giurisprudenza civile - Dipartimento Facoltà di Giurisprudenza
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N. 1 GENNAIO 2010 • Anno XXVI RIVISTA MENSILE de Le Nuove Leggi Civili Commentate ISSN 1593-7305 LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA Estratto: valerio sangiovanni I contratti derivati fra normativa e giurisprudenza I CONTRATTI DERIVATI FRA NORMATIVA E GIURISPRUDENZA di Valerio Sangiovanni Sommario: 1. Introduzione. – 2. I contratti derivati non costituiscono un numero chiuso. – 3. Le parti dei contratti derivati e i meccanismi di negoziazione. – 4. La causa dei contratti derivati (finalità di copertura e finalità speculativa). – 5. L’oggetto dei contratti derivati e le diverse tipologie di derivati. – 6. I contratti di opzione e i contratti finanziari a termine standardizzati. – 7. Gli swaps. – 8. Cenni ai derivati di credito. – 9. La forma dei contratti derivati. 1. Introduzione. Le controversie fra investitori e intermediari finanziari hanno determinato una forte attenzione della dottrina verso una materia (la responsabilità civile delle banche in relazione a cattivi investimenti) che, fino a pochi anni fa, poteva considerarsi di nicchia. Non è questa la sede appropriata per occuparsi sistematicamente di tale tematica ( 1 ). ( 1 ) In materia di contenzioso fra investitori e intermediari finanziari cfr., di recente, il volume di Durante, Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Giuffrè, 2009. V. inoltre, a vario titolo esemplificativo: Achille, Contratto d’intermediazione finanziaria e violazione degli obblighi d’informazione: tra nullità del contratto e responsabilità dell’intermediario, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008, 1451 ss.; Alpa, La legge sul risparmio e la tutela contrattuale degli investitori, in Contratti, 2006, 927 ss.; Antonucci, Regole di condotta e conflitti di interesse, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, I, 9 ss.; Antonucci, Frantumazione di regole e rimedi nel rapporto fra banca e investitore, ivi, 2007, II, 68 ss.; Azzarri, Contratti finanziari e categorie civilistiche, in questa Rivista, 2009, I, 672 ss.; Bove, Le violazioni delle regole di condotta degli intermediari finanziari al vaglio delle Sezioni unite, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, II, 143 ss.; Bulfaro, La responsabilità contrattuale dell’intermediario per violazione del dovere di informazione, in questa Rivista, 2007, I, 1092 ss.; Calisai, La violazione degli obblighi di comportamento degli intermediari finanziari – il contratto di intermediazione davanti ai giudici, fino alla tanto attesa (o forse no) pronuncia delle Sezioni Unite della NGCC 2010 - Parte seconda Corte di cassazione, in Riv. dir. comm., 2008, II, 155 ss.; Calvo, Il risparmiatore disinformato tra poteri forti e tutele deboli, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008, 1431 ss.; Chessa, A proposito della violazione degli obblighi di informazione nel contratto di investimento finanziario dopo l’intervento della Suprema Corte a Sezioni Unite, in Riv. giur. sarda, 2008, 734 ss.; Guadagno, I confini dell’informazione precontrattuale e la «storia infinita» dei contratti d’intermediazione finanziaria, in Riv. dir. comm., 2009, I, 241 ss.; Guernelli, L’intermediazione finanziaria fra tutela del mercato, legislazione consumeristica e orientamenti giurisprudenziali, in Giur. comm., 2009, I, 360 ss.; Lucchini Guastalla, Violazione degli obblighi di condotta e responsabilità degli intermediari finanziari, in Resp. civ. e prev., 2008, 741 ss.; Id., Obblighi informativi dell’intermediario finanziario e responsabilità nei confronti dell’investitore, ivi, 2007, 1679 ss.; Id., Danno agli investitori e responsabilità delle autorità di vigilanza e degli intermediari finanziari, ivi, 2005, 21 ss.; Maragno, L’orientamento del Tribunale di Venezia in tema di sanzioni degli inadempimenti ai doveri informativi a carico degli intermediari finanziari, in questa Rivista, 2008, I, 1280 ss.; Marchiandi, La responsabilità degli intermediari nei confronti dell’investitore: il quadro giurisprudenziale, in Giur. comm., 2009, II, 376 ss.; Marinucci, Obbligo informativo nei confronti dell’investitore e precedenti acquisti di titoli a rischio da parte del medesimo, in questa Rivista, 2009, I, 28 ss.; Morandi, Violazione delle regole di condotta degli intermediari finanziari: rimedi esperibili, in Obbl. e contr., 2009, 47 ss.; Pellegrini, Le controversie in materia bancaria e finanziaria, Cedam, 2007; Perrone (a cura di), I soldi degli altri, Giuffrè, 2008; Righini, Recenti sviluppi della giurisprudenza di merito sulla tutela dell’investitore, in Giur. comm., 2009, II, 137 ss.; Sangiovanni, Informazione sull’adeguatezza dell’operazione finanziaria e dovere di astenersi, in Corr. giur., 2009, 1257 ss.; Id., Operazioni inadeguate e doveri informativi dell’intermediario finanziario, in Giur. comm., 2009, II, 557 ss.; Savasta, L’adeguatezza informativa ed operativa a fronte del rifiuto di fornire informazioni, in Società, 2009, 997 ss.; Scognamiglio, Regole di validità e di comportamento: i principi ed i rimedi, in Eur. e dir. priv., 2008, 599 ss.; 39 Aggiornamenti Non si può, però, non rilevare che – all’interno della materia «responsabilità civile degli intermediari finanziari» – gioca un ruolo crescente la tematica dei contratti derivati, che è stata oggetto di diversi interventi giurisprudenziali negli ultimi anni. Le pronunce edite riguardano prevalentemente la nozione di operatore qualificato di cui all’art. 31 reg. Consob n. 11522 del 1998 ( 2 ). Su questa materia specifica sono apparsi ultimamente diversi contributi dottrinali ( 3 ). Con la recentissima sentenza Serraino, Tutela dell’investitore e responsabilità dell’intermediario, in Dir. prat. soc., 2009, fasc. 3, 55 ss.; Sesta, I contratti relativi alla gestione di portafogli, in Visintini (a cura di), Trattato della responsabilità contrattuale, 2, Cedam, 2009, 727 ss.; Signorelli, Violazione delle norme di comportamento dell’intermediario finanziario e risoluzione per inadempimento, in Società, 2009, 55 ss.; Venturi, L’adeguatezza delle operazioni di intermediazione finanziaria nelle prescrizioni della disciplina speciale e nell’orientamento della Cassazione, in Riv. trim. dir. econ., 2009, II, 11 ss. ( 2 ) Il reg. n. 11522 del 1998 è stato abrogato e sostituito dal reg. n. 16190 del 2007. Fra i contributi che si occupano dei regolamenti Consob attuativi della direttiva MIFID cfr., in particolare, Capriglione, I «prodotti» di un sistema finanziario evoluto. Quali regole per le banche?, in Banca, borsa, tit. cred., 2008, I, 20 ss.; Durante, Con il nuovo regolamento intermediari, regole di condotta «flessibili» per la prestazione dei servizi di investimento, in Giur. merito, 2008, 628 ss.; Rinaldi, Il decreto Mifid e i regolamenti attuativi: principali cambiamenti, in Società, 2008, 12 ss.; Roppo, Sui contratti del mercato finanziario, prima e dopo la MIFID, in Riv. dir. priv., 2008, 493 ss.; Sangiovanni, Informazioni e comunicazioni pubblicitarie nella nuova disciplina dell’intermediazione finanziaria dopo l’attuazione della direttiva MIFID, in Giur. it., 2008, 775 ss.; Id., La nuova disciplina dei contratti d’investimento dopo l’attuazione della MIFID, in Contratti, 2008, 173 ss. ( 3 ) Cfr., senza pretesa di esaustività, Bruno, Derivati OTC e incomprensibile svalutazione dell’autocertificazione del legale rappresentante della società acquirente, in Corr. merito, 2008, 1261 ss.; Fiorio, La nozione di operatore qualificato per l’investitore persona giuridica, in Giur. it., 2008, 2241 ss.; Motti, L’attestazione della qualità di operatore qualificato nelle operazioni in strumenti derivati fra banche e società non quotate, ibidem, 1167 ss.; Salatino, Contratti di swap. Dall’«operatore qualificato» al «cliente professionale»: il tramonto delle dichiarazione «auto40 n. 12138 del 2009 per la prima volta la Corte di cassazione ha preso posizione in merito ( 4 ). Meno trattati in giurisprudenza e in dottrina sono invece altri profili della materia dei contratti derivati, tematiche che si intendono approfondire in questo articolo ( 5 ). In particolare si cercherà di evidenziare quali sono le principali tipologie di contratti derivati esistenti sul mercato e d’individuare le loro funzioni. Ci si occuperà di alcune questioni che sono giunte all’attenzione della giurisprudenza negli ultimi anni. Non si tratterà invece, come accennato, della tematica dell’operatore qualificato. Allo stesso modo non ci si occuperà dei profili di diritto internazionale privato e di diritto estero. I contratti derivati possono contenere una scelta di legge in favore di una normativa straniera. Nella prassi finanziaria è in particolare piuttosto diffuso l’assoggettamento dei contratti al diritto inglese oppure a quello statunitense. In questo articolo ci limiteremo però a esaminare la sola disciplina italiana dei contratti derivati. referenziali», in Banca, borsa, tit. cred., 2009, I, 201 ss.; Sangiovanni, I contratti derivati e il regolamento Consob n. 11522 del 1998, in Giur. merito, 2009, 1516 ss.; Id., Contratti derivati e dichiarazione del rappresentante legale, in Corr. merito, 2008, 41 ss.; Id., Contratto di swap e nozione di operatore qualificato, in Contratti, 2007, 1093 ss.; Sesta, La dichiarazione di operatore qualificato ex art. 31 reg. Consob n. 11522/1998 tra obblighi dell’intermediario finanziario ed autoresponsabilità del dichiarante, in Corr. giur., 2008, 1751 ss.; Tommasini, La dichiarazione «autoreferenziale» di essere operatore qualificato e l’onere di verifica in capo all’intermediario destinatario, in questa Rivista, 2007, I, 812 ss. ( 4 ) Cass., 26.5.2009, n. 12138, in Danno e resp., 2009, 1067, con nota di Sangiovanni. ( 5 ) In materia di contratti derivati cfr. in particolare Antonucci, Considerazioni sparse in tema di strumenti finanziari derivati creati da banche, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, II, 204 ss.; Capriglione, I «prodotti» derivati: strumenti per la copertura dei rischi o per nuove forme di speculazione finanziaria?, ivi, 1995, I, 359 ss.; De Iuliis, Principi di diritto del mercato finanziario, Utet, 2008, 91 ss.; Piras, Contratti derivati: principali problematiche al vaglio della giurisprudenza, in Resp. civ. e prev., 2008, 2219 ss.; Sirotti Gaudenzi (a cura di), Derivati e swap. Responsabilità civile e penale, Maggioli, 2009. NGCC 2010 - Parte seconda Contratti derivati 2. I contratti derivati non costituiscono un numero chiuso. La legge italiana definisce i «valori mobiliari» (art. 1, comma 1o bis, t.u.f.) e definisce anche gli «strumenti finanziari» (art. 1, comma 2o, t.u.f.), categoria più ampia nella quale rientrano i valori mobiliari ( 6 ). Non si rinviene invece, nella nostra legge, una definizione di contratto derivato. Il t.u.f. non dà la definizione di contratto derivato, ma si limita a elencare determinati contratti (art. 1, comma 2o, t.u.f.) che – per le loro caratteristiche – vengono qualificati come «derivati» (art. 1, comma 3o, t.u.f.). Questa scelta, anche se criticabile dal punto di vista della certezza del diritto (in quanto connotata da indeterminatezza), è in realtà sostanzialmente apprezzabile se si riflette sul fatto che i contratti derivati vengono creati dalla prassi finanziaria e solo in un secondo momento vengono «recepiti» dall’ordinamento. La previsione di una definizione legislativa rigida di contratto derivato sarebbe inevitabilmente destinata a scontrarsi con le veloci evoluzioni dell’ingegneria finanziaria e a doversi considerare superata nel giro di pochi anni. Se si osservano gli sviluppi del recente passato, si rileva come sia aumentato non di poco il numero di contratti derivati creati dalla prassi finanziaria. I bisogni dei mercati si sono evoluti e gli operatori hanno creato nuovi strumenti per far fronte a tali esigenze. Al riguardo si tenga presente che i contratti derivati, come elencati attualmente nell’art. 1, comma 2o, t.u.f., non costituiscono un numero chiuso. Il t.u.f. contiene difatti una delega al Ministro dell’economia e delle finanze per l’identificazione di nuovi potenziali contratti derivati: «il Ministro dell’economia e delle finanze, con il regolamento di cui all’articolo 18, comma 5o, individua: a) gli altri contratti derivati di cui al comma 2o, lettera g), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a rego- ( 6 ) Per un’analisi di queste categorie cfr. Rancati, Gli strumenti finanziari, gli strumenti finanziari derivati ed i valori mobiliari, in La MiFID in Italia, a cura di Zitiello, 2009, 31 ss. NGCC 2010 - Parte seconda lari richiami di margine; b) gli altri contratti derivati di cui al comma 2o, lettera j), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine». In questo modo il sistema si caratterizza per la sua flessibilità: i nuovi contratti derivati, creati dall’ingegneria finanziaria, possono essere recepiti nell’ordinamento senza necessità di una previsione legislativa ma solo sulla base di un regolamento ministeriale. 3. Le parti dei contratti derivati e i meccanismi di negoziazione. I contratti derivati sono anzitutto dei «contratti» come tutti gli altri contratti. Essi devono dunque soddisfare i requisiti che il codice civile richiede per i contratti in generale: «1) l’accordo delle parti; 2) la causa; 3) l’oggetto; 4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità» (art. 1325 cod. civ.). Nel prosieguo, nei limiti del possibile, si seguirà questo schema (accordo delle parti, causa, oggetto e forma) nell’esaminare la materia dei contratti derivati. Con riferimento alle parti del contratto derivato, si deve tenere presente che esse non necessariamente coincidono con le parti del contratto sottostante. Può così, ad esempio, capitare che la società Alfa concluda un contratto di finanziamento con la banca Beta e che – successivamente – la stessa società Alfa si rivolga alla banca Gamma per concludere un contratto derivato che le offra garanzia di copertura nei confronti dell’eccessivo indebitamento generato dal contratto di finanziamento. Parti di un contratto derivato possono essere sia intermediari finanziari sia privati ( 7 ). Il tema delle «parti» dei contratti derivati deve essere affrontato congiuntamente alla tematica dei mercati sui quali essi possono essere negoziati. I contratti derivati possono essere negoziati nei mercati regolamentati oppure al di fuori di essi (ossia, con espressione inglese, over the ( 7 ) Cfr. Lembo, La rinegoziazione dei contratti derivati: brevi note sulle problematiche civilistiche e fallimentari, in Dir. fall., 2005, I, 355. 41 Aggiornamenti counter). I contratti finanziari a termine standardizzati e i contratti di opzione sono negoziati nei mercati regolamentati; in questo senso dispone l’art. 4.7.1 del regolamento di Borsa Italiana s.p.a. ( 8 ), secondo cui «nel mercato degli strumenti derivati possono essere negoziati contratti futures e contratti di opzione aventi come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici» ( 9 ). Gli swaps sono invece negoziati fuori dai mercati regolamentati. La negoziazione nei mercati regolamentati offre maggiore tutela alle parti. Vi è, ad esempio, trasparenza sulle caratteristiche e sulle quotazioni degli strumenti trattati. La negoziazione nei mercati regolamentati presuppone un’alta uniformità dei contenuti negoziali. Tanto è vero che, in forza di legge, il regolamento del mercato deve determinare – fra le altre cose – «i tipi di contratti ammessi alle negoziazioni, nonché i criteri per la determinazione dei quantitativi minimi negoziabili» (art. 62, comma 2o, lett. d), t.u.f.). In occasione della conclusione dei contratti di opzione e dei contratti finanziari a termine standardizzati non vi sono in sostanza margini di trattativa fra le parti, salvo che per alcuni contenuti negoziali minimi come la scadenza e il prezzo. Nel nostro sistema sussiste, dunque, uniformità per i contratti di opzione e per i contratti finanziari a termine standardizzati, che sono negoziati nei mercati regolamentati. Le posizioni trattate in questi mercati sono simili e, pertanto, più facilmente liquidabili. L’assenza di un mercato rende invece gli swaps difficilmente cedibili. Nella prassi l’impresa che si trova vincolata a un contratto di swap che si sta evolvendo in senso negativo non ha, di fatto, altro strumento a disposizione che quello di rinegoziare il contratto, non potendolo cedere. Con riferimento alle parti dei contratti deri( 8 ) Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana s.p.a. del 22.6.2009, in www.borsaitaliana.it. ( 9 ) Si tratta del «mercato degli strumenti derivati» o «IDEM» ossia «il mercato di borsa in cui si negoziano contratti futures e contratti di opzione aventi come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici» (art. 1.3 del regolamento di Borsa Italiana). 42 vati, è utile segnalare che la giurisprudenza ha avuto occasione di occuparsi del caso in cui il contratto è stato concluso da un soggetto che non risultava essere autorizzato come intermediario (c.d. «intermediario abusivo»). Secondo la Corte di cassazione è affetto da nullità assoluta il contratto di swap stipulato da un intermediario abusivo, atteso l’interesse dell’ordinamento a rimuovere detto contratto per le turbative che la conservazione di esso è destinata a creare nel sistema finanziario generale ( 10 ). 4. La causa dei contratti derivati (finalità di copertura e finalità speculativa). La finalità principale dei contratti derivati è quella di garantire chi li sottoscrive contro certi rischi. Sotto questo profilo i contratti derivati svolgono una funzione simile a quella dei contratti assicurativi. Alla finalità di copertura ci si riferisce usualmente con l’espressione inglese di «hedging». Il caso del rischio valutario consente di comprendere bene la funzione di copertura svolta dai contratti derivati. Si immagini che un esportatore italiano abbia concordato di essere pagato in valuta straniera. Si tratterà della valuta del luogo di esportazione oppure di una valuta internazionalmente diffusa (ad esempio il dollaro americano). La valuta straniera è però soggetta a oscillazioni di valore rispetto all’euro. Il pagamento delle merci esportate di solito non avviene immediatamente, ma a distanza di un certo lasso di tempo dalla fornitura (ad esempio 30 oppure 60 giorni). Decorso tale periodo può darsi che la valuta straniera si sia svalutata rispetto all’euro, con l’effetto che la controprestazione che l’esportatore italiano riceve (= il pagamento del prezzo della merce) è inferiore a quella che si attendeva originariamente. In situazioni particolari il danno conseguente al rischio di cambio può diventare particolarmente gravoso. Per evitare tale pericolo può essere concluso un contratto derivato avente a oggetto le valute. Il contratto è strutturato in modo tale che nel caso la valuta straniera perda di valore, tale perdita non ricada (o, comunque, si rifletta meno) sull’esportato- ( 10 ) Cass., 7.3.2001, n. 3272, in Mass. Giust. civ., 2001. NGCC 2010 - Parte seconda Contratti derivati re. La controparte del contratto derivato assume l’obbligo di tenerlo indenne (in tutto o in parte) rispetto agli effetti della svalutazione. Ecco spiegato con un esempio come il contratto derivato possa svolgere una funzione assicurativa o di copertura. Un ragionamento analogo può essere fatto con riferimento ad altri parametri variabili come i tassi d’interesse. Se un contratto di finanziamento viene concluso da un imprenditore prevedendo un tasso variabile e il tasso – con il passare del tempo – si alza in misura considerevole, il finanziamento contratto può risultare particolarmente oneroso. Ciò è esattamente quanto è avvenuto per numerose piccole e medie imprese italiane negli ultimi anni. Le società hanno cercato, mediante la conclusione di contratti di swaps, di eliminare (o quantomeno ridurre) le conseguenze negative derivanti da tassi variabili alti. Anche in questo caso il contratto derivato ha funzione di copertura. I contratti derivati relazionati a tassi d’interesse servono peraltro non solo alle imprese, ma anche alle banche, le quali – grazie alla loro conclusione – si premuniscono contro il rischio opposto. Può cioè capitare che, a fronte di un finanziamento a tasso variabile, il tasso divenga particolarmente basso e ciò renda poco lucrativo il mutuo concesso dall’intermediario. Con il contratto derivato si prevede non solo la soglia massima del tasso, sopra la quale è la banca a dover versare una somma all’imprenditore, ma anche la soglia minima, sotto la quale spetta all’imprenditore versare una somma alla banca. L’intermediario può così realizzare l’obiettivo di mantenere sempre ragionevolmente lucrativo il finanziamento che ha concesso. Ai fini del ragionamento che si sta svolgendo è comunque qui sufficiente sottolineare che i contratti derivati perseguono, di norma, una finalità di riduzione del rischio. Questo obiettivo è meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Si tratta, del resto, della finalità propria del contratto di assicurazione, contratto tipico previsto nel nostro ordinamento ( 11 ). ( 11 ) «L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a NGCC 2010 - Parte seconda In forza del principio di autonomia contrattuale «le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico» (art. 1322, comma 2o, cod. civ.). I contratti derivati non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare. La dottrina ha cercato di avvicinare i contratti derivati a qualcuno dei contratti tipici previsti nel nostro ordinamento ( 12 ). Si è fatto riferimento talvolta al contratto di assicurazione. Il rischio però, in questo caso, è corso solo dall’assicurato. Nell’ipotesi invece dei contratti derivati il rischio incombe su entrambi i contraenti. Inoltre, mentre nel contratto di assicurazione è determinato chi debba effettuare la prestazione in conseguenza dell’evento dedotto in contratto (sempre l’assicuratore), nei contratti derivati la prestazione può essere a carico dell’una oppure dell’altra parte (a seconda dell’andamento del parametro sottostante). Un altro tentativo effettuato dalla dottrina è quello di avvicinare il contratto derivato al contratto di permuta ( 13 ). Complessivamente si può però affermare che i contratti derivati presentano caratteristiche tali per cui non possono essere immediatamente ricondotti ai tipi contrattuali sopra menzionati o ad altri tipi contrattuali. Stante il loro carattere di atipicità, i contratti derivati possono essere accettati dall’ordinamento solo se sono meritevoli di tutela. Il fatto che essi perseguano un obiettivo di riduzione dei rischi fa affermare la loro meritevolezza di tutela. In questo senso si è espresso, ad esempio, il Tribunale di Lanciano, il quale ha affermato che il contratto di interest rate swap, sottoscritto da un imprenditore in relazione a un pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana» (art. 1882 cod. civ.). ( 12 ) Per l’individuazione dei possibili contratti tipici cui ricondurre i contratti derivati cfr. Gilotta, In tema di interest rate swap, in Giur. comm., 2007, II, 140 ss. ( 13 ) «La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro» (art. 1552 cod. civ.). 43 Aggiornamenti mutuo a tassi variabili da questi stipulato, è negozio dotato di una funzione assicurativa che impedisce di ritenerlo privo di causa ( 14 ). Il punto è che i contratti derivati non sempre vengono conclusi con finalità di riduzione del rischio; talvolta essi vengono conclusi con finalità speculative. Ciò avviene in particolare quando non vi è un previo indebitamento sottostante rispetto al quale assicurarsi, ma solo l’obiettivo di speculare sulle variazioni dei tassi d’interesse. In altre parole alcune volte i contratti derivati vengono utilizzati non per ridurre un rischio, ma per crearlo (e, se possibile, per approfittarne). In questi casi esisterebbero i margini per affermare che il negozio persegue una causa non meritevole di tutela. Al riguardo la sentenza del Tribunale di Lanciano appena menzionata è illuminante: essa afferma che se un contratto di interest rate swap è stipulato a mero scopo speculativo, al di fuori di una funzione assicurativa legata all’attività imprenditoriale, risulta assimilabile alla scommessa. La similitudine con la scommessa deriva dal fatto che la banca, senza previo indebitamento sottostante di un’impresa e senza necessità di porre in essere l’operazione, «punta» una certa somma sperando che i tassi si muovano in una determinata direzione: se l’andamento auspicato del mercato si realizza, essa lucra un «guadagno». La situazione è diversa dal caso di un contratto derivato con finalità di copertura, dove il risultato che si persegue non è tanto quello di conseguire un guadagno, ma di evitare una perdita (assicurandosi contro un rischio). La distinzione fra le finalità (di copertura oppure speculative) perseguibili con la conclusione di contratti derivati trovava un riscontro normativo nell’ormai abrogato reg. n. 11522 del 1998. Qui si prevedeva, ad esempio, che – nel caso di gestione di portafogli – il contratto con gli investitori dovesse, «con riguardo agli strumenti finanziari derivati, indicare se detti strumenti possono essere utilizzati per finalità diverse da quella di copertura dei rischi connessi alle posizioni detenute in gestione» (art. 37, comma 1o, lett. c), reg. n. 11522 del 1998). ( 14 ) Trib. Lanciano, 6.12.2005, in Giur. comm., 2007, II, 131 ss., con nota di Gilotta. 44 Il guadagno o la perdita che può derivare da un contratto derivato è potenzialmente molto elevato ( 15 ). La giurisprudenza degli ultimi anni mostra che gli oneri derivanti dalla conclusione di contratti derivati sono stati, in alcuni casi, talmente gravosi da mettere in pericolo la stessa sopravvivenza dell’impresa interessata. Anche perché bisogna considerare che sono proprio società già indebitate a fare ricorso ai contratti derivati. Il regolatore secondario è consapevole dell’elevato livello di rischio insito nella conclusione di contratti derivati e, in un’ottica di tutela dell’investitore, imponeva all’intermediario dei doveri informativi in merito all’andamento di tali contratti: «gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l’investitore appena le operazioni in strumenti derivati e in warrant da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l’esecuzione delle operazioni. Il valore di riferimento di tali mezzi si ridetermina in occasione della comunicazione all’investitore della perdita, nonché in caso di versamenti o prelievi. Il nuovo valore di riferimento è prontamente comunicato all’investitore. In caso di versamenti o prelievi è comunque comunicato all’investitore il risultato fino ad allora conseguito» (art. 28, comma 3o, reg. n. 11522 del 1998). Similmente, in vigenza del reg. n. 11522 del 1998, il contratto con l’investitore doveva «indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l’esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e warrant» ( 15 ) Correttamente la Consob osservava che «gli strumenti finanziari derivati sono caratterizzati da una rischiosità molto elevata il cui apprezzamento da parte dell’investitore è ostacolato dalla loro complessità» (in questo senso l’allegato n. 3 al reg. n. 11522 del 1998). L’allegato continuava specificando che «è quindi necessario che l’investitore concluda un’operazione avente ad oggetto tali strumenti solo dopo averne compreso la natura e il grado di esposizione al rischio che essa comporta». NGCC 2010 - Parte seconda Contratti derivati (art. 30, comma 2o, lett. e), reg. n. 11522 del 1998). Nella prassi è frequente che i contratti derivati contengano la clausola di esclusione della risoluzione per eccessiva onerosità. Come è noto, «nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458» (art. 1467, comma 1o, cod. civ.). I contratti derivati sono contratti a esecuzione differita e, nel tempo che trascorre fra la loro conclusione e la loro esecuzione, possono verificarsi eventi che rendono la prestazione di uno dei contraenti decisamente onerosa. La parte tenuta alla prestazione potrebbe dunque, teoricamente, eccepire l’eccessiva onerosità. Bisogna però considerare che lo stesso codice civile prevede che «la risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto» (art. 1467, comma 2o, cod. civ.). Inoltre «le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contratti aleatori per loro natura o per volontà delle parti» (art. 1469 cod. civ.). La clausola con cui, nei contratti derivati, si esclude la risoluzione per eccessiva onerosità serve ad affermare che la variabilità delle prestazioni dei contraenti rientra nella normale alea del contratto (art. 1467, comma 2o, cod. civ.) oppure, se si vuole, a determinare per volontà delle parti il carattere aleatorio del contratto (art. 1469 cod. civ.). I contraenti accettano che uno di essi possa essere chiamato a una prestazione particolarmente onerosa e rinunciano così a chiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità. Secondo la già menzionata sentenza del Tribunale di Lanciano, al contratto di interest rate swap non è applicabile l’istituto della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, stante la natura aleatoria di tale contratto. In questo contesto si pone anche il problema della possibile eccezione di gioco o scommessa cui potrebbero essere esposti i contratti derivati. Quando la finalità di un derivato non è di copertura, uno dei contraenti potrebbe – in ipotesi – opporsi alla richiesta dell’altro di paNGCC 2010 - Parte seconda gare il differenziale affermando che il contratto rappresenta una scommessa che non dà diritto ad azione. Si può al riguardo parlare di «scommessa» in quanto l’importo dovuto da una delle parti all’altra, all’esito della vicenda, non è determinabile in anticipo, dipendendo dall’andamento del sottostante. L’eccezione di gioco o scommessa verrebbe però, alla luce del diritto vigente, rigettata. Bisogna difatti tenere presente quanto prevede l’art. 23, comma 5o, t.u.f.: «nell’ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5o, lettera a), non si applica l’art. 1933 del codice civile». L’art. 1933 cod. civ., dettato in materia di gioco e scommessa, stabilisce che «non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti». Al legislatore è parso opportuno distinguere fra il gioco in sé, che non attribuisce azione in giudizio, e i contratti derivati, che danno invece tutela processuale. L’eccezione di gioco prevista dall’art. 1933 cod. civ. si giustifica con il fatto che il gioco non svolge una funzione economica degna di tutela. Nel caso dei contratti derivati è invece sempre ricostruibile una funzione economica degna di tutela. Sulla materia è intervenuta molto recentemente la Corte di cassazione, la quale ha affermato che l’attività degli intermediari finanziari non è assimilabile all’attività di una casa da gioco autorizzata per l’esistenza di dettagliate disposizioni normative che impongono all’intermediario di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati ( 16 ). 5. L’oggetto dei contratti derivati e le diverse tipologie di derivati. I contratti derivati si caratterizzano per il fatto che la loro esecuzione è differita rispetto al momento della loro conclusione. L’espressione «derivato» sta a indicare che le prestazioni cui sono tenuti i contraenti non sono determinate fin dall’inizio, ma sono variabi- ( 16 ) Cass., 17.2.2009, n. 3773, in Danno e resp., 2009, 503 ss., con nota di Sangiovanni. 45 Aggiornamenti li e potranno essere determinate solo in un momento futuro. Più nello specifico le future prestazioni delle parti dipendono, «derivano» appunto, dalla variazione di valore di certe attività sottostanti (di natura finanziaria oppure reale) oppure dal verificarsi di un determinato evento. Le parti non hanno controllo sulla variazione di valore delle attività sottostanti, valore che si può muovere in una direzione oppure in quella opposta. In questa incertezza sta il carattere aleatorio del contratto. Si tratta di una aleatorietà particolarmente forte poiché dall’andamento del sottostante dipende non solo l’ammontare della prestazione, ma addirittura chi sia tenuto a effettuarla. Sul punto è utile ribadire che sussiste una differenza rispetto al contratto di assicurazione, in cui l’evento dedotto in contratto è sì futuro e incerto, ma il soggetto tenuto alla prestazione è certo (si tratta sempre dell’assicuratore). Secondo la giurisprudenza l’alea deve essere bilaterale. Recentemente il Tribunale di Brindisi ha affermato che il contratto aleatorio unilaterale nel quale l’alea, quale elemento attinente alla causa del contratto, è tutta concentrata nella sfera giuridica del risparmiatore non è meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 cod. civ.), in quanto l’ordinamento non può ammettere la validità di contratti atipici che, lungi dal prevedere semplici modalità di differenziazione dei diversi profili di rischio, trasferisca piuttosto in capo a una sola parte l’alea derivante dal contratto, attribuendo invece alla controparte profili certi quanto alla redditività futura del proprio investimento ( 17 ). L’attività o l’evento da cui dipende l’ammontare della prestazione di una delle parti viene comunemente denominato «sottostante». Il valore del contratto derivato è legato al sottostante mediante formule matematiche più o meno complesse. Queste formule consentono di determinare quale parte sia tenuta alla prestazione nei confronti dell’altra, prestazione che costituisce il pagamento finale dovuto («pay-off»), e a quanto ammonti tale prestazione. ( 17 ) Trib. Brindisi, 8.7.2008, in Giur. merito, 2008, 3113 ss., con nota di Sangiovanni. 46 Passando all’esame del diritto positivo vigente, la legge stabilisce che per «strumenti finanziari derivati» si intendono «gli strumenti finanziari previsti dal comma 2o, lettere d) ( 18 ), e) ( 19 ), f) ( 20 ), g) ( 21 ), h) ( 22 ), i) ( 23 ) e j) ( 24 ), non- ( 18 ) Art. 1, comma 2o, lett. d), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti». ( 19 ) Art. 1, comma 2o, lett. e), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto». ( 20 ) Art. 1, comma 2o, lett. f), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap” e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione». ( 21 ) Art. 1, comma 2o, lett. g), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, contratti a termine (“forward”) e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f) che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l’altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini». ( 22 ) Art. 1, comma 2o, lett. h), t.u.f.: «strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito». ( 23 ) Art. 1, comma 2o, lett. i), t.u.f.: «contratti finanziari differenziali». ( 24 ) Art. 1, comma 2o, lett. j), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, contratti a termine sui tassi d’interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagaNGCC 2010 - Parte seconda Contratti derivati ché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1o bis, lettera d) ( 25 )» (art. 1, comma 3o, t.u.f.). Le principali figure di contratto derivato sono dunque i contratti di opzione, i contratti finanziari a termine standardizzati e gli swaps. Passiamo a esaminare in maggior dettaglio queste figure. 6. I contratti di opzione e i contratti finanziari a termine standardizzati. Attesa l’assenza di definizioni legislative, è utile – ai fini della comprensione delle caratteristiche essenziali dei contratti di opzione e dei contratti finanziari a termine standardizzati – fare riferimento al già citato regolamento di Borsa Italiana. Iniziamo questo breve esame spendendo alcune parole sulle opzioni. Secondo l’art. 4.7.1 del regolamento di Borsa Italiana per contratto di opzione si intende uno strumento finanziario «con il quale una delle parti, dietro pagamento di un corrispettivo (premio), acquista la facoltà di acquistare (opzione call) o di vendere (opzione put), alla o entro la data di scadenza ( 26 ), un certo quantitativo dell’attività sottostante a un prezzo presta- mento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l’altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini». ( 25 ) Art. 1, comma 1o bis, lett. d), t.u.f.: «qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure». ( 26 ) L’allegato n. 3 al reg. n. 11522 del 1998 chiariva che «a seguito dell’acquisto di un’opzione, l’investitore può mantenere la posizione fino a scadenza o effettuare un’operazione di segno inverso, oppure, per le opzioni di tipo “americano”, esercitarla prima della scadenza». NGCC 2010 - Parte seconda bilito (prezzo di esercizio). La liquidazione del contratto può altresì avvenire mediante lo scambio di una somma di denaro determinata, per le opzioni call, come differenza tra il prezzo di liquidazione dell’attività sottostante e il prezzo di esercizio, ovvero, per le opzioni put, come differenza tra il prezzo di esercizio e il prezzo di liquidazione dell’attività sottostante, il giorno in cui la facoltà è esercitata o alla scadenza». Diverse sono le finalità perseguite da parte di chi acquista la facoltà e da parte di chi la cede. Chi acquista la facoltà (buyer) paga un premio (e dunque sopporta una perdita sicura, nel senso del valore del premio); dall’altro lato si riserva la facoltà di acquistare o di vendere i titoli e, in questo modo, di trarre un profitto potenziale ( 27 ). Chi cede la facoltà (seller) riceve, invece, un premio (e dunque ottiene un seppur minimo guadagno sicuro); dall’altro lato si impegna a vendere o ad acquistare i titoli e, in questo modo, a subire una perdita potenziale ( 28 ). In altre parole chi acquista un’opzione acquista il diritto di tenere sotto controllo l’andamento del titolo di riferimento e, a seconda delle condizioni di mercato, di esercitare oppure di non esercitare l’opzione. I contratti di opzione si distinguono in call option e in put option. La call option è un’opzione ad acquistare, mentre la put option è un’opzione a vendere. Nel caso, ad esempio, di una call option, se il beneficiario della opzione non è soddisfatto dell’andamento del titolo sottostante, non esercita l’opzione e non ha necessità di acquistarlo. Nel caso invece in cui ( 27 ) L’allegato n. 3 al reg. n. 11522 del 1998 indicava che «l’acquisto di un’opzione è un investimento altamente volatile ed è molto elevata la probabilità che l’opzione giunga a scadenza senza alcun valore. In tal caso, l’investitore avrà perso l’intera somma utilizzata per l’acquisto del premio più le commissioni». ( 28 ) L’allegato n. 3 al reg. Consob n. 11522 del 1998 specificava che «la vendita di un’opzione comporta in generale l’assunzione di un rischio molto più elevato di quello relativo al suo acquisto. Infatti, anche se il premio ricevuto per l’opzione venduta è fisso, le perdite che possono prodursi in capo al venditore dell’opzione possono essere potenzialmente illimitate». 47 Aggiornamenti l’andamento sia stato di suo gradimento, esercita l’opzione e acquista il titolo. Lo stesso ragionamento vale, inversamente, nel caso di put option. Qui il beneficiario acquista la facoltà di vendere i titoli. Il beneficiario osserva l’andamento e, alla scadenza, può esercitare l’opzione (e vendere i titoli) oppure rinunciare all’opzione (e tenersi i titoli). In giurisprudenza è stato affermato che la violazione, da parte del venditore di un’opzione put, dell’obbligo di fornire le informazioni essenziali relative al contratto rende del tutto indeterminata la prestazione oggetto del contratto medesimo e ne determina la nullità per contrasto con le norme imperative di cui agli artt. 1346 e 1418 cod. civ. ( 29 ). Nel caso di specie mancava qualsiasi documento negoziale attestante il tipo e la quantità della merce sottostante. Inoltre mancava qualsiasi riferimento al prezzo base della merce e al prezzo di opzione. L’opzione è uno dei pochi contratti derivati per cui si rinviene un minimo di disciplina nel codice civile. Il riferimento è all’art. 1331 cod. civ., dove si prevede che «quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’articolo 1329» (art. 1331, comma 1o, cod. civ.). Si tratta, in essenza, della descrizione dello schema-base dell’opzione quale contratto derivato, in cui uno dei contraenti rimane vincolato alla propria dichiarazione (si obbliga irrevocabilmente a acquistare o a vendere), mentre l’altro ha la facoltà di accettarla ( 30 ). ( 29 ) Trib. Brindisi, 29.12.2004, in Banca, borsa, tit. cred., 2006, II, 355 ss., con nota di Picardi. ( 30 ) Simili ai contratti di opzione sono i covered warrants. Si tratta di titoli liberamente negoziabili sui mercati regolamentati e rappresentativi di opzioni. Il compratore ha la facoltà (non l’obbligo) di comprare (call) o di vendere (put) una determinata attività sottostante, a un prezzo e a una scadenza prefissati. Per avvalersi di questa facoltà, il compratore del warrant paga un premio. Secondo la giurisprudenza di merito che si è pronunciata sul punto (Trib. Napoli, 22.3.2005, in Contratti, 2006, 113 ss., con nota di Gaeta), i covered warrants costituiscono strumenti derivati. 48 Altra importante categoria di contratti derivati sono i contratti finanziari a termine standardizzati (o «futures»). Abbiamo visto come il t.u.f., all’art. 1, comma 2o, lett. d), e), f), g) e j), si limiti a indicarne il nome in italiano («contratti finanziari a termine standardizzati») e in inglese («futures»), ma non ne dia una definizione. Di maggiore aiuto è l’art. 4.7.1 del regolamento di Borsa Italiana: per contratto futures si intende uno strumento finanziario «con il quale le parti si impegnano a scambiarsi alla scadenza un certo quantitativo dell’attività sottostante a un prezzo prestabilito. La liquidazione a scadenza del contratto può altresì avvenire mediante lo scambio di una somma di denaro determinata come differenza tra il prezzo di conclusione del contratto e il suo prezzo di liquidazione». Il contratto a termine si differenzia dal contratto di opzione in quanto nel primo vi è l’obbligo di addivenire allo scambio alla scadenza, mentre nel secondo vi è la mera facoltà in capo al soggetto che ha acquistato l’opzione. 7. Gli swaps. Un’altra importante categoria di contratti derivati è costituita dagli swaps. Non solo il t.u.f., ma nemmeno il regolamento di Borsa Italiana, contiene una definizione di «contratto di swap». Ciò non deve sorprendere in quanto si tratta di contratti che non vengono negoziati sui mercati regolamentati e il regolamento di Borsa Italiana concerne appunto i mercati regolamentati. Nel caso degli swaps si tratta, fra l’altro, dell’unico caso in cui lo stesso legislatore del t.u.f. preferisce non tradurre in italiano l’espressione inglese di «swap» («scambio»). Ai contratti di opzione, ai contratti finanziari a termine standardizzati e agli swaps, che sono contratti tipici del mercato finanziario, ci si riferisce comunemente usando la terminologia inglese: options, futures e swaps. Il legislatore italiano cerca però, a ragione, di evitare di usare termini stranieri, se appena possibile. Mentre ciò avviene per i «contratti di opzione» (cfr. ad esempio l’art. 1, comma 2o, lett. d), t.u.f.), avviene solo in parte per i «contratti finanziari a termine» che il legislatore indica nel testo di legge anche con l’espressione inglese di «futures». Nel caso degli swaps la legge italiana usa esclusivamente la terminologia inglese. NGCC 2010 - Parte seconda Contratti derivati La Corte di cassazione ha avuto più occasioni di definire il contratto di swap. In una sentenza del 2005, ad esempio, il contratto di swap è stato definito come quel contratto aleatorio con cui le parti si obbligano reciprocamente all’esecuzione, l’una nei confronti dell’altra, alla scadenza di un termine prestabilito di una prestazione pecuniaria il cui ammontare è determinato da un evento incerto ( 31 ). In una sentenza del 2001 il contratto di swap è stato definito come quel contratto in cui due parti convengono di scambiarsi, in una o più date prefissate, somme di danaro calcolate applicando due diversi parametri (in termini di tassi d’interesse o di cambio) a un identico ammontare di riferimento, con il pagamento alla scadenza concordata di un importo di base netto, in forza di compensazione ( 32 ). Si è già accennato che, mentre i contratti di opzione e i contratti finanziari a termine standardizzati sono negoziati nei mercati regolamentati, i contratti di swap vengono negoziati al di fuori di tali mercati. La negoziazione over the counter può risultare problematica dal punto di vista dell’investitore. La situazione di pericolo in cui si trova il sottoscrittore dello swap era ben evidenziata nell’allegato 3 al reg. Consob n. 11522 del 1998, ove si chiariva che «per le operazioni effettuate fuori dai mercati organizzati può risultare difficoltoso o impossibile liquidare una posizione o apprezzarne il valore effettivo e valutare l’effettiva esposizione al rischio». I contratti di swap possono essere oggetto di trattative particolari fra le parti, anche se – nella prassi – è quasi sempre l’intermediario che ne pre-determina il contenuto essenziale. Alcune volte, soprattutto quando le imprese interessate si trovano in una situazione di grave indebitamento, i margini per negoziare i contratti di swap sono minimi. Esistono modelli standardizzati di contratto che sono poi adattati di volta in volta. Nella prassi gli swaps non presentano comunque lo stesso alto livello di standardizzazione dei contratti di opzione e dei contratti finanziari a termine (non a caso, que- ( 31 ) Cass., 19.5.2005, n. 10598, in Mass. Giust. civ., 2005. ( 32 ) Cass., 6.4.2001, n. 5114, ivi, 2001. NGCC 2010 - Parte seconda sti ultimi, definiti dallo stesso t.u.f. come «standardizzati»): per i contratti di opzione e per i contratti finanziari a termine, la standardizzazione è necessaria al fine di consentirne la negoziazione nei mercati regolamentati. I contratti di swap sono contratti di scambio che possono avere a oggetto diversi beni. Oggetti tipici dei contratti di swap sono le merci (commodity swap), i tassi d’interesse (interest rate swap) e le valute (currency swap). I contratti di swap prevedono due distinte modalità di calcolo rispetto a una certa somma-base (detta «nozionale»). Ciascuna modalità di calcolo si fonda su parametri diversi e dà risultati diversi. Effettuati i calcoli all’esito del periodo pattuito, una delle due parti si trova a debito nei confronti dell’altra ed è tenuta a pagare la differenza dovuta. Di grande rilievo pratico sono i contratti di swap su tassi d’interesse, che sono all’origine di buona parte del contenzioso in materia di derivati che sta affollando le aule di giustizia negli ultimi anni ( 33 ). La loro funzione è il trasferimento del rischio connesso alla variabilità dei tassi d’interesse. Gli swaps su tassi d’interesse consentono, a certe condizioni, di «trasformare» il tasso da variabile a fisso. Sullo stesso nozionale (che è, generalmente, il valore dell’intero finanziamento sottostante; ma può esserne anche solo una parte) si calcolano i due diversi tassi d’interesse. Una parte si impegna a pagare secondo una certa modalità di calcolo (a tasso fisso), mentre l’altra si impegna a pagare secondo un’altra modalità di calcolo (a tasso variabile). Alla fine del periodo concordato una delle due parti, quella che risulta a debito, è tenuta a pagare all’altra la differenza fra gli importi risultanti dall’applicazione dei due distinti tassi d’interesse. È difatti comune nella contrattualistica la clausola di compensazione («netting»), per effetto della quale va pagata solo la differenza fra gli importi risultanti dalle due diverse modalità di calcolo. Al termine del rapporto contrattuale si verifica una compensazione e solo la differenza è oggetto di pagamento. La clausola di netting può peraltro operare solo ( 33 ) In materia di contratti derivati su tassi d’interesse cfr. Gilotta, op. cit., 134 ss. 49 Aggiornamenti quando le scadenze delle due posizioni (calcolo sulla base del tasso variabile e calcolo sulla base del tasso fisso) coincidono. Per comprendere meglio il meccanismo di funzionamento di un contratto derivato su tassi d’interesse si prenda come esempio una somma nozionale oggetto del finanziamento pari a 100.000 euro e si preveda lo scambio finale, dopo un anno, del risultato dei flussi di cassa fra un tasso fisso (al 5%) e un tasso variabile. Se il tasso variabile risulta essere del 6%, i risultati dei due calcoli sono rispettivamente 5.000 e 6.000 euro. Il soggetto che si è impegnato in questo senso verserà all’altro la differenza di 1.000 euro. Si verifica compensazione per cui non è necessario che una parte versi all’altra 5.000 euro e, contestualmente, la seconda versi alla prima 6.000 euro; basta versare la differenza. Si noti che non tutto il finanziamento sottostante è necessariamente oggetto del contratto di swap. Il contratto derivato può essere concluso anche per una parte sola del finanziamento ( 34 ). In questi casi il nozionale del derivato è inferiore all’importo del debito. Generalmente l’interesse dell’impresa è quello di coprire tutto il rischio sottostante, ma possono esservi delle ipotesi in cui il derivato opera solo in riferimento a una parte del debito. A dire il vero non è nemmeno necessario che ci sia un legame diretto fra un contratto di finanziamento e il contratto di swap. Ciò che il contratto di swap cerca di fronteggiare è il rischio dovuto agli interessi da corrispondere. Fonte di questo obbligo di corrispondere gli interessi non è necessariamente un unico contratto, ma possono essere più rapporti contrattuali, anche di natura diversa fra loro. Il vero punto di riferimento del contratto di swap non è dunque uno specifico contratto, ma la situazione di indebitamento in cui si trova la società interessata ( 35 ). Negli ultimi anni un numero elevato di piccole e medie società ha sottoscritto dei contrat- ti derivati con intermediari finanziari, contratti tesi a ridurre i rischi connessi alla variabilità dei tassi d’interesse. Nella prassi questi contratti vengono non raramente presentati dalle banche come aventi funzione assicurativa. Essi vengono proposti dall’intermediario addirittura contestualmente alla conclusione del contratto principale di finanziamento. In alcuni casi il contratto derivato viene peraltro concluso in un momento successivo e, segnatamente, quando la società si accorge dell’eccessivo onere finanziario e chiede alla banca una soluzione che sia in grado di ridurre tale onere. Il contratto di interest rate swap prevede generalmente che se i tassi d’interesse superano una certa soglia, allora la banca pagherà una somma alla società per ristorarla dell’eccessivo carico finanziario dovuto al sottostante contratto di finanziamento. Viceversa il contratto prevede che se i tassi d’interesse scenderanno sotto una certa soglia, allora sarà l’impresa a dovere versare una somma all’intermediario. Nella prassi succede frequentemente che i contratti derivati vengano ristrutturati. La società, avvertendo l’onere finanziario eccessivo del primo contratto concluso, chiede all’intermediario di porre termine anticipatamente al rapporto contrattuale. Questa scelta è tuttavia onerosa per l’impresa, in quanto comporta il pagamento del differenziale che si è nel frattempo accumulato (la perdita non è più solo potenziale, ma diventa reale), oltre che di una penale. Le parti dunque, generalmente, concordano solo di modificare le condizioni del contratto derivato. Gli intermediari strutturano il secondo contratto in modo che esso comprenda le passività che erano state accumulate con il primo. La ristrutturazione del contratto non sempre porta benefici alla società. Un’altra categoria di swap che ha un significativo rilievo pratico è quella avente a oggetto valute ( 36 ). La Corte di cassazione ha definito il contratto di domestic currency swap come il contratto aleatorio con il quale due parti si ob- ( 34 ) Cfr. Cass., 2.3.2009, n. 5022, in www.deiure.giuffrè.it, in per un caso in cui il contratto di swap aveva ad oggetto l’85% del finanziamento sottostante. ( 35 ) Gilotta, op. cit., 139. ( 36 ) In materia di contratti di swap su valute cfr. Cossu, Domestic current swap e disciplina applicabile ai contratti su strumenti finanziari. Brevi note sul collegamento negoziale, in Banca, borsa, tit. cred., 2006, II, 168 ss. 50 NGCC 2010 - Parte seconda Contratti derivati bligano, l’una all’altra, a corrispondere alla scadenza di un termine, convenzionalmente stabilito, una somma di danaro (in valuta nazionale) quale differenza fra il valore (espresso in euro) di una somma di valuta estera al tempo della conclusione del contratto e il valore della medesima valuta estera al momento della scadenza del termine stabilito ( 37 ). Di nuovo un esempio consente di comprendere meglio la fattispecie di cui ci stiamo occupando. L’esportatore italiano che accetta di essere pagato in una valuta straniera è soggetto al rischio di cambio. Fra il momento della consegna delle merci e il momento del pagamento trascorre di norma un certo lasso di tempo. Durante questo periodo la valuta straniera può perdere di valore, con l’effetto che l’esportatore subirebbe una perdita. Si supponga che l’esportatore pattuisca di essere pagato con 1.000.000 di dollari a 60 giorni e che, al cambio iniziale, tale somma corrisponda a 800.000 euro (1 dollaro = 0,80 euro). Se nel giro di 60 giorni il dollaro perde il 10% del suo valore (scendendo a 1 dollaro = 0,72 euro), l’esportatore che viene pagato in dollari – e poi li cambia in euro – riceve solo 720.000 euro, perdendo 80.000 euro. Con un apposito contratto di swap, l’esportatore può garantirsi nel senso che – in caso di perdita di valore della valuta di riferimento – la banca gli rimborserà tale perdita di valore. 8. Cenni ai derivati di credito. È poi utile accennare al fatto che, negli ultimi anni, hanno assunto sempre maggiore importanza i contratti derivati che trasferiscono il rischio di credito (c.d. «derivati di credito») ( 38 ). Il presupposto di questi contratti derivati è l’esistenza di un debitore che presenta un certo rischio di credito. A questo soggetto ci si riferisce con l’espressione inglese di «reference entity». Il rischio di credito misura la (maggiore o minore) capacità del debitore di far fronte alle obbligazioni assunte. Il pericolo principale è, ( 37 ) Cass., 19.5.2005, n. 10598, cit. ( 38 ) Sui contratti derivati con funzione di trasferimento del rischio di credito cfr. Tarolli, Trasferimento del rischio di credito e trasparenza del mercato: i credit derivatives, in Giur. comm., 2008, I, 1169 ss. NGCC 2010 - Parte seconda ovviamente, quello che il debitore divenga insolvente. L’evento di credito (credit event) rilevante ai fini dei contratti derivati di credito consiste tipicamente nell’insolvenza in senso tecnico del debitore. Può tuttavia trattarsi anche di eventi meno drammatici e può consistere in un semplice peggioramento della situazione finanziaria del debitore. Tipicamente il debitore ha emesso titoli di debito che, in conseguenza di un peggioramento della sua situazione, vengono ora reputati meno sicuri di quanto lo fossero prima. Al fine di coprirsi contro il rischio d’insolvenza del debitore può essere stipulato un contratto derivato relazionato al rapporto di credito, che può prendere la forma di «credit default option» oppure di «credit default swap». La «credit default option» presenta i vantaggi di una opzione ( 39 ). Verso il pagamento di un premio è possibile assicurarsi contro il rischio di credito del debitore sottostante. Il credit default swap è caratterizzato dal fatto che un certo soggetto (protection seller) assume su di sé il rischio di dover corrispondere a un altro soggetto (protection buyer) una determinata somma al verificarsi di un evento di credito che colpisce un terzo soggetto (il debitore). 9. La forma dei contratti derivati. Si accennava sopra al fatto che i contratti derivati, essendo contratti come tutti gli altri, devono presentare i requisiti richiesti dal codice civile per i contratti in generale. Fra tali requisiti rientra anche «la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità» (art. 1325, n. 4, cod. civ.). Vi è allora da chiedersi se, per i contratti derivati, la legge richieda l’osservanza di una determinata forma. Con riferimento alla forma dei contratti derivati, la disposizione di riferimento è l’art. 23, comma 1o, frase 1a, t.u.f., secondo cui «i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all’articolo 1, ( 39 ) Su questo tipo di contratto derivato cfr. Nucci, Credit default option, in Contratti, 2006, 823 ss. 51 Aggiornamenti comma 5o, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti» ( 40 ). La forma scritta è posta principalmente nell’interesse della controparte dell’intermediario. Il cliente della banca deve poter riflettere adeguatamente sul significato dell’operazione che compie. Nel caso, poi, dei contratti derivati, vi è una necessità maggiore di attenta riflessione prima della conclusione del contratto, attesa la loro pericolosità. Il requisito della forma scritta non vale però per tutti i clienti. «La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma» (art. 23, comma 1o, frase 2a, t.u.f.). In sede attuativa si è stabilito che «gli intermediari forniscono a clienti al dettaglio i propri servizi di investimento, diversi dalla consulenza in materia di investimenti, sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è consegnata al cliente» (art. 37, comma 1o, reg. Consob n. 16190 del 2007). Il requisito della forma scritta vale dunque per i clienti al dettaglio. La ragione di questa differenziazione sta nelle differenti esigenze di tutela delle diverse categorie d’investitori. Un conto è poi il contratto-quadro e un conto sono le operazioni esecutive del contrattoquadro. Per le operazioni esecutive non è richiesta la forma scritta ad substantiam. L’art. 37, comma 2o, lett. c), reg. Consob n. 16190 del 2007 prevede che il contratto, fra le altre cose, «indica le modalità attraverso cui il cliente può impartire ordini e istruzioni». Gli ordini dunque possono essere impartiti anche in forma diversa da quella scritta, non volendo il regolatore che l’operatività sia eccessivamente rallentata a causa della necessità di soddisfare pesanti requisiti formali. Infine si noti che la nullità per difetto di forma è una nullità relativa che può essere fatta valere solo dal cliente: «nei casi previsti dai commi 1o e 2o la nullità può essere fatta valere solo dal cliente» (art. 23, comma 3o, t.u.f.). ( 40 ) Sulla materia della forma dei contratti d’intermediazione finanziaria cfr. Barenghi, Disciplina dell’intermediazione finanziaria e nullità degli ordini di acquisto (in mancanza del contratto-quadro): una ratio decidendi e troppi obiter dicta, in Giur. merito, 2007, 59 ss.; Pontiroli-Duvia, Il formalismo nei contratti dell’intermediazione finanziaria ed il recepimento della MiFID, in Giur. comm., 2008, I, 151 ss.; Sangiovanni, L’art. 23 T.U.F. e la sottoscrizione del contratto-quadro, in Giur. it., 2009, 1682 ss.; Id., Contratto di negoziazione, forma convenzionale e nullità per inosservanza di forma, in Contratti, 2007, 778 ss.; Id., La nullità del contratto di gestione di portafogli di investimento per difetto di forma, ivi, 2006, 966 ss.; Id., La nullità del contratto per inosservanza di forma nel caso delle obbligazioni argentine, in Corr. merito, 2006, 737 ss. 52 NGCC 2010 - Parte seconda