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CIDI
Centro di Iniziativa
Democratica degli
Insegnanti
“UNA
SCUOLA CHE EDUCA
E’ UNA SCUOLA CHE NUTRE I CITTADINI E LE CITTA’”
Premessa
Solo in questi ultimi mesi le domande e le occasioni di ricerca e formazione con
il mondo della scuola ci hanno portato ad incontrare migliaia di docenti in tutta
Italia. La sensazione è di aver avviato un lavoro di ascolto, confronto e
formazione di valore, condiviso con persone che ogni giorno si trovano a
chiedersi come, attraverso l’insegnamento, aiutare a dare una prospettiva di
vita migliore ai giovani, che mai come in questo momento storico stanno
soffrendo, e ai territori, anch’essi provati.
In questi incontri si è condivisa una tensione verso la necessità di dare corpo
ad un percorso più strutturato e di portata nazionale, per generare una vera e
propria “comunità di intenti” nella quale condividere principi, orizzonti, snodi
educativi ed azioni di cambiamento.
Da qui siamo partiti scegliendo di provare a proporre, muovendo dalla
credibilità e dall’autorevolezza che l’Associazione Libera. Associazioni, Nomi e
numeri contro le mafie, il Gruppo Abele e il CIDI hanno costruito in questi anni,
un momento di lavoro nazionale nel quale invitare, a partire dalla sua
costruzione, tutti i docenti e i dirigenti con i quali si è lavorato, oltre a quelli che
vorranno unirsi.
I contenuti e le pratiche metodologiche sulle quali si è investito in questi anni
richiedono un salto di qualità: cambiare la scuola per migliorare un Paese.
Un momento, dunque, ad alto contenuto politico e pedagogico, nel quale
l’educazione con il suo divenire si fa azione politica.
La Scuola di oggi immagina e crea la società di domani
La Scuola ha questo grande potere, questa grande responsabilità: è necessaria
per la crescita degli individui e per il cambiamento delle società.
Tutto ciò a partire dall’assunzione di un ruolo consapevolmente voluto ed
interpretato nella ricerca di autonomia e distanza dalle culture e dalle
pedagogie che oggi opprimono gli individui e soffocano lo sviluppo delle
comunità.
Questo, per noi, significa credere ed affermare che la Scuola è indispensabile al
nostro mondo e che per assumere tale funzione deve risvegliarsi da una
condizione di immobilità ed assuefazione culturale, ed essere risorsa rinnovata
al rinnovamento del nostro Paese.
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I problemi e le difficoltà che sta vivendo la Scuola oggi, non hanno solo origini
politiche: certo la politica ha le sue responsabilità; ma nel tempo si sono
smarriti orientamenti, principi e pratiche che nel passato rappresentavano
l’ossatura di una Istituzione che rappresentava per gli studenti e le loro famiglie
occasione di emancipazione e promozione sociale.
Così, ciò che si potrebbe cercare di fare insieme è di dare una bella “scrollata”
alla Scuola, rivoltarla per vederne e valorizzarne il bello ed il buono; per
denunciare ed allontanare ciò che produce dis-crescita e fragilità delle
comunità.
Lontani dai tecnicismi, alibi di modelli pedagogici e culturali
distruttivi. Ma fortemente attenti a mettere in gioco gli orizzonti di senso, entro
i quali, solo in un secondo tempo, si potranno pensare le pratiche.
Per lavorare insieme
“La libertà non è un valore tra gli altri, ma è la condizione essenziale per
il fiorire della vita umana. Il nodo della questione sta nel fatto che la
possibilità di esperire questa libertà è in stretta connessione con
l’esercizio fecondo del pensare. […]
La mancanza di pensiero è drammatica perché erode alle radici la
possibilità di una buona qualità della vita, fino a divenire la causa del
dilagare del male morale. Quando manca il pensiero, viene meno la
possibilità di rispondere alla chiamata, propria della condizione umana,
ad assumersi la responsabilità di decidere autonomamente la qualità del
proprio esserci, del proprio esistere. […]
Se si accetta il presupposto secondo il quale l’attività del pensare
costituirebbe il nutrimento essenziale di una attività cognitiva
consapevole ed eticamente orientata, allora si deve pretendere che i
processi formativi assumano come uno degli obiettivi fondamentali
quello di promuovere la capacità e, con essa, la passione di pensare.”
Luigina Mortari “A scuola di libertà”
Raffaello Cortina Editore
Milano 2008
 Una scuola da pensare, una scuola per pensare.
Da queste due prospettive serve partire per sollevare la nostra scuola dai tanti
macigni che la opprimono ostacolando il percorso che la conduce al
riappropriarsi della sua funzione educativa.
Contaminata dalla cultura dominante, la scuola ha piegato i suoi obiettivi
pedagogici e la forma dei suoi dispositivi, nella direzione della formazione
dell’uomo “economico” utile e riconosciuto solo se produce e se consuma. Non
un uomo in grado di vivere nel mondo in una relazione di scambio e
miglioramento del mondo stesso; ma un uomo ad esso funzionale, sottomesso
alla cultura dell’economia, messo ai margini dei processi di deliberazione.
Così facendo, in tutti questi anni la scuola, da esperienza utile a: conoscere il
mondo, apprendere come muoversi in esso rendendolo migliore, affrontare e
superare i problemi della vita; si è trasformata, per molti bambini,
preadolescenti ed adolescenti, in una esperienza priva di senso e di utilità, in
“un ostacolo da superare”, in ciò che “blocca” il processo di vera
emancipazione e socializzazione.
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Non si può più restare ad osservare l’evolversi di questa deriva: ora
prendendosela con la politica; ora con chi lavora nella scuola; ora con la
società. Una delle peculiarità del dispositivo culturale in cui stiamo vivendo è
proprio questa: oscurare le cause profonde e complesse delle fatiche,
valorizzando la delega “all’incantatore” di turno, che assumendo su di sé tutto
il potere e tutti i poteri, promette di sistemare le cose.
Nessuna di queste cose è accettabile; nulla di tutto ciò può proseguire così
come da anni sta procedendo.
Alla scuola non serve un mago o un politico promettente; non serve l’ennesima
“riforma”.
La scuola ha bisogno che attorno ad essa inizia a crescere un pensiero
pedagogico di rinnovamento, che prenda vita dal ragionare insieme tra chi la
scuola la fa ogni giorno; restituendo ad essa l’interesse e la cura
dell’umanizzazione, spostando l’attenzione da un sapere tecnico governato da
paradigmi di possesso e dominio, verso un sapere di senso che conduca verso
la ricerca e la costruzione di significati.
Ri - pensare la scuola, rompendo quel processo di adeguamento in cui ci si è
incancreniti.
Ri - pensare la scuola partendo dalla scuola e dai suoi protagonisti.
Ri - pensare la scuola perché solo affrontando il proprio momento di crisi trovi
la strada per recuperare il ruolo di risorsa per il cambiamento di un intero
Paese.
 La scuola tempo della vita dei ragazzi
Sempre di più l’esperienza della scolarizzazione appare come un “tempo
sospeso”, una parentesi tra le altre cose della vita. Ciò che avviene a scuola
non è considerato collegabile alle altre parti della vita, non è un’esperienza di
senso, della quale non si coglie l’interesse ed il valore. Si attende che finisca la
giornata scolastica per poter iniziare a “vivere”. Ma così non può essere: una
persona in crescita non può sospendere la propria esperienza di apprendimento
ed evoluzione in attesa di tempi di senso. Tutto ha funzione educativa, anche il
tempo della scuola; che lo si voglia o no da entrambe le parti in relazione. Così
anche la vita scolastica “piega” le vite di centinaia di migliaia di giovani, che
accumulano esclusione, fatica, fallimento, senso di incapacità, voglia di fuggire.
Serve recuperare il presidio della funzione pedagogica del tempo di vita
scolastico; definire congiuntamente orizzonti di crescita, principi irrinunciabili,
strumenti e processi di senso. Per ricollocare nella vita il tempo della scuola
facendo crescere la passione di imparare, l’amore per il sapere non come
possesso ma come ricerca di senso e di significato, che rende donne e uomini
liberi
“…Questa scuola dunque, senza paure, più profonda e più ricca, dopo pochi
giorni ha appassionato ognuno di noi venirci. Non solo: dopo pochi mesi
ognuno di noi si è affezionato anche al sapere in sé… ” (Dalle parole degli alunni
della scuola di Barbiana)
 La scuola esperienza necessaria
La scuola è indispensabile, non il diploma o la laurea. Ad essere utile alla vita di
bambini e giovani e delle nostre città, non sono i riconoscimenti cartacei della
frequenza e del superamento degli esami; ma ciò che conta è quanto può
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avvenire quotidianamente nello stare a scuola. Nella relazione con i compagni;
nella relazione con gli adulti, l’autorità; nella relazione con il dispositivo
pedagogico istituzionale; nell’incontro con i propri saperi e competenze,
nell’apprendimento su di sé; nella relazione con il mondo e nella sua continua
scoperta ed immaginazione; nel crescere il senso di responsabilità ed il proprio
ruolo civile.
 La scuola della formazione umana che lotta contro la selezione
Al centro dell’esperienza della scuola c’è l’uomo, la sua crescita e la sua
valorizzazione; non la selezione e l’esclusione. La scuola fa un buon lavoro se
ogni alunno è al centro dell’attenzione del processo di formazione della donna
e dell’uomo che è e che sarà; non se a procedere nel percorso sono solo i più
dotati, selezionati in nome della retorica diseguale del “merito”.
Ripensare alla scuola della formazione umana partendo dagli ultimi.
“…un'esperienza educativa unica e rivolta ai giovani che per ragioni
geografiche ed economiche, erano fortemente svantaggiati rispetto ai
coetanei…”
(Dalle parole degli alunni della scuola di Barbiana)
Restituire alla scuola la sua funzione di essere strumento per i processi di
emancipazione e della promozione sociale.
“…Vorremmo che tutti i poveri del mondo studiassero lingue per potersi
intendere e organizzare fra loro. Così non ci sarebbero più oppressori,
né patrie, né guerre…”
(Dalle parole degli alunni della scuola di Barbiana)
Ripensare la valutazione per valorizzare l’apprendimento e la sua spendibilità.
“…A poco a poco abbiamo scoperto che questa è una scuola particolare: non
c'è né voti, né pagelle, né rischio di bocciare o di ripetere… ” - “…Con le molte
ore e i molti giorni di scuola che facciamo, gli esami ci restano piuttosto facili,
per cui possiamo permetterci di passare quasi tutto l'anno senza pensarci… ”
(Dalle parole degli alunni della scuola di Barbiana)
La scuola della cooperazione e della socializzazione, alternative
della competizione
La cultura “malata” nella quale siamo immersi, la proposta educativa che essa
fa ad ogni individuo, passa dalla costruzione di veri e propri dispositivi
educativi, contesti attentamente realizzati nei quali è possibile crescere verso
precise direzioni, nella pratica di un modello di convivenza caratterizzato da
competizione ed individualismo. La scuola non può replicare tale proposta; non
deve essere il luogo pesante della paura, nel quale l’altro appare come un
nemico, in concorrenza continua. La scuola è lo spazio dell’apprendimento e
dell’esercizio della cooperazione, dell’imparare tutti ed insieme.
Non si è appreso sino a quando tutti gli alunni della classe hanno appreso
“…atto d'accusa nei confronti della scuola tradizionale, definita "un ospedale
che cura i sani e respinge i malati", in quanto non si impegnava a recuperare e
aiutare i ragazzi in difficoltà, mentre valorizzava quelli che già avevano un
retroterra familiare positivo…”

(Dalle parole degli alunni della scuola di Barbiana)
La Scuola della partecipazione, del riconoscimento e della responsabilità che
lotta contro l’individualismo e la competizione.
“…il programma è condiviso dagli allievi… ”
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“…abbiamo ventitré maestri, escluso i sette più piccoli, tutti gli altri insegnano
a quelli minori di loro…” (Dalle parole degli alunni della scuola di Barbiana)
 La scuola che si apre e apre al mondo
Una scuola fatta a misura dei bambini e dei ragazzi, dentro al tempo e nel
mondo. Non una scuola contaminata dalle cose del mondo, ma un luogo
aperto e di ricerca: che è nel mondo per studiarlo, capirne le dinamiche ed i
funzionamenti, alla ricerca di senso e delle forme per stare significativamente
nel mondo. Una scuola aperta che accoglie persone in crescita, riconoscendole
anche come portatrici di domande evolutive e bisogni di crescita. Nodi dai quali
partire per costruire la relazione educativa – formativa tra insegnanti e alunni.
Nel merito del metodo
Da questo punto di vista dato l’approccio ed il significato rivoluzionario del
processo che si intende avviare, l’impianto metodologico non può che
assumere un’unica prospettiva: l’Associazione Libera. Nomi e numeri contro le
mafie, l’Associazione Gruppo Abele ONLUS e il CIDI assumono una funzione di
servizio alla Scuola. Si mettono al lavoro insieme al fine di creare alcuni
presupposti e condizioni attraverso le quali sia possibile avviare un processo di
cambiamento. E’ la Scuola attraverso i soggetti che la animano che deve
assumersi la responsabilità di articolare i contenuti, affermando con forza la
sua esistenza, la sua autonomia pedagogica. La Scuola c’è!
I passi futuri
1. Seminario nazionale nel corso del quale docenti da tutta Italia, sviluppino un
testo di valore pedagogico e politico, declinando in pratiche di cambiamento le
istanze presentate nel documento di avvio
2. Presentazione e discussione nel corso dell’appuntamento nazionale di
“Contromafie” del documento prodotto in seno al seminario, al fine di portare
un contributo di senso alla crescita civile del nostro Paese, dal Nord al Sud,
pensando alla Scuola quale snodo Istituzionale di riferimento
3. Studio di forme di disseminazione dei primi esiti del percorso attraverso
ulteriori momenti di condivisione nei territori con gruppi di docenti, educatori e
studenti
4. Studio di forme di coinvolgimento dei media
5. Studio di forme di coinvolgimento della politica
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