newsletter n.0 - Skodeg-O
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NEWSLETTER N.6 A CURA DELLA SEZIONE ATLETICA DELL’US PRIMIERO In questo numero: L’editoriale del presidente Pillole di corsa!! Consigli yogici l’angolo tecnico 31 luglio 2012 MARATONA DI VENEZIA: LA CARICA DEI 23 Saranno 23 gli atleti dell’Us Primiero impegnati il 28 ottobre nella 27^edizione della Venice Marathon, grande classica nel panorama delle maratone italiane. Un gruppo molto nutrito con molti debuttanti sui fatidici 42 chilometri e 195 metri ma anche molti fedelissimi della maratona che quest’anno ne hanno già collezionate parecchie. E a distanza di tre mesi dall’atteso appuntamento è già ora di iniziare a pensare a come prepararsi nel migliore dei modi ciascuno con il proprio obiettivo personale. Per chi è alla prima volta a Venezia ecco alcune indicazioni sul percorso. Il percorso è pianeggiante e veloce (tranne l’ultima parte..). Si parte dalla località di Stra, davanti a Villa Pisani, per poi proseguire lungo la Riviera del Brenta attraverso le cittadine di Fiesso d’Artico, Dolo, Mira e Oriago. Abbandonato il percorso lungo il fiume Brenta, un breve passaggio nella zona industriale di Marghera permette di arrivare nel centro di Mestre in Piazza Ferretto ed approdare velocemente al Parco di San Giuliano, teatro ogni anno di eventi non solo sportivi ma anche artistici e culturali. Passaggio cruciale verso Venezia: iniziano i 4 km del Ponte della Libertà, da cui comincia a intravedersi la città. Giunti a Piazzale Roma, si affronta il lungo rettilineo delle Zattere fino alla Punta della Dogana, dove si sale sul famoso ponte di barche. Superato il Canal Grande, si prosegue passando tra le Colonne di Marco e Todaro, per iniziare uno spettacolare giro all’interno di Piazza San Marco. Ritornando verso la laguna, si svolta a sinistra e si salgono gli ampi gradoni del Ponte della Paglia, l’unico senza passerelle. Dopo un totale di 14 ponti superati, finalmente si intravede l’arrivo in Riva dei Sette Martiri. Ecco tutti i nomi degli iscritti: Giacomel Fabio, Bort Levis, Simoni Manuel, Bettega Claudio, Giovanelli Nicola, Orler Melchiorre Lino, Orler Daniele, Gobber Paolo, Capomolla Domenico, Conta Claudio, Nami Mario, Staffler Andreas, Enache Mihai Daniel, Secco Paolo, Pozzi Gianmarco, Loss Luciano, Scalet Antonio, Tisot Alberto, Loss Lorenzo, Zanetel Annalisa, Simion Cecilia, Simion Antonella, Simion Fiorenza. Buon allenamento e in bocca al lupo a tutti! Manuel TU SEI NOVELLINO, TAPASCIONE O RUNNER ? IL NOVELLINO: è colui che non sa, ed ha smania di apprendere. L'età non influisce: si può essere novellini a 10, 20, 30, 40 anni e più. Sono divisi essenzialmente in due categorie: ci sono quelli timidi, che vorrebbero sapere ma non osano chiedere più di tanto; e ci sono quelli fastidiosi, che chiedono più informazioni di quel che serve loro. Questi ultimi s'incontrano ovunque, al parco, in gara o in allenamento, mai nelle liste di discussione. S'approcciano lentamente, ma inesorabilmente. All'inizio non è possibile distinguere un novellino timido da uno fastidioso perché hanno la stessa espressione, ma bastano dieci minuti per riconoscerlo. In quel tempo il fastidioso chiede normalmente informazioni sulla scelta delle scarpe e dell'abbigliamento, informazioni generiche e specifiche sull'integrazione alimentare ed informazioni sulla preparazione atletica del buon runner IL TAPASCIONE: è l'evoluzione finale del novellino che, passata la smania di apprendere, scoperto di non essere nato per correre veloce, fa spallucce e si diverte lo stesso. Il tapascione, a dispetto del nome che porta, può essere grosso o magro, alto o basso, rientrare nei canoni estetico-salutisti di Albanesi o in quelli di Bud Spencer. Tale evoluzione solitamente arriva al termine di questo percorso. Dopo aver provato scarpe intermedie e veloci, ha deciso che per correre ci vuole una scarpa di peso, sostanziosa, che regga. Sa che il buon runner mangia poco, molto poco, troppo poco, a volte si contenta di una fiutata alla pentola. A tavola, quando il buon runner finisce, lui deve ancora iniziare. IL BUON RUNNER: concilia lavoro e altri impegni con due allenamenti al giorno, uno di quantità e uno di qualità alternato al defaticamento. Il tapascione ha provato una volta, e s'è subito infortunato. Guarito ha riprovato una seconda, e s'è reinfortunato. Riguarito s'è preparato psicologicamente per la terza, ma alla fine ha optato per la serata davanti alla tele. Nella dispensa del buon runner non mancano i sali minerali, le maltodestrine, i carboidrati di pronto utilizzo e gli aminoacidi ramificati. Lui nella sua ha messo qualche birra, tanta pasta, un vaso di marmellata ed ha riempito il freezer di bistecche. Si approvvigiona tra un pasto e l'altro, prima e dopo l'allenamento o la gara. Voi in che cosa vi identificate ??? Un po' di humor.... Un tipo molto sportivo si rivolge ad un amico di indole più tranquilla e dice: "Vuoi fare la maratona con me?" "Di che si tratta?" risponde l'altro. Allora il primo specifica: "Dobbiamo percorrere 42 km e 195 metri..." E l'amico tranquillo replica: "Va bene, ma guida tu perché io sono stanco" Antonio Ahimsà Ovvero non nuocere – osservare la nostra pratica sportiva con la lente del non nuocere, a noi stessi e agli altri Senza addentrarci troppo nel significato profondo, filosofico, sanscrito del termine ahimsà, che significa non nuocere, ricorro ad una semplificazione necessaria, dato il contesto sportivo, e dico che nuociamo a noi stessi, e a tutto ciò che ci circonda, quando dimentichiamo l’essenziale, l’essenza del vivere, la nostra origine profonda. Nella pratica sportiva: Non nuoccio se sono ispirato dal piacere di fare una cosa: l’essenza di un allenamento, anche quando siamo agonisti, deve essere il piacere. E il sacrificio legato allo sforzo e alla rinuncia deve sempre avere come riscontro il piacere e la soddisfazione che arricchiscono l’anima; Non nuoccio se lavoro secondo il principio di gradualità, nel rispetto dei miei limiti e della fase di allenamento in cui mi trovo, sto agendo secondo logica: la logica neuro-fisiologica del mio Essere. Nella consapevolezza, nella conoscenza, nell’osservazione di sé sono racchiusi i principi di base per una crescita sportiva che porterà alla maturazione psico-fisica; Non nuoccio se ho il coraggio di accettare i miei limiti, di osservarli, di rispettarli, metterò in pratica un allenamento logico e pedagogico che avrà come risultato quello di superarli, forse fisicamente o forse perché, maturando… non me ne preoccuperò più; Non nuoccio se rivedo la mia pratica sportiva nell’ottica di ha-tha, cioè la logica degli opposti: lo sforzo deve essere compensato dal rilassamento, tonicità deve andare a braccetto con flessibilità, sacrificio deve andare mano nella mano con piacere; pur avendo obiettivi prefissati, non nuoccio se il “non raggiungimento” mi lascia integro; integro con i successi e integro con gli insuccessi: schemi prefissati devono sempre lasciare ampi spazi di libertà e di alternative. Al di là della meta da raggiungere, è il viaggio, con le sue avventure, che conta; quindi non nuoccio se le delusioni rimangono circoscritte: non devono nuocere a me, ma non devono nuocere neanche a chi mi sta intorno; finito il capitolo dell’allenamento e della gara, iniziano altri capitoli di vita. La pratica sportiva può solo che arricchirli di soddisfazione e piacere. Tutto il resto sono elucubrazioni mentali, che portano ad appesantimenti inutili e a sofferenza. L’essenza sta nel viaggio, con tutti i suoi spunti, non nella meta. Buona riflessione, rilassata. Elena CORRERE A DIGIUNO Alzati e corri: questo potrebbe essere il suggerimento da dare ai podisti che vogliono favorire il dimagrimento e/o diventare più efficienti nella corsa. In effetti, allenarsi prima di fare colazione (vale a dire appena svegliati o quasi) è una buona opportunità per il corridore perché, grazie alla combinazione di diversi fattori, si creano particolari situazioni metaboliche che vanno ad ottimizzare alcuni processi allenanti. Si sa che la corsa determina un dispendio energetico che varia, per quanto riguarda la qualità della fonte energetica, dall’intensità dello sforzo. Ormai è di dominio pubblico che quando si corre a bassa intensità si utilizzano prevalentemente gli acidi grassi, e che mano a mano che si aumenta l’intensità dello sforzo, l’organismo attinge sempre più energie dai depositi di glicogeno. Con l’allenamento si affina la capacità dei muscoli ad essere sempre più parsimoniosi nell’impiego del glicogeno e a sfruttare le grandi quantità di grassi depositati nell’organismo. Ma non è correndo a ritmo lento che si enfatizza tale situazione metabolica: l’efficienza dei muscoli a selezionare una miscela energetica economica si attua quando l’intensità dello sforzo è di medio livello, oppure quando si sostengono gli allenamenti in condizioni metaboliche particolari, come quando la disponibilità di zuccheri è limitata. Ciò si verifica quando si corre al mattino presto (e quindi dopo un periodo di digiuno di varie ore), oppure dopo avere consumato un pasto ipoglucidico. L’organismo, trovandosi con una limitata disponibilità di glicogeno, diventa abile a produrre energia sfruttando le calorie che forniscono i grassi. Per questo motivo è dunque vantaggioso correre al mattino presto. E’ certamente disagevole alzarsi quando si vorrebbe stare a letto, soprattutto se fuori fa freddo ed è ancora buio, ed è altrettanto disagevole sostenere uno sforzo fisico dopo solo qualche minuto dal risveglio. Ma è questione di abitudine (oltre che di forza di volontà, ovviamente), e nel giro di tre settimane circa si scopre che il rendimento atletico migliora considerevolmente in seguito all’aumentata capacità dell’organismo di sfruttare le energie a disposizione. Se nei primi allenamenti si avverte disagio anche a correre piano (ricordo che ci può essere una differenza anche di 10” al km con un’analoga seduta svolta il pomeriggio), con il passare del tempo si percepisce, con piacere e soddisfazione, che si è in grado di sostenere sedute di elevato impegno. Oltre ad un miglior rendimento sportivo, ci si può attendere un dimagrimento quantificabile in 1-1,5 chilogrammi. Pertanto, allenarsi a digiuno comporta dei vantaggi. Ma non si può affermare altrettanto quando si gareggia. Recenti ricerche confermano e ribadiscono che l’atleta si deve presentare al via di una competizione con le scorte di glicogeno adeguatamente colme, specialmente se la distanza da percorrere è superiore ai 15 chilometri. E’ dimostrato che se l’ultimo pasto è la cena, anche se a base di carboidrati, la prestazione in gara è inferiore rispetto a quando l’atleta assume carboidrati un paio d’ore prima del via. I fisiologi confermano la cosiddetta “regola delle otto ore”: se l’organismo non riceve carboidrati per un periodo così lungo, la prestazione fisica è fortemente condizionata, poiché i muscoli devono attingere energie da altre fonti. Se si utilizzano i grassi il rendimento è basso; se si utilizzano le proteine (neoglucogenesi) i muscoli “distruggono” se stessi. Jack