Recensione "Quasi Amici"

Transcript

Recensione "Quasi Amici"
Quasi amici
Prendiamo due uomini completamente diversi fra loro e
leghiamoli da un rapporto di lavoro: è così che avrà
inizio un'amicizia indissolubile, in grado di oltrepassare
qualsiasi barriera sociale e culturale.
Philippe, costretto a vivere su una sedia a rotelle a
causa di un incidente di parapendio che lo ha reso
tetraplegico, è un uomo francese di mezza età, maturo,
distinto, all'apparenza freddo e distaccato,
tremendamente ricco e tremendamente colto. Ascolta
Vivaldi, va a teatro regolarmente, utilizza un linguaggio
assai ricercato e raffinato, colleziona costosi dipinti
d'arte moderna e contemporanea, e intrattiene una
relazione per corrispondenza con una donna
sconosciuta a cui dedica numerose poesie; ha una
casa lussuosa, una figlia adolescente e problematica,
una moglie ormai da anni defunta e una famiglia
pressoché inesistente.Driss, invece, di origini
senegalesi, è una persona apparentemente immatura e
superficiale, fin troppo espansiva ed esuberante. Il
giovane si trova in cattivi rapporti con la famiglia
adottiva, chiacchiera utilizzando un basso linguaggio di strada, scherza e sorride sempre,
ascolta gli Earth, Wind & Fire, non apprezza l'arte né la cultura in generale, è senza soldi ma
pieno di problemi con la legge tra rapine a mano armata e uso di stupefacenti.Due personalità,
diremmo, all'apparenza del tutto inavvicinabili, che entrano però in collisione in questa toccante
e divertente pellicola di Olivier Nakache ed Eric Toledano, tratta da una storia vera. Essendo
tetraplegico, Philippe ha bisogno di assistenza totale e continua, ma quando arriva per lui il
momento di scegliere un nuovo badante, rimane profondamente infastidito dalle personalità
vuote ed ipocrite che si recano al colloquio. Decide quindi, a dispetto del parere dei propri
familiari ed aiutanti, di assumere per qualche tempo il simpatico ed esuberante Driss,
presentatosi al cospetto di Philippe senza la reale intenzione di trovare un impiego ma con
l'unico scopo di ricevere dallo Stato il sussidio di disoccupazione. E' così che ha inizio un
rapporto di lavoro che sfocerà in un'amicizia profonda. Driss, infatti, non tratta Philippe come un
portatore di handicap, ma come una persona “normale”, che è in grado di parlare, ridere,
pensare, provare emozioni e sentimenti, facendo così tornare in lui la voglia di vivere ormai del
tutto persa con la morte della moglie e l'incidente di parapendio avvenuti anni addietro. Dal canto
suo, attraverso la forte e sincera amicizia con Philippe, Driss apprenderà avidamente nozioni di
storia, filosofia, musica, poesia, imparando così l'immenso valore della cultura e dell'arte, e
sperimentandolo lui stesso attraverso la pittura. Il colto Philippe sarà il primo che darà al giovane
senegalese la grande fiducia in se stesso di cui aveva bisogno; egli infatti lo tratta con
gentilezza, senza pregiudizi, intrattiene con lui lunghe conversazioni permettendogli in tal modo
di acculturarsi, e gli affida un mansione complessa e importante che Driss si impegnerà a
portare correttamente a termine. Tra i due avviene quindi un profondo scambio che li porta a
stimarsi reciprocamente, ad accettarsi e a completarsi l'uno con l'altro.
Non è un caso che “Quasi amici” sia il film francese più visto di sempre: si tratta di una
profondissima e toccante storia di amicizia, accuratamente messa sulla scena da attori e
sceneggiatori di grande calibro. In questa pellicola sono affrontati con umorismo e simpatia
moltissimi temi spesso scomodi nella nostra società: invalidità, immigrazione, disoccupazione,
tossicodipendenza, omosessualità, razzismo e molti altri, che vengono inquadrati nella struttura
classica della commedia e trattati dai registi con grande maestria. “Quasi amici” diviene così una
pellicola esilerante e simpatica, ma sempre in grado di far riflettere. Un grande film sull'amicizia
come valore umano in grado di abbattere qualsiasi barriera sociale, economica e culturale. Una
storia divertente e spassosa che lascia lo spettatore con un sorriso sulle labbra e un retrogusto
amaro in fondo al cuore.
[G.Ragone]