Cammellata nel deserto(*)

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Cammellata nel deserto(*)
Cammellata nel deserto(*)
Sabato 27 Settembre 2003 01:00
Con due ragazze inglesi arrivo sul posto ad una decina di minuti dall'albergo, scoprendo un
deserto polveroso e ghiaioso, che non ha niente a che fare con quello bianco e dalla sabbia
sottile già visto ad Assuan, nell'Alto Egitto.
La guida ci fa scendere davanti ad un accampamento di beduini, architettato e ideato dalle
compagnie di viaggi, per riempire gli occhi al turista, con le sue baracche artefatte che sa molto
di posticcio. Infatti, ci fanno entrare in un recinto con delle tende aperte, con cuscini e sedili
bassi sparsi a terra e un narghilè per fumare, circondati da tappeti: in bella vista, soprattutto per
meravigliare, ricevuti da quattro beduini col barracano bianco, tra i quali un gay, che ci offre il
the. Ci assegnano tre cammelli che si muovono lentamente con noi in groppa, mentre le briglie
delle bestie sono tenute in mano da due arabi, uno giovane e un altro anziano, che procedono a
piedi. La durata programmata del giro è di un'ora, attraversando una pista dura come il cemento
e con qualche buca, passando per gole e sentieri di un certo fascino, con davanti un desolante
spazio. Dopo qualche minuto entriamo nella bella vallata del parco montagnoso di Sharm-El
Sheikh, situata nella punta meridionale della penisola del Sinai, che com'è noto fu in mano
israeliana fino al 1980.Dopo una ventina di minuti in groppa al cammello, facciamo un giro tra le
valli, senza alcuna possibilità di variare rotta: mi sembra d'essere io quello tenuto al guinzaglio
dal giovane arabo, come fossi suo figlio, o anche di essere alla prima lezione d'equitazione in
un maneggio.Guardo le cime delle montagne frastagliate e quelle più geometriche che
cominciano a darmi noia e fastidio, anche perché, nel frattempo, il mio interesse è di mettere in
salvo il sedere, molto provato dalla dura sella di legno del cammello. Quindi, per evitarmi
un'uretrite a causa dello sballottamento, dopo qualche buca o duna che sia, chiedo al ragazzo
di scendere e di proseguire a piedi, sperando che l'ora prevista per il fantastico giro finisca in
fretta. Il giovane, appena ridiscendo dalla scomoda posizione, mi chiede se, per liberarmi dal
peso della borsa che custodisce la pesante macchina fotografica, può collocare la stessa su
uno degli appigli della sella del cammello e, contemporaneamente, mi affida la corda della
bestia, con una sorta di benevola fiducia, come fosse un direttore d'orchestra che durante una
pausa per andare in bagno, porge la bacchetta al primo violino. Rifiuto però la sua cortese
proposta non fidandomi di lui perché, se il cammello è un istruito furfante e scappa tra le
montagne con la mia borsa, come posso inseguirlo e recuperare la mia amata Minolta?
Finalmente facciamo una sosta e, mentre in quattro scaliamo una collinetta per ammirare lo
spazio infinito di un cartolinesco tramonto, l'arabo anziano rimane sotto in compagnia dei tre
cammelli. Scattiamo le foto con le nostre macchine e colgo un siparietto di tenerezza tra le due
ragazze inglesi, quasi convincendomi che sono lesbiche. Riprendiamo il cammino con Susy,
che approfitta della sosta per proseguire anche lei come me a piedi, ma con lo sguardo spesso
rivolto verso l'alto, ad incrociare quello della sua amica.Intanto, il cammelliere giovane lascia
scivolare sulla corda la mano e tocca inequivocabilmente la mia stringendola, con l'aggiunta di
un languido sospiro. Faccio finta di niente e gli faccio capire con garbo che preferisco tenere da
solo la corda e dirigere il cammello. Ad un certo punto però, udendo un gran frastuono di
motori, mi giro e vedo alle spalle una lunga fila di moto a quattro ruote, che stanno per
sopraggiungere sulla nostra pista. Non mi resta di meglio da fare, per favorire il passaggio al
folto gruppo dei motociclisti italiani, ed evitare guai a noi, che provocare un repentino strappo
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alla corda, per dirigere il cammello tra le sterpaglie disseminate alla mia destra. Questo
strattone fa però leggermente inciampare l'animale; girandomi, infatti, incontro il suo sguardo
incavolato che infine mi fa decidere a passare la corda al cammelliere più esperto di me.
Passano i ragazzi della "Motorata nel deserto", costata 50 euro, tutti protetti da uno straccio
arabo sulla bocca, mentre noi ci avviciniamo alla conclusione del magnifico tour, con i polmoni
pieni di polvere. La gita finisce alle 20 in pieno buio, mentre dal taxi scruto una teoria di beduini
in cammino, forse stanchi della dura giornata di lavoro, come i nostri metalmeccanici che
escono dalla fabbrica. Immagino tra me e me che, dopo aver lasciato il cammello al parcheggio,
forse in un altro, nascosto tra le dune, li attenda un'utilitaria che li condurrà a casa. Montiamo
sul nostro taxi, percorrendo nel buio la zona desertica che ci porterà verso l'uscita. In
lontananza scorgiamo una zona illuminata a giorno, con fari e luminarie dappertutto, come da
noi a Piedrigrotta, addobbata per la "Cena beduina nel deserto", per soli 50 euro e per i soliti
turisti scemi, che si svolgerà dalle 20 in poi. Allegria!
Antonio Fomez
*) Questo pezzullo è tratto da una trentina di pagine dal titolo "Gli appunti egiziani", scritte
nell'estate del 2003.
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