Kalashnikov e fiamme in autostrada Rapinati venti maxi lingotti d`oro

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Kalashnikov e fiamme in autostrada Rapinati venti maxi lingotti d`oro
20 Cronache
Martedì 9 Aprile 2013 Corriere della Sera
Il colpo Sulla Milano-Como in azione un commando di dieci uomini. Nessun ferito
Kalashnikov e fiamme in autostrada
Rapinati venti maxi lingotti d’oro
La dinamica
#
Assalto al portavalori, A9 bloccata con due Tir. Bottino da 10 milioni
La scena
DAL NOSTRO INVIATO
TURATE (Como) — C’erano
240 chili d’oro in viaggio ieri
mattina da Milano alla Svizzera dentro un furgone portavalori. Lo sapevano i diretti interessati ma lo sapevano anche
— nei dettagli — i componenti del commando che a colpi di
mitra hanno assalito il blindato e se ne sono andati con 20
lingotti da 12 chili l’uno più
denaro contante del valore vicino ai 10 milioni di euro. Dissoltosi il fuoco usato dai banditi per bloccare la A9, spentosi
il crepitare dei fucili, sparito il
caos che fino a metà pomeriggio ha assediato la Milano—Como e molte strade circostanti, l’ombra che rimane
da scacciare è la seguente: come hanno fatto i banditi a mettere a segno un blitz così chirurgico e degno di un action movie?
Per capire quanto fuori dell’ordinario sia stata la rapina
scattata ieri mattina alle 7 lungo la carreggiata della A9 diretta verso nord occorre partire
dalla ricostruzione dell’evento. All’alba due furgoni della
ditta portavalori Battistolli partono dalla loro sede di Paderno Dugnano, periferia nord di
Milano: uno di loro trasporta
20 lingotti d’oro da 12 chili
l’uno e della valuta, l’altro è
vuoto e fa da scorta. Loro desti-
Il fumo che si alza da
uno dei due tir dati alle
fiamme dai banditi per
bloccare l’autostrada.
Sull’asfalto la banda ha
sparso anche dei chiodi
(Fotogramma da un
video di You Reporter)
Guarda il video con una chiamata gratuita al
nazione è la sede della Battistolli a Como dove sono attesi
da colleghi di una ditta svizzera che prenderanno in consegna il carico e lo porteranno fino a Lugano. Un percorso definito «navetta» perché viene
+39 029 296 61 54
coperto quasi tutti i giorni e in
particolare il lunedì.
Poco dopo Saronno alcuni
automobilisti vedono davanti
a loro un tir che procede lentamente e dalla cui motrice sale
un denso fumo: restano allibi-
ti perché poco dopo al fumo
vedono aggiungersi il fuoco
finché il mezzo si ferma al centro della carreggiata. Poco più
avanti (e siamo ormai in vista
dello svincolo di Turate) un altro camion sterza bruscamen-
te e si mette di traverso: si
apre il portello posteriore e ne
scendono almeno cinque uomini armati e incappucciati. Il
loro obiettivo sono i due furgoni della Battistolli che altri
componenti del commando,
balzati giù da alcune auto,
sempre armati e a volto coperto hanno già provveduto a
bloccare con più sventagliate
di Kalashnikov: una trentina i
fori lasciati sulla carrozzeria e
sul parabrezza di uno dei due.
Il blindato «civetta» non viene quasi toccato, i banditi assediano invece quello con l’oro:
alcuni di loro tengono sotto tiro le tre guardie giurate dentro la cabina mentre altri, usando un flessibile, tranciano i
cardini del portello posteriore
e portano via tutto il carico.
L’intera azione dura cinque minuti, il commando agisce indisturbato anche perché nel frattempo altri complici hanno paralizzato l’autostrada: chiodi a
tre punte sono stati sparsi lun-
Il camion di traverso Dopo il passaggio dei due blindati, i
banditi mettono di traverso un Tir lungo la corsia e gli danno
fuoco. In questo modo il commando può agire indisturbato
go le rampe dello svincolo di
Turate mentre lungo la carreggiata opposta, diretta a Milano, un terzo camion è stato dato alle fiamme.
Il sangue freddo e la preparazione del colpo è sottolineato anche dalla maniera con cui
i rapinatori si aprono la via di
fuga: risalgono sulle auto (almeno quattro) e ripartono lungo la A9 verso Como; ma poche centinaia di metri dopo accostano, segano il guard rail
ed escono dall’autostrada fino
ai capannoni abbandonati di
un supermercato, appena lì accanto. Sotto quei ruderi vengono trovate dalla polizia le auto
usate dai banditi, di cui non
c’è invece traccia. Il guard rail
era stato nel frattempo rimesso a posto, nel punto in cui è
stato segato è stato trovato un
piccolo segno giallo. L’unica
«firma» lasciata dal commando.
Claudio Del Frate
© RIPRODUZ ONE RISERVATA
L’indagine
L’allarme
La prima chiamata di
un’automobilista che
segnalava al 118 delle
fiamme sulla A9 è arrivata
alle 7.05 di ieri mattina.
Il colpo era già in atto
L’effetto sorpresa
Il raid è avvenuto tra i km 17
e 21 della A9 in direzione
Como. La durata del blitz è
stata di sette-otto minuti
la soffiata
I banditi sapevano che
dei due furgoni assaltati
uno era «civetta», e cioè non
trasportava valori, e sono
andati a colpo sicuro
sul mezzo in cui viaggiava
l’oro e il contante
(sotto, il portellone del blindato
divelto e le macchine usate
nella rapina e poi abbandonate)
Il racconto L’autista del blindato
«Si sono affiancati
sparandoci addosso
Erano pronti a uccidere»
DAL NOSTRO INVIATO
COMO - Le consegne della guardia giurata, in caso di
assalto a un furgone portavalori, impongono di non
scendere dal mezzo. «E io non mi sono mosso. Figurarsi,
pensavo a salvarmi la vita, se avessi fatto un passo quelli
mi avrebbero di sicuro ammazzato»: Giuseppe Trabace,
58 anni, 20 trascorsi a trasportare denaro e preziosi («e
22 mesi alla pensione»), di Milano, è l’autista ieri mattina al volante del blindato con l’oro. Parla nella sala
d’aspetto della questura di Como e per lui il dialogo è
una maniera di esorcizzare lo spavento.
Come vi siete resi conto dell’assalto?
«Nella maniera più brutale. Passata Saronno ho visto
un’auto grigia che mi si è affiancata e un bandito ha aperto il fuoco contro la nostra fiancata. Poco dopo ho sentito che il furgone non rispondeva più ai comandi: lo sterzo era bloccato, il motore è andato spegnendosi. In pratica si è
La pensione
fermato da solo, credo che i proiettili abbiano centrato qualche
«E pensare
parte meccanica».
che alla mia pensione
I banditi erano rico0noscibimancano
li? Hanno detto qualcosa?
«No, avevano tutti il passasoltanto 22 mesi»
montagna, io ne ho visti cinque
o sei. Scesi dalle auto hanno sparato contro il nostro parabrezza,
che per fortuna ha tenuto. Uno di loro gridava ossessivamente "Apri! Apri! Apri!" ma io anche volendo non avrei
potuto: il vano di carico si apre solo con le chiavi ma io
non pensavo certo a scendere. Sono certo che erano
pronti anche ad ammazzarci, se qualcosa fosse andato
loro storto. E soprattutto uno di loro ci teneva l’arma
puntata contro, mentre alle mie spalle sentivo il rumore
del portello che veniva scardinato».
Quali sono per voi le regole da rispettare in frangenti come questo?
«Di non scendere dal mezzo e nemmeno di reagire. Io
e i due colleghi che erano con me in cabina siamo tutti
armati ma in questa circostanza la prima cosa a cui si
pensa è non fare sciocchezze e badare alla propria
incolumità, Credo che qualcuno dall’Alto abbia guardato
giù».
Capita spesso di trasportare oro lungo quel tragitto?
«Abbastanza spesso, ma in ogni caso copriamo quel
percorso quasi tutti i giorni».
C.Del.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Realtà e cinema
Quelle analogie
con «La sfida»
del bandito De Niro
Il tradimento
In «Doppio gioco»
esplosioni e
maschere antigas
Ma il complice
Burt Lancaster
tradisce la banda
di PAOLO MEREGHETTI
C
ome in un film, è stato il
commento generalizzato. E
in effetti la rapina sull’autostrada di ieri sembrava pensata da
un bandito-regista, capace di orchestrare al meglio tutti gli elementi fondamentali di un bel giallo: ambientazione, ritmo, scelta
dei particolari, esecuzione senza
sbavature. Per la perfezione manca solo il lieto fine (delle forze dell’ordine, naturalmente), ma per
quello dobbiamo avere un po’ di
pazienza e sperare che la «sceneggiatura» di cui sopra non sia pro-
Cronache 21
Corriere della Sera Martedì 9 Aprile 2013
ILLUSTRAZIONE DI FRANCO PORTINARI
#
I chiodi Sulla corsia opposta e lungo le entrate L’agguato Il furgone che trasporta soldi e oro è
Il portellone Il commando apre con La refurtiva I banditi scaricano i 240
dell’autostrada i rapinatori spargono dei
costretto a fermarsi. I banditi scendono dalle auto e un flessibile il portellone del blindato. chili d’oro dal blindato e li trasferiscono
chiodi. Poi assaltano i furgoni a colpi di mitra
gli si fanno intorno, i tre sul blindato restano dentro L’operazione dura pochi secondi
sulle loro auto. Ripartono a tutta velocità
La via d’uscita Le auto dei banditi arrivano in un
punto in cui era già stato segato il guardrail. Qui
escono dall’autostrada e fuggono nella campagna
La banda
certa competenza. I colpi sparati verso
il furgone — sembra con un mitragliatore Kalashnikov — sono ravvicinati,
precisi. Segno di una mano ferma. I
tondini di ferro a tre punte disseminati sull’asfalto per bloccare eventuali inseguitori, il guardrail «segato» (certamente nei giorni scorsi) per aprirsi
una via di fuga invisibile, sono i segnali di una pianificazione minuziosa.
«Durata almeno sei mesi: pedinamenti, prove, verifiche di tempi e percorsi». L’assalto somiglia alla rapina avvenuta a Seriate (Bergamo) nel giugno
2008, due milioni di euro di bottino.
Dopo il colpo di ieri, durato non più
di sette o otto minuti, i rapinatori sono
fuggiti su almeno quattro auto (anche
un’Audi A3) recuperate dalla polizia in
un ex supermercato: «Dopo il cambio
macchine la banda s’è divisa: uno alla
guida del mezzo col bottino, altri in
moto o in auto. Ma singolarmente,
due uomini in macchina sarebbero stati notati subito ai posti di blocco — dicono gli inquirenti —. La banda poteva contare su qualcuno con un’ottima
conoscenza del territorio. Magari su altri complici e una casa nei dintorni».
Tradotto: gente del posto. Nella stessa
zona, vent’anni fa, agivano uomini legati al boss calabrese Franco Coco Trovato. Erano esperti in colpi a portavalori. Alcuni sono diventati collaboratori
di giustizia. Come le bande venete, legate al boss del Brenta Felice Maniero.
Rapinatori di furgoni blindati che progettarono addirittura l’omicidio dell’allora capo della Mobile di Venezia, Alessandro Giuliano (oggi a Milano).
A Turate, oltre a camion e furgoni
rubati, a «flessibili» per il taglio del
metallo blindato e a un escavatore, sono servite le armi. Pistole e mitra. Un
Kalashnikov si trova nei giusti ambienti a meno di settecento euro. Per
le comunicazioni niente telefono (le
celle sono tracciabili) solo radiotrasmittenti (costano trenta euro). E dopo la fuga, l’ultima regola: niente colpi di testa. Bisogna avere la pazienza
di dimenticare il bottino per almeno
due o tre mesi. Il giorno dopo si torna
alla vita di sempre.
Guardrail segato
Si preparavano
da almeno sei mesi
DAL NOSTRO INVIATO
TURATE (Como) — C’è un solo
punto debole nel colpo perfetto degli
uomini d’oro di Turate. Non è la probabile presenza di un basista, certamente l’anello più fragile della catena.
Quello che, ripercorrendo l’organizzazione del colpo a ritroso potrebbe mettere la polizia sulle orme dei banditi.
Ma questo, con argomenti convincenti, la banda deve pure averlo messo in
conto. Certe cose non s’improvvisano.
Piuttosto, c’è un vecchio motto tra i rapinatori: quando un colpo si fa in due,
uno è di troppo. Perché così si moltiplica il rischio. E nella banda di Turante erano almeno in dieci. Non basta essere perfetti, bisogna essere impeccabili nel tempo. Una confidenza a un
amico, una «cazzata», e tutto salta. Così è stato per «il colpo del secolo» in
via Osoppo a Milano (1958): 114 milioni di lire. A tradire Ugo Ciappina e
compagni fu il ritrovamento delle tute
blu usate per la rapina e gettate nell’Olona in secca.
L’evoluzione dell’assalto ai portavalori porta verso Est. «I lingotti d’oro sa-
prio così perfetta. Anche perché a
scorrere i più famosi esempi cinematografici, qualche sassolino capace di far deragliare il più oliato
dei meccanismi c’è sempre.
Come per esempio un complice
che tradisce. Succede nel film italiano La banda del gobbo di Umberto Lenzi (1978), con Tomas Milian in un doppio ruolo: quello del
«gobbo» appunto, che organizza
l’assalto a un vagone portavalori
con bombe fumogene, e quella del
fratello-quasi-gemello Monnezza,
che si incaricherà di vendicarsi su
chi durante la rapina aveva sparato al «gobbo» sperando di ucciderlo e spartire il bottino con una persona in meno. Oppure in Tutte le
ore feriscono... l’ultima uccide!,
forse il capolavoro noir di JeanPierre Melville (1966), dove l’evaso Gustave Minda detto Gu (uno
straordinario Lino Ventura) partecipa alla rapina di un furgone portavalori ma resta vittima di uno
stratagemma dell’astuto commissario Blot (Paul Meurisse) e fini-
ranno già arrivati al mercato nero di
Mosca», dicono gli investigatori. Quella russa è — in questo momento — la
piazza più redditizia per i metalli preziosi. Il primo punto nella pianificazione di una rapina simile è aprire un canale con il ricettatore: non si ruba qualcosa che non si sa a chi rivendere.
L’oro in lingotti può fruttare il settanta
o l’ottanta per cento del valore di mercato. Se ci scappa il morto il bottino è
bruciato, il valore scende di 3 o 4 volte.
I soldi, invece, sono pronti all’uso.
L’esperienza dice che i gruppi più
attivi in Lombardia sono stati quelli
pugliesi e albanesi. In Italia ci sono almeno una ventina di bande specializzate negli assalti ai portavalori. Nel caso di Turate l’organizzazione è stata
quasi militare: compiti precisi, armi
da guerra, capacità di creare diversivi
(il camion incendiato). «Parlavano italiano», hanno raccontato le guardie
giurate. Ma è probabile che nel gruppo non ci fossero solo italiani. Magari
«ex militari» degli eserciti balcanici.
Per bloccare tre corsie con un Tir, in
una manovra eseguita tra i sessanta e
gli ottanta chilometri orari, serve una
I colpi di mitra
Sopra, uno dei
due tir utilizzati
per bloccare
l’autostrada,
a destra i rilievi
sul parabrezza
del blindato
crivellato di colpi.
I banditi hanno
abbandonato
le auto utilizzate
per la rapina in uno
stabile di un centro
commerciale
in rovina
(foto Mascolo
Photoviews)
sce in galera. Dove comunque i
suoi problemi sono appena cominciati...
In questi film, però, il momento
dell’assalto è raccontato con una
certa sbrigativa sinteticità, come
anche nel divertente L’incredibile
avventura di Mr. Holland (di
Charles Crichton, 1951), dove un
«onestissimo» dipendente della
Banca d’Inghilterra (un gustoso
Alec Guinness) decide che non
Cesare Giuzzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
può astenersi dallo svaligiare il
furgone che trasporta i lingotti
d’oro dalla fonderia all banca.
Per trovare una rapina organizzata scientificamente bisogna tornare a Hollywood. E rivedere Dop-
Sul grande schermo
Tutte le ore feriscono... l’ultima
uccide! (1966) di J.P. Melville
The Heat - La sfida Il film del 1995 diretto da Michael Mann ha come protagonisti Robert De Niro
e Al Pacino: il primo è lo stratega di una banda criminale e il secondo il poliziotto che gli dà la caccia
Doppio gioco (1949)
di Robert Siodmak
pio gioco (di Robert Siodmak,
1949), dove l’infido Dan Duryea
organizza un attacco al blindato
che guida Burt Lancaster: esplosione per creare un diversivo, cortina
fumogena, «anonimi» passanti
che estraggono maschere antigas
e pistole. Tutto perfetto se non fosse che il «complice» Lancaster fa,
come dice il titolo, il doppio gioco.
Per trovare invece un film capace di anticipare la rapina dell’autostrada bisogna ricorrere a Michael
Mann e al suo Heat - La sfida
(1995). Lascia a bocca aperta come De Niro progetta l’assalto a un
furgone (un’ambulanza blocca la
strada, un autoarticolato investe e
rovescia il blindato, strisce chiodate per fermare le auto della polizia, tre minuti di tempo per fare il
colpo e scappare). Un assalto che
Mann filma da par suo. Un colpo
davvero «perfetto», che potrebbe
anche aver ispirato i rapinatori italiani.
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