Il versante cognitivo dell`interazione

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Il versante cognitivo dell`interazione
Per introdurre la second a parte del volume, abbandoniamo 10
skyline di Los Angeles e la fiction d' azione e spostiamoci in Toscana, a osservare quello che accade in uno dei molteplici prog~tti messi in campo dalle associazioni del terzo settore per far
fl'Ol1teaIle emergenze scaturite dalle improvvide politiche che i
governi succedutisi nel corso degli ultimi quindici anni hanno va,'"to al fine di govern are i flussi migratori. I
I'ERSONAGGI
]., donna eritrea, richiedente asilo, ospite di un centro di accoglienza di
I Ij l'cnze gestito dall' associazione che coordina il progetto.
0., opera trice del progetto.
N., figlia di J.
A., arnica eritrea di].
13., altra arnica diJ.
ATTO PRIMO
Ante/atto. La signora J. si e rotta un piede. Ore venti circa del giorno
slI<:cessivo.O. si reca presso Ia struttura di accoglienza, dopo una Iunga ed
l'stcnuante attesa presso l' ASL per farsi prescrivere a1cuni esarni a nome
ddla signora]., entra in casa e trova la signoraJ. che, can Ie starnpe1le, saIl' 1Ilcunigradini per raggiungere Ia porta d'ingresso.
0.: "Ma dove stai andando? Lo sai che il dottore ti ha assolutarnente
vk,tato di sforzare la garnba e che devi stare a riposo?".
}. (con tono di accusa): "Grazie sorella, grazie!".
0,: "(;l'Hzic di COSH, SCllsa?",
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Per introdurre la seconda parte del volume, abbandoniamo 10
skyline di Los Angeles e la fiction d' azione e spostiamoci in Toseana, a osservare quello che accade in uno dei molteplici pro~dti messi in campo dalle associazioni del terzo settore per far
I'l'Onte alle emergenze scaturite dalle improvvide politiche che i
governi succedutisi nel corso degli ultimi quindici anni hanno vaI'lIto al fine di govern are i flussi migratori.1
I'ERSONAGGI
]., donna eritrea, richiedente asilo, ospite di un centro di accoglienza di
Iljrcl1ze gestito dall' associazione che coordina il progetto.
0., operatrice del progetto.
N., figlia di J.
A., amica eritrea di J.
l3., altra amica di J.
i\'[TO PRIMO
i1ntefatto. La signora J. si e rotta un piede. Ore venti circa del giorno
SlIcccssivo. O. si reca presso Ia struttura di accoglienza, dopa una Iunga ed
('stcnuante attesa presso l'ASL per farsi prescrivere alcuni esami a nome
ddla signora J., entra in casa e trova Ia signora J. che, can Ie stampelle, saIt· akuni gradini per raggiungere la porta d'ingresso.
0.: "Ma dove stai andando? Lo sai che il dottore ti ha assolutamente
vit'tato di sforzare Ia gamba e che devi stare a riposo?".
). (con t0l10 di accusal: "Grazie sorella, grazie!".
0.: "Grazic di eosa, SCLIsa?".
I, L't'pisodio, 1'lIl'rontlllo \. Sl'\'Ilt'lotlodllIOdn IInll delle pl'otagonistc, C statn !'Herolto 11t'1('OI'NOdi 1111
S('mil111rio rht' 11llcOlldollO sull\'mn ddln ml'dill~iollc linlotuiHIicorlllt llI'lllt •.
]. (gridando): "Babbo, mamma, tre mesi non parlare ... ".
0.: "Lo so, infatti avevamo deciso che venerd1 ti avrei accompagnato
alIa cabina telefonica. Lo sai che Iavora fino a tardi e non posso essere a tua
completa disposizione?".
]. (sempre con tonG di accusal: "Grazie sorella, grazie!". Poi inizia a interloquire con l' arnica, in tigrino.
A. (rivolgendosi a 0.): "J. non sente i suoi genitori da molto tempo e ci
ha chiamato per portarla noi a telefonare".
]. (sempre con tonG di accusal: "Grazie sorella, grazie!".
A questa punto O. scende alcuni gradini e si avvicina al tavolo sbattendovi sopra tutte Ie richieste mediche e i referti medici delIa signora, poi
esclama: "Ma porca puttana! Non 10vedi che sono Ie otto e sono ancora al
Iavora per te? Avevamo un appuntamento per venerd1, concordato assieme! Hai perso Ia ragione? Perche adesso mi accusi di essere inadempiente
nei tuoi confronti, quando sai benissimo che accompagnarti alIa cabina
per telefonare ai tuoi e solo per aiutarti e non e contemplato nelle mie mansioni?" .
]. esce senza salutare e se ne va con i suoi amici a telefonare.
ATTO SECONDO
II giorno dopo, ore otto del mattin~. O. si reca nuovamente al centra perche deve accompagnare Ia signora all'ospedale per cure mediche riguardanti Ia sua epilessia. O. bussa alIa porta. N., Ia figlia delIa signora]., apre.
0.: "Buongiorno N., Ia mamma e pranta?".
N.: "La mamma dorme".
O. (visibilmente contrariata): "Di' alIa mamma che abbiamo un appuntamento all'ospedale aIle otto e trenta; e tardi e dobbiamo partire immediatamente" .
N. raggiunge Ia mamma in camera, Ie riferisce il messaggio e poi torna,
dicendo: "La mamma ha detto che non viene".
0.: "Posso parlare con Ia mamma?".
N.: "S1vieni".
O. (dopo aver bussato alIa porta): "]., scusami, che cosa stai facendo?
Stai scherzando?".
].: "10 puttana, vero sorella? 10 puttana?".
O. (volto sconvolto, non riesce a capire e balbetta): "Non 10 so, non 1111
interessa, sinceramente ... ". Sussurra tra se: "Forse e trappo presto e non
riesco a connettere; facciamo mente locale ... ". Poi, rivolgendosi aJ.; "Chc
cosa stai dicendo? Non scherzare, e tardi! Andiamo, dai, alzati!".
].: "10 puttana, vera sorella? 10 puttana?".
0.: "Ma cosa diavolo stai dicendo? E tardi e il dottore ci aspdla! 10
non conosco Ia tua vita privata, sono fatti tuoi. Ma che sta succedendo?",
A.: "Tu pensi che]. sia una puttana. Tu hai dctlo chc.J,l' ulla pUII:llli1"
0.: "Questa mattina C Ull inferno! )011011Ill! detlo pullalla a I1l'SSlllltl
Non mi interessa la vita privala delle 1ll'I'SlIlle!'I'll 11I11Ii
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pare, e poi quando 10aVl'cidCllo?",
A.: "Ieri".
0.: "Questa e pura follia, state dicendo delle falsita! Non e vera! Non
(' vero!".
Nel frattempo arriva B., anche lei ospite del centro di accoglienza. Con
la figlia diJ. chiama I'operatrice e Ia invita a uscire. La figlia parla bene I'iIaIiano e aiuta a tradurre il dialogo.
0.: "10 non I'ho offesa. Sono sicura, non sono impazzita. Tu eri pres('nte. Dimmi Ia verita! ".
N. (guardando Ia madre che annuisce): "La mamma ha detto di s1",
0.: "10 ieri avrei offeso J. dicendole che e una puttana e tu 10 confermi?".
N.: "S1.La mamma dice che tu hai detto quella parala 11,ma che c'era
ililche un'altra parala che non ricorda".
O. (fra se): "Lo stanno confermando in tre persone. Devo essere imI,azzita, non ricordo, non ricordo!".
11giorno seguente 0., in riunione con Ia coordinatrice, riporta i fatti,
(·lliede una riunione con Ie ospiti, i rapporti gia difficili con Ia signora}. orIl\ai si sono interrotti. Dopo circa una settimana avviene I'incontro. Sono
I'l'esenti Ia coordinatrice, 0., A., J., B. e un interprete. La coordinatrice introduce il discorso, poi intervengono Ie signore che raccontano i fatti so,;ll'llendo ancora che O. ha offeso J. B. simula il momenta stesso in cui O.
;Ivl'l'hbe pranuneiato Ia parala.
fl,: "Quando ti sei avvieinata al tavolo hai sbattuto i fogli e poi hai detI(l Ill'ima una parala e poi 'puttana'''.
(). (ricordando l' accaduto): "Ma io non ho detto 'puttana' alIa signora.
Iin detto: 'Ma porca puttana!"'.
A questo punto I'interprete spiega I'esclamazione e tutti iniziano a ri.I('\'c a crepapelle. Nello stesso giorno si riesce a chiarire un altra equivo« I, (:irca una settimana prima Ie ospiti eritree avevano sostenuto che man('ava loro un materasso. O. aveva detto Iora che non poteva portarlo con Ia
,01
IiiIllacchina e che dovevano aspettare Ia disponibilita del furgone. Le sip,lllIl'l'ogni giorno si spazientivano sempre di pili e Ia faccenda del mateI'asso era diventata oggetto di Iunghe discussioni. Poi si scoprl che con
"lllall'rasso" intendevano "guaneiale".
Nd corso delIa rassegna teorica presentata nella prima parte
IHI
PI'CSOin considerazione una vasta e composita letteratura sul-
I' iIllerazione tra culture, che fornisce spunti molto interessanti
pl'!' rilkttcrc suI ruolo svolto dalle differenze culturali suI piano
d(,lln l'Ol11unicazione interpersonale. Ho altresl mostrato come Ie
cOlllpClcnZl' ('ol11unicative svolgano un ruolo importante nella
ddilliziolll' sia delle condizioni in cui si svolge il processo di inil'l'nZiOlll'sin dl'i SllOil'siti, con panicolare riferimento alle situal.iOllidi l'Olllllllil'nziolll' illtl'I'CIdllll'alc. Nella sl'conda parte del lihm pmvl'ril II mVl'Sl'inrl' l'illlpostllZiolll' Sl'guiln l'illOl'll. (potiz-
zero, infatti, che Ie dimensioni esplicative privilegiate - competenza comunicativa, competenza comunicativa interculturale,
differenze culturali di varia natura (dagli stili di comunicazione ai
valori di fondo che caratterizzerebbero Ie diverse culture) - possana svolgere un ruolo nello spiegare caratteristiche, problemi,
impasse dei processi comunicativi solo se selezionate dagli attori
stessi in quanto risorse interpretative. Non intendo individuare
una gerarchia d'importanza tra ipotesi teoriche differenti ne suggerire un ordinamento di rilevanza delle "variabili" ne, tanto meno, negare il ruolo che Ie differenze culturali possono svolgere
nelle pratiche comunicative. Piuttosto, intendo mostrare come,
suI piano analitico, la dimensione cruciale non sia costituita tanto dalla valutazione dell' effetto prodotto dall'intervento di fattori culturali che operino, come si suol dire, dietro Ie spalle degli
attori e siano identificabili in astratto da un osservatore, quanto
dal modo in cui l' elemento culturale viene introdotto nelle interpretazioni (accounts) fornite dagli attori stessi.
Se assumiamo che 1'interpretazione dell'interazione si debba
basare sul punto di vista degli attori in gioco, ogni riferimento aIle differenze culturali svolge un ruolo esplicito nel processo comunicativo solo nel momento in cui una qualche differenza venga riconosciuta e usata entro uno schema interpretativo dell'agireo Chi coinvolto nei processi comunicativi riconosce e introduce lavariabilira culturale come elemento perspicuo nel dare
un senso a cio che gli accade, fornendo una specifica interpretazione di quanto i propri interlocutori dicono e fanno. Nel fare
questo, tuttavia, non puo esimersi dall'incorporare, come vedremo, una serie di assunzioni, di ipotesi e di valutazioni sulla propria e sull' altrui competenza comunicativa.
L'analisi delIa percezione/valutazione/attribuzione
delIa competenza comunicativa da parte degli attori sociali - ovvero del
ruolo che la competenza comunicativa svolge, analogamente alle
differenze culturali, in quanto risorsa interpretativa - richiede
che i fraintendimenti interculturali siano affrontati in una chiave
prettamente microsociologica. Nei prossimi due capitoli, basandomi su questa tradizione di ricerca (Collins, 1988) e prendendo
spunto dall'etnografia che ho condotto presso alcuni lIffici puh
blici e associazioni di volontariato milanesi, cerchert') di idclltifj
care alcune caratteristichc coslitutivc, sid pi:1I10lingllislicol' co
e
gnitivo, dei problemi di comprensione che possono sorgere in
mntesti interculturali di interazione. L'obiettivo che perseguo
lIon e identificare Ie ragioni profonde che portano due persone
di cultura e/o lingua diverse a non comprendersi, quanto descrivere 10 spazio che 1'incomprensione occupa nell' esperienza di coloro che la sperimentano, oltre ai modi in cui essa viene narrata e
addomesticata, riferendosi, tra Ie altre cose, alle competenze coIllunicative dei parlanti 0 all'esistenza di differenze culturali.2
Pili precisamente, nel quarto capitolo prendo spunto dalle ri-I
l1essioni di Schutz sulle province finite di significato, suI ruolo del!
ICnsOcomune nell' organizzazione cognitiva dell'interazione so-i
ciale e sulla figura dello straniero (Schutz, 1979) per esaminarei
cosa accada qualora la "provincia finita di significato delIa vital
quotidiana" cessi di rappresentare un ambito condiviso e un in-i
skme di risorse che garantiscono la comprensione 0, quantome-\
110,l'impressione che ci si capisca. Vedremo come il ragionamen-)
10 di senso comune funzioni in situazioni critiche, i modi in cuil
I'incomprensione viene esperita, Ie pratiche interpretative trami-I
I L'Ie quali viene riconosciuta
e spiegata, oltre alle strategie chel
VL'ngonomesse in atto per limitarne gli effetti destabilizzanti. Do-i
po aver affrontato la questione nelle sue coordinate pili generali,1
('saminero in modo pili particolareggiato due aspetti collegati: da\
1111
lato, Ie difficolta che sorgono suI terreno dell'identificazione \
sociale dei propri interlocutori a causa dell' opacita delle infor- \
Illazioni che traspaiono sulloro conto; dall' altro lato, i problemi I
di definizione delIa situazione e di raggiungimento di un "con- \
SL'11SO
operativo"3 sull'interpretazione
degli aspetti rilevanti di
2. Illavoro suI campo si e protratto per circa quattordici mesi (dal marzo 1993
ill IIwggio 1994) e, dal punto di vista metodologico, e stato condotto seguendo il
Illodcllo delia grounded theory (Glaser, Strass, 1967; Schwartz, Jacobs, 1979; StraIi, I')()]; Strauss, Corbin, 1990), II materiale empirico raccolto e vagliato grazie al
LIVOl'odi ossl'l'vazionc e costituito dalle descrizioni dei pracessi di interazione os,,,'Ivai i (' ('ol11prclldc trascrizioni parziali di interscambi verbali corredate di anno1:1~,iOllirelative alia situazione di interazione, ai partecipanti, e, pili in generale, a
'1llallt 0 11011Pill" esscrc riprodotto tramite la semplice trascrizione del parlato, 0111'('it '1l1l'Slo, SOIHlslale effeltuate trcntascttc interviste semistrutturate a operatori,
1Il!'lili, lIll'dialori e lradllilori dei servizi sllldiati.
\, (:011 "eOIIS('IIS0ol,,'rillivo" (;ol'['l11all si riferisce al [atto che colora che parte, 'I >ill10 il 1111il"'olll 1'0/',iIIIl/',iIlIOit III1'illl('Sit Sit qllitli argoilwilli avranno diritto di cit111.111111111.11
1H'lI'illl('l'it~,iolll' (' sld"OPP0l'tIIlJili'ltii ('vilitl'l' 1111('01111 il10 ape!to tra dcfiIIlflllilllolllril'illlllli
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Il)',l}, 1'.. '0).
"cio che sta accadendo": contesti, moli, compiti e identita sociaIi rilevanti non possono, come vedremo, rientrare nelle premesse
tacite e date per scontate delIa comunicazione, ma richiedono
una cost ante e difficoltosa messa a punto.
Nel quinto capitolo, affronto il versante espressivo delle incomprensioni. Come ho anticipato nell'introduzione,
qualsiasi
mossa conversazionale opera secondo due modaIita strettamente
intrecciate: da un lato, deve contribuire a gene rare l'impressione
che gIi interlocutori si intendano a proposito di cio di cui parlano; dall'altro lato, deve onorare Ie regole di cortesia consone all' occasione. La percezione di un agire dotato di senso non puo
prescindere, in altre parole, dalla valutazione delle conseguenze
espressive dell' agire stesso, in termini di conformita 0 meno all' etichetta prevista dalla situazione.
INCOMPRENSIONI
IL VERSANTE COGNITIVO
DELL'INTERAZIONE
Mentre stavo uscendo faccio in tempo
a sentire con la coda dell' otto.
LUCA GIURAT01
Passando in rassegna la letteratura sulla comunicazione interculturale, ho fatto spes so riferimento a processi comunicativi di tipo interpersonale tipici delle situazioni di interazione faccia a faccia. Dato che nella seconda parte del volume trattero espressamente di interazione faccia a faccia, puo essere utile introdurre alcune
precisazioni terminologiche che prendono spunto dallavoro di
Goffman. Secondo Goffman, si da interazione faccia a faccia quando due 0 piu attori si trovano in condizione di immediata co-presenza (sono a portata di sguardo), orientano reciprocamente il proprio agire, focaIizzano l' attenzione su un oggetto 0 su una situazionc comuni ed esercitano un'influenza reciproca sulle rispettive
azioni. Da un lato, dunque, il comportamento di ciascun attore e
oricntato in conformita a regole che tengano conto delIa presenza
dclldei proprio/i interlocutoreli (cOSI come degIi astanti); dall'al11'0 Jato, una qualsiasi mossa eseguita da uno degli attori costituid
il I'irerimento per Ie mossc altrui. In altre parole, con "interazione
ran'ia a raeda" s'intcnde una situazionc in cui Ie azioni di ciascun
pa 1'1t'l'i p.1I11 t' S0l10 (·()/l.\·a!w/}()!II1('I7!(' e costantemente riorganizzate
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in relazione a queUe degli altri partecipanti e costituiscono il riferimenta attorno al quale si organizzano Ie azioni di questi ultimi.
II carattere faccia a faccia dell'interazione, se esdude tutte Ie
forme di condizionamento redproco dell' agire che non richiedono la co-presenza degli attori all'interno del raggio di contro~o visuale, una qualificazione troppo generic a e non consente d1 operare delle distinzioni all'interno delIa varietil di situazioni entro Ie
quali puo avere luogo un "impegno reciproco", Can "impegno
facda a faccia" Goffman intende: "Forme di orientamento collettivo che si sviluppano all'interno di situazioni sociali in cui due 0
pili persone si riconoscono reciproca~ente co.me re~ponsabili del
mantenimento di un nudeo centrale d1 attenzlOne v1suale e conoscitiva che resta sempre unico per quanta possa spostarsi C.,. e
che] implicano una reciproca disponibilitii per comunicaz~oni.di
ogni specie" (Goffman, 1963, p. 136). Sotto q';lesta denommaZ1~ne possono essere rubricate situazioni molt~ d1vers~ tra l?ro p~r ~
tipo e il grado di coinvolgimento richiesto a1partec1pant1, pe~ 11hvella di conoscenza che ciascuno ha dell' altro, per la base rat1ficata da un punta di vista normativo e organizzativo che definisce Ie
identitii sociali e i ruoli contestualmente rilevanti, per l' ambientazione in cui ha luogo l'incontro e cosl via, I concetti di "interazione" e "impegno faccia a faccia" incorporano, infatti, solamente alcune proprietil formali degli incontri sociali e offrono una caratterizzazione astratta all'interno delIa quale possono ricadere fenomeni anche malta differenti, che manifestano caratteristiche specifiche e richiedono metodi di analisi e di concettualizzazione peculiari: Ie proprietil rilevanti dell'interazione vis-a-vis tra diplomatici nell' ambito di un negoziato sui missili balistici intercontinentali sana, da questa punta di vista, analoghe a quelle che caratterizzano uno scambio di cortesie tra sconosciuti. Ecco perche nella definizione del nostro oggetto di indagine
necessario procedere per distinzioni e approssimazioni successive.
Non potendo confidare in una classificazione siste~atica e ~ggettiva delle situazioni di interazione fond~ta s.u un nst.retto msieme di caratteristiche che consentano d1 scomporre ill modo
scientificamente fondato la realtil sociale, ci si deve affidare all'assunzione per cui l'esperienz8 che ciasCllllo di Iloi ha dclla
realtil pur semprc in qualche modo Or,'~(IIIi.'t.t.i1Ii1: csistcrchhcro
schcmi, illcorporati Ilci patrillloilio <Ii\'Ollllsn'II'/,:1 <IisellSO co
e
e
e
mune, che ci consentono di riconoscere ciascuna situazione sodale come tipica e che stanno alIa base deHa ragionevole aspettativa di imbattersi in ambientazioni tipiche, attori tipici impegnati
in tipici incontri faccia afaccia, nel corso dei quali si trattano redprocamente secondo un' etichetta altrettanto tipica (Schutz, 1979;
Leiter, 1980; Schwartz,Jacobs, 1979). Questa considerazione, naturalmente, si ricollega al carattere familiare, prevedibile e ordi~ato dell' ~sperienza quotidiana. Possiamo dare per scontato, per
mtenderc1, che ciascuno di noi abbia una certa idea (non importa quanta precisa) di cas a sia un ufficio pubblico, un funzionario
pubblico, una procedura amministrativa. Un analogo consenso
operativo potrebbe essere facilmente raggiunto, se si aprisse una
sessione di discussione in relazione al tipo di persone, di comportamenti, di atteggiamenti che possiamo ragionevolmente
aspettarci di trovare in un ufficio delia pubblica amministrazione
e che comprenderebbe, probabilmente, anche impiegati scortesi,
cittadini impazienti e code interminabili.
Una caratteristica di ogni interazione faccia a faccia e del tipo
di ordine che in essa si crea identificabile nel rapporto che quanto accade entro i confini spazio-temporali dell'incontro intrattiene con la pili vasta struttura sociale. Se, da una parte, ci ricorda
Goffman (1983), individuabile un ordine peculiare dell' interazione, dall' altra parte non si deve dimenticare che gli incontri
h.anno pur sempre luogo entro una qualche forma di organizzaZlone sociale e che quanto si sviluppa tra coloro che interagiscono tende a riflettere, riprodurre e, perche no, modificare Ie condizioni organizzative entro cui Ie interazioni hanna luogo.
Si tratta di un punto fondamentale su cui Goffman ritorna a
piu riprese, nel tentativo di identificare un territorio autonomo
per 10 studio dell'interazione sociale in una prospettiva sociologica, Se ne puo trovare traccia, per esempio, nella distinzione da
lid proposta tra raggruppamento, situazione sociale e occasione 50dalc, 1 pdmi due termini alludono a fenomeni analitici la cui esislcllza c 101 cui d urata sana strettamente dipendenti dal verificarsi di ulla COlldiziollC di co-presenza e di controllo reciproco tra
<111('
0 pil" pcrsol1c chc dal1llo vita a un'interazione (sia essa focali,zZ:II:1(~fIOIII'ocalizzala): "Ibggruppamcnto
[.. , e] qualsiasi insl\'11I\'dl <Ill\' 0 piil pnSOIH' ill illllll('(!iaia prcscl1za rcciproca in
1111II1011H'Iliodalo" ( ;01'1'1111111,
I()(d, p, It)); 11H'Iltl'cCOil "sillla-
e
e
zione sociale" Goffmanintende
"1'ambiente spaziale in cui una
persona si trovi a diventare membro. di u~ r~ggruppamento che
sta avendo 0 sta per avere corso. Le s1tuaZlOnlhanno luogo quando si verifica un reciproco controllo e cessano quando una per~
sona, la penultima, se ne va" (ibidem, pp. 19-20). II concetto d1
"occasione sociale", invece, consente di agganciare raggruppamenti e situazioni, che costituiscono gli elementi analitici di base
dell'interazione sociale, alIa strutt.ura sociale, declinata nelle sue
articolazioni organizzative. L'occasione sociale
fornisce infatti il contesto strutturale nelquale molte situazioni,
nonche lora r;ggruppamenti, possono formarsi, sciogliersi e riformarsi mentre si tende a riconoscere uno schema di comportamento co~e 10 schema corretto, e (spesso) ufficiale 0 stabilito [' .. J. Un
party, una giornata di lavoro in un ufficio, un picnic 0 una serata all' opera sono esempi di occasioni sociali. (Ibidem, p. 20)
i
L'occasione sociale prevede una suddivisione di responsabilita
tra coloro che vi prendono parte, una molteplicita di ru~li (tec~
nici, espressivi, cerimoniali), un coinvolgiment? differenz1~;0 ?~1
partecipanti e un ethos tipico, dove con ethos S1mtende 10 spmto" che caratterizza ciascuna occasione e che deve essere sostenuto anche a discapito delle aspirazioni e dei desideri personali.
In aggiunta, Ie occasioni sociali sono inseri~e in un' ?rganizza~i?ne sociale pili vasta. Ogni incontro che abbw luogo m un serv1Z10
pubblico, per esempio, si situ a all'interno di un' occasi?ne sociaIe specifica: una struttura organizzativa pensata e ~re~1sposta .affinche per il suo tramite vengano erogate prestaZlOnl lavorat1ve
inquadrabili nel modello di servizio; in cui, cio~, ab?iam.o un
utente/cliente - rappresentato da un qualunque clttadmo tltolare di diritti sanciti dalla legge - il quale si rivolge a un esperto
(impiegatolfunzionario
pubblico) che ha un ambito d'azione,
una sfera di responsabilita e uno spazio decisionale legalmente
definiti nonche una competenza tecnica specifica (sia essa giuridica, a~ministrativa, medica, sociopsicologica ecc.) - a: fine di
otten ere informazioni, accedere a risorse, espletare prat1che burocratiche e cosl via. Quest'occasione socialc rapprcscnta, a sua
volta un tassello di un puzzle organizzalivo Illollo pill conlp!csso, i ~ui pczzi sono composti <la "SiStClllidinllivi!il" ((;oll~11<l1l,
1961 h) illscrili ill altl\' occasiolli sociali (I'lIl'lll'olll/',IOI1('11111'l.IOIl:l
Ie delIa pubblica amministrazione), con Ie quali possono intrattenere relazioni strutturali pili 0 meno strette.
Una seconda distinzione concettuale introdotta da Goffman,
che si colloca nel soleo di quella citata sopra, concerne cio che
"meramente situato" e cio che in senso proprio, "situazionale".
E "meramente situato" cio che ha luogo nelle situazioni sociali, ma
il cui verificarsi non e strettamente legato alIa condizione di copresenza di due 0 pili attori: tutto quello che viene comunicato di
persona, per esempio, in molte circostanze puo essere trasmesso
tramite media che non richiedano un contatto diretto, vis-a-vis, tra
gli attori. Una comunicazione scritta 0 per interposta persona, un
messaggio lasciato su una segreteria telefonica 0 su un videoterminale svolgerebbero egregiamente la stessa funzione. E invece "situazionale" ogni elemento dell"'attivita socialmente situata" che
"non potrebbe verificarsi fuori dalle situazioni, risultando intrinsecamente dipendente dalle condizioni in essa prevalenti" (GoHman,
1963, p. 24). Per torn are ai colloqui che avvengono negli uffici da
me studiati, rientrano a pieno titolo nelle caratteristiche situazionali il tonG di voce utilizzato per comunicare il messaggio, 1'abbigliamento, la disposizione fisica degli interlocutori, illessico e l' accento, il tempo e l' attenzione che vengono dedicati all'incontro,
cOSlcome la verifica istantanea delIa comprensione del messaggio
attraverso Ie informazioni trasmesseintenzionalmente
0 meno dai
parlanti e cosl via. In altri termini, rivestono un carattere situazionale gli elementi che sono parte indissolubile delta comunicazione
interpersonale faccia afaccia.
Per quanto concerne Ie occasioni sociali in cui hanno luogo
gli incontri, si possono aggiungere aleune osservazioni ulteriori.
Come ho gia ricordato, i contesti organizzativi possono risultare
tipologicamente, 0 strutturalmente, differenti, se confrontati rispetto alle attivita che in essi si svolgono, ai ruoli sociali implicati
c all' ethos prevalente. In aggiunta, contesti classificabili, almeno
a un ccrto livcllo di astrazione, come appartenenti a una stessa tipologia ("ufficio pubblico") possono differire con riferimento
sia ai sistcllli di allivitu, ai ruoli c all' ethos sia a cio che fa parte
delia Cldilira organizzativaJ - Ie pcculiarita organizzative di cia-
e
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scun contesto, la sua storia antica e recente, Ie figure professionali che in esso operano, i regolamenti interni, Ie prassi consolidate Ie reti di relazione informali, Ie relazioni di potere - nonche
i ra~porti che il singolo ufficio intrattiene, a vari livelli, con altre
istituzioni delIa pubblica amministrazione. Trovarsi davanti assistenti sociali donne di nazionalita italiana - piuttosto che mediatori culturali provenienti dal proprio paese di origine 0 appartenenti alIa stessa comunita linguistic a - 0 non poter contare sempre suI contributo di un interprete, per capirci, sono entrambi
fattori che influenzano certamente il tipo di contatto che i cittadini stranieri intrattengono con una parte delIa pubblica amministrazione del paese ospitante. Sarebbe inoltre possibile ricollegare tali opzioni a precise scelte operate in seno ad altri uffici
amministrativi; scelte che, a loro volta, riflettono opzioni di natura politic a e culturale e che incorporano, in modo pili 0 meno
esplicito, un insieme di valori e di assunzioni circa Ie funzioni di
una burocrazia pubblica, una definizione astratta dei cittadiniutenti, dei pubblici funzionari che sovrintendono all' erogazione
dei servizi e delle modalid che necessariamente caratterizzano i
loro rapporti. Gli aspetti menzionati, insieme a molti altri, rivestono indubbiamente grande rilevanza in riferimento, per esempio, aIle strategie adottate dall'amministrazione comunale mila~
nese per "accogliere" negli anni Novanta il flusso crescente dl
cittadini stranieri che hanno scelto di fermarsi nel territorio urbano per un periodo di tempo variabile e sulla base di progetti
migratori molto diversificati. Allo stesso modo, la produzione legislativa in materia di immigrazione ha definito un insieme di diritti, obblighi e procedure che, oltre a influire sulle condizioni di
vita dei migranti, costituiscono l' argomento principale di discussione negli uffici da loro frequentati e stabiliscono i confini tecnici e operativi delle interazioni che in questi uffici hanno luogo. A
un livello an cora pili generale, si potrebbe, ovviamente, mostrare
come tali elementi portino con se, se non una concezione manifesta, almeno una determinazione implicit a dello status che deve
essere riconosciuto, in astratto, agli stranieri immigrati, delle 1110dalid con cui dovrebbe avvenire la 101'0 inlcgl'azionc socialc c
culturale , del modo con cui Ia socictii ilalinllil si ('ollfl'Ol1la('on la
questionc dell'altcritii.
TUlto qucSlol', ill lilla qll:ddlL' Illisul'lI, !'nl'll' illll'F,I':IIlIL'dL'1si
sterna di attivita che si svolge in un singolo ufficio, nel senso che
rappresenta l' oggetto delle transazioni comunicative di cui, peraltro, contribuisce a determinare la cornice istituzionale e organizzativa. Allo stesso tempo, tuttavia,
qualcosa che non attiene
in senso stretto al fatto che due 0 pili persone si vengano a trovare in una situazione di co-presenza e non ha ache vedere ne con
la dimensione strettamente comunicativa e interazionale ne con
l'ordine relativo: due aspetti che riguardano pili da vicino Ie modalita secondo Ie quali gli attori riescono ad agire in modo coordinato, a comprendersi e a trattarsi reciprocamente in modo ritualmente appropriato, a dare vita a un micromondo dotato di
senso e ordinato.
Analogamente, i presupposti taciti alIa base del "ragionamento pratico di senso comune", che consentono di ricreare continuamente l'apparenza di reciproca comprensione e di intersoggettivid, operano per il fatto stesso che due 0 pili persone hanno
transazioni comunicative, a prescindere dal mezzo di comunicazione adottato (si presentano sia nel momento in cui diamo un
senso aIle parole che il nostro interlocutore ci rivolge sia quando
ci troviamo a interpretare una sua comunicazione scritta). AI contrario, e peculiare delIa situazione di interazione faccia a faccia
(del suo carattere situazianale) il fatto che - per anticipare un tema di cui parleremo pili diffusamente in seguito - il prodursi di
comunicazioni efficaci sotto il profilo delIa comprensione dei
messaggi verbali scambiati e il processo attraverso cui si costruiscono Ie apparenze di un significato condiviso - per cui il mio interlocutore comprendera Ie mie parole come se potesse mettersi
nei miei panni e viceversa - si radichino in una tram a di regale
marali che orientano la condotta rispetto a quelli che vengono
percepiti come standard vincalanti di campartamento e che richiedono riparazioni immediate ogniqualvolta si verifichino delle
inFrazioni. Come ci ricorda Garfinkel, a menD che non si interpl'cli la situazione sociale in modo molto particolare,3 il manteniIlll'nlo di tali presupposti comunicativi, in qualunque modo avvcllgn, C I'appal'cnza di comprensione reciproca che ne scaturisce
e
\. !Ilia SII'l'f',IIlI, pl'1' ('S"lllpio,
1I11<'I'I'OIlI!H'I'l'n'llIillll'IIIIl'III,'
!l'illl('I'Jl/.iolH'
di IIII ('Ollil'sio
illlllsso
di appl'cl1dillll'l1to
,'ollllllli,'alivo
dove sia Jecito
('Oil l'ic!Ji,'slc di spiegilZiollc
Iw.l'f',IIIIIII" ,dll['Vo ill 1111'ipOI('sil,illlloSI<, id,',diz/aIJl),
rappresentano,
da un punto di vista sia teorico sia pratico, un ob-
bligo morale finalizzato a sostenere l'ordine rituale dell'interazione
(Garfinkel, 1967).
Ma andiamo con ordine e torniamo alla questione del senso
comune introdotta nel secondo capitolo a proposito della condizione sociocognitiva dello straniero tratteggiata da Schutz.
Oltre che per la sua riflessione sulla figura dello straniero,
Schutz costituisce un punto di partenza imprescindibile in relazione allo studio del senso comune e delle modalita con cui gli attori sociali fanno esperienza della realra sociale.4 Tale realra, egli
afferma, organizzata in modo multistratificato rispetto alla coscienza dell' attore, che la percepisce secondo gli stili cognitivi costitutivi delle differenti sfere esperienziali 0 "province finite di significato". Tra Ie principali "province finite di significato", il
mondo della vita quotidiana, entro cui si radica il pensiero di senso comune, emerge come realta preminente e, geneticamente, costituisce il primo regno in cui impariamo a comunicare con i nostri simili stabilendo un comune ambiente di comprensione e fornisce la dotazione simbolica per la socializzazione in altre sfere
(Schutz, 1979, pp. 312 sgg.).
II pensiero, 0 ragionamento, di senso comune si compone di
tre elementi (Leiter, 1980): il "bagaglio di conoscenze a portata di
mano", l'''atteggiamento naturale" (0 "stile cognitivo" della vita
quotidiana) e Ie "pratiche di ragionamento di senso comune".
Con "bagaglio di conoscenze a portata di mano" si deve intendere un vasto ed eterogeneo insieme di conoscenze relative al
mondo sociale, che comprende "tipizzazioni, ricette, regole, massime, definizioni della situazione ecc. che ci consentono di dare
un senso aIle situazioni sociali nelle quali siamo coinvolti e di pianificare Ie nostre strategie di azione" (ibidem, p. 5). Si tratta di un
ambito di esperienza in cui conoscenze provenienti da varie fonti si intrecciano e si modificano continuamente, "supposizioni e
e
4, Per una introJuzione
genernle allavOl'o di Sc!Ji'lIl. wdi 1'1'"lli, 1')')'5; J'l'I' 1111:1
ddtaglhna
an,disi del (,olltrihllto di Sc!Jiitl. aHo stilt lill' 1,·lll1f',i, 1I11111ll'111,
J 1'1':11
k" v,'
di h'l.., 2()()2; I I<-I'ila/'.", !'!K4; Leit,·r. I')H(),
pregiudizi si incrociano con prove ben verificate, motivazioni,
mezzi e fini, cosl come cause ed effetti, si accordano l'uno all' altro senza che vi sia una chiara comprensione delle 101'0 reali connessioni. [. .. ] Vi un genere di organizzazione dovuta ad abitudini, a regole e a principi, [... ma] Ie regole che applichiamo sono regole empiriche approssimative e la 101'0 validita non mai
stata verificata" (Schutz, 1979, p. 355). Una conoscenza, dunque,
non sottoposta ai rigori della logic a formale, basata su esperienze dirette e mediate di un mondo preorganizzato e preinterpretato, acquisita socialmente e socialmente distribuita (Berger,
Luckmann, 1966), di modo che ci ritroviamo esperti in un settore molto ristretto e laici in tutti i rimanenti campi. II modo in cui
la conoscenza distribuita diventa, peraltro, parte integrante delIa conoscenza che utilizziamo normalmente per orientarci nel
corso delle attivita quotidiane. II gergo della vita quotidian a, con
il suo vocabolario e la sua sintassi, ci fornisce il mezzo principale
di trasmissione delIa conoscenza sociale e "puo essere interpretato come una fonte di tesori, di caratteristiche e di tipi pronti e
precostituiti, tutti socialmente derivati e che portano tutti con se
un orizzonte aperto di contenuto inesplorato" (Schutz, 1979, p.
14). Se non potessimo confidare in questo insieme confuso e complesso di interpretazioni, concetti, teorie, regole e ricette di comportamento, il mondo sociale non potrebbe essere riconosciuto,
manipolato, ne reso oggetto di uno studio scientifico (Zimmerman, Pollner, 1970).
L'" atteggiamento naturale", invece, la modalita secondo la
quale facciamo esperienza del mondo sociale. E 10 stile cognitivo grazie al quale l'esperienza quotidian a ci appare "ordinaria",
nel senso di ordinata, prevedibile, familiare e scontata. Ricorrendo a un' analogi a matematica puo essere descritto come insieme
di assunti operativi, dati per scontati, compresi intuitivamente,
costitutivi, che definiscono 10 sfondo rispetto al quale Ie parti
c0111ponenti la conoscenza a disposizione acquistano significato
(Schwartz, Jacobs, 1979, pp. 222-223). Gli studi etnografici offl'ollo I 111 a vivida illllstlazione del modo perfettamente identico in
l'lti pl'l'Sllpposti appal'clltcmcntc molto diversi operano per man1('1)('1\' II11apari ico!arl' wrsiolll' istitllziollalizzata delIa realta. La
dl'sniziolll' olll'ria da I':valls Pritchard dcl sistcma di previsione
llvgli l'Vl'llli 111Illl'il' illl'l'l'li Ira gli a/',:IIIlI(',Il'alllill' Lt cOllsllltazionc
e
e
e
e
di un indovino e, a questo proposito, molto istruttiva.5 Per ricevere indicazioni sul comportamento da tenere in circostanze incerte
(nella forma di risposte a domande circa l' opportunid di compiere 0 non compiere determinate azioni), gli azande preparano una
bevanda avvelenata che viene fatta ingurgitare a un pollo: la sua
morte e interpretata come una risposta affermativa, e la sua sopravvivenza come una risposta negativa. Successivamente l' esperienza viene ripetuta, ma con Ie alternative invertite. Ora, che cosa accade in presenza di due verdetti contraddittori? Per la mentalita "scientifica occidentale", dice Evans-Pritchard, cia costituirebbe una prova dell'inconsistenza e della fallacia del procedimento. Gli azande, invece, "non si sorprendono per Ie contraddizioni; se Ie aspettano. Per quanto paradossale possa sembrare, per
loro, tanto l' errore quanto i giudizi validi servono a dimostrarne
l'infallibilid" (Evans-Pritchard, in Pollner, 1987, p. 129). In presenza di esiti contrast anti, vengono fornite spiegazioni plausibili
che, chiamando in causa una molteplicita di fattori contingenti,
danno conto della contraddizione (il fatto che all' etnografo appaiano in contraddizione non significa che gli azande li percepiscano allo stesso modo). Gli azande sembrano agire seguendo "la
massima che dice 'il veleno dell' oracolo non sbaglia mai', [che]
funziona in veste di 'proposizione incorreggibile"'. Apparentemente formulata come asserzione descrittiva, e di fatto una proposizione in cui "qualsiasi cosa accada non si rivelera mai falsa, ne
spingera chi Fha formulata a ritirarla" (Pollner, 1987, p. 131).
Le proposizioni incorreggibili, inoltre, rappresentano propried
formali del ragionamento pratico, che caratterizzano nella stessa
misura il ragionamento scientifico e la conoscenza di senso comune. Nel caso del ragionamento scientifico, per esempio, e proprio
la fiducia nella verid delle leggi fondamentali di una disciplina a
far Sl che un ricercatore definisca e affronti nei termini di un rompicapo da risolvere ogni situazione particolare che, di primo acchito, sembra smentire Ie previsioni che dovrebbero realizzarsi sulla scorta delle leggi suddette (Kuhn, 1962). Nel momento in cui gli
esiti di un'operazione di routine sono diversi da quelli attesi, il ricercatore non rimette in discussione l'apparato concettuale che ha
5. Fac-cio riferimcnlo
stl'd:ll'ollll\'l'(llJX7.I'I'.I27
aile intcrprel:lziolli dl'II:lVOI'o .Ii 1,',vIlIISl'ril('It:lnl
Il7) ,·Ml'hllll.Wlllldll'J/
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PI'OI'0
condotto a previsioni "smentite dalla realta", ma si mette all' opera per verificare ipotesi alternative che 10 riaffermino.
Una seconda proprieta fondamentale dell'atteggiamento naturale e rappresentata dall'intersoggettivita, che, secondo Schutz,
costituisce una premessa alla possibilita che due 0 piu persone,
per quanto la loro situazione spazialmente e biograficamente determinata generi differenti prospettive individuali, percepiscano
gli oggetti e gli eventi come "oggettivi e anonimi, cioe staccati, indipendenti dalle particolari definizioni della situazione" (Schutz,
1979, p. 13). Interscambiabilita deipunti di vista e congruenza degli schemi di attribuzione di rilevanza sono, sempre secondo
Schutz, Ie due fondamentali idealizzazioni che sostengono 1'uniformita (0 reciprocita) delle prospettive e la percezione di un
mondo condiviso.
Una terza specificid dell' atteggiamento naturale concerne Ie
proprieta e Ie modalita di comprensione per mezzo delle quali
viene assegnato uno specifico "accento di reald" e, piu precisamente, vengono realizzate e sostenute Ie caratteristiche fattuali
del mondo. Alia percezione - fin dall'inizio intersoggettiva - del
mondo sociale e alIa sua particolare struttura temp orale va aggiunto "il movente pragmatico" che ci spinge a condurre indagini e ragionamenti su di esso. II mondo sociale non e un oggetto
del nostro pensiero disinteressato e teorizzante, ma "Un campo
da dominare [ ... per] soddisfare Ie esigenze pratiche delIa nostra
vita" (ibidem, p. 201). Noi assumiamo continuamente, "nel caso
di persone, fatti e avvenimenti delIa vita quotidiana, di poterli influenzare e esserne influenzati in modi direttamente pratici"
(Schwartz,Jacobs, 1979, p. 227). D'altra parte, in quanto insieme
di fenomeni che esistono "la fuori" e persistono nel tempo, indipendentemente dalIa nostra percezione, attenzione e definizione,
il mondo e largamente dato per scontato e, nei suoi confronti,
non vengono mai sollevati dubbi globali, a menD di uscire dalla
rcalta delIa vita quotidiana.6
(,. ()II:1lldo SCOpl'i:lIllO,per esempio, che un oggetto si trova Iii dove precedenIl'I1I1'llll' 1':ll>hi:lIlHl l'['IT,1I0 inv'lIlo, non concludiamo che esso era prima "assente"
"01':1 "i'n'sl'llll''',
111:1
I'l:IISi:lIllO:l IIlla 1ll01l1('lltHlll':Idistrazione che ci ha impedito
.Ii Iwvlln' ('ii, l'ill' .1:1s,'II11'n' i· .low 01':1III wdi:l1110. (iilltantochc Jaconoscenza che
illlplidlllllll'lIl,'
IIIl'It ill IIII I ill l'illlll'0 si dill1osll'lI 1111
'III ilt- f',llid:llll'lIc :lltivita .Ii routi111\11011
vi'·11l'posllI ill disl'llssiolll' III lidlldlllll'lIl1 I'nsisll'IIZI1 dl'III111lldll (. 1l01lSOI'-
l' oggettivita, Ia fatticita e l' anonimita sana caratteristiehe associate al mondo sociale (idealizzazioni) che ci permettono di sperimentarlo come qualcosa di realmente a potenzialmente determinata sul piano pragmatico. Questa non significa che il mondo sia
sempre determinato, a che non ci siano circostanze che non mettano in erisi Ia versione da noi normalmente accettata ma che
qualora sorga un conflitto interpretativo, 10 si dovra ri~oIvere i~
modo tale da sostenere Ie proprieta fattuali del mondo sociale. Si
potrebbe sostenere, paradossalmente, che proprio il carattere fattuale presupposto consenta di individuare e risolvere un conflitto
interpretativo, in quanta conflitto tra due rappresentazioni pili a
meno corrette delia stessa realta. Sana tali idealizzazioni a definire Ia relazione di congruenza intern a e di non contraddittorieta
tra due versioni contrast anti delia stesso avvenimento. Solo il presupporre una realta esterna e indipendente consente infatti di
giudieare in termini di maggiore a minore adeguatezz~ due r~soconti in conflitto considerati entrambi versioni potenzialmente
corrette delle scene che rappresentano. Se Ia "fatticita"
largamente data per scontata a invocata nelle situazioni di erisi, da un
punta di vista fenomenologico sana pero Ie due idealizzazioni fondamentali - interscambiabilita dei punti di vista e congruenza degli schemi di attribuzione di rilevanza - i dispositivi cognitivi can
cui "Ie persone creano e sostengono il sensa delia realta sociale
come ambiente fattuale [... ], costituiscono un insieme di metodi
per trasformare la nostra esperienza [soggettiva] in esperienza di
una realta oggettiva" (Leiter, 1980, p. 11).
Un ultimo aspetta del ragionamento di sensa comune concerne, come sottolineano Schwartz eJacobs, l'esistenza di un comune schema di comunieazione, vale a dire "I'uso di categorie, nomi e schemi interpretativi alia scopo di produrre innumerevoli tipizzazioni [ ... in grado di generare] Ia sensazione che 'quello che
io dieo quello che gli altri comprendono'"
(1979, p. 223). La
presupposizione delia comprensione reciproca, sulia base di uno
schema condiviso di azioni e situazioni tipizzate, rappresenterebbe dun que una risorsa implicit a utilizzata per conservare l'accento di ordinarieta delia situazione e per produrre spiegazioni del
e
e
ge alcun "interesse a individuare
Sl' qllcsto 1ll0lHIo ('sisl(' <1111'1'('10 0 St' (' lllt'l';lIlI"11
1\' IIIl siSl\'lTl:l ('O\'I"('l1ll' <Ii ':lI'I';\I'('IIZ(, (,ol1siSI"lIli'"
ISl'iliill, 1')1'),
I' .'11.'),
fallimento comunieativo che celina proprio eventuali divergenze
nelI'interpretazione di cia che accade.
CAPIRSI, NON CAPIRSI, CAPlRE DI NON CAPIRSI,
CAPlRE PERCHE NON CI SI CAPISCE .. ,
Un'analisi del ruolo svolto dal sensa comune nella comunicazione interculturale, che prenda spunto dal saggio di Schutz sullo
straniero, puo risultare un po' fuorviante, semplicistiea e deterministiea. II quadro tratteggiato da Schutz poggia, infatti, su due assunzioni. Una prima riguarda alcune specificazioni implicite nel
modo in cui viene delineata la condizione di straniero. La straniero, infatti, qualcuno che si trova da poco nel paese ospitante,
alia sua prima esperienza del nuovo contest a e, pensando agli ambiti nei quali ho can datto Ia rieerca (la pubblica amministrazione), entra per la prima volta in contatto can il sistema amministrativo e burocratieo; inoltre, assai probabile che provenga da
un paese caratterizzato da un'organizzazione delia pubblica amministrazione abbastanza differente da quelia italiana, tale da rendere ardua una semplice esportazione e traduzione delle procedure e degli assetti organizzativi da un contesto a un altro; infine,
deve essere in grado di acquisire I'insieme di conoscenze che gli
consent ana di sintonizzare i propri schemi di attribuzione di importanza (oltre che, naturalmente, il proprio comportamento cerim ani ale) can quelli dei propri interlocutori attraverso un continuo passaggio mentale dal sistema a Iui familiare a quello in cui,
attualmente, cerca di districarsi procedendo per approssimazioni
successive. Una seconda condizione concerne I'oggetto di studio
che si intende affrontare e il punta di osservazione scelto. II quadro interpretativo di derivazione schutziana, in questa sensa, puo
L'ostituire una buona illustrazione, per quanta schematiea, di una
parte dci processi di assimilazione culturale che accompagnano Ia
socializzazione dello straniero nel nuovo contesto sociale, ma
solo parzialmente in grado di offrire chiavi di Iettura utili a comprcndcrc quanto accade durante Ie occasioni concrete in cui si dovrcl>lll' dispicgarc il pcrcorso di progressiva risocializzazione. Esso Pll<\ l'iSldlarL'1:1I1tO
sllggcstivo, sc intcso aHa stregua di una ril'llstrllzilllH' dl'i prol'l'ssi IlH'lllali soggdtivi c1lC pcrmcall0 I'esperil'llza slll'iall' Ilt,llll strallil'l'll, qll:llilo privo di I1lllrdcntc nc1 rCll-
e
e
e
e
dere conto delle difficolta operative che sorgono suI piano concreto dell'interazione. Tutti gli elementi che compongono il quadro - informazioni, regole, linguaggi, usi - tradiscono infatti la
centralid assegnata da Schutz al soggetto interpretante rispetto al
soggetto interagente. Per questa ragione esso non risulta granche
pertinente ai fini di una ricostruzione delle condizioni di interazione faccia a faccia. Cosa succede, dunque, quando l'insieme di
assunzioni che rende solitamente non problematico il procedere
del ragionamento di senso comune vienemesso sotto tensione nel
corso di incontri faccia a faccia? Per rispondere a tale quesito volgiamoci ad analizzare il materiale raccolto nel corso della ricerca.
Le interazioni tra assistenti sociali italiani e utenti stranieri negli uffici da me studiati prevedono, come spesso accade in circostanze analoghe, uno scambio di informazioni: da una parte, abbiamo Ie informazioni - trasmesse dagli operatori spontaneamente 0 in risposta a richieste esplicite degli utenti - riguardanti
Ie pratiche e i servizi di competenza dell'ufficio, utili alIa soluzione di problemi di varia natura (casa, lavoro, assistenza sanitaria,
formazione ecc.); dall'altra parte, vi sono informazioni di natura
person ale, trasmesse dall'utente su sollecitazione degli operatori
e la cui rilevazione e prevista dalle procedure/prassi amministrative (iter burocratici della pubblica amministrazione 0 regolamenti interni dei singoli uffici), oltre che necessaria per giungere
a una valutazione ponderata dei singoli casi.7
I due flussi esprimono molto bene la dimensione operativostrumentale - il sistema situato di attivita - degli uffici studiati e
definiscono l'ambito in cui si manifestano continue tensioni cognitivo/interazionali, che segnalano unfunzionamento problematico del ragionamento di senso comune. Non solo. Essi coincidono con la prima delle tre componenti individuate da Goffman
per qualificare il "rapporto di servizio", una delle modalita pili
significative con cui due individui possono incontrarsi nella societa occidentale (Goffman, 1961a, pp. 339 sgg.).8 Gli scambi ver7. Si tratta, in prevalenza, di informazioni relative alIa posizione legale, alIa situazione abitativa, sanitaria e Iavorativa, alle eondizioni di vila Ilel paese di origine
(composizione
del nucleo familiarc, studi cffellllali, prol'vSSiolli svoltl.), alia sloria
migratoria.
8. Un tipo di attivil'l in clli 1111o!ll"l"alol",'/pl"of('ssiolli:'11l (:.1111':':." 1111assisl"lltl'
socia,,", 1111medico. 11111('('Ili('o 01111 lilH'l"o pl"ol'·:";!OIII'.I,,1 lilt "'1111l 1111l>liI,I,li,,,
bali che accompagnano l' estrinsecazione di tale rapporto presentano un carattere strutturato e constano di tre componenti. Scrive Goffman (ibidem, p. 344):
La parte verbale in se contiene tre componenti: un elemento tecnico, che consiste nel dare 0 prendere informazioni relative alia riparazione (0 costruzione); un elemento contrattuale, che consiste in
un accordo, spesso relativamente breve, suI costa e suI tempo approssimativo richiesto dailavoro ecc.; infine I'elemento comunicativa, che consiste in qualche cartesia, affabilita e segni di deferenza.
Tornando al nostro ufficio, gli argomenti di conversazione sono, di norma, connessi alle procedure burocratiche grazie alle
quali bisogni e problemi posti dagli utenti vengono tradotti in casi di competenza dell'ufficio e, quindi, trattati in accordo con Ie
procedure amministrative previste. Uno dei pili ricorrenti argomenti di discussione rappresentato dal1'articolazione organizzativa dell'apparato della pubblica amministrazione, nelle sue caratteristiche strutturali e procedurali. Si tratta di un dominio specifico dell' organizzazione sociale caratterizzato da procedure estremamente complesse, e spesso contraddittorie, la cui comprensione risulta non di rado difficoltosa anche per i cittadini italiani e la
cui conoscenza costituisce, al contrario, un elemento centrale nella definizione della competenza professionale degli operatori.9 La
spiegazione di una procedura comporta, infatti, una differenziazione di ruoli tra un primo attore che agisce in veste di esperto e
un secondo che rappresenta il classico "uomo dell a strada" 0, nella migliore delle ipotesi, un "cittadino bene informato" (Schutz,
e
(composto da utenti, pazienti 0 clienti) costituito da un insieme di individui che, in
vi I"tll di una caratterizzazione
unificante - nel caso degli uffici da me studiati, l' essel"e di cittadinanza
diversa da quella italiana e, quindi, automaticamente,
utente a
piello diritto - beneficiano
della prestazione
di un servizio personale
(Goffman,
1t)(, 1a, 1'1'. 340 sgg.).
I). (:i<'J che conta, peraltro, non
tanto il grado in cui tali conoscenze possono
,'sselT considerate
I"are, specializzate,
e quindi valorizzate
socialmente,
quanto
l'illl\,OI't'lllza che rivestono nella situazione
contingente.
Spesso, infatti, Ia diffi("(lIth COil clli i cittadilli stl"aniel"i si ol"ientano nella socied italiana fa S1 che Ie inforIlla/,ioili \,OSSt'dllll' da chi opna Ilei sel"vizi pllbblici assumano ai Ioro occhi un'im1,,"'l;llza vitali' aIH·h" '1l1alor'l si lratli di semplici "dl"ine" su come affrontare aIItllll' silll:l/,iolli niti..lH'. 1\'1" 1111:1
\,I'l'St'nl:lziolll' delk ('omplicazioni
che affliggono
lot 1l·1:ll.i"lIt· 11:1 illllllif',1:lIi ,. \,1I1,J,lic:I :llIlIlIillistl":I/,i"III' ill It,iIia vedi I\al"besino,
(}II,!:",,,I,,
11)1)i
e
1979, pp. 405 sgg.). Come chiunque di noi ha potuto sperimentare direttamente, non sempre risulta agevole tradurre nellinguaggio "profano", anche qualora "esperto" e "uomo delIa strada" siano stati socializzati all'interno dello stesso universo linguistico e
culturale, un problema la cui definizione e relativa soluzione debbano essere impostate in termini tecnici, facendo ricorso a concetti, quadri di riferimento e schemi interpretativi specifici di un
certo gruppo professionale. Le difficolta, per i "non addetti ai lavori", derivano dalla necessit?l di definire - mediante un processo
esplicito di tematizzazione 0, implicitamente, tramite cia che non
viene espresso nel corso dell'interazione verbale - un settore del
mondo come a (comune) portata di mana: un contesto condiviso
da circoscrivere in base agli interessi conereti in gioco in un particolare momento e luogo. Su questa piano, Ie procedure e Ie prassi degli uffici che ho analizzato si caratterizzavano per una notevole complessita, incoerenza e contraddittorieta, al punto da risultare, come testimoniato dagli stessi operatori, di ardua decifrazione anche per un insider:
Ecco, solitamente [... ] non si sta molto a dilungarsi sulle funzioni dell'ufficio [... J. Ne con gli italiani ne con gli stranieri. In pili, dicevo, con gli
stranieri c'e il problema delIa clandestinita per cui alcune risorse che tu hai
disponibili per gli italiani, per esempio gli inserimenti in comunita, per gli
stranieri clandestini non Ie hai. Non puoi neanche approfondire la conoscenza di quello che e capitato perche poi, in situazioni di emergenza, saresti comunque costretto a fartene carico; ma, visto che nessuno paga e
non puoi fartene carico, eviti anche di fare domande. E questo non viene
nemmeno spiegato. E capitato, per esempio, che in un colloquio, dopo che
una signora peruviana aveva richiesto che il bambino venisse messo in comunira, probabilmente perche l'aveva sentito da un compatriota, l'assistente sociale si e girata verso di noi e ha detto: "Perche e clandestino!";
insomma, parlavamo tra di noi mentre questa signora guardava, ma poi
nessuno Ie ha spiegato perche per lei non era possibile. Non so se lei ha capito che fino a un certo punto si poteva arrivare e poi ... Ti accorgi che proprio non sono messe bene in chiaro Ie cose. Anche se Ie dici che il bimbo
non puo andare in comunita perche e clandestino e nessuno paga, lei [l'utente] ti dice: "Ma perche si deve pagare? Perche il figlio di una mia arnica s! e lui no?". Non riescono proprio a capire. E hanno ragione, perche
anch'io non ho ancora capito bene come funzionano Ie cose: chi puo, chi
non puo, i doveri, la residenza; se sei residente fuori Milano non puoi fruire dei servizi dell'ufficio e allora devi fare la residenza in Milano. Sono tlltte complicazioni di qllcsto tipo, SO!lOcose ahhasta!lza complicate anchc
pel' me. ( )peraIOI'l', inll'l'visl:l ()IlO7)
L'opacit?l delle procedure, dal punto di vista delIa loro coerenza e razionalita, non stupisce. Semplicemente, conferma la disattenzione - evidente a livello di stesura sia dei provvedimenti
legislativi generali sia dei regolamenti che sovrintendono al funzionamento dei singoli uffici delIa pubblica amministrazione con cui sono stati predisposti i percorsi amministrativi di esercizio dei diritti di cittadinanza per i migranti.lO Le difficolta, tuttavia, travalicano spesso l'ambito di conoscenze "esoteriche" controllate da ciascun gruppo professionale e si estendono a "cia che
tutti sanno" 0 legittimo dare per scontato che sappiano (Jedlowski, 1994). Per quanto attiene ai nostri uffici, esse riguardano
Ie conoscenze relative alIa societa locale e all' organizzazione delIa pubblica amministrazione necessarie a prefigurarsi i percorsi
previsti dalle procedure amministrative:
e
Mi sembra che vengano date un po' per scontate alcune realta italiane
che forse non sono cost ben chiare agli stranieri. Anche quando si parla,
per esempio, delIa stessa funzione dell'ufficio, io non penso chesia chiara.
10 stessa non ne ero a conoscenza prima di venirci, e non penso che uno
straniero, nel momento in cui si trova a dover parlare con Ie assistenti sociali, abbia ben chiaro in che posizione si collochi l'ufficio. Forse e pili difficile per 10 straniero che per un cittadino italiano capire l'ufficio, che cos'e, che cosa non e, a chi deve riferire, che cosa deve fare, e che cosa c'entra lui in tutto questo. Mi sembra che questo non sia neanche molto ben
spiegato. Non viene fatto molto; non si dice: "Qui si lavora cost e cost, per
q liesto e per quell' altro", ma vengono date semplicemente alcune linee generali. (Operatore, intervista OP-12)
Vediamo queste difficolta un po' pili da vicino. Dal punto di
vista dell' operatore, una questione generale concerne il grado di
conoscenza attribuibile all'interlocutore rispetto a cia di cui si sta
parlando, nonche l' attendibilit?l delle fonti di informazione utiIizzabili per valutare l' estensione delle conoscenze condivise:
10, SlllIa l'Olllpkssilii dci provvedimcnti Icgislativi riguardanti gli stranieri vedi
N:lSl'iIIl!>l'IIl', 2()04: sldl':lpplil':lziol1c delle sallatoric c, pili in generale, sui rapporti
('OIl It- <lIII'sllll'l' vl'di ()II:1sso!i, Chiodi, 2000, Per ,lverc 1I1l'idca del guazzabuglio di
I('p,gi, de<'l'('1i lep,w', .11'<'1'1'1
i allil<ll ivi, l'ir('olnri 11lillisll'1'i:lli e pronllciamenti
dei vari
olWlllisllli p,illl'isdiwJllldi did 1')').':1 of',p,i si pili, ('OIISldl<lI'I' il silo Wl'!> hnp://www,
r:llilllil'rilldl,dill,'IIIII/I'ril'.lIf',li",
p,l'slilo 1111
Sl'I'f',i(, Ilrip,llp,lio,
ca, pera il giudice sanno tutti che cos'e; anche il tribunale; si capisce benissimo che cosa sia e quando uno di noi gli dice: "E una cosa che ha deciso il
giudice", siccome il senso dell' autorita l'hanno tutti, si riesce, bene 0 male,
a capirsi. L'altro giorno, pera, eravamo con una cinese e lei non capiva che
cosa fosse 1a comunira. Pensava alla comune e noi cercavamo di spiegarle
che la comunita non e una comune, perche lei non aveva idea di che cosa
fosse una comunita in cui vivono otto bambini. Allora abbiamo dovuto spiegarle che cosa e; e dire che c'era anche l'interprete!
Solo che anche lei non
riusciva a tradurre "comunira". (Operatore, intervista OP-04)
Per raggiungere una comprensione soddisfacente dei problemi e delle risorse disponibili per una loro soluzione necessario
rendere esplicita una serie di elementi che, solitamente, consentono di comprendersi, per quanto in modo vago e valido fino a
prova contraria, senza bisogno di ricostruire ogni volta un pezzo
di mondo dalle fondamenta:
e
Con l'utenza italiana parti da un terreno comune 0 quasi comune, per
cui la comunicazione
avviene secondo argomenti che, comunque, all' altro
non sono completamente
estranei; questo, sebbene anche per gli italiani ci
sia una difficolta a capire che cosa facciamo. Per questo, un'attenzione
nel10 spiegare con molta precisione e con molta semplicita che cosa noi possiamo fare 0 dove possiamo arrivare la dobbiamo anche agli italiani. Con
10 straniero quest'attenzione
deve essere ancora maggiore, perche 10 straniero che viene in questa ufficio non sa nemmeno che cosa e il Comune di
Milano, non sa che cos'e un Ufficio per i minori, non sa che cosa possiamo
fare noi in accordo con il tribunale che, comunque, e il nostro referente
principale. (Operatore; intervista OP -13 )
La cosiddetta "provincia di significato delIa vita quotidiana"
rappresenta, pertanto, un dominio condiviso solo molto parzialmente. II non poter dare per scontata la conoscenza di una serie
di aspetti del mondo sociale rende difficoltoso parlare di qualcosa senza dover rendere esplicito il significato di buona parte delle
cose cui si allude; un'opzione, quest'ultima, che disponibile solo in via teorica, poiche all' atto pratico il tentativo di tematizzare
il "dato per scontato" incontra immediatamente ostacoli di natura cognitiva (una sorta di regressio ad infinitum) e, come ho gia ricordato e vedremo in dettaglio nel prossimo capitola, morale.
Questa prima lettura non C tl1ttavia sliHiciclltc C plH\ risliitarc
in un certo sensa fllorviantc, giacchl'lc diUicollil di ('oll1prCllSiollC
POSS01l0 dipl'lldl'rc, ill aslrallo, da alllll'lill dill' illsicll1i di lallori:
e
un primo strettamente cognitivo e un secondo linguistico.ll Nel
primo caso, avremmo un individuo in grado di utilizzare la lingua
in modo efficiente e appropriato, ma con una conoscenza dei domini di realta di cui si parla molto approssimativa; pertanto, difficilmente riuscirebbe a comprendere cia che gli viene spiegato a
causa dell a scarsa confidenza con la cultura locale e della limitata
conoscenza sociale di senso comune rilevante: Ie parole gli suonerebbero familiari, ma non riuscirebbe a dare a esse un senso.12 Nel
secondo caso, dobbiamo al contrario immaginare una persona
che, pur disponendo di una conoscenza piuttosto precisa delle caratteristiche, delle procedure e del funzionamento di un' area delIa pubblica amministrazione - grazie, per esempio, al racconto
fatto da connazionali che hanno avuto rapporti con servizi pubblici di vario tipo e/o al fatto di provenire da un paese con un sistema amministrativo simile a quello italiano -, non riesce ne a capire cia che viene detto ne a formulare correttamente richieste e
domande, poiche non ha una confidenza con la lingua italiana sufficiente a consentirgli di cogliere Ie parole dette 0 la costruzione
della frase pronunciata, non conosce il significato di alcuni termini impiegati, non in grado di utilizzare tutti gli elementi del contesta che potrebbero aiutarlo a dare un senso a cia di cui si parla
e COS1 via: qualcuno, in altre parole, in grado di mettere in gioco
un patrimonio anche cospicuo di conoscenze (tacite e non), ma in
possesso di un vocabolario e di una pratica linguistica insufficienti. Molti utenti, per esempio, pur avendo una discreta conoscenza
dei servizi sociali di zona, per avervi fatto ricorso con successo in
e
11. Se si passa da una rappresentazione del processo di comprensione che vede, da un lato, un parlante che pronuncia una frase e, dali'aItro lato, un interlocutore che interpreta il significato delia frase pronunciata, a una in cui il significato si
sviluppa in itinere (mossa dopo mossa, tumo di parola dopo tumo di parola) con il
procedere della conversazione (Fele, 1991), si devono considerare anche aItre possibilita di incomprensione: dal modo in cui la frase e stata pronunciata al particolaIT momenta nelia sequenza dei tumi di conversazione in cui si colloca ciascuna
Illossa conversazionale, dalle difficoIta di avvalersi delia struttura a turni che organizza Ie conversazioni come dispositivo organizzativo e interpretativo (Sacks, ScheglolT,JdTerson, 1974) alle forme di cortesi a che, consentendo di gestire in modo riIII,dn1l'lIlccorrelto In ripartizione degli interventi all'interno delle conversazioni, Ie
!"l'ndollo al cOlllcmpo comprCllsibili (Brown, Levinson, 1978).
12. Si Iralla di 1I11asilliaziollc cvidclltclllentC irrealistica, giacche prevede che si
I'"ssa :l1'l'n'IHI<'I'(,1'lISlldi IlIla linglla s,'nza acqllisirc, congililltamclltc, una conoS('('IIZI1
sll··illl,'..I1<'I'<'I'IIH'IIIIdi dan'llIl S,'IISOall('l'arol •. IIS,II,'(Cicollrcl, 1973). Per
IIIII!llisl·IISSlllII<'
.1,,11'1'111,1(,111,1
Sid l,illlllllilllsoli('(l w.li I','rissillollo, I')'».
precedenza (conoscenza dimostrata nel corso di interviste successive al primo colloquio), non erano in grado di afferrare una frase
come: "Le questioni che lei mi ha posto sono di competenza dei
servizi di zona". Difficolta analoghe sorgevano ogniqualvolta gli
operatori utilizzavano parole come" canone", in luogo di "affitto", 0 locuzioni quali "contratto di locazione", "commissione
competente" ecc. Come mostrano i seguenti brani di intervista,
gli operatori erano spes so consapevoli di simili difficolta:
Di solita si parla piu piano e si sta attenti ana terminologia. Se tu dici,
non so, "canone" piuttosto che "affitto", puo darsi che anche molti italiani
non capiscano; per questa motivo viene cercato un linguaggio piu semplice.
Oppure, non so, "decreta di affido"; gli si dice: "ll tribunale ha emesso un
decreta di affido di sua figlia"; e lui non capisce neppure che cos'e il tribunale, perche si sta parlando del tribunale per i minorenni. Sana proprio queste case che non vengono malta messe in chiaro. "Che cos'e il tribunale dei
minori? Perche e stato chiamato in causa il tribunale per i minorenni? Chi e
questa persona che ho io davanti e perche mi parla di questa cosa, di mia figlia? Chi l'ha incaricata, che cosa devofare io?" Tutto questa, magari, non
viene neanche capito; cioe, l'utente cerca di capire che cosa vuole da lui la
persona che ha davanti e, soprattutto in queste condizioni, gli e chiaro, bene a male, che deve avere anche un certo comportamento perche l' assistente sociale fara poi una relazione. (Operatore, intervista OP-08)
In sintesi, nelle situazioni di interazione analizzate e possibile
rinvenire una sorta di strutturazione cognitiva latente che costringe
ciascun attore a monitorare il processo comunicativo rispetto a due
insiemi di questioni. In primo luogo, e necessario che in base allo
svolgimento del colloquio ognuno abbia la percezione che ci si stia
o meno capendo. Un risultato di per se problematico, dato che,
per ottenerlo, non sono sufficienti i segnali espliciti emessi dai partecipanti al colloquio, i quali possono avere buone ragioni tanto
per simulare di aver compreso, quando invece non hanno capito
alcunche, quanto per fingere di non essere in grado di capire, quando e fin troppo evidente che il messaggio e giunto a destinazione.
In secondo luogo, ove si raggiunga la convinzione che non ci si capisca, si pone il problema di individuare Ie cause delIa mancata
comprensione, che, come abbiamo visto, possono risicdcrc in difficolta strettamente linguistiche, in un bagaglio inslll'lidenle di co
noscenze c0111uni,in difTcrcnzc di natul'a e1lhurllle, Opplll'l', ('Ollll'
avviene nella lllaggiol':tllzil (!l·i (,lIsi, ill 1111 viluppo illl'sll'il'lIhile dei
tre elementi ben evidenziato da! modo in cui si sviluppa il seguente racconto:
AIcune difficolra in piu ci sana. Tu puoi avere di frante a te un italiano
che ti racconta delle balle, che cerca di fregarti, a comunque ti descrive la situazione in modo un po' diverso, un po' meglio a un po' peggio di come in
realta e. Quindi, si da per scontato che tutti abbiamo dei buoni motivi per
farlo; pero c'e qualcosa in piu, quando 10 fa 10 straniero, che rende difficile
distinguere come stanno Ie case. Ti posso raccontare un esempio lampante.
Una persona viene da me in segretariato e mi chiede di fare delle traduzioni.
Questa persona e peruviana e mi chiede delle traduzioni del certificato di
nascita del figlio. Io gli dico che va bene; faccio un po' di domande e lui mi
dice: "S1,il figlio e qui; ce n' e uno solo". Me 10 dice in un modo un po' confuso. Poi la lingua e un po' COS1,
per cui capisco che ha bisogno di queste traduzioni. Faccio la traduzione. Arriva a ritirare la traduzione e dice, non a
me, che non c'ero, ma a una mia collega: "Ah, ma non e solo questa, perche
Ie ho portato anche un'altra cosa da far tradurre". "No, guardi - gli dice la
conega - a me e stato data solamente questa." "No, no ... ", dice lui. "Va bene, allora ritorni can la fotocopia a can l'originale e mi faccia sapere", insiste lei. AHara lui ritorna e mi dice: "Ah, mi era sbagliato, non era vero; ho vista adesso che l'ho a casa". E va bene; ma poi vuole riapprocciare la conega
dicendo: "Mi faccia Ie fotocopie, faccia questa ... c'e un problema ... ", aggiungendo alcuni elementi di una situazione problematica di cui can me non
aveva parlato. E la collega gli risponde: "Ritorni e parli can quella can cui
aveva parlato la volta precedente". Lui ritorna da me, non mi fa accenno a
nessun problema e mi da un' altra cas a da tradurre; pero io non capisco, perche era una certificazione internazionale e dico: "Ma che bisogno ha di. .. ?".
E lui mi risponde: "Per la scuola ... ", e poi aggiunge altre case. Io non capiva. AHara gli chiedo: "Ma e regolare?". E lui: "S1,S1,regolare". Insomma, alIa fine, mi dico che non sto capendo piu niente. Telefono alIa scuola e parlo
can il preside e gli dico: "Io qua ho questa signore ... ". Bene, alla fine si scopre che c'era anche un altro figlio, c'era qui la madre. L'unico, in realta, che
non avrebbe dovuto essere in !talia era proprio lui. La scuola aveva a che fare can la moglie, non sapevano che ci fosse il marito, per la scuola il marito
non c'era e chi si occupava del figlio era uno zio. Cioe e venuto fuori, come
se io avessi alzato un coperchio e mi aspettavo di trovarci dentro quattro cose, e ho travato una macedonia. AI che, metto giu il telefono e dico: "Guardi, lei ha bisogno di questo certificato, la cosa piu importante per la scuola
non c il certificata, che a lora interessa relativamente, e che il bambino sia regolare. Ci sara su un permesso di soggiorno? Se lui non e regolare ... mi ha
llel to uno, poi S0l10due. Poi lei in realta non risulta qui, cioe lei ... che cos'e
qlll'sto paese, chi i:: qUl'sto zio?". (Operatore, intervista OP-Ol)
I :aspelill dllvwro pl'ohklllatico rilllanda alla dif(;coltalimpossihililil di Sillhilil'l' Sl' q\I:lllIO vielll' dl'llo si:l ClllllPI'l'SOe, ow d(')
non accada, alla difficolta/impossibilita di distinguere tra alcune
cause tipiche di incomprensione: 1'uso di termini il cui significato
non e conosciuto 0 la particolare costruzione della frase, che non
permette di coglierne il senso; il fatto che cio di cui si parla, prescindendo dalla capacita di comprensione linguistica intesa in
senso stretto, non sia nota all'interlocutore; senza trascurare i casi (frequenti quando la risposta data dall' operatore alla richiesta
dell'utente
negativa) in cui dire "Non ho capito" 0, pili semplicemente, farlo intendere rappresenta un mezzo per reiterare una
richiesta, simulando una mancata comprensione di una risposta
frustrante e guadagnando tempo per escogitare una strategia di
gestione della delusione delle aspettative.
L'insufficiente padronanza della lingua italiana da parte del1'utente straniero e la difficile valutazione di tale competenza linguistica da parte dell' operatore rappresentano un punto estremamente controverso, che condiziona in modo determinante il
piano cognitivo della comunicazione e la cui influenza si estende,
come vedremo nel prossimo capitolo, anche al mantenimento di
un ordine espressivo:13
e
Ti pone dei vincoli perche, per esempio, Ie domande sono pili semplici; oppure, I'altra persona tenta di fare un discorso un po' pili articolato,
ma, alIora, non ci si capisce. Quello che vogIio dire e che non si riesce ad
arrivare a capire bene Ie sfumature del discorso e questo ti limit a nella comprensione dell' altro e nella tua valutazione del caso. II doversi esprimere in
un certo modo e una cosa che mette molto a disagio; Iora [gli utenti] sono
molto a disagio. Ma non sono solo Ioro; anche Ie assistenti sociali sonG a
disagio. 10 Ii vedo tutti e due a disagio. Li vedo anche quando sanno che
tra mezz'ora arrived Ia signora A. e dicono: "Oh, madonna, che cosa mi
did questa adesso? Chi Ia capid?". (Operatore, intervista OP-2l)
"MA DOVE CREDE Dr ESSERE?": DEFlNIZIONI CONTRAST ANTI
DELLA SITUAZIONE
La costante verifica dell' avvenuta 0 mancata comprensione e
l'individuazione delle presunte ragioni di quest' ultima evocano il
tema, caro agli etnometodologi, del rapporto tra sig.ni?ca~o e contesta (Heritage, 1984; Fele, 2002, pp. 58-61). M1 nfensco alla
questione dell"'indicalira", per cui il significat? di cio ch~ viene
detto 0 fatto nell' ambito di un'interazione soc1ale non puo essere stabilito indipendentemente dal contesto, dato che non esist~no, almeno nelle pratich~ di ragi?~amento di sen.so c?~une, s~gnificati che siano univoc1, oggett1v1, deco~testuah~zatL
Solo :1ferendo un'affermazione al suo contesto d1 produzlOne/enunc1azione di cui vengono attivati aspetti, volta per volta, differenti
("par~icolari indicali"), si puo ricondurre l~ polise~ia, l' ~mb~guita e l'equivocita che accompagnano ogm espress10ne Im~U1stica a un significato univoco e condiviso, rinviando peraltro,.lmplicitamente, a cio che tutti sanno (Barnes, Law, 1976; Leiter,
1980; Schwartz, Jacobs, 1979; Scott, Lyman, 1968). Ove fossero
astratte dall'insieme di informazioni che Ie accompagnano, non
tutte linguisticamente formalizzate, Ie singole locuzion~ non. potrebbero infatti trovare un significato adeguato alla sltuazlOne
in cui ve~gono ;ronunciate. II contesto comprend~ vari. aspet~i:
it parlante, gli elementi rilevanti della sua biogra~a, 1.SU01SCOp1e
Ie sue intenzioni, illuogo in cui avviene la comumcaZ10ne, Ie moltcplici relazioniche possono unire gli interlocutori ecc. (Dal L~go, Giglioli, 1983a; Garfinkel, 1967). Puo essere intes~ come ortZ.zonte aperto di senso che si chiude in un movimento czrco!a~~e rz/lcssivo. Se cio che viene detto inteso anche sulla base d1 c~oc~~
10 ha preceduto e puo trovare (0 non trovare) conferma m C10
chc seguira, allora "il significato assegnato costruendo un con~
lcsto ctnografico per il.discorso (cosa che incl~~~ l'usar~ dettagh
del discorso come paW del contesto) [... ed] e 1mdefimta elaboI'<lzione del contesto che produce la fatticita della nostra espeI'iellza del significato" (Leiter, 1980, pp. 111-112),
e
e
13, Questi due esempi limite possono servire per gettare un po' di luce su alculle
impasse del processo comunicativo, chiarendo Ie opzioni interpretative a disposizio
ne degli attori (gli operatori italiani, in questo cnso) e 1""l1hii~ldlil di rondo dll', pl'!'
quanto possa sembrare ban ale, i\Herf"erisceconlillllilllll'llll'
("1)11
illllilllll'llillll'nlo
di
una linca <Ii condollnl' r('l1de cOlllplinll:ll' SciVlllllSIl I'lIlIivilll di ripllrllzilllll' rillllll",
(JIl:llr:lII:lziolll' piil :lrlil'ol:llil <Ii qlll'SlllPlllllo SlIl'llpl'llI",,,lllnd
pit "",ill 10I'lipillllo,
1.1. L':ll'.l'.ellivo "indic'llc" vellne coniato in ambito filosofico p,er indicare Ie
"spressiolti ill'lli vnlor!' di Vl'!'ilil pol,'v:I essere :lppurato solo a part1r~ da una conOSl'l'11Wdel l'lllliesio <I"llol'llllsO (11:11' Ililkl, 1')')4). L'elllol1l('todol()~ta ~onsld:r~
Inv,','t' l'lI/tlll'IIiI,1
("ollll' 111111
pl'lIl'l'il'I,'1 p,"IIl'I'iII.-, illSi"llll' ,ill" I'I//I'II/lillil,
<II qll,dslilSI
"SIll' 'fIHi"Il(' Ii1lf',111
~.Ii,' II,
Tra i vari elementi che contribuiscono alla definizione del cosiddetto "contesto etnografico di produzione di significato" uno
spicca per la rilevanza e per la pervasivita che 10 contraddistinguono: l' accordo sulla definizione (ufficiale e, al tempo stesso,
operativa) della situazione in cui Ie persone che interagiscono si
trovano e dei ruoli sociali in essa incorporati (McHugh, 1968). Per
intenderci suI significato di "definizione della situazione" e sufficiente riflettere sulle premesse organizzative e cognitive che consentono di eseguire un compito lavorativo che implichi una qualche forma di cooperazione tra piu persone (compilare un questionario, spiegare una procedura amministrativa, trasmettere delle
istruzioni). Un'esecuzione efficiente di simili compiti richiede che
sia chiaro - 0, per meglio dire, che si possa ritenere sia chiaro per tutti gli interessati il significato di cia che si sta facendo: posso dare un'informazione solo confidando nel fatto che, per i destinatari delle mie attenzioni, Ie mie parole rispondano a tale intenzione e siano coerenti con essa; posso salutare una persona
- dicendo, per esempio, "Buonasera" - solo omettendo di aggiungere che sto porgendo un saluto. Ma posso dare per scontato
che il significato di cia che dico e di cia che faccio sia condiviso
solo se posso ragionevolmente presupporre che esista un' interpretazione condivisa della cornice entro cui cio che dico e osservo acquista un sensa (De Biasi, 2001; GoHman, 1974). Affinche si
possa dare una forma qualsiasi di agire comunicativo, in altre parole, e necessario poter assumere che coloro i quali sono coinvolti nella situazione di interazione siano in grado di interpretare Ie
"mosse" dei partecipanti (nei loro elementi verbali e non) all'interno della stessa cornice presupposta da coloro che Ie effettuano.
SuI piano teorico, questa premessa puo essere declinata in vari
modi: alla base della possibilitii di agire tramite quelli che Searle e Austin hanno definito "atti linguistici" (Austin, 1962; Levinson, 1983; Sbisa, 1978; Searle, 1965); equivale, in termini schotziani, a uno dei presupposti che consentono la comprensione nella "provincia finita di significato di senso comune" (Schlitz, 1979);
rinvia, in termini goffmaniani, alla convergenza di framc.\' intcrpretativi in grado di generare l'impressione di un lllondo intcl'soggettivo e socialmentc organizzato (Coffman, 1974),
Poter aSS1l1llCreche vi sia lIna ddiniziol1t' ddln silll:lziOlll' COil
divisa non signilica, nallll'alnwnil', chilll1111l't'
ill l'IIl1SI1
1111
l'I'ilnio di
e
veritii in base a cui stabilire il grado di oggettivita e attendibilita
delle interpretazioni. Significa, molto piu semplicemente, ipotizzare che l'espressione di un significato sottintendaYi~ea ch~ e~so
venga colto in modo corrispondente alle pro~r:e mtenzlOm, e
aspettative; aspettative delle quali non sempre Sl e c?nsa~evoh e
che spesso divengono manifeste solo nel moment? .m cm v.anno
deluse:15 L'esistenza di tale significato sociale cond1V1soa fim pratici come direbbero gli etnometodologi,
il prodotto di un accordo (contract of agreement) tra gli attori sociali. Tuttavia probabile che nelle situazioni interculturali, caratterizzate, come abbiamo vis;o dall'incertezza circa l' esistenza di un terreno linguistico e/o cuiturale comune, risulti problematico proprio l' operare
di tale contract of agreement nel creare un' apparenza di ordine ne~l'interazione: il tono di voce, la concatenazione tra domande e tlsposte, Ie informazioni disponibili sui propri interlocut~ri, 1'~pparato segnico che consente di classificarli co~e un cer~o tlpO d1
sone, per esempio, non sempre met~ono m gr~do 1uten;,e ~1 mtendere cia che viene detto da un ass1stente SOClalecome sp1egazione di una procedura in risposta a una richiesta di accesso a particolari risorse pubbliche"; Ie informazioni che vengono contestualmente rese disponibili -l'insieme di fonti di natura informativa che consentono di incorniciare un evento linguistico come,
per esempio, risposta a una domanda, di riconos~erlo e di val~tar10 intuitivamente come consono 0 non consono tlspetto alla sltuazione _ non funzionano in quanto presupposto e conoscenza tacita, ovvero data per scontata, e conseguentemente non ~el1don?
possibile alcuna comprensione "automatica" d~gli scam?~ verbah,
Non solo. In molti casi, 1'interazione puo sviluppars1 m base a
definizioni dell a situazione fortemente contrastanti, A questo proposito, mi sembra illuminante il seguente eser.npio, c~e ~escriv,e
cosa potesse succedere presso il NAGA, un serv1z10~amtatlo C~S~ltllito a Milano negli anni Ottanta, su base volontatla, da. me~lc1 e
altri operatori per fornire gratuitamente assiste~za m~d1ca d1 baSl:a tutti i cittadini stranieri privi di permesso d1 sogglorno:
e
e
p~r-
1'5, In queslo nmbito, In Jistinzione tra i casi nei quali l'intenzione del soggett~
sin Sllslellt'l'l' npl'nl'l'nZl' pel'ccpitl' tin tutti come "vete" piutto~to che costr~llrne dl
Inlsl', ingnllnlnllill i pl'llpl'i illterillcillori,l'
il'l'i!t'vnntc, l~ntoch~ 1prcsuppOStl che a.sSlrlll'lllill 11Il'llllll'l'l'llsillIW"
III svolf',l'l'si ordinnlll dcll'IIlICI'J1Zloncopcl'crchhero, 111
"1111'111111".1,'
~illlll~,i"lli, IwlIll sl"SSlllll"do,
~i viene .in mente che quando ~ono incomineiati ad arrivare dai paesJ
dell.~st, ab~lam.o scorerto tutta un altra pasta di persone: perche, avran110
tuttI 110ro d~fett1,pero quaranta 0 einquant' anni di socia1ismo gIi hanno in.
segnato a eSlgere, e spes so Ii senti dire: "Questo e un mio diritto e adesso tu
me 10 devi. dare". E questi arrivavano a1 NAGA senza aver capito bene che
cos.afosse il NAGA. AgIi inizi erano rumeni, bu1gari, poi anche gIi albancsl,
a~n~avano ~1N~G~, pensando che fosse 1a struttura sanitaria per gli stl'a.
men mess~ ill ple~ da1 ?ove~no italiano; per cui dicevano: "10 vengo qUIl,
ho.un.ta?ho e tu m.l devl CUClre,non mi mandi da un'altra parte". Quando
n01 gli dlcevamo di andare a farsi cucire una ferita al pronto soccorso del.
1'0speda1e, dove erano obbligati a curarli, 10ro rispondevano: "No, sono ve.
nuto a~NAGA ,e tu a~esso mi cuei". Ci sono state delle vere e proprie risse
verbah perche questr non avevano nessuna intenzione di andarsene senZIl
a~~re ottenut? 1ap~estazione, e usavano tutti i mezzi possibili e immaginll.
brh pe~ conV111certl.C .. .J Scattavano alcuni meccanismi che erano anche
pe?antr da sopportare, fino ache tu, a un certo punto, dicevi: "Adesso tu mi
hal rotto 1.epal1e, sono qua a fare il vo10ntario, non c'e scritto da nessul1ll
parte che 10devo fornirti questa prestazione, quindi vedi di toglierti di tOI'.
no, no.;l" . E',0VVlamente, 1oro se ne andavano seccati. Se ne andavano di.
cendo che l'Italia e il solito paese in cui ti dicono che tu devi andare in un
posto e poi non ti danno niente. (Operatore, intervista OP-12)
La constatazione che Ie aspettative nei confronti dell'interlo.
cut ore vengono deluse costringe dun que gli attori a un estenuan.
te lavoro di tematizzazione che ha un effetto fortemente distu I'.
bante rispetto al coinvolgimento nella situazione (Garfinkel
1967).16 Sovente, la mancata sintonizzazione circa la definizion~
delIa situazione in cui ha luogo l'interazione produce conseguen.
ze negative piuttosto rilevanti, anche suI piano giudiziario, che riM
flettono l' asimmetria di potere tipica delle relazioni sociali in con.,
testi formali:
16: ~a.relazio~e che ipotizziamo tra costruzione di un significato condiviso r
capaclta ~~assunZlOne del ruolo deIl'interlocutore, in accordo con qllanto alTcl'Ill1i
to. da Schutz (1979), da Goffman (1974) e daIl'etnometodologia (Garfinkel. I ')(,7:
ClcOurel, 1973), mostra come la complicata spiegazione di malricc inll'l'lIzionislli
~el'processo di comprensione neIl'interazione (Blumer, 1969; Dcnzil1, I ')H')) rislll
tl dl.una certa util!ta, non tanto in relazione aIle situazioni ncllc qllali la l'Oslrllzio
ne dl.U? mondo dl senso condiviso, 0 il raggiungimento di un aCl'Ordo siahil" Ill·1I11
deflmzlon~ del!a,~ituazione,. siano.un a~petto,non prohlcmalil'o, ilIa I'r0l'rio IH'I
n:omento m cud mterpretazlOne dl routmc dCIl'lll1lport:1Il1CI1I
i diVl'IIPoIi
illll'l'Illil'll
b~e. Solo aIlor~ I'attorc socia.le si pone il prohlcl1l;1di l'il'Oslnlin' i Plllili <IiViSl1iill
?10C? con u~o sforzn cmpallco", dll' COllSl'nladi rillll'lll'I'l' ill OI'<liIH'1IIIIol'i., ell\'
c finlto [lion pOSIO,
M i sono trovata a seguire il caso di un ragazzino, anni fa; mi sembra che
II'"Sl' di origine tunisina ed era venuto qui dopo aver telefonato C ... J. Que'il" hambino aveva chiamato, dicendo: "10 non voglio pili torn are a casa,
1111"
padre mi bastona, mi picchia con 1a einghia". Aveva chiamato di.per'H Illli. Era un ragazzino che viveva ormai in Italia da tre 0 quattro anm, an,lllva a scuo1a, aveva avuto dai compagni il numero e poi ha telefonato. Al111101
110iI'abbiamo fatto venire qui; c'era sembrata da subito una situazio",' Illolto grave; lui e venuto qui e quando ci ha rac~o~ta:~ la s~a st?~ia
1111,110
pesante di maltrattamento all'interno della famlgha Sle qeclso dllnIl'Il"gare I'autoritil giudiziaria. Questo ragazzino non e p~li~orn~to a .casa
ILd I iI famigIia. Ma nella nostra prima telefonata alla famlgha - 111C~l ab1,1111110
e1etto: "Guardate che vostro figlio e qui, [' .. J ha raccontato dl que'>lil sil uazione, verra allontanato e prima che rientri in casa bisogna capire
I Ill' l'osa succede da voi" - il padre ha dato in escandescenza; era asso1uta111l'1I1l'
"fuori" e diceva: "Ma che cosa vo1ete voi? Ma chi siete? Ma che au1,'li I :'1 avete? S1,e vero, io mio figlio 10bastono, e 10bastono perche lui non
',Iutlia, c allora?". Al suo posto un italiano, che ha assimilato il fatto che
I'il"iliare e un reato, non te 10 dice. Ti dice: "Noo! Io? Picchiarlo con la
I IlIf.,ilia?No, no assolutamente,
no!". E non e stato questo l'un~co caso in
I ui, l'lltnC dire, 10ro ritengono che questo sia un modello educatrvo ~lOcora
\'itlitlo, come poteva essere da noi cento anni fa, e quindi non vedono perI II(' 1l'llcrlo nascosto. Non capiscono perche, primo, non utilizzarlo, scI 1111110,
pcrche nascondere di averlo fatto. Molto spes so qucstc, pct:sorw
I" IIVl'l1gonoda paesi in cui non esiste una legis1azi?ne ~he tL!tc1aII m!l1orL'
,"I1Il' l]uclla itaIiana. Dato che l'hanno sempre plcchlato la, pcrchc non
1.1110:1I1chequi, no? (Operatore, intervista OP-04)
'I'alvolta, la distanza tra definizioni divergenti puo suscitare,
IllIdw in assenza di apparenti difficolra di tipo linguistico, imbaIII/,ZO(non necessariamente reciproco) e ilarita, oppure puo in1I\'Sl'ill'~vcre e proprie escalation conflittuali. Un esempio che mi
llil visto testimone ha avuto come protagonist a un cittadino bull',ill'lI, (Ii nazionalita ecuadoriana e con una buona conoscenza ~ell'illlli:lllo. n casus belli concerneva il furto del suo furgone, carlCO
,Ii IlH'tTCacquistata in !talia e destinata al mercato bulgaro. DeIlIslI PI'I' Ie risposte ottenute negli uffici di polizia presso cui ave\'iI s\l0l'lo denuncia
e dove era ritornato ripetutamente: a br~v~
Ilislallza di tempo, per verificare ache punto fossero Ie mdagmt,
II titIsll'O(,01ll111~I'Ciante
bulgaro si era recato presso l'Ufficio Stra11Il'I'i ll(,1 ( :Olllltll~ di Milano nella speranza che, contrariamente
a
'111111110
ilvV\'tlltlo fino a quelmomento,
qualcuno si desse final1111 '1I1l'da LIl'c pcI' I'iII'oval'e i1 suo furgone e individuare
gli autoII tll,lllII'lll. Appl'lIi1 cllIl'ato si imhattc nel responsahile del servi-
zio che, senza premurarsi di verificare il motivo delIa richiesta 10
indirizzo al segretariato sociale (una sorta di reception) dicendogli: "Parli con la signora del segretariato sociale e vedra che lei
sara in grado di aiutarla a risolvere il suo problema". Pres so il se~retari.ato ~ociale ebbe quindi inizio un lungo, faticoso e, per certl verSI, esl1arante colloquio, nel corso del quale l' operatore di
turno non riusc1 in aleun modo a convincere il derubato del fatto che l'ufficio presso il quale si era recato non era in grado di fare al~unche per aiutarlo, non trattandosi di un ufficio di polizia.
Oglll sforzo per fare luce sull'equivoco circa Ie competenze dell'ufficio veniva inoltre interpretato dall'utente come l'ennesimo
te~t~tivo di "giocare a scaricabarile", approfittando dell'ingenmta e delIa buona fede di uno straniero che non conosceva bene la societa italiana; rafforzava, di conseguenza, una sorta di irremovibile determinazione a vedere, almeno in quell' occasione
rispettati i suoi diritti; una determinazione che si traduceva nell~
minaccia di non andarsene da Ii finche qualeuno non 10 avesse
rassicurato circa Ie sorti del suo furgone 0 delIa sua denuncia.
Dopo venti minuti di estenuanti trattative - iniziate come un "civile:' scambio di ~ichieste e spiegazioni, ma degenerate ben presto In un alter co Imbarazzante e surreale perche privo di una ragione condivisa del contendere - gli animi dei presenti si erano
parecchio surriscaldati e ogni altra attivita in corso nell'ufficio
era stata interrotta. Soltanto la decisione dell' operatore di sottrarsi al colloquio, abbandonando fisicamente illocale convinse
l'utente a desistere e ad andarsene inviperito per l'in~fficienza
delIa polizia italian a e rammaricato per non essere approdato ancora una volta ad aleunche.
Infine, la ricorrente difficolta di stabilire un soddisfacente consens~ sull~ definizione delIa situazione e di riconoscere un qualc?e tIpo
coerenza, sul piano del significato, aIle interazioni puo
n~ett~rsl In q~ello che gli operatori consideravano il problema
pm ~PIr:OSOnel rap~~rti. con ~li utenti, che aveva pesanti riperCUSSIOlll
sulle modahta dl svolglmento delloro ruolo professionaIe,. oltre. che suI rispetto dell' etichetta nei colloqui. II problema
chlama In causa la seconda componente del rapporto di servizio:
l'.elemento "contrattuale" (0 cornice normativa) che, almeno Iconcamente, dovrebbe sovrintendere alla rclazionc ITa]'opcralorc c
l'utente. II bene prodotto dall '" espcrlo" (I'l'I'ogaziol1l' dcl sCl'vi
?~
zio) infatti, non e frutto di una libera contrattazione tra due individ~i ma, da un lato, regolato da precisi obblighi istituzionali e,
dall'altro lato, viene fruito sulla base di un diritto sancito per legge. Cia che l' operatore roette in campo, inoltre, non tanto - ?
non e solo - una competenza specializzata e rara, quanto l'eserClzio di un'autorita che gli consente di prendere decisioni sulla base di procedure prestabilite e di una valutazione di merito. Dal
punto di vista contrattuale, il rapporto formale tra ope~atore e
utente concerne in primo luogo cia che rientra nei doyen e nelle
competenze dell' operatore in quanto impiegat? pubblico che agisce in nome dell' amministrazione comunale In osservanza delle
disposizioni di legge e dei regolamenti interni all~ str~ttura per.l.a
quale lavora; in secondo luogo, l'insieme. di attn~utl c~e st.a~lh~
scono quali persone possano essere consIderate utentl .1egItt1~m
di un servizio". L'interazione avviene entro una ben preCIsa e VIncolante cornice normativa - un insieme di regole e procedure - alIa quale Ie attivita pratiche devono conformarsi e c?e definisce i
criteri in base a cui gli attori impostano la loro relazlOne.
Le caratteristiche dellavoro - cosl come il quadro organizzativo dato per scontat~ nel tipo di con~r~tto ch~.interes.sa Ie par~i si ricollegano alIa dImenslOne coglllt1va dell InteraZlOne soc:ale
(che attiene alIa sfera delIa comprensione), delle conoscenze Inespresse e prese per acquisite nel corso delIa comunicazione, d~i
presupposti taciti che assicurano la convergenza delle p.rospettlve interpr~tative e il raggiungimento di un' apparenza d: Int~rsoggettivita. E il terreno suI quale, per tornare aIle prospett1v~ dl operatori e utenti, la capacita di questi ultimi di ottenere Ie Informazioni e Ie risorse di cui hanno bisogno, cosl come la correttezza e
I'efficacia con cui i primi eseguono i propri compiti lavorativi,
possono trovare una verifica e una confern~a. Allo stes.so te~po,
gli dementi normativi stabiliscono, almeno In ~stra~to,.I.ruolt f~rmali rispetto ai qualidovrebbero
essere orgalllzzatl gh Incontrl e
i termini di riferimento per Ie aspettative reciproche; definiscono,
in sintesi, la cosiddetta linea ufficiale alIa quale tutti coloro che si
trovano coinvolti nell'interazione dovrebbero attenersi.
l In coll1portamento chc sovente mette in crisi la linea ufficiale
cia dcliniziollc ddla situazione in cssa implicata - connesso all\' I"rcl/lll'llti richicslc di "tmltamcnti personalizzati" da p.arte degli lllel1li, ('IH' ('omporta I'invilo ad :\l'Clntonal'C Ia cornice con-
e
e
e
trattuale del "rapporto di servizio" (e, con essa, il piano formale
dell' agire di ruolo, inquadrato entro un sistema di regole legali,
razionali e universalistiche tipiche di ogni contesto burocratico)
per lasciare spazio al riconoscimento di un ambito di discrezionalita decisionale (oltre che di esercizio dell' autorid) dell' operatore.
Una richiesta che non da luogo a un processo di negoziazione
inform ale che comprenda qualche forma di scambio, ma che viene giustificata, come facile immaginare, in riferimento all'eccezionale gravita delle condizioni in cui si trova il richiedente, che in
tal modo si affida completamente all' operatore, cercando di fare
leva sul suo buon cuore, sulla sua sensibilita, oltre che sulla sensazione di potere e sulla grati:ficazione person ale che possono derivargli dalla percezione di essere indispensabile per un' altra persona. Le modulazioni sono varie e spaziano dal racconto delIa lunga lista di problemi quotidiani che il richiedente si trova a dover
risolvere (responsabilita familiari, problemi di salute, lavoro, diEficolta di trovare una casa, che spes so pregiudicava la ricerca di un
lavoro ecc.) a manifestazioni emotive molto intense, come uno sfogo di pianto di fronte aIle fotografie delIa propria famiglia, mostrate in risposta a una domanda sulla composizione del nucleo
familiare posta dall' operatore durante la compilazione di un modulo. Richieste di questo tipo non sono, naturalmente, prerogativa degli utenti stranieri e, di per se, non presentano alcuna specificid di carattere interculturale. Nei casi in cui siano coinvolti stranieri, tuttavia, tale strategia - che risulta vincente solo in pochissimi casi - presenta una difficolta addizionale connessa al fatto che
essa pone l' operatore di fronte alIa difficile scelta di accettare un
invito a ridefinire la situazione e, con essa, il proprio coinvolgimento personale nelle vicende dell'utente - abbandonando quindi la linea ufficiale - senza la certezza che sia chiaro per tutti quanto sta accadendo; in relazione sia alIa corretta interpretazione delIa richiesta fatta dall'utente sia al modo in cui l' eventuale accettazione dell' invito sara da questi interpretata.
Anche nella letteratura sulla intercultural communication vengono analizzate dinamiche comunicative conflittuali rispetto alia
definizione delIa situazione, che si caratterizzano, ~Itre che per
l'esistenza di interpretazioni divcrgenti del cOlllcslo Ilel qllak av
viene l'interazionc c dci nloli s()('iali illlplical i, per la pn'sellZ,1 di
stili cotl1l1nicativi ilH'Olllpatihili. (:OIISidcl'i:llllo, 11\'1' l'Sl'llIpio, j
e
"cross talk afrocoreani"
no Ie relazioni tra clienti
reana nelle aree urbane
quenti incomprensioni
studiati da Bailey (1997), che puntcggiaafroamericani e negozianti di origine codegli Stati Uniti, dove producono freche si riflettono sulle relazioni tra i due
gruppi sociali.
Lo studio di Bailey - condotto tramite videoregistrazioni e interviste e basato sull' operare dei cosiddetti indizi di contestualizzazione (contextualization cues)17- ha messo in luce l'esistenza di due atteggiamenti/stili comunicativi divergenti applicati alIa "stessa situazione": da una parte, l' atteggiamento formale,
controllato e misurato dei proprietari/ commessi coreani; dall' aItra parte, 10 stile informale, espansivo e incalzante dei clienti
afroamericani (Tremolada, 2002), Per i primi - che, nello schema delle pattern variables di Parsons (1951), si collocherebbero
decisamente sull'asse dell a "modernita" -l'essere espansivi durante una transazione commerciale impersonale implicherebbe
una mancanza di rispetto nei confronti dell'interlocutore.
Tale
rischio puo essere eluso limitando l'interazione verbale a quanto strettamente indispensabile suI piano fun zion ale ("neutralita
affettiva" e "specializzazione"), fatta eccezione per i casi in cui
I'interlocutore sia un parente, un amico 0 un conoscente stretto.
Per i clienti afroamericani, invece, l'incontro non rappresenta
una semplice transazione d'affari, ma un'occasione di socialid
("diffusione") in cui sia lecito "introdurre argomenti per piccoIe chiacchierate, fare battute scherzose, mostrare interesse nel
fare valutazioni, e riferirsi esplicitamente a una relazione tra
cliente e personale del negozio" (Bailey, 1997). Nulla di strano,
dun que, nel fatto che gli scambi comunicativi vadano ben al di
Ia delle frasi convenzionali e funzionali che accompagnano Ia
scelta della merce, l' effettuazione del pagamento e la consegna
dcll'eventuale resto, includendo anche argomenti di natura per17. Si tnttta Ji "dementi marcati a molteplici livelli (aspetti lessicali, sintattici,
parnlinguistiei,
prosodici, formule espressive, aperture e chiusure conversazionali,
51r,)legie di 5equenzinlizzazione,
stili, registri, dialetti e dispositivi per il mutamen10 di codicc) ehe eanalizznno c guidano l'interpretazione,
consentendo
ai partecipanti di sl'gnalarc I'l'Ciprocll1lClltl' cia che stanno facendo (chiacchierare
a proposi10 d(,II','Il'1l(), Il'lll'l'<' 1IIIa Il'ziolll' sulla COlllllllicazione, rnccontare una storia 0 corIl'I'J',iar5i), illlllHlo ill ("Iii ill'lllltl'lllIIO sl'llwnlico dell1les5aggio
dcbba essere inter"I'd ill" l' ,'Ollll' ri" dl\' vil'IH' 11I'OIIIIIl('iaIOsi ""Iil'l'.lti :dlo sviluppo di IIn argolllcnto
,Ii r"llwr~"I/'ioll\'''
II :hidl,
1')'!lIil, 1'. .'.\1)1.
sonale ("affettivita"). Le mosse interazionali effettuate dai clienti afroamericani a partire da questa cornice di riferimento sono
dotate, peraltro, di una forte cogenza pragmatica, poiche obbligano l'interlocutore ad assecondare, volente 0 nolente, l'invito
rivoltogli, al fine di non risultare scortese e maleducato. Dal punto di vista del negoziante coreano, la situazione
paradossale
(Watzlawick, Beavin, Jackson, 1967): da un lato, infatti, egli non
dovrebbe instaurare una conversazione personale nell' ambito di
un incontro di servizio (commerciale) con sconosciuti, 0 semplici conoscenti, proprio per non mettere questi ultimi, oltre che se
stesso, in imbarazzo; dall' altro lato, egli e obbligato, dall' evolvere dell'interazione, a rispondere all' invito a portare la comunicazione su un piano personale, esattamente per la stessa ragione
(non offendere l'interlocutore). Come gia Bateson aveva messo
in luce, situazioni di questo tipo possono dare luogo, oltre che a
comprensibili malintesi, a un' escalation schismogenetica (1972,
pp. 101-114). Se il cliente afroamericano cerca, con insistenza e
senso di frustrazione crescenti, di coinvolgere i negozianti coreani in una conversazione, questi ultimi, dal canto loro, si sottraggono con crescente imbarazzo all' invito, non comprendendo e/o non con dividendo Ie ragioni di un coinvolgimento che ritengono inappropriato.
Questo per quanto attiene al piano pragmatico. Se passiamo,
invece, al piano culturale, possiamo interpretare la situazione immaginando due universi a confronto. Da una parte, nell' atteggiamento controllato e taciturno dei negozianti coreani possiamo vedere riflessa, ci dice Bailey, la tradizione religioso-filosofica confuciana, che suggerisce di limit are allo stretto necessario il ricorso
aile parole, per comprendere meglio i propri interlocutori grazie
alIa lettura delIa faccia: una sorta di "quest for wordless truth"
(Keel, 1993, p. 19). L'invito insistente a prendere parte a una conversazione puo essere vissuto come una sgradevole imposizione,
data una generale sfiducia nella comunicazione verbale. Questo
stesso atteggiamento svilisce l'interazione agli occhi del cliente
afroamericano, Ie cui aspettative riposerebbero su un modello di
interazione - altrettanto accettato socialmente e culturalmente
fondato-noto
come "call-and-response" (Smilherman, 1977; I)a·,
niel, Smitherman, 1990a,1990b). Secondo talc Illodello, conVl'r
sazioni OI'gani%%alein ItIl'ni di pal'ola 1'000ll'llll'llll'SOVl'l1pposliSl'
e
gnalano illegame sociale di tipo comunitario che si suppone debba esistere, 0 debba essere creato, tra due 0 pili interlocutori. La
sovrapposizione dei turni, quindi, lungi dal segnalare una mancanza di rispetto verso il proprio interlocutore, rappresenta il segno di un coinvolgimento emotivo e di un allineamento con Ie sue
valutazioni. Smitherman (1977) ha notato come la diversa animosita e la diversa frequenza delle risposte fornite attraverso l'uso di
back-channels18 possano portare alIa rottura di una relazione interculturale, soprattutto ove vi sia una crescente attenzione a questi indizi di contestualizzazione. La mancata partecipazione al
meccanismo del "call-and-response", infatti, ere a l'impressione
che il proprio interlocutore non stia ascoltando e la sensazione di
essere da questi snobbato a causa delIa propria "origine etnica".
Dal canto suo, il cliente afroamericano, spinto proprio dall'abitudine a quel meccanismo conversazionale, continued a cere are di
coinvolgere i propri interlocutori, i quali, vedendo che il turno di
parola saldamente in mana sua, non faranno a1cuno sforzo per
19
riappropriarsene, in buona parte per Ie ragioni sopra espresse.
II confronto tra i paradossi comunicativi che affliggono Ie relazioni tra afroamericani e coreani e queile tra operatori e utenti
negli uffici da me studiati imp one due precisazioni. In primo luogo, mi preme ribadire che, anche ipotizzando che l' operare di
modelli culturalmente differenti generi malintesi suI piano comunicativo (come nel caso dei "cross talk afrocoreani"), dal punto di vista deil' attore impegnato in una conversazione spiazzante,
I'orizzonte percettivo e valutativo
occupato dall' ambiguita che
accompagna il comportamento comunicativo dei propri interlocutori, in relazione aile definizioni implicite delIa situazione che
essi affermano. E a partire da questa intrinseca problematicita e
difficolta nel rendere univoco il significato delle mosse interazionali che si creano i presupposti per il riconoscimento delle diffeI'enze culturali, oltre che delIa creazione e diffusione di stereoti-
e
e
IR,I hack-channels indicano, a partire dallavoro di Yngve (1970), i segnali, varial)ili clIltliralmente, usati per manifestare attenzione, partecipazione, accordo ecc.,
l'1ll' POSSOIlOesserc eli natura sia non verbale - movimenti del capo, cenni del viso,
aggroll:ll111'nIO delle sopracciglia ecl'. - sia verbale - interiezioni quali "mmmh", "ti
St·gIIO". "n:l'lu
"ail, ab". "sl, sl". ((VSllIIU",
I'), Proprio ill rc!nziolll' ,d Illalli!'<-siarsi llell'incolltl'O faccia a faccia di queste
1I~;ililI111il.
l'II1IVI'rsJl~,ioll,di.l'Itllllralllll·llll' COIIIIolall', si POSS0t10 spiegare 1u creazioIll' (·111tlillllkiolll' tli ~;Il'I1'olil'i IWf(lIlivi Inl i tlll(' f(l'lll'l'i,
l\,
pi culturali, etnici e razziali. In secondo luogo, non va dimentieato che Ie difficolta interpretative in cui si dibattono gli attori sociali sono esattamente Ie stesse nelle quali si imbatte 10 studioso
che, dunque, non dispone di alcun osservatorio privilegiato dal
quale vedere all' opera vere 0 presunte differenze culturali. In
buona sostanza, tanto l' attore sociale quanto l' analista delIa comunieazione possono decidere di scommettere su un'interpretazione che insista suI ruolo giocato dalle differenze culturali, contribuendo a creare, in tal modo, 10 spazio nel quale tali differenze possono manifestarsi e riprodursi.
In precedenza ho illustrato il tipo di fraintendimenti che si
possono generare quando, in un'interazione faccia a faccia, Ie immagini di se e dei propri interlocutori, ovvero Ie identita culturalmente definite degli attori sociali, non collimano. La raffigurazione canoniea di questo tipo di conflitto prevede identita sociali distinte Ie cui pretese di rieonoscimento, suI piano espressivorituale, risultino incompatibili: prerogative di status che devono
trovare un costante rieonoscimento, pena la messa in discussione
dell' autorevolezza di chi Ie rivendiea, possono, per esempio, confliggere con una definizione strettamente tecnieo-professionale
delIa situazione che richieda il prevalere di ruoli, e delle identita
collegate, definiti su base strettamente funzionale; oppure, attributi relativi al genere 0 all' eta possono interferire con 10 svolgersi ordinato dell'interazione in relazione a codici culturali differenti. Tra Ie diverse teorie proposte per spiegare la comunieazione interculturale ne esiste una che si chiama, per l' appunto, identity negotiation perspective (Ting-Toomey, 1993). Dal punto di vista dell' intercultural miscommunication i problemi creati dal conflitto di identita, in termini strettamente formali, sarebbero quindi del tutto equivalenti a quelli che attengono a differenze di carattere valoriale, normativo e consuetudinario.
Esiste pero un piano, per certi versi soggiaccntc - c prcliminare --, rispetto al quale Ie identita sociali in gioco POSS0l101110"
strare risvolti problcmatici per mgiol1i ll10lt0 si III i Ii :I q lIcllc dlt',
come abbial1lo visl0, pOSSOllOlllil1ar(' l'dft'ltivili, d('l rngiollil
mento pratieo 0 l' attivazione di un consenso operativo circa la
definizione delIa situazione e la linea ufficiale dell'incontro. Coloro che si trovano coinvolti in situazioni di comunieazione interculturale, infatti, possono incontrare serie difficolta nel dassificare i propri interlocutori rispetto a una serie di attributi sociali
rilevanti.
L'assunzione per cui, qualsiasi cosa faccia, un individuo rendera disponibili, consapevolmente 0 inconsapevolmente, informazioni relative alle qualifiche che gli possono essere attribuite e,
quindi, alle categorie sociali in cui puo essere collocato, rappresenta, come Goffman ha mostrato in modo esemplare (1959, p.
102), un tipieo presupposto dell'interazione sociale. L'importanza
di tale presupposto per stabilire una linea di condotta corretta in
relazione alle caratteristiche che si ritiene debbano otten ere rieonoscimento nelle interazioni situate stata ripresa da vari autori
(Ross, Nisbett, 1991). Nelle situazioni da me esaminate tuttavia
anche tale assunzione si trova a essere fortemente ridim~nsionata:
Molti attributi sociali, decisivi per assegnare una particolare
identita sodale ai propri interlocutori, non possono, infatti, essere facilmente messi a fuoco, dato che alcune delle fonti di informazione, che rendono almeno in parte reciprocamente trasparenti Ie persone e che, non dimentichiamolo, proprio per questo
consentono di produrre apparenze ingannevoli (Goffman, 1971),
presentano un'elevata problematieita. Basti pensare, per esempio, all'intera gamma di informazioni personali e di caratteristiche sociali inferibili a partire dal modo in cui una persona parla,
sia nei casi in cui vengano comunieate intenzionalmente (tramite
l'uso di parole forbite, di un lessieo sofistieato, di una costruzione delIa frase complessa, 0 anche di una particolare cadenza che
denuncia una posa assunta dal parlante in una determinata situazione) sia nei casi in cui traspaiano involontariamente (l'inflessione dialettale, sempre che non sia accuratamente nascosta 0 non
v~nga ostentata, l'artieolazione e la complessita del periodo, la
"fatica" 0 la "naturalezza" con cui ci si esprime ecc.) .20 Tutte Ie
volle ehe L1napersona e costretta a esprimersi usando una lingua
divcrsa tlalla pt'Opri:l lingua madre, i segni e gli indizi linguistici
e
.'Il. SII qlll'Sli "SIIt'lli
III I.'; I.II! 11 IV, I 'J
Ill.
Vl'di
Ikl'11Skill. I'f/l;
I\I'ITIIIO,
I <)()'5; (;lllnpcrz,
Hymes,
che dovrebbero annunciarne 0 rivelarne la collocazione socioculturale divengono di difficile lettura e interpretazione.
La difficolta di decodificare i segni che dovrebbero rivelare 1a
collocazione socioculturale (pili culturale che sociale, in questo
caso) di una persona rende piuttosto arduo e rischioso assegnare
uno status al proprio interlocutore, basandosi sui soli elementi
delIa facciata personale (abbigliamento, cma dell' aspetto, "maniere", modo di parlare ecc.):
Non so se enfatizzo, ma questa aspetto e messo notevolmente in crisi
can gli stranieri perche, appunto, per gli italiani ci sana moltissimi particolari che tu noti subito, appena una persona ti si presenta davanti, e che
ti permettono di capire che lavoro fa. Se entra una persona tutta sporca,
capisci che fa un lavoro manuale. Oppure ti basi sull'igiene, sulla pulizia,
sulla capacitii di fare un discorso a suI fatto di non riuscire nemmeno a
portare a termine una frase. Capisci molte case, anche circa illivello di
istruzione, can una certa facilitiL Can gli stranieri, invece, il discorso e malta monco. Non so, forse questa sorta di pregiudizio viene un po' meno
perche, per esempio, la loro moda non la capisci, a meno che ti venga una
persona all'europea a una donna vestita can costumi tradizionali. (Operatore, intervista OP-07)
Se e ragionevole consider are Ie modalita dellinguaggio parlato una minier a inesauribile e immediatamente sfruttabile di informazioni sugli attributi sociali, cia che appare tipico delle situazioni di interazione che ho osservato e, al contrario, l'indisponibilitii 0 l' ambiguita costitutiva di tali fonti:
E poi c'e la difficoltii di capirsi, perche, anche se c'e l'interprete, tu vcdi l'interprete e 10 straniero che colloquiano e solo successivament'e l'interprete dice una frase, perche nel frattempo gli ha chiesto giii spiegazionc
di che casa intendeva, ma anche in questa casa diventa difficilissimo capire, andare al di Iii delle parole, perche al di Iii del fatto che uno dice una
frase, malta spes so sana proprio Ie parole che usi ad avere un significato.
0, quantomeno, si capisce se uno sta balbettando, se non c sicul'O di quel·
10 che sta dicendo, mentre se l'altra persona parla in una lingua stl'aniera
non sempre e comprensibiIe, Si, Ie emozioni Ie vcdi un po', pel'() al1c!le
queste malta meno. (Operatore, intervista OP-27)
Paradossalmentc, proprio I'opadtll com plcssivH dcllv diwt'Sl'
fonti -modo di pmIHt'c, Hllcggial11l'llloCOlllllllicHlivo,I'HCl'iHIll
pct'
sonnlv-· Pill'" ill nlOlti cHsi, POl'I:lI'l'lld lll1l'ihtlit'c tllill vllll'lll'.llilllet'
pretativa autonoma e preponderante ad alcune di esse, che vengono cosl ad assumere una rilevanza distintiva cruciale. Se, di norma,
cia che conta nella formazione di un giudizio sulle persone un
certo grado di coerenza nella configurazione complessiva degli "indizi rivelatori",21 nel caso studiato l'incertezza che circonda Ie fonti
di informazione indebolisce l'importanza di una presentazione
coerente del se nella valutazione delIa persona che si ha di £ronte.
In alcune interviste, per esempio, vengono raccontati episodi imbarazzanti nei quali una prima caratterizzazione dell'interlocutore
_ fatta sulla base del vestiario, delIa cura personale, delle competenze linguistiche ed espressive - secondo 10 stereotipo dell'" immigrato di provenienza socioculturale bassa" viene messa in discussione a seguito delIa scoperta - grazie, per esempio, ai documenti di
identitii - che la persona e laureata, ha lavorato per dieci anni come
ingegnere responsabile di cantiere 0 ha servito come ufficiale di
marina. La probabilita di essere giudicati "persone con un certo livello di istruzione" , inoltre, dipende in larga misura dall' abilita mostrata nel parlare una lingua - in questo caso, la lingua italiana - e,
viceversa, Ie competenze linguistiche vengono ritenute un indicatore dellivello culturale generale senza che tra Ie due cose si possa
stabilire un legame necessario. Nonostante l'incertezza costitutiva
delle informazioni che traspaiono dalle persone, spesso proprio i
canali potenzialmente pili "disturbati" continuano a essere utilizzati come fonte di informazioni attendibili.
L'importanza, nella creazione di stereotipi etnorazziali, delI'asimmetria nella distribuzione delle competenze con cui si utilizza una lingua nelle conversazioni quotidiane e stata ben evidcnziata da K. Chick (1990a, 1990b) nel corso di una ricerca sulI'interazione sociale in una scuola sudafricana frequentata da
hambini sudafricani bianchi e da bambini zulu. Oggetto dell' indagine sono in questo caso Ie interazioni verbali - registrate e,
sllcccssivamente, fatte commentare all'interno di interviste - tra
I'inscgnante (bianca) e i bambini. L'ipotesi di Chick si ricollega
:dl'importanza degli "indizi di contestualizzazione"
per uno
svolgimcnto scorrevole, fluido, ordinato ed efficace dell'intera-
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zione comunicativa.
132), infatti,
Come ricorda Gumperz
(1982a, pp. 131-
la canalizzazione delle interpretazioni e effettuata grazie a implicature conversazionali basate, a loro volta, sull' aspettativa ill co-occorrenza convenzionalizzata tra contenuto e stile comunicativo superficiale. Cia significa che la costellazione ill caratteristiche ill superficie delIa forma del messaggio rappresenta il mezzo tramite il
quale il parlante segnala e l' ascoltatore interpreta il tipo di attivita in
cors~: come il contenuto semantico debba essere interpretato, come Clascuna frase si leghi a quelle precedenti e a quelle che seguiranno. Tali mezzi sono usati abitualmente in modo automatico supera~o r~ramente la s~glia delIa consapevolezza e non diven~ono
quasi mmoggetto del dlscorso. Tuttavia, quando un ascoltatore non
reagisce a un indizio 0 non e consapevole delIa sua funzione, Ie interpretazioni possono divergere e possono verificarsi malintesi.
I malintesi, prosegue Gumperz, sono letti e spiegati a partire
dagli atteggiamenti tenuti dai partecipanti. Secondo Chick, l'abilita degli attori nell' effettuare cambiamenti di turno fluidi e nello
sviluppare un argomento 0 un tern a attraverso contributi successivi collegati "dipende in modo cruciale dalle assunzioni e dalle
aspettative condivise su come gli indicatori prosodici - mutamenti di intonazione, accentazione e scelte paralinguistiche (volume e
velocid di eloquio) - interagiscano con Ie scelte lessicali e sintattiche liel segnalare, per esempio, punti di transizione dei parlanti
e relazioni tra Ie diverse parti di un'interazione" (1990a, p. 233).
Le difficold comunicative nascono dal fatto che il tempo di esposizione reciproca necessario perche si compia un processo di sintonizzazione nella gestione degli elementi che incorniciano continuamente l'interazione non stato sufficiente nel caso dei bambini zulu. Dato che Ie ragioni delIa mancata comprensione e coordinazione non vengono spesso colte consapevol~ente, gli attori,
che percepiscono soltanto la fatica nell' esprimersi, tendono a vedere "Ie altre persone come non cooperative, aggressive, insensibili, stupide, incompetenti 0 caratterizzate da qualche tratto personale non desiderabile" (ibidem, p. 242). Proprio l'insufficicntc
confidenza reciproca provocherebbe quincli lIna condi%ionc di di·
sagio e continue incomprensioni alia radicc di lI11astel'cot ipizzazione negativa - su hase et niL-a- dl'II'intcrioclItol'c. I,a vill'iahilit:'1
ncllc cal'attcristkhc !ll'Osodid1l' !lI'OllllllCiildiil!l'ltil!l', i11lol1ilzio
e
ne, accentazione e velocid di eloquio - e l'uso di segnali e convenzioni di contestualizzazione rappresentano, unitamente alIa
convergenza del patrimonio di conoscenza di sfondo e delle aspettative di co-occorrenza degli elementi che definiscono un contesto, un insieme di dispositivi cruciali per la trasmissione di significati e per la gestione dell'interazione.
K. Chick considera anche Ie strategie di gestione delle conseguenze offensive e screditanti nelle comunicazioni faccia a faccia
(Brown, Levinson, 1978), rilevando come Ie modalita di presentazione del se dei due gruppi di bambini nei confronti dell'insegnante bianca differiscano drasticamente e solo nel caso dei bambini zulu si impernino su un uso prevalente di manifestazioni di
deferenza. A questo proposito non bisogna dimenticare che, come ricorda sempre Gumperz, se, inastratto, la responsabilid per
Ie difficolta di comunicazione dovrebbe essere assegnata in parti
uguali a tutti gli interlocutori coinvolti nell' evento comunicativo,
l'asimmetria (in termini di status, ruoli, potere ecc.) che si viene a
creare in ogni contesto fa S1 che l' elemento deb ole di turno (10
straniero, il migrante, l'utente, il nero, il colonizzato) venga considerato come il principale, se non l'unico, responsabile (Gumperz,
1982a).22
Anche per quanto concerne la ricerca da me effettuata, va segnalata l'importanza di tipizzazioni che insistono su una presunta provenienza "etnonazionale" - arabo, magrebino, africano, di
colore, slavo, sudamericano ecc. - e che, sempre riflettendo il funzionamento del metodo documentario di interpretazione, operano come selffulfillingprophecies, informando la percezione delIa
situazione sociale in corso in modo tale che essa non potra che rispecchiare Ie anticipazioni contenute riel modello di riferimento.
Si tratta di forme di etichettamento estremamente diffuse , che ,
per quanto sovente accompagnate dal timore - manifestato da
ilssistenti sociali e operatori - di apparire come persone "poco
22, (;]i indizi di contestualizzazione,
oltre a rendere estremamente faticosi i rap1'01'Ii "il1teretnici", cosliluiscono spesso la strumentazione
simbolica per la messa
ill S(TI1;).Ii un'idenlilll "ell1i(';)" in una situazione di conflitto (ogniqualvolta gli individui si s('I1I;)1101IleSsiill ~',io('o 1101lsoltanl0 come singoli, ma come membri e rap1'1'('s('111
11111
i .Ii UI1!'llrll(oIIlI'C "gnl!,l'o ('1111m") (·Ia Fonte che alimenta la produzioIll' .Ii sl('I'I'oliI'I I ll'g,lIivi .II (IIi ('l'i'l'llllI
"1111111':1
.Ii das('1I11 gruppo (Giles, 1977; Gil,'s, ,lohl1sol1, I')HI),
aperte" e "piene di pregiudizi", rivestono un ruolo dedsivo nella strutturazione cognitiva delIa situazione:
E brutto fare discorsi per grandi gruppi, pera certe cose sono abbastanza vere; nel senso che, per esempio, Ie persone provenienti dal Marocco che
si presentano bene sono poche. IT modo in cui ci si presenta implica anche
una strategia nella ricerca dellavoro; comunque, che uno si presenti pulito
non dipende dal fatto che dorma sotto i ponti 0 a casa. Ho visto delle persone che dormivano in strada - egiziani, quei pochissimi che mi sono capitati - che, comunque, si presentavano al colloquio puliti, avevano una strategia del presentarsi, cercavano di presentarsi bene. Una visione molto europea, voglio dire. Anche gli indiani cercano di presentarsi bene quando
vanno a chiedere qualcosa. Mentre chi viene dal Marocco, in genere, questo problema non se 10 pone; e non e che gliene puoi fare una colpa. (Operatore, intervista OP-02)
Prevalentemente sono marocchini, poi ci sono i peruviani, che sono molto pili calorosi nella comunicazione e nell' approccio. Pili vicini a noi, un po'
pili meridionali. Poi c'e il marocchino che e molto umile, molto ossequioso. Ci sono alcuni che ti baciano la mano; che hanno queste modalita riverenti, quando gli vai a genio; poi, magari, in altre circostanze 10 sono meno.
Tutti pera hanno molta soggezione, cosa che non ritrovi anche nella persona umile italiana. Con l'italiano e pili un discorso tra pari, mentre loro non
sono pari, si sentono molto sotto. (Operatore, intervista OP-OS)
Gli arabi -l'algerino e il tunisino, diciamo cost - sono, non dico scettici, ma molto incattiviti, perche dicono che nei loro confronti c'e molt a discriminazione, che vengono aiutati poco rispetto a quelli di colore. La difficolta nasce perche ti pongono una domanda e tu, come per tutte Ie altre
persone, non hai una risposta, ma loro ti accusano di essere razzista. [' .. J
Giocano molto suI caricarti di tutti i loro problemi. I peruviani, invece, si
appiccicano alle tue spalle, si lasciano trasportare. [... J Anche se non puoi
fare molto, entrano in un rapporto di dipendenza diverso, non so come
spiegarmi. Quasi un continuo rifarsi ate. Incominciano con una cos~, poi
ne nasce un' altra, poi ce n' e un' altra, poi un' altra, poi si scopre che [... J.
Sono pili divertenti, e un po' una telenovela. L ..J Quelli di colore sono molto educati. Sono pili calmi, avviene tutto molto pili pacificamente; loro
espongono la situazione, tu gli dici che non c'e niente da fare e loro: "Va
be', grazie". Non so come dire, sembrano remissivi, insomma; e difficile che
se ne vadano imprecando, a meno che non succeda qualcosa di particolare.
(Operatore, intervista OP-16)
Stereotipi simili si ritrovano anche nelle rappresentazioni
gli utenti:
de-
ci sono pieni di meridionali. Ti dico la mia opinione, naturalmente. Purtroppo, quello che ho visto io e che ci sono questi meridionali. Qua li chiamana terrani. L ..J Allora il novanta per cento di questi, gli uomini dico,
quando entrano in ufficio pensano soltanto alIa loro eravatta e alIa loro camicia 0 alle loro belle scarpe. Allora entri tu, non sei una bella ragazza, non
sei una donna e loro cercano di mandarti via subito. [... J Se trovi uno di
Milano, invece, quello cerca sempre di darti una spiegazione, un orientamento. Se non riesce a trovare una soluzione da solo, allora si da da fare
per cercare altre persone che 10 aiutino; comunque, cere a, fa uno sforzo, e
questa e una cosa che ti fa torn are un po' di fiducia, che ti fa respirare un
po'. Questo, pera, solo quando e uno del nord. Anche quando sono stato
a Treviso, nel Veneto, si comportavano cost L ..J. Se tu cerchi un'informazione, allora fanno di tutto per fartela avere. Se la cerchi devi averla. Invece quando trovi il meridionale: "No, no, per carita!". Lui, non so, lui si
sente il capo, qualcosa di superiore a tutti e a tutto. Allora quando io entro
- adesso in realta non ci vado pili in ufficio: non ci vado perche so gia come vanno Ie cose - allora 10 guardo, vedo che e un meridionale e mi dico:
"Va bene. Sta gia perdendo la pazienza. Per questa volta vado via e speriamo che ci sia un' altra possibilita. Ma con questo non ci sto proprio". Dal
viso 10 so gia come e fatto. (Utente, intervista U-15)
La tipizzazione pili diffusa tra gli operatori, comunque, rinvia
alIa condizione generica e denigratoria di "immigrato", che riguarda, allo stesso titolo, tutti gli utenti che non siano italiani.
L'importanza di questa etichetta non deve stupire. La rappresentazione del migrante come entita indifferenziata e indistinta, portatore di bisogni a cui dare risposte genericamente universalistiche, ha caratterizzato il dibattito pubblico sull'immigrazione in
Italia per tutti gli anni Ottanta e Novanta. L'uso acritico di questa
categoria ha finora impedito di far emergere Ie sedimentazioni di
senso e i presupposti cognitivi e valoriali sottesi ai discorsi sull'immigrazione. La definizione di immigrato
infatti, uno dei primi atti di imposizione simbolica di una condizione che non corrisponde a quella percepita dai soggetti COS1 definiti: un' etichetta
claborata dalla societa ospitante per classificare gruppi che si auloddlniscono in altri modi e che, quantomeno, prima di sentirsi
im-Illigrati in qualche luogo (che accomunerebbe tutti indistintamellte) si sentollo c-migrati da tanti luoghi diversi, con cui manlellgollo kgarni altreltanlo forti di quelli stretti con la sodeta di
:lccog!il'IlZ:l. 1111 l'lISO,dUIll\ue, di palese divergenza tra eterodesl'I'il',iollil' nlllodl'sl'I'iziolli, sui l\u:lk raralllciltc si riflctte (Sayad,
11)1)1»)'
1\ qill'sio IJisogll:1nggillllg\'l'l' dll' 1:1colldiziolll' di illlllli-
e,
grato era e, in larga misura, rimane generalmente associata a una
posizione socioeconomic a bassa, quando non marginale, a condizioni di vita precarie, a problemi di integrazione e a difficolra di
or dine culturale, alia provenienza da paesi poveri, sottosviluppati
o devastati dalla guerra e, aspetto ancora pili deteriore, a problemi che riguardano la sicurezza e la criminalita (Dal Lago, 1999;
Quassoli, 1999).
Ma torniamo a quanto accade nel nostra ufficio per capire la
cruciale funzione interpretativa svolta dalI'etichetta di immigrato. Cosl come la circolarita che abbiamo visto caratterizzare la relazione tra linguaggio, livelio culturale e posizione sociale, la condizione di vita attuale inferita rispetto alIo status generico di "immigrato" 0 di "extracomunitario" rappresenterebbe di per se una
testimonianza delie condizioni di vita precedenti l' arrivo in Italia. Si innesca, cosl, un processo di rispecchiamento in cui l'interpretazione/valutazione
delIa condizione presente influenza il
giudizio retrospettivo sul passato, e il passato non puo che confermare la situazione presente, secondo il tipico modo di procedere del "metodo documentario di interpretazione" (Garfinkel,
1967, pp. 76-103). Ma vediamone un esempio emblematico raccolto nel corso delia ricerca:
Quando hai a che fare con gli stranieri, loro per te sono tutti extracomunitari; quindi, sottovaluti al novanta per cento che loro abbiano una
capacitii. Anche se uno non vuole, e istintivo, per il fatto che ti vengono
a chiedere il posto letto piuttosto che altro. A volte non vedi neanche come sono vestiti. [. .. ] Illinguaggio, figuriamoci se riesco a capire che dialetto sial Per cui ti concentri sui viso, non so come dire, ti concentri sulla persona che hai davanti, sui fatto che sia straniero. Allora fai l'equazione: "E straniero, e in Italia, cere a lavoro, quindi e a un livello basso".
Quei quattro elementi che hai Ii leghi; tutto qua, insomma. Poi, a seconda delle domande che ti fanno, ti capita di chiedere informazioni e pili di
una volta mi e capitato di scoprire che era gente laureata, con mio grande stupore. Lo dico vergognandomi un po'. E stato dopo un mese che mi
sono res a conto che queste sono persone, voglio dire, hanno una loro individualitii, non sono qui solamente a chiederti un posto letto e se 10 fanno gli pesa. A questo proposito ho un esempio di una persona che mi stava tantissimo a euore perche all'inizio, come dire, non Ie avrci dato due
lire; nel senso che, veramente, e venuto a chiedere un posto Iclto, e poi il
lavoro, vestito male, dal Marocco, il classico marocchino, insollllll:l. Poi,
invece, parlando e venuto fuod che si era Iaureato in cconomia sodalv in
Francia, chc avcva falloun:l scuola di in ft'l"mi('l'c,!lon so qll:lnl(' COSl':lVl'
va fatto! 10 ci sono restata malissimo, mi ricordo che mi sono veramente
sentita male, perche era giii la seconda volta che 10 vedevo. La prima l'ho
trattato malissimo, la seconda ho pensato: "Insomma, ma sei ancora qui,
che cosa vuoi?". E lui salta fuori con tutte queste cose: "Mamma mia, ho
detto, chegrosso errore stai facendo!". Poi ho scoperto che questa persona era molto valida. E venuto fuori anche tutto il suo travaglio, a livel10 di orgoglio: "Ma insomma, dove sono, co sa faccio, darmo sotto un
ponte, io che ho studiato, io ridotto ad andare al dormitorio pubblico".
Tutta la condizione umana e venuta fuori. Al che mi sono dovuta dire:
"No, quivaluti Ie cose in maniera sbagliata". [. .. ]. E mi sono accorta in
quel momento di avere cambiato atteggiamento. Mi sono detta: "Ma ti
rendi conto! Vuol dire che quando tu non 10 sai, li tratti in maniera differente!". [. .. ] Poi ho rivisto il mio modo di approccio e ho detto: "Parti dal presupposto che tu di questo non sai niente; che e vuoto, e una bottiglia e la riempi mano a mano che ti parla; non e che arriva giii qui con
j'etichetta di vino scaduto". Allora dall'inizio tu cerchi di capire che cosa e e che cosa non e, di non dare per scontate certe cose, perche poi dare per scontato che questo e un poverello, che e ignorante, vuol dire, di
conseguenza, trattarlo 0 trattarla da ignorante 0 da poverella. Mentre se
III sai che questa e una persona istruita, guarda caso, cambi modo. [ ... ]
II fatto di giudicarla a priori toglie alla persona tante possibilitii, per cui,
in teoria, bisognerebbe tutte Ie volte chiedere. Ma loro capiscono molto
spesso che tu fai Ie domande per capire dall'inizio: "Allora, questo qui
t' ... ". E infatti loro poi ti rispondono: "Perche, se non ero laureato? Se
non avevo un diploma?". Perche loro, non so come dire, hanno il pregiudizio, pensano che il tuo modo di risolvere illoro problema dipenda
da come sono. Quindi loro, tutto sommato, vogliono farti sapere il menD
possibile perche vogliono essere sicuri, certe volte, che tu li tratti in modo imparziale. (Operatore, intervista OP-Ol)
Gli "extracomunitari" sono perfettamente consapevoli di questa dinamica - peraltro, nemmeno trappo dissimulata - e posti di
fronte a un'immagine di se stigmatizzante e denigratoria rivendicano il diritto di essere trattati come individui, prima che come
"('xtracomunitari",
"immigrati", "poverini", "bisognosi", "furhi", "marocchini" 0 "sudamericani":
I):lllono di voce capisci immediatamente se quello pensa: "Ecco un altro
In:lrocc!lino che viene a chiedere aiuto e a mendicare casa, lavoro e soldi!",
(11'IJl Il'e:"I ':adesso che cosa gli dico a questo qua?". (Utente, intervista U-16)
NOll Illi pi:lce quando cntro in un ufficio e vengo guardato come quello
\ 11\': "I )\lVl'l'ino,c!Jiss;,quanti problemi ha" e "Mi spiace, ma non possiamo
IIII'I'
11111
nivllll' pl'l' Iv"; OppUl'c:"Eccone un altro che viene qui ancora una volI'Ill'l'onl:ll'cigli sll'ssi prohkmi di tulti gli altri". (Utente, intervista U-20)
Non solo. Come l'operatore citato poco sopra che, sorpreso di
trovarsi di fronte un plurilaureato che chiede un "posto letto",
ripensa ai criteri, niente affatto universalistici e congrui con la
versione ideale del rapporto di servizio, di valutazione che adotta comunemente, anche gli utenti manifestano, accanto a giudizi
altrettanto forti e tranchant sugli operatori e sui servizi, una notevole capacita di empatia con i loro interlocutori:
E poi anche la possibilita di avere un colloquio personale. Ecco, io vedo che quando una persona viene per chiedere una cosa si parla solo del
problema che ha posto. L'operatore non fa un colloquio per cercare di indagare anche sulla persona, su come e fatta, di dare un punteggio, non una
valutazione, ma solo un modo per capire che se ci sono cento persone non
sono tutte quante uguali e che tra queste cento persone ce ne sono, magari, cinquanta brave e cinquanta cattive. Che cosa si puo fare per capire se
sono brave 0 no? Non c'e un questionario che permetta di valutare 0 di verificare; l' operatore non sa niente delIa persona. Sa solo quello che la persona racconta e basta. Certamente, l'operatore si trova in imbarazzo; diventa un lavoro di routine perche tutti i giorni vengono gli stranieri a chiedere e chiedere diventa una cosa di routine e Ie persone si stancano. La seconda cosa e che l' operatore sa che non puo fare niente, e se non puo fare
una cosa si sente ancora pili in imbarazzo, perche io vedo che alcuni operatori vorrebbero fare qualcosa, ma, dato che non possono fare niente, per
loro diventa una sofferenza interna, un imbarazzo. Dicono: "Ma io come
faccio a spiegare a questa poveraccio che non posso fare niente?". (Utente, intervista U -14)
RISPETTO
RITUALI E TRAPPOLE DELL'INTERAZIONE
"Hallo! America?"
Risposi con un dignitoso silenzio.
"Capire italiano?"
Feci "si" con la testa, ma non riuscii a scoraggiarlo.
"Africa?"
Feci di nuovo "si" pazientemente con latesta e lui,
prendendo la mia apparente rassegnazi.one .c?~e
un tacito consenso, prosegui con la sua rnqUlslzlOne:
"Tu da che paese Africa venire?"
Sentii la mia voce rispondere:
"Togo."
[. ..]
"Ah, Togo! Nel tuo dialetto forse dire 'Togo', ma
noi in italiano dire 'Congo'. Tu capire? Congo! !"
1
L'aspetto paradossale delIa lettura proposta dall'intervistato
riguarda la forte convergenza interpretativa su quanto accade nel
corso dei colloqui rispetto al racconto dell' operatore. Una convergenza, tuttavia, che nei casi in cui si crea rischia di non essere
avvertita, celata com' da una comunicazione interpersonale irta
di asperita, ambiguita e fraintendimenti. Operatore italiano e
utente straniero sembrano, almeno in potenza, due attori sociali
perfettamente simpatetici, in grado di mettersi l'uno nei panni
dell' altro, e ciononostante destinati a non capirsi.
e
KOSSI KOMLA-EBRI
C()GNITIVO VS ESPRESSIVO
Finora, ho esaminato i problemi che emergono nella comunicazione tra persone provenienti da sistemi linguistico-culturali
diffcrenti concentrandomi,
soprattutto, sulle incomprensioni,
intcse in un'accezione eminentemente cognitiva. In primo luo"0 mi sono soffermato
sulla necessita, per Ie parti in gioco, di
::o:nprendersi reciprocamente - 0, per meglio dire, di costruire
fl/t'apparenza di mutua comprensione riguardo a cia di cui si pa~I" ncl corso degli illl'Ontri -, altre che sulle difficolta che scatun-