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La scuola che cambia: dall'aggressività alla gestione costruttiva dei conflitti competenze sociali, prevenzione e gestione dei conflitti nella scuola digitale a cura di Renato Briante LA SCUOLA CHE CAMBIA: DALL'AGGRESSIVITÀ ALLA GESTIONE COSTRUTTIVA DEI CONFLITTI competenze sociali, prevenzione e gestione dei conflitti nella scuola digitale a cura di Renato Briante Pubblicazione realizzata nell’ambito del Progetto “GUICHETS ANTIVIOLENCE POUR LES MINEURS” (JUST/2010/DAP3/AG/1377) Finanziato dal Programma DAPHNE III dell’Unione Europea 2011-2013 Ente capofila: CRESM Coordinatrice del progetto: Annamaria Frosina "This publication has been produced with the financial support of the DAPHNE Programme of the European Union. The contents of this publication are the sole responsibility of Provincia Regionale di Trapani and can in no way be taken to reflect the views of the European Commission." Progetto grafico e impaginazione: Maria Pia Zinnanti Foto di copertina: Rita Alagna Altre foto: Archivio CRESM - Gabriella Ebano Stampa: fashiongraphic - Gibellina (TP) Dicembre 2012 2 Indice PREMESSA Il quadro etico e storico di riferimento. Un percorso che viene da lontano Lorenzo Barbera 7 Annamaria Frosina, Romano Mazzon 13 INTRODUZIONE La costruzione del progetto LE FASI DEL PROGETTO La centralità dell’esperienza scolastica 27 Laura Gilli, Giuseppina Sutera, Giovanna Triolo 35 Laura Gilli La formazione nelle scuole del Trapanese 3 La formazione a Dublino Jeraldine Richardson, Michael Conlon 47 51 Lo strumento degli atelier Atelier O.N.S.A. Rosanna Frosina “Non di solo rabbia …” atelier strategico sul riconoscimento delle emozioni Laura Gilli 61 65 Atelier “Laboratorio per ragazzi sulle tecniche di mediazione” Sutera Giuseppina, Giovanna Triolo LA VALUTAZIONE DELLE ESPERIENZE Joelle Timmermans, Giovanni Ghibaudi 69 4 LE METODOLOGIE OPERATIVE JoelleTimmermans, Giovanni Ghibaudi 97 I LINGUAGGI POSSIBILI Sperimentazione virtuale: la mediazione attraverso i giochi di ruolo virtuali negli ambienti virtuali 3 D Marilena La Placa 113 163 171 La comunicazione al tempo della net-generation Romano Mazzon LA MEDIAZIONE DELL’APPRENDIMENTO O.N.S.A obiettivi non specifici di apprendimento Rosanna Frosina 5 DUE MODELLI DI GOVERNANCE La mediazione di comunità Renato Briante 177 IL PATTO DI SICUREZZA LOCALE DI DUBLINO Michael Mernagh 217 VERSO NUOVE PROSPETTIVE la “Scuola che cambia”: per la costruzione di una nuova comunità didattica Gabriella Ebano, Annamaria Frosina 223 CONCLUSIONI Alessandro La Grassa 229 AUTORI 237 BIBLIOGRAFIA 238 6 Premessa IL QUADRO ETICO E STORICO DI RIFERIMENTO. UN PERCORSO CHE VIENE DA LONTANO Lorenzo Barbera, Presidente onorario del Cresm Le persone, le famiglie e i gruppi sociali più deboli, quando non sono ignorati o identificati come fastidi, intralci o nemici di cui liberarsi, vengono quasi sistematicamente considerati e trattati come puri oggetti di assistenza da istituzioni locali e centrali, da organismi di assistenza sociale, da gruppi di volontariato. Pur riconoscendo che in situazioni di emergenza e in una serie di casi specifici l’intervento assistenziale può essere indispensabile e risolutivo, le istituzioni e i soggetti privati impegnati nella costruzione di sistemi di welfare solidali integrati e permanenti devono andare ben oltre e considerare e trattare le persone, le famiglie e i gruppi sociali più svantaggiati come preziosi valori aggiunti capaci di produrre ricchezza sociale, economica, culturale, scientifica, tecnologica, ambientale, oltre che di autogestire e superare le proprie difficoltà e i propri limiti. Primo obiettivo, quindi, deve essere la loro liberazione dalla dipendenza. L’assistenza pubblica e privata, consapevolmente o inconsapevolmente, molto spesso 7 accresce e consolida la dipendenza degli svantaggiati anziché ridurla e cancellarla. In molti casi questa assistenza crea sistemi di dipendenza tali da impedire agli assistiti il libero esercizio della cittadinanza. La liberazione dalla dipendenza può essere meglio perseguita attraverso un processo di sviluppo locale integrato e sostenibile cui partecipino in modo responsabile e solidale tutti i rami della società civile e istituzionale. Obiettivi fondamentali di questo sviluppo sono: a. la partecipazione di donne e uomini di tutte le età di ogni collettività locale: bambini e ragazzi della scuola dell’obbligo, giovani delle scuole superiori e dell’università, lavoratori e imprenditori del mondo agricolo, marino, artigiano, industriale turistico e degli altri servizi, dei disoccupati, dei pensionati, degli immigrati, dei cosiddetti disabili, dei tossicodipendenti, nonché di dipendenti, dirigenti e politici delle istituzioni locali e di tutti gli altri servizi istituzionali, compresa la sanità, la pubblica sicurezza, la gestione delle acque, dei rifiuti, dell’energia, ecc... Ogni persona che partecipa concorre in modo consapevole e responsabile alla qualità, alla molteplicità, all’efficacia, alla condivisione e alla coesione di programmi e progetti grandi e piccoli settoriali e trasversali, generali e particolari; b. la integrazione tra pubblico e privato; tra attività produttive e servizi; tra lavoro e formazione; tra i vari settori e comparti di attività economica; tra ricerca e attività produttive; tra scuola e territorio; tra welfare, 8 economia, educazione formazione scienza tecnica e tecnologia; tra passato, presente e futuro; tra saperi e saper fare; tra qualità ambientale qualità sociale qualità culturale; tra la collettività locale e le collettività di altri territori vicini e lontani. Naturalmente la partecipazione è la strada maestra per realizzare un processo permanente di incontro e integrazione; c. la sostenibilità ambientale, sociale, etica ed economica come sistema di valori condiviso da tutte le persone della comunità locale, qualunque sia il loro ruolo nella società civile e istituzionale. Ciascuna delle quattro sostenibilità può essere definita come segue. La sostenibilità ambientale impegna tutti i cittadini e tutte le istituzioni a curare che: - ciascuna attività, pubblica o privata, non arrechi danno a chi la svolge, ai destinatari dei beni e dei servizi prodotti e a tutti coloro che, direttamente o indirettamente, verranno in contatto con essi. Ogni attività, inoltre, non deve arrecare danno alla terra, all’acqua e all’aria; - tutti i rifiuti urbani, agricoli, industriali, ecc. siano sistematicamente vissuti da tutti gli abitanti, a partire dai bambini della scuola materna, come risorse da riciclare nel proprio territorio e che, di conseguenza, siano effettivamente riciclati. - si persegua l’autosufficienza energetica del proprio territorio, producendo energie pulite rinnovabili (solare, fotovoltaico, geotermico, biomassa, idrogeno, ecc.); - si protegga e si restauri il proprio patrimonio edilizio rurale e urbano, non solo quando è di valore monumentale, ma 9 anche quando è semplice testimonianza del vivere, dell’abitare del lavorare nostro e dei nostri antenati. Le strade, le piazze, e tutti gli altri spazi pubblici, unitamente all’arredo urbano e alle facciate del nostro patrimonio edilizio, costituiscono il salotto condiviso di tutti gli abitanti in cui vengono accolti i visitatori della nostra città e del nostro territorio; - tutti gli abitanti conoscano la storia, il patrimonio archeologico, artistico, culturale, geologico, speleologico, naturalistico, agricolo, marinoartigiano, industriale, tecnico, tecnologico e scientifico del loro territorio. Tale conoscenza è presupposto indispensabile per innervare efficacemente nel territorio i talenti, le vocazioni, le competenze degli abitanti, rendendo così questi ultimi capaci di entrare in relazione feconda e interattiva con altri territori vicini e lontani. La sostenibilità sociale di un territorio è reale e buona quando tutti gli abitanti, dai bambini agli anziani, operano affinché nessuno sia escluso dalla partecipazione alla produzione di ricchezza economica, sociale, scientifica, tecnica, tecnologica e culturale. E, cioè, nessuno, deve essere abbandonato o consolidato in una condizione di dipendenza. Ogni collettività territoriale organizzerà la sua vita, la sua città, le sue case, i suoi ambienti di lavoro, le sue attività, i suoi programmi e i suoi progetti in modo che ogni portatore di svantaggio possa parteciparvi secondo la sua vocazione e i suoi talenti e, cioè, sia un prezioso valore aggiuntocome tutti gli altri. Ogni territorio, al fine di liberare ogni persona e ogni gruppo sociale in difficoltà, non si limiterà ad adottare le soluzioni escogitate altrove, ma, attraverso ricerche e sperimentazioni specifiche, troverà soluzioni pertinenti, puntuali e innovative. 10 Il welfare, quindi, non può essere concepito e trattato come una variabile indipendente dalle varie attività economiche, culturali, di ricerca, istituzionali, educative, formative, ludiche, ecc., ma piuttosto come una dimensione imprescindibile di ciascuna di esse. E, del resto, anche tutte queste attività, per essere di qualità non possono prescindere dalla sostenibilità sociale e ambientale. La sostenibilità etica e politica implica che i comportamenti di tutti i cittadini di un territorio siano improntati all’onestà e alla rettitudine e l’operatodi ogni soggetto istituzionale, oltre a essere onesto e retto, sia anche limpidamente trasparente. L’ostacolo principale è la corsa verso la ricchezza e verso il potere. Questa corsa con un eufemismo viene chiamata competizione economica, politica, scientifica, tecnologica, sportiva, ecc.. In effetti si tratta di una guerra continua le cui vittime sono sistematicamente i più deboli. Come in tutte le guerre il fine giustifica i mezzi. Così l’onestà e la rettitudine sono considerate ingenuità, se non stupidità. Mentre la furbizia, la scorrettezza, l’assenza di trasparenza, la bugia, la truffa, l’inganno, la corruzione… sono considerati armi legittime per la corsa alla ricchezza e al potere. La stragrande maggioranza di soggetti finanziari, imprenditori e politici e gli strumenti mediatici che controllano sono i nemici mortali della sostenibilità etica e politica. E ciò anche perchè essi si propongono quotidianamente come il modello, il firmamento di stelle luminose a cui tutti, compresi i più deboli, possono aspirare. E i più deboli, proprio perché tali, sono le vittime più vulnerabili. 11 Non è eticamente e politicamente sostenibile un sistema scolastico e universitario il cui corpo docente non adotti il territorio dei loro alunni come principale libro di testo cui applicare tutte le discipline con la massima tensione e attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale. Senza tale adozione il sistema scolastico e universitario concorrono allo sradicamento delle nuove generazioni, che, così non adotteranno i loro territori come bacini di ricchezza economica sociale storica culturale naturalistica cui applicare i loro talenti, vocazioni e competenze. Alunni e studenti protagonisti di ricerca scoperte e progetti nel proprio territorio cresceranno con una forte identità versatilità progettualità e competenza che spenderanno efficacemente non solo nel loro territorio, ma in qualunque angolo del pianeta. L’attuale approccio didattico del corpo docente per divenire eticamente e politicamente sostenibile ha bisogno di interiorizzare ed elevare notevolmente la sua missione e la sua passione pedagogica. Il sistema degli Enti Locali in Sicilia non è sostenibile sul piano etico e politico, dato che, nella stragrande maggioranza dei casi i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali non sono impegnati a chiamare i cittadini a divenire protagonisti di programmi progetti e iniziative mirati alla sostenibilità sociale e ambientale, ma piuttosto a tessere clientele, attraverso cui accrescere potere e, spesso, ricchezza. La sostenibilità economica si realizza quando i beni e i servizi prodotti dalle singole persone e dalle collettività locali sono sufficienti a soddisfare i loro bisogni e, nello stesso tempo, sono basate accuratamente sulle sostenibilità ambientale, sociale ed etico-politica e non contro di esse. 12 Introduzione LA COSTRUZIONE DEL PROGETTO La scelta metodologica Annamaria Frosina Alla fine degli anni i ’70, si assiste ad un aumento della violenza non soltanto nella società in generale, ma anche nelle istituzioni scolastiche. Tale fenomeno si caratterizzò per la crescita di aggressioni fisiche, estorsioni, atti di vandalismo, comportamenti e attitudini antisociali e atteggiamenti offensivi e maleducati. Alcuni studi dimostrarono che la causa principale della proliferazione di questi atti di violenza nelle scuole era l’indebolimento della solidarietà e la disgregazione della stessa comunità scolastica. In quel periodo, la comunità scientifica sottolineò che tale violenza accelerava il processo di atomizzazione della società, che creava sfiducia, paura e risentimento. Il risultato era che lo studente tendeva a ripiegarsi su se stesso, o si aggregava ad un sotto-gruppo, restringendo i suoi campi d’azione, le discussioni e lo scambio di idee e la partecipazione ad attività comuni. 13 In quel periodo, lo studioso Jean-Pierre Bonafè-Schmitt, coinvolto nell’analisi di questo fenomeno, elaborò un nuovo modello di mediazione dei conflitti alternativo al modello autoritario e disciplinare applicato in quel tempo, basato sulle punizione e sanzioni che producevano processi di stigmatizzazione e espulsione. Il modello di “mediazione tra pari”, introdotto da BonaféSmith nelle scuole, prevedeva una “zona neutra” dove i conflitti sono trattati e dove attori della comunità educativa si riuniscono, in modo da arrivare ad un accordo attraverso la mutua comprensione dei bisogni e degli interessi comuni. Riguardo la violenza nelle scuole, Bonafé-Schmitt sostiene, ancor oggi, che l’incremento di atti di bullismo, aggressioni fisiche, vandalismo riflettono una crisi strutturale del sistema. Egli afferma, inoltre, che sarebbe illusorio credere che le cause di questi atti di prevaricazione siano dovuti a semplici problemi di inefficienza, come la mancanza di risorse (docenti, supervisori,.....) o a programmi di studio e metodi di insegnamento obsoleti (metodi attivi, competenze di base). Egli giudica questa visione, eccessivamente funzionalista, non interpreta la crisi della scuola che è più profonda e che è comunque soltanto un aspetto di una crisi più generale che colpisce tutti i settori della vita sociale, i nostri sistemi di regolazione sociale e le modalità di risoluzione dei conflitti. Quindi, la legge, come la giustizia, sono sempre più chiamate a regolare i conflitti che rientrano all'interno di quella che Habermas chiama la sfera del mondo vitale, che comprende anche la scuola. 14 "Le rappel à la loi" 1 diventa, la parola d'ordine della politica di prevenzione della violenza scolastica. Per gestire la violenza nelle scuole stiamo di fatto assistendo a d u n a a b d i c a z i o n e d e l l ’ e d u c a t o re i n f a v o re dell’avvocato. Per Bonafé-Schmitt questa situazione dimostra la necessità di sviluppare meccanismi di regolazione sociale a livello istituzionale, al fine di (ri)creare le condizioni per la ristrutturazione di una vera scuola di comunità. E’ necessario, quindi, programmare azioni che creino nuovi luoghi, strutture, programmi educativi (conoscenza, apprendimento, ma anche ascolto, comunicazione comprensione...). Questi programmi devono coinvolgere, non solo tutti i membri della comunità scolastica (insegnanti, alunni, genitori), ma anche i professionisti che lavorano nelle istituzioni sociali, la polizia giudiziaria, etc, per creare strutture intermedie, per lottare contro il processo di atomizzazione della comunità scolastica e, soprattutto, per creare nuove forme di solidarietà tra studenti e tra studenti e la comunità educativa. E’ sua convinzione che questo tipo di struttura é in grado di prevenire il fenomeno del bullismo, di facilitare la 1 Le rappel à la loi est, en droit français, une mesure qui permet de « procéder au rappel auprès de l'auteur [d'une infraction] des faits des obligations résultant de la loi » (article 41-1 du Code de procédure pénale).Par cette mesure, l'auteur de l'infraction peut échapper à des poursuites judiciaires, le procureur de la République lui signifiant simplement son tort au regard de la loi.Le rappel à la loi n'est pas mentionné dans le casier judiciaire dans la mesure où il ne s'agit pas d'une condamnation. En revanche, le rappel à la loi suspend la prescription de l'action publique ce qui permet éventuellement à une victime de demander réparation de ses préjudices. Il faut toutefois noter que cette mesure d'alternative aux poursuites judiciaires est généralement choisie par le procureur lorsque les faits ne sont pas graves et généralement lorsqu'il n'y a pas de victime.Par ailleurs, en cas d'échec ou de récidive, le procureur peut alors mettre en œuvre une composition pénale ou engager des poursuites judiciaires. (fr.wikipedia.org) 15 collaborazione, l’ascolto e la solidarietà tra pari, e di ricostituire una vera comunità scolastica. Essenziale in questo processo educativo, è la figura del "mediatore scolastico, come terzo neutrale", che ristabilisce il dialogo tra le parti, con l'intento di riorganizzare le relazioni in un modo che sia accettabile per coloro che sono coinvolti nel conflitto. Attraverso la creazione di un clima di fiducia, il mediatore propone una visione alternativa al conflitto, e costruisce tali condizioni che consentano alle parti in causa di (ri) ottenere, in modo creativo e responsabile, le competenze decisionali attraverso la comprensione delle loro emozioni e di quelle degli altri. Nello stabilire un clima di fiducia, il mediatore offre una visione alternativa del conflitto, impedendo la sua degenerazione in atti di violenza. Inoltre, nel processo di mediazione, il conflitto diventa una fonte di apprendimento che aiuta i contendenti a sviluppare nuove forme di solidarietà (Ciurlia, Lucatello, 2008). La mediazione scolastica mira a creare una nuova modalità relazionale tra alunni e insegnanti e tra la scuola e la famiglia. In effetti, la mediazione partecipa alla costruzione di un nuovo ordine nelle istituzioni scolastiche, collocato a metà strada tra un ordine imposto e un ordine negoziato. Questo non significa che tutto può essere negoziato, o che ogni decisione dovrebbe essere negoziato, ma solo che gli studenti sono autorizzati a partecipare direttamente alla costruzione di questo ordine intermediario, a partire non da vincoli esterni, imposti dagli adulti, ma dalle decisioni prese dalle parti in conflitto, al fine di risolvere il conflitto stesso (Bonafè-Schmitt, 1996). 16 Il progetto Il progetto "Guichets Antiviolenza pour les Mineurs" è la continuazione di un precedente progetto di mediazione sociale, denominata "Territorial Network for the Mediation of Conflict, TNMC", che ha già visto la collaborazione del CRESM, le Città di Castelvetrano e Marsala, le due associazioni, Amely e SICCDA. Dai risultati ottenuti e le criticità individuate, durante la realizzazione di TNMC, si è evidenziata la necessità di capitalizzare le esperienze di mediazione scolastica tra pari. Questa convizione è stata rafforzata dai risultati ottenuti attraverso un'indagine condotta dalla partnership, nazionale e transnazionale, in Italia e in altre nazioni europee, che ha dimostrato che i problemi più critici nelle loro comunità, sono quelli legati ai giovani (disagio giovanile, violenza fisica e psiclogica, bullismo, vandalismo, abbandono scolastico, ecc). A seguito di queste riflessioni sono state contattate diverse istituzione scolastiche in provincia di Trapani e a Dublino, operatori del sistema giudiziario minorile, servizi sociali del territorio, trovando da parte loro disponibilità per sperimentare un modello di mediazione scolastica tra pari nei rispettivi territori, arricchendo tale sperimentazione con il contributo di esperienze maturate in altri Paesi. Da qui la necessità di intraprendere un percorso di sensibilizzazione e formazione teso allo start-up di Sportelli di mediazione scolastica all'interno delle scuole. In collegamento con il programma"Daphne III" è nata anche l’esigenza di individuare pratiche comuni in grado di allineare i loro processi istituzionali sulla prevenzione e gestione dei conflitti in ambito minorile. 17 In Italia, in ambito minorile, è Torino la città in cui si sono sviluppate le esperienze più significative nell'ambito della mediazione scolastica e penale, sia attraverso l'esperienza diretta del Gruppo Abele con i centri di gestione e mediazione dei conflitti e il lavoro di formazione con adulti e studenti, sia con le attività svolte dal Centro di Mediazione della Città di Torino2 coordinato da Giovanni Ghibaudi. Per l’esperienza siciliana, quindi, si decide di adottare la loro metodologia facente capo alla scuola di Bonafè Schimtt e a quella della scuola umanista di Jacqueline Morineau. Mentre in Italia è stata seguita esclusivamente la metodologia della mediazione scolastica tra pari, in Irlanda è stata scelta anche la metodologia “Restorative Practices” incentrata sull’uso del Cerchio. Complessivamente sono stati formati 225 giovani mediatori e 40 adulti referenti . Molteplici sono stati gli obiettivi del progetto: la sensibilizzazione e l’educazione alla cultura della nonviolenza e del rispetto per un reale recupero di valori solidaristici e di sicurezza sociale all’interno della comunità scolastica per arginare fenomeni di dinamiche patologiche di gruppo come le aggressioni fisiche, il racket, il vandalismo e il bullismo. Il progetto ha previsto atelier, seminari, conferenze e dibattiti per sensibilizzare sul fenomeno della violenza, degli abusi domestici, sulle dinamiche del bullismo nelle scuole e sulla mediazione pacifica dei conflitti. Sono stati 2 La sperimentazione sull’attività di mediazione in ambito penale minorile, a Torino, è iniziata - prima esperienza in Italia - nel gennaio 1995. 18 utilizzati, come strumenti operativi, il linguaggio e il ruolo dei mezzi multimediali e dei social network, la sperimentazione virtuale 3D, i metodi open source, l’alfabetizzazione delle emozioni, l’individuazione di m e t o d i d i d a t t i c i s p e c i fi c i s u l l a m e d i a z i o n e dell'apprendimento, sulla mediazione penale e la giustizia riparativa e sul ruolo delle istituzioni pubbliche e private. Questi programmi, hanno coinvolto l’insieme dei membri della comunità educativa (insegnanti, alunni, genitori), ma anche i professionisti del sociale, della giustizia e della polizia, e vogliono contribuire a creare nuove forme di solidarietà tra gli alunni ma anche con l’intera comunità educativa. Le attività progettuali hanno portato all’apertura di sportelli di mediazione all’interno delle scuole gestiti direttamente dai ragazzi in provincia di Trapani e a Dublino. In tal modo gli stessi alunni, saranno in grado di prevenire e gestire situazioni di conflitto tra i propri pari che si generano all’interno delle classi. Grazie alla peer mediation, i ragazzi, appositamente formati da un mediatore scolastico, aiutano i loro compagni coinvolti in conflitti o prevaricazioni a trovare una soluzione che soddisfi tutte le parti in causa. Mediare significa, per le parti coinvolte, avere la possibilità di esprimere il proprio punto di vista, le proprie emozioni, le proprie paure, le proprie motivazioni, ascoltando e accogliendo anche quelle presentate dagli altri. Infine se le parti lo desiderano potranno trovare una soluzione, risultando, così, tutti vincenti. E’ un metodo efficace per sviluppare in modo positivo e creativo i rapporti interpersonali, per diffondere la cultura 19 della non violenza, della tolleranza e della pace. Mostra ai giovani ed agli adulti quanto sia importante imparare ad accettare l’altro, accoglierlo, ascoltarlo ed essere ascoltati. Con la formazione in 3D inoltre, studenti, insegnanti e altri professionisti hanno sperimentato le tecniche della mediazione all'interno di un ambiente virtuale. I giochi di ruolo nell’OpenSimulator, una piattaforma simile a una Second Life, si sono svolti in un ambiente sicuro e protetto per i minori. Nelle scuole della provincia di Trapani e di Dublino, dove il progetto è stato sviluppato, per la risoluzione pacifica dei conflitti si potrà contare sull'aiuto di ben 225 mediatori tra pari ed i giovani mediatori della scuola saranno chiamati ad assolvere al loro compito con serietà e professionalità. Così l’istituzione scolastica, ricostituita come reale comunità, grazie a tale progetto, potrà essere realmente considerata luogo ideale di socializzazione e risoluzione pacifica dei conflitti. 20 Partnership e Qualità del progetto Romano Mazzon La partnership che è stata definita in questo progetto ha inteso unire una serie di competenze che potessero contare su una comprovata esperienza nel campo della risoluzione dei conflitti con una particolare attenzione al mondo dell’infanzia, della preadolescenze e dell’adolescenza. Nella discussione che ha portato alla definizione del progetto si è inteso porre attenzione a quei soggetti che nei territori si occupano di mediazione tra pari sia direttamente come operatori che per mandato istituzionale. L’attenzione è stata rivolta anche alle modalità di interazione tra i ragazzi non potendo non considerare che vengono ormai definiti come la generazione digitale. I partner coinvolti avevano già avuto esperienze comuni in progetti passati per cui la discussione sui temi e sulle modalità di attuazione del progetto hanno trovato un mileau già condiviso. Tale condivisione era presente sia a livello nazionale che transnazionale e ha permesso di procedere rapidamente alla definizione di un programma operativo. In questo contesto il lato istituzionale, la Provincia di Trapani, e quello operativo, Gruppo Abele, SICCDA, Mediante e CRESM, hanno da subito condiviso l’approccio nonviolento alla risoluzione dei conflitti per promuovere una cultura della convivenza e della coesione 21 sociale in territori dove le condizioni socio-economiche spingono a una risoluzione violenta delle controversie che non produce alcun risultato se non il perpetuarsi del sopruso, dentro e fuori le istituzioni. Per meglio diffondere tale principi di nonviolenza e di relazioni costruttive nei ragazzi, si è coinvolto il gruppo di Cineca che grazie all’esperienze maturate ha potuto fornire uno strumento educativo che ben si adatta a questa nuova generazione digitale, potendo predisporre una piattaforma interattiva on-line. Questa unione di esperienze pratiche nei territori e di conoscenza dei nuovi canali comunicativi ha dato origine a questo progetto che ha l’ambizione di portare a un vero cambiamento culturale che, partendo dalla scuola e dai gruppi di pari, possa influire sulla cultura dei territori in cui viene attuato, promuovendo la coesione sociale e, quindi, uno sviluppo sostenibile, secondo quanto promosso dall’Unione Europea, in ambito economico, sociale ed ambientale. Fin dalle prime fasi progettuali è stato ben chiaro a tutti i partner che il progetto, per le peculiarità dei territori prescelti per la sperimentazione, doveva poter contare su un’assoluta condivisione degli obiettivi da raggiungere e delle modalità per farlo. Proporre un modello nonviolento di risoluzione dei conflitti a ragazzi che sono cresciuti in ambienti in cui la violenza e la prevaricazione possono apparire modelli vincenti richiede che chi propone questo nuovo modello culturale debba essere, per primo, convinto che l’unico sistema di 22 vera risoluzione del conflitto risieda nell’apertura di canali relazionali di discussione tra le parti coinvolte. Il secondo punto che è parso centrale è stata la necessità di un coinvolgimento attivo dei diversi stakeholder. Per questo motivo si è effettuata una mappatura precisa di tutti quei soggetti, istituzionali e della società civile, che, in qualche misura sono coinvolti nel mondo dei ragazzi. Infatti, in caso contrario, il progetto e i suoi obiettivi, per quanto ben articolati, sarebbero apparsi, agli occhi dei ragazzi, come un’isola a sé non trovando conferme nel mondo che li circonda e che decide anche per loro. Solo in questo modo si è ritenuto possibile promuovere un m o d e l l o c h e n o n p u n t i s u l l a re p re s s i o n e d e i comportamenti o sulla loro occultazione ma, bensì, consideri la partecipazione attiva dei soggetti coinvolti e della loro rete sociale in una discussione aperta e franca che permetta di trovare al suo stesso interno la soluzione. Per questo motivo si è messa in atto un’opera di sensibilizzazione che portasse alla condivisione più ampia possibile non solo degli obiettivi ma anche dei principi guida di questa modalità di risoluzione delle controversie. Questa condivisione permetterà, al termine del progetto, che i risultati ottenuti e le modalità con cui questi sono stati raggiunti, entrino nella quotidianità grazie ad un impegno delle istituzioni e di tutti coloro che operano a stretto contatto con il gruppo target. Per raggiungere questo obiettivo si è reso necessario, da un lato, definire obiettivi precisi che possano essere condivisi con i diversi stakeholder e, dall’altro lato, un’opera di coordinamento delle azioni che non le facesse apparire come una 23 sommatoria progressiva ma che mantenesse sempre una visione di insieme. Il legame tra progetto e territorio viene inteso come qualità emergente, una qualità in grado di ridefinire anche le relazioni, e i prodotti di queste, nel dialogo tra istituzioni e società civile promuovendo una crescita innovativa nella modalità di gestione e risoluzione dei conflitti. 24 Le fasi del progetto 25 26 La centralità dell’esperienza scolastica Laura Gilli “La scuola rappresenta un aspetto importante nella vita di ogni persona, in particolare nella giovane età: essa, infatti, non è soltanto un luogo di apprendimento, ma anche uno spazio di aggregazione, un momento di forte socializzazione, di confronto, di scontro e di incontro tra bambini e bambine, tra ragazzi e ragazze, tra giovani e adulti”.3 Se fino al secolo scorso la scuola veniva considerata esclusivamente l’istituzione deputata a diffondere l’alfabetizzazione e la cultura, oggi le dinamiche che stanno contribuendo a ridefinirne il profilo, non fanno altro che confermare responsabilità educative e sociali decisamente più impegnative. Vanno infatti cristallizzandosi in questa istituzione gran parte delle tensioni che emergono dalla società ed è per questo che diventa fondamentale promuovere al suo interno comportamenti responsabili che si rivelino in grado di diffondere la cultura dell’incontro, del rispetto, dell’accettazione e della solidarietà. La scuola è quindi il principale mezzo di trasmissione della cultura e quindi strumento indispensabile per la costruzione della cittadinanza, intesa come spirito di appartenenza e partecipazione alla vita sociale. Insieme 3 Cfr. Macramé Diritto 6 dovere allo studio, n 1 /2002 27 all’educazione ricevuta in famiglia, la scuola è il luogo nel quale si conoscono e si praticano i principi e i valori su cui si basa la convivenza tra gli esseri umani. Si è capito che nella scuola è diventato fondamentale guardare l’allievo nella sua globalità, fatta non solo di pensieri e conoscenze, ma anche di sentimenti ed emozioni, di relazioni con se stesso e con gli altri, per aiutarlo a crescere in una società sempre più complessa; per far ciò è necessario spostare l’attenzione sulla “persona” cercando di trovare il giusto equilibrio tra obiettivi socio-affettivi e cognitivi. Si presuppone di avere una visone dell’ambito educativo non solo come luogo di trasmissione del sapere, ma uno spazio di educazione che diventi un laboratorio di socialità in cui i ragazzi sperimentano luoghi di scambio sociale, dinamiche relazionali, territori di identità su cui incontrarsi, confrontarsi e scontrarsi” Nei primi anni della scuola materna ed elementare si esce dal ventre protettivo della famiglia e si impara direttamente cosa voglia dire stare insieme agli altri, condividere spazi, tempi ed oggetti.. “La scuola ha il compito di insegnare, è vero, ma non più nozioni, espressioni matematiche, ricorrenze storiche o quanto altro. Insieme alla famiglia, ha il compito, di insegnare a vivere”.4 Ma la scuola è anche uno dei luoghi, dove più facilmente avvengono conflitti a causa del numero elevato dei soggetti che in essa confluiscono: alunni, genitori, insegnanti, dirigenti, personale non docente, operatori 4 Lozzi M: Prefazione (a cura) del vol. “Mediatori Efficaci Come gestire i conflitti a scuola.“K.J. Duden Ed La Meridiana 28 esterni e anche a causa del prolungato tempo che si passa al suo interno: come mostra, infatti, una analisi sociologica della crisi del sistema scolastico seguita da J.P. BonafèSchmitt e dalla sua equipe di ricercatori di Lyon emerge “che la crisi della scuola non è che una delle sfaccettature della crisi più generale in tutti i settori della vita sociale”.5 Crisi del sistema e nuovi percorsi di gestione La ricerca di nuove strade da percorrere rispetto ai conflitti è sovente motivata da forte disagio dei docenti provocato non solo dai litigi tra allievi ma anche dalla percezione della propria incapacità ad una reazione adeguata di fronte ad una situazione difficile. La tensione che si crea è spesso causa di abbandono scolastico o scarso rendimento: gli insegnanti si sentono inadeguati ed impotenti ad affrontare queste problematiche e spesso ricorrono a provvedimenti disciplinari che hanno la finalità di ristabilire l’ordine ma non di indagare le ragioni profonde del conflitto. “Potrebbe essere invece utile iniziare un percorso di autoconsapevolezza e autodisciplina che conduce gradualmente all’autocontrollo passando attraverso la ricezione di modelli positivi. Uno dei percorsi possibili è la mediazione scolastica, un processo capace di indicare ai ragazzi, ai bambini, ai docenti ai genitori… un 5 Bonafe-Schmitt J.P “La mediation scolaire: une tecnique de la gestion de la violence ou un processus educatif?” Les cahiers de la mediation, Buotiques des droits de Lyon, Lyon 1996 29 modo diverso di affrontare i conflitti, una strada alternativa alla veemenza, all’ irruenza, alla violenza … nei rapporti interpersonali”6 Si può considerare per mediazione scolastica una serie d’ iniziative svolte in istituti scolastici con lo l’obiettivo avvicinare di gli allievi, i genitori e i docenti rispetto ad un processo nuovo alla gestione dei conflitti” La mediazione è una chiave di vita che aiuta a costruire uno spazio sicuro in cui imparare a gestire i conflitti tra pari con l’aiuto di una terza persona neutrale - il mediatore scolastico – capace di guidare le parti alla composizione dei loro conflitti attraverso forme morbide di consenso e non più attraverso atteggiamenti impulsivi di dissenso. Istruendo e responsabilizzando all’interno dei gruppi dei pari alunni capaci di vestire i panni dei mediatori scolastici, avremmo non solo alunni che aiutano gli alunni a superare i rispettivi contrasti ma anche facilitatori di nuove relazioni e forme di solidarietà all’interno di ogni scuola . Per A. Baldry “La mediazione scolastica è un processo volontario dove una terza persona neutrale aiuta le parti in conflitto a trovare forme alternative per risolvere o comunque affrontare il problema che le vede coinvolte. Con la mediazione, le parti in conflitto hanno la possibilità di parlare di sé, dei loro bisogni, desideri e paure che li hanno portati a litigare. Il mediatore aiuta le parti a trovare una soluzione che le veda entrambe soddisfatte; non decide per loro, non si schiera da una parte o dall’altra, non dice chi ha torto o chi ha ragione, bensì ascolta in maniera attiva ciò che le parti esprimono, domanda quali sono i loro 6 D’Alò – Mastro – Persano op.cit 30 interessi sollecitandole a individuare possibili alternative per affrontare il conflitto che si è creato”7. La mediazione scolastica si innesta su un duplice e interconnesso sistema di significati. Da una parte fornire strumenti e supporto per rispondere a problemi immediati con i quali si confrontano gli istituti scolastici, come la violenza, il bullismo, i conflitti tra studenti, insegnanti e famiglie; dall’altra favorire un cammino educativo attraverso la diffusione di una nuova cultura della regolazione dei conflitti, che favorisca la ri-scoperta della capacità di comunicare, ascoltare, cooperare, gestire aggressività e conflitti. Per Bonafè-Schimtt la mediazione “rappresenta una tecnica basata sull’apprendimento da parte degli allievi di tecniche di comunicazione e di risoluzione dei conflitti al fine di permettere loro di accrescere la loro responsabilità per migliorare il clima scolastico, di aumentare la loro cooperazione e quindi ridurre le tensioni e la violenza tra compagni, rinsaldando la comunità scolastica”.8 Le finalità della mediazione scolastica sono quelle di fornire degli strumenti agli allievi per poter in futuro gestire, in maniera attiva e consapevole, i loro conflitti. Il suo compito non è solo quello di occuparsi di situazioni o problemi immediati, ma quello di creare spazi di confronto e d’ascolto attivo tra insegnanti, genitori e alunni. “Saper gestire i conflitti è una competenza che passa attraverso un percorso di consapevolezza del sé proprio emotivo e degli altri. Può essere insegnata e appresa ed è 7. Baldry A.C –. Ardone R “Mediare i conflitti a scuola . Presupposti teorici e intervento psicosociale“ Roma Ed Carocci 2003 8 Bonafè-Schmitt J.P. in, La sfida della mediazione, Padova CEDAM 1997 31 importante che la scuola riconosca anche questo compito: dare la possibilità di fornire ai ragazzi un luogo e delle competenze tali per esprimere ed elaborare modalità alternative per la gestione dei conflitti; acquisire a scuola capacità per la gestione dei conflitti permette di crescere, di confrontarsi, di stare meglio “9. Il Progetto di mediazione favorisce l’autonomia dei ragazzi la possibilità di proporre risposte a problemi che emergono, sviluppa la capacità di attuare un cambiamento, tutto questo significa dare loro un ”potere” e una “forza” di cambiamento che alcune volte può essere destrutturate per l’istituzione scuola che potrebbe percepire tale modalità come una minaccia a un delicato equilibrio di ruoli e funzioni. Infatti a differenza del modello disciplinare la mediazione restituisce ai ragazzi anche la gestione del carico emozionale che accompagna il conflitto, educando ad una nuova attenzione al mondo delle emozioni, allenando ad un ascolto empatico e alla creazione di un clima di fiducia e cooperazione Un percorso di mediazione non offre ricette pronte per risolvere conflitti a scuola, come a volte i docenti desidererebbero, ma presuppone di lavorare su un piano preventivo per permettere, in un lungo periodo il far nascere una disposizione a porsi in maniera nuova rispetto al conflitto, non negandolo o considerandolo solo come un fattore di disturbo, ma cercando di comporlo in maniera costruttiva ritrovandone anche il carattere positivo. Si promuove una visione del conflitto come una risorsa trasformativa, laddove si attrezzino le risorse personali di 9 Masoni M. V. “La mediazione creativa – L’arte di risolvere i problemi tra insegnante e alunno” Trento Erickson 2002 32 ognuno e il contesto sociale a fornire sostegno alle nostre potenziali capacità di gestione e costruzione. La scuola rappresenta un buon laboratorio di apprendimento di tecniche alternative di gestione dei conflitti basate sul consenso e sull’autoregolazione piuttosto che sulla coercizione o l’imposizione dall’alto. Il percorso mediativo non deve considerare solo gli studenti ma si deve intendere come un progetto ad ampio raggio che coinvolga anche i genitori, gli insegnanti e tutto il personale scolastico (dove è possibile). Attraverso tale percorso, adulti e ragazzi apprendono che i comportamenti possibili per far fronte al conflitto non sono solo la risposta violenta e la fuga ma che sono possibili veri momenti d’incontro con l’altro basati sull’ascolto e sulla fiducia. La mediazione scolastica oltre a consentire una gestione pacifica e costruttiva dei conflitti, presenta altri vantaggi e benefici: ‣ lo sviluppo di capacità di comunicazione, negoziazione e cooperazione ‣ lo sviluppo di competenze emotive e capacità di ascolto ‣ l’aumento dell’autostima ‣ lo sviluppo di capacità d’autoregolazione e di riflessione critica ‣ la ricostruzione dei legami ‣ la diffusione di una cultura della tolleranza e della democrazia ‣ il miglioramento del clima scolastico ‣ il ricorso a tecniche di gestione del conflitto anche in ambienti extrascolastici 33 34 La formazione nelle scuole del Trapanese La formazione presso la scuola media G. Mazzini e l’Istituto comprensivo M. Nucci di Marsala Laura Gilli Le fasi del progetto “Guichets antiviolence pour ls mineurs” riguardanti la realizzazione degli sportelli (guichets antiviolence), hanno previsto un parte di formazione e di avvicinamento ai temi della gestione del conflitto rivolta al mondo degli adulti delle scuole, un’azione di sensibilizzazione e in seguito di formazione rivolta agli studenti ed infine una azione di supervisione rispetto all’attività svolta nella scuole coinvolte nel progetto. Formazione insegnanti La prima fase, che ha previsto il coinvolgimento degli insegnanti è stata necessaria per prevedere la condivisione sui presupposti teorici del modello di sperimentazione al fine di creare una collaborazione tra 35 i saperi e le funzioni delle persone che in seguito sarebbero state coinvolte e che potesse creare le basi per la percorribilità e continuità del progetto. Il percorso formativo è stato realizzato alcuni mesi prima del coinvolgimento dei ragazzi, al fine di sensibilizzare i docenti e avvicinarli al tema del conflitto, implicandoli in prima persona rispetto a ciò che poi sarebbe stato in seguito proposto agli studenti. L’obiettivo proposto è stato quello era di meglio comprendere le diverse dinamiche del conflitto e migliorare la propria capacità di lettura delle situazioni critiche al fine di collaborare con gli allievi per una nuova gestione della conflittualità scolastica. La mediazione scolastica si innesta su un duplice e interconnesso sistema di significati. Da una parte fornire strumenti e supporto per rispondere a problemi immediati con i quali si confrontano gli istituti scolastici, come la violenza, il bullismo, i conflitti tra studenti, insegnanti e famiglie; dall’altra favorire un cammino educativo attraverso la diffusione di una nuova cultura della regolazione dei conflitti, che favorisca la ri-scoperta della capacità di comunicare, ascoltare, cooperare, gestire aggressività e conflitti. Per tale motivo si è reso fondamentale un percorso formativo con gli insegnanti che in seguito avrebbero avuto la responsabilità di presidiare e accompagnare il progetto rivolto ai ragazzi. L’iter formativo ha previsto quattro giornate di lavoro con due formatori dell’Università della Strada per un totale di circa 12 ore. Il lavoro è stato realizzato alternando lezioni teoriche a piccoli gruppi di lavoro al fine di rendere i partecipanti attori del percorso, favorendo la discussione sul tema, 36 offrendo un’opportunità di confronto e di scambio reciproco. Gli obiettivi dell’attività formativa sono stati: ‣ aumentare le competenze individuali nella lettura di situazioni critiche e di conflitto, ‣ accrescere le competenze emotive e le capacità di ascolto, ‣ apprendere modalità concrete e costruttive per gestire i conflitti della quotidianità in maniera più appropriata, in modo da moltiplicare la possibilità di intraprendere le strade del mutamento e della crescita – sia relazionale che individuale – piuttosto che quelle della contrapposizione e della rottura, ‣ fornire strumenti di analisi e riconoscimento di situazioni a rischio di prevaricazione e vittimizzazione, al fine di ipotizzare strategie e interventi utili al miglioramento della qualità di vita in ambiente scolastico. ‣ accompagnare e favorire le risorse riparative degli attori della scuola al fine di implementare strategie rispetto alla gestione delle regole, delle sanzioni e di modalità alter native di risoluzione delle controversie. In ultimo è stato dedicato spazio alla costruzione e coordinamento dello sportello di mediazione tra pari poiché non è pensabile delegare l’intera gestione ai ragazzi. Al contrario, è importante per questi ultimi avere una o più persone adulte competenti a cui fare riferimento. Inoltre per la buona riuscita del progetto è importante che le persone adulte coinvolte nella formazione possano farsi portavoce di una nuova modalità di 37 gestione dei conflitti all’interno del proprio istituto, sensibilizzando e avvicinando a tali tematiche il personale, docente e non, che non ha avuto modo di partecipare alla formazione iniziale. Se all’inizio del lavoro alcuni insegnanti ha esplicitato le loro perplessità rispetto al progetto e soprattutto rispetto alle capacità competenze che i ragazzi avrebbero dovuto mettere in pratica per realizzare il fine del piano di lavoro, è stato interessante alla fine dell’intero percorso verificare come fosse avvenuto un cambiamento di pensiero rispetto alle possibilità di operare da parte dei ragazzi e anche alla risposta della scuola riguardo all’attività di sportello. Formazione studenti l percorso rivolto agli studenti è stato realizzato in due azioni: una prima di sensibilizzazione e una di formazione mirata per i “giovani mediatori”. Sensibilizzazione. Una volta terminata la formazione con i docenti delle scuole coinvolte, si è dato inizio all’attività di sensibilizzazione nelle varie scuole implicate nel progetto, prendendo come riferimento tutte le classi seconde per la scuola secondaria di 1 grado, le classi 4 per la scuola primaria e le classi terze per la scuola secondaria di 2 grado. 38 Tale momento ha avuto come scopo quello di avvicinare i ragazzi al tema della gestione e mediazione dei conflitti e alla presentazione di un percorso di formazione per diventare “giovani mediatori” al fine di realizzare all’interno del proprio istituto uno sportello di mediazione gestito dagli stessi studenti. Al termine di tale presentazione gli allievi hanno avuto la possibilità di candidarsi per far parte del gruppo di formazione. Dopo aver visto alcuni spezzoni video che hanno stimolato la discussione sui temi del conflitto e la sua gestione, i ragazzi si sono alternati nella drammatizzazione, portando i propri vissuti rispetto alle situazioni proposte e le pratiche normalmente utilizzate per cercare di gestire il litigio. Con il contributo dei formatori si sono analizzate le situazioni, suggerendo le modalità di gestione dei conflitti tra pari, anticipando alcune caratteristiche di tale pratica. Lo scopo è stato quello di stimolare la discussione rispetto a quali interventi si possono mettere in pratica per cercare di gestire una situazione conflittuale e quali stati d’animo possono provare le parti coinvolte. L’intento di tale momento, oltre che raccogliere le iscrizioni dei possibili volontari per il percorso di formazione, è stato quello di poter avvicinare un gran numero di ragazzi alle teorie della mediazione tra pari in ambito educativo e di permettere una riflessione sulle pratiche quotidianamente messe in atto per la gestione dei conflitti, riconoscendo anche gli aspetti positivi e trasformativi di tale esperienza. 39 Formazione “giovani mediatori”: Il percorso di formazione dei bambini e ragazzi, si è realizzato in un ciclo di 8 incontri di circa 2 ore ciascuno (sia per i bambini della scuola primaria, sia per i due gruppi distinti delle scuole secondarie di 1° grado della scuola Nuccio e Mazzini). Gli incontri sono stati programmati a cadenza quindicinale nel periodo tra gennaio e marzo 2012. Per quanto riguarda l’Ist. Comp. Nuccio gli incontri si sono svolti in orario scolastico (in mattinata) all’interno dell’aula magna, diversamente, nella scuola media Mazzini, le attività si sono svolte in orario extrascolastico (nel pomeriggio) in un’aula-laboratorio. (Questa è stata la nostra esperienza a Marsala ma anche nelle altre scuole coinvolte generalmente si è lavorato in orario scolastico) In seguito alla sensibilizzazione generale si dato avvio alla formazione dei giovani mediatori. I ragazzi che si sono candidati per tale percorso hanno espresso le loro motivazioni ed emerso come fosse importante per loro trovare altre modalità di gestione del conflitto e come questo ultimo fosse spesso vissuto in modo pesante e negativo. Il modello di mediazione proposto nel progetto è quello “tra pari”, un modello in cui sono coinvolti direttamente i ragazzi come mediatori ed ha come campo d’azione i conflitti tra coetanei e non quelli in cui è coinvolta una persona adulta (insegnante o genitore). Le situazioni che generalmente si affrontano con la mediazione tra pari sono quelle riguardanti il bullismo, le liti, le incomprensioni e gli scontri in genere. Si è pensato di utilizzare tale modello poiché l’esperienza di progetti analoghi, sia sul territorio siciliano che in altre città 40 italiane e straniere, ha evidenziato come la richiesta d’aiuto per i giovani che vivono un conflitto è più frequentemente rivolta ai coetanei piuttosto che agli adulti. Ciò per i seguenti motivi: ‣ I coetanei condividono lo stesso ambiente e sono quindi più facilmente reperibili ‣ La comunicazione è più facile, si utilizza lo stesso linguaggio. ‣ Non ci sono posizioni di potere, i coetanei sono quindi più facilmente accettati dalle parti ed hanno meno potere sanzionatorio degli adulti ‣ I pari capiscono più facilmente l’importanza che il conflitto riveste nella vita dei compagni. La mediazione tra pari si rivela uno strumento efficace per la gestione dei conflitti, responsabilizzare all’interno della scuola un gruppo di mediatori pari aumenta l’autonomia degli allievi e spesso le competenze acquisite sono applicate in altri contesti quali la famiglia e il quartiere. E’ importante che chi si propone come mediatore lo sia del tutto volontariamente, per tale motivo è stata prevista una sensibilizzazione sui temi della gestione dei conflitti tra compagni, rivolta a tutti gli allievi delle quarte elementari della scuola primaria Nuccio e agli allievi delle seconde medie della scuola secondaria di primo grado Nuccio e Mazzini. In seguito si è data la possibilità di iscriversi e seguire un corso di formazione ad hoc per diventare “giovani mediatori”. 41 I temi affrontati durante i vari incontri sono stati: “Conoscenza partecipanti e presentazione laboratorio” “Io, noi, il conflitto e la rabbia …” “Punti di vista e buona soluzione” “Comunicazione, ascolto e emozioni” “La cooperazione” “Il ruolo del mediatore” “Tecniche di mediazione” “La mediazione e lo sportello a scuola” Si è trattato quindi di un lavoro con un gruppo “misto”, poiché formato da persone non appartenente allo stessa classe, ma bensì a classi diverse, ciò ha permesso di uscire dalle classiche dinamiche della classe e di riuscire a creare un’aula formativa che comunque potesse essere per i partecipanti un nuovo contesto culturale di apprendimento dove, attraverso un linguaggio condiviso, fosse possibile valorizzare le proprie esperienze e competenze. Un luogo in grado di far emergere le differenze, che attraverso tale formazione, diventassero ricchezza comune e valore aggiunto dell’apprendimento stesso. Attraverso le tappe proposte nel percorso formativo si è lavorato sulle competenze necessarie per poter operare come mediatore al fine di costruire all’interno del proprio istituto scolastico uno sportello di mediazione gestito da pari. I ragazzi coinvolti nel progetto hanno espresso interesse per i temi affrontati, hanno partecipato in modo attivo hanno saputo prestare attenzione durante gli incontri e dare ascolto alle parole degli operatori e 42 dei compagni, dimostrando sensibilità rispetto ai temi proposti. Gli incontri hanno consentito ai ragazzi di parlare delle piccole arrabbiature che vivono tutti i giorni a casa e a scuola e che spesso non riescono a trovare uno spazio e un tempo in cui avere un’adeguata accoglienza. Hanno mostrato un interesse vivo e partecipe non solo verso i temi trattati, ma anche verso le modalità di conduzione, apprezzando la possibilità di giocare raccontandosi e contribuendo a creare un clima di lavoro attento e sereno. Tale lavoro ha permesso loro di confrontarsi con il resto del gruppo e di provare a sperimentare nuove modalità di gestione del conflitto. Al temine del percorso formativo è stato dato l’avvio al momento di costruzione dello “Sportello di mediazione”. E’ stata l’occasione per i ragazzi di mettersi alla prova rispetto a tutto il percorso fatto e di potersi sperimentare con i i compagni. L’entusiasmo che li ha accompagnati ha reso possibile un ulteriore fase di sensibilizzazione all’interno del proprio istituto per rendere noto l’attività dello sportello, il fine del lavoro del mediatore e rassicurare sul riservatezza delle persone implicate in questa attività. La costruzione fisica dello sportello, in un aula destinata, attraverso cartelloni e altro ha coinvolto anche le docenti di riferimento del progetto, che da parte loro hanno provveduto a informare l’intero corpo docente sull’attività dei ragazzi. 43 C – Supervisione degli sportelli nelle scuole Al termine dei percorsi di formazione e con la realizzazione degli sportelli nei vari istituti scolastici, si sono incontrati gli insegnati di riferimento del Progetto per monitorare l’andamento dell’attività di mediazione tra i ragazzi. Per i ragazzi è stato importante ritornare su alcune modalità, poter esprimere le proprie perplessità, ma anche poter riferire l’andamento dell’attività e la ricaduta sulla scuola del progetto. E’ stato un momento in cui gli adulti hanno avuto la possibilità di chiarire i propri dubbi sulle modalità di gestione dello sportello, di esprimere le loro incertezze e confrontarsi con altri. Si è rilevato quanto possa essere importante per i ragazzi avere un riferimento adulto che li possa aiutare a coordinare l’attività di gestione dello sportello, diffondendo all’interno della propria scuola l’attività di mediazione, attraverso momenti di sensibilizzazione con altri studenti, insegnanti e operatori scolastici e sostenendoli nelle proprie capacità. 44 La formazione presso il II Circolo di Castelvetrano, la Scuola Media G. Grassa di Ma zara del Vallo e l’Istituto Nautico M. Torre di Trapani Giuseppina Sutera, Giovanna Triolo Nell’ambito del progetto “Guichets antiviolences pour les mineurs”, si è tenuto un corso di formazione finalizzato alla creazione di un’equipe, all’interno della scuola, di giovani mediatori che supportati dai loro insegnanti, sappiano gestire uno sportello di mediazione scolastica. Alla fine del percorso lo sportello è stato attivato in tutte le scuole che sono state individuate e coinvolte attivamente nel progetto. Il corso ha avuto una durata di 16 ore e ha coinvolto 26 alunni delle classi IV elementare del II circolo di Castelvetrano (sedi di Piazza Dante e Ruggero Settimo), 23 alunni delle seconde medie nella scuola G. Grassa (sede centrale e succursale) e 13 alunni delle IV classi per l’istituto tecnico Nautico M. Torre di Trapani. Il corso ha previsto 2 tappe principali: ‣ incontro di sensibilizzazione ‣ formazione rivolta agli alunni che sono stati individuati. La sensibilizzazione ha permesso la conoscenza del tema gestione dei conflitti, è stato necessario infatti diffondere i principi fondamentali della mediazione, puntualizzando sul fatto che lo scontro, le liti e il conflitto sono componenti comunque presenti nella vita di tutti i giorni ma che, se opportunamente 45 affrontati, possono rappresentare stimoli importanti per il cambiamento e la crescita dell’intera comunità. I ragazzi, attraverso la visione di filmati prima e la simulazione di un conflitto dopo, hanno avuto un ruolo dinamico nelle giornate di sensibilizzazione, in particolar modo i filmati sono diventati spunto per l’apertura di discussione, mentre i role play sono serviti per comprendere fino in fondo gli stati d’animo che vivono le parti in conflitto. Lo scopo principale delle giornate di sensibilizzazione è stato quello di fare comprendere che la mediazione favorisce un approccio non giudicante rispetto alle persone, e promuove un metodo basato sulla comunicazione, la consapevolezza e la comprensione delle differenze. Inoltre si è cercato di fare comprendere che con la mediazione le persone non rinunciano alle loro convinzioni o valori, ma utilizzano soluzioni creative. Alla fine della giornata di sensibilizzazione i ragazzi si son liberamente candidati e successivamente sono stati sorteggiati per partecipare al corso di formazione. Durante le ore formative sono stati affrontati questi argomenti: ‣ Conoscenza partecipanti e presentazione ‣ il conflitto e la rabbia ‣ Punti di vista ‣ L’ascolto ‣ La cooperazione ‣ Il ruolo del mediatore e le tecniche di mediazione ‣ La mediazione e lo sportello a scuola Durante il corso i ragazzi sono stati forniti di strumenti pratici con la quale gestire i conflitti, aiutarli a comprendere meglio se stessi e renderli capaci di un ascolto autentico verso gli altri. Hanno imparato che i conflitti non possono essere effettivamente risolti a meno che i partecipanti stessi non scelgano di farlo. 46 La formazione in Irlanda Geraldine Richardson, Michael Conlon SICCDA è un’associazione formata dai cittadini che abitano nel quartiere delle Liberties di Dublino, un gruppo di volontari che lavora per risolvere i problemi sociali, educativi, sanitari, economici e ambientali che la comunità si trova a dover affrontare. La mission dell’associazione è di creare una comunità tra i cittadini delle Liberties, nella quale tutti, ma soprattutto i più svantaggiati, si sentano invece ben accetti e valorizzati. Nel corso degli ultimi due anni sono stati avviati programmi di mediazione in tutta la comunità, per aiutare i residenti a gestire i conflitti locali. Allo scopo di favorire un approccio comunitario, è stato avviato un programma di mediazione scolastica (peer mediation e restorative practice) nelle scuola primarie del quartiere, in particolare nella St. James, Frances Street, e Warrenmount. ma si conta di coprire altre scuole nei prossimi anni. Si ritiene che trovare una soluzione condivisa ai conflitti locali ha reso la comunità più pacifica, riflessiva e positiva. Le scuole coinvolte si trovano in un’area urbana estremamente svantaggiata, con problemi sociali ed economici enormi. Si tratta di scuole particolarmente esposte a problemi della sfera comportamentale, in particolare si registra molta aggressività da parte dei ragazzi, e dunque si è sempre pronti ad abbracciare qualsiasi nuovo metodo che aiuti a gestire questo aspetto, e questo è particolarmente adatto per scuole come queste. 47 Peer mediation L’impatto è stato estremamente positivo per le scuole, sia per il personale in genere che per i ragazzi. Durante la formazione sono stati coinvolti tutti i membri della comunità perché partecipassero: dagli psicologi che lavorano nella scuola agli insegnanti del club extrascolastico, tutti i membri della comunità hanno seguito la formazione. E dunque si tratta di un approccio positivo alla gestione dei comportamenti condiviso da ogni segmento della scuola. C’è sempre stato un approccio positivo ai comportamenti, e all’avvio della pratica ci si è concentrati maggiormente sull’uso di affermazioni costruttive, che già erano state apprese durante una formazione precedente, con altri programmi, e già usate. Così, sono state utilizzate quelle competenze per consolidare il lavoro che già si stava portando avanti. Però, lo strumento migliore derivato da questa pratica sono le domande, utilissime per l’insegnante che si trova ad affrontare ogni giorno lo stesso, identico problema, con i ragazzi che litigano in cortile. Così invece di dire frasi del tipo “lo stai facendo di nuovo, perché lo stai facendo di nuovo?”, si può far ricorso a questo pacchetto di domande, cosa che elimina la confusione. I ragazzi che arrivano e si trovano ad affrontare una situazione di aggressività, hanno familiarità con le domande, sanno dunque cosa gli verrà chiesto dopo, e sanno che avranno la possibilità di raccontare la loro versione dell’accaduto. E questo elimina l’aggressività. Le conseguenze che ha generato nel cortile e nelle classi tra gli alunni sono straordinarie. 48 Domande utilizzate durante la peer mediation -Cos’è successo? -Cosa pensavi in quel momento? -Cos’hai pensato dopo? -Che conseguenze hai avuto da quello che hai fatto? -E che conseguenze hanno avuto gli altri? Il training ricevuto con i metodi precedenti non prevedeva l’accettazione del comportamento dell’alunno, non erano loro a decidere. Con questo metodo invece, hanno la possibilità di comprendere quali conseguenze il loro comportamento ha avuto sugli altri e su se stessi. Questo sistema è preferibile rispetto a quello che si utilizzava prima. I ragazzi ora sanno che saranno ascoltati, che verrà il loro turno di parlare; e dunque se accade un incidente sono piuttosto calmi mentre spiegano l’accaduto. Quando vengono utilizzate le domande, sanno che si vogliono anche ascoltare le loro versioni; si prenderanno la responsabilità di quello che hanno fatto, ma si lavora nella scuola con un atteggiamento positivo, più di prima, grazie a questo. Restorative practice (pratica del cerchio) Altri strumenti utili sono gli incontri formali, durante i quali è a disposizione un facilitatore se ci sono casi particolari di alunni che mostrano comportamenti molto distruttivi in classe. Il facilitatore è di solito un membro dello staff che non si occupa però direttamente di quegli alunni e di quella classe in particolare, e si invitano anche i genitori. Si pongono le 49 stesse domande, nello stesso ordine, e l’alunno ha la possibilità di ascoltare le conseguenze che il suo comportamento ha sugli altri. Ed è molto efficace ascoltare qualcuno che dice quali sono gli effetti diretti del tuo comportamento, e questo ha generato cambiamenti del tutto positivi. Il feedback è dunque positivo, anche perché il metodo è molto facile da applicare; non sono necessarie attrezzature, oggetti, o altre risorse, servono solo le carte con le domande, dunque estremamente semplice. Si usa di solito al mattino, quando entrano, chiedendo all’alunno come sta da uno a dieci, e se un alunno risponde ‘uno o due’, questo è un campanello d’allarme che fa capire che l’alunno quel giorno ha qualcosa che non va. Un approccio molto semplice davvero che non richiede nemmeno un minuto di tempo, ma che da’ all’insegnante il senso del clima generale che troverà quel giorno in classe e che c’è qualcosa di cui dovrà occuparsi. Gli insegnanti sono molto contenti, apprezzano molto le domande. Per quanto riguarda il cerchio, anche quello veniva già usato, ma solo per chiedere cose del tipo “preferisci questo o quello”, ma non per risolvere i conflitti. Il punto centrale è che i ragazzi ora sono sempre consapevoli del fatto che il loro comportamento ha degli effetti sugli altri, che non vivono in una bolla, che gli altri risentono dei loro comportamenti. 50 Lo strumento degli atelier Rosanna Frosina Laboratorio, Didattica tradizionale, Atelier. Che cosa hanno in comune e in che cosa differiscono queste tre esperienze? Sicuramente al laboratorio si associa l’esperienza mentre alla didattica di tipo tradizionale si associa la trasmissione del sapere. Quindi volendo usare una espressione matematica ,possiamo dire che "il fare sta al laboratorio come il dire sta alla didattica tradizionale". In questo momento storico si avverte la necessità di un approccio esperenziale in quanto i bambini di oggi, rispetto a quelli del passato, vivono più lontani dalla natura, dai suoi processi e dall’esperienza diretta dei suoi cicli. E’ necessario quindi costruire, mediante un approccio mediazionale, occasioni di crescita a livello di contenuti, soprattutto di quelli di cui hanno poca memoria storica (esperienza laboratoriale). Ma è altresi’ importante costruire uno spazio dove materializzare l’astratto, dove fare esperienza di trascendenza, dove si incontrino il contenuto e il suo fruitore, l’esperienza e la trascendenza… Esiste dunque uno spazio dove ciò si possa realizzare? E ,se esiste, questo spazio è necessariamente fisico? Gli Atelier possono rappresentare la risposta a queste domande, quel momento in cui "la buona pratica" funga da ponte in un percorso circolare tra esperienza , 51 contenuto e individuo. L’Atelier ,cosi’, diventa un momento,una forma mentis, una volontà da sperimentare ogni qualvolta si voglia intraprendere un viaggio la cui la meta è lontana dal "hic et nunc". E’ quello che è successo nelle scuole di Marsala, di Trapani, di Castelvetrano….che hanno aderito al progetto,ma è quello che può accadere quotidianamente in tutti quegli spazi in cui si voglia trasformare l’esperienza in occasione per ex-ducere . Nel nostro caso specifico, gli atelier hanno coinvolto famiglie, studenti, personale scolastico, operatori delle forze dell’ordine e del settore sociale trattando temi strategici per la prevenzione e la gestione dei conflitti. Tipologie di atelier: ‣ divulgativi, finalizzati a sensibilizzare la comunità sui temi trattati ‣ operativi, sulla gestione della rabbia e dei conflitti a scuola, in grado di fornire strumenti immediati per “detensionare” situazioni di emergenza. ‣ strategici, per favorire lo sviluppo di atteggiamenti pro sociali attraverso la ricerca di un nesso trasversale con la programmazione didattica ‣ “percettivi”, per far emergere il sentire dei ragazzi, e poterne dare voce, sulle problematiche inerenti al pericolo e all’insicurezza sociale ‣ istituzionali, finalizzati alla sottoscrizione di protocolli d’intesa per una governance della mediazione ‣ sui nuovi processi comunicativi, finalizzati ad approfondire le nuove forme di socialità in rete. ‣ sperimentali, volti a conoscere la mediazione attraverso i giochi di ruolo negli ambienti virtuali 3D 52 Atelier O.N.S.A Come può la Scuola trovare lo spazio ed il tempo,senza in alcun modo violare il suo ruolo di servizio pubblico,per educare i suoi ragazzi a diventare interpreti di buone pratiche educative e addestrarli quotidianamente al rispetto dell’alterità? In che modo la Scuola può fungere da palestra per un allenamento costante e sistematico allo star bene? E’, in altre parole, possibile "andare a Scuola di non violenza" mentre si studia l’Italiano o la Matematica? Come si possono mettere in pratica i cosiddetti O.N.S.A. con le risorse di cui dispone la Scuola oggi? Di esempi se ne potrebbero fare tantissimi ,mi limiterò ad allegarne alcuni che possono essere rappresentativi sia per la scuola primaria sia per la scuola secondaria di primo grado. Premetto che di seguito verrà dimostrato come,partendo da un qualunque strumento didattico, si possa arrivare a dirottare il fine didattico curricolare a quello educativo con un investimento in un futuro magari non prossimo ,ma sicuramente più responsabile. Seguono una serie di unità didattiche come esempi su cui applicare gli Obiettivi Non Specifici di Apprendimento.. 53 CLASSE IV SCUOLA PRIMARIA: allegato n1 SCHEDA TECNICA ALLEGATO 1 O.S.A.: leggere e comprendere testi appartenenti ai vari generi testuali. O.N.S.A.: invitare gli alunni ad una riflessione guidata sul valore dell'insulto e delle parole e sul pericolo della stigmatizzazione dei ruoli che può provocare l'annullamento della personalità dei confliggenti. 54 SCUOLA PRIMARIA:(classe IV): allegato n2" NOMI CONCRETI E NOMI ASTRATTI (Scheda pag 7, GUIDA DIDATTICA PER LA SCUOLA PRIMARIA. AA.VV., FABBRI EDITORE) O.S.A.: distinguere i nomi concreti dai nomi astratti O.N.S.A.: riflettere sul significato di parole come "paura","rabbia", "dispiacere","esclusione"..., ed associare, usando altre parole astratte, parole che indicano un BISOGNO come "comprensione","partecipazione,giustizia...... 55 SCUOLA MEDIA:(classe I) allegato n3 "STOP AL BULLISMO" (scheda pag161,GRAMMATICA ITALIANA I N SCHEDE, A.MORETTI, ALICE EDITORI) SCHEDA TECNICA ALLEGATO 3 O.S.A.:saper distinguere il complemento di termine e di specificazione O.N. S.A: condurre i ragazzi alla comprensione del valore del dialogo in caso di episodi di bullismo 56 CLASSE PRIMA vignetta (ALLEGATO 4) 57 SCHEDA TECNICA ALLEGATO 4 O.S.A.: ‣ Sa mettere in cronologico fatti e fenomeni ‣ Sa porre in relazione i fatti ‣ Sa cogliere il nesso fra causa ed effetto O.N.S.A.: ‣ creare nel bambino la tendenza a governare / pianificare il proprio comportamento, ragionare sull’esito ‣ formulare ipotesi (se reagisco cosi’ cosa accadrà?) ‣ favorire il processo decisionale per stabilire qual è la soluzione migliore SCUOLA PRIMARIA CLASSE TERZA SCIENZE: Gli animali si difendono: Abitudini e comportamenti diversi degli animali per difendersi dai loro nemici: ‣ fuga ‣ mimetismo ‣ attacco ‣ etc SCHEDA TECNICA O.S.A.: Individuare il rapporto esistente tra organismi viventi e il loro ambiente naturale O.N.S.A. 58 Guidare il bambino alla riflessione sul corretto modo di agire in caso di attacco esterno CONCLUSIONI Continuare con gli esempi sarebbe divertente e stimolante, ma diventerebbe un mero elenco di di momenti strutturati che possono magicamente trasformarsi in occasioni di riflessione… Allora ,mi piacerebbe concludere questo breve viaggio con un invito che rivolgo ai miei colleghi, di ogni ordine e grado, affinchè raccolgano la sfida quotidiana di trovare un pretesto (all’interno della propria lezione) per "trascendere" ,oltrepassando quel limite impostoci dalla consuetudine.,sublimando la conoscenza……. d’altronde, come ci insegna Seneca,<< …le migliori idee sono proprietà comune…>>. 59 60 “Non di solo rabbia …” atelier strategico sul riconoscimento delle emozioni Laura Gilli Attraverso questo laboratorio si vuole mettere in evidenza come le emozioni non siano innate negli individui ma come si possano apprendere nel corso della vita cosi come si impara a parlare, poiché di innato c’è solo la possibilità di emozionarsi. Imparare a provare emozioni condivise, così come imparare ad usare un linguaggio comune, è di fondamentale importanza per lo sviluppo delle capacità e delle libertà individuali. Il lavoro è stato rivolto in modo particolare al mondo scolastico poiché compito della scuola non è solo quello di offrire agli studenti attività didattiche ma ormai da tempo l’obiettivo è quello di sviluppare un complessivo ben-essere dello studente (Ed alla salute, alla pace, all’intercultura, alla legalità,alla sicurezza, all’ecologia… cioè Educazione alla convivenza civile). La scuola quindi diventa il terreno sul quale lo studente dovrebbe imparare a trasformare, grazie ad attività disciplinari ed interdisciplinari, le conoscenze e le abilità relative a diversi ambiti educativi in competenze relazionali. Si è posta l’attenzione sul significato generale delle emozioni e sulla loro importanza per lo sviluppo armonico della personalità. 61 Essendo l’atelier inserito nell’ambito del progetto “Guichet antiviolence pour les mineurs”, si è fatto riferimento al percorso proposto ai ragazzi delle scuole interessate e all’importanza data in tale percorso agli stati emotivi che emergono in una situazione di tensione o di conflitto Gli obiettivi che un lavoro sul riconoscimento emotivo si propone sono: ‣ Facilitare la conoscenza delle proprie emozioni ‣ Costruire un vocabolario per i sentimenti ‣ Imparare a controllare le proprie emozioni negative ‣ Perfezionare la propria capacità di empatia, comprendendo i sentimenti e le preoccupazioni degli altri, cercando di capire il loro punto di vista ‣ Comunicare meglio ascoltando e facendo domande. ‣ Imparare ad accettarsi, riconoscendo i propri punti deboli e di forza. ‣ Acquisire maggiori competenze nel campo della gestione dei conflitti. Attraverso alcune attivazioni, in cui si sono direttamente coinvolti i partecipanti dell’atelier,si è lavorato s u l l ’ i m p o r t a n z a d i n o m i n a re l e e m o z i o n i , s u l riconoscimento emotivo e il rimando empatico. Per ogni attività sono precisati gli obiettivi, la durata, i materiali occorrenti e lo svolgimento, particolare interesse hanno suscitato le osservazioni, le indicazioni e i suggerimenti delle persone che hanno avuto la possibilità di sperimentate le esercitazioni proposte. L’atelier ha avuto come scopo quello di far emergere come un investimento sul lavoro sulle emozioni possa 62 essere uno strumento e un aiuto per poter rendere più facile l’educazione affettiva ed emotiva nell’ambito educativo con la convinzione che per riuscire nel processo di apprendimento sia necessario sviluppare un’adeguata consapevolezza della propria affettività . E’ altresì importante l’assunzione di un’impostazione pedagogica che consideri l’intera complessità del “ragazzo” e non soltanto un esame oggettivo delle sue prestazioni . 63 64 Atelier “Laboratorio per ragazzi sulle tecniche di mediazione” 25 Gennaio 2013 Sutera Giuseppina, Giovanna Triolo In occasione del convegno "Scuola: dall'aggressività alla gestione costruttiva dei conflitti - Valutazione delle attività svolte e prospettive future" tenutosi il 25 Gennaio 2013 presso Palazzo Riccio di Morana, si è svolto l'atelier “Laboratorio per ragazzi sule tecniche di mediazione”., a cui hanno partecipato i ragazzi della scuola elementare del II circolo di Castelvetrano e i ragazzi dell'istituto Nautico di Trapani che per la prima volta hanno avuto l’occasione di mettere a confronto l'esperienza della mediazione e permettere così uno scambio. Dopo una fase iniziale in cui i ragazzi disposti a cerchio si sono presentati e superato lo stupore iniziale causato dalla differenza di età, hanno cominciato a rispondere a tutte le domande che venivano loro poste dai facilitatori, analizzando i punti di forza e debolezza che in questi mesi hanno riscontrato. In particolare ai ragazzi è stato chiesto: ‣ Un breve racconto della loro esperienza ‣ come hanno organizzato lo sportello e come avviene la mediazione all’interno dell’Istituto di appartenenza ‣ Le loro impressioni e i dubbi da chiarire 65 I ragazzi in maniera libera hanno risposto a tutte le domande, esprimendo pareri positivi e negativi e facendo emergere riflessioni costruttive e non prive, in alcuni casi ,di criticità su alcuni argomenti. In particolare tra i ragazzi del Nautico è emerso che la difficoltà principale per la diffusione dello sportello nasceva dallo scetticismo iniziale dei ragazzi più grandi in quanto veniva presentato loro, un modo diverso di affrontare il conflitto, una modalità alternativa che mira all’utilizzo di un linguaggio nuovo ma che offre strumenti pratici e più efficaci per gestire le situazioni conflittuali. Per i ragazzi della scuola elementare il problema principale era legato invece ad aspetti pratici e organizzativi (es. aula a disposizione molto piccola e di passaggio) In un secondo momento si è passati a considerare gli aspetti positivi che da questo percorso sono emersi e si è arrivati alla conclusione che la mediazione permette di creare a scuola un ambiente più rilassato e produttivo dove si è sviluppato un maggiore interesse e rispetto per l’altro. I mediatori, soprattutto nella scuola primaria , sono stati da tutti i compagni di scuola ben accolti in quanto essendo loro “pari” hanno valori comuni a chi si rivolge a loro, e sono meno esposti alle gerarchie scolastiche e quindi riconosciuti come più competenti. I ragazzi del II circolo hanno raccontato che il numero dei bambini della scuola che hanno richiesto l'intervento dei giovani mediatori è molto alto e che i ragazzi di tutto l’istituto hanno imparato che la mediazione non è un obbligo, non è un gioco né un modo per imporre la soluzione ad un 66 litigio, ma si sono sentiti ascoltati e hanno avuto lo spazio necessario per ascoltare l’altro, superando in alcuni casi e migliorando le loro capacità comunicative, e grazie a questo molte controversie hanno trovato rapida soluzione. Dal confronto è emerso inoltre che il processo di mediazione, non imponendo soluzioni, ma utilizzando alfabettizazioni emotive, permette, nel rispetto delle proprie differenze, di ricercare soluzioni creative che vanno nella direzione dell’accettazione e del rispetto e grazie alla quale si scopre che gli interessi e i valori propri sono condivisibili e comuni a quelli degli altri. 67 68 La valutazione delle esperienze 69 70 Il progetto «Guichets antiviolence pour les mineurs »: unascommessacomplessa Giovanni Ghibaudi, JoelleTimmermans Quando si è iniziato ad impostare il progetto “Guichet de la violence” si era consapevoli di dare vita ad una scommessa complessa, rispetto alla quale i rischi di non raggiungimento degli obiettivi, individuati e condivisi tra i partners italiani e irlandesi, erano molto alti. Rischi evidenziati dal fatto che ci si trovava di fronte ad uno dei pochi progetti di lotta alla violenza in ambito scolastico, rivolti al mondo della scuola in provincia di Trapani. L’idea di fondo, da cui ha preso vita questo progetto, è offrire l’opportunità di discutere e confrontarsi sui vissuti che le azioni violente (agite e/o subite) portano con sé e costruire insieme agli studenti delle alternative praticabili e realistiche per gestire le situazioni conflittuali che si possono incontrare nella quotidianità delle relazioni fra coetanei. 71 La sperimentazione in Italia e in Irlanda Il presente lavoro vorrebbe restituire quanto realizzato nel corso delle varie fasi progettuali e gli elementi emersi dalla ricerca e dall’attività formativa condotta presso alcune scuole di primo e secondo grado in Trapani, Marsala, Mazara del Vallo e Castelvetrano, per quanto riguarda l’Italia, e nel quartiere delle Liberties di Dublino, per quanto riguarda l’Irlanda. Esso ci permette di dire che la scommessa è stata vinta, pur nella consapevolezza che il futuro ci interpellerà e stimolerà a ricercare nuove vie di risposta alla violenza agita/subita,soprattutto dai giovani attori della scuola, ma non solo. Di qui l’aspetto caratterizzante che ci pare possa sintetizzarsi nell’individuazione di azioni mirate, sia per la componente allievi utilizzandoil modello dellapeereducation;modello in cui “sono coinvolti direttamente i ragazzi come mediatori e ha come campo d’azione i conflitti fra coetanei”, sia per la componente docenti, che ha la responsabilità di presidiare, accompagnare e facilitare il progetto rivolto agli studenti, nei confronti dei quali è necessario investire in percorsi formativi specificatamente “ad hoc” Tali azioni, avviate contemporaneamente presso le sedi dei singoli istituti coinvolti, potranno arricchirsi di ulteriori strumenti formativo/operativi, in un continuum dinamico che le deve caratterizzare. 72 Il tema dei conflitti fra i giovani Il tema dei conflitti fra i giovani e delle forme di bullismo, sono temi che non possono rimanere relegati tra le pareti della scuola, quasi a minimizzarne la portata, ma vanno affrontati all’interno di uno scenario di riferimento molto più vasto: quello della violenza agita e subita attraverso sia il coinvolgimento di più attori sociali (giovani, adulti), sia di attori istituzionali (scuola, enti locali), nonché di attori professionali (insegnanti, educatori, animatori). La violenza, nei gesti, nelle parole, nel clima che si respira nei contesti di aggregazione, ma anche per la strada e nei luoghi di formazione dei giovani è una modalità di vivere l’aggressività là dove le parole si sono perse e si realizza una perdita del controllo della situazione e del senso dell’altro. E’ una reazione che, in parte, si apprende dalla propria esperienza individuale e/o di gruppo e può diventare uno schema anche rigido di comportamento, che rischia di compromettere la qualità della vita e delle relazioni nel contesto classe. La violenza costituisce una delle più potenti spinte alla disgregazione nella vita degli individui.E’ ovunque intorno a noi: attraversa i nostri territori, i luoghi della formazione educativa ed i luoghi del tempo libero e nessuno può dirsi davvero al riparo dai suoi effetti; possiamo sperimentarla nelle nostre case, ma temiamo di incontrarla per strada e nei luoghi di aggregazione. Simultaneamente il tema della violenza si innesta sul tema del conflitto che, pur facendo parte della vita quotidiana di ciascuno di noi, spaventa perché, culturalmente, 73 prevale una percezione negativa del medesimo. Percezione che si fonda su assiomi dicotomici (giusto/ ingiusto, vincente/perdente, diversità/differenza, persecutore/vittima), che possono essere utili per una semplificazione del problema, ma che lo rendono statico come le immagini di una fotografia. Statico perché il conflitto viene relegato tra due confini predefiniti (lettura dicotomica), su cui è focalizzata l’attenzione e lo sviluppo di un dialogo tra sordi, non permettendo in tal modo alle parti coinvolte di individuare processi risolutori differenti. I conflitti rappresentano un aspetto dell’esistenza di ogni persona, di ogni comunità e sistema sociale, attraversano e contribuiscono a costruire le dinamiche relazionali e di sviluppo individuale di chi li sperimenta, segnano anche in maniera difficile la convivenza con i nostri simili. Tuttavia, al conflitto, nelle sue manifestazioni più diverse, può non essere data unicamente una connotazione negativa: l’esperienza del conflitto cioè, pur portando con sé un bagaglio di disagio e sofferenza, può risultare potenzialmente costruttiva. 74 Fornire gli strumenti per gestire e superare il conflitto L’obiettivo cui tendere non è quello di tentare di “deconflittualizzare” la vita di tutti i giorni, né di affrontare il tema della violenza partendo da posizioni di condanna morale o valoriali, bensì di fornire gli strumenti per gestire il conflitto in maniera più appropriata, onde moltiplicare la possibilità di intraprendere le strade del mutamento e della crescita – sia relazionale che individuale - piuttosto che quelle distruttive dello scontro nella logica del vincente/perdente. Un percorso di approfondimento sul tema della violenza e dei conflitti può indicare come non esistano solo reazioni d’aggressione, fuga o resa, vittoria e sconfitta, ma sia possibile una via alternativa. E’ possibile superarne gli aspetti negativi per giungere ad esprimere i propri punti di vista e le proprie emozioni, ascoltare le ragioni dell’altro, veder comprese le esigenze di più parti, senza forme di sopruso o prevaricazione, riconoscere l’altro e riconoscersi nell’altro, oltre che essere riconosciuto dall’altro. Obiettivo generale è favorire, all'interno di uno dei più importanti ambiti di vita dei giovani (la scuola), un clima di confronto che favorisca e aumenti la fiducia in sé dei ragazzi, e siafinalizzato a gestire in maniera più positiva i conflitti che essi sperimentano nella propria esperienza scolastica, familiare e di relazione. 75 Gli “attori sociali” della comunità locale: città,scuola, famiglia Affrontare la questione del bullismo e del conflitto significa anche interrogarsi su alcune situazioni rispetto alle quali,talvolta, ci sentiamo totalmente estranei, e realizzare che, invece, riguardano tutti, in misura più o meno diretta. Infatti, oltre a interessare direttamente le persone coinvolte, riguardano i legami sociali all’interno della comunità nel suo insieme, e la società civile in cui avvengono. È sul territorio che nascono e si sviluppano i conflitti, è all’interno della comunità locale che si mantengono o s’interrompono le relazioni sociali, ma gli attori sono sempre gli stessi e proprio per questo sono da considerare “attori sociali”, secondo la definizione del mediatore tedesco Zauberman.10 Ma, proprio perché attori sociali che convivono nella medesima comunità (città, scuola, famiglia), devono poter avere la possibilità, se non il diritto, di riappropriarsi della gestione del conflitto, con l’aiuto e l’intervento di differenti figure professionali formatesi ad hoc. 10 dal libro di Michèle Guillaume-Hofnung “La Médiation” – Presses Universitaires de France, 1995 76 Formazione Nello specifico del progetto “Guichetsantiviolence pour lesmineurs”, la funzione di mediatori è previsto che la svolgano, dopo opportuna formazione, gli studenti medesimi con l’aiuto delle insegnanti che hanno aderito alla proposta presentata e coordinata dal Centro Ricerche Economiche e Sociali per il Meridione (C.R.E.S.M.), di Gibellina. La formazione deve riguardare: ‣ le insegnanti, che hanno la responsabilità di presidiare e accompagnare l’intervento all’interno dei singoli plessi scolastici: a Trapani il percorso formativo si è potuto sviluppare in un ciclo di quattro incontri di tre ore ciascuno, per un totale di 12 ore; a Dublino in due giornate di formazione sulle pratiche riparative e la pratica del Cerchio, e due giornate dedicate alla formazione sulle competenze del facilitatore; ‣ gli studenti, ai quali è più frequentemente rivolta, in caso di conflitto, la richiesta d’aiuto da parte dei loro coetanei: la formazione si può sviluppare in un ciclo di 8 incontri di 2 ore ciascuno, per un totale di 16 ore e il coinvolgimento massimo di due classi per volta. 77 Posizione della scuola Un consistente meccanismo di negazione tende talvolta ad evitare di prendere in considerazione la cattiva sorte di chi ha compiuto violenza, e ancor di più di chi l’ha subita, la vittima: dopo gli atti di bullismo e/o violenza, rimangono sul campo feriti e rotture che contribuiscono a minare il senso di sicurezza nell’incontro con l’ “altro”, nella propria vita scolastica e sociale. Ma quale valore educativo e formativo deve avere la scuola oggi, per accogliere il disordine emotivo dei giovani e per non peccare di omissione di fronte a una conflittualità sempre crescente? Quale posizione può assumere la scuola quando il conflitto oltrepassa il limite del consentito, del socialmente pensabile e diventa espressione di violenza, di prevaricazione, di disprezzo per l’altro? L’isolamento e la punizione esemplare dell’elemento disturbante, deviante, può e deve essere l’unica risposta possibile? 78 Responsabilizzazione, consapevolezza e riconoscimento Il progetto “Guichetsantiviolence pour lesmineurs” ha voluto, con le differenti azioni messe in essere, sostenere e dimostrare che, forse, è più opportuno pensare ad interventi che concorrano a ricostruire le relazioni interpersonali interrotte attraverso azioni mirate alla responsabilizzazione, alla auto-consapevolezza, al riconoscimento dei vissuti emotivi dei singoli confliggenti, al fine difavorire concreti spazi di confronto e di rielaborazione dell’esperienza vissuta e/o patita. Se ci si pone, nei confronti di questi eventi, con la volontà di comprenderne il senso, ci si trova molto facilmente nelle condizioni di rintracciare nella storia dei fatti, ma più ancora nella storia e nelle parole delle persone, la portata e le ragioni comunicative, individuali e di gruppo, che hanno contribuito a collocarle in quel preciso destino. Ma come coniugare quanto detto sopra con il ruolo della scuola ed il suo riconoscimento da parte degli enti istituzionali e non? Come sviluppare un’azione congiunta tesa ad affrontare il problema della violenza e dei conflitti a scuola non come “risposta emergenziale”, ma come “capacità a so-stare nel conflitto come luogo della relazione11”? 11 Daniele Novara – « L’alfabetizzazione al conflitto come educazione alla pace » in F.Scaparro, Il coraggio di mediare. Guerini e associati,2001 – pgg. 177-187 79 Per quanto attiene l’ambito della socialità e delle relazioni positive, sembrano emergere tre aree di riferimento verso le quali orientare possibili proposte d’intervento. Proposte d’intervento che non possono e non devono essere viste in un’ottica di “risoluzione di problemi”, quanto piuttosto in un’ottica di “accompagnamento di processi di cambiamento” che si sviluppino lungo l’asse di nuovi codici d’azione pedagogica-sociale. 80 Accompagnamento di processi e alfabetizzazione relazionale Il passaggio dall’ottica di “risoluzione di problemi” all’ottica di “accompagnamento di processi” comporta un problema di riposizionamento dei diversi soggetti coinvolti, finalizzando l’interazione delle specifiche professionalità e capacità alla costruzione di convergenze e connessioni. Connessioni e convergenze che permetteranno di riappropriarsi delle problematiche senza più sentirsi da soli nel lavorare nel contesto di riferimento, quanto piuttosto nel percepirsi quali attori interagenti con altri soggetti in un medesimo contesto, che si presenta dinamico e complesso. Occorre, pertanto, porsi nell’ottica della gestione del conflitto, e della violenza ad esso connessa, se si vogliono ottenere dei risultati che possano radicarsi nella vita quotidiana, Per ottenere tali risultati occorre avere il coraggio di pensare soluzioni nuove, modelli educativi che introducano l’”alfabetizzazione relazionale” quale strumento che va oltre la classica funzione, svolta dall’istituzione scuola, di trasmissione cognitiva del sapere ed esperienziale del fare. Alfabetizzazione che non può e non deve essere relegata al solo ambito cognitivista, ma deve prevedere un coinvolgimento attivo delle varie figure coinvolte nell’organizzazione degli istituti scolastici: in primis la componente studentesca, a seguire le componenti docenti e genitoriali nel rispetto dei relativi ruoli e funzioni. Voler affrontare la violenza a scuola con il classico metodo della sanzione, può essere appagante per chi la commina, ma non favorisce quel processo di responsabilizzazione dei giovani che permette agli stessi 81 di introiettare dentro sé stessi modelli comportamentali diversi. Mo d e l l i c o m p o r t a m e n t a l i c h e p a r t o n o dall’identificazione delle proprie emozioni e dal riconoscere l’altro come portatore di percezioni differenti dalle nostre, ma non per questo meno valide. Si tratta di un processo dinamico che partendo da un nuovo concetto di soggettività (data dall’interazione fra l’identità e la diversità), permette lo svilupparsi di un nuovo modo di pensare e di affrontare i problemi, i contrasti, i conflitti nella ricerca continua delle soluzioni appaganti le aspettative di tutte le componenti dei medesimi. Ma per quale motivo è importante coinvolgere, nella gestione del conflitto, le varie componenti sociali? Perché un’amministrazione pubblica (comune, ville, provincia, département…), dovrebbe occuparsi del bullismo e della conflittualità a scuola? Perché mai le scuole di ogni ordine e grado, istituzioni formativo-educative, dovrebbero accettare che altre istituzioni, altre figure professionali e non, si attivino nella realizzazione di interventi condivisi? Perché il problema non consiste nella soluzione del conflitto, che alcune volte è comunque irrisolvibile, ma nella sua gestione. Attraverso la gestione del conflitto possiamo arrivare a trasformarlo “da una percezione negativa” (paura, minaccia, debolezza),“ad una percezione positiva” (ascolto, riconoscimento, crescita), con conseguente ricaduta, in generale sul contesto sociale e scolastico, in particolare sul contesto classe. Ora, se la “soluzione del conflitto” può essere affrontata tramite lo strumento della decisione super partes o della sanzione comminata dal preside o da un insegnante; la “gestione della violenza insita nel conflitto”, che il più delle volte è l’iceberg di situazioni ben più complesse, deve essere affrontata con un’azione sinergica tra le varie componenti istituzionali e non. 82 Un’azione sinergica Solo attraverso un’azione sinergica che si sviluppi in un ‘ottica sistemica è possibile riconoscere specificità e complessità del problema. Il riconoscimento della differente referenzialità dei soggetti coinvolti, tramite il reciproco influenzamento, può permettere la costruzione di risposte alternative, che acquistano significato e valenza nell’inter-azione continua fra gli attori coinvolti. Contemporaneamente la violenza ed i conflitti ad essa connessi richiedono risposte adeguate a situazioni che si sviluppano nell’informalità. Ma offrire risposte adeguate non implica che si debba agire solo nell’ambito della formalità o dell’autorità: il più delle volte occorre sviluppare la gestione del conflitto mantenendola nella “sfera dell’informalità”. Ma lavorare nella sfera dell’informalità comporta lavorare sulla relazione, perché “esiste una necessità di vivere la relazione in ambito educativo e di assumere questa relazione anche conflittuale come una sfida che porta all’apprendimento di competenze, e permette alle nuove generazioni di mettersi alla prova”12 . Invece molte volte ci troviamo di fronte a situazioni, a insegnanti e/o educatori che, nell’ansia di trovare una soluzione, utilizzano metodologie pedagogico-educative classiche che, il più delle volte, dimostrano di aver esaurito la loro funzione storica. 12 Daniele Novara – « L’alfabetizzazione al conflitto come educazione alla pace » in F.Scaparro, Il coraggio di mediare. Guerini e associati,2001 – pgg. 177-187 83 Nuove prassi e formazione alla relazione in ambito educativo/ scolastico Di qui la necessità di sperimentare nuove modalità di risposta che richiedono una formazione mirata e l’introduzione di percorsi di “formazione alla relazione in ambito educativo/scolastico”, sia per gli insegnanti sia per gli studenti medesimi (peereducation). La “peereducation”, letteralmente “educazione tra pari” è una metodologia di intervento volta ad attivare un processo naturale di passaggio di conoscenze, di emozioni e di esperienze da parte di alcuni membri di un gruppo ad altri membri di pari status per età, background, interessi.E’ un metodo educativo in cui “persone con un interesse comune vengono formate a sviluppare conoscenze e specializzazioni appropriate e a condividere queste conoscenze, in modo da informare e preparare altri e diffondere competenze e abilità simili all’interno dello stesso gruppo di interesse” (Svenson, 1998).13 “Peer Education”: una modalità partecipativa. La peculiarità della “peereducation” è proprio quella di essere “un’esperienza di giovani tra i giovani” e fonda i propri presupposti teorici e metodologici sull’importanza 13 Dalla relazione di Giovanna Gangarossa – Introduzione alla peereducation progetto The B-Band, building a bridge to go beyondbullyin” 84 che il gruppo riveste naturalmente nell’ambito dei processi evolutivi dell’adolescenza, divenendo strumento di crescita e sperimentazione. Il passaggio di informazioni tra giovani è di tipo orizzontale e favorisce l’apprendimentopartecipativo poiché utilizza canali e strumenti di comunicazione propri del gruppo dei pari, riducendo la differenza tra sé e gli altri grazie a modalità relazionali dirette e l’uso di un linguaggio comune. Questo li rende una fonte di informazione più credibile e non giudicante, specialmente su temi sentiti come particolarmente sensibili e significativi. In quanto appartenenti allo stesso gruppo di riferimento, in possesso dello stesso patrimonio linguistico, valoriale, rituale, essi possono rappresentare modelli comportamentali positivi, supportando con più efficacia la condivisione di valori e stili di vita orientati al benessere. All’interno del gruppo gli adolescenti hanno la possibilità di formare e definire la propria identità attraverso l’incontro, il confronto e lo scontro con la dimensione dell’altro. Nel gruppo trovano contenimento affettivo e relazionale ed hanno la possibilità di elaborare e comprendere i cambiamenti psicofisici e psicosociali che stanno vivendo. Come teorizzato da alcune teorie psicologiche e pedagogiche, il gruppo dei pari è, inoltre, particolarmente importante nel facilitare i processi di apprendimento. Esse hanno confermato che l’apprendimento è determinato da molteplici fattori e non solo da processi cognitivi; la sola trasmissione di saperi non è quindi sufficiente e determinare cambiamenti significativi nel comportamento. Per questo è importante passare da una modalità 85 tradizionale di trasmissione passiva dei saperi ad una modalità partecipativa che coinvolga i ragazzi nella condivisione degli obiettivi formativi.14 Intelligenze multiple e intelligenza emotiva La letteratura specializzata ci insegna che Gardner propone il modello delle intelligenze multiple, che integra tra loro intelligenze tecniche (verbali, logico-matematiche, musicali) con intelligenze di tipo interpersonale (capacità di alimentare relazioni, di risolvere i conflitti, di analisi sociale) ed intrapersonale (consapevolezza dei propri limiti e dei propri punti di forza). L’individuo per poter acquisire un pieno controllo sulla propria vita fa ricorso a queste diverse intelligenze che interagiscono fra di loro. Se l’intelligenza interpersonale, considerata come naturalmente acquisita in un gruppo di pari che condivide il medesimo ambiente di vita,è funzionale ad un’efficace intervento di peereducation,l’intelligenza intrapersonale consente l’acquisizione consapevole di un modello realistico di se stessi e la capacità di operare proficuamente nella vita. 14 Dalla relazione diGiovanna Gangarossa – Introduzione alla peereducation progetto The B-Band, building a bridge to go beyondbullyin” - 86 Lo sviluppo di queste intelligenze diventa pertanto fondamentale, nella formazione dei peer educator, per lo sviluppo di abilità indispensabili alla costruzione di relazioni educative efficaci all’interno del gruppo di appartenenza. Tra le intelligenze multiple, particolare rilievo riveste l’apprendimento e lo sviluppo dell’intelligenza emotiva (Goleman), ovvero la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, di motivare se stessi, e di gestire positivamente le proprie emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali, consentendo a ciascuno di utilizzare al meglio tutte le proprie abilità, comprese quelle intellettive.15 Nell’ambito delle singole fasi del progetto, il percorso di formazione degli studenti tra pari ha previsto l’apprendimento e lo sviluppo di competenze psicosociali o life skill, cioè delle abilità che mettono la persona in grado di fronteggiare in modo efficace le richieste e le sfide della vita quotidiana. 15 Dalla relazione diGiovanna Gangarossa – Introduzione alla peereducation progetto The B-Band, building a bridge to go beyondbullyin” - 87 Ragazzi protagonisti responsabili e adulti facilitatori del processo Attraverso la metodologia della “peereducation” si vogliono riconoscere e valorizzare le risorse, le potenzialità e le abilità possedute dai ragazzi per renderli protagonisti responsabili nella promozione del proprio benessere. Essipossono così diventare soggetti attivi nella progettazione, realizzazione e valutazione dell’intervento educativo, mentre gli adulti possono assumere il ruolo di facilitatori del processo. Gli adulti possonolavorare con i ragazzi, e non su o per i ragazzi, ascoltandoli, dialogando e confrontandosi con loro, accompagnandoli nello sviluppo di competenze efficaci in un’esperienza di progettazione condivisa. La scuola, uno dei luoghi educativi privilegiati che può c o n s e n t i re u n a e ff e t t i v a s p e r i m e n t a z i o n e e i l rafforzamento di nuove dinamiche relazionali, ha le potenzialità e le capacità, attraverso una specifica formazione, per coinvolgere direttamente gli studenti in un nuovo ruolo responsabile e attivo all’interno dell’istituzione. 88 Tre componenti: studenti, insegnanti o adulti di riferimento, genitori Dall’esperienza sperimentata nei vari plessi scolastici, sia in Italia sia in Irlanda, emerge chiaramente che le tre componenti di maggior riferimento, verso le quali sarà necessario orientare possibili proposte d’intervento, siano rappresentate da: 1. Gli studenti, che esprimono il loro disagio nelle forme più diversificate, il più delle volte sanzionate perché incomprese nella loro effettiva dimensione di richiesta d’aiuto, o anche solo di riconoscimento di esistenza, e raramente affrontate sul piano della relazione, sia nei confronti del singolo sia nei confronti del gruppo classe. Sembra emergere perentoria una loro richiesta d’ascolto attivo da parte di un adulto significativo quale può essere l’insegnante; adulto che sappia porsi in una posizione non giudicante, ma che sappia offrire risposte aperte, attraverso le quali l’allievo si senta riconosciuto ed accettato come individuo in evoluzione, come persona che sta attraversando una fase evolutiva particolare e al contempo delicata, ma fondamentale per la costruzione della sua personalità e della percezione della propria cittadinanza. “Contemporaneamente emerge, da parte dei giovani che vivono un conflitto, come una loro richiesta d’aiuto sia rivolta, più frequentemente, ai propri coetanei in quanto: 89 ‣ I coetanei condividono lo stesso ambiente e sono più facilmente reperibili ‣ La comunicazione è più facile, si utilizza lo stesso significato ‣ Non ci sono posizioni di potere, il che comporta una diminuzione del loro potere sanzionatorio ‣ I pari comprendono meglio l’importanza che il conflitto riveste nella vita dei compagni”.16 2. Gli insegnanti, ed eventuali altri adulti di riferimento significativi, che lavorano a stretto contatto con gli adolescenti, dai quali traspare la necessità di intraprendere strade e strategie nuove, a fronte di un rapporto relazionale che si presenta sempre più difficile e complessificato da fattori di non facile interpretazione e conseguente gestione, soprattutto se inquadrato all’interno di una relazione empatica volta prevalentemente al piano della pura didattica. Appare, di conseguenza, importante la riappropriazione di un rapporto dialogico che aiuti a riscoprire le competenze relazionali dei singoli attori coinvolti (docenti / allievi); che permetta di costruire una visione dell’allievo più ampia ed articolata; che consenta l’instaurazione di una comunicazione maggiormente efficace. Per gli insegnanti la formazione può fornire loro l’acquisizione di una maggiore consapevolezza che, solo attraverso una corretta relazione con gli studenti, è possibile trasmettere il “saper essere” prima del “saper fare”. La formazione alla relazione dovrebbe essere 16 Ass. Gruppo Abele – Formazione giovani mediatori - gennaio-marzo 2012 – Relazione a cura di Laura Gilli 90 obbligatoria nel corso di studi di quanti hanno intenzione di lavorare nell’ambito educativo/formativo; il che potrà e dovrà permettere la destrutturazione dei modelli e dei ruoli professionali che ci sono stati tramandati, per ridefinirli nell’ambito della “umanizzazione dell’oggetto quale superamento dell’oggettivazione del soggetto”17 “Sinteticamente si possono indicare quali obiettivi dell’attività formativa: ‣ aumentare le competenze individuali nella lettura di situazioni critiche e di conflitto ‣ accrescere le competenze emotive e le capacità di ascolto ‣ apprendere modalità concrete e costruttive per gestire i conflitti in maniera più appropriata, in modo da moltiplicare la possibilità di intraprendere le strade del mutamento e della crescita – sia relazionale che individuale – piuttosto che quelle della contrapposizione e della rottura ‣ fornire strumenti di analisi e riconoscimento di situazioni a rischio di prevaricazione e vittimizzazione, al fine di ipotizzare strategie e interventi utili al miglioramento della qualità di vita in ambiente scolastico ‣ accompagnare e favorire le risorse riparative degli attori della scuola al fine di implementare strategie rispetto alla gestione delle regole, delle sanzioni e di modalità alternative di risoluzione delle controversie”. 18 17 Lucien Hounkptin – etnopsichiatre du Centre Devereux de l’Université VIII di Paris 18 Ass. Gruppo Abele – Relazione formazione insegnanti Marsala e formatori CRESM – novembre 2011, relazione a cura di Laura Gilli 91 3. I genitori , che appaiono sempre più in difficoltà nella relazione con i propri figli, i cui atteggiamenti sembrano riflettere la “crisi dell’adultità” nelle sue varie espressioni; in particolare, nella difficoltà ad esprimere la “genitorialità in modo coerente e condiviso”. Tenuto conto che i cambiamenti propri dell’adolescenza tendono a mettere in disordine gli assetti relazionali costruiti nel tempo, creando conflittualità nella relazione, ne deriva l’importanza di promuovere un interscambio di sapere, all’interno del mondo adulto, che parta dal reciproco riconoscimento del linguaggio dell’altro. Riconoscimento che è alla base della co-costruzione di un qualcosa che non c’è (una relazione propositiva), ma che può essere costruito dall’incontro dei nostri linguaggi, in modo da permetterci di uscire dalla cecità connessa alle abitudini di pensiero, che non può esistere senza interazione. 92 Interazione e co-costruzione In sintesi possiamo dire che il progetto “Guichetsantiviolence pour lesmineurs”, si è posto l’obiettivo di lavorare sul tema della violenza dei giovani, con particolare attenzione al mondo della scuola, per prevenire il suo verificarsi e per affrontarne le manifestazioni, interagendocongiuntamente su più piani e integrando differenti azioni all’interno di ciascun specifico territorio. I piani su cui hanno lavorato i partners ci indicano l’opportunità di focalizzare, anche per il futuro, gli interventi volti a contrastare la violenza fra i giovani prioritariamente attraverso: ‣ lo sviluppo di attività di peereducation fra gli studenti; ‣ la formazione di gruppi di studenti alla gestione dei conflitti nelle singole scuole di appartenenza; ‣ lo sviluppo e aggiornamento della conoscenza del fenomeno; ‣ le forme di auto-formazione e di formazione continua per gli insegnanti in servizio; ‣ le forme di auto-formazione e di formazione continua per gli altri adulti di riferimento; ‣ la sensibilizzazione e la consapevolezza della famiglia; ‣ l’individuazione e sperimentazione di percorsi e strumenti didattici utilizzabili nelle classi; ‣ il collegamento dei programmi sulla violenza alle azioni positive di miglioramento del clima nell’istituzione scolastica e nelle singole classi; 93 ‣ lo sviluppo della capacità di valutazione degli interventi; ‣ la co-costruzione di una rete composta da attori sociali, istituzionali e familiari; ‣ il ruolo dell’istituzione scolastica attraverso la responsabilizzazione di tutti, pur nel riconoscimento dei differenti livelli; ‣ il coinvolgimento della comunità attraverso lo sviluppo ed il sostegno di specifiche politiche; ‣ l’accompagnamento dell’attività di mediazione tramite una supervisione e una valutazione permanente degli interventi da parte di esperti esterni alle équipesdi mediatori. Il progetto si è articolato in una serie di attività finalizzate a costruire un sistema di scambio, confronto, sperimentazione e valutazione tra i partners impegnati sul terreno della prevenzione e della lotta alla violenza nella scuola. Partendo da comuni sperimentazioni, si è dato vita ad un lavoro di sistematizzazione di esperienze, di produzione di materiali e di costruzione condivisa di un patrimonio di riferimenti e conoscenze intorno alle “buone pratiche” finalizzate ad uno specifico intervento preventivo. L’organizzazione del lavoro sul piano delle azioni congiunte da sviluppare è stato tale da coinvolgere attivamente tutti i partners, individuando all’interno del gruppo un responsabile per ogni piano di lavoro. 94 In conclusione, personalmente noi siamo convinti che quanto è emerso dal presente lavoro ponga ancora un’ultima questione, che non può non considerarsi strutturale ad un corretto funzionamento di qualsiasi progettualità che veda coinvolte componenti differenti: il passaggio da una logica di rete ad una logica di sistema. La rete, pur nello sviluppare diverse connessioni, costruisce risposte differenziate che, tendenzialmente, si incardinano sull’autoreferenzialità dei singoli attori. Il sistema, riconoscendo le specificità, la molteplicità ed il reciproco influenzamento degli attori, si pone in un p ro c e s s o d i “ d e t e r r i t o r i a l i z z a z i o n e d e i s a p e r i professionali”, che favorisce la costruzione di risposte differenti all’interno di un processo che rilegge e riconosce i bisogni, attivando quell’azione che si incardina in una reale inter/azione. Da una simile impostazione potranno scaturire nuovi modelli organizzativi, sia per la scuola che per i settori educativi, maggiormente rispondenti alle esigenze della società contemporanea, ma soprattutto alle esigenze dei giovani che sono e rimangono la principale ricchezza delle nostre comunità. 95 96 Le metodologie operative 97 98 Le metodologie operative JoelleTimmermans e Giovanni Ghibaudi Fasi del progetto e fasi d’intervento: passo dopo passo Quando si vuole introdurre la mediazione in una istituzione o un organismo, è necessario procedere passo dopo passo. Osservando le due esperienze italiane e irlandesi, e il confronto con ciò che succede in Belgio, si possono individuare cinque fasi per l'attuazione del progetto. Ogni fase deve essere seguita nell'ordine e continuità. 1- Fase dell’ analisi : ‣ Analizzare le esigenze del settore ‣ Stabilire un piano d'azione che risponda a queste domande: Cosa, Perché, Quando, Come, Dove, ... ‣ Formare il gruppo di coordinamento interno alla scuola: persone motivate e disponibili per diversi anni. 2- Fase di avvio /start up : ‣ Formazione per tutti sullo spirito della mediazione: adulti e giovani. ‣ Sensibilizzare gli adulti al programma. ‣ Sensibilizzare i giovani al programma. 99 ‣ Costituire un gruppo di coordinamento e individuare una persona che coordina. ‣ Informare in merito al piano d'azione e ai suoi obiettivi tutti gli interessati esterni: la famiglia, ecc. 3- Fase di integrazione: ‣ Formazione dei giovani. ‣ Supervisione del progetto da parte del gruppo di coordinamento. 4- Fase di monitoraggio e supporto : ‣ Supervisione delle situazioni vissute (compito svolto da un professionista). ‣ Rafforzare/potenziare/responsabilizzare il gruppo di coordinamento per continuare lo sviluppo del progetto all'interno della scuola. 5- Fase di autonomia ‣ Sostenere il progetto e il suo processo di sviluppo, da parte dei suoi membri. Per radicare operativamente il progetto e creare nuove abitudini nella scuola, è necessario che il processo preveda una impostazione a medio termine: 3 -5 anni. Rispetto al lavoro a lungo termine, siamo tutti coinvolti con Tre parole chiave: TEMPO, MEZZI e PERSEVERANZA 100 Affinchè il progetto abbia successo e come possiamo “affidarlo” all’usura del tempo ‣ Il 75% dell’équipe educativa deve sottoscrivere il proprio consenso al progetto; chi non vi partecipa si impegna a non sabotarlo; ‣ La maggioranza degli adulti considera adeguata questa modalità di gestione e trasformazione dei conflitti e vi indirizza gli studenti; ‣ Molti adulti dell’équipe educativa contribuiscono a formare i mediatori e coordinano il progetto per renderlo duraturo; ‣ Si deve riservare un momento della giornata alla mediazione, al lavoro preparatorio e conclusivo; ‣ Il progetto di mediazione tra pari è integrato nel sistema scolastico tramite il regolamento d’istituto. ‣ L’équipe educativa, i genitori, gli alunni comprendono e condividono gli obiettivi della mediazione e l’utilità del progetto. ‣ Si devono prevedere figure o spazi di supporto esterni all’équipe pedagogica: un operatore scolastico o un educatore, un centro di mediazione operante sul territorio, un servizio istituzionale e/o del privato sociale (centro aggregativo, associazione), destinato ai giovani, un servizio psico-medico-sociale finalizzato al benessere e alla salute della persona…. 101 In effetti, la creazione e il sostegno permanente di un progetto di “Mediazione tra Pari”, richiedono una notevole quantità di energia e di tempo, che va oltre l’energia dell’équipe pedagogica in quanto sarà sempre più sollecitata sotto vari aspetti. Occorre, inoltre, sottolineare che i progetti hanno una maggiore possibilità di durata se gli adulti sono capaci di risolvere i propri conflitti e se creano parallelamente, al loro livello, un sistema di risoluzione dei conflitti altrettanto legato al metodo o allo spirito della mediazione. L’esperienza ci insegna che solo i progetti che sono durati in un tempo superiore ai 3-5 anni hanno saputo creare una vera e propria cultura della mediazione. Risorse interne: personale e struttura del lavoro Risorse interne È essenziale per l'ente coinvolto in un progetto di mediazione, tener conto di fattori diversi : ‣ Il tempo e la struttura a disposizione. ‣ Le motivazioni generali (in caso di crisi, le persone tendono ad abbandonare l’impegno rendendo la situazione sempre più difficile) ‣ Una fase di preparazione adeguata. ‣ L’adesione ai principi della Mediazione. 102 ‣ Un’informazione e una formazione specifiche sia per i giovani sia per gli adulti. ‣ Il follow-up degli accordi. ‣ Una valutazione e una supervisione permanenti. ‣ Una rete attiva: all’interno e all’esterno delle scuole. ‣ La buona volontà di tutti a sviluppare «saper essere + saper fare». ‣ Focus sui bisogni di tutte le persone coinvolte. ‣ Accettazione degli effetti comportamentali sugli altri e la comunità. ‣ La coscienza della nostra autonomia e la nostra interdipendenza. ‣ Responsabilità rispetto a ciò che diciamo / ciò che non dicono, a quello che facciamo / quello che non fanno. Risorse personali e qualità dei giovani mediatori Insieme con le risorse interne dell'istituzione, un mediatore giovane usa le conoscenze e le competenze acquisite e/o sviluppate nel corso della sua formazione personale. In generale, il formatore diventa il riferimento per la supervisione di mediatori addestrati. Ad esempio, dopo la mediazione, può essere proposta, sia al supervisore sia al mediatore, la seguente griglia di valutazione che può anche essere utilizzata come autoosservazione o auto-valutazione. 103 Griglia di auto-osservazione di mediatori qualificati Quando ogni parte desidera comunicare e gestire il conflitto che li contrappone, il mediatore qualificato utilizza il suo telaio. Per sviluppare le proprie capacità, ecco una griglia di auto-osservazione. Impostare: "O" quando si ha agito nella direzione indicata. "R" quando non hai notato nulla. "N" quando avete fatto il contrario. Quando si osserva un altro mediatore, immettere "O", "R" o "N" per gli stessi motivi. Data e luogo ..................... Nome del Mediatore osservato ........................................... A. Valorizzare le risorse personali. 1. Ascolta con le orecchie, gli occhi e il cuore. 2. Mostra empatia. 3. E’ non-giudicante. 4. Crea un clima di fiducia. 5. E’ obiettivo, imparziale. 6. Prende il tempo di verificare. 7. Mantiene la calma, pazienta. 8. Regola i turni di parola 9. ...................................... 104 B. Utilizzare tecniche di comunicazione. 1. Utilizzare un linguaggio semplice, chiaro e neutrale. 2. Fare domande aperte. 3. Guidare le discussioni. 4. Far rispettare le regole. 5. Ricentrare l’attenzione sul soggetto. 6. Chiarire le parole dette e non dette. 7. Gestire e disinnescare i comportamenti aggressivi. 8. Reinquadrare il conflitto. 9. Mantenere un buona equidistanza, senza prendere in carico il problema. 10. Rispettare i silenzi. 11. Mostrare l’esempio: esprimersi in "Io", eccetera.... 12. Riformulare il verbale e il non verbale. 13. Far riformulare da uno quello che ha detto l'altro (tecnica del bilanciere) 14. ..... C. Lavorare con un altro peer 1. Sostenere il processo. 2. Lavorare insieme. 3. Chiedere aiuto all'altro mediatore. 4. Procedere insieme nella stessa direzione. 5. Riconoscere ed esprimere i suoi limiti. 6. Fare riferimento ad un adulto se si è in difficoltà 7. Riferire la situazione ad una persona, organizzazione appropriata se la mediazione si interrompe. 8 ....................................................................................... Una volta acquisite le competenze personali, è indispensabile organizzare una struttura operativa che si adatti al lavoro che il giovane deve eseguire. 105 Strutturazione del lavoro dei giovani mediatori È necessario definire con i giovani la struttura del loro lavoro e i limiti delle loro azioni: ‣ I mediatori tra pari aspettano in cortile che i bambini che hanno un problema si rivolgano a loro; ‣ Lavorano in coppia e sono riconoscibili dalla maglietta (o da altro segno distintivo); ‣ Il loro ruolo consiste nell’aiutare gli altri giovani a parlarsi, ascoltarsi e trovare soluzioni condivise; ‣ Non si comportano né da sorveglianti né da “spioni” o da Zorro; ‣ I sorveglianti mantengono il loro ruolo e propongono ai bambini che hanno un problema di rivolgersi al mediatore; ‣ I mediatori si alternano e agiscono solamente quando tocca a loro. 106 Gli ostacoli alla realizzazione del progetto e il successo parziale Ci sono alcuni problemi o difficoltà da sapere. Ci sono anche apriori e credenze che possono ostacolare la realizzazione del progetto. Ci possono essere anche elementi di successo parziale. Ostacoli alla realizzazione del progetto ‣ La paura di essere percepita come una scuola problematica o violente. ‣ La contrapposizione alla cultura scolastica. ‣ La necessità di un altro modello di gestione dei conflitti. ‣ Preferenza per la pena / dissuasione : contro ciò che dispiace all'adulto (dissuasione imitata dagli studenti). ‣ Clima degradato nel team educativo o con il "leader". ‣ Ruoli e funzioni di ogni adulto non chiari, né definiti o territori non rispettati. ‣ Nessun accordo su regole comuni tra gli insegnanti. ‣ Le disparità riguardanti la concezione e il modo di esercitare l'autorità. ‣ Mancanza di fiducia tra gli adulti e tra adulti e giovani. ‣ Regole / sanzioni mal definite o non riconosciute. ‣ Vaga idea "di ciò che è giusto, ciò che è sbagliato?». ‣ L’ incapacità di cogliere gli aspetti positivi quando si affrontano i cambiamenti. ‣ "Risultati non accettati": accordo per chiudere, ma rimane la frattura nella relazione ‣ Vulnerabilità nel reggere la frustrazione. 107 ‣ L’attacco nei confronti delle persone senza mettere a fuoco i problemi Fattori che spiegano il successo parziale ‣ Problemi con la droga, alcool o altre dipendenze. ‣ Una cultura cooperativa deficitaria: nessun esempio, nessun supporto, nessuna volontà, ... ‣ La mancanza di monitoraggio da parte del mediatore o dell'istituzione. ‣ Lentezza istituzionale. ‣ Intensità e "passato" del conflitto. ‣ Mancanza di attenzione o di rispetto. ‣ Mancanza di una risposta a determinate richieste. ‣ Non riconoscimento delle responsabilità ‣ Danni del gruppo, di alcuni membri istituzionali o di quanti sono coinvolti. ‣ Modificazione delle circostanze ‣ Nessuna rete di supporto ‣ Concorrenza tra i professionisti che si occupano della gestione dei conflitti ‣ ….. Per una cultura della mediazione Praticare la mediazione è creare una nuova cultura. Se ci sono disagi relazionali, la mediazione è uno strumento specifico di socializzazione nelle scuole, nelle famiglie, nel lavoro, nei loro quartieri. 108 Socializzazione: rafforzare la capacità di ogni individuo di agire adeguatamente nelle diverse situazioni che implicano la relazione (conflittuale o meno) e la sua capacità di chiedere aiuto a un terzo se necessario. Si apprende a vivere e lavorare insieme. Aderire allo spirito di mediazione per “vivere e lavorare bene insieme ”. E 'importante che si trasformi in un apprendimento di base per tutti, giovani e adulti, che aiuti ad accrescere il senso civico Apprendimento di base per tutti delle “Alternative Dispute Resolution (ADR)”: Rispettare la cultura della mediazione vuol dire condividerne lo spirito, in modo da evitare questioni quali: Come relazionarsi fra adulti e giovani, senza entrare/ rimanere in un rapporto di autorità? Come stimolare un rapporto che si svolga in entrambe le direzioni e salvaguardi i diritti e i doveri reciproci? Come applicare preventivamente la mediazione a scuola? Come gestire il conflitto senza "accusare" la persona? Come affrontare le resistenze? Come stimolare positivamente le parti in conflitto e creare opportunità dentro e fuori della scuola? Una cultura della mediazione comporta una lavoro a lungo termine in cui siamo tutti coinvolti passo dopo passo. 109 110 I linguaggi possibili 111 112 Sperimentazione virtuale: la mediazione attraverso i giochi di ruolo virtuali negli ambienti virtuali 3D Marilena La Placa A quasi 10 anni dalla nascita di Second Life sono numerosissime in Italia ed in Europa le sperimentazioni sull’uso didattico dei mondi virtuali. L’ambiente virtuale 3D ha infatti delle caratteristiche che si sposano felicemente con le didattiche “aperte”, interattive e costruttiviste. Le sperimentazioni hanno evidenziato che i tratti distintivi degli ambienti 3D sono l’immersività e il senso di presenza, cioè sentirsi presenti nello spazio circostante e interagire con esso, ma anche sentire la presenza di altri “qui ed ora”: caratteristiche ideali per costruire un apprendimento “sociale” che crei significati attraverso l’interazione con altri. Tra le diverse attività didattiche che è possibile tenere nei ambienti digitali 3D, il gioco di ruolo è probabilmente quella che utilizza maggiormente le potenzialità di questo media. Ogni partecipante anima e muove nel mondo virtuale un Avatar ed interpreta un personaggio, all’interno di un canovaccio prestabilito. 113 L’ambiente 3D consente da un lato di dar vita ad un personaggio anche molto diverso da sé stessi (sperimentando ad esempio le proprie parti aggressive) e contemporaneamente di partecipare emotivamente alla drammatizzazione grazie all’identificazione con il proprio Avatar. Permette quindi di creare una palestra emotiva, un luogo in cui sperimentare emozioni e cognizioni ed apprendere competenze relazionali in un luogo sicuro. Il progetto Guitches pour les mineurs mette a disposizione delle scuole partecipanti un ambiente virtuale 3D dove mettere in pratica le tecniche di mediazione del conflitto secondo un approccio cooperativo e giocoso. Il progetto prevede lo svolgimento di giochi di ruolo virtuali all’interno del mondo digitale OpenSimulator (http://www.opensimulator.org) che è molto simile a quello di Second Life. In ogni sessione di gioco verrà rappresentato un conflitto scolastico tipico: i giocatori reciteranno la parte dei personaggi descritti nello scenario fornito alle scuole che tratteggia la storia del conflitto e dei relativi partecipanti e cercheranno insieme una soluzione comune e collaborativa. La storia raccontata nello scenario non ha una fine prestabilita: sta ai giocatori inventarla. Giocando, si può creare un finale diverso in ogni sessione. Nel gioco di ruolo infatti non è tanto importante il prodotto finale, quanto la mediazione, come processo di crescita che gli alunni in modo consapevole sviluppano intorno a situazioni probabili e simili a quelle con cui spesso devono confrontarsi nella realtà. 114 I giochi di ruolo virtuali (Virtual Role Play o VRP) si svolgeranno in uno dei più famosi mondi digitali 3D online: OpenSim (http://www.opensimulator.org). In ogni gioco di ruolo si rappresenterà uno scenario basato su un tipico conflitto scolastico. In ogni scenario i giocatori dovranno cercare di trovare soluzioni comuni in modo cooperativo e collaborativo. L'obiettivo di questi giochi di ruolo è quello di aiutare gli studenti a mettere in pratica le tecniche di mediazione tra pari apprese durante la formazione. Per giocare verranno messi a disposizione scenari e personaggi (avatar), le cui reazioni, i sentimenti e le esigenze sono simili a quelle che vivono i giovani. I ragazzi incontreranno dei loro pari che li incoraggeranno a parlare e li aiuteranno a trovare una soluzione ai vostri conflitti, attraverso la mediazione tra pari. E adesso ......... vediamo come diventare uno dei protagonisti del gioco. Partecipare al gioco Su questo sito è possibile scegliere uno scenario in cui sono presenti 3 personaggi. Alcuni giorni prima della sessione online, ogni giocatore selezionato riceverà il nome utente e la password per il log in, dopo il login riceverà tutte le informazioni sull'avatar (il personaggio) da interpretare nel gioco. Accesso ad Open Simulator Entrare su Open Simulator e familiarizzare con il mondo virtuale è fondamentale prima di prendere parte al gioco, ma non preoccupatevi: troverete tutte le informazioni sui requisiti tecnici nelle guide fornite. 115 Ricordate che per giocare, si entra OpenSim utilizzando il nome utente e la password ricevuta che identifica l'avatar che sarà nello scenario. Lo scenario: caratteristiche e contenuti Nello scenario troverete la descrizione di una certa situazione, dei personaggi coinvolti, e del luogo in cui sono stati concepiti per giocare. Oltre a queste informazioni essenziali, che vengono divulgate e condivise tra tutti gli avatar, ogni giocatore riceve ulteriori informazioni riservate su alcuni aspetti della storia (cioè cose solo lui / lei conosce) e la descrizione delle caratteristiche del suo avatar. Il gioco Il gioco dovrebbe svolgersi all’interno di questa ‘cornice’: tenendo conto di tutte le informazioni ricevute, in particolare i dati confidenziali, e interpretare il personaggio nel miglior modo possibile, come un vero attore. La storia raccontata nello scenario non ha una fine prestabilita: tocca inventarla ai giocatori. Giocando, si può creare un finale diverso in ogni sessione. Alla fine del gioco tutti i partecipanti saranno invitati a partecipare ad una sessione di scambio per commentare quanto emerso nel gioco. Di seguito riportiamo le guide utilizzate nel progetto VUOI ESSERE PROTAGONISTA DI UN PROGETTO EUROPEO SULLA MEDIAZIONE SCOLASTICA? 116 VUOI PARTECIPARE AD UN GIOCO DI RUOLO VIRTUALE? Ecco le nostre guide che ti saranno utili ad imparare a giocare sul nostro mondo virtuale: ‣ Guida ai giochi di ruolo Virtuali ‣ Guida tecnica del giocatore ‣ Guida tecnica per l’installazione di OpenSIM GUIDA PER IL GIOCO DI RUOLO VIRTUALE L’obiettivo dei giochi di ruolo è che voi alunni/e impariate a risolvere bene i vostri conflitti e litigi in maniera autonoma: addirittura senza che ci sia un adulto a dirvi chi ha torto o ragione, ma proprio tra voi. E’ per questo che parliamo di mediazione tra pari, perché nei giochi potrete incontrare dei ragazzi come voi, dei pari, che vi stimoleranno a parlare e a trovare delle soluzioni ai vostri conflitti. E ora………. vediamo come si diventa protagonisti di questo gioco. 1. Come si partecipa al gioco. Sul sito del progetto (www.guichetsantiviolencepourles mineurs.eu) potrete scegliere uno degli scenari proposti e una delle sessioni di gioco elencate. Ogni scenario ha 3 giocatori: un mediatore e due giovani che affrontano una situazione di conflitto. Alcuni giorni prima della sessione di gioco (la data verrà concordata con Cineca), 117 ciascuno dei giocatori prescelti riceverà una mail con username e password necessarie per l’accesso; riceverà inoltre tutte le informazioni sull’avatar (cioè il personaggio) che dovrà impersonare nel gioco. 2. L’accesso a OpenSim. Entrare in OpenSim e familiarizzare con la piattaforma è fondamentale prima di partecipare al gioco, ma non preoccupatevi: troverete tutte le informazioni sui requisiti tecnici e su OpenSim nel Manuale di Installazione e nella Guida per i Giocatori (pubblicate sul sito www.guichetsantiviolencepourles mineurs.eu). Ricordatevi che per questo gioco di ruolo dovrete entrare in OpenSim usando la user name e la password che avete ricevuto via mail, e che identificano il vostro avatar nello scenario che avete scelto. 3. Cos’è lo scenario. Nello scenario troverete la descrizione di una determinata situazione, dei personaggi coinvolti, del posto in cui si svolge. Accanto alle informazioni generali, che sono note e condivise tra tutti gli avatar, ciascun giocatore riceve ulteriori informazioni riservate, relative ad alcuni aspetti della storia (cioè cose conosciute solo da lui/lei) e alla descrizione del proprio avatar. Dovrete giocare senza andare oltre quello che vi è stato detto: tenendo conto di tutte le informazioni che avete ricevuto, soprattutto di quelle riservate, e calandovi nel personaggio, come se foste degli attori. 118 La storia raccontata nello scenario non ha un finale predeterminato: sono i giocatori che, giocando, determinano il finale, che sarà perciò, ogni volta diverso. 4. Come si gioca. Quando giocate dovete calarvi pienamente nel vostro personaggio e nella sua personalità. C’è una situazione di conflitto tra 2 personaggi e partecipate ad una sessione di mediazione per risolvere il problema. Prima di iniziare a giocare, ripassiamo le poche regole che non devono essere mai trasgredite durante il gioco: ‣ nella mediazione, la violenza è vietata come strumento per la risoluzione dei conflitti: quindi, se siete in una sessione di mediazione, non dovrete assumere comportamenti violenti. ‣ Quando vi rivolgete agli altri giocatori non dovete usare espressioni offensive o parolacce. ‣ Quando, durante il gioco, incontrerete un mediatore (uno dei giocatori che vi proporrà la mediazione), dovrete ricordare che la mediazione è sempre volontaria e che, quindi, partecipate all’incontro di mediazione solo se volete. ‣ Se decidete di partecipare ad una procedura di mediazione, dovrete lasciar parlare gli altri giocatori quando è il loro turno e cercare di capire le loro ragioni; loro faranno lo stesso con voi. ‣ Al termine, se raggiungete un accordo, potrete decidere di trascriverlo e salvarlo, usando le inventories di OpenSim. 119 GLOSSARIO Gioco di ruolo In un gioco di ruolo, ogni partecipante deve giocare assumendo i panni di un determinato personaggio, il cui aspetto, sentimenti, personalità sono stati stabiliti in precedenza. I giochi di ruolo sono spesso utili per testare e cercare di gestire possibili situazioni difficili o di conflitto, in un ambiente protetto. In particolare, grazie ai giochi di ruolo di avatar@school, potrete acquisire nuovi spunti, utili per comprendere come gestire i vostri conflitti a scuola e, in generale, nella vita reale. Mediazione tra pari (Peer Mediation) La mediazione tra pari è uno strumento alternativo per la risoluzione dei conflitti. In particolare, lo scopo della mediazione tra pari è di aiutare le persone trovano coinvolte in un conflitto a che si trovare un accordo, tramite cui risolvere la lite. In questa procedura interviene un terzo, il mediatore, che è sempre imparziale e non da mai delle soluzioni: aiuta solo i ragazzi coinvolti nella lite a trovare da soli un accordo. Il mediatore Il mediatore tra pari, in questo caso un ragazzo come voi, favorisce la risoluzione delle liti tra ragazzi che si trovano in una situazione di conflitto. Nella risoluzione dei conflitti tra pari si ricorre infatti alla presenza di un terzo neutrale per aiutare i partecipanti che lo vogliono, a risolvere la loro lite. Il mediatore è quindi una sorta di ponte che unisce due rive opposte. 120 Guida tecnica per i giocatori Accesso e registrazione Per accedere all’ambiente di OpenSim è sufficiente aprire l’applicazione di Second Life usando l’icona “Guitchets” che appare sul desktop. A questo punto apparirà la maschera per il log in, dove andranno inseriti i dati per la registrazione (user name e password), che sono stati comunicati via mail. Movimento e visuale In OpenSim è possibile muoversi nello spazio camminando o volando (l’ultima operazione è possibile solo se si è stati autorizzati); il modo più semplice per muoversi è usare le chiavi della tastiera. Cliccando con il tasto destro del mouse sull’avatar, apparirà un cerchio a spicchi contenente dei comandi: • Andare avanti (Go) • Gruppi (Groups) • Profili (Profiles) •Aspetto (Appearance) • Atterraggio (Take off) • Gesti (Gestures) •Amici (Friends) • Alzarsi (Stand up). (Se siete già in piedi, questo comando non apparirà nel cerchio). 121 Comandi chiave della tastiera per muoversi: [W] o [freccia all’insù] – fa muovere l’avatar in avanti [S] o [freccia all’ingiù] – fa muovere l’avatar all’indietro [A] o [freccia a sinistra] – fa ruotare l’avatar verso sinistra 122 [D] o [freccia a destra] – fa ruotare l’avatar verso destra [E] o [tasto pagina precedente] – per volare verso l’alto o saltare [C] o [tasto pagina successiva] – per volare verso il basso / chinarsi in avanti sulle ginocchia 123 [F] o [Home] è il comando per passare dal volo alla camminata e viceversa N O TA B E N E : è s e m p re p o s s i b i l e a g i re s u d u e t a s t i contemporaneamente. Per muoversi è comunque necessario prendere confidenza con lo strumento virtuale. Provate muovendovi un po’ a caso. Se cadete nell’acqua per uscire dovete volare, invece di saltare fuori. Visuale: Annoiati di vedere la schiena del vostro avatar? Volete vedere le cose da un’angolazione diversa? Volete guardare qualcosa senza muovere l’avatar? Ecco le indicazioni fondamentali. Tenete cliccato il tasto Alt fino ad ottenere una lente d’ingrandimento, quindi: • puntate con il mouse sul vostro avatar e tenete cliccato il tasto sinistro. • Fate scivolare il mouse da sinistra a destra per ruotare con la visuale e avanti e indietro per zoomare. • Se cliccate su qualcosa che si trova accanto al vostro avatar, la visualizzazione verrà ri-centrata sul punto in cui si trova la lente d’ingrandimento quando state cliccando. 124 • Cliccate con il tasto sinistro sul vostro avatar e tenete premuti, contemporaneamente, i tasti Control (Ctrl) e Alt, fino ad entrare nell’orbita del mouse; muovendo il mouse la telecamera si muoverà intorno all’avatar, ad una distanza costante. • Cliccate con il tasto sinistro sul vostro avatar e tenete premuti i tasti Control (Ctrl), Shift (maiuscolo) e Alt e muovete il mouse. Questo fa fare alla telecamera una panoramica a destra e sinistra dell’avatar. Sembra semplice, ma ci vuole in po’ di pratica. Potete zoomare o ruotare la visualizzazione stando fuori da un palazzo, dietro le rocce o da qualunque posto dal quale normalmente l’avatar non potrebbe vedere. 125 Nel visualizzare non si muove l’avatar, ma la telecamera, che spazia in un determinato territorio di Second Life. Per questo è facile perdere completamente di vista il proprio avatar, o vederlo svanire dietro degli alberi. Per ritornare verso di lui o riacchiapparlo, si deve cliccare su Escape (ESC) o cliccare sulla freccia all’insù che si trova nel box dei movimenti (questo perché i comandi dalla tastiera fanno cambiare la visuale, ma non fanno automaticamente ritornare l’avatar al centro della scena). Lo spazio intorno a voi Quando ci si guarda intorno in Second Life (OpenSim), si può usare il tasto destro del mouse per cliccare su qualcosa che si trova accanto al proprio avatar. Questo farà apparire il menù a torta con la lista dei comandi, che comprende “Siediti qui” (fa sedere l’avatar in quel punto). Se invece si clicca su un oggetto, che può essere aggiunto al proprio inventario, apparirà anche il comando “prendi”. 126 Comunicazione Chat Cliccando sul tasto “chat”, al fondo del visualizzatore di Second Life, si aprirà, subito sopra, una piccola barra bianca dove potrete scrivere quello che volete dire a chi vi sta intorno. Una volta ciccato “invio”, le parole appariranno sul proprio schermo e su quello di tutti coloro che si trovano nei paraggi. Se avete bisogno di dire qualcosa a qualcuno che sta più lontano, ma nel raggio visivo, potete usare il tasto “shout” (“urla”), che si trova alla fine della barra della chat. Nella maggior parte dei luoghi di Second Life urlare non è molto apprezzato, per cui va usato solo quando ce n’è bisogno. Se volete usare i comandi chiave, come “M” per la visuale dal mouse, dovrete cliccare di nuovo il tasto “chat”, in modo da far sparire la barra della conversazione, altrimenti chi vede penserà che volevate dire “M”! 127 Messaggi istantanei Un messaggio istantaneo, o IM, è una maniera per parlare in privato con una persona o un gruppo. Ci sono diversi modi per iniziare con l’IM. Con le persone che vedete accanto a voi: • Andate sull’avatar con cui volete parlare, cliccate sul tasto destro del mouse e scegliete “IM”, 128 Gesti I gesti consistono in diverse animazioni, pose, suoni, messaggi di testo e movimenti facciali. I gesti sono differenti dalle altre animazioni e possono essere messi in atto solo con le seguenti modalità: 1. Selezionate il gesto dal menu “Gesti”, che si trova in basso a destra sul visualizzatore di Second Life. 2. Scrivete il nome del gesto, così come appare nell’inventario, nella barra della conversazione. Scrivete i caratteri tra virgolette. Per esempio, scrivete “afk” per assumere la posa che avete scelto per quando non siete alla tastiera. 129 “CTRL-G” fa apparire la tavola dei gesti, che mostra tutti i gesti possibili (e attivi), consente di modificare i gesti esistenti, di crearne di nuovi, usando i suoni e le animazioni del vostro inventario, e permette di vedere e modificare le scorciatoie e i dispositivi della chat previsti per mettere in atto un determinato gesto. I gesti di default si trovano nelle cartelle "Library -> Gestures" e "My Inventory -> Gestures" dell’inventario. 130 I gesti devono essere attivati per poterli utilizzare: quindi, aprite la cartella che contiene i gesti, cliccate col tasto destro sul gesto e dal menu pop up scegliete “Attiva” (Activate). Ora potrete usare i gesti, seguendo il procedimento descritto sopra. Appena arrivati in Second Life, troverete una serie di gesti di default, che tutti hanno a disposizione. Se, in qualunque momento, i gesti dovessero disattivarsi, seguite semplicemente il processo descritto sopra per riattivarli. Guida tecnica per l’installazione di OpenSIM Requisiti di sistema e di rete Per giocare con i giochi di ruolo virtuali su OpenSimulator è necessario installare il client Second Life® 1 (www.secondlife.com) Prima di scaricare il client occorre verificare di avere i requisiti di rete e di sistema adeguati. I seguenti requisiti sono gli stessi indicati sul sito di Second Life, all’indirizzo http://secondlife.com/support/ system-requirements/ 131 1 Second Life® and Linden Lab® sono marchi registrati di Linden Research, Inc. 1 Second Life® and Linden Lab® are registered trademarks of Linden Research, Inc. 132 Note Importanti * Second Life non è compatibile con dial-up internet, internet via satellite, e alcuni servizi internet wireless. ** Second Life potrebbe non funzionare su schede grafiche diverse da quelle sopra elencate. Le seguenti schede NON sono compatibili con Second Life: • Le schede NVIDIA che riportano come RIVA TNT o TNT2 • Le schede ATI che si identificano come RAGE, RAGE PRO, oppure RADEON 320M, 340M, 345M, o simili numeri di modello • I chipset Intel meno di 945 tra cui Intel Extreme • Le schede con il marchio seguente: 3DFX, RIVA, TNT, SiS, S3, S3TC, Savage, Twister, Rage, Kyro, millenni, MATROX Le seguenti schede non sono state testate con Second Life, e la compatibilità non è certa: • Le schede NVIDIA Quadro che si identificano come • Le schede ATI che si identificano come RADEON IGP o RADEON XPRESS • Le schede ATI che si identificano come FireGL • Le schede ATI che si identificano come FireMV Download del Client SL Client 1.23 per Windows: http://download.cloud.secondlife.com/ Second_Life_1-23-5-136262_Setup.exe SL Client 1.23 per Mac http://download.cloud.secondlife.com/ SecondLife_1_23_5_136262.dmg SL Client 2.x NON è compatibile con i server Opensim In alternative è possibile usare il client Hippo: http://forge.opensimulator.org/gf/download/frsrelease/217/792/ Hippo_OpenSim_Vi ewer_v0 .6.3_Windows_Setup.exe 133 Firewall È necessario configurare il firewall per raggiungere il server OpenSim (IP130.186.8.23) sulla porta 8999, utilizzando i protocolli TCP e UDP. Configurazione del Client e primo log in Dopo aver installato Second Life, occorre modificare le proprietà del collegamento a Second Life sul desktop, per poter raggiungere la nostra scuola virtuale. Se sul desktop non c’è il collegamento, lo si può creare seguendo questi passaggi: • aprire il menu di avvio e scegliere “Programmi” • cliccare con il tasto sinistro del mouse sulla cartella Second Life • cliccare con il tasto destro sull’applicativo Second Life • scegliere “invia a” e quindi “Desktop” A questo punto sul desktop dovrebbe apparire l’icona di Second Life. 134 Il collegamento così creato deve essere modificato come segue: • cliccare con il tasto destro del mouse sull’icona di collegamento Second Life e scegliere “Proprietà” • nella finestra “Collegamento” (la seconda) sostituire il testo nella casella “Destinazione” (c:¥Programmi¥SecondLife ¥SecondLife.exe) con il seguente testo (comprese le virgolette, tutto il testo in grassetto): "c:¥Programmi¥SecondLife ¥SecondLife.exe" -loginuri http:// opensim01.cineca.it:8999 Come mostrato nel seguente screenshot: Vi suggeriamo di rinominare il collegamento con il nome “Guichets OpenSim”. Con un doppio click su questo nuovo collegamento “Guichets OpenSim” si aprirà l’interfaccia del mondo virtuale e potrete accedere usando le credenziali: Firstname: GUICHETS Lastname: test Password: xxxx 135 Scenario: La bella ragazza Riassunto Lucia una settimana fa si è accorta che una sua compagna, Marta, tramava qualcosa contro di lei. Ha visto Marta e ridacchiare spesso con alcune compagne e cambiare discorso appena lei si avvicinava. In particolar modo si è accorta che spesso ridevano guardando qualcosa sul loro cellulare. Lucia aveva provato a chiedere di cosa ridessero e Marta aveva risposto che le faceva ridere un filmato fatto con il cellulare durante l’ultima gita, ma Lucia non era convinta da tale spiegazione. Dopo un paio di giorni Lucia aveva scoperto che il video in questione riprendeva lei mentre si cambiava nello spogliatoio della palestra della scuola. Lucia allora ha cercato di prendere il telefono a Marta, ma la ragazza glielo ha impedito. Lucia quindi ha litigato con Marta e questa le ha annunciato che pubblicherà il video su YouTube, in modo che tutti possano ammirare la sua bellezza. Due compagne di scuola che sono amiche sia di Lucia che di Marta chiedono ad entrambe di andare allo sportello di mediazione. Lucia e Marta decidono di provare a rivolgersi ai mediatori. Nozioni di base Luogo In giardino, durante la pausa. Numero di giocatori 4 136 1. Scenario: La bella ragazza Personaggi e istruzioni per i giocatori Nome del personaggio Lucia Che cosa sai del tuo personaggio? Età: 14 Background: Lucia è la ragazza più bella della classe. È cresciuta di colpo, e anche la sua bellezza è sbocciata durante lo scorso anno scolastico, prima era ‘un maschiaccio’ e nessuno dei ragazzi la guardava. Anche se lei non indossa abiti appariscenti, tutti i ragazzi della scuola adesso la guardano, molti di loro si sono innamorati di lei. Come conseguenza, molte ragazze hanno iniziato ad escluderla, perché invidiano la sua bellezza e non accettano il fatto che i ragazzi hanno meno interesse per loro!. Lucia non è felice di questo e vorrebbe far capire alle altre ragazze che i ragazzi non le interessano e che non ha colpa di questa situazione. Situazione familiare: Lucia vive con i genitori e un fratello maggiore. La sua famiglia è serena e molto attenta ai suoi problemi, così lei ha raccontato ai suoi genitori la situazione che vive a scuola. 137 Tratti della personalità: È una ragazza solare, che ama trascorrere il suo tempo con i suoi amici e compagni di scuola. Non è interessata a ragazzi e non le piace la loro eccessiva attenzione su di lei. Quando non si sente a proprio agio ha paura di qualcosa, si innervosisce e diventa un po 'aggressiva. Indossa di solito jeans e una t-shirt. Situazione scolastica: Lucia è piuttosto brava a scuola ed è apprezzata dai suoi professori. Cosa sa il personaggio degli altri personaggi? Marta - E 'una delle ragazze che la invidia, a tal punto da far di tutto per mettere Lucia in una situazione difficile come quella in cui si trova adesso, Lucia si sente vessata da Marta. Che cosa sa il personaggio della situazione? Da qualche mese Marta la tratta un po’ male, quando vede il video che ha realizzato ha paura delle possibili conseguenze della pubblicazione del video su YouTube. Qual è il ruolo e il compito del giocatore in questo scenario? Vuole evitare che Marta vada avanti con il suo terribile scherzo. Vuole spiegare loro non ha colpa di essere bella e che non le importa della sua bellezza. Un paio di compagne di scuola di Lucia e di Marta che conoscono la situazione hanno suggerito ad entrambe di andare allo sportello di mediazione per risolvere la situazione. Lucia è molto arrabbiata ma ha anche paura che venga pubblicato il video su Youtube e vuole che Marta non la tormenti più. 138 Nome del personaggio Marta Che cosa sai del tuo personaggio? Età: 14 Background: Marta è innamorata di Francesco, un ragazzo simpatico e grazioso della scuola, più grande di lei. All'inizio, sembrava che F. fosse interessato a lei, ma da qualche mese si interessa solo di Lucia, come tutti gli altri ragazzi, perché lei è diventata la ragazza più bella della scuola. Marta invidia Lucia per questo ed è convinta che sia colpa sua se Francesco ha perso ogni possibile interesse su di lei. Questo è il motivo per cui ha deciso di darle una lezione, realizzando di un video di lei mentre si cambia nello spogliatoio, con l'obiettivo di pubblicarlo su YouTube. Situazione familiare: Vive con i genitori, che lavorano entrambi e spesso tornano a casa tardi la sera. Così lei ha un sacco di tempo per pensare alla situazione creatasi con Lucia e Francesco che la fa stare male. Tratti della personalità: Ama essere al centro dell'attenzione e quando non ci riesce diventa talvolta aggressiva e vendicativa. Soffre perché non è ancora cresciuta e il suo aspetto è ancora più simile a quello di una bambina, piuttosto che a quello di una ragazza. 139 Situazione scolastica: Non ama studiare e gli insegnanti si lamentano spesso con lei per questo. Che cosa sa il giocatore degli altri personaggi in questo scenario? Lucia - Marta non la sopporta, perché è troppo bella e lei ha catturato l'attenzione del ragazzo che piace a lei. Cosa sa il giocatore della situazione? Ogni volta che Marta vede parlare Francesco con Lucia diventa molto gelosa. Una volta è capitato che era d’accordo con Francesco di fare i compiti insieme dopo la scuola, in biblioteca. quando era andata lì lo aveva trovato seduto accanto a Lucia e quindi è andata via arrabbiatissima. Marta crede che Lucia faccia finta di non essere interessata a Francesco e ai ragazzi in genere ma in realtà sia la classica ‘gattamorta’. Negli ultimi giorni ha parlato molto le sue amiche che le hanno fatto capire che il suo atteggiamento nei confronti di Lucia è ingiusto. Non può dare tutta la colpa solo a Lucia se le cose non vanno come desidera. E soprattutto non può mettere il video su Youtube. Marta non è convinta che Lucia sia così innocente ma si fida delle amiche e quindi accetta di provare a parlare con i mediatori. Qual è il ruolo del giocatore e del compito in questo scenario Vuole che Lucia smetta di ‘sedurre’ Francesco 140 2. Scenario Mike e Nic Riassunto Due studenti, Mike e Nic, frequentano la terza media ed hanno un rapporto "difficile", che dura dall'inizio della seconda media. Entrambi fanno parte della squadra di calcio della scuola che ha vinto diversi tornei. Il primo anno Mike e Nic erano diventati amici, ed anche se molto diversi andavano d’accordo. Poi in seconda media hanno litigato durante una partita e non si sono parlati più. Adesso è iniziato il nuovo anno scolastico, la terza media appunto, e la relazione è peggiorata, quindi è necessario l'intervento di qualcuno che possa aiutarli nella gestione di questa situazione. Tre giorni fa Mike, durante la ricreazione, ha insultato la madre di Nic e questo ha risposto a Mike, in presenza di altri compagni di scuola: - Mike, quella che deve essere insultata, non è mia madre, che non ha nessuna colpa, ma la tua, perché ti ha abbandonato! Mike è diventato rosso per la rabbia, ha preso Nic per il collo e lo ha spinto contro il muro, poi ha gridato: Stai attento, idiota! Quando esco da scuola io ei miei amici ......... ti facciamo male!! Nessuno dei ragazzi presenti è intervenuto, Mike se ne è andato e Nic si è sentito in colpa per le cose che ha detto a Mike. E' due giorni che Mike appare più nervoso, esce spesso dalla classe e gli insegnanti lo rimproverano. I due ragazzi hanno deciso di rivolgersi ai mediatori: oggi all’uscita della scuola Mike e Nic si trovano nel cortile della scuola per parlare con i mediatori. 141 Posto Cortile della scuola Numero di giocatori 2 studenti, 2 mediatori I personaggi e le istruzioni per i giocatori Mike Nic Mike Cosa sai del tuo personaggio? Età: 14 Background: Mike è un ragazzo vivace e quando è nervoso non rispetta le regole: se viene rimproverato dai suoi insegnanti, respinge l'accusa e reagisce in modo teatrale. Situazione familiare: i suoi genitori non hanno alcun contatto con la scuola e anche se erano stati inviati più volte dagli insegnanti, hanno sempre difeso il figlio, spiegando che è semplicemente un ragazzo vivace e che il vero problema è che la scuola è non in grado di gestire tali situazioni. Mike è stato adottato quando aveva 5 anni, non appena suo padre morì e sua madre lo abbandonò. Comportamento: È un pò ansioso, loquace, ha talvolta espressioni facciali infantili. Cerca sempre di avere un contatto fisico con i suoi interlocutori, non rispetta le distanze interpersonali necessarie. Dà spesso occhiate sarcastiche, ridendo “sotto i baffi". 142 Situazione scolastica: Mike studia poco e i suoi voti arrivano appena alla sufficienza. Gioca nella squadra di calcio della scuola ma non partecipa alle gite e alle attività sociali dell’istituto, ed i suoi genitori hanno scelto deliberatamente di non avere alcun contatto con i genitori dei suoi compagni di scuola. Quando è nervoso o si sente in difficoltà reagisce in modo aggressivo, ad esempio offende i suoi compagni: dice cose spiacevoli delle ragazze o delle madri dei ragazzi. Che cosa sa questo personaggio degli altri personaggi in questo scenario? Nic è un compagno di scuola di Mike. In prima media hanno iniziato a giocare entrambi nella squadra di calcio ed erano diventati molto amici. Erano entrambi molto bravi in attacco. Durante una partita in cui era venuto un talent scout per reclutare nuovi giocatori per la squadra cittadina Nic si era comportato male con lui, vicino alla porta non gli aveva passato la palla (anche se era in una posizione perfetta per segnare) e aveva proseguito l’azione da solo per cercare di fare gol e quindi farsi notare dal talent scout. Arrivati negli spogliatoi avevano litigato ed erano venuti alle mani ed erano stati divisi dal professore di educazione fisica. Da allora non si parlano più e Mike ha diminuito il suo impegno nella squadra. Questo è l’ultimo anno delle medie ed entrambi sanno che non si vedranno più, perché Nic il prossimo anno frequenterà il liceo, mentre Mike sarà andrà in un istituto tecnico. 143 Che cosa sa questo personaggio della situazione? Mike si sente umiliato da ciò che Nic e gli ha detto e vorrebbe dargli una lezione. Inoltre è ancora arrabbiato per il comportamento di Nic di 2 anni fa e, anche se non vuole ammetterlo è dispiaciuto di avere perso un amico, quando erano amici si divertivano molto insieme a giocare a calcio o a parlare durante la ricreazione. Qual è il ruolo del giocatore e il compito in questo scenario Mike reagisce alle frustrazioni diventando aggressivo ma a volte sente la pesantezza di avere l’etichetta di quello che offende, solo che non conosce altre modalità per affrontare le difficoltà. Non parla con nessuno della situazione familiare e ciò alcune volte lo fa sentire solo. Dopo che Nic lo ha offeso, comincia a sviluppare una forte volontà di rivincita. Il suo insegnante di educazione fisica che è anche il suo allenatore della squadra di calcio gli ha suggerito di rivolgersi allo sportello di mediazione per cercare di risolvere la situazione tra lui e Nic. Mike decide di fare un tentativo anche perché gli dispiace dire di no al suo allenatore. Nic Cosa sai del tuo personaggio? Età: 14 Background: Nic è un compagno di scuola Mike Situazione familiare: ha un buon rapporto con la sua famiglia. Ha un buon rapporto con le ragazze, che si trovano bene con lui e apprezzano la sua simpatia e capacità di ascolto. 144 Tratti di personalità: Nic è sicuro di sé e dato che riesce bene in tutto quello che fa, affronta le situazioni pensando di potersela sempre cavare bene. Situazione scolastica: Nic è uno studente eccellente, tra i migliori della sua classe, ha modi gentili e sembra sensibile. Che cosa sai degli altri personaggi in questo scenario? Nic si sente in colpa nei confronti di Mike per quello che gli ha detto due giorni fa. Molti ragazzi a scuola sanno che Mike è stato adottato a 5 anni, quando suo padre è morto e sua madre l’ha abbandonato. Quando Mike ha cominciato ad offenderlo non ci ha visto più e ha risposto con la cosa più cattiva che gli veniva in mente, ma in questo caso ha esagerato. Nic in questi giorni ha ripensato a quando lui e Mike erano amici ed era bello giocare insieme. È ancora un po’ arrabbiato con Mike per il litigio di 2 anni fa. Avevano giocato una partita amichevole alla presenza di un talent scout. A fine partita, negli spogliatoi, Mike lo aveva accusato di essere stato egoista e di non avergli passato la palla anche se era in posizione per segnare perché voleva essere notato dal talent scout. Sicuramente durante la partita Nic era molto concentrato a fare bella figura e a segnare un gol. ma non aveva visto che Mike era in posizione da gol, secondo lui Mike se l’è presa troppo. 145 Che cosa sa il personaggio della situazione? Il giorno dopo il litigio tra Nic e Mike, Anthony, il migliore amico di Nic, ha detto ai suoi genitori quello che è successo, questi si sono messi in contatto con i genitori di Nic e gli hanno raccontato tutto. I genitori di Nic vogliono parlare con il preside, ma Nic si oppone a tale decisione, perché vuole risolvere la faccenda senza i genitori. Anthony gli ha suggerito di rivolgersi allo sportello di mediazione della scuola, ed in effetti potrebbe essere una buona idea. Qual è il ruolo e i compiti del personaggio in questo scenario Anche se spesso Mike è antipatico ed aggressivo, Nic è dispiaciuto per quello che è successo con Mike e si vergogna di aver detto quelle cose in presenza dei suoi compagni di scuola: teme di apparire vigliacco per quello che ha detto a Mike. Vuole riparare a questa situazione anche se non ama chiedere scusa. Informazioni per i moderatori (dato solo ai moderatori) Mike e Nic hanno litigato. Vedere il Riassunto per i dettagli del dialogo tra Mike e Nic Percorsi possibili della situazione Mike Nic iniziano si recano nel cortile della scuola per incontrare i mediatori. Modi in cui i moderatori possono intervenire nella situazione In caso i ragazzi escano fuori dai loro personaggi o diventino troppo aggressivi si deve fermare il gioco, suggerendo di cercare di trovare un modo possibile per gestire la situazione. Nel caso i ragazzi recitino il loro ruolo svolgono il loro ruolo utilizzando le tecniche di mediazione. 146 3. Scenario Francesca ‘il maschiaccio’ Riassunto: .Francesca è un ragazza di 15 anni che frequenta il primo anno dell'Istituto Tecnico Commerciale e la sua colpa è quella di avere una voce un po' bassa e una fisionomia abbastanza mascolina. Un gruppo di suoi compagni e compagne di classe, capeggiate da Serena che invece è una ragazza molto femminile e corteggiata dai maschi della scuola, prendono spesso in giro Francesca. Serena e alcuni suoi compagni e compagne di classe un giorno arrivano a mandarle un biglietto finto firmato da una ragazza di un'altra classe che dichiarava di essersi innamorata di “lui”. Questo episodio per lei è stato troppo umiliante, perché nel giro di pochissimo lo sapeva tutta la scuola e tutti ridevano di lei. Francesca allora scoppia a piangere e vuole picchiare Serena per il male che le ha fatto, Serena si mette a gridare offendendola e dicendole che non si deve permettere nemmeno sfiorarla, ma a quel punto intervengono dei compagni che le fermano e le fanno calmare e propongono di andare in mediazione. Informazioni generali: Luogo: L'episodio avviene nel corridoio della scuola, sotto gli occhi di tutti i ragazzi e ragazze della scuola. Numero giocatori: 3 Oggetti: un bigliettino Personaggi e istruzione per i giocatori Nome del personaggio 1 : Francesca Età: 15 147 Backgrond: Francesca è una ragazza di indole abbastanza mite, non ama la violenza anche se quando la rabbia le arriva al culmine può sfociare in aggressività. Francesca è una ragazza che è cresciuta insieme ai suoi due fratelli maschi più grandi e da loro ha preso molti modi di fare, è giovane e non ha ancora definito bene la sua identità e questo la mette spesso in crisi. Situazione familiare: Francesca viene da una famiglia modesta e viene seguita il giusto nelle sue faccende scolastiche, non si confida molto con i genitori e si tiene tutto dentro di sé. Caratteristiche e aspetto: Francesca non è molto alta, ma ha un fisico robusto e tratti molto mascolini. A renderla più mascolina sono i suoi atteggiamenti che esprime con naturalità e che non riesce a cambiare e il suo abbigliamento che consiste in magliette larghe che nascondono le forme e jeans. Francesca è mite, ma anche molto fragile proprio perché non riesce ancora a dare un nome alla sua identità. Situazione scolastica: Francesca ha iniziato il nuovo anno scolastico con qualche difficoltà e più il tempo passa più odia la scuola e non vorrebbe più andarci Personaggio 2: Serena Età: 15 Background: Serena è una ragazza che è stata sempre abituata ad essere al centro dell'attenzione e voluta come amica dalle sue compagne di classe, perché è una delle ragazze più belle e alla moda della scuola. Forte dell'appoggio delle compagne e dei compagni che invece la vogliono conquistare non teme rifiuti e per farsi notare ancora di più lo fa prendendo di mira una sua compagna, 148 Francesca, che non ha mai fatto niente per essere sua amica e che anzi non la considera. Situazione familiare: Serena era una ragazzina molto gentile, finché la nascita un anno fa del suo fratellino l'ha trasformata in una bimba superba, aggressiva e sempre pronta a fare dispetti. Carattere e aspetto: Serena è viziata, poco attenta alla sensibilità altrui e molto superba. E' per contro molto bella, con capelli biondi lunghi, occhi verdi e pelle bianca e liscia. Situazione scolastica: Serena si cura poco del suo rendimento scolastico, anche se riesce a ottenere sempre la sufficienza per andare avanti senza problemi. Informazione su cosa è accaduto: A Francesca viene consegnato un biglietto da una compagna e sopra c'è la dichiarazione d'amore di una ragazza di un'altra classe. Il biglietto in realtà è stato scritto da Serena al fine di umiliarla e deriderla. Questa scena avviene nel corridoio della scuola, tutti vengono a sapere cosa è successo è tutti ridono di Francesca e dell'equivoco in cui si è trovata. Tutti ridono e guardano Serena e Francesca ha la conferma che è stata lei a scrivere il bigliettino. 149 4. Scenario I fotografi Un nuovo studente è arrivato alla scuola: Martin. E 'davvero bello, alto e simpatico. Un sacco di ragazze lo corteggiano. Paula e Carla, che erano molto amiche, hanno litigato per alcune foto che ritraggono Paula e Martin abbracciati che sono state pubblicate sul sito della scuola. Carla era venuta a sapere delle foto da un suo compagno di classe. Prima di questa situazione, Carla aveva confessato a Paula di essere innamorata di Martin. Carla si è molto arrabbiata ed ha litigato con Paula. I compagni di classe hanno suggerito alle ragazze di andare dal mediatore e dopo un paio di settimane passate senza parlarsi le due ragazze si rivolgono ai mediatori. Paula Età: 14 anni Background: Paula ha un sacco di amici ed è un po’ pettegola: le piace sapere tutto quello che succede a scuola. L'unica persona con cui ha un rapporto di amicizia più sincero è Carla. La scorsa settimana, Paula ha passato un pomeriggio con Martin. Hanno chiacchierato giocato e ha scattato alcune foto che li ritraevano insieme. Paula sapeva che Carla era innamorata di Martin, ma non ha pensato troppo alle conseguenze delle sue azioni. In effetti, ha pensato che queste foto le avrebbero dato più popolarità nella scuola. 150 Aspetto: E 'una bella ragazza. Situazione scolastica: Normale. Cosa sa Paula degli altri personaggi in questo scenario? Paula pensa che Carla sia una sciocca, perché lei è innamorata di Martin, un ragazzo stupido e inutile. È convinta che Martin non vada bene per lei. Cosa sa Paula della situazione? Carla le ha inviato un sms aggressivo chiedendole di parlare. Paula si era sorpresa di questo tipo di messaggio, ma era andata all’appuntamento. Carla si è arrabbiata per le foto che ritraggono lei e Martin insieme, lei ci ha riso su e l’ha presa un pò in giro. Le ha fatto credere che c’è una relazione tra lei e Martin, solo per dimostrarle che l'amicizia è più importante di qualsiasi ragazzo. Carla Età: 14 anni Carla è un po 'complessata con la sua altezza. Non molto tempo fa, ha incontrato Martin. Hanno parlato qualche volta e lei aveva pensato che poteva iniziare una relazione seria con lui, anche se non è così bella come le altre ragazze. Ha raccontato tutto a Paula. Qualche giorno dopo aveva visto alcune foto di Paula e Martin abbracciati sul sito della scuola. Si era sentita tradita dalla sua amica, così aveva dato a Paula un appuntamento per incontrarla nel parco giochi, per insultarla e rompere la loro amicizia. Aspetto: Lei è un po’ bassina. 151 situazione scolastica: Normale. Cosa sa Carla degli altri personaggi in questo scenario? Paula: E 'una ragazza superficiale e inaffidabile Cosa sa Carla della situazione? Quando ha litigato con Paula le ha detto che è una pettegola, una cattiva amica anzi una persona cattiva che cerca di rubare i ragazzi che piacciono alle altre. A momenti la picchiava pure. 152 5. Scenario Lavoro di squadra Riassunto L'insegnante di scienze ha deciso che tutti gli studenti devono presentare un lavoro (una ricerca sulle specie animali che vedranno nella prossima gita). Divide la classe in coppie, ogni coppia dovrà collaborare nella realizzazione di una ricerca. C’è però una coppia di studenti (Susanna e Alvaro) che crea problemi. In particolare Susanna non vuole far coppia con Alvaro. Inizia a dire a tutti che non è contenta di fare la ricerca con Alvaro ma non lo dice direttamente a lui. Susanna vorrebbe fare la ricerca con Daniel, che è il suo ragazzo. Alvaro lo viene a sapere e si arrabbia. Alvaro pensa di essere discriminato perché ha un difetto dell’udito (70% di invalidità) che riesce però a compensare leggendo le labbra. Susana Età: 15 anni Background: Non ha mai avuto problemi con i suoi compagni di scuola. Lei non vuole avere nemici, così cerca di andare d'accordo con tutti. Avrebbe preferito lavorare con Daniel, il suo ragazzo. È molto preoccupata e interessata al lavoro, perché ha bisogno di un buon voto per non essere bocciata. I tratti della personalità: E 'abbastanza normale, forse un po' interessata a finire le cose velocemente per avere tempo da passare con il suo fidanzato. 153 Situazione a Scuola: Non va molto bene. Non ha buoni voti. Che cosa sa Susana di Alvaro? Sa che lui si arrabbia quando la gente non lo lascia partecipare alle attività a causa della sua sordità. Álvaro Età: 15 anni Background: Ha il 70% di invalidità dell’udito dalla nascita, ma può leggere le labbra e comunicare se la gente collabora un po '. Situazione iniziale: Egli è il figlio unico di una famiglia normale. I tratti della personalità: Alvaro è timido, così i suoi compagni di classe hanno difficoltà a interagire con lui. Si sente discriminato e crede che la gente lo tenga a distanza per la sua invalidità. Situazione della scuola: E 'uno studente brillante. Cosa sa Alvaro di Susana? È una bella ragazza, ma molto egoista, perché è sempre alla ricerca di favori della gente. Alvaro è arrabbiato con Susana che non vuole fare la ricerca con lui. Anche se Susana non glielo dice apertamente lui lo ha capito e ne soffre. 154 6. Scenario La partita a scacchi A scuola viene organizzato un torneo di scacchi. La classe di George e Paul, decide di partecipare, ma Paul viene scartato dal caposquadra George, perché quest’ultimo non lo ritiene abbastanza bravo. Paul ci rimane molto male, ma non lo dice direttamente a lui, decide di andare dalla professoressa a lamentarsi dell’accaduto. si sente escluso ingiustamente. La professoressa allora interviene e obbliga George a inserirlo nella squadra. Durante la partita finale del torneo Paul sbaglia una mossa decisiva e quindi tutta la squadra perde. Da qui ne nasce una lite con George che lo prende in giro e lo accusa di non sapere giocare. Nessuno dei compagni presenti interviene e Paul nervoso se ne va. Dopo alcun giorni, Paul decide di andare in mediazione e anche George accetta. All’ora concordata escono in cortile per incontrare il mediatore Nozioni di base Luogo: In giardino, durante la pausa. Paul Età 15 anni Backgrond: Paul è stato sempre un bravo ragazzo scherzoso, rispettoso delle situazioni, bravo a scuola. Gioca a scacchi da quando era molto piccolo. Caratteristiche: ha un carattere nervoso, non ama le situazioni in cui è messo sotto stress. E’ un po’ insicuro. 155 George Età 15 anni Background: è considerato il leader della classe, per il suo modo di fare. E’ molto concentrato su di sé e poco attento a ciò che accade ai suoi compagni che invece lo ammirano molto. E’ molto bravo a giocare a Scacchi ma non quanto Paul, ed è geloso di questo Carattere e aspetto: George ha un carattere molto forte, è sicuro di se Cerca sempre di avere un contatto fisico con i suoi interlocutori, non rispetta le distanze interpersonali necessarie E' stato eletto capo classe Situazione scolastica: George non studia molto 156 7. Scenario Giovanni il buffone Riassunto: Il periodo in cui accade il fatto è verso la seconda metà dell'anno scolastico. Giovanni frequenta la prima media e dall'inizio dell'anno si è proposto ai suoi compagni come il ragazzo che fa sempre ridere, che fa battute anche quando non è il caso e che risponde sempre con delle mimiche facciali alquanto “strambe”. Dopo i primi tempi a scuola Giovanni inizia a essere presentato agli altri ragazzi della scuola come lo “scemo” della classe, lui ci rimane molto male, ma non dice niente. Più passa il tempo più questa etichetta non se la leva più di dosso. Non ci sta più bene dentro, lui voleva solo essere simpatico e accettato dai suoi compagni e non lo scemo della scuola. Alcuni insegnanti cominciano a preoccuparsi quando verso la seconda metà dell'anno scolastico quando Giovanni viene interrogato inizia a non rispondere più alle domande perché dice che tanto lui è scemo. I compagni ridono e gli chiedono di fare le facce da stupido, a lui sta crescendo dentro molta rabbia, ma non sa come fare a comunicarla ai suoi compagni. Tra i compagni che lo prendono maggiormente in giro c’è Enrico che è il leader della classe. Un giorno Enrico e Giovanni litigano violentemente. Alcuni compagni più sensibili parlano con entrambi suggerendogli di rivolgersi alla mediazione. I due accettano e all’ora concordata escono in cortile per incontrare il mediatore (o i mediatori). 157 Personaggi e istruzione per i giocatori Nome del personaggio 1 : Giovanni Età: 11 Backgrond: Giovanni è stato sempre un ragazzo scherzoso fin dalle scuole elementari, sempre contenuto e rispettoso delle situazioni, ha sempre tenuto al suo rendimento scolastico fino all'impatto con la nuova scuola e i nuovi compagni delle Medie. Situazione familiare: Giovanni viene da una famiglia agiata, è figlio unico e viene sempre iper protetto dalla mamma e dal papà Caratteristiche: E' un ragazzo, seppur sempre pronto a fare ridere tutti, molto nervoso e continuamente sfoga il suo nervosismo sugli oggetti che ha intorno “torturandoli” in continuazione. Situazione scolastica: Fino dalle scuole elementari Giovanni ha sempre avuto dei rendimenti non eccelsi, ma buoni e anche all'inizio del I quadrimestre andava abbastanza bene, poi qualcosa dentro di lui è sembrato essersi rotto, non avuto più fiducia nelle sue qualità e ha iniziato a dire che non poteva capire perché lui è uno stupido e che è così perché glielo dicono sempre tutti. Giovanni in questo periodo della scuola fa ridere i compagni, ma dentro è arrabbiato e triste anche se non riesce a manifestare questi suoi sentimenti. Personaggio 3: Enrico Età : 11 anni 158 Background: Enrico è considerato il leader della classe, per il suo modo di fare sempre sulle righe, brillante, propositivo, ma spesso troppo concentrato su di sé e poco attento a ciò che accade ai suoi compagni che invece lo ammirano molto. Enrico è uno dei compagni di Giovanni che sempre lo prende in giro, gli chiede di fare le espressioni da buffone e lo presenta ai compagni e alle compagne della scuola (che quando lo vedono ridono) come uno scemo e un po' “toccatello” di testa. Carattere e aspetto: Enrico è un ragazzo molto intelligente, ironico e brillante nelle sue intuizioni scolastiche, è forte negli sport e ama essere al centro dell'attenzione. E' stato eletto capo classe e nelle assemblee la rappresenta lui. Situazione scolastica: Enrico è bravo a scuola pur non studiando molto, è bravo nello sport aiutato anche dal suo fisico ben piazzato. 159 8. Scenario Les Riassunto Les è un ragazzo di 14 anni che ha poca fiducia in se stesso e si fa trascinare con facilità dagli altri. Dan infatti si porta dietro Les e lo convince a fare cose cattive. Les di solito ci ride su e tutti gli altri ridono di Les. Su suggerimento di Dan durante la ricreazione Les alza la gonna di Joyce e lei dalla rabbia e dalla vergogna si mette a piangere e litiga furiosamente con Les. A Joyce Les era simpatico anche se ha sempre pensato che è un po’ stupido a farsi trascinare da Dan a fare cattiverie continuamente. Adesso è molto arrabbiata con Les. Dopo qualche giorno i compagni di classe suggeriscono a Les e Joyce di andare in mediazione. I due decidono di fare un tentativo e si rivolgono ai mediatori. Les Cosa sa l’attore del proprio personaggio? Età: 14 anni Background: Les è grande e in sovrappeso. Ha paura di prendere l'iniziativa nelle situazioni ed ha una bassa autostima. Situazione Les vive con la madre. Suo padre ha familiare: lasciato la casa sei anni fa e vive con un altra donna. Les non vede quasi mai suo padre e non parla mai di lui. Les è figlio unico. 160 Personalità: Apparentemente Les è un buffone e tutti lo vedono fare ‘casino’ in giro e scherzare sempre ma quando è solo è molto triste. Non ha veri amici. Crede di essere stupido ed è confuso su se stesso. Situazione Les sta avendo molti problemi con gli scolastica: insegnanti. Gli altri studenti lo spingono a fare cose stupide a scuola e poi ridono delle conseguenze delle sue azioni Cosa sa il giocatore degli altri personaggi dello scenario? Dan è nella stessa classe di Les ed è considerato un tipo ‘figo’ Joyce è una compagna di classe noiosa e niente affatto divertente Cosa sa il Personaggio della situazione? Les vuole solo ridere e scherzare, gli piace anche far ridere la gente. Les vorrebbe avere un amico con cui andare in giro. Ammira molto Dan e vorrebbe diventare il suo migliore amico. Dan (personaggio citato ma non presente all’incontro) A Dan piace far fare a Les tutte le cose più cattive e folli che riesce a pensare specialmente quelle che lui ha paura di fare personalmente. Dan cerca di convincere Les a dire cose cattive ai compagni, a far finta di andare in bagno per combinare 161 guai, a rispondere in modo stupido ai professori, a ballare sulla scrivania, ect.. Dan fa fare queste cose a Les ma lui non fa niente in prima persona. Joyce Età: 14 anni Background: Joyce è una ragazza seria e studiosa. Ha alle spalle una situazione stabile Situazione familiare: Joyce vive con i genitori e un fratello più piccolo Personalità: Joyce vuole riuscire bene a scuola e nella vita. Non gli piace giocare lo considera una perdita di tempo. Ha pochissimi giochi e fa poche cose fuori dalla scuola. Situazione scolastica: Joyce è tra le più brave a scuola e di solito è la prima a consegnare I compiti. Cosa sa Joyce degli altri personaggi dello scenario? Les in fondo non è un ragazzo cattivo è solo un pò troppo stupido. Si fa trascinare da Dan a fare cose stupide e irritanti agli studenti e ai professori e viene rimproverato molto spesso dagli insegnanti. Ha bisogno solo di calmarsi un po’ e prendere la vita un po’ più sul serio. Dan è un bullo. A Joyce non piace Dan e non vuole avere a che fare con lui. Les dovrebbe cominciare a pensare con la sua testa e ad ignorare Dan che sembra riuscire a fargli fare cose pazze a scuola. 162 La comunicazione al tempo della net-generation Romano Mazzon Parlare oggi, inizio 2013, di comunicazione significa prendere atto del fatto che si sta parlando di un campo in progressivo cambiamento. L'unico punto certo rimasto è che occorrono, come minimo, un emittente e un ricevente e che la comunicazione tra i due può essere disturbata dal rumore di fondo: dalla confusione di un mercato mentre due amici parlano tra loro, alla connessione ad alta velocità che non funziona in pieno quando i due amici utilizzano un sistema Voice over IP (Voce tramite protocollo Internet), acronimo VoIP. Per il resto si tratta di un campo in cui l'introduzione delle Information Comunication Tecnologies (ICT) e delle sempre più ampie possibilità di accesso alla rete, il tutto a prezzi accessibili, determina cambiamenti veloci. Sino a un tre/quattro anni fa, si vedevano i bambini di pochi anni aprire i libri come fossero computer portatili e notare, stupiti, che non succedeva niente schiacciando. Negli ultimi due anni i bambini di quella stessa età cercano di ingrandire le foto sulle riviste cartacee con un touch. 163 Tra crisi e opportunità Non disponendo di una lampada di cristallo, non è p o s s i b i l e p re v e d e re c o s a q u e s t o c o m p o r t e r à . L'impressione è di trovarsi in un momento di cambiamento tecnologico, di crisi, di opportunità. Si parla molto di ritardo tecnologico. Se si effettua una ricerca sul motore di ricerca Google, si trova che “ritardo tecnologico” ha un milione e quattrocento novantamila occorrenzze. Il sociologo W. F. Ogburn, trattando di tecnologia e mtamento sociale nei primi anni del '900, caratterizzati da un simile mutamento tecnologico, descriveva il ritardo tecnologico come un momento in cui la conoscenza e la dimestichezza con le nuove tecnologie è molto più presente nei governati pittosto che nei governanti. Non per altro la generazione nata dopo la diffusione della rete e della banda larga viene definita composta da nativi digitali. Ossia coloro che sono nati quando queste tecnologie erano ormai diffuse e non hanno conosciuto forme diverse di comunicazione. I loro supereroi non si trasformano in una cabina telefonica, come Super Man, ma si trasformano grazie ai poteri segreti contenuti nei loro particolari telefoni cellulari, come i Power Rangers. Se questa discrepanza può essere vista come una crisi bisogna considerare anche una delle opportunità che nascono da questa. Un periodo simile, nell'uso delle tecnologie, seguendo il sociologo J. Simmel (anche lui attento analizzatore dei cambiamenti tecnologici e sociali dell'inizio del secolo scorso), permette alle capacità soggettive di esprimersi e trovare soluzioni originali a problemi che si pensavano insolubili. 164 Negli anni 2000 un contributo all'analisi dei cambiamenti in corso è venuto dal sociologo H. Rheingold e dalla sua idea di smart mobs, moltitudini intelligenti. Secondo l'autore le nuove rivoluzioni sociali nasceranno dalle sempre maggiori possibilità di connettività tra le masse attraverso l'uso degli smart phone. Da notare che questo lo ha scritto anni prima rispetto alle Primavere Arabe. Dal collettivo al connettivo Dalla ricerca fatta in questo progetto su ragazzi delle scuole medie si è trovato che oltre il 98% usa internet e che oltre il 90% di questi lo usa per comunicare con gli amici. Se si osservano gli strumenti utilizzati per comunicare con gli amici, si trova che la parte da leone la fanno sistemi portatili, computer portatili, cellulari, smart phone, tablet. La diffusione sempre più vasta di questi dispositivi a partire dalle scuole elementari è confermata anche dal X rapporto annuale di Telefono Azzurro. La riduzione dei costi degli strumenti (si è passati dai milioni della fine degli anni '90 per un PC ai 150 € per un tablet), la sempre maggiore facilità di approccio (user friendly) sta producendo una diffusione ccapillare di questi strumenti. La connessione alla rete, la partecipazione a una discussione che non è esclusivamente uno ad uno si è notevolmente ampliata unendo in un vorticoso cambiamento le potenzialità di telefonia e personal computer. Il fenomeno riguarda anche i videogiochi, vista la possibilità che si ha di connettere tra loro più console, sia in copresenza che a distanza tramite la rete. Una serie di opportunità che 165 spesso sfuggono al mondo adulto, un mondo adulto che, in diversi casi, apprende le nuove funzionalità proprio dalle generazioni più giovani. Un po' come gli immigrati italiani negli USA in cui molto spesso i genitori apprendevano l'inglese dai figli. Non per altro le generazioni nate prima della diffusione di queste tecnologie vengono definite immigrati digitali. Un esempio di questo è il seguente dialogo, intercorso tra un ragazzino di 5° elementare e suo padre furi dalla scuola, all'inizio dell'ano scolastico 2011 – 2013: Figlio: La nostra maestra non ci lascia portare a scuola il Nintendo per giocarci nell'intervallo mentre quella di 4° glielo lascia, non è giusto! Padre: Sempre lì attaccati al Nintendo ad isolarvi, possibile che almeno quando siete in cortile durante l'intervallo non possiate fare dei giochi insieme? Sempre e solo a schiacciare... Figlio: Ma papà, noi ci connettiamo! Si asssite a un passaggio dal gruppo inteso come collettivo al gruppo inteso come connettivo. Il filosofo D. De Kerckhove afferma: con il Web e con l'accesso che abbiamo a questa intelligenza collettiva, a questa base cognitiva, … possiamo avere accesso a tutto senza avere imparato mai niente. Ciò è divertente, fa parte del piacere di appartenere della nostra epoca, di essere legati a questa formidabile memoria collettiva. Dalla ricerca emerge che la rete non viene utilizzata per sole attività di svago come ascoltare musica, guardare video o giocare. La rete, se principalmente viene utilizzata per comunicare con gli amici, viene anche intesa come strumento per lo studio e per tenersi informati. Non si vuole qui discutere sulla qualità delle informazioni trovate 166 ma sicuramente rappresenta uno strumento completamente nuovo per la conoscenza, essendo stati abbattuti diversi ostacoli attraberso la condivisione di contenuti. Emozioni e social network Parallelamente a questo cambiamento tecnologico si è sempre più diffuso l'uso di social network. Vi è una tendenza sempre crrescente a possedere uno, o più, account su questo tipo di piattaforme. A questa tendenza si associano anche i ragazzi delle scuole medie di Mazzara del Vallo se l'86,5% dichiara di essere iscritto almeno ad un social network. Il più diffuso viene confermato Facebook, a cui sono iscritti tutti coloro che usano questo tipo di strumento. Da sottolineare che però Facebook non è l'unico social networ utilizzato. Tra i giovani raggiunti dal questionario si notano anche Badoo e MySpace che raggiungono entrambe il 10% del gruppo. La partecipazione a social network comporta uno sviluppo di quella che D. Goleman chiama intelligenza emotiva, la capacità di riconoscere le proprie e altrui emozioni, regolando le proprie emozioni in modo adeguato. Questo scambio di emozioni è la merce deii social network. Un bene relazionale basato sulla condivisione di emozioni. Dalla ricerca emergono due criticità principali legate all'uso dei social network: ‣ una difficoltà, riconducibile alle tappe dello sviluppo, nel prevedere le emozioni dell'altro; ‣ una non conoscenza, dovuta a una diffusa mancanza di confronto su qursto argomento, delle conseguenze 167 di fornire i propri dati personali rendendoli disponibili in rete e permettendo a una società privata di trattarli. Da notare che il gruppo preso in considerazione non aveva l'età per essere iscirtto a Facebook ma ha semplicemente mentito nella casella in cui deve essere inserita la data di nascita. Proprio perché si tratta di uno scontro tra nativi di un ambiente e immigrati che non conoscono così bene il territorio, appare difficile limitare l'accesso attraverso divieti, mentre appare molto più fruttuoso creare un ambiente della conoscenza, un ambiente che, seguendo il modello della connettività, metta a disposizione i saperi, che non li costudisca proteggendoli, che renda accessibile sempre più l'informazione permettendo la collaorazione di tutti Prospettive Dall'esperienza del progetto emerge come sia importante riscire a utilizzare le ICT per comunicare con le giovani generazioni. Se queste generazioni dimostrano una familiarità prima sconosciuta con questi strumenti rimane il compito educativo del mondo adulto. Un 'educazione intesa come “tirare fuori” o, utilizzando il modello di Danilo Dolci, un'operazione di capacitazione. Tale operazione può avvenire utilizzando un modello di peer education e proponendo l'uso di queste nuove tecnologie anche per la comunicazione verso le istituzioni locali, un'operazione che sappia utilizzare queste nuove capacità/competenze per crescere cittadini attivi, in grado di promuovere uno sviluppo sociale ed economico sostenibile e duraturo. 168 La mediazione dell’apprendimento 169 170 O.N.S.A obiettivi non specifici di apprendimento Rosanna Frosina Si fa mediazione allorquando gli insegnanti si interpongono (modificandolo) in quel segmento che va dal sapere disciplinare (fatto di contenuti, concetti, linguaggi,ecc) all’attività vera e propria di apprendimento. Quindi da una parte appare il contenuto e dall’altra i giovani, con i propri strumenti . L’insegnante è chiamato ad intervenire per mediare proprio tra questi due elementi : contenuti e beneficiari. La mediazione dell’apprendimento di tipo tradizionale si pone come obiettivo la trasmissione erga omnes dei contenuti,mentre quella considerata più efficace ha l’obiettivo di educare all’apprendimento, mettendo gli alunni nelle condizioni di imparare ad imparare. Per fortuna, posso testimoniarlo, esiste tutta una generazione di insegnanti che già da anni opera in questo senso…….ma allora qual è la sfida di oggi? La sfida è quella di mediare anche nella formazione di quegli atteggiamenti considerati pro sociali dove la scuola deve fungere da palestra per un allenamento quotidiano e sistematico. La scuola, oggi,è chiamata a garantire l’unitarietà del sistema di istruzione e di formazione attraverso il raggiungimento, da parte degli alunni di specifiche competenze (OSA). 171 Le NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI PER IL CURRICOLO DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA E DEL PRIMO CICLO DI ISTRUZIONE del 2012, però, asseriscono che: <<La scuola si deve costruire come luogo accogliente,coinvolgendo in questo compito gli studenti stessi. Sono infatti,importanti le condizioni che favoriscono lo star bene a scuola,al fine di ottenere la partecipazione più ampia dei bambini e degli adolescenti a un progetto educativo condiviso. La formazione di importanti legami di gruppo non contraddice la scelta di porre la persona al centro dell’azione educativa,ma è al contrario indispensabile per lo sviluppo della personalità di ognuno…>>. Perché non pensare,allora,di porsi degli obiettivi non proprio “specifici” facendoli “emergere” dai diversi campi disciplinari? E’ necessario interrogarsi su quali strategie adottare al fine di a)promuovere un atteggiamento riflessivo b)migliorare il controllo del c o m p o r t a m e n t o c ) c o s t r u i re c o r re t t e a b i t u d i n i comportamentali per controllare e pianificare quegli atteggiamenti che possono prevenire la violenza… Ecco perché,quasi in maniera provocatoria,li ho chiamati ONSA, obiettivi non specifici di apprendimento, facendo riferimento a quelli invece specifici (OSA) con cui all’inizio dell’anno siamo chiamati a confrontarci per la programmazione didattica. Per spiegare ai non addetti ai lavori cos’è un obiettivo specifico di apprendimento,vi riporto l’esempio di un’unità didattica all’interno di una classe prima: viene proposta ai bambini una scheda con un disegno rappresentante due insiemi,uno con elementi che hanno la stessa caratteristica e l’altro con elementi che non 172 hanno quella caratteristica Per intenderci,ad esempio un insieme con gruppo di bambini con un cappellino ed un insieme con un gruppo di bambini senza cappellino. Ai bambini toccherà denominare e riconoscere il gruppo che non ha il cappellino riconoscendo la negazione di una c a r a t t e r i s t i c a . . L’ O B I E T T I V O S P E C I F I C O D I APPRENDIMENTO (OSA) quindi da raggiungere sarà: c l a s s i fi c a re i n b a s e a l l a n e g a z i o n e d i u n a caratteristica, Come raggiungere, invece, il cosiddetto ONSA partendo da un percorso cosi’ accademico? Questo è il momento in cui l’insegnante mediatore deve fare quello che il prof. Feuerstein chiama trascendenza, approfittare cioè dell’occasione per allargare gli orizzonti, in modo da generalizzare partendo dal particolare per arrivare alla individuazione di un principio. Nel caso specifico,ad esempio,si può guidare il gruppo classe ad una serie di riflessioni del tipo :<< disegnate due insiemi ,uno di bambini con la pelle bianca (che loro a questa età chiamano rosa) ed un altro con bambini con la pelle non bianca. Alla fine,racchiudete i due insiemi un uno solo .Quale insieme .si è formato? Un insieme di bambini…>>Si arriverà cosi’al principio che malgrado le differenze fisiche o di altro genere,si è sempre bambini…. Questo è soltanto un esempio di come,non aspettando le ore di educazione alla cittadinanza,non confidando in un qualsiasi progetto di educazione alla legalità,non appellandosi alle ore di compresenza con la collega,non demoralizzandosi per eventuali tagli su progetti educativi,si possa investire a costo zero sulla prevenzione di atteggiamenti discriminatori o violenti e 173 sulla educabilità agli atteggiamenti pro sociali. Una scuola che investe su questo tipo di apprendimento significativo aiuterà sicuramente lo scolaro a star bene con il bambino. LA SFIDA DELLA SCUOLA E’ QUELLA DI PREVENIRE GLI ATTEGGIAMENTI VIOLENTI CON LA DISPONIBILITA’ DA PARTE DEGLI INSEGNANTI a trovare un nesso con la programmazione didattica(inserendo l’attenzione a questo aspetto nello svolgimento delle normali attività,con possibili collegamenti con le materie insegnate.) Soprattutto nella scuola primaria, ma anche in quella secondaria di primo grado, è doveroso intervenire nell’unico modo che forse è consentito alla scuola: a livello strategico. Gli interventi di fronte alla violenza, infatti, possono essere di tre tipi: ESTEMPORANEO TATTICO STRATEGICO Nel primo caso lo scopo è quello di contenere gli eventuali danni fisici e/o psicologici. Nel secondo caso si lavorerà per tenere sotto controllo le dinamiche che possono far nascere conflitti. Nel terzo caso, ed è quello in cui si possono inserire gli O.N.S.A., si ha un approccio meno episodico, investendo sulla educabilità ad atteggiamenti corretti e costruttivi. La scuola,quindi, può assumere un ruolo determinante nella prevenzione della violenza, non solo facendo attenzione al non prodursi di fatti negativi, ma r a p p re s e n t a n d o u n a p a l e s t r a d i e d u c a z i o n e consapevole. 174 Due modelli di governance 176 La mediazione di comunità per l’inclusione sociale e Il paradigma inclusivo Renato Briante IL PATTO LOCALE DELLA SICUREZZA TRA I GIOVANI Incipit. “ A questo scopo non c’è mezzo di persuasione più efficace, che offrirsi nelle contese private come mediatore conciliante, calmo, che sta fermo sulle prime cause e che non accentua in nessuno amore di contesa, né ira, e nessuna altra passione che rinfocoli asprezza e collera nelle contese inevitabili “ (Plutarco - Consigli Politici - 32 D). “ Con l’attenzione, infatti, come dice Catone, una questione grande diventa piccola, e una piccola si riduce a nulla ” (Plutarco – ibidem). Il principale obiettivo di Europa 2020, il documento strategico della Comunità dei 27 Paesi membri, resta l’inclusione sociale e lavorativa. Il 75% delle persone deve poter aver un lavoro e anche attraverso questa “conquista” deve poter contribuire, con piena dignità, alla crescita della comunità di appartenenza. Quando poi non è la crisi economica a determinare l’inoccupabilità, ma un pregiudizio qualsiasi o una forma di discriminazione di 177 genere o di altra natura, allora il paradigma inclusivo deve mirare, prima di tutto, alla rimozione dell’ostacolo preclusivo, ricercandone le cause nel contesto specifico, per permettere il raggiungimento dell’obiettivo. Resta inteso che, nell’uno come nell’altro caso, il processo di individuazione del problema di impedimento e di realizzazione dell’obiettivo vada ricercato e affrontato attraverso un coinvolgimento diretto e progressivo di tutti gli attori sociali che in quella specifica comunità hanno concorso a determinarlo, sia in forma diretta che indirettamente, anche per la semplice detenzione di responsabilità di governo o di governance. Uno degli strumenti metodologici più interessanti per l’attuazione di questo processo è senza dubbio la mediazione che, nata come metodologia specifica, sociale, scolastica, tra pari, va sempre più assumendo connotati di sistema, per diventare mediazione di comunità e strumento di inclusione sociale. Nell’Europa allargata vivono circa 75 milioni di giovani in età compresa tra i 15 e i 25 anni. Sono loro i destinatari di questo lavoro, perché sono ancora loro gli interpreti possibili di un cambiamento culturale in grado di ripensare e ri-generare la nuova Europa che verrà. Il quadro del malessere. Nel 2007 il reddito pro-capite degli italiani equivaleva al 91% di quello tedesco. Nel 2011, il dato è sceso all’84% e nel corso del 2012 lo stesso è continuato a scendere. Si contrae considerevolmente il risparmio e aumenta del 25% l’indebitamento delle famiglie. Parallelamente al degrado economico, nel corso del 2011, sono saliti al 178 12,59% i casi di violenza verso gli anziani e sono aumentati, in particolare, gli episodi di violenza, soprattutto psicologica, sulle donne con oltre 65 anni. Nella maggior parte dei casi, la causa scatenante è il bisogno di procurarsi denaro, anche attraverso la vendita di immobili e oggetti. La Caritas ci comunica la costante crescita del numero degli homeless italiani e di quanti ricorrono alle mense pubbliche per mangiare. La permanenza prolungata nella casa dei genitori non è più riconducibile alla genericità di una casta di bamboccioni, ma diventa un indice di instabilità sociale: il 31% degli italiani è costretto a convivere con la madre, il più delle volte vedova. Secondo una ricerca condotta nel 2012 dalla Coldiretti e dal Censis, si allarga il fenomeno delle donne costrette a “tornano in massa ai fornelli” e ad abbandonare il lavoro, per non potersi permettere un aiuto domestico o la cura dei figli e, molto spesso, degli anziani. Ad aggravare il quadro, i giovani e le famiglie finiscono per non vedere nella specializzazione degli studi un mezzo efficace per la ricerca del lavoro e di una migliore condizione di vita. La laurea non è più vista come una soluzione alla disoccupazione, anche perché mancano aiuti alle famiglie degli studenti e sostegni concreti agli studi e, in aggiunta, per il crescente e diffuso malcostume legato alle pratiche di nepotismo e alla raccomandazione come barriera alla vera meritocrazia. Un dossier di Libera e Legambiente ci informa che la corruzione rappresenta una tassa che vale 50/60 miliardi di euro all’anno (10 miliardi di Pil). La disoccupazione nazionale è al 10,7%, ma continua ad aumentare quella giovanile, in particolare l’inoccupazione e la rinuncia alla ricerca del lavoro. In provincia di Trapani oltre la metà dei giovani non ha un lavoro stabile e regolare e lo stesso 179 problema coinvolge più del 60% delle donne che, per giunta, abbandonano in massa il lavoro in coincidenza della nascita del primo figlio, dissipando anche il capitale di competenze acquisite con lo studio, spesso superiore o universitario. Il bullismo è la prima categoria di violenza segnalata a Telefono Azzurro nel 2009 (25% dei casi). Dalla crisi di valuta alla crisi di valori. Dal 2000 al 2010, assistiamo al raddoppio degli episodi di bullismo e dei problemi fra coetanei, che passano dall’8% al 16%. Secondo l’Eurispes, nel 2009 il 20% dei minori è stato vittima di offese immotivate e ripetute e il 19% di provocazioni e prese in giro a carattere non episodico. Il 5% dei minori in Europa risulta vittima di quel fenomeno conosciuto come bullismo on line o anche cyberbullismo. Infatti, 1 minore su 6 viene escluso dai gruppi in rete con l’accusa di aver praticato forme di bullismo e di violenza, soprattutto psicologica. Particolare rilevanza ha un dato che ci mostra come gli stessi bambini che si mostrano e diffondono immagini sul web con tanta facilità e leggerezza, diventano così fragili e insicuri di fronte alla mancanza di una parola. Secondo un’indagine condotta da Telefono Azzurro, i bambini che hanno bisogno di parlare con qualcuno sono aumentati dal 5,3% del 2000 al 38,8% del 2010. La solitudine del minore, anche dentro la famiglia, riguarda l’8,5% dei casi, contro il 3,3% del 2000. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre il 20% degli adolescenti soffre di disturbi mentali e il 180 suicidio è la terza causa di morte tra i giovani. Nel 2008 si è registrato il record dei suicidi nella fascia dei maschi tra i 14 e 17 anni. Nello stesso anno si è, inoltre, raggiunto il record negativo dei tentativi di suicidio per le femmine della stessa fascia di età. In Italia, l’età in cui si inizia a consumare alcool è scesa a 12 anni. La “Liquid life”, secondo Bauman, favorisce la solitudine giovanile e il bisogno di compensare questa assenza dell’altro che alimenta paure e senso di inadeguatezza, spinge verso il consumo di droghe e, più in generale, verso forme di devianza. Questa società giovanile liquida in Italia è rappresentata, secondo uno studio del 2010 di Confartigianato, dai 641.000 ragazzi tra i 15 e i 24 anni che non studiano, non lavorano e nemmeno cercano un’occupazione, in quanto non risultano iscritti ai centri per l’impiego. Il bullismo, in risposta alla solitudine interiore, si presenta principalmente come fenomeno di gruppo. La maggioranza degli episodi avviene alla presenza di coetanei. Nel gruppo, oltre al bullo e alla vittima, si assumono ruoli diversi, attivi e passivi e i differenti livelli di “partecipazione” e di “responsabilità” coinvolgono aree sociali largamente diffuse, che investono molteplici soggetti, in maniera diretta e indiretta, della comunità di riferimento. Generalmente, i fattori di rischio investono: Il contesto familiare. Il contesto scolastico. Le caratteristiche individuali. I fattori socio-ambientali. 181 La percezione della violenza e della mediazione da parte dei giovani. Dall’analisi dei workshop organizzati a Marsala con studenti delle scuole elementari e medie, sulla mediazione e sulla violenza tra i minori, sono emerse alcune considerazioni interessanti. Per gli studenti delle scuole medie è fondamentale che siano gli stessi giovani a guidare, con la loro diretta partecipazione, il processo di mediazione, al quale non deve mancare, però, il ruolo attivo e responsabile degli insegnanti, del direttore scolastico e delle famiglie. Per quanto riguarda il contesto extra-scolastico, in primo piano appare il coinvolgimento della chiesa, delle parrocchie e dei centri sportivi, come luoghi di educazione ma anche di prevenzione. Per i giovani intervistati, non è ancora del tutto chiaro il ruolo degli enti locali, soprattutto del comune e, pertanto, la sua competenza viene genericamente limitata al finanziamento di programmi sulla mediazione o alla creazione di servizi, in particolare centri di ascolto e sportelli di contrasto alla violenza. Per i bambini delle classi elementari, invece, i riferimenti sono più ampi ed eterogenei e il compito di primo intervento spetta proprio alle istituzioni, scuola, direttori, bidelli, quindi al comune, alla regione e coinvolge perfino le più alte cariche dello Stato. Il ruolo delle famiglie è quello, estremamente pratico, di assicurare protezione ai bambini. In questo contesto, la mediazione è percepita come un percorso legato al fatto specifico, ad un particolare episodio di violenza. 182 L’origine emozionale della violenza. Randall Collins, dell’University of Pennsylvania, ha cercato di spiegare le origini dei fenomeni violenti, in modo da permettere alle comunità organizzate di predisporre adeguati sistemi di riconoscimento e di prevenzione, a partire dalla evidenziazione dei sintomi. Analizzando diversi casi di violenza nei loro ricorsi storici e nel modo di rappresentarsi, sia come fenomeni collettivi che domestico/familiari, è giunto ad evidenziare come ogni fenomeno, pur nascendo da un caso particolare, tragga origine da una costante comune, che è rappresentata dalla paura. La paura, nella sua radicalizzazione genera rabbia ed è quest’ultima, con lo scatenarsi di particolari condizioni, a trasformarsi in violenza. Più precisamente, secondo il prof. Randall, questo passaggio si determina nel momento stesso in cui qualcuno si viene a trovare in una situazione di vulnerabilità. La presenza di uno stato di vulnerabilità provoca una condizione di asimmetria tra le emozioni che vengono in contatto, in virtù della quale si forma uno squilibrio tra chi assume per sé la condizione di “dipendenza emotiva” e chi quella di “dominio emotivo”. Fino a che tra le parti permane una situazione di simmetria emotiva, la rabbia non si trasforma in violenza. In questo modo, pur confermando la natura eccezionale e particolare del fenomeno violento, si può considerare l’esistenza di una “struttura comune”, riconducibile a tutti i fenomeni violenti, tant’è vero che pur mostrando una prevalenza di genere propria del logotipo maschile, quando è la donna a sostenere l’atto violento, lo stesso 183 assume le stesse caratteristiche di quello dell’uomo. Partendo dall’analogo concetto di “asimmetria”, la prof.ssa Carmen Leccardi, dell’Università di Milano Bicocca, riporta il discorso sulle cause del conflitto generazionale, che provoca nei giovani un indebolimento o annullamento delle capacità relazionali. In ambito interfamiliare questa caduta dei livelli relazionali spesso viene nascosta dall’incidenza della mediazione affettiva, che spiega come mai a tutt’oggi la famiglia rimanga una delle poche “istituzioni” nella quale i giovani e gli studenti continuino a riporre la propria fiducia, sebbene in maniera acritica. Diverso è il caso delle relazioni nella scuola, dove si manifesta la specificità del rapporto tra giovane e insegnante che, in moltissimi casi, seppur con conseguenze e con processi differenti, si evidenzia attraverso un vissuto di violenza psicologica. Una delle ragioni di questa sudditanza psicologica emersa dallo studio condotto dall’Università di Milano è risultata l’età media degli insegnanti, in genere sopra i 50 anni e quindi piuttosto asimmetrica dal punto di vista generazionale rispetto a quella degli studenti; inoltre, la differenza anagrafica introduce un’ulteriore asimmetria, quella legata alle esperienze politico/sociali, che rappresentano un vissuto comune a tutti gli insegnanti che hanno condiviso, da spettatori o da co-protagonisti, i movimentismi degli anni ’60 e ’70, fino all’uccisione di Aldo Moro. Questa asimmetria produce un gap generazionale che aumenta le distanze tra le reciproche culture, creando una situazione di incomunicabilità e di inadeguatezza. Si tratta, paradossalmente, di una relazione violenta che non riesce a diventare conflitto proprio per la mancanza di una 184 qualsiasi forma di comunicazione, ma che porta i giovani a chiudersi in una forma di assoluta indifferenza. Una violenza che non sfocia in conflitto aperto rischia di generare quelle condizioni particolari ed eccezionali che, venendo in contatto con gli stati asimmetrici delle diverse emotività in conflitto, creano stati di vulnerabilità che possono degenerare in atti violenti, anche e soprattutto tra pari, dando origine a fenomeni quali il bullismo o le baby gang. E se i fenomeni di violenza giovanile si riproducono prevalentemente in situazioni di massa, attraverso azioni di gruppo o di branco, anche se la partecipazione attiva raramente coinvolge più del 25% dei testimoni, lo si deve al verificarsi di una forma tipica di rete giovanile conosciuta con il nome di solidarietà antagonistica. Il problema che ci si pone è, una volta definita la struttura del fenomeno, come prevenirne gli effetti? La lettura dei casi ci insegna che se l’intervento preventivo riesce a mantenere lo stato rabbioso entro forme di auto-riproduzione, impedendone di fatto la trasformazione in violenza, si avvia un percorso di contenimento attraverso il quale la stessa rabbia finisce con l’auto-eliminarsi per noia. Pertanto, nel caso della violenza giovanile, l’intervento migliore è quello di sbloccare il conflitto, ma all’interno di un processo che lo renda negoziabile. Il concetto di negoziazione introduce di nuovo elementi relazionali che per essere socialmente utilizzabili, devono sfociare in rapporti di reciprocità. In questo modo, la sostenibilità dei temi sociali pone alcune condizioni irrinunciabili, quali la ri-considerazione della centralità del bene comune anche in rapporto alle dinamiche di risoluzione dei conflitti, e l’usabilità degli 185 effetti prodotti nei diversi contesti operativi di riferimento. Non si tratta più di questioni da trattare “ a porte chiuse” o di problemi che coinvolgono due o un numero comunque limitato di soggetti, ma la prevenzione e il trattamento della violenza tra i giovani diventano oggetto di una responsabilità e di un impegno condiviso dall’intera comunità locale. I giovani e la Comunità Ristretta. E’ interessante la lettura dei dati emersi da un’indagine condotta dall’ISFOL per il Ministero della Gioventù e pubblicata nel 2011 con il titolo di “Giovani protagonisti del futuro, un’indagine sociale sul disagio giovanile con l’obiettivo di individuare strategie di prevenzione. “Nel corso degli anni, le cose che per i giovani rivestono importanza sono sempre più quelle legate alla sfera della socialità ristretta, a scapito dell’impegno collettivo. La tendenza che emerge è la crescita dell’area delle relazioni amicali ed affettive e dell’importanza che i giovani attribuiscono allo svago e al tempo libero. Tra le priorità dei giovani permangono, in coerenza con gli ultimi venti anni, l’avere degli amici e divertirsi. Alte percentuali si riscontrano anche per gli atteggiamenti solidaristici, come “aiutare gli altri” ed “essere onesti”, mentre perdono terreno le indicazioni di “avere molti soldi”, “avere una fede religiosa” e “avere un impegno politico”. Se la scelta del tempo libero e dello svago dà l’impressione di rimanere legata allo svolgimento di attività organizzate che non lascino tempo e spazio alla noia e all’inerzia, una spiegazione la trovano Paolucci e Vergati nella definizione 186 della società cronofaga, dove il tempo dei giovani non è mai investito veramente nel rapporto con gli altri, per essere freneticamente deprivato di spazi di riflessione e approfondimento sulle proprie condizioni e sui bisogni, individuali e collettivi. La ricerca dell’ISFOL tenta anche di esplorare il duplice significato che i giovani attribuiscono alla fiducia, che nelle loro priorità segue a breve distanza il tempo libero e lo svago. In questa scelta appare evidente una duplice implicazione: la percezione della mancanza di fiducia che gli adulti, in particolare i genitori, nutrono nei loro confronti; ancora, il senso di insicurezza con cui i giovani sono costretti a convivere. La fiducia viene percepita come una priorità della sfera relazionale e diventa, pertanto, un indicatore di valutazione. Permane altissima la fiducia nella famiglia, come istituzione e riferimento affettivo, quasi a contraddire le evidenti difficoltà di comunicazione e il dato sulla solitudine intrafamiliare. Altissima è la fiducia nel gruppo e a buon livello quella sul volontariato. Seguono nella graduatoria, l’esercito e la scuola, più in basso, i carabinieri e la polizia. All’opposto, quasi inesistente è la fiducia nella politica – che occupava i primissimi posti nella hit parade dei loro genitori - , nei sindacati e, dato interessante, nella tifoseria. Bassi i valori per la magistratura e la chiesa. Meno di un giovane su due, maschio o femmina, ritiene di poter essere tra 10 anni, autonomo, realizzato ed indipendente. 187 Mediazione di Comunità. Nel 2007 nasce l’Osservatorio Regionale permanente sul bullismo, promosso dall’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia con i Tribunali dei minori, l’Assessorato Regionale della P.I., la Questura, l’ASP, le associazioni genitoriali e la Consulta provinciale degli Studenti. L’intento è lodevole ma nella pratica resta imbrigliato in una logica centralistica e verticistica, rinunciando a sviluppare la sua azione nei luoghi nei quali il fenomeno si determina e si alimenta. Mentre il livello regionale dovrebbe costituire il punto di arrivo dei dati e delle esperienze che si animano nei diversi territori, lo stesso finisce per coordinare soltanto la propria auto-referenzialità. Nasce spontanea la domanda: perché la comunità deve delegare allo Stato e all’Ente locale le funzioni di governance di fenomeni che coinvolgono direttamente quasi tutti gli stakeholders che la compongono? Lo Stato e l’Ente locale sono attori importanti e necessari per lo sviluppo del processo, ma per la Costituzione, in virtù del principio di sussidiarietà, tutti gli attori locali hanno pari dignità di ruolo e di competenza. E, soprattutto, laddove il partner pubblico non dovesse svolgere i suoi compiti di informazione e di programmazione, nei tempi e nei modi richiesti, la responsabilità della conduzione delle azioni, tanto più quando riguarda la risoluzione dei conflitti sociali, dovrebbe spettare agli altri attori e, in primo luogo, alle persone e, quindi, alla cittadinanza attiva. Per costruire reti efficienti occorre che ciascun terminale locale sia in grado di raggiungere i propri obiettivi e perché questo sia 188 possibile, ogni attore deve poter contare su di un ruolo definito e assumere impegni precisi. Questo significa costruire COMUNITA’ INCLUSIVE, basate sulla Partecipazione attiva e consapevole dei propri membri. Un secondo e successivo livello del processo inclusivo è costituito dalla necessità di definire le scelte e, pertanto, di arrivare a formulare decisioni largamente condivise. La possibilità che le scelte siano correttamente condivisibili dipende in maniera proporzionale dai livelli di usability di un percorso, ovvero da quanto un’idea può essersi costruita attorno a step di valutazione basati sul confronto sistematico tra giudizi positivi e criticità, i cui termini siano definiti in funzione del raggiungimento di obiettivi di bene comune e di crescita diffusa. Il luogo è la cura. A sostegno di questa impostazione ci viene incontro quella particolare branchia della ricerca clinica francese applicata al reinserimento delle povertà estreme che si auto-definisce psichiatria ecologica. La crisi economica, la perdita di valori tradizionali e di riferimenti sociali e culturali non ha una ricaduta soltanto sulla dimensione individuale, ovvero sulle diverse figure dell’escluso o dell’emarginato, agendo sulla sua vulnerabilità, ma ha conseguenze altrettanto dirette sull’ambiente, fino a rendere i luoghi più fragili. Nello spazio così determinato le relazioni risultano più complicate, in quanto maggiormente esposte alla vulnerabilità di chi non riesce ad avere risposte ai propri bisogni di aiuto e di 189 comunicazione e che, pertanto, rischia di scontrarsi con altre vulnerabilità irrisolte. Secondo questa tesi, i luoghi e gli spazi dedicati al recupero e al reinserimento devono essere distribuiti all’interno dell’architettura sociale urbana ad ampio raggio, evitando la concentrazione di quartieri o, peggio, la creazione di ghetti, che finiscano con il favorire la marginalizzazione di comunità nelle quali sia più difficile stabilire relazioni normali e programmare inserimenti liberi. Sono questi i luoghi nei quali si segnalano i più alti numeri di suicidi, in particolare tra i giovani e i maggiori livelli di solitudine e di incomunicabilità, anche all’interno dei nuclei familiari. Stabilire un equilibrio tra ambiente e intervento sociale rappresenta un obiettivo necessario per definire la qualità e la sostenibilità della cura e questa tesi rafforza ancora una volta il ruolo centrale che la comunità assume in tutti i processi di crescita della persona e di sviluppo del territorio, anche in quella particolare sfera delle relazioni umane che determina i meccanismi inclusivi. La domanda che dobbiamo porci, prima di attivare un qualsiasi percorso di inclusione, sociale o lavorativa, è la seguente: il luogo che andrà a costituire lo scenario in cui si orchestreranno le diverse azioni, presenta i livelli di ecosostenibilità richiesti dall’intervento, tanto da risultare idoneo a garantire relazioni reciproche, a sostenere le emozioni, le energie e gli stimoli necessari, insomma, a sopportare tutta quella vasta gamma di asimmetrie che possono mettere a dura prova l’equilibrio di ogni comunità complessa? 190 La necessità di una Programmazione strategica. Uno strumento di governo della mediazione di comunità è stato individuato nel Patto per la Sicurezza dei Giovani. Il tema strategico del patto viene da lontano: nel 2005, quattro anni dopo la pubblicazione del Libro Bianco e ad un anno dal successivo follow-up del 2004, viene sottoscritto il Patto Europeo per la Gioventù, a completamento del quadro operativo della strategia di Lisbona. Il Patto europeo si articola in quattro temi che vanno dalla vulnerabilità alla solidarietà tra le generazioni, dall’istruzione e formazione, alla coerenza tra le aree d’intervento. La risposta italiana si attua anche attraverso la promulgazione del DPCM 13 giugno del 2008, che rivede e allarga le funzioni del Ministro della Gioventù, rafforzando le deleghe di contrasto e trattamento della devianza e del disagio giovanile. La scelta tipologica del Patto recupera alcuni indirizzi culturali di origine “globale” e li contestualizza in ambito locale. Di per sé stesso il concetto di patto evoca la dimensione di un accordo tra più parti che, mediante la sua sottoscrizione, configura il raggiungimento di livelli reciproci di soddisfazione. In aggiunta, il termine “sicurezza” rappresenta un obiettivo senza dubbio “multi-stakeholders”, che fa riferimento a gruppi bersaglio diversificati e multipli, arrivando a configurarsi in uno schema decisamente collettivo. Lo strumento disegnato dal progetto si muove, pertanto, su più livelli operativi, proprio per includere più ambiti di responsabilità. Intanto, proprio perché si muove nella sfera relazionale, deve partire dalla Comunità più piccola e diretta, ovvero dalla singola scuola. Ma anche in questo 191 caso, i protagonisti principali devono essere gli studenti, consapevoli attori della funzione e della necessità del metodo della mediazione e, soprattutto del processo di prevenzione delle dinamiche che costituiscono causa dei conflitti e delle violenze, assistiti in questo compito, dagli adulti professionisti della mediazione, dagli insegnanti, dai diversi livelli di gerarchia scolastica e dalle famiglie. Ogni scuola diventa un luogo dedicato alla pratica del contrasto alla violenza e alla sopraffazione, uno spazio condiviso all’interno del quale ciascuno riveste ruoli che assommano responsabilità e competenze perfettamente sincronizzate. La rete delle scuole di una specifica comunità rappresenta un primo livello di qualificazione strategica di un obiettivo, permettendo il confronto tra le esperienza e il coordinamento delle attività. Esiste un secondo livello della Rete che comprende la definizione della Comunità locale. Rientrano in questa dimensione i diversi organismi del Terzo Settore, ivi compreso l’associazionismo sportivo che fa riferimento allo sport per tutti e a quello dilettantistico, le reti familiari, l’intera rete scolastica dell’area provinciale e le organizzazioni della chiesa. E’ qui che il cittadino ha l’opportunità di incontrare i rappresentanti degli enti istituzionali, a partire dai Distretti socio-sanitari, l’ASP, l’USSM, la Provincia Regionale, i Comuni, dando vita al Tavolo Provinciale per la Mediazione di Comunità, ovvero uno spazio tecnico in cui condividere le esperienze e suggerire indirizzi operativi alle politiche e alle programmazioni, attraverso le azioni di meanstreaming o la progettazione. Sempre a questo livello, il singolo Patto, sottoscritto in ogni scuola, diventa un’esperienza da 192 mettere in confronto con la molteplicità degli altri analoghi accordi locali e, ancora, con quanto avviene in altre aree, anche attraverso la condivisione di studi e di ricerche, per giungere a definire una sorta di “Patto Strategico di Area per la Mediazione”, che altro non è che un documento di analisi e di valutazione atto a fornire le linee guida per gli indirizzi operativi e l’aggiornamento del sistema. Si giunge, quindi, al terzo livello della Rete, che coincide con la peculiarità transnazionale dei programmi comunitari. La rete transnazionale permette un confronto più ampio ed aperto con altri Paesi e ha il vantaggio di poter andare oltre il progetto, accumunando iniziative che appartengono a programmi diversi. In questa logica si può leggere il lavoro portato avanti dallo stesso Cresm e dalla Provincia nell’ambito del progetto”Urban Security”, in ambito di Criminal Justice, che amplia la lettura della figura del mediatore coinvolgendo l’ambito di indagine penale . E, sempre in questa direzione, va letto il progetto avviato dallo stesso gruppo di lavoro e promosso dalla Francia in occasione di un bando del programma sull’apprendimento continuo “Grundtvig”, per il quale il gruppo di lavoro si è impegnato a configurare una tipologia di mediatore europeo specializzato nei processi di inclusione. Ma prima di giungere a questo terzo livello di rete, occorre dotare i coordinamenti locali di un sistema di connessione che permetta loro di interfacciarsi efficacemente e in maniera duratura e regolamentata con tutti gli stakeholders del territorio, proprio per assicurare a l Ta v o l o u n a re s p o n s a b i l i t à p i e n a e d i re t t a nell’organizzazione e gestione di un sistema di 193 prevenzione della sicurezza sociale e di contrasto alla violenza. Ecco perché il Tavolo della mediazione assume rilievo nella misura in cui lo stesso diventa parte integrante di un Osservatorio del welfare dell’Area provinciale e inter-distrettuale, in modo da rappresentare, di fatto, un organismo di supporto alla programmazione locale, attraverso i Piani di Zona e alla rete operativa territoriale, mediante il collegamento con gli sportelli antiviolenza, rivolti ai diversi gruppi bersaglio. Sempre nell’ottica di un sistema di rete, il progetto intende collegarsi al Piano Strategico dei Giovani, che vede sempre la partecipazione del Cresm e della Provincia Regionale, per avviare i laboratori della progettazione, in collaborazione con il Comune di Gibellina, che diventano, nell’ottica della loro replicabilità in chiave distrettuale, i punti di incontro per stimolare la creatività in funzione di una programmazione diffusa e partecipata. 194 Funzioni &Obiettivi. Il Coordinamento territoriale. La funzione di coordinamento parte, di fatto, dalla scelta del metodo da adottare: un percorso operativo in grado di attraversare e comprendere i diversi ambiti che definiscono gli scenari ai quali si rivolge il manuale/linee guida, unitamente all’impegno di risultare, al contempo, innovativo, sperimentale, esauriente ed efficace. Quando questa scelta ha finito con il coincidere con l’area di una mediazione “di comunità”, allargando ulteriormente la platea d’intervento propria della “restorative justice” o “giustizia ripartiva”, ovvero un modello proprio dei sistemi di mediazione penale, si è avvertito il bisogno di definire il nodo dei collegamenti con l’intero quadro locale delle responsabilità sociali e della condivisione degli effetti. Un concetto di intervento che si avvicina alla dimensione della “mediazione inter-comunitaria”, perché non si limita a ricercare soluzioni (definitive/superficiali/immediate) al conflitto tra due minori (o, comunque, tra le due figure chiave della vittima e dell’autore della violenza), ma anzi rifugge dagli stereotipi che di fronte ad un conflitto esigono un colpevole assoluto a tutti i costi, per proporre un’estensione del rapporto tra responsabilità e risoluzione, all’intera comunità di riferimento, evidenziando il ruolo, diretto o indiretto, degli altri attori della scena sociale (reti familiari, branco degli amici/nemici, insegnanti, istruttori/educatori, referenti istituzionali, etc.). In questo modo si amplia e si completa la visione delle correlazioni possibili e dei loro effetti sulle cause delle tensioni e si evidenzia un percorso di trasformazione del 195 conflitto, attraverso il quale la sua lettura e la successiva elaborazione si trasformano in processo. Il raggiungimento del risultato si determina soltanto quando la presa in carico del conflitto da parte degli stakeholders coinvolti sollecita una presa di coscienza “collettiva”, nella quale ciascun attore “scopre” il proprio ruolo, che sfocia nell’assunzione di una doppia responsabilità, individuale e di comunità che, partendo proprio dal riconoscimento del ruolo, conduce verso una progressiva, possibile rimozione delle cause. In questo modo, il processo di trasformazione del conflitto attiva, di fatto, una rete di comunicazione “circolare” che include tutti gli agenti che all’interno di una comunità concorrono alla determinazione del conflitto, nella quale passano informazioni, notizie, esperienze, risultati; è un flusso attivo e partecipato, sintomo di un processo mai statico ma assolutamente aperto ad ogni stimolo, sollecitazione, effetto, che possa contribuire a rimuovere non solo il conflitto, ma le cause che l’hanno generato, fornendo elementi per la definizione di una vera e propria rete di prevenzione sociale. All’interno di questo processo di trasformazione permanente, trovano spazio e funzionalità i diversi approcci di mediazione che si propongono, caso per caso, all’attenzione degli operatori, come la peer mediation, la mediazione penale, tipica dei percorsi di giustizia ripartiva, quella scolastica e quella genericamente sociale, fino al concetto, fortemente innovativo, di mediazione di comunità o, ancora, per l’inclusione (sociale e/o lavorativa …). 196 Le relazioni di mediazione diventano i punti di forza di un meccanismo di comunicazione sociale basato sul coinvolgimento della comunità e sul concetto di “trasformazione”: La trasformazione del conflitto, attraverso una mediazione di comunità favorisce: a. un coinvolgimento allargato del luogo del conflitto, non circoscritto ai due minori (attori) coinvolti, aumentando i livelli di responsabilizzazione della comunità civile; b. una maggiore circolarità delle informazioni a vantaggio dell’efficienza della comunicazione, grazie alla rete degli atelier, dei forum o dei diversi strumenti relazionali e di confronto; c. l’evoluzione del patto tra le parti, che in una mediazione tradizionale si risolve con l’accordo tra le due figure di vittima e colpevole, in un patto sociale di sicurezza urbana, sostenibile in una dimensione di reciprocità, multi direzionale e multi stakeholder; 197 d. l’aggiornamento continuo delle competenze per le figure di mediatori e di formatori (educatori, docenti, consulenti familiari, facilitatori, counselor, etc.), in coerenza con le risposte che il territorio richiede alle sollecitazioni derivate dai casi pratici. L’analisi dello stato attuale, permette di evidenziare diversi punti di criticità: a. I bassi livelli di partecipazione attiva e di responsabilizzazione consapevole di alcuni attori della Comunità: Famiglie, Enti locali; b. Gli scarsi livelli di disponibilità dei giovani, soprattutto nella fascia pre-adolescenziale, a prendere parte ai percorsi e alle soluzioni proposti e gestiti dagli adulti; c. La difficoltà del modello proposto, ovvero degli strumenti realizzati e dei metodi definiti, di garantire una programmazione capace di andare oltre il progetto stesso, in modo da salvaguardare l’investimento di risorse e di lavoro. La storia dei casi registra molte difficoltà, soprattutto di tipo culturale, da parte dei nuclei familiari, nel mettere in discussione i propri figli o, comunque, ad accettare un dialogo costruttivo con altri soggetti “esterni” al nucleo familiare. Allo stesso modo, appare evidente la mancanza di una cultura locale che comprenda un utilizzo concreto e diffuso dei tavoli integrati o di luoghi di incontro tra soggetti istituzionali diversi, al di fuori delle programmazioni di risorse finanziarie. Negli ultimi tempi, inoltre, si nota una maggiore predisposizione da parte dei giovani, soprattutto in età 198 compresa tra i 16 e i 25 anni, ad escludere o a guardare con sospetto ogni offerta di collaborazione e di coordinamento che parta dal mondo organizzato e governato dagli adulti. Il fenomeno è più evidente nelle aree metropolitane, ma anche nelle periferie o nei centri medio-piccoli aumenta la sfiducia verso le istituzioni, coinvolgendo anche la credibilità degli strumenti di programmazione gestiti dai governi e dall’Europa. Una soluzione possibile è quella di accompagnare la rete degli atelier con l’organizzazione di forum informativi e di focus group, questi ultimi soprattutto per favorire una partecipazione responsabile delle parti sociali e una maggiore condivisione dei processi. Più complessa appare la definizione di un percorso che riduca i rischi che un progetto appena concluso riesca a non disperdere l’insieme delle funzioni avviate e a trasferire al territorio la gestione delle strutture e degli strumenti che hanno prodotto risultati positivi. Mantenendo l’attenzione sul tema della mediazione e del contrasto della violenza tra giovani, due sono i principali rilievi che il problema propone, il primo di natura tecnica e il secondo, di tipo strutturale: 199 a. La presenza di una debole cultura della mediazione che paga, a livello penale e civile, l’ostracismo di alcune categorie professionali e a livello sociale e scolastico, la scarsa professionalità e il ridotto accesso alle risorse (inesistenti quelle pubbliche, discontinue e legate al singolo progetto, quelle private); b. una insufficiente propensione delle Istituzioni a elevare a sistema il modello della mediazione, in tutte le sue declinazioni, all’interno delle pianificazioni e programmazioni sociali, limitandone l’impatto alle fasi di sperimentazione che, in genere, si sviluppano e si esauriscono attorno ad una specifica progettazione. Per la soluzione del punto a) occorre agire attraverso la organizzazione di forum di comunicazione, in modo da evidenziare i risultati ottenuti con la pratica, in termini di coesione e di inclusione, nonché mediante il collegamento con percorsi di formazione e di qualificazione, per adeguare le figure professionali ai fabbisogni del territorio, favorendo le reti di orientamento scolastico, il rapporto con le università e gli enti di formazione. Contemporaneamente, è possibile sviluppare una progettazione integrata a supporto della mediazione, all’interno dei laboratori e degli atelier o delle altre forme di concertazione programmate. 200 Il punto b) prevede un rapporto più integrato con le strategie di sviluppo locale, in particolare, nel contesto italiano, con le Province o, meglio, con le Aree Vaste che concorrono allo sviluppo strategico, nonché con i Distretti socio-sanitari di riferimento, per il collegamento con i Piani di Zona. Utilizzando la pratica dei focus group, si può immaginare un Tavolo dedicato alla Mediazione di Comunità che concorra alla definizione dell’Osservatorio provinciale del welfare e che trovi spazio nel gruppo di redazione del Piano Strategico provinciale per la Sicurezza e la Legalità del Territorio, quale strumento di valorizzazione delle risorse e di condivisione degli obiettivi. Un Piano che, a sua volta, deve confluire nel Piano Strategico del Welfare dell’Area Vasta o inter-distrettuale. Profilo a) 201 Profilo b) Ritornando alla discussione sul modello di strumento da definire, la scelta di preferire l’impostazione delle linee guida al concetto di manuale non risponde solo a logiche dialettiche, ma corrisponde all’impostazione estremamente pratica di un lavoro che si pone l’obiettivo di sostenere concretamente i processi di trasformazione delle società locali. La strutturazione dei capitoli offre tutte le chiavi di lettura, metodologiche, comportamentali, normative e regolamentative per costruire un sistema della sicurezza sociale per le comunità locali, che indichi i punti di contatto tra i risultati ottenuti con l’applicazione del modello di mediazione e i conseguenti benefici trasferibili ai processi di sviluppo del territorio. Importante è il ruolo svolto dalla rete della comunicazione sociale per sottolineare il compito sostenuto dalla 202 mediazione nella promozione di una cultura relazionale, funzionale alla soluzione dei conflitti della comunità locale, attraverso l’inclusione e la coesione; un impegno sostenuto anche mediante la valorizzazione di strumenti collettivi, quali l’Osservatorio del welfare e il Piano provinciale per la Sicurezza e la Legalità. Il processo stesso di mediazione, all’interno di un approccio di comunità, deve essere finalizzato all’inclusione non solo dei destinatari diretti, l’autore e la vittima del caso di violenza, ma di tutti gli attori che concorrono a definire il perimetro dell’area del disagio. Una parte rilevante del processo di mediazione di comunità è rappresentata dalla mappa dei ruoli e delle c o m p e t e n z e c h e , n e l q u a d ro d e i p ro c e s s i d i trasformazione dei conflitti, disegna i compiti delle diverse figure professionali di formatori, educatori, docenti, facilitatori e che comprende anche, con un approccio diverso, i genitori e i familiari; in sintesi, lo scenario completo degli “agenti della trasmissione” all’interno della comunità. Resta fondamentale il valore aggiunto che si può garantire alla rete grazie al confronto con il partenariato nazionale e transnazionale, proprio per la possibilità di equilibrare gli eccessi di localismo determinati da un approccio sistematico di tipo comunitario. In questo modo le identità e i significati del territorio potranno sempre godere degli stimoli suscitati dall’incontro con esperienze più ampie ed articolate. 203 Le linee guida per l’indirizzo operativo delle comunità sicure. Per tutte queste ragioni, la tipologia delle linee guida definisce meglio di quanto siano in grado di fare un manuale o uno studio, le dinamiche di un processo di costruzione “a più mani” di una comunità interessata alla sicurezza dei giovani e alla prevenzione di ogni forma di violenza e di sopraffazione, come premessa essenziale per favorire lo sviluppo collettivo e la crescita individuale. Infatti, divenendo strumento diffuso e indirizzo di strategie collettive, la sicurezza non viene più intesa soltanto come “interesse individuale”, subordinato alle possibilità e alle esigenze del singolo, secondo lo schema “io devo difendermi”, ma assurge al rango di Bene Comune, per cui ciascuno, per sostenere la propria sicurezza, si fa garante di quella dell’altro, in quanto membro della sua stessa comunità. Ecco che, dunque, rispondendo alla domanda “a chi servono le linee guida?”, emerge netta la risposta “alla comunità locale”, per definire il quadro delle responsabilità e delle competenze e rispondere alla logica di chi fa che cosa, in modo che ciascun attore abbia chiaro il proprio ruolo nel rafforzare la pace e contrastare le tensioni e le violenze. Nel caso particolare dei giovani e, soprattutto, degli studenti, gli indirizzi strategici diventano uno stimolo per farli sentire decisori, protagonisti di scelte e detentori di responsabilità. In questo modo il giovane ha la possibilità di riconsiderare il proprio spazio nell’ambito della rete relazionale collettiva, 204 recuperando centralità operativa, autonomia creativa e considerazione di ruolo. Per gli operatori, le linee guida diventano strumento utile al coordinamento delle azioni e alla valorizzare delle esperienze, come anche per ricercare modalità innovative e condivisibili e confrontarle con scenari più ampi ed articolati. Infine, servono all’opinione pubblica per comprendere meglio il ruolo della mediazione, come strumento operativo in grado di recuperare le origini sociali dei conflitti e porre le migliori condizioni alla definizione di strategie per diffondere il ben-essere e lo sviluppo. Le lingue della mente e del cuore. La comunicazione si muove utilizzando forme e strumenti diversi, in funzione del coinvolgimento dei destinatari ai quali intende rivolgersi. Si parla ai giovani attraverso mappe figurative, immagini e giochi di simulazione legati alla realtà virtuale; si dialoga con gli operatori proponendo scambi di esperienze e di informazioni pratiche o rappresentando metodologie innovative, in modo da attirare l’attenzione su fatti concreti. Si realizzano, di fatto, comunità virtuali aperte, supportate da reti operative di comunicazione, in rappresentanza di diversi contesti, nazionali ed europei, creando occasioni per arricchire e condividere il proprio patrimonio di conoscenze; si comunica con le Istituzioni proponendo forme compiute e sostenibili di governance sociali territoriali, con l’obiettivo di valorizzare le competenze in funzione della crescita 205 collettiva e dividendo le responsabilità tra molteplici stakeholder; si rafforzano i legami tra le persone promuovendo la diffusione della democrazia partecipata e condividendo i valori dell’informazione, concorrendo al rafforzamento delle identità comuni. In una comunità sicura le regole, le norme, le innovazioni e le reti si solidificano anche attraverso i percorsi della memoria: le reti antiviolenza per i giovani si collegano idealmente alle marce per la pace e per i diritti, così come i manifesti di cartone si trasformano nella formula dei “mi piace” e dei “condivido” propri della comunicazione social. Il ricordo diventa la testimonianza etica del presente e consegna spessore e contenuto alla storia. In questo modo la lingua comune si arricchisce di motivi etici e la comunicazione non è più spot, ma torna ad essere messaggio, cultura, missione. “non permettere alla lingua di oltrepassare il pensiero” (Anton Cechov). 206 PATTO LOCALE PER LA SICUREZZA DEI MINORI Tra Le scuole ……………, rappresentate da ……………………., nella funzione di …………………; l’USR MIUR - Ambito Territoriale per la provincia di Trapani – Ufficio XVIII, rappresentato dal Dott. Rosario Leone, nella funzione di Dirigente; l’ASP n. 9, rappresentato da ….., nella funzione di …………; la Provincia Regionale di Trapani, rappresentata da …………, nella funzione di ……….; i Distretti socio sanitari di ………………………., rappresentati da…………………… nelle funzioni di ………………………….; l’ Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Palermo del Ministero della Giustizia, rappresentato dalla dott.ssa Rosalba Salierno, nella funzione di direttore. il Cresm …………………, rappresentato da ………......…, nella funzione di …………………………………; l’associazione ………………………….......... , r a p p re s e n t a t a d a … … . . . . . . . . . . . … i n f u n z i o n e d i ………………………………… per la sottoscrizione di un PATTO LOCALE PER LA SICUREZZA DEI MINORI Premesso Che il presente protocollo si inserisce nel quadro operativo del progetto “Guichet Antiviolence pour les Mineurs”, realizzato nell’ambito del Programma comunitario Daphne III dal Cresm, in collaborazione con 207 la Provincia Regionale di Trapani, il Gruppo Abele, Cineca, SICCDA di Dublino, con l’obiettivo di rafforzare le reti territoriali di contrasto alla violenza dei minori e al bullismo e di contribuire a diffondere la cultura e la pratica della mediazione sociale e di comunità come modello di soluzione dei conflitti, anche attraverso la comprensione delle tensioni dalle quali traggono origine. Che negli ultimi anni, anche a causa del perdurare della crisi economica e sociale che coinvolge il nostro Paese e l’intera Comunità Europea, si sta assistendo ad una progressiva evoluzione dei fenomeni di violenza giovanile e di bullismo, che coinvolgono i minori tanto di sesso maschile che femminile e si consumano tra pari, prevalentemente in gruppi, nella maggior parte dei casi in ambiente scolastico, nelle palestre ma anche nelle piazze e nei luoghi di ritrovo; che, al contempo, i tradizionali riferimenti educativi, come la famiglia e la scuola, non risultano sempre in grado di rispondere in maniera puntuale e adeguata ai bisogni relazionali e formativi che contraddistinguono i processi di crescita in rapporto alle possibili sollecitazioni, non sempre positive, che provengono dagli ambienti esterni; che troppo spesso il cattivo o disordinato utilizzo delle nuove tecnologie digitali, non accompagnato da una adeguata informazione, rischia di diventare un ulteriore modello di devianza e di emarginazione sociale e culturale, creando nuove solitudini e dando luogo a fenomeni rilevanti quali il cyber bullismo; che la mediazione di comunità può rappresentare un sistema innovativo di partecipazione e di responsabilizzazione dei diversi attori che in un 208 determinato ambito territoriale concorrono alla definizione della governance sociale, per sostenere: a. La realizzazione di un coordinamento operativo tra tutti gli stakeholders, pubblici e privati; b. La partecipazione attiva dei giovani alla costruzione di modelli sostenibili di mediazione tra pari; c. Una continua animazione di tutti gli strumenti, di sensibilizzazione e di governo, che dopo essere stati prodotti attraverso progetti, diventano bene comune e arricchimento permanente per tutta la comunità; d. Una programmazione che comprenda le strategie funzionali all’avviamento di percorsi in grado di contrastare ogni fenomeno di tensione e di violenza, in particolare tra i giovani e i minori, favorendo progressivamente la realizzazione di reti di prevenzione; che mediazione di comunità vuol dire anche condividere le esperienze, le risorse umane e professionali, le competenze, individuare obiettivi sostenibili e metodi innovativi per rafforzare le politiche di welfare e concorrere allo sviluppo integrato del territorio. CONSIDERATO CHE I minori, in particolare gli studenti delle scuole primarie e secondarie di 1°grado e gli adolescenti, rappresentano i destinatari principali dell’intervento oggetto del presente Protocollo e che la loro partecipazione attiva e motivata ai percorsi di mediazione sociale costituisce la condizione prevalente per assicurare un aspetto preventivo ad ogni 209 progetto, e conferire una dinamica veramente strategica all’intero processo di rinnovamento del quadro sociale; gli istituti scolastici rappresentano i luoghi dove si sviluppano le sintesi dei processi di apprendimento e le capacità relazionali dei giovani studenti, a seguito dei diversi stimoli e delle differenti informazioni elaborati nei molteplici contesti sociali di appartenenza, la famiglia, l’ambiente, il gruppo, la strada, la palestra, la parrocchia; pertanto, è nelle scuole che, principalmente, occorre accompagnare i percorsi di educazione e apprendimento a stimolazioni che implichino un’attenta lettura delle abilità e capacità relazionali e comportamentali, alla luce sia dei possibili interventi esterni, che delle specifiche implicazioni caratteriali, promuovendo la partecipazione diffusa di tutti gli attori della scena sociale, a cominciare dagli insegnanti, dai direttori didattici e dai presidi e coinvolgendo le reti familiari; le associazioni sociali, culturali, quelle che si occupano nei rispettivi ambiti di politiche giovanili, comprese le associazioni sportive, competitive e dilettantistiche, costituiscono un fondamentale riferimento sul territorio, quali reti di servizio e di cittadinanza attiva, in grado di fornire risposte a diverse esigenze, individuali e collettive: a. Promuovere la partecipazione diretta e motivata dei giovani, inducendoli a considerare le proprie responsabilità nei confronti del personale processo di crescita e del contesto di riferimento; b. Stimolare la creatività individuale, valorizzando le abilità individuali, ma inserendo ogni performance all’interno di un sistema relazionale diffuso che illustri i vantaggi della cooperazione; 210 c. Rappresentare un riferimento educativo e formativo, esterno ma non necessariamente alternativo, al binomio scuola famiglia, con la possibilità di integrare e allargare la platea delle occasioni di apprendimento e di crescita; d. Integrare le reti di ascolto e di sostegno di contrasto alle situazioni di solitudine e di emarginazione, sociale e familiare; e. Rafforzare le reti di diffusione della cultura della mediazione tra pari e di comunità; gli Enti locali e gli enti terzi, definiscono il contesto istituzionale, garantendo al sistema di welfare locale i dovuti supporti normativi e favoriscono l’accesso alle opportunità di finanziamento regionali, nazionali e comunitarie, attraverso una più ampia condivisione delle informazioni e una più equa distribuzione delle risorse. In particolare, i Distretti socio-sanitari rappresentano l’esempio più diretto di governance sociale integrata e possono diventare il riferimento principale per includere la mediazione nelle pianificazioni di zona e favorire una progettazione mirata all’acquisizione di risorse aggiuntive e compensative. Inoltre, il Distretto ha il compito istituzionale di stimolare la partecipazione di tutti i comuni, facilitando un’equa distribuzione dei servizi di cittadinanza su tutto il territorio. L’ASP, oltre a costituire parte integrante del Distretto, favorendo il completamento del quadro dei servizi al cittadino, nella realtà trapanese rappresenta un riferimento storico per la ricerca di soluzioni innovative nei settori del welfare integrato sociosanitario, intervenendo attivamente nella rete dei 211 servizi rivolti ai tossicodipendenti, alle persone con disabilità e a quanti, soprattutto donne e minori, hanno subito violenze, sia fisiche che psicologiche. Ma il lavoro dell’azienda sanitaria si è allargato ad altri ambiti sociali, come l’assistenza agli immigrati e alla popolazione carceraria. L’USR MIUR - Ambito Territoriale per la provincia di Trapani – Ufficio XVIII, può interpretare il ruolo di collante della rete delle scuole, evitando frammentazioni e promuovendo politiche condivise e diffuse a tutti gli istituti. Un importante apporto può essere dato alla definizione di modelli metodologici e di regolamenti operativi trasferibili nei diversi contesti scolastici, favorendo anche il confronto con analoghe esperienze avviate in altri ambiti territoriali. La Provincia Regionale di Trapani è il luogo deputato al coordinamento e alla organizzazione del sistema locale di rete. Compito della Provincia è quello di stimolare la definizione di programmazioni strategiche, atte a favorire la realizzazione di progetti corrispondenti ai bisogni rilevati e in linea con i possibili canali di finanziamento, facilitando le attività di networking e la creazione di partnership. L’U.S.S.M. rappresenta la localizzazione del Ministero della Giustizia e oltre alle attività di recupero e reinserimento della popolazione penale minorile, è fortemente attiva nel disegnare strumenti di prevenzione ai fenomeni di devianza e di emarginazione minorile. 212 TUTTO QUANTO PREMESSO, I SOTTOSCRITTORI SI IMPEGNANO A REALIZZARE IL PATTO LOCALE PER LA SICUREZZA DEI MINORI nelle modalità descritte dai seguenti articoli: ART. 1. Il Patto locale per la Sicurezza dei Minori. Il Patto Locale per la Sicurezza dei Minori, di seguito definito come Patto, è di fatto un Coordinamento operativo che mette in rete tutti gli attori, pubblici e privati, che nel territorio della provincia di Trapani e, più in particolare, nei sei Distretti socio – sanitari che caratterizzano la provincia, concorrono alla costruzione delle politiche e del sistema dei servizi e degli interventi sociali e socio-sanitari e di cittadinanza, che rientrano nel più vasto ambito della sicurezza urbana, sociale e civile dei minori e degli adolescenti. Il Patto si sostiene attraverso la definizione di specifici PATTI di MEDIAZIONE SCOLASTICA, ovvero singoli accordi di mediazione tra pari, sottoscritti e praticati in ciascuna delle scuole aderenti, secondo le linee guida previste al successivo Art. 3. ART. 2. Tavolo provinciale per la Mediazione di Comunità. Il Coordinamento si impegna a costituire un Tavolo provinciale per la Mediazione di Comunità, con l’obiettivo di diffondere la cultura della mediazione in quanto strumento di superamento e di contrasto dei conflitti e delle tensioni tra i minori e i tra i giovani, attraverso il coinvolgimento attivo degli studenti, quali principali 213 interlocutori e di tutte le parti sociali, direttamente e indirettamente coinvolte, mediante un metodo votato alla individuazione e alla rimozione progressiva delle cause scatenanti. Compito del Tavolo è quello di rappresentare la cultura e la pratica della mediazione sociale e di comunità all’interno di tutti gli strumenti e gli organismi che facilitino la sua diffusione e rafforzino la governance sociale, come l’Osservatorio provinciale (o interDistrettuale) del welfare per lo sviluppo, i laboratori distrettuali di progettazione sociale, la rete degli sportelli anti – violenza, i Piani di Zona e il Piano strategico di Area per la mediazione. ART. 3. Linee guida e manuale. Il Tavolo provinciale per la Mediazione di Comunità, di seguito Tavolo, si prende carico della diffusione e applicazione delle Linee guida alla mediazione e del Manuale sul Bullismo e la violenza dei minori, redatti in attuazione del progetto Daphne “Guichet antiviolence pour les mineurs”. Il Manuale e le sue successive modificazioni, costituiscono gli indirizzi operativi e metodologici per la promozione della cultura e della pratica della mediazione sociale nelle comunità della provincia di Trapani, così come il Manuale sul bullismo e la violenza dei minori definisce il contesto attuativo dei Patti di Mediazione Scolastica, propedeutici alla definizione del PATTO. ART. 4. Regolamento operativo. Il Tavolo e, quindi, il Coordinamento vengono sottoscritti in prima istanza dagli enti e dagli organismi che hanno 214 promosso e sostenuto il progetto fin dalla sua ideazione, a partire dai partner del progetto “Guichet antiviolence pour les mineurs”. Il Tavolo, entro novanta giorni dal suo avviamento, deve licenziare un regolamento operativo per disciplinare il sistema organizzativo, la gestione del calendario e l’adesione di nuovi partner. ART. 5. Formazione e Aggiornamento. Tra i compiti del Tavolo si evidenzia quello di promuovere la formazione e l’aggiornamento professionale di tutte le figure di mediazione sociale e di comunità rivolte ai minori e propedeutiche al contrasto della violenza e del bullismo, anche attraverso la costante ricerca e applicazione di metodologie innovative. Molto importante, in questa ottica, è il contributo che può essere conferito dal partenariato transnazionale e dalla presenza di associazioni di rilievo nazionale che vantano una grande esperienza e tradizione nel settore. ART. 6. Sensibilizzazione. I sottoscrittori si impegnano a porre in essere ogni azione volta alla sensibilizzazione dei minori e delle parti sociali della Comunità, per affermare una cultura della mediazione sociale e la centralità di un sistema di servizi volto al riconoscimento del BENE COMUNE, dal quale l’intera collettività e ogni singolo componente possono trarre i necessari benefici per raggiungere obiettivi di benessere, di maggior sviluppo del territorio e per conquistare livelli più elevati di felicità. 215 ART. 8. Patto per la Sicurezza. I sottoscrittori si impegnano a dar seguito alle attività connesse agli obiettivi definiti dal presente Patto, anche sviluppando le corrette correlazioni con altri progetti in atto e ancora da definire, a cominciare dal progetto “Criminal Justice, Urban Security and Social Inclusion: A new European Approach”, promosso dal Cresm e da altri partner, molti dei quali già sottoscrittori del presenta atto, nell’ambito del programma “Restorative Justice”. La connessione tra i due progetti promuove il passaggio ulteriore dal PATTO locale alla definizione di un PATTO per la Sicurezza dei Minori e dei Giovani, sostenuto attraverso la redazione di un PIANO STRATEGICO PER LA SICUREZZA DEI MINORI E DEI GIOVANI, in grado di comprendere anche le funzioni, i compiti e le competenze di Prefettura, Questura e, quindi, Ministero degli Interni e Ministero della Giustizia. 216 Il Patto di sicurezza locale di Dublino Michael Mernagh INTRODUZIONE A causa dei molti problemi sociali ed economici che affliggono Dublin Inner City negli ultimi 20 anni (la droga, disoccupazione, abbandono scolastico, condizioni povere abitative, la mancanza di servizi di comunità) che hanno portato alla violenza e comportamenti anti-sociali in particolare tra i giovani, SICCDA ha condotto una campagna per una soluzione integrata per le principali parti interessate. Come risultato di questa campagna da parte di SICCDA e altre organizzazioni interessate il governo irlandese, in collaborazione con l'Autorità di vigilanza irlandese (An Garda Siochana) hanno concordato dei protocolli per l'istaurazione di una polizia locale nelle zone colpite dalle droghe e altri problemi connessi. LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE Una struttura a due livelli è stata istituita per Dublino sotto la Garda Siochama Act 2005 • Un comitato congiunto di polizia per la Inner City • 4 fori di polizia locale per le diverse aree del South Inner City. (Vedi allegato 1). 217 FUNZIONI DEL FORUM LOCALE Meccanismo per la Comunità / Gardaí e autorità locali (rappresentanti pubblici e di altre agenzie di legge e le parti interessate, come richiesto) per incontrare formalmente e migliorare le comunicazioni tra le parti. • Condivisione e scambio di informazioni pertinenti tra cui data di reato su aree locali • Identificare le questioni di interesse re; comportamenti anti-sociali, di polizia e di gestione immobiliare • lavorare insieme per trovare soluzioni • Fornire un feedback sui progressi e mantenere agenzie accettabile • Migliorare la sicurezza dei residenti locali • Elaborare linee guida e appoggio per la gestione delle tensioni / divisioni nelle comunità re; comportamenti antisociali • Identificare e fornire per le esigenze di formazione di tutti i soggetti interessati • Facilitare la creazione di capacità dei residenti locali • Organizzare conferenze locali e seminari su temi rilevanti • Rappresentanti del Comitato che l'autorità membro eletto locale dovrebbe essere nominato per 3 anni • Incontro mensile del Comitato di gestione • Un membro del Comitato di amministrazione dovrebbe essere nominato per coordinare le attività del Forum Polizia Locale e di collegamento fra Forum Polizia Locale e Comitato misto di Polizia. 218 LE LIBERTÀ DEI MEMBRI DEL FORUM SUD INNER CITY POLIZIA LOCALE • Il Garda Siochana • Comune di Dublino • Dublin South Inner City Local Drugs Task Force • Risposta Community • South West Inner City Network • I commercianti di Meath Street • l’Associazione dei residenti di via Bridgefoot •l’Associazione di South Inner City Community Development Association METODI E STRUMENTI UTILIZZATI • Organizzazione della serie di incontri a livello comunitario in materia di sicurezza urbana nella zona di Liberties della città meridionale interna. SICCDA ha fatto una campagna e organizzato questi incontri. • Riunioni all'interno delle scuole (presidi e gli insegnanti), come indicato nello schema allegato per spiegare la necessità di una strategia e un programma per sostenere i giovani nella comunità integrata. • Introduzione di mediazione tra pari, i presidi e la pratica nelle scuole selezionate. Questo programma sta continuando e riguarderà tutte le scuole • Coinvolgimento dei rappresentanti delle scuole nel forum di polizia locale. • Nuovi programmi educativi in materia di non-violenza sono attualmente organizzati per tutte le scuole nella comunità. Questo è necessario a causa del crescente 219 livello di bande e della violenza legata alla droga nella comunità. • SICCDA sta analizzando e valutando le strategie antiviolenza in corso con i partner comunitari e di volontariato al fine di sviluppare modi più efficaci per coinvolgere i giovani nel nostro programma. 220 Verso nuove prospettive 221 222 La “Scuola che cambia”: per la costruzione di una nuova comunità didattica Gabriella Ebano, Annamaria Frosina “Non è eticamente e politicamente sostenibile un sistema scolastico e universitario il cui corpo docente non adotti il territorio dei loro alunni come principale libro di testo cui applicare tutte le discipline con la massima tensione e attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale. Senza tale adozione il sistema scolastico e universitario concorrono allo sradicamento delle nuove generazioni, che, così non adotteranno i loro territori come bacini di ricchezza economica sociale storica culturale naturalistica cui applicare i loro talenti, vocazioni e competenze. Alunni e studenti protagonisti di ricerca scoperte e progetti nel proprio territorio cresceranno con una forte identità versatilità progettualità e competenza che spenderanno efficacemente non solo nel loro territorio, ma in qualunque angolo del pianeta”. (Lorenzo Barbera) Questi basilari concetti, espressi da Lorenzo Barbera, quale espressione della metodologia Cresm, in riferimento alla sostenibilita’ sociale partecipata e allo sviluppo locale, rappresentano un punto di riferimento imprescindibile per illustrare le nuove prospettive che il Cresm intende intraprendere nel campo socio-educativo. 223 Tali concetti ci riportano anche tutto il bagaglio di esperienza che dal secondo dopoguerra ad oggi è stato sviluppato sul territorio, con le lotte e le iniziative del “Centro Sudi e iniziative per la piena occupazione” promosso da Danilo Dolci negli anni ’50 a Trappeto e dal “Centro Studi e iniziative per la Valle del Belice” promosso, dopo il terremoto del 1968, da Lorenzo Barbera, tuttora presidente onorario del CRESM. E ancora oggi, in stretta continuità con le azioni intraprese nel passato, è centrale, nella mission del Cresm, il rapporto privilegiato con il territorio, la cui conoscenza è presupposto indispensabile per stimolar ne ed accrescerne le vocazioni, i talenti e le competenze, espresse dai suoi abitanti. Tra questi un ruolo fondamentale è rappresentato dai più giovani: bambini e ragazzi, che attraverso la partecipazione diretta e consapevole nel loro percorso di crescita, riusciranno a percorrere questa strada maestra per realizzare un processo permanente di incontro e integrazione, rendendoli così capaci di entrare in relazione feconda e interattiva con altri territori vicini e lontani. La scuola, quindi, intesa come territorio di vita e di socializzazione, riveste un ruolo centrale e delicato che deve essere sostenuto, specialmente in questi anni in cui è soggetta ad una molteplicità di pressioni, spesso divergenti, che rendono particolarmente difficile il suo operare nella quotidianità. E per la sua natura di crocevia educativo ineludibile, unica agenzia formativa di riferimento attualmente disponibile, la scuola è destinata a divenire sempre più luogo di innovazione, sperimentazione e realizzazione di esperienze significative. 224 E’ importante, quindi, per valorizzare l’intero “mondoscuola”, lanciare un messaggio forte per la realizzazione di percorsi educativi e formativi al fine di stimolare ed accrescere le potenzialità degli alunni e la loro personale evoluzione. Ecco il perché della nascita di OFFICINE DIDATTICHE: Laboratori permanenti e percorsi didattici nelle scuole con azioni che mirano a sviluppare nei bambini e nei ragazzi lo spirito critico e la creatività. E questo proseguendo i nostri progetti con le scuole realizzati fino ad ora, che sono stati sono state sperimentazioni per tentare di tracciare strade nuova dentro le diverse competenze, con l'obiettivo di farle diventare davvero "materia" della Scuola, rafforzandone il collegamento con il contesto esterno. Per continuare su questa strada maestra, con le proposte di OFFICINE DIDATTICHE, proseguiremo il nostro cammino a fianco della "Scuola che Cambia". Strumento principe, utilizzato nelle attività laboratoriali, sarà il metodo maieutico, sperimentato da Danilo Dolci e Lorenzo Barbera nel loro lavoro sociale ed educativo che verrà applicato nel lavoro per piccoli gruppi, in cui ciascuno potrà esprimersi, valorizzarsi e valorizzare gli altri, in una spontanea comunicazione creativa. I laboratori diventano, in tal modo, luoghi ideali nei quali i p a r t e c i p a n t i e s p l o r a n o , i n v e n t a n o , p ro g e t t a n o concretamente maturando la necessità di esprimersi, comunicare, conoscere e sviluppare la creatività come reale potenziale, in un rapporto vero con le proprie emozioni, senza vincoli o preconcetti e con totale libertà dagli schemi. Per arricchire il loro potenziale creativo ed 225 espressivo dando risposte originali e personali agli stimoli che riceveranno. In un percorso educativo didattico, ispirato a teorie pedagogiche innovative, rivolto all’intero mondo scolastico, dalla scuola dell’infanzia all’università, particolare attenzione sarà rivolta alle proposte offerte ai più piccoli, nell’età in cui maggiore è la capacità di autonoma risposta agli stimoli loro offerti, quando il bambino prende le sue misure con il mondo, cresce e matura. Alla costruzione di una nuova comunità educativa saranno chiamati a partecipare anche i docenti e i genitori. I primi, con laboratori per l’intercettazione di valori e l’applicazione di strumenti complementari e/o sussidiari a quelli ministeriali. I Genitori saranno coinvolti per la costruzione di progetti educativi integrati scuola-famiglia. Ci si concentrerà sull’ambiente scuola, sugli attori coinvolti e sugli obiettivi che si intendono raggiungere. Un approccio sistemico, quindi, basato su una visione complessiva ed integrata della realtà vista come un sistema e un insieme di componenti interagenti tra loro aventi come scopo comune il benessere dei propri ragazzi. Il dibattito su studi e ricerche verterà su temi cruciali che affliggono il mondo della scuola al fine di dare una visione complessiva ed integrata della realtà scolastica. L’apprendimento condiviso dei temi trattati, acquisito attraverso un processo comunicativo che privilegia il dialogo, la discussione, il confronto, renderà i partecipanti più consapevoli sia dell’importanza della propria funzione educativa, sia degli strumenti necessari per poterla svolgere compiutamente. 226 E’ necessario, quindi, programmare azioni che creino nuovi luoghi, strutture,programmi educativi (conoscenza, apprendimento, ma anche ascolto,comunicazione comprensione...). Questi programmi devono coinvolgere,non solo tutti i membri della comunità scolastica (insegnanti, alunni, genitori), per lottare contro il processo di atomizzazione della comunità scolastica ma, soprattutto, per creare nuove forme di solidarietà tra studenti e tra studenti e la comunità educativa. Questo tipo di struttura é in grado di prevenire il fenomeno del bullismo e della violenza nelle scuole, di facilitare la collaborazione, l’ascolto e la solidarietà tra pari, e di ricostituire una vera Comunità Scolastica. E per creare una nuova modalità relazionale sia tra allievi e insegnanti, che tra la scuola e la famiglia. L’obiettivo finale, in linea di continuità con il percorso intrapreso e portato avanti dal CRESM in tutti questi anni, è di proporre e sperimentare un modello educativo nuovo ma che, nel contempo, si ricollega idealmente a quello ideato e promosso da Danilo Dolci e Lorenzo Barbera nel loro lavoro pedagogico-culturale. Con la convinzione che tale modello educativo sarà capace di creare le condizioni per far nascere nei bambini e nei ragazzi il cittadino di domani pronto ad una migliore comprensione del territorio a cui appartiene, per amarlo e valorizzarlo, promuovendone lo sviluppo sostenibile per il suo futuro. 227 228 Conclusioni Alessandro La Grassa Quest’anno il CRESM ha compiuto 40 anni. Quando fu fondato, nel 1973, si incaricò di raccogliere il testimone di un’esperienza sociale fra le più appassionanti del dopoguerra italiano, quella portata avanti dalla metà degli anni Cinquanta e fino al 1976, da Danilo Dolci, Lorenzo Barbera e dai loro collaboratori, a cavallo tra le zone di Partinico e l’area della Valle del Belice 19. Un’esperienza che potremmo in qualche modo considerare “fondativa” del concetto stesso di “partecipazione popolare” al disegno dei percorsi di sviluppo (sociale, culturale ed economico) di un territorio, e che il CRESM ha continuato a promuovere ed applicare in tutti i contesti in cui ha operato. Ma ritornare al 1973, nel contesto di questo libro, non è soltanto un esercizio di memoria utile a celebrare un anniversario. Ci serve a rintracciare le origini del percorso evolutivo della Scuola Italiana, da istituzione sostanzialmente chiusa al confronto, a luogo sempre più aperto al rapporto con gli allievi, le famiglie e la realtà circostante. In quell’anno, infatti, non erano ancora stati approvati i cosiddetti Decreti Delegati (che vedranno la luce nel ‘74), che in sostanza recepivano le istanze del ‘68 e avviavano la Scuola pubblica al rapporto con il contesto 19 vedi sito www.epicentrobelice.net 229 esterno, con le famiglie e in qualche modo con la democrazia (nascono gli organi collegiali). Da allora ad oggi, la Scuola ha cercato di metabolizzare in qualche modo quei cambiamenti (senza grandi entusiasmi e spesso con poca partecipazione da parte delle famiglie) e nel frattempo ha dovuto affrontare nuove sfide, che ne stanno progressivamente cambiando i connotati. Per citare le più rilevanti: il confronto con il resto d'Europa, la politica dei tagli (a favore delle istituzioni private) con conseguente precarizzazione crescente e, per venire al tema di questo libro, la richiesta di allargare e riqualificare gli ambiti di competenza, fino a lanciare lo sguardo verso un futuro non lontanissimo in cui la stessa istituzione "Scuola" avrà necessariamente un senso assai diverso da quello attuale. La Scuola nell’era digitale Se guardiamo, ad esempio, alle 8 Competenze-Chiave per l’Apprendimento Permanente20, definite dalle politiche europee per l’Istruzione: 1 comunicazione della madrelingua 2 comunicazione nelle lingue straniere 3 competenza matematica e competenze di base in scienze e tecnologia 4 competenza digitale 20 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 230 5 imparare ad imparare 6 competenza sociale e civica 7 spirito d'iniziativa e imprenditorialità 8 consapevolezza ed espressione culturale ci accorgiamo che le prime 4 sono, al contempo, quelle su cui la Scuola si sente storicamente più "preparata", ma anche quelle su cui l’avvento dell’era digitale sta portando enormi cambiamenti di prospettiva. I giovani nativi digitali di cui parla Romano Mazzon, nel capitolo dei “linguaggi possibili”, si stanno già chiedendo che senso abbia, oggi, (fra l’altro nel contesto della spinta all’accorpamento e alla chiusura di istituti minori) fare decine di km per assistere ad una lezione che potrebbero tranquillamente seguire da casa. In altre parti del mondo questo semplice ragionamento sta già cominciando a prefigurare una Scuola “smaterializzata”. Già da qualche anno decine di milioni di ragazzi in giro per il mondo trovano conforto alle carenze matematiche collegandosi col sito "www.khanacademy.org" (consigliato dallo stesso Obama alle sue figlie!), creato da un giovane ingegnere del Bangladesh e le sue lezioni sono ora anche tradotte in Italiano. Quanto tempo ci vorrà prima che per ognuna delle "materie" classiche della scuola non si ripeta la stessa cosa? Molto poco. E quanto ci vorrà prima che un Ministro proponga, in nome dell’Austerity, ma soprattutto dell’Innovazione, la sperimentazione di Materie Virtuali, in cui un solo docente potrà seguire qualche centinaio di allievi, magari con l’assistenza di tutor digitali (che facilmente immaginiamo sottopagati e precari)? 231 Le competenze sociali e relazionali: la nuova dimensione della Scuola Guardiamo ora alle altre competenze, ci accorgiamo subito che si riferiscono agli aspetti più genuinamente formativi della personalità e delle sue capacità relazionali e sono anche quelle che meglio qualificano, e qualificheranno, la scuola (come suggerisce Laura Gilli nel capitolo sulla “Centralità dell’esperienza scolastica”) come "luogo fisico" fatto di persone che si incontrano e si confrontano senza perdere il contatto con la realtà esterna, ma anzi attingendo il più possibile da essa. Ma è altrettanto indubbio che si tratta di competenze, come ad esempio quella sulla “capacità di mediare”, proposta dal nostro progetto, che non sono ancora entrate nel DNA della Scuola, soprattutto nel Sud dell’Italia. La sfida che pongono queste competenze è complicata, ma affascinante: non si tratta di aggiungere materie a materie, come spesso capita di vedere in giro, ma di trovare modalità trasversali a tutto il curricolo scolastico per trasmettere l’utilità, ad esempio, della mediazione, della relazione col territorio, della cooperazione. In questo senso la proposta degli Obiettivi Non Specifici di Apprendimento, trattati da Rosanna Frosina al Cap. 5, e il metodo di trasferire dei contenuti “sociali” direttamente nelle normali materie di insegnamento, chiarisce bene alcuni aspetti di questa sfida tutta da giocare. Sono davvero tanti i segnali che testimoniano della conclamata necessità e urgenza di rivedere l’assetto della Scuola alla luce di queste nuove competenze: dalla 232 crescente difficoltà degli insegnanti (la cui età media in Italia ha ormai superato i 50 anni) a gestire il rapporto sociale con e fra gli allievi, al problema della crescente alienazione degli allievi dai loro contesti territoriali e quindi alla incapacità di guardare al territorio e al contesto sociale ed economico come risorsa. E per noi, che ci occupiamo di sviluppo locale integrato e sostenibile, è sempre stato un vero cruccio, per citare le parole di Lorenzo Barbera, quello di sentirsi dire dai ragazzi in uscita dalle scuole superiori (anche in epoche di relativa prosperità) che nei loro territori "non c'era niente da fare", segno, almeno in parte, di uno scollamento con la realtà di cui la Scuola porta delle forti responsabilità. I bambini come cellule staminali della società Nell’ambito di questa sfida dovremo infine fare i conti con un dato di fatto confermato da innumerevoli esperienze e studi: l’importanza dell’infanzia come momento cruciale per la costruzione della personalità e dei saperi del bambino. Un po’ come le cellule staminali che si adattano perfettamente al contesto biologico in cui sono inserite, cosi i bambini, in particolare al di sotto dei 4 anni risultano dotati di enormi potenzialità che richiedono solo di essere apprezzate e valorizzate, prima che l’avanzare del tempo e i contesti sociali ne limitino inesorabilmente il “raggio d’azione”. 233 Se in campo linguistico già Chomsky suggeriva, già a metà degli anni ‘60 21, l’esistenza di un vero e proprio “Dispositivo di Acquisizione del Linguaggio” (e quindi di qualsiasi lingua) le cui potenzialità si affievoliscono già a partire dal 6° anno di età del bambino, altri pedagogisti come Ken Robinson 22 hanno sottolineato come le capacità creative (legate al cosiddetto “pensiero divergente”) dei bambini in età pre-scolare, siano spesso mortificate proprio dalla struttura stessa dell’istituzione scolastica, che risente ancora di una concezione quasi “fordista” dell’insegnamento del sapere. Partendo da questi presupposti il premio Nobel per l’economia, James Heckman, ha di recente dimostrato l’importanza, perfino economica, per la società, di rivedere radicalmente l’investimento pubblico nel mondo dell’istruzione e dell’educazione, per concentrarlo soprattutto nel periodo dell’infanzia e della scuola primaria23. Se applichiamo questo ragionamento al contesto di questo libro, dovremo a questo punto chiederci quanto sarebbe più utile concentrare in quel periodo educativo la maggior parte degli sforzi di prevenzione di fenomeni di disagio sociale (come appunto il bullismo), ma anche come migliorare complessivamente le strategie educative e gli sforzi maieutici dei nostri laboratori didattici per rafforzare le competenze sociali (in termini ad es. di cooperazione e mediazione) e creative dei bambini. N. Chomsky Aspects of the Theory of Syntax. MIT Press 1965. Vedi il video di presentazione di Cambiare i paradigmi dell’istruzione, Ken Robinson, su youtube: http://www.youtube.com/watch?v=FV7XS-1ix8Y 21 22 J. Heckman, The productivity argument for investing in young children – NBER Working Paper Series Cambridge MA 2007 http://www.nber.org/ papers/w13016.pdf?new_window=1 23 234 E se è vero che un bambino può apprendere, prima dei 6 anni, fino a 3 lingue senza neanche accorgersene, chissà quanti modi saprebbe trovare, se positivamente stimolato, per risolvere i conflitti che troverà lungo il suo cammino. Avremmo molto da imparare. 235 236 Autori Lorenzo Barbera Presidente Onorario del CRESM Renato Briante Esperto di welfare dello sviluppo - Provincia Regionale di Trapani Michael Conlon Coordinatore del Settore Mediazione e Formazione - SICCDA - Irlanda Gabriella Ebano Scrittrice, fotografa Annamaria Frosina Coordinatrice Settore Mediazione - CRESM Rosanna Frosina Insegnante, esperta di mediazione dell'apprendimento Giovanni Ghibaudi Coordinatore del Centro di Mediazione della Città di Torino Laura Gilli Mediatrice sociale e formatrice del GRUPPO ABELE Alessandro La Grassa Presidente del CRESM Marilena La Placa Gruppo e-learning - multimedia - CINECA Romano Mazzon Psicologo, Sociologo, Ricercatore - CRESM Michael Mernagh Programme Manager di SICCDA - Irlanda Giuseppina Sutera Mediatrice sociale e penale, formatrice - CRESM JoelleTimmermans Mediatrice Scolastica, formatrice -MEDIANTE – Belgio Giovanna Triolo Mediatrice sociale e penale, formatrice - CRESM 237 BIBLIOGRAFIA Daniele Novara, Luigi Regoliosi - I bulli non sanno litigare - Carocci Faber, Roma Diana R. - Le regole del gioco. Manuale per educare al senso delle regole - La Meridiana, Molfetta Fonzi A. (a cura di) - Il gioco crudele - Giunti, Firenze Francescato D., Putton A., Cudini S. - Star bene insieme a scuola. Strategie per un'educazione socio-affettiva dalla materna alla scuola media inferiore - Carocci, Roma GordonTh. - Né con le buone né con le cattive. Bambini e disciplina La Meridiana, Molfetta Iannacone N. - Stop al bullismo - La Meridiana, Molfetta Menesini E. (a cura di) - Bullismo: le azioni efficaci della scuola Percorsi italiani alla prevenzione e all'intervento - Erikson, Trento Novara D., Miscioscia D. - Le radici affettive dei conflitti - La Meridiana, Molfetta Rosci E. (a cura di) - Fare male, farsi male: adolescenti che aggrediscono il mondo e se stessi - Franco Angeli, Milano Torrego SeijoJ.C. - Vinco, vinci. Manuale perla mediazione dei conflitti nei gruppi educativi - La Meridiana, Molfetta Blandino G., Granieri B. - Le risorse emotive nella scuola - Raffaello Cortina, Milano Genta M.L. (a cura di) - Il bullismo in Italia. Bambini aggressivi a scuola - Carocci, Roma Mario Di Pietro, Monica Dacomo - Fanno i bulli, ce l'hanno con me… Manuale di autodifesa positiva per gli alunni - Erikson, Trento Sonia Sharp, Peter K. Smith - Bulli e prepotenti nella scuola Erikson, Trento Bruna Grasselli (a cura di) - Parlarsi per un nuovo ascolto. Insegnanti, genitori, allievi - Armando ed. 238 De Beni M. - Educare all'altruismo, attività prosociali per la scuola primaria - Erikson, Trento Fulvio Scaparro - "La bella stagione" Dieci lezioni sull'infanzia e sull'adolescenza - Vita ePensiero,Milano H. Bessel - T.P.Kelly - Niente sgridate, chiacchieriamo - Red, Como G. Honegger Fresco - Essere genitori - Red, Como Daniele Novara - Adol - Ed. Gruppo Abele, Torino Michel Ghazal - "Mangia la minestra…e taci!" Un altro approccio ai conflitti genitori-figli - Ed. Gruppo Abele, Torino Pat Patfoort - "Io voglio, tu non vuoi" Manuale di educazione nonviolenta - Ed. Gruppo Abele, Torino T. Berry Brarelton Joshua D. Sparrow - Il tuo bambino e….la disciplina - Raffello Cortina Editore Roberto Albani - Si fa come dico io - Pratiche Editrice Fulvio Scaparro - "La bella stagione" Dieci lezioni sull'infanzia e sull'adolescenza - Vita ePensiero,Milano T. Gordon - Genitori efficaci - La Meridiana, Molfetta (BA) Scaparro F. (a cura di) - Il coraggio di mediare - Guerini e Associati, Milano Paolo Perticari - Attesi imprevisti - Bollati Boringhieri Daniele Fedeli - Il Bullismo: oltre, Il Bullismo: Oltre vol. 1, Il Bullismo: Oltre vol. 2 - Tannini Editrice Nicola Iannaccone - Né vittime, né prepotenti. Una proposta didattica di contrasto al bullismo ScaparroFulvio, Pietropolli Charmet - Belletà. Adolescenza temuta, adolescenza sognata Giuseppe Maiolo - Adolescenze spinose - Erikson Kathrin Geldard, David Geldard - Parlami, ti ascolto - Erikson, Eugenia Pelanda - Non lo riconosco più. Genitori e figli: peraffrontare insieme i problemi dell'adolescenza - Franco Angeli Jiulien Gilles - Aiutami a parlare con te. La comunicazione tra genitori e figli - San Paolo Ed, 2008 Korn J., Mucke T. - La violenza in pugno. Adolescenti e violenza. Tecniche di mediazione - Ed. Gruppo Abele, Torino, 2001 Barberis S. - Le emozioni dell'ascolto - Unicopli, 2001 Masoni M.V. - La mediazione creativa a scuola - Erickson 2002 Bosi A. - Il sentimento del tempo - Unicopli, 2000 Bosi A., Campanini A. 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Laterza, Roma, Bari, 2006 Confartigianato, Centro Ufficio Studi, 2010 Telefono Azzurro, Eurispes, 10° Rapporto Nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, 2010 Paolucci, 2003 Vergati, 2003 Plutarco - Consigli Politici - Rizzoli, 2007 Carmen Leccardi, Università Milano Bicocca, 2013 Randall Collins, University of Pennsylvania, 2013 Sen A., The Quality of Life, Oxford, Clarendom Press, 1993 Censis, Rapporto sulla situazione sociale del Paese, Roma, 2012 OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, Centro Studi Legambiente e Libera, Ricerca, 2012 I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, Rapporto, 2009 240