Pittura Realismo e Barbizon

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Pittura Realismo e Barbizon
Camille Corot e la scuola di Barbizon
La Scuola di Barbizon si forma attorno al 1830 con Camille Corot (1796-1875), Francois Daubigny (1817-1878), Theodore
Rosseau (1812-1867), Jean-Francois Millet, Constant Troyon (1810-1865) quando iniziano a riunirsi nelle campagne di
Barbizon, presso la foresta di Fontainebleau.
Il tema predominante è la natura , vista però al suo livello più semplice, più naturale.
Il paesaggio romantico risente del “Sublime”, del sentimento eroico e tempestoso che il Romanticismo aveva recuperato.
Per la Scuola di Barbizon, invece, il fine era quello di riportare la natura alla sua dimensione più semplice, non eroicizzata, del
paesaggio campestre. Sono visioni pacate, di angoli semplici della natura, non sublimi o “violenti”. Quindi i pittori scelgono
scorci intimi, quieti, familiari, per indurre nell’osservatore emozioni altrettanto pacate.
In queste immagini compaiono cieli luminosi, prati, acquitrini, scorci di fiumi, non più la natura sublime o minacciosa, ma
quella più pacata e spontanea. Risentono delle ricerche pittoriche di Constable ma, come affermerà Corot, la loro poetica
tende a togliere dai paesaggi quel carattere “pittoresco” che emerge dall’ opera di Constable.
I pittori di Barbizon fanno i quadri a diretto contatto con la natura, EN PLEIN AIR, e non più in studio. L’esecuzione dell’opera,
quindi, avviene direttamente sul posto o comunque viene realizzata all’aria aperta tutta l’impostazione iniziale del quadro, per
poi rifinirlo in studio.
In questi anni di affermazione del Romanticismo, in pittura, c’è da un lato un passaggio alle tematiche romantiche di recupero
della natura trasposta in senso idealizzato, eroicizzato e pittoresco (Constable), violento, fortemente espressivo e sublime
(Turner), evocativo e spirituale (Friedrich), ma anche un tentativo di rappresentazione in senso più vero, più naturale e
spontaneo (Barbizion).
Tecnica
I pittori di Barbizon usano macchie di colore, cioè colori accostati con pennellate più o meno ampie, tali da non definire più un
disegno perfettamente rifinito nei contorni e nelle figure. Tale tecnica demanda all’osservatore il compito di unificazione e
sintesi finale dell’immagine attraverso la percezione visiva dell’opera, usando prevalentemente la luce quale elemento
unificante e caratterizzante l’immagine stessa.Inoltre questi artisti ammorbidiscono le sfumature, rendono le ombre più chiare
e trasparenti e rifondono le tonalità e i colori.
La spinta, però, non è impressionista ma idealistica e romantica, per tentare un ritorno ad una condizione non corrotta e
primigenia, contraria a quella della metropoli, alienante e corruttrice. Una riscoperta dei valori naturali anche nelle loro forme
più semplici.
Courbet – Il funerale ad Ornans
Courbet – Le signorine sulle
rive della Senna - 1857
Courbet – La sorgente - 1868
Courbet – Il funerale ad Ornans
Rousseau – Il calesse – 1863
Courbet – Autoritratto
Daubugny
Paesaggio - 1875
Daubugny – Paesaggio - 1875
Jean Baptiste Camille Corot (1796-1875)
Proviene da una famiglia di agiati mercanti e solo a 26 anni ha il permesso del padre di dedicarsi alla pittura. Dal primo viaggio in Italia (1825-28)
realizza piccole tavolette lontane sia dalla “veduta di genere” che dal “paesaggio storico”, ma estremamente vere. Tornato a Parigi, però, questi
quadri non vengono esposti e Corot inizia una doppia vita artistica : da un lato una produzione ufficiale solenne, fatta di paesaggi classici con ninfe e
pastori, dall’altro una produzione privata fatta di immagini immediate e vere con ritratti e paesaggi.
Al Salon del 1827 presenta il PONTE DI NARNI, un classico paesaggio ma con una grande innovazione . gli elementi del paesaggio sono una
“composizione sintetica di colori”, come macchie accostate con un particolare equilibrio di accordi tonali.
In questi anni, dal 1830, vive tra Parigi e Fontainebleau e frequenta Barbizon, diventando l’ispiratore di questa “scuola”. Poi nel 1834 ritorna in Italia,
innamorato della luce mediterranea, tra Firenze, Genova, Venezia e la Lombardia.
Nel 1843 il terzo soggiorno Italiano a Roma, Torino e Genova, con ulteriori intuizioni pittoriche. In questi anni arriva anche il successo, i primi
riconoscimenti ufficiali e nel 1855 la consacrazione quando all’ Esposizione Universale Napoleone III° gli acquistò un quadro. Questa fama, e la
ricchezza che ne seguì, non impedirono a Corot di continuare fino alla fine della sua vita quella sua ricerca pittorica dei valori tonali come valori
luminosi.
Questa nuova sensibilità per questi valori pittorici sarà la premessa per le scoperte impressionistiche.
Corot non guarda al significato morale del paesaggio, quanto al dato “strutturale” dello stesso, cercando di “vedere” in modo corretto. Per fare ciò si
propone : 1.- di togliere l’effetto pittoresco, 2. - di creare masse di colore - luce per riprodurre in modo sintetico, ma esatto, il campo visivo
dell’osservatore. I suoi paesaggi hanno un impianto solido e pienezza di volumi, sono immagini fresche, vicine alla percezione reale, non filtrate
dall’intelletto.
I colori sono pieni, l’immagine è creata con la luce. Sono immagini essenziali, “povere”, anche nei ritratti o nelle figure, dove toglie i colori sfolgoranti
di Delacroix, i formalismi di Ingres, valorizzando il lato umano.
In questi anni, dal 1830, vive tra Parigi e Fontainebleau e frequenta Barbizon, diventando l’ispiratore di questa “scuola”. Poi nel 1834 ritorna in Italia,
innamorato della luce mediterranea, tra Firenze, Genova, Venezia e la Lombardia.
Nel 1843 il terzo soggiorno Italiano a Roma, Torino e Genova, con ulteriori intuizioni pittoriche. In questi anni arriva anche il successo, i primi
riconoscimenti ufficiali e nel 1855 la consacrazione quando all’ Esposizione Universale Napoleone III° gli acquistò un quadro. Questa fama, e la
ricchezza che ne seguì, non impedirono a Corot di continuare fino alla fine della sua vita quella sua ricerca pittorica dei valori tonali come valori
luminosi.
Questa nuova sensibilità per questi valori pittorici sarà la premessa per le scoperte impressionistiche.
Corot non guarda al significato morale del paesaggio, quanto al dato “strutturale” dello stesso, cercando di “vedere” in modo corretto. Per fare ciò si
propone : 1.- di togliere l’effetto pittoresco, 2. - di creare masse di colore - luce per riprodurre in modo sintetico, ma esatto, il campo visivo
dell’osservatore. I suoi paesaggi hanno un impianto solido e pienezza di volumi, sono immagini fresche, vicine alla percezione reale, non filtrate
dall’intelletto.
I colori sono pieni, l’immagine è creata con la luce. Sono immagini essenziali, “povere”, anche nei ritratti o nelle figure, dove toglie i colori sfolgoranti
di Delacroix, i formalismi di Ingres, valorizzando il lato umano.
Gustave Courbet (1819-1877) e il Realismo
Nato a Ornans, da una famiglia di contadini, segue studi irregolari e poi frequenta il Louvre dove copia i pittori fiamminghi, veneziani ed olandesi
del 1500 e 1600.
Nel 1855 manda all’ Esposizione Universale di Parigi dei dipinti che sono rifiutati. Crea, allora, il suo PADIGLIONE DEL REALISMO.
Temi
Esclude completamente i soggetti mitologici, di storia, di religione e di invenzione. Si concentra, invece, sulla realtà contemporanea, anche nei
suoi aspetti volgari e sporchi : contadini, ubriachi, stradini, funerali.
Poetica RealistaCourbet, invece, dirà che gli artisti di un periodo storico sono incapaci di riprodurre un secolo passato e
futuro, dicendo che l’arte storica è per sua natura contemporanea.I Salons tollerano i realisti, fintanto che essi non
vogliono imporsi come pittori di storia.Courbet diceva di voler rappresentare “i costumi, le idee, l’aspetto della mia epoca per fare
arte viva”, contro lo sterile accademismo. Rappresentare i modo nella sua complessità naturale e sociale.L’artista vuole essere in rapporto diretto
con il suo tempo, l’opposto del Neoclassicismo e romanticismo che trovano ispirazione nelle epoche passate.Courbet, nel FUNERALE DI
ORNANS, del 1849, riproduce a grandezza naturale i borghesi, contadini, donne di paese, e ciò lo fece considerare quasi un rivoltoso per
l’importanza che dava a gente comune.La pittura guarda ai problemi della città moderna, sollecitata anche dalle idee democratiche e socialiste.
Si guarda al lavoro, ai gesti.
Gli Spaccapietre1849 (m 1,59X2,59)
Viene esposta al Padiglione del Realismo del 1855 con il Funerale di Ornans. Il quadro suscita sconcerto per la “banalità” della scena e per il
tema poco nobile. Un commento di un visitatore, riportato sul registro della mostra, dice : “Si prega il Sig. Courbet di voler gentilmente
rammendare la camicia e lavare i piedi ai suoi spaccapietre”.
Critica
L’accusa principale nei suoi confronti era non tanto sui temi, già considerati fastidiosi, ma sul fatto che le tele
molto grandi (e non piccole come era tradizione per questi soggetti) riproducessero questi personaggi a
grandezza naturale, quasi si volessero mitizzare e idealizzare, come avveniva nella pittura di storia.
Nel 1863 avviene un’altra svolta dove al Salon sono rifiutate la opere, come inaccettabili, di Courbet, Manet,
ecc. Le proteste, però, costrinsero l’Imperatore ad organizzare una mostra parallela, in un’altra sala del Palazzo
dell’Industria, perché il pubblico le giudichi direttamente, e venne chiamata Salon dei Refusès Salon dei
Rifiutati).
Funerale ad Ornans (1849)
(m 3,15X6,68)
Amico degli intellettuali, da Baudelaire al socialista Proudhon, Courbet rivendica la necessità di una nuova pittura che facesse propri i bisogni del
popolo. Così contro la reazione dei Napoleone III° Courbet crea opere di protesta e documenti sociali come il Funerale. Quaranta abitanti del suo
paese sono caratterizzarti realisticamente, a seconda del grado di dolore. Un episodio qualunque, quotidiano, che però diventa solenne. Il quadro è
rifiutato all’Esposizione Universale di Parigi del 1855. Tutti i cittadini del paese vollero posare per il quadro. Il Funerale diventa, così, il manifesto della
pittura Realista. Il Sovrintendente del Salon del 1855, Conte di Nieuwerkerke, rifiuta i quadro, come anche quelli della Scuola di Barbizon, dicendo :
“E’ pittura di democratici, gente che non si cambia la biancheria, e che pretende di imporsi nella buona società”.Nel quadro i personaggi sono rudi,
quasi caricaturali. La fossa aperta è una scelta molto ardita perché rende lo spettatore quasi partecipe dell’evento, posto con gli altri attorno alla salma.
I personaggi sono divisi in tre gruppi omogenei : a sinistra il clero, a destra le donne piangenti, al centro i personaggi importanti. Questi ultimi in rosso,
in bianco l’uomo e il drappo funebre, il cane.L’inquadratura è quasi fotografica, casuale, dove ai lati taglia le figure di alcune persone. I personaggi sono
a grandezza naturale, ma non sono né idealizzati né nobilitati. Il dipinto è fatto per sconcertare i borghesi e i conservatori, e questo scandalo porta il
Realismo all’attenzione del secolo.
Atelier1855 (3,59 X 5,98)
Rifiutato anch’esso al Salon dl 1855, Courbet lo presenta la Salon del Realismo, fatto costruire a sue spese.Nello studio di Courbet ci sono letterati,
artisti, amici di lui, il suo autoritratto che dipinge un paesaggio, una modella ed un bimbo che ammirano l’artista. La modella è un “simbolo”
dell’artista - pittore. A sinistra c’ è un gruppo di persone qualunque che ha un significato non ancora ben chiaro, che rappresenta il popolo più
vario.Dietro la tela un manichino in posa innaturale rappresenta l’arte accademica da disprezzare, come un San Sebastiano o un Cristo. Seduto c’è
Champfleury, in fondo il filosofo Proudhon che influenzò il pensiero di Courbet, che si fregia di farsi chiamare “pittore socialista”. Il gruppo di
persone a sinistra sono un bracconiere con il cane che guarda al mandolino, al coltello ed al cappello, simboli del romanticismo ormai superato. Di
fronte una irlandese che allatta il bambino rappresenta la miseria, un mercante offre la merce ad un benestante, un pagliaccio, un prete, un
falciatore, uno sterratore, un operaio, un becchino, una prostituta. La luce diffusa e polverosa dà un senso di mistero e poesia (è visione romantica
anch’essa).
Daumier – Uomo che sfoglia una cartella di stampe - 1860
Daumier – Ne vous y frottez pas
(”Non immischiatevi”) - 1834
Daumier – Il vagone di terza classe - 1862
Daumier – Il vanitoso - 1838
Daumier – Don Chisciotte e la mula morta - 1867
Millet – I raccoglitori di fieno
Millet
Il seminatore - 1850
Millet - l’angelus – 1858-59
Millet – Le spigolatrici - 1857

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