Un sacerdote sul lettino dello psichiatra
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Un sacerdote sul lettino dello psichiatra
La Gazzetta del Mezzogiorno, 29 settembre 2009, pag. 18 Un sacerdote sul lettino dello psichiatra «Il cardinale» di Vittorino Andreoli: un racconto, ma quasi una cartella clinica sulla scelta di farsi prete Molti interrogativi si accumulano tra le pagine del romanzo. Tra fede e psicologia di GIOVANNI PASCUZZI Cosa accade all’uomo di Chiesa che smarrisce la fede man mano che sale la gerarchia ecclesiastica? Cosa pensa un cardinale (tanto autorevole da essere indicato come futuro papa) che non crede all’esistenza di Dio? Queste domande fanno da sfondo all’ultimo romanzo dello psichiatra Vittorino Andreoli, Il cardinale (Rizzoli ed., euro 9,20). In verità di interrogativi il libro ne affronta molti. La paradossale vicenda del protagonista è l’occasione per riproporre i temi propri della scelta sacerdotale (ad esempio la relazione con la fisicità del corpo e il celibato) e quelli che interessano fedeli e non (il significato del dolore, l’esi - stenza di troppe Chiese per un unico Dio, il rapporto tra scienza e fede). Ogni tema viene indagato in una prospettiva che è al tempo stesso cronaca (di un percorso umano) e ricerca (di un incontro con Dio). L’autore sembra indagare le spinte profonde che portano a farsi prete quasi come resoconto di una vicenda che ha avuto modo di analizzare (nella presentazione ad un altro suo libro, Il matto di carta, Andreoli scrive: «Non sono più capace di scrivere cartelle cliniche, ma di un paziente faccio ormai sempre un romanzo»). Ma tale indagine è anche l’occasione per scandagliare il proprio rapporto con la fede, il rapporto di una persona non più giovanissima che si ritrova ad affrontare le domande nate con l’uomo (nella presentazione poc’anzi citata Andreoli scrive anche: «Del resto la mia vita è una sola e mi pare anche sia stata in gran parte consumata. E con questo richiamo … per me drammatico…»). Il volume è abitato da un sottile gioco intellettuale: da una parte lo psichiatraanalista sottolinea, a volte con crudezza, i limiti di alcune posizioni della Chiesa («I peccati del sesso sono una espressione fobica, una follia per la ragione. Perché dovrebbe essere male usare gli organi che fanno parte del corpo? Come se fosse peccato mortale fare funzionare i reni che devono filtrare il sangue disintossicandolo»); dall’altra, la vicenda del cardinale è anche la cartina di tornasole del rapporto dell’autore con il sacro. E sì, perché nel libro fa capolino uno «psichiatra di fama, affascinato dalla sacralità dell’esistenza, anzi del sacro come categoria della mente, particolarmente evidente nell’uomo contemporaneo che, perso nell’incertezza delle società, mostra questo bisogno in maniera particolare… un professore cui la Chiesa proprio non piace, non solo quella storica che aveva segnato un cammino di ingiustizie, ma anche la Chiesa visibile fatta di tanto sfarzo». Nel volume questo psichiatra viene invitato dal protagonista a commentare, nella basilica di San Giovanni in Laterano, l’enciclica Deus caritas est di papa Benedetto XVI. La singolarità è che il 23 febbraio 2006 Vittorino Andreoli ha effettivamente commentato in quella Basilica, su invito di un notissimo cardinale, l’enciclica citata. Il libro riprende molti concetti esposti in quella relazione (reperibile su Internet) tra cui la distinzione tra atei e non credenti: «Vorrei fosse chiaro, in questo momento storico, che la contrapposizione che è stata radicalizzata, che ha avuto delle conseguenze enormi storicamente, tra l’ateismo e la fede, non ha più forza e motivo di essere. I non credenti sono contro l’ateismo altrettanto quanto i credenti, perché l’ateismo è la posizione radicale in cui non si ammette che esista il dio del mio fratello, non deve esistere per nessuno: una negazione assoluta». Come in tutti i romanzi, non sapremo mai quanto di inventato e quanto di vissuto vi sia nella trama. Ma senza dubbio questo libro parla anche dell’autore ovvero della ricerca di chi non è credente ma vorrebbe credere. Forse è significativo che l’incontro tra lo psichiatra-professore e il cardinale si concluda con questo scambio di battute: «Eccomi, eminenza, che bella serata. Grazie a lei e al suo Dio». «Caro professore - disse il cardinale - lei è proprio un uomo di fede». Quanto all’epilogo della storia, spetterà al lettore apprezzare in che modo si può colmare la distanza tra ciò che si è e ciò che si fa.