5 LEZIONI Attraversai la città in cammello. Nel sole di una giornata
Transcript
5 LEZIONI Attraversai la città in cammello. Nel sole di una giornata
5 LEZIONI Attraversai la città in cammello. Nel sole di una giornata di fine luglio, spinto dal desiderio di mescolarmi al disordine di una città impazzita, salii su un cammello e ne attraversai strade, mercati e piazze. Ne spiai gli edifici altissimi e le balconate rotte, respirai l’odore soffocante dei gas di scarico appena mescolato a quello dell’oceano, mi lasciai andare ad un viaggio lento…ad un andare ondulante, quasi a passo d’uomo. Il cammello è un animale dotato di stupefacente resistenza alla fatica e al calore e forse è per questo che all’ Habana chiamano cosi questi “mostri” lunghi quasi 35 metri ed in grado di trasportare più di 300 persone. L’inventiva cubana non può permettersi di definirli semplicemente “autobus”. Gli autobus erano quelli che c’erano una volta ed erano russi, polacchi e ungheresi. Poi la storia e la crisi economica hanno vinto, i pezzi di ricambio hanno cominciato a scarseggiare e ad uno ad uno si sono fermati. Ma la città no, non poteva fermarsi anche lei. Ed ecco che la gente ha cominciato a dipendere, per le comuni attività quotidiane da questi nuovi mezzi di trasporto dai colori variopinti: una motrice di camion attaccata ad un enorme traino dalla forna irregolare, gobbuta. Cammelli, appunto. Di fronte al Campidoglio dell’ Avana, una discreta folla di gente attendeva alla fermata. Sentivo gli sguardi addosso, forse per la mia mancanza di colore tropicale. “Arrivaaaa!” fu il grido di guerra lanciato da un’anziana e prosperosa signora con collo e polsi adornati da vistosa bigiotteria e, lentamente, davanti ai miei occhi il “mostro” prese forma, ruggendo. La moltitudine alle mie spalle mi spingeva direttamente verso la sua bocca spalancata. “Come salire?” mi chiesi, solo allora. LEZIONE n° 1: per salire a bordo di un cammello non si pensa al come. Solo devi rilassarti e lasciare che la folla che ti circonda ti conduca dolcemente esattamente dove tu vuoi andare. Cosi feci, mi lasciai andare…e via via che l’autocontrollo si scioglieva ecco insinuarsi la paura, ma…LEZIONE n°2: una volta che la moltitudine ti ha catturato, che sei nel suo cuore, non è più possibile uscirne. Se ti ostini puoi riuscire di romperne l’ordine, lo schema, ma chi, dopo un’ora di attesa nell’afa tropicale, vede scappare il cammello perchè TU, nella titubanza, hai disorganizzato la disorganizzazione non te lo perdonerà mai e sarà peggio per te. Alla fine lasciai cadere ogni forma di resistenza e mi mescolai agli odori, al fiato, ai corpi sudati, al contatto indiscreto (LEZIONE n° 3: non infastidisti per questo, non troverai ne’ malizia ne’ colpevoli. Potresti perdere tempo prezioso.). Quindi, grazie alla solidarietà ed al lavoro di squadra, non ricordo bene come, mi ritrovai su, dentro al mostro. E a questo punto mi sorpresi della LEZIONE n° 4: non hai bisogno di preoccuparti di trovare posto, perché non c’è e anche il contorsionismo più improbabile o l’appoggio su un solo piede conseguono l’equilibrio perfetto. Nel “mostro” è impossibile cadere grazie all’ottimizzazione dello spazio vitale, 50 cm2 a testa. Ma ricorda, devi essere solidale…se la persona che appoggia il suo gomito tra le tue coste è un “Carnera” di un qualche sobborgo dell’Avana, gli devi cedere almeno un paio di centimetri, perché se non lo farai se li prenderà da sé. E poi il viaggio! Mamma mia, il viaggio! Ad ogni fermata una sosta di un quanrto d’ora, ad ogni fermata quello stesso spazio che fin dal principio mi sembrava insufficiente arrivava a contenere una folla via via più numerosa, e con essa si moltiplicavano le vicissitudini, il desiderio di distendere le contratture del mio corpo, la fame d’aria. Rinunciai. Volli scendere, ma nel cammello, come nella vita, non si può scendere attraversando la stessa porta da cui sei entrato, devi camminare almeno un pochino, almeno quegli interminabili 5 o 6 metri, cercando di non essere invadente, di rispettare i preziosi 50 cm che appartengono ai tuoi compagni di viaggio. ULTIMA LEZIONE, la n°5: per arrivare alla meta si chiede scusa per educazione e si spinge per necessità. Chissà se imparai altre lezioni che ora non ricordo. Guardai fuori. Le case, i balconi, l’odore del mare….