Il problema dei contratti derivati non riguarda

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Il problema dei contratti derivati non riguarda
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22 settembre 2011
SOLDI
Bardelli (Martingale Risk): anche in Francia, Germania e Regno Unito stanno aumentando le liti
Il problema dei contratti derivati
non riguarda soltanto il Belpaese
Biagio Campo
Da fine luglio, i mercati hanno
prezzato in maniera più critica le
attività finanziarie di Stati ed enti
governativi con conti pubblici
difficilmente sostenibili nel lungo
periodo, sui quali ha pesato l’uso
poco attento degli strumenti derivati, che ha provocato un aumentato nel livello di indebitamento.
La bolla dei derivati in Italia è
scoppiata a fine 2007, da quel
momento migliaia di imprese,
soffocate dalle cedole e dagli onerosi mark to market, hanno sommerso i tribunali con atti di citazione. Grazie all’ultima sentenza
del Consiglio di Stato dello scorso
7 settembre sulla Provincia di
Pisa, è possibile annullare i contratti swap stipulati da un ente
attraverso l’istituto dell’autotutela, in quanto a causa dei costi
impliciti le operazioni di ristrutturazione del debito erano contrarie
al principio di convenienza economica finanziaria, rendendo illegittima l’operazione di finanza
derivata. “La maggior parte dei
giudici reputa illegittima l’applicazione dei costi occulti e riscontra sempre di più una mancanza
di causa concreta degli interest
rate swap (Irs)”, come spiega Gian
Marco Bardelli, responsabile del
quantitative
department
di
Martingale Risk, società di ingegneria finanziaria specializzata
nell’analisi quantitativa di strumenti finanziari complessi. I contratti swap hanno un senso economico se proteggono le passività
sottostanti dal rischio di rialzo dei
tassi di interesse, “laddove tale
funzione non venisse assolta verrebbe a mancare la cosiddetta
funzionalità del contratto”. Per le
imprese risulta fondamentale
dimostrare la speculatività dei
Gian Marco
Bardelli
singoli contratti, in modo da
avanzare le richieste di nullità ab
origine del rapporto contrattuale.
“Sul fronte corporate sono numerosi i provvedimenti cautelari e le
sentenze (tra queste la sentenza
5443/11 del Tribunale di Milano)
a favore delle aziende. Allo stesso
modo, per quanto riguarda le
autorità locali, il Comune di
Rimini e quello di Ortona hanno
ottenuto un rimborso rispettivamente di 651.632,43 e 343.196,83
euro”. La bolla dei derivati non è
scoppiata soltanto in Italia, ma
“anche in Francia, Germania e
Regno Unito stanno aumentando
le liti giudiziarie” e si stanno formando associazioni ad hoc. “In
Francia, alcuni amministratori
hanno dato vita all’Acteurs
publics contre les emprunts toxiques (in italiano Gestori di enti
locali contro i prestiti tossici), per
far fronte comune contro le banche che hanno venduto titoli tossici e denunciare la vendita di
derivati esotici agli enti locali,
puntando quindi a vietarne in
futuro la loro diffusione”. A capo
della cordata vi è Claude
Bartolone, presidente del dipartimento Seine-Saint-Denis. Le
penali richieste dalle banche per
estinguere i derivati sono molto
ingenti. “In un caso specifico gli
istituti sono arrivati a chiedere
penali di 33 milioni di euro, a
fronte di un prestito di 55 milioni”. In Germania, la corte di giustizia di Karlsruhe si è pronunciata a favore di una pmi tedesca, Ille
Papier, che aveva sottoscritto contratti derivati con componenti
opzionali. “Deutsche Bank, controparte bancaria, è stata condan-
nata a rimborsare la Ille Papier per
un ammontare di 540mila euro”.
Secondo il giudice tedesco, la pmi
non era stata adeguatamente
informata sui rischi potenziali dei
contratti e sull’ammontare dei
costi occulti presenti negli swap.
“Il Bundesgerichtshof, corte di
ultima istanza nel sistema giudiziario ordinario in Germania, ha
riscontrato che Deutsche Bank ha
strutturato i derivati andando
contro ogni interessere della
società”. Nel Regno Unito è iniziata la controffensiva legale delle
banche d’affari. Alcune di queste
hanno depositato presso l’Alta
Corte di Giustizia di Londra i
reclami, con l’obiettivo di far riconoscere la legittimità dei contratti
swap stipulati in passato. “Molti
contratti derivati sono Isda
Agreement e, in base a tale normativa, il foro competente in via
principale è Londra, per questo in
Italia molte regioni, tra cui Lazio,
Piemonte e Toscana, si sono
dovute rivolgere ai tribunali in
Inghilterra”. Il business dei derivati, in particolar modo quelli
creditizi, ha rappresentato per le
banche d’investimento un’importante voce sul conto economico.
La maggiore profittabilità si otteneva sui derivati esotici. “Più i
derivati erano complessi e maggiori erano le commissioni percepite dagli istituti, il tutto a danno
di enti locali e pmi, dove l’asimmetria informativa era accentuata
e la reale percezione dei rischi
connessi alle operazioni veniva
meno”. Le sentenze italiane e
tedesche “hanno aggiunto tasselli
importanti al panorama europeo
delle liti giudiziarie sui contratti
swap i quali, come si è visto,
richiedono sofisticate compentenze finanziarie per poter essere
gestiti”.
SOTTO LA LENTE
Zimbawe
ed
Uganda.
Quest’ultimo ha di recente comunicato di essere prossimo al lancio
di un fondo per la gestione dei
ricavi derivanti dalle esportazioni
di petrolio. Secondo indiscrezioni, all’interno dello Zimbabwe
Investment Corporation (Zic)
confluiranno azioni di compagnie
estere acquistate in precedenza
dal governo locale, in aggiunta ai
proventi della tassa sulla produzione di minerali.
B. C.
Ucits alternativi,
un agosto negativo
Dopo un luglio positivo, ad
agosto sono prevalsi i segni
meno negli indici calcolati da
Alix Capital, società di
Ginevra specializzata in investimenti alternativi, costituita
in partnership con il family
office svizzero Palaedino. Lo
Ucits Alternative Blue Chip
Index, al momento composto
da oltre 760 fund manager e
fondi di fondi con una massa
di 117 miliardi di euro, è diviso in 10 diversi settori: commodities, Cta, emerging markets, equity market neutral,
event driven, fixed income,
Fx, long/short equity, multistrategy e infine macro. Il
peso dei componenti dello
Ucits Alternative Blue Chip
Index varia a seconda degli
afflussi o deflussi di capitale
sui singoli fondi, considerati
come una forma implicita di
qualità dei gestori. Come
spiega Louis Zanolin, partner
di Alix Capital, “l’idea di creare un indice passivo, per
replicare il risultato di strumenti a gestione attiva, deriva dall’esigenza di avere
un’esposizione in fondi alternativi, senza pagare le commissioni di performance”.
Alla fine del primo semestre
del 2011, le strategie maggiormente pesate nello Ucits
Alternative Blue Chip Index
erano sostanzialmente le
seguenti: macro (20%),
long/short equity (20%) e
fixed income (20%).
A fine ottobre nella Svizzera francese si riuniranno i fondi sovrani, un settore ancora in ombra
Le eminenze grigie della finanza
Si impongono all’attenzione gli investitori di Cina e Africa. E l’Italia corteggia Pechino
Tra il 23 e il 25 ottobre si terrà a
Montreux, nella Svizzera francese,
il Sovereign wealth fund forum
2011, uno degli eventi più importanti a livello internazionale su
un settore ancora oggi poco conosciuto e con livelli di trasparenza
non
sempre
adeguati.
Attualmente, il 41% dei partecipanti all’evento di Montreux
appartiene a fondi sovrani, mentre il restante 59% a banche centrali, fondi pensione governativi,
ministeri delle finanze e imprese
d’investimento statali. La ripartizione geografica complessiva
degli iscritti vede l’Europa (47%)
davanti alle Americhe (25%),
all’Asia e all’Australia (19%) e al
Medio Oriente (9%). Dopo le operazioni eclatanti eseguite nel
periodo 2005-2008, i fondi sovrani sembrano aver optato per una
maggiore discrezione, evitando
acquisti in aziende simbolo, con
le conseguenti strumentalizzazioni da parte del settore politico,
preferendo investimenti nel settore delle infrastrutture e delle energie rinnovabili. Come evidenziato
dal Fondo monetario internazionale, nel Global financial stability
report l’importanza dei fondi
sovrani è aumentata. La loro ricchezza ammonta infatti a 4.700
miliardi di dollari. È della scorsa
settimana la notizia secondo la
quale il China Investment Corp
(Cic), fondo sovrano cinese,
avrebbe incontrato in Italia il
ministro Giulio Tremonti per
discutere della possibilità di investimenti in società domestiche,
così come nel debito pubblico italiano. Numerosi governi africani
sono pronti ad ampliare o costituire dei fondi sovrani. Tra questi,
Nigeria,
Ghana,
Botswana,