piccolo viaggio negli antichi mestieri verticale

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piccolo viaggio negli antichi mestieri verticale
Provincia di Imperia - Settore Centri per l’Impiego/OML
piccolo viaggio negli antichi mestieri
Francesco, fabbricante di candele, Molini di Prelà
Questi non sono rimasti in pochi. Sono gli unici, in provincia di Imperia. Ed arroccati
nell’entroterra imperiese fanno uno dei lavori più strani che si possano immaginare:
fabbricano candele. Il signor Francesco, la nostra vittima di oggi, ci aspetta sull’uscio
dell’edificio. Candele. Le abbiamo sempre viste, fanno parte della nostra vita, compaiono in
momenti chiave dell’esistenza di tutti noi dall’infanzia in poi… Ma come si fanno?
Qualcuno ci ha mai
pensato? La curiosità è
troppa, e chiediamo di
fare subito un giro nel
laboratorio. Dobbiamo
sapere! E si parte, con
una domanda ai limiti
dell’indecenza: “Di cosa
è fatta la candela?” e i
nostri ospiti capiscono
subito
che
oggi
dovranno avere tanta
pazienza…
“Facciamo
un po’ di storia: è fatta
di paraffina. Ma la
prima materia che si
utilizzò
per la produzione delle candele fu la cera d'api, un prodotto da sempre disponibile, e
ottimo per malleabilità e proprietà di combustione. A questa in seguito si sostituì il sego
(grasso animale), più economico ma anche di bassa qualità.
Poi nella prima metà del 1800 fu introdotta la stearina, acido derivante da grasso animale,
che migliorò molto il colore delle candele, che divenne più bianco, e la combustione
(tecnicamente per l'elevazione del punto di fusione dell'impasto). In seguito, con la scoperta
del petrolio, la paraffina (derivante dalla sua raffinazione) divenne ed è a tutt'oggi la
principale materia prima nella produzione di candele”. Perfetto, tutto chiaro. E detto molto
semplicemente il procedimento è questo: la paraffina arriva con le autobotti, è liquida, e
viene travasata nei serbatoi della fabbrica alla
temperatura di 70 gradi centigradi, quindi viene polverizzata (e compressa) o direttamente
colata negli stampi...ma ci torneremo dopo.
Adesso via alle nostre barbosissime domande: “Si, siamo gli unici in provincia. E tra l’altro la
nostra cereria è stata fondata nel 1781 nel centro storico di Porto Maurizio, poi rilevata
negli anni ’30 da mio zio e nel 1977 ci siamo trasferiti definitivamente a Prelà”. “Ma come si
inizia?” Il signor Francesco, titolare dell’azienda, in effetti era indirizzato su altre strade
(edilizia), fino alla svolta. Un suo zio, ormai anziano, cercava qualcuno che rilevasse la ditta
e così il nostro amico è finito qua, da Savona. “E per imparare? E’ stato difficile?” “Non
tanto per la formazione, sei mesi a stretto contatto con mio zio sono bastati.
Economicamente invece sono stati fatti grossi sacrifici”… Capiamo subito che l’unica strada,
naturalmente, è quella della gavetta e dell’esperienza, visto che il lavoro è sempre quello,
vecchio di sempre (e qua la parola sempre è quanto mai azzeccata).
Sorridendo ci dice che “una parte della ditta è stata rilevata lavorando, poi sacrifici...I
macchinari sono stati comprati in gran parte nuovi”, e intanto ci mostra delle splendide foto
in bianco e nero dell’azienda che fu, con visi di altri tempi, le giostre in funzione e…le
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caldaie a carbone! “Orari? Week end?” “Beh, dipende. L’orario è quello classico di
un’industria. Nei week-end è difficile che si lavori, si fa solo alcune volte all’anno. Noi i
picchi li abbiamo a gennaio, in vista della festa della
candelora del 2 febbraio e poi a settembre e ottobre, per la
ricorrenza del 2 novembre”. E’ un settore sicuramente
anomalo, che va capito e interpretato: per chiarirci cosa
intende ecco che “da 10 anni a questa parte lavoriamo anche
con la vicina Francia, dove c’è una grande richiesta di
prodotto personalizzato al contrario di quanto avviene qui in
Italia”, e mentre lo dice ci mostra un cero con una splendida
effige di una chiesa di Nizza. “E poi si lavora molto con i
santuari. In Italia queste cose non sono molto percepite:
addirittura il Giubileo è passato quasi inosservato in Italia, in
Francia l’hanno sentito molto di più”. “Ok, ma la cosa in
assoluto più bella del suo mestiere?” La risposta arriva
immediata e senza indugi: “Fare la giostra”. Dimenticavamo: ma cos’è la giostra? E’ la
seconda volta che la nominiamo…
Allora, con calma. I nostri amici fanno le candele in tre modi: a immersione, a colaggio, a
compressione. A immersione: si preparano dei telai, in macchinari definiti giostre (quella
dei nostri amici ha 120 anni di età) con stoppini messi a piombo nell'altezza richiesta. I
telai sono immersi ripetutamente in una vasca di cera fusa, e ad ogni bagno le candele
acquistano millimetri di spessore. Una volta raggiunto il diametro voluto, il telaio passa in
una trafila per rendere le candele perfettamente cilindriche e lisce. A vederlo fare dal vivo
è una meraviglia, siamo rimasti senza parole, come dei bambini. In quel momento le foto
dei tempi passati che ci hanno mostrato era come se riprendessero vita.
A colaggio: la cera calda e fusa viene versata in uno stampo dal quale si estrae una volta
raffreddata. E' l'unico sistema utilizzabile anche manualmente, a livello artigianale ed
artistico e nel "fai da te", e le
candele così ottenute dagli
stampi
possono
essere
completate
con
rifiniture
manuali,
colorazioni
e
verniciature. A compressione: la
paraffina viene spruzzata (a 70
gradi centigradi) con getti
sottilissimi su un cilindro rotante
mantenuto
a
bassissima
temperatura. Le minuscole gocce
appena toccano la superficie del
rullo si raffreddano, e le
goccioline diventano polvere
(sembra neve, visto dal vivo è
uno spettacolo da non crederci): questa poi viene compressa in stampi di acciaio,
ottenendo la forma voluta.
Ok, e dopo i sorrisi, arrivano i pianti: “E la cosa più brutta del suo mestiere?” “Sicuramente
la burocrazia, che ci strangola”. Ci tocca scavare nella piaga… “E ci sentiamo indifesi verso i
nuovi produttori, specialmente verso quelli stranieri, e una nostra
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associazione in teoria esiste, ma non funziona a dovere. E poi c’è concorrenza spietata tra
le varie cererie, non c’è spirito associativo, di squadra. Ma ripeto, ci sentiamo disarmati di
fronte agli attacchi stranieri, prima di tutti della Cina…” Insistiamo: “Hai mai pensato di
smettere?” “Si, due o tre anni fa, poi mio figlio si è deciso ad entrare in azienda, e così
rimango ancora un pò…” Per ultimo tocchiamo un altro tasto solitamente dolente, il lavoro
nero… “No, non ce n’è, almeno a queste dimensioni…”, meno male…Ok, ci siamo sfamati,
si passa ad altro: “Il lavoro è cambiato negli anni? Insomma, risentite delle influenze del
progresso, bla bla le solite cose?” “Si, adesso è cambiato tutto,
ci
sono
macchinari
fatti
su
misura per il
cliente
in
grado
di
moltiplicare in
maniera
esponenziale
la
produzione”.
Va
anche
detto che le
attrezzature
sono
carissime
(cifre
da
duecentomila
euro in su, se
ne fanno
poche e si paga la personalizzazione sulle esigenze del singolo cliente). “Ma allora è così
redditizio?” “Con grande sincerità vorrei dire di si, però è un momento davvero difficile”, e
parlando scopriamo alcune cose: questo settore subisce sicuramente più di tutti la
secolarizzazione sempre più evidente in Italia, “…Non ci sono più le tradizioni di una volta,
basta pensare a quanti vanno a messa al giorno d’oggi…”.
E poi c’è stato un generale grosso calo nei
consumi, iniziato negli anni ’70 e seguito dal
colpo di grazia arrivato negli anni ’90 con
l’introduzione delle finte candele elettriche… La
nostra solita domanda sui costi va scorporata in
due parti: per quello che riguarda la produzione
normale, i prezzi li fa il mercato. Per il prodotto
fatto su espressa richiesta del committente il
prezzo, come è facile aspettarsi, può salire, ma
si tratta,
inutile dirlo, di artigianato che va incontro alle specifiche esigenze del consumatore. “Ok,
chiarissimo e i clienti?” “Tantissimi, in provincia e fuori”, malgrado il signor Francesco ci
informi che oltralpe non si usano i lumini nei cimiteri cristiani. Loro hanno scelto di andare
avanti con un tipo di produzione assolutamente “classica”, mantenendo immutato il
procedimento ad immersione: “Ci permette di accontentare il cliente, è il contrario della
grande produzione, ed è molto ricercata dal pubblico”.
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“Avete bisogno di altre persone?” “In futuro magari si, al momento no; ma va anche detto
che questo è un lavoro che non piace ai giovani”, anche se sulla scrivania vediamo due
curriculum appena arrivati, sia per la figura impiegatizia che per quella da operaio.
E poi, nel corso di un piacevolissimo
pomeriggio, impariamo altre cose
davvero interessanti: intanto in
questo lavoro non si butta via nulla
(tutto ciò che si scarta viene messo
in un bollitore e recuperato), ed è
una cosa che non fa mai male, la
Germania è il leader in questo
settore (“gli impianti tedeschi sono
avanti di 10 anni”), le attrezzature
durante le ferie vanno accese un
giorno prima della ripresa del
lavoro, la storica differenza tra il
lumino (che scioglie di più di quello
che assorbe per bruciare, e quindi
ha bisogno di un contenitore
esterno) e la candela (scioglie
quanto assorbe per bruciare e
quindi se è ben fatta non deve
gocciolare). Per ultimo, il caldo: “E’
sempre un problema, ma l’estate
scorsa in laboratorio siamo arrivati
a 37 gradi, con grossi problemi per
noi e per la produzione…”;
possiamo immaginare, visto che si
parla di cera! “Allora,
ritenete che ci sia
bisogno
del
vostro
lavoro,
ora
e
in
futuro?”
“Si,
sicuramente.
E
soprattutto deve essere
perpetuata
la
produzione artigianale.
E
poi
nessun
macchinario
può
andare incontro alle
esigenze del cliente
come
la
mano
dell’artista”.
E si torna a parlare
della
giostra,
e
dell’uomo
che
conduce il lavoro…
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