su “Il giovane Holden” di Jerome David Salinger

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su “Il giovane Holden” di Jerome David Salinger
“Il giovane Holden”
Jerome David Salinger
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SENTIMENTI
SOLITUDINE
BISOGNO DI AFFETTO
AMICIZIA
FIDUCIA
SENSIBILITÀ
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NATALE
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RITORNO AGLI STUDI
ESPERIENZE
PRIME ESPERIENZE
ABBANDONO DELLA SCUOLA
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PROBLEMI
ALTRO
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ALCOL
UBRIACHEZZA
CURA PSICHIATRICA
BISOGNO DI RASSICURAZIONE
INSICUREZZE
COLLEGE
CONOSCENZE
PARTENZA RINVIATA
INCONSAPEVOLEZZA
PROSTITUTE
MUSICA JAZZ
LETTERATURA
NEW YORK
FUGA
CONFESSIONI
AUTONOMIA E INDIPEDENZA
(brain storming III C)
Il romanzo fece, all’epoca, scalpore anche per il linguaggio ritenuto
trasgressivo…
Mi meraviglio che il romanzo abbia fatto scalpore, all’epoca, per il
suo linguaggio “trasgressivo”, forse perché oggi tutto è cambiato:
nella nostra vita quotidiana questo linguaggio è usato tutti i giorni.
Nel mio gruppo, parliamo in un modo “strano”, infilandoci espressioni “trasgressive”, ma accade solo quando stiamo tra di noi, non
quando sto con i miei genitori o persone adulte. (mancio 91)
Secondo la mia esperienza ciò che contraddistingue il linguaggio
giovanile da quello adulto è l’uso del GERGO, che si suddivide ancora in altre forme…
Il mio gruppo, ad esempio, ne usa uno dei tanti, fatto di tante frasi
dette molto volgarmente, parolacce, spesso senza senso, bestemmie,
ecc. Non saprei dire se questo gergo abbia un “nome”, ma so che tra
i ragazzi del mio gruppo è molto diffuso. Infatti lo usano anche come
linguaggio in codice, per non farsi capire dagli altri.
Un’altra cosa molto diffusa nel mio gruppo è il fatto di portare i pantaloni molto bassi con magliette lunghe, capelli dritti e cappelli… E
inoltre le scarpe “lente”..!
Molto probabilmente tutti parlano e vestono così, ma loro lo fanno
solo per farsi vedere forti…! (sissy)
Holden vive isolato, ma è anche a disagio per il suo isolamento…
Holden è un ragazzo diverso dagli altri suoi coetanei, è un ragazzo
isolato, forse non ha amici e se li ha sono pochissimi
Oggi la vita è un po’ più difficile per noi ragazzi, anche se agevolata
dalla tecnologia e dalle scoperte. Secondo me, un giovane può sentirsi isolato a causa del gruppo; ogni ragazzo per sentirsi “a casa” deve,
come prima cosa, riuscire a comunicare con gli altri, esprimersi in
un modo ragionevole senza esagerare ed adattarsi al gruppo; se ciò
non accade viene espulso e allontanato, così un ragazzo si chiude in
isolamento. (mancio 91)
Ci sono tanti motivi per cui una persona è spinta ad isolarsi; primo
fra tutti, a mio parere, è la diversità. E questo accade perché spesso
la gente diversa non viene accettata dagli altri per paura che questa
diversità possa metterli a disagio; oppure vengono esclusi anche per
ignoranza.
La gente infatti ignora che l’essere diversi non è un pericolo.
Un giovane può isolarsi anche perché, se ha dei problemi di qualche
genere, viene preso continuamente in giro e costretto a stare solo
per sentirsi protetto. Un esempio è una mia amica che, essendo un
po’ bassina e avendo i suoi problemi, è stata costretta a non uscire
più con noi per molto tempo perché veniva sempre offesa o presa in
giro… (sissy)
Oggi essere deboli, cioè non capaci di reagire, può spingere un ragazzo ad isolarsi. (paciota)
Holden trova spesso banali ed insopportabili cose che sembrano
piacere ed interessare alla maggio parte delle persone...
Holden è un ragazzo speciale. Anche a me è capitato, svariate volte,
di provare qualcosa di simile; anche io, camminando per strada vedo
persone comperare degli oggetti di cui vanno molto fieri e non capisco tutta questa euforia che sembra sprizzare da tutti i loro pori; anche io a volte sono felice di vedere alcune cose, ma non cose insignificanti, cose che interessano a tutti o a nessuno. Una volta, in una
strada, ho visto due ragazze appena uscite da un negozio: erano tutte
felici per aver comprato due sciarpe esattamente uguali e semplici;
le ragazze, tornate nel loro “gruppo”, vennero acclamate come due
campionesse di una qualche attività sportiva. Da quel momento ho
capito che molte persone, non tutte però, sono delle “pecore”. (mancio91)
E’ capitato anche a me di trovare stupide cose per gli altri importanti,
e spesso era davvero così… La prima cosa che trovo molto banale,
ma che per le mie amiche è importante ed interessante, è comprare
una fedina per sigillare il rapporto tra due “migliori a-miche”.
Lo trovo sciocco perché per prima cosa per essere migliori amiche
non c’è bisogno di portare al dito una fedina, e poi perché se si perde
o non viene portata sempre al dito ci si arrabbia.
Un’altra cosa che per gli altri è straimportante, ma che io non condivido affatto, è credere che per diventare grandi sia necessario fumare
o avere il motorino.
Chi lo pensa si sbaglia di grosso! Si può crescere anche senza fumarsi un pacchetto di sigarette al giorno o senza fare anche solo 100
metri con il motorino.
Anche perché, secondo me, sono le due cose più pericolose al mondo: fumare a tredici-quattordici anni è lo sbaglio più grande di un
adolescente, e lo stesso penso dell’uso del motorino. (sissy)
da “Il giovane Holden” di J. D. Salinger (cap. II)
Il capitolo è incentrato sul colloquio tra Holden e il suo professore
di storia. Holden sta per lasciare il college e va a salutarlo nel suo
appartamento. Abbiamo scelto:
Quando bussai mi guardò. - Chi è? - gridò. — Caulfield?
Vieni, figliolo -. Gridava sempre, quando non era in classe.
Certe volte dava sui nervi.
Mi pentii d’essere andato nell’attimo stesso che entravo.
[...]
il vecchio Spencer aveva addosso quella vecchia, tristissima,
logora vestaglia con la quale probabilmente era nato o qualcosa del genere. A me non mi va tanto, di vedere i vecchi in
pigiama o in vestaglia, ad ogni modo. Il loro vecchio petto
bitorzoluto sta sempre in mostra, e le gambe. Le gambe dei
vecchi, sulla spiaggia e dappertutto, sono sempre così bianche e senza peli.
[…]
- La vita è una partita, figliolo. La vita è una partita che si
gioca secondo le regole.
- Sì, professore. Lo so. Questo lo so.
Partita un accidente. Una partita. E’ una partita se stai dalla
parte dove ci sono i grossi calibri, tante grazie - e hi lo nega.
Ma se stai dall’altra parte, dove di grossi calibri non ce n’è
nemmeno mezzo, allora che accidente di partita è? Niente.
Non si gioca.
[…]
Scossi la testa. Scuoto la testa a tutto spiano, io. - Ragazzi! - dissi. Dico anche «Ragazzi! » a tutto spiano. In parte
perché ho un modo di parlare schifo, e in parte perché certe
volte, per la mia età, mi comporto proprio come un ragazzino. […]come se avessi appena sì e no dodici anni. Lo dicono
tutti, specie mio padre. E in parte è vero, ma non del tutto
vero. La gente pensa sempre che le cose siano del tutto vere.
Io me ne infischio, però certe volte mi secco quando la gente
mi dice di comportarmi da ragazzo della mia età. Certe volte
mi comporto come se fossi molto più vecchio di quanto sono
- sul serio - ma la gente non c’è caso che se ne accorga. La
gente non si accorge mai di niente.
[…]
Non stava nemmeno a sentire. Non stava quasi mai a sentire,
quando uno gli diceva qualche cosa.
- Io ti ho bocciato in storia per il semplice motivo che non
sapevi assolutamente niente.
- Lo so, professore. Ragazzi, lo so benissimo! Non poteva
farne a meno.
- Assolutamente niente, - ripeté. Ecco una cosa che mi fa
perdere le staffe. Quando la gente dice le cose due volte,
dopo che uno gli ha dato ragione la prima volta. Allora lui la
disse tre volte
[…]
Lui si mise a maneggiare il mio compito come se fosse uno
stronzo o che so io. […] Ti interessa di sapere che cosa sei
riuscito a dire?
- No, professore, non molto, - dissi.
Ma lui lo lesse lo stesso. Non puoi fermare un professore
quando vuoi fare una cosa. La fa, e basta.
[…]
- Come ti saresti regolato tu al posto mio? - disse. - Sii sincero, figliolo.
Be’, era chiaro che in realtà l’idea di avermi bocciato lo faceva
sentire un verme. Sicché per un poco mi misi a sparar balle.
Gli dissi che ero un autentico lavativo eccetera eccetera. Gli
dissi che se fossi stato al suo posto avrei fatto esattamente
la stessa cosa, e che la maggior parte della gente non valuta
quanto sia duro fare il professore. Eccetera eccetera. Le solite balle.
La cosa buffa, però, è che mentre continuavo a raccontar
balle pensavo a tutt’altro. Io abito a New York, e pensavo al
laghetto di Central Park, vicino a Central Park South. Chi sa
se quando arrivavo a casa l’avrei trovato gelato, mi domandavo, e se era gelato, dove andavano le anitre? Chi sa dove
andavano le anitre quando il laghetto era tutto gelato e col
ghiaccio sopra. Chi sa se qualcuno andava a prenderle con
un camion per portarle allo zoo o vattelappesca dove. O se
volavano via.
È una bella fortuna, però. Voglio dire, potevo sparare balle col
vecchio Spencer e al tempo stesso pensare a quelle anitre.
NOI... HOLDEN
Come ogni anno, uno dei colloqui più difficili, più
che altro discussione, che ho con mia madre è quando
porto la pagella a casa: un disastro. In quel momento dentro casa sembra che sia in atto la seconda
guerra mondiale. Arrivo e faccio finta di niente: mi
levo il giacchetto, poso il casco e mi sdraio sul
divano come faccio tutti i giorni. Mia madre mi si
avvicina e mi fa le tre fatidiche domande:
- Come è andata a scuola? - Che hai fatto? - Scommetto che neanche oggi hai i compiti!
E io come tutte le volte le rispondo: .
- E’ andato tutto bene, di compiti oggi ne ho
pochi.
Esaurito il primo blocco di domande si avvicina e mi
dice a bassa voce:
- Te l’hanno data la pagella?
E io, facendo finta di sonnecchiare, le rispondo:
- Vattela a prendere; sta dentro la borsa.
Mentre la va a prendere io, zitto zitto, mi vado a
chiudere in bagno e da là inizia la discussione.
Mia madre poveretta mi dice:
- Mi hai stancato: sono 10 anni che vai a scuola e
non mi hai mai portato una pagella come Cristo comanda…
Ed io dal bagno le rispondo di non preoccuparsi, che
ho tutto sottocontrollo invece nella mia testa penso
che non ho niente sottocontrollo e se mi bocciano mi
manda tutta l’estate a lavorare.
Prima di uscire dal bagno faccio passare un po’
di tempo e quando esco vado subito a studiare.
(gabry91)
Più di una volta mi è capitato di pensare a tutt’
altro quando affronto un discorso noioso o quando
mi fanno le ramanzine. Si sa che un ragazzo alla mia
età è un po’ “ribelle” e la cosa che odio di più
è sentirmi fare rimproveri o prediche. Un esempio?
Quando vado da mia nonna si sa come sono fatte
le nonne sta sempre a raccomandarmi: “Gianluca,
bello di nonna, mettiti la maglietta nei pantaloni”
e io guardo per aria e dico sempre di sì. Un altro
esempio è quando mia madre mi blocca sulla soglia
della porta e mi dice, ogni santa volta, : “ Gianluca torna alle sette sennò papà si arrabbia” ed io
con, con l’mp3 nelle orecchie le faccio cenno di sì,
invece, come sempre, arrivo alle otto e quindi devo
trovare una scusa che regga . A volte mi paragono ad
Homer Simpson perché quando gli parlano lui sta sempre nel suo paese delle favole e dice sempre “ca
pito” mentre non ha capito un bel niente. (n2091)
“Ehm…” qualcuno è entrato nel mia camera…è mio padre!
-Honghu, andiamo al supermercato. Non puoi stare
sempre a casa a giocare con il computer!
-“Sì, andiamo.”
Mentre rispondo a mio padre penso:
“No, non voglio andare, voglio giocare!”.
Andiamo a prendere la macchina, e quando appena partiti anche mio padre inizia a parlare:
“ Tu non puoi sempre stare davanti al computer; se
continui così lo butto!”
“ Se non gioco con il computer, che cosa devo fare?”
E nel frattempo penso che non può buttare il computer.
“ Che devi fare? Devi studiare l’italiano; guarda
come parli!”
“ Sì, hai ragione” devo ammettere io. E pensare che
studio ogni giorno. Devo studiare di più?
“ E devi andare fuori a fare un giro, non puoi stare
sempre a casa” mi ripete lui.
“ Sì.. sì.. sì” dico io.
Ma dove devo andare, a camminare in strada come uno
scemo?
“Honghu domani ti faccio una tabella degli orari
dove scrivo quando devi studiare, quando ti puoi riposare, quando devi uscire e quando puoi giocare al
computer.”
“ Sì certo, va bene” rispondo mentre penso che è già
un anno che va avanti questa storia e la scheda non
l’ha ancora fatta… E meno male..
… finalmente siamo arrivati al supermercato e la finirà di parlare… (freedom)
Quasi ogni giorno, quando sto per uscire di casa,
mio padre mi ferma e mi dice:
- “Vieni qui, ti devo parlare...”.
Che pizza, proprio adesso mi deve fermare, per farmi
la solita ramanzina?! Lì per lì esito, ma mi fermo
lo stesso; so già quello che mi deve dire. E incomincia:
- “Hai studiato? Hai fatto i compiti? Dove stai andando, adesso?”
Io rispondo: “Sì, sì ho studiato… adesso vado in
giro con gli amici”
E penso…: “Spero di non fare tardi all’appuntamento”
Papà incalza: “Come vai a scuola?”
“Bene papà, bene” Ma penso alla solita battuta: “A
piedi, come vuoi che vada?”
E lui, implacabile:
“Domani vado a parlare con i tuoi professori… Sicuro
che vai bene??”
“Sì papà, sì… “
Intanto penso: “Non proprio bene però posso recuperare”
Mi guardo intorno e lui continua a ripetere le
stesse cose, talmente tante volte, da farmi annoiare
a morte.
“Figliolo io non ti dico di studiare per me, ma lo
dico per il tuo futuro!”
E poi il tocco finale: “Vai, vai e non fare guai,
visto che sai fare solo questo!”
Gli rispondo: “Non ti preoccupare” e penso: “Sembra
facile non cacciarsi nei guai!”
Apro la porta di casa pensando “Finalmente!” e intanto gli ripeto: “Sì, sì, stai tranquillo…
“Ciao…” (max)
A me capita molto spesso di parlare con qualcuno e
di pensare ad altro.
Una volta mi è capitato con un amico di mia madre;
lui parla sempre di cose noiose e quella volta si
mise a parlare di musica e cominciò:
– Ti piace la musica? –
– A me sì, molto. – risposi, anche se non è del tutto
vero.
– Che genere ti piace? –
–Nessuno in particolare: rock, jazz, pop.
Fece una smorfia.
– A me piace la musica classica.
A quel punto, dato che a me non piace molto la musica
classica, ho cominciato a pensare ad altro, come ad
esempio il computer, il mio forum e altre cose che
non c’entravano con la musica.
Ogni tanto, mentre lui continuava a raccontare storie sugli strumenti classici e rideva, facevo un
sorrisino anch’io, cosi gli facevo credere che stavo
seguendo il discorso, anche se non era vero.
(misterx)
Un giorno, durante la lezione di storia, mentre stavo
pensando ai fatti miei, la professoressa mi disse:
“Maiozzi hai studiato storia?”, io risposi “Sì”.
Mentre parlavo nella mia mente mi chiedevo cosa volesse la professoressa e perché avesse chiamato proprio me, con tutta la gente che c’era.
Dopo la mia risposta la professoressa mi chiese ancora: “Ti è piaciuto l’argomento?” Ed io risposi affermativamente
“Allora adesso facciamo un’interrogazione” .
In quello stesso momento avrei voluto che smettesse
di farmi domande perché volevo continuare a pensare
ai fatti miei, ma lei mi fece la prima domanda poi
la seconda, la terza e la quarta.
Quel giorno non avevo studiato bene e lei: “Non hai
studiato bene oggi, non sei sufficiente”.
Non la stavo ad ascoltare e mi chiedevo e richiedevo
perché avesse scelto proprio me, con tutte le persone che c’erano in classe. (robyone)
Molte volte, durante un colloquio con delle persone
adulte, mi è capitato, mentre parlavo con loro, che
la mia testa pensasse a tutt’ altro, forse perché
alcune volte i discorsi sono lunghi e un po’ noiosi…
Anche se il discorso mi prende, molte volte non
riesco a stare concentrato, perché penso alle cose
che dovrò fare in futuro; non riesco a stare concentrato anche perché penso al mondo in generale, cioè
sogno e immagino il mio futuro...
Una volta, mi capitò, per strada, di chiedere semplicemente l’ora ad un signore, ma lui mi volle raccontare una storia che aveva vissuto:
”Ora ti racconto una storia, anche se so che non ti interesserà; ma mi piacerebbe che tu l’ascoltassi”.
Io mi misi lì e ascoltai…
La storia non era affatto brutta ma, dopo solo 5
minuti, mentre lui raccontava, mi sedetti su una
panchina e incominciai a “stravagare” con la mia
testa. Incominciai a pensare a quando avrebbe finito
di parlare... mentre lui raccontava la sua storia,
io ero in un parco a giocare a pallone con i miei
amici. (mancio91)
Molte volte mi capita di non sentire i discorsi
o le prediche dei miei genitori, perché penso a
tutt’altro…
Mi capita soprattutto con mia madre.
Era il giorno di s. Valentino e io il pomeriggio sarei dovuta uscire con il mio ragazzo.
Visto che la mattina non ero neanche andata a scuola, perché ero stata poco bene la notte, mia madre
non voleva farmi uscire…
“Dai mamma… Ti prego…” le dissi io, cominciando ad
assillarla…
Ma un “no” secco uscì dalla sua bocca.
E da lì cominciò la predica…
“Sei stata poco bene, e pretendi anche di uscire??
No no… Hai capito proprio male…. Non esci… Devi sempre uscire… tu….”
E da lì cominciai a girovagare tra i mie pensieri…
Pensavo al mio ragazzo, alle mie amiche… Insomma,
pensavo a tutto meno che a quello che mi stava dicendo mia madre.
Pensavo a come poter passare la giornata, a come
vestirmi e a quanto ero stata bene la domenica con
lui… Ma soprattutto mi stavo scervellando, perché
dovevo ancora fargli il regalo.
Ad un certo punto mia madre mi diede una piccola
spinta e mi disse:
“Ma mi ascolti? Almeno hai capito ciò che ti ho detto?”:
“Mamma, ti prego… E’ s.Valentino… Per favore è da
domenica che non lo vedo…”
Lei abbassò un attimo la testa, e io subito ne approfittai dicendole:
“OK mamma… Grazie ciao…”
E lei non ebbe neanche il tempo di parlare, perché
io me ne andai subito: ero in ritardo.... (winnie)
Era una giornata particolare: il mio umore non era
adatto a sostenere un dialogo con mia madre, perché
avevo avuto una discussione con la mia migliore amica
e mi trovavo in uno stato d’animo pieno di contraddizioni. Eravamo in cucina, sedute l’una di fronte
l’altra, e come al solito mi stava rimproverando di
non aver pazienza con mio fratello. Mentre lei parlava mi risuonavano nella testa le parole dette al
telefono con la mia amica e non potevo non pensare
alla stupidaggine per la quale avevamo litigato:
era un motivo così futile che non riuscivo a pensare
ad altro. Mia madre si rese forse conto che mentalmente vagavo altrove e mi fece delle domande alle
quali rispondevo senza sapere se la mia risposta
fosse giusta. Non me ne rendo neanche conto, ma mi
succede spesso che quando parlo con alcune persone
e la conversazione non è per me molto interessante,
la mia mente vaghi altrove per esempio mi metto a
pensare ad un episodio successo in classe o, come in
questo caso, ad un litigio con un’amica; so che può
sembrare strano ma è un meccanismo che si innesca da
solo: arrivati ad un certo punto del discorso, senza
rendermene conto, sto già pensando a un’altra cosa:
la mia mente si isola.
L’altro giorno ero a casa di mia nonna e mi stava raccontando della sua infanzia; aveva fatto una
premessa: “Sai, è la prima volta che ti racconto
qualcosa di me, della mia vita, quindi se divento
pesante, fermami.” Io risposi: “Dai nonna, racconta
tranquillamente, a me fa piacere.”
Iniziò col descrivermi la sua casa; fino ad arrivare alla sua scuola ma soprattutto e alla sua migliore amica. Ma io avevo iniziato a vagare con la
mia mente; ero immersa nei miei pensieri: cosa stava
facendo la mia migliore amica, spero tanto che domani vada tutto bene a scuola ecc.. Intanto mia nonna
continuava a parlare, non ce la facevo più, stava
diventando pesante.
Ad un certo punto si fermò e mi disse: “Che cosa
hai? Ti vedo con la testa tra le nuvole.”
“Niente nonna, è solo che sono tanto pensierosa;
dai, torno a casa: domani mi finisci di raccontare…”
Ci rimase male ma poi, come al solito, sapevo che
avrebbe capito, infatti è quello che fece, ed è proprio per questo che l’adoro.(samy92)
Mi è capitato molte volte di parlare con persone più
grandi, mentre i miei pensieri erano a altrove.
Un
esempio sono i miei nonni: quando li vado a trovare,
mi parlano della loro gioventù, della guerra, delle
loro “bravate” e delle altre cose che hanno fatto da
giovani, delle conclusioni che hanno tratto dalle
loro esperienze. I primi 10 minuti, sto “attento”,
dopo mi incomincio a chiedere quando la smetteranno
di parlare, quanto manchi prima che si faccia sera…,
così me ne vado in un’altra stanza o cerco qualche
cosa da fare pur di non sentirli: ogni volta che
faccio cose sbagliate, anche se hanno ragione e il
compito di insegnarmi per un domani, mi fanno sempre
la solita “predica” , rovinandomi una giornata in
cui sarei potuto stare all’aperto con i miei amici.
La cosa su cui mi riprendono più frequentemente è la
scuola: mi dicono che devo andare bene per prendere
un titolo di studio, che mi devo impegnare perché
sto alle superiori e che ai loro tempi molti arrivavano solo fino alla terza media… e poi il lavoro e
tante altre “lamentele” che devo accettare e tenere
da conto perché sono sempre i miei nonni. Altro argomento su cui esprimono la loro “accollosa” opinione è il comportamento: mi dicono di comportarmi
bene verso me stesso e verso il prossimo perché ai
loro tempi, durante la guerra, c’erano molte persone
che si comportavano male e di non prendere il loro
esempio. Mi dicono anche che io, adesso, non posso
capirlo, perché sono ancora un ragazzo; loro l’hanno
vissuta e mi hanno raccontato la miseria, la morte
e la fame che in quei giorni terribili, con forza
d’animo, hanno superato. Di fronte a queste tristi
parole non posso dire: “No basta, mi sono stufato di
sentire” così li lascio parlare senza ferire i loro
sentimenti, pensando la maggior parte del tempo ad
altro, per esempio dove andrò il giorno dopo, cosa
farò e altre cose del genere. (scorpion)
Alcune volte, mentre mio padre o mia madre mi rimproverano, mi trovo a pensare ad altro e mentre parlano è come se parlassero al muro: penso ad andare
a giocare al computer o ad uscire con gli amici,
però l’attesa è terribile perché mio padre, anche
se mi vede assente, continua a parlare come se volesse torturarmi per molti minuti: Mentre parla io
dico sempre di sì anche se alcune cose non le sento
neanche. Ogni dieci minuti mio padre si ferma e sembra che mi stia per dire: “Vai a giocare, vai “, ma
invece sta lì a ripetere le stesse cose, che queste
cose mi serviranno da grande e che sarà brutto allora, per me, vedere mio figlio fare le stesse che
sto facendo io, come sbuffare o dire sempre di sì
come per prendere in giro.(dicanio)
Anche a me è capitato di parlare con un adulto e
pensare a cose che non c’entravano niente.
Ad esempio, un giorno, d’estate, mi trovavo come
sempre al paese ed incontrai la mamma di una bambina insopportabile che conosco da sempre e ci siamo
messe a parlare:
“CIAO SILVIA, COME STAI? SEI QUI IN VACANZA?” mi
chiese lei.
“SI’, SONO IN VACANZADA GIUGNO: HO COMPRATO CASA VICINO A QUELLA DI NONNA” risposi.
“SONO CONTENTA CHE SEI TORNATA; GIORGIA NON VEDE
L’ORA DI VEDERTI, PARLA SOLTANTO DI TE.”
“NON SI PREOCCUPI SIGNORA, ANDRO’ PRESTO A TROVARLA.
A PROPOSITO, COME STA?”
La cosa bella è che, mentre rispondevo a Carla, pensavo a ciò che volevo, ed in particolare pensavo
alla mia città, ai miei amici, che non vedevo da
tanto tempo. Mi domandavo cosa stessero facendo, se
gli mancassi, se mi stessero pensando, e tante altre
cose.
In quell’istante Carla mi stava dicendo cose che in
quel momento non avrei voluto sentirmi dire come: “
PERCHE’ UN GIORNO NON VIENI A PRANZO DA NOI?”, oppure “ AL PROSSIMO COMPLEANNO DI GIORGIA TI INVITO
ANCHE A DORMIRE, OK?”. Queste erano proposte che io
trovavo abbastanza noiose, ma risposi comunque “
D’ACCORDO, PERCHE’ NO” oppure “MI FAREBBE VERAMENTE
PIACERE”.
E intanto continuavo a pensare alla mia città, ai
miei amici, a tutto ciò che mi passava per la testa.
E ci pensai fino a quando, con questa frase, Carla mi
riportò alla realtà:
“COMUNQUE STAI TRANQUILLA, PRESTO TI VENGO A TROVARE INSIEME A GIORGIA. ORA VADO, ALTRIMENTI FACCIO
TARDI. SALUTAMI MAMMA E PAPA’, UN BACIO A TUA NONNA
E DI’ A MAMMA CHE UN GIORNO VIENI DA ME, OK?”
“CERTO VA BENE. ALLORA L’ASPETTO. CI VEDIAMO PRESTO”
dissi io. Detto questo lei se ne andò. Io rimasi per
un po’ ferma dov’ero a pensare a ciò che avevo detto, ma dopo un po’ me ne andai anch’io… (sissy)
Uscito da scuola stavo ritornando a casa, in compagnia di Emanuele un mio compagno classe. Avevamo
preso l’autobus ed eravamo seduti
in due dei quattro
posti di dietro, un altro era già occupato. Ad un
certo punto sale una vecchia signora, molto robusta, molto brutta e“cor fischio” e si siede davanti a
noi.
Durante il tragitto questa signora brutta, “cor fischio” sembrava che ci volesse dire qualcosa, però
rimaneva zitta. Dopo un po’ le ho chiesto: “Scusi,
signora, ma che ha tanto da guardarci?” E lei, subito: ”Volevo chiedere a voi ragazzi cosa pensate del
futuro,di quello che deve avvenire!” Il mio amico ed
io ci siamo guardati in faccia e abbiamo cominciato
a ridere: abbiamo capito che era un po’ pazzerella,
abbiamo cominciato a parlarci e abbiamo incominciato a dirle tutte stupidaggini per prenderla in
giro: “No guardi, signora, a noi il futuro non ,
interessa,viviamo la vita ogni giorno!” Stavamo dicendo un marea di cavolate e la signora continuava
a parlare senza mai fermarsi ed io mi ero già annoiato; la guardavo in faccia, mentre mi parlava, e
nel frattempo stavo pensando ad altro, a quello che
era successo a scuola e mi chiedevo. tra me e me.
:”Ma ‘sta vecchia non c’ha niente da fa’, che sta’ a
parla’ con noi?” Non mi importava niente di quello
che stava dicendo e alla fine le ho detto:”Scusi signora, sinceramente a noi non ce ne importa niente
di tutti questi discorsi” . Siamo scesi salutandola
ma la cosa che ci ha fatto più ridere è che lei già
aveva attaccato a parlare con altri ragazzi, seduti
lì accanto, ripetendo sempre le stesse cose. (pingiboy)
Era un giorno come un altro e la mia cameretta era
come al solito in disordine; facevo finta di niente
quanto mia madre entrò e vide tutto quel disordine:
- Metti subito in ordine questa camera!
Ed io tranquillamente:
- Sì mamma, dopo la sistemo.
Mia madre allora attaccò:
- Se non sistemi immediatamente, oggi non esci!
Ecco, pensavo tra me, adesso comincerà ad “accollarsi”, perché quando mia madre inizia a parlare non
la finisce più: comincerà a ripetere le solite cose,
facendo l’ imitazione di me quando non ho voglia di
fare niente.
E poi ancora, per l’ennesima volta:
- Martina sistema la camera, studia e fai i compiti.
- Sì, sì -risposi.
Se devo dire la verità quando mia madre si arrabbia
fa una faccia bruttissima, diventa rossa e comincia
a urlare come non so chi.
E intantocontinuava con le domande:
- Che compiti hai per domani?
- Italiano, matematica ecc..
- risposi con la faccia scocciata, perché veramente non la sopportavo
più: passava da un discorso ad un altro.
Erano passati 15 minuti dall’inizio della sua sgridata e me ne uscii con una cosa che non c’entrava
niente:
- Ok mamma, puoi andare... e senti mi dai 5€ ?
- Ecco, come al solito, pensi solo ai soldi, al cellulare e ad uscire! Vedi: tutte le cose di cui ti
ho appena parlato non le hai
per niente ascoltate
- rispose lei.
Stanca di sentirla, iniziai a pensare a tutt’altro
e come ultima cosa le dissi:
- Vabbè ma’, ciao!!
E lei, talmente presa dalla rabbia, ma stanca di urlare, se ne andò infuriata più di prima. (marty92)
Avevo una professoressa alle elementari, più o meno
sulla cinquantina, che si chiamava Paoletti, di
matematica .Era un po’ gobba, con i problemi articolari che aveva, che te lo dico a fare; in classe
se ne stava bella bella
sulla sua sedia rigida
per ore ed ore a spiegarci geometria o quella roba
del genere che a me non piaceva affatto, eppure le
volevo bene. Poveretta ne aveva veramente tanti di
problemi, eppure si faceva rispettare dagli alunni
ma, a volte, capitava che in classe ci fosse qualcuno che si divertiva a prenderla in giro per il
suo modo di parlare, ma c’era sempre qualcuno che
era pronto a prendere le sue difese. Una volta mi
invitò a casa sua per bere qualcosa, mi disse che
potevo salire e che non cerano problemi; io, prima
di darle una risposta, ci pensai due volte ma poi
dissi di sì. Aveva una casa piuttosto spaziosa a
vederla, una piccola villetta direi. Mi cominciò a
fare delle domande che, a dire il vero, non capivo
affatto, ma le rispondevo sempre di sì anche se dentro di me avevo sempre un qualche dubbio su che cosa
mi stesse chiedendo: Certo era proprio acciaccata
ormai, eppure non era poi cosi vecchia!. Andammo in
cucina dove c’erano medicinali ovunque, sparsi qua
là e mi offrì da bere, poi mi chiese se la potessi
aiutare a sedersi sulla sua poltroncina di velluto
nella sua camera da pranzo e la aiutai; però pensai
subito dopo in che modo si sarebbe seduta se non ci
fossi stato io ad aiutarla, ditemi un po’ voi! Mi
chiese se avessi fame; non sapevo che risponderle
perché un po’ mi vergognavo e poi a quell’ ora del
pomeriggio avevo fatto merenda da un bel pezzo e la
fame, diciamo, che era passata ma le chiesi ugualmente se avesse dei biscotti da mettere sotto i denti. Cominciammo a parlare del più e del meno, anche
se sentivo alcune parole che non mi convincevano affatto. Mi cominciò a raccontare la sua carriera di
maestra che sembrava interessante per il paio d’ore
che rimasi lì ad ascoltarla, mentre sgranocchiavo
quel pacco di biscotti che mi aveva offerto. Poi mi
chiese cosa ne pensassi della sua: mi aveva raccontato tutto ed io ne rimasi stupito: era come se non
avesse mai parlato a nessuno di quegli argomenti.
Diciamo che ero entrato nelle sue confidenze: evidentemente le ero simpatico. (lex)