la testimonianza

Transcript

la testimonianza
MILANO 14/05/1999
Sparavano con calma da guerrieri, con precisione da professionisti del kalashnikov.
Sette banditi con le facce coperte dai passamontagna si impossessano prima dell’alba di un pezzo di
Milano.
Per chi si trovava sulla loro strada non c'era scampo.
Sono le 5 del mattino in via Imbonati, l'arteria che porta dal centro verso la Comasina.
I banditi sparano sui passanti, sui carabinieri, sugli autobus, su chiunque possa bloccarli. Duecento
colpi, duecento pallottole 762x39 e 5,56 camiciate al tungsteno.
L’obiettivo sono cinque miliardi che viaggiano su un furgone blindato.
L’impresa fallisce per il più banale dei contrattempi, il detonatore dell’ordigno che deve sventrare la
cassaforte fa cilecca: fortunatamente, perché - diranno gli artificieri - c’era abbastanza plastico da fare
crollare il palazzo accanto.
Ma il bilancio di sangue dell’assalto è pesante: 9 feriti, tra di loro c’è un Agente delle Volanti - un
ragazzo di 26 anni, Vincenzo Raiola - colpito al cervello, le speranze di salvarlo sono poche.
Solo i banditi, incredibilmente, sembrano uscire incolumi da questo uragano di fuoco.
Svaniscono nel nulla, una delle loro auto viene ritrovata crivellata di colpi ma senza una sola goccia di
sangue all’interno.
A interrogarsi su quale mala bolgia abbia partorito gangster così lucidi e feroci non sono solo gli
investigatori ma un’intera città, che ieri apprende attonita la notizia dell’assalto mentre la caccia
all’uomo paralizza il traffico in tutto il settore nord della metropoli.
Le possibilità di dare loro un nome sono, però, esili: il flash di un volto, un bandito che si toglie il
passamontagna per sparare meglio; il plastico rimasto inesploso, su cui potrebbero esserci delle
impronte.
I "cervelli", quelli che hanno diretto l’operazione, erano italiani. Italiani sono certamente il know how, la
conoscenza dei luoghi, il basista che ha dato la "dritta" per il colpo (una "dritta" imperfetta, come si
vedrà).
Ma sul gruppo di copertura, quello che ha scatenato senza esitare l’inferno di pallottole, ogni ipotesi è
aperta.
Compresa quella che si tratti di manodopera arruolata all’estero, arrivata in Italia insieme a carichi di
armi che stanno fornendo un potere di fuoco illimitato alla criminalità. Illimitato - o quasi - è il volume di
fuoco che il commando prepara in vista dell’attacco di via Imbonati.
Nelle sacche che vengono caricate su una jeep ci sono almeno quattro armi da guerra micidiali.
Due o tre sono kalashnikov di produzione orientale, ma almeno uno - quello che spara pallottole 5,56 è un’arma occidentale moderna, come l’Ar70 in uso ai reparti italiani.
O come il fucile da assalto svizzero Sig Sauer, l’arma preferita dai guerriglieri kosovari dell’Uck, già
usato in un assalto quasi identico per ferocia, quello del 30 gennaio a un furgone blindato in provincia di
Varese, con due metronotte ammazzati a sangue freddo.
Il piano della rapina è preparato da tempo. I tre automezzi recuperati finora (il camion che blocca la
strada al furgone blindato, la jeep che lo sperona, l’Audi A4 usata per la fuga) erano stati rubati alla fine
di aprile, e custoditi finora in luoghi sicuri.
Pochi minuti prima delle 5, il furgone blindato lascia il cortile della Mondialpol, in via Bovio.
A bordo, insieme a tre guardie, ci sono i sacchi con le banconote raccolte nella notte da una catena di
supermercati, che dalle camere blindate dell’agenzia di vigilanza devono essere trasferiti in una banca.
Una operazione di routine, che si ripete con frequenza forse eccessiva: e che, alla fine, qualcuno ha
segnalato alla banda. Il viaggio del furgone dura pochi metri: all’incrocio con via Imbonati si trova la
strada chiusa dal camion, poi viene speronato dalla jeep. I banditi aprono il fuoco, i vetri blindati si
segnano ma resistono.
Dall’interno i tre metronotte annunciano la resa. Vengono fatti sdraiare per terra, dopo avere aperto il
furgone.
Ma è qui che la "dritta" arrivata alla banda mostra la sua lacuna: all’interno del furgone c’è una seconda
blindatura non prevista dai banditi, il commando discute brevemente, i banditi danno segni di
nervosismo.
Non lo sanno, ma in via Imbonati un cittadino ha già lanciato l’allarme, dopo avere visto due
incappucciati del gruppo di copertura con i mitra in mano. Il detonatore, collegato a una batteria da
moto, si inceppa: nell’ordigno c’è un chilo e mezzo di plastico alla pentrite, abbastanza da ammazzare
anche i banditi, distruggere il denaro e far crollare il palazzo.
Il colpo è fallito, ma il terrore vero comincia adesso. Il commando attraversa a piedi via Imbonati per
raggiungere le auto pronte per la fuga in via Giulio Cesare Abba: qui incrocia una pattuglia dei
carabinieri e apre il fuoco ferendo un passante.
Da questo momento in avanti la sparatoria praticamente non cessa più, i banditi tirano contro chiunque
si avvicini: contro una Punto e una Alfa della polizia, contro due Alfa dei carabinieri, contro un autobus
dell’Atm.
Due militari vengono raggiunti dalle pallottole, altri rimangono feriti negli scontri prodotti dalla sparatoria.
In via Abba il commando sale sull’Audi e sulla Mercedes, aggira l’isolato e riappare su via Imbonati
all’angolo con via Conte Verde, e qui arriva la sparatoria dalle conseguenze più gravi: una Alfa della
polizia cerca di bloccare la strada, i banditi aprono il fuoco.
Secondo alcune versioni, l’Agente Raiola scende dalla Volante e viene colpito, altri dicono che le
pallottole dei kalashnikov perforano la vettura e raggiungono Vincenzo ancora sui sedili.
Il commando sparisce lungo via Fermi, la superstrada che va verso la Brianza: l’Audi verrà ritrovata
prima delle 8 a Paderno Dugnano crivellata di colpi ma senza sangue all'interno.
Sono passati tanti anni ma è come se fosse ieri....
Ciao Vincenzo