Bollywood, si potrebbe tranquillamente dire per parlare del film d’esordio di Ritesh Batra, regista indiano che ha vissuto per anni a New York dove ha studiato cinema e ha maturato l’idea dell’opera (che doveva in realtà essere un documentario sui dabbawallahs), per poi tornare nella sua terra e girare il film. E questo è evidente dai titoli di testa, che presentano la situazione dei protagonisti a partire da una descrizione del contesto urbano con commento musicale ad hoc; dal fatto che il film è stato presentato a Cannes e a Torino, e nasce anzi dal Torino Film Lab; dal fatto che è una coproduzione che vede in campo, con l’India, Francia, Germania e Stati Uniti; dai riferimenti cinematografici diretti (Lubitsch, Jones, Ephron); dal fatto che a Cannes ha vinto il Premio del pubblico, e ovviamente dai temi e dallo stile che sono sicuramente più europei (o americani) che indiani, tanto che il regista stesso si è stupito del successo che il film sta avendo in Patria. Il problema è, però: dove? In che direzione si muove quest’opera, se non va verso Bollywood pur mantenendo un’ambientazione indiana (non è, per intendersi, Sognando Beckham) e cercando, anzi, di descrivere la realtà di quel Paese o almeno della città, Mumbai, che di quello è la più popolosa? Non siamo dalle parti di Salaam Bombay!, per esempio: lì c’era la zona povera della metropoli con tutto ciò che significa per chi ci vive, qui si vedono due quartieri diversi, uno dei quali, Kandivili, è quello della classe media conservatrice, e la sfera sociale che viene presa in considerazione è quella borghese; ma c’era soprattutto, lì, uno stile neorealistico che ben si sposava con quanto veniva rappresentato e che trasudava autenticità e vita vissuta, mentre questo è di commedia sentimentale, tra il realistico e il sognante come dice il regista (che usa il termine “verismo” per indicare il primo aspetto, contrapposto a un côté “fantastico e sognante”). Non siamo nemmeno dalle parti di Mississippi Masala, per restare su Mira Nair, opera più articolata della precedente, quindi di più ampio respiro anche a tratti drammatico, ma ugualmente asciutta ed essenziale; né dalle parti di Monsoon Wedding che richiama i film di Gurinder Chadha per come descrive usanze e tradizioni, o da quelle dei film di Deepa Mehta con il loro tentativo di astrazione e di poesia; e nemmeno da quelle di Il mio nome è Khan, che richiama in chiave melodrammatica un altro film della Nair, Il destino nel nome – The Namesake. Siamo invece, spiace dirlo, dalle parti di molti film che hanno come tema l’integrazione e che sono dei film medi. Paola Brunetta Prossimo film giovedì 16 ottobre : LE MERAVIGLIE di Alice Rohrwacher