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Rödl & Partner
Verso il successo
E-com@Rödl
E-commerce, Media e IT Law
Edizione: aprile 2015 | www.roedl.com/it
Sommario
>
Speciale "E-Commerce, Media, IP e IT-Law"
>
Compliance legale nella gestione del business
online
>
La moda ai tempi dell'e-commerce
>
Privacy 2.0 vs. identità digitale: la necessità di
adottare nuovi modelli
>
Mobile remote payment: le prescrizioni del
Garante Privacy
>
Aspetti IVA nel commercio elettronico
nell'ambito UE
> Speciale “E-Commerce, Media, IP e IT-Law”
Privacy, cookie, diritti dei consumatori, diritti di proprietà intellettuale, IVA e fiscalità negli acquisti a distanza. Quanti sono
i temi legali, tributari e doganali da considerare nella pianificazione e gestione di un business online? Come tutelare la
creatività e la circolazione dei dati sul web? Come conciliare presidi normativi e obiettivi strategici di un e-commerce di
successo?
Per rispondere alle tante domande dell’era digitale, il nostro
studio ha costituito un team di avvocati e commercialisti specializzati nelle tematiche legali e fiscali legate ai mercati dell’ecommerce, delle telecomunicazioni e new media.
Il nostro obiettivo è coniugare competenze di diritto commerciale, amministrativo, diritto del lavoro, proprietà intellettuale
e fiscalità internazionale con una forte cultura dell'innovazione e una conoscenza specializzata del quadro regolamentare
in cui si muovono le industry presenti nel mondo del web:
fashion, design, food & beverage, elettronica, advertising e
marketing virale, viaggi e turismo, logistica, trasporti e mobili-
tà, giochi online, smart city, mobile ed e-payment.
Questo speciale è dedicato a tutti gli attori del mondo digitale.
> Compliance legale nella gestione del
business online
a cura di Carlo Impalà e Paolo Peroni, Rödl & Partner Milano
La vendita di prodotti e servizi online, sia nel settore B2C che B2B,
sta evidenziando ritmi di crescita straordinari. Il fenomeno è quanto mai trasversale: accanto ai grandi player internazionali, si vanno
affermando aziende giovani, capaci di conquistare l’interesse di migliaia di utenti attraverso soluzioni innovative di fortissimo appeal.
Proprio in ragione della loro importanza sempre più strategica,
i siti internet e gli altri canali digitali utilizzati dalle aziende nello sviluppo di attività di business online sono oggetto di crescente attenzione da parte delle Autorità di vigilanza (Autorità
Garante per la concorrenza ed il mercato, Garante per la protezione dei dati personali, oltre alle altre Autorità competenti
in funzione dei diversi servizi offerti attraverso il web). Sempre
più spesso, l’intervento delle Authority si risolve nell’applicazione di sanzioni, anche severe, nei confronti di titolari di siti e
portali internet non conformi alla normativa applicabile.
Diritti dei consumatori, privacy, cookies, IVA e fiscalità negli
acquisti a distanza sono alcuni dei temi legali, tributari e doganali da considerare nella pianificazione e gestione di un business online in un’ottica di prevenzione non solo dei rischi
legali, ma anche reputazionali e sanzionatori.
Alcuni dei temi legali da considerare
Pensare di poter stilare un elenco esaustivo dei temi legali da considerare nella conduzione di un e-commerce di successo sarebbe,
probabilmente, velleitario. Può essere tuttavia utile richiamare le
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informazioni e i contenuti legali minimi che, nella generalità dei casi, un sito web dovrà contemplare per essere conforme al quadro
normativo di riferimento (sempre che, beninteso, la legge applicabile sia quella italiana). Vediamo alcuni dei temi più ricorrenti.
> Note legali: si tratta delle informazioni obbligatorie elencate analiticamente dall’art. 7 del D.lgs. 70/03 e dagli articoli
2250 e 2497-bis del Codice Civile. Tutte le informazioni obbligatorie, recita la legge, devono essere “facilmente accessibili,
in modo diretto e permanente”. Ma evidentemente, senza
ripercussioni sul design e la fruibilità del sito. E’ quindi non
solo opportuno ma, direi, necessario condurre uno screening
legale delle pagine internet, al fine di poter contemperare i
requisiti imposti dalle norme di riferimento con gli obiettivi
commerciali e di marketing perseguiti da ciascun operatore.
> Condizioni generali di vendita conformi alla normativa civilistica e, nei casi di vendita B2C, alla recente normativa introdotta a seguito del recepimento della Direttiva 2011/83/UE sui diritti
dei consumatori. Il D. Lgs. 21 febbraio 2014, n. 21, in particolare, ha novellato il Codice del Consumo, prevedendo importanti
tutele per gli utenti non professionali. Alcune delle novità più significative introdotte riguardano, ad esempio, (i) l’ampliamento
delle informazioni precontrattuali che il merchant sarà tenuto a
dare al consumatore “in maniera chiara e comprensibile” (comprendenti, tra l’altro, dati del professionista, caratteristiche dei
beni, prezzo totale, costo del mezzo utilizzato per la conclusione
del contratto, modalità di pagamento, garanzia e indicazione
della possibilità per il consumatore di avvalersi del diritto di recesso e delle modalità per esercitarlo, etc.); (ii) l’estensione del
termine per esercitare il diritto di recesso, da 10 a 14 giorni,
senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere
costi diversi da quelli previsti dal Codice del Consumo.
> Profili IP: i contenuti multimediali di un sito Internet sono
oggetto di tutela ai sensi della Legge sul Diritto d’Autore1, nella misura in cui gli stessi siano dotati di “carattere creativo”.
E’ opportuno che il sito web indichi in un apposito link nella
home page l’autore dei contenuti multimediali del sito e chi
ne detiene i diritti economici di sfruttamento (che può essere
la web agency che ha creato il sito ovvero l’azienda cliente
stessa), la data di creazione, nonché in che misura sarà eventualmente possibile utilizzare i contenuti del sito web.
> Principio della completezza informativa in Internet e
pratiche commerciali scorrette: quanto ai messaggi diffusi
via Internet, occorre considerare che nel sito stesso possono
esserci differenti livelli di navigazione e, specialmente tra i
consumatori, possono esservi utenti che si fermano al primo
livello informativo. Per evitare che l’inosservanza degli obblighi informativi possa costituire una pratica commerciale scor-
2
retta, vietata e sanzionabile ai sensi del Codice del Consumo,
sarà necessario garantire la completezza e trasparenza delle
informazioni tenendo conto anche di tali aspetti.
> Informativa privacy: creare e gestire un sito web (sia esso anche solo un sito “vetrina”) comporta necessariamente il
trattamento di dati personali. Di conseguenza, dovranno essere rispettate le regole e gli adempimenti previsti Codice Privacy2 e dagli specifici provvedimenti pubblicati dal Garante per
la protezione dei dati personali. Nel caso di un sito Internet,
il trattamento di dati personali inizia già dal momento in cui
l'utente comincia la propria navigazione e non solo quando
quest’ultimo fornisca volontariamente delle informazioni (per
es. compilando i form presenti in alcune pagine web).
> Informativa sull’utilizzo dei Cookie: l’8 maggio 2014, il
Garante Privacy ha emesso un provvedimento per innovare la
disciplina riguardante l’uso dei cookie ovvero di quei piccoli
file di testo che i siti visitati inviano al terminale dell’utente
(computer, tablet, smartphone, notebook), dove vengono
memorizzati, per poi essere ritrasmessi agli stessi siti alla visita
successiva. La nuova disciplina individua modalità semplificate
per rendere l’informativa online sull’uso dei cookie e per acquisire il consenso eventualmente richiesto dalla legge.
La compliance legale come fattore di successo
I temi brevemente richiamati costituiscono l’ossatura legale
del commercio elettronico. Ma i profili legali rilevanti, evidentemente, sono molti e molti di più: basti pensare alle numerosissime prescrizioni di settore da osservare in funzione della
tipologia di prodotti e servizi offerti attraverso il web.
Un dato, comunque, è certo: la compliance riveste un ruolo sempre più strategico, accanto ad altri fattori cruciali per
un e-commerce di successo: è il caso della customer journey,
l’ottimizzazione della navigazione del sito e l’interazione tra i
diversi canali digitali, mobili e fisici, per incrementare le conversioni degli acquisti e l’interazione con i clienti. O delle soluzioni di “back-end” integrate con logiche di business online.
Tutti elementi di un puzzle in cui, comunque, la tranquillità di
non violare alcuna disposizione di legge gioca un ruolo assolutamente essenziale e prioritario.
1 Legge 22 aprile 1941 n. 633 “Protezione del diritto d’autore e di altri
diritti connessi al suo esercizio”
2 D.lgs. 196/03, meglio noto come “Codice in materia di protezione dei
dati personali” o, semplicemente, “Codice Privacy”
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Contatto per ulteriori informazioni
Edizione: Aprile 2015
acquisti online.
> Quali sono le ragioni per cui si dovrebbe preferire l’ecommerce allo shopping tradizionale?
Carlo Impalà
Avvocato
Tel.:
+ 39 02.6328841
E-Mail: [email protected]
Paolo Peroni
Avvocato
Tel.:
+ 39 02.6328841
E-Mail: [email protected]
> La moda ai tempi dell’e-commerce
a cura di Camilla Manfredi e Mario Pozzi, Rödl & Partner
Milano
Oggigiorno ci si imbatte, sempre più di sovente, in piattaforme Internet che consentono ai consumatori di acquistare capi
di abbigliamento, calzature e accessori online. Quale sia il segreto del successo dell’e-commerce applicato al mondo della
moda non è di facile intuizione. Da operatori della legge si è
soliti attribuire il successo di tali iniziative imprenditoriali ad un
quadro normativo di facile lettura e applicazione. Purtroppo
non è questo il caso dell’e-commerce, ad oggi regolamentato
da una normativa frastagliata che impone stringenti obblighi
agli operatori che si apprestano a dar vita ad una piattaforma
di vendita online3.
Nella ricerca di una risposta immediata e soddisfacente, ci siamo rivolti ad un’esperta del settore, la Dr.ssa Paola Marzario,
che nel 2012 ha fondato Brandon Ferrari, una piattaforma ecommerce del fashion che è entrata a far parte della classifica
delle prime dieci start-up italiane con un giro d’affari che si
aggira intorno ai 4 milioni di euro. Di seguito le domande che
abbiamo rivolto alla Dr.ssa Marzario, le cui risposte forniscono
un sintetico ed efficace quadro del settore e aiutano a dipanare la matassa – legislativa e non – che avvolge il mondo degli
All’interno del mondo web si ha la possibilità di avere una
disponibilità vastissima di prodotti che consente a chiunque di
accedere facilmente ai più importanti brand della moda. Questi marchi, spesso, non sono raggiungibili nelle zone geografiche più periferiche, decentrate o con un’offerta di prodotti
più limitata. Il primo vantaggio è sicuramente la prossimità
del prodotto per tutti gli utenti, ovunque essi si trovino. Un
secondo aspetto rilevante risiede nella possibilità, per l’utente, di avere una scelta più ampia di prodotti, di poter comparare i prezzi e le marche. L’acquisto diventa più ponderato
e consapevole: l’utente può vedere un determinato articolo,
pensarci, valutarne le caratteristiche tecniche e tornare, poche
tempo dopo, sul medesimo sito per effettuare l’acquisto con
un risparmio in termini di tempo e risorse rispetto al recarsi
fisicamente nel tradizionale negozio. Il tutto, senza il rischio
che il capo che si voleva acquistare sia, nel frattempo, soldout. Quindi, in prima analisi, si può dire che i vantaggi sono:
prossimità del prodotto, maggior numero di prodotti tra cui
scegliere e un risparmio generale di tempo nell’effettuare l’acquisto. Un ulteriore vantaggio: l’acquisto on line è addirittura
più tutelato dell’acquisto tradizionale, soprattutto grazie alle
politiche di resa dei prodotti applicate dalle piattaforme e alla
sicurezza delle transazioni elettroniche. Di ciò, il consumatore italiano è sicuramente meno consapevole rispetto al suo
omologo estero, che acquista beni on-line ormai già da diversi
anni utilizzando in tutta serenità la carta di credito e avendo
piena conoscenza delle modalità di restituzione dei prodotti.
Ultimo vantaggio: i prezzi applicati ai prodotti on-line sono
sicuramente più competitivi rispetto a quelli applicati dai negozi, pur non essendo i costi di un negozio on line un dato
trascurabile per chi si appresta ad entrare in questo mondo.
Molti prodotti vengono, infatti, scontati ab origine, perché lo
sconto permette di rendere la vetrina più appetibile. Non solo,
spesso i consumatori utilizzano i c.d. siti aggregatori (come,
ad esempio, trovaprezzi.it) che consentono di eseguire una ricerca sulla base del prezzo dell’articolo che si vuole acquistare:
fondamentale per essere trovati ed essere in prima posizione
nelle classifiche degli aggregatori è, quindi, fornire un prezzo
competitivo. Lo sconto degli articoli, inoltre, consente al portale di vendita di essere competitivo rispetto ai concorrenti
3 Decreto legislativo 70/2003, con il quale è stata recepita in Italia la
Direttiva 2000/31/CE, punto di riferimento normativo più rilevante per
la sua generalizzata applicabilità tanto al commercio elettronico di tipo
B2B quanto al commercio elettronico di tipo B2C e la normativa in tema
di contratti a distanza conclusi con il consumatore, di cui al Codice del
Consumo come novellato dal decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 21,
di attuazione della Direttiva 83/2011/UE sui diritti dei consumatori.
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- che nel web sono le piattaforme di vendita online di tutto il
mondo – e di rendere l’acquisto conveniente anche alla luce
dei costi di spedizione, che sono spesso a carico dell’utente.
> Come avviene l’acquisto online?
Solitamente in Italia gli acquisti avvengono o istintivamente, c.d.
“acquisti d’impulso”, laddove il consumatore sa che le taglie sono limitate (S, M, L, XL) e che ha la possibilità di restituirlo, oppure in modo più ponderato, qualora si acquisti un brand che si
conosce bene e di cui si conosce anche la vestibilità. Infine, c’è
l’acquisto da parte dell’utente che, non fidandosi della possibilità
di restituire il prodotto, posticipa l’acquisto ad una prova in negozio. Quanto agli stranieri, solitamente questi acquistano i capi
di abbigliamento in modo diverso rispetto agli italiani: per non
sbagliare acquistano la taglia che pensano si adatti a loro, una taglia più piccola e una più grande, confortati dalla possibilità – che
alcuni operatori e-commerce offrono – di restituire senza spese
(o con spesa limitata) i prodotti che vengono resi.
> Vi sono dei vantaggi maggiori nell’e-commerce di prodotti
fashion rispetto all’e-commerce di altri prodotti?
L’e-commerce di prodotti legati al mondo della moda, anche
detto fast fashion, rappresenta sicuramente una delle categorie più vendute nel mondo dell’e-commerce, subito dopo i
viaggi e le assicurazioni. I motivi sono molteplici: è più facile
spedire un capo di abbigliamento rispetto ad un mobile o ad
un prodotto alimentare che, ad esempio, deve viaggiare all’interno della catena del freddo. Le vendite del fashion si sono
quindi sviluppate maggiormente rispetto alle vendite di altri
prodotti soprattutto per motivi di semplicità logistica.
> Per un operatore e-commerce la normativa italiana si
presenta chiara e fruibile oppure oscura e frastagliata?
Toccate un tasto dolente. Sto collaborando per una ricerca che
ha il fine di evidenziare le criticità italiane rispetto agli altri paesi.
Questa ricerca ci ha dato lo spunto per analizzare le varie normative. Il fatto di aver recepito una direttiva comunitaria a livello
nazionale (peraltro solo nel 2014) non ha comportato l’auspicato allineamento con le normative e le prassi degli altri paesi. Basta fare un paragone con Francia e Germania per capire quanto
lavoro ci sia ancora da fare in Italia: in Francia c’è un nucleo di
Cyber Investigation, ovvero un corpo di polizia che si occupa di
verificare che i siti online rispettino le leggi a tutela del consumatore finale. Si tratta di un nucleo creato ad hoc, completamente assente nel panorama italiano. In Francia e in Germania, ad
esempio, un aspetto fondamentale è rappresentato dalla veridicità del prezzo. Il fatto che Internet consenta un commercio di
beni a prezzi scontati ha provocato la diffusione di meccanismi
4
di ingigantimento del prezzo iniziale che poi grazie agli sconti
ritornava ad essere pari al prezzo originale iniziale (senza alcuno
sconto effettivo). In Francia c’è un vero e proprio centro di monitoraggio del commercio elettronico la “Direction Générale de
la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des
Fraudes” che controlla la veridicità dei prezzi. Inoltre, all’estero,
i fenomeni di violazione dei prezzi e di pubblicità ingannevole
prevedono ammende di svariate migliaia di euro (fino anche a
€190.000,00), con chiaro effetto deterrente per le condotte illecite. Anche in Germania l’e-commerce soggiace ad una normativa più agevole. Ad esempio, in prossimità degli uffici postali ci
sono dei grandi cesti dove i consumatori finali possono restituire
il prodotto, senza alcun addebito sul conto corrente. In Italia la
politica dei resi è molto complicata e farraginosa.
> Qual è il ruolo della proprietà industriale nel commercio
elettronico?
Innanzitutto, andando online, si deve ricordare che si lavora su
scala mondiale. Pertanto, prima di operare su piattaforme online,
è necessario tutelare i propri asset a livello mondiale. Ad esempio, sarebbe necessario procedere alla registrazione dei marchi su
scala internazionale, non essendo più sufficiente la tradizionale
registrazione del marchio solo in ambito nazionale o comunitario. La mancanza di un marchio protetto in tutto il mondo o nella
maggior parte dei paesi comporta, ad esempio, che i licenziatari
di determinati prodotti – e di conseguenza gli operatori on-line
– possano commercializzare i prodotti che recano quel marchio
solo in alcune aree e non in altre, restringendo così il loro mercato
e le potenzialità di guadagno e sviluppo. In tema di concorrenza
sleale, il mondo web è una vera e propria giungla: bisogna essere
consapevoli che il web è accessibile anche in paesi in cui la concorrenza sleale non è punita. In particolare, si assiste al proliferare di
fenomeni contraffattivi di brand importanti e risulta difficile il perseguimento delle condotte concorrenzialmente sleali. In termini di
garanzia circa l’originalità dei prodotti, noi lavoriamo soltanto con
le aziende dotate di particolari garanzie e certificazioni. Ad esempio, NetComm ha creato un logo che certifica e contraddistingue il
sito affidabile. Tutti i siti che hanno questo simbolo fanno parte di
NetComm e quindi di un circuito europeo di siti affidabili.
> Cosa suggerirebbe agli operatori del settore e-commerce?
Cosa suggerirebbe ai consumatori?
Per le aziende che vogliono andare online, il primo suggerimento
consiste nel conoscere bene le varie normative, perché per vendere online a livello internazionale è necessario conoscere le leggi
dei paesi in cui i prodotti verranno proposti in vendita, leggi che
spesso prevedono sanzioni anche molto severe in caso di mancato
rispetto delle stesse. In secondo luogo, consiglio di farsi affiancare da un operatore o comunque da un team specializzato nelle
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vendite online, cosa niente affatto banale, dato che la vendita on
line ha delle regole proprie, completamente diverse dalle vendite
offline. Ad esempio, le condizioni logistiche sono diverse, la selezione dei prodotti da proporre è diversa e si deve tener conto della
diffusione worldwide e non soltanto a livello locale. Affrontare con
competenza il mercato, trasforma Internet in un vero e proprio
canale di profitto per le aziende. Quanto ai consumatori, personalmente suggerisco di non avere paura di eseguire transazioni
on-line con carta di credito in quanto sono efficacemente protette.
Si può dire che il pagamento elettronico on-line è addirittura più
tutelato rispetto alle transazioni tradizionali.
Contatto per ulteriori informazioni
Camilla Manfredi
Avvocato
Tel.:
+ 39 02.6328841
E-Mail: [email protected]
Mario Pozzi
Avvocato
Tel.:
+ 39 02.6328841
E-Mail: [email protected]
Edizione: Aprile 2015
> Privacy 2.0 vs. identità digitale: la necessità di adottare nuovi modelli
a cura di Tiziana Fiorella ed Elena Urbani, Rödl & Partner
Milano
L’era digitale in cui viviamo ha profondamente mutato le nostre abitudini: dall’utilizzo sempre più diffuso degli strumenti
di pagamento elettronici, dei social network, degli smartphone per svolgere attività quotidiane, come gli acquisti on-line.
Tutti strumenti che consentono di raccogliere una quantità
enorme di dati personali; si pensi alle informazioni relative
alle esperienze di acquisto dei consumatori a dati georeferenziati, alle immagini, alle conversazioni e spesso anche ai dati
più sensibili, come quelli relativi allo stato di salute (oggi uno
smartphone è persino in grado di monitorare l’attività cardiaca dei propri utenti).
I dati costituiscono ormai un notevole patrimonio economico
sia per le imprese che per il settore pubblico. Le aziende, proprio grazie alle banche dati a loro disposizione, possono orientare le proprie strategie di mercato e migliorare i prodotti e
servizi offerti: ad esempio, i dati che una compagnia telefonica
detiene circa l'utilizzo da cellulare può aiutare a scegliere una
nuova tariffa; le informazioni acquisite dai siti di e-commerce
consento agli operatori di individuare le abitudini e preferenze dei consumatori e strutturare strategie di marketing più
mirate. In tale contesto, non solo la riservatezza dei dati degli
utenti viene messa costantemente a dura prova, ma si assiste
anche ad un proliferare di gestori di dati. In molti casi, sarà
sufficiente effettuare un pagamento online o semplicemente “loggarsi” ad un sito di e-commerce per consentire a una
molteplicità di soggetti di acquisire i propri dati personali.
E’ così che la possibilità per gli utenti di controllare i propri dati
personali risulta seriamente e costantemente compromessa,
perché i meccanismi di tutela della privacy risultano sempre
più dispersivi e frammentati. Per ovviare a tale problematica,
la soluzione potrebbe arrivare dall’Unione Europea, nell’ambito della quale è attualmente in discussione una proposta di
Regolamento in materia di privacy, che tenga conto dell’evoluzione dei fenomeni di digital economy e del superamento
del concetto di confine territoriale, dovuto alla diffusione
dell’utilizzo di internet che ha notevolmente contribuito ad
estendere l’offerta di beni o sevizi degli utenti europei oltre i
confini UE.
Un nuovo regolamento europeo in materia di privacy
In estrema sintesi, il Regolamento dovrebbe prevedere tra l’altro:
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> l’obbligo di implementare soluzioni in grado di garantire il
trattamento dei soli dati personali necessari per ciascuna finalità specifica;
> l’implementazione effettiva del diritto all’oblio, garantendo
agli interessati la possibilità di chiedere la cancellazione dei
dati che lo riguardano e ad impedirne la loro diffusione;
> l’istituzione della figura del c.d. privacy officer;
> la manifestazione esplicita del consenso al trattamento ed
una più severa disciplina del c.d. sistema opt-in (il consenso
preventivo dell’utente) per i cookie pubblicitari online;
> in caso di danneggiamento, furto o perdita di un dato,
l’obbligo di comunicare tempestivamente all'interessato l'accaduto e in alcuni casi di procedere alla notifica al Garante
Privacy;
> l’introduzione di un documento - per molti aspetti comuni
all’abrogato Documento Programmatico della Sicurezza - nel
quale descrivere le regole e le procedure di gestione delle banche dati;
> la portabilità dei dati personali, vale a dire la possibilità per
l’interessato di esigere la rapida e facile esportabilità dei propri
dati personali in un formato compatibile con i sistemi di altri
operatori.
Più in generale, il Regolamento vorrebbe rafforzare i principi
di trasparenza ed informazione sul trattamento dei dati personali.
I più ottimisti, prevedono che l’emanazione possa intervenire
già entro i primi sei mesi di quest’anno, con un impatto rilevante per gli operatori sin dalla sua entrata in vigore. Come
è noto, infatti, formalmente, i regolamenti dell'UE hanno una
validità “automatica”, conferiscono cioè diritti ed impongono
obblighi sia agli Stati membri, sia ai loro organi e cittadini,
al pari di una qualsiasi legge nazionale. Ne consegue che, a
decorrere dalla data di entrata in vigore del Regolamento, il
Codice Privacy nazionale (D.lgs. n. 196/2003) dovrà considerarsi abrogato, almeno nelle parti disciplinate dalla normativa
europea.
Inversione di tendenza
Nel riservarci di proporre una disamina più specifica delle
disposizioni europee una volta che esse saranno definitivamente approvate, vogliamo richiamare l’attenzione sull’inversione di tendenza, seppur timida, che il Regolamento
parrebbe voler imporre al sistema di gestione dei dati e della
loro riservatezza: la norma europea infatti, da un lato, sembrerebbe attribuire maggior potere di gestione al soggetto
che fornisce i propri dati, dall’altro, tenderebbe a responsabilizzare maggiormente quei soggetti che detengono e gestiscono le banche dati.
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In un sistema come quello attuale - definito come “organization centric” -, in cui gli utenti del mercato on-line hanno
un controllo sempre minore sull’utilizzo e sulla gestione dei
propri dati personali, affidati ad un numero crescente di soggetti terzi che acquisiscono e raccolgono i dati degli utenti, ne
definiscono le modalità e le politiche di gestione, le tutele dal
punto di vista della privacy risultano fortemente affievolite e
seriamente compromesse (si pensi alle difficoltà di gestire le
innumerevoli password e le differenti procedure di log-in per
svolgere qualsiasi tipo di attività).
A livello europeo, la tendenza sembra sia quella di superare
l’attuale logica di gestione dei dati (“organization centric”)
per approdare ad un sistema “user centric”, vale a dire ad
un apparato in cui sono gli utenti stessi a definire e a gestire
le impostazioni di privacy dei propri dati. Un simile sistema
è già stato testato da alcuni operatori attualmente attivi sul
mercato, anche dell’e-commerce: pensiamo ai sistemi di login utilizzati da Paypal, che consente di utilizzare il proprio account, con un unico set di credenziali, per registrarsi in siti ed
avvalersi di servizi diversi. In tale sistema si riducono senz’altro
i rischi di dispersione e di compromissione della privacy e si
evita al contempo la gestione di numerose password e di differenti procedure di log-in.
Come impostare allora un sistema di gestione dei dati personali “utente centrico”?
Identità digitale degli utenti
Una soluzione efficace potrebbe essere quella di creare una
vera e propria identità digitale degli utenti, magari certificata
da enti o agenzie appositamente incaricate in modo da esser
riconosciuta da tutti gli attori del mondo digitale. Il Garante della protezione dei dati personali ha di recente definito
“l’identità digitale” come “la rappresentazione informatica
della corrispondenza biunivoca tra un utente e i suoi attributi
identificativi, verificata attraverso l'insieme dei dati raccolti e
registrati in forma digitale”4. Attraverso un sistema di identità
digitale, riconosciuto e certificato, ciascun individuo avrebbe
la possibilità di controllare costantemente il proprio profilo
ed i dati ad esso inerenti attraverso la propria autenticazione
informatica. Un modello vincente potrebbe essere quello improntato a logiche di accesso dei social network che consentono l’autenticazione dell’utente, identificato con un profilo
informatico ad hoc.
L’identità digitale dell’utente fornirebbe numerosi vantaggi,
4 Cfr. Provvedimento Garante per la Protezione dei dati personali, doc.
web n. 3265492, 19 giugno 2014.
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ad esempio: (i) gli utenti diventerebbero gestori dei propri dati, protagonisti indiscussi del sistema; (ii) verrebbero eliminati
gli adempimenti ed i formalismi che caratterizzano l’attuale
sistema della tutela dei dati personali; (iii) si eviterebbe la gestione dei dati degli utenti da parte di un numero incontrollato
di soggetti; (iv) consentirebbe agli utenti e ai consumatori di
sfuggire all’onere di memorizzare innumerevoli password e
credenziali di autenticazione. Viene spontaneo allora chiedersi se anche il Legislatore si sia occupato di regolare l’identità
digitale. La risposta può trovarsi nel recente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 ottobre 2014.
Edizione: Aprile 2015
Per ulteriori informazioni
Tiziana Fiorella
Avvocato
Tel.:
+ 39 02.6328841
E-mail: tiziana.fi[email protected]
La creazione del sistema pubblico per la gestione
dell’identità digitale
Sul piano della creazione dell’identità digitale, nel nostro
Paese è stata già compiuta una piccola rivoluzione. E con
estrema sorpresa, tale innovazione è stata promossa proprio nel settore pubblico. Sulla scorta del Regolamento europeo n. 910/2014, è stato creato il “Sistema Pubblico per
la Gestione dell’Identità Digitale” di cittadini e imprese ,
c.d. “SPID”.
Lo SPID trova le proprie fonti normative nell’art. 64 del
D.lgs. 82/2005, c.d. “Codice dell’Amministrazione Digitale” o “CAD”, e nel recentissimo DPCM del 24 ottobre
2014. Tale normativa configura lo SPID come un sistema
per gestire le attività di identificazione informatica di cittadini ed imprese cui partecipano diversi attori pubblici e
privati, teso principalmente a consentire l’accesso ai servizi
telematici resi dalle pubbliche amministrazioni ed è fruibile
anche dalle imprese per l’erogazione dei propri servizi. Attraverso lo SPID, i cittadini e le imprese possono richiedere
alle PA, ma anche ai privati che se ne avvalgono, servizi
telematici come ad esempio attestazioni, rilascio di certificati , l’accesso ai propri dati conservati in banche dati
pubbliche.
Lo SPID sembra rappresentare, insomma, un sistema efficace e sicuro di implementazione dell’identità digitale degli
utenti aperto sia al settore pubblico che a quello privato. Il
cammino per la piena attuazione dello SPID è tuttavia ancora lungo: per poter entrare in vigore il sistema necessita
ancora della promulgazione da parte dell’Agenzia per l’Italia Digitale, c.d. “AGID” dei regolamenti attuativi e della
stipula di alcune convenzioni per la verifica delle identità
dei soggetti richiedenti.
Elena Urbani
Dottoressa
Tel.:
+ 39 02.6328841
E-mail: [email protected]
> Mobile remote payment: le prescrizioni
del Garante Privacy
a cura di Elena Urbani, Rödl & Partner Milano
A partire dallo scorso 31 marzo 2015, tutti i soggetti coinvolti in operazioni di mobile remote payment devono adottare
le misure individuate dal Garante per la protezione dei dati
personali (c.d. “Garante Privacy”) nel provvedimento generale
del 22 maggio 20145. Con tale provvedimento il Garante ha
infatti introdotto delle regole stringenti, valide per tutti i soggetti operanti nel settore del mobile remote payment. Settore
che comprende tutte quelle operazioni di pagamento di un
bene o di un servizio digitale fruibili dall’utente tramite smartphone, tablet e PC attivate a distanza, mediante terminale
mobile, attraverso servizi di micropagamento.
Il mobile remote payment si distingue dal mobile proximity
payment che riguarda, invece, le operazioni di pagamento
eseguite dall’utente avvicinando dispositivi mobili, dotati di
tecnologia NFC (“Near Field Communication”) ad un ap-
5 Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, n. 258
del 22 maggio 2014, doc. web n. 3161560, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n. 137 del 16 giugno 2014. Il temine per l’attuazione del Provvedimento n. 258/2014 è stato prorogato al 31 marzo 2015 con provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali n. 546 del 20
novembre 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 290 del 15 dicembre 2014.
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posito lettore POS (“Point Of Sale”). Attraverso il mobile
remote payment, vengono trattate numerose informazioni riferibili all’utente quali, ad esempio, i dati relativi alla
numerazione telefonica, i dati anagrafici, i dati legati alla
tipologia del servizio o del prodotto digitale richiesto ed
al relativo importo, i dati inerenti agli addebiti degli acquisiti effettuati, quelli di posta elettronica o l’indirizzo IP
dell’utente. A tali dati se ne possono aggiungere altri, anche di natura sensibile, legati alla fruizione del servizio o del
contenuto digitale.
In via generale, il Garante ha stabilito che la prestazione del
consenso al trattamento dei dati personali dell’utente non è
di per sé necessaria, poiché rientra in un obbligo contrattuale ai sensi dell’art. 24 del Codice Privacy. Tuttavia, sono stati previsti alcuni casi specifici in cui il consenso dell’utente è
richiesto, come le ipotesi in cui l’operatore (i) utilizza i dati
forniti dall’utente per finalità di marketing diretto, (ii) utilizza
i dati personali per finalità di profilazione anche nell’ambito
di eventuali programmi di fidelizzazione, (iii) comunica i dati
a soggetti terzi.
Proprio per la varietà dei dati trattati nel mobile remote
payment e per i connessi profili di rischio, il Garante Privacy è intervenuto in materia dettando precisi obblighi per
tutti gli attori del mercato del mobile remote payment. Le
prescrizioni individuate dal Garante si rivolgono sia agli
operatori di comunicazione elettronica che forniscono agli
utenti un servizio di pagamento elettronico tramite cellulare, o con l'uso di una carta prepagata oppure mediante un
abbonamento telefonico (c.d. “operatori”); sia agli aggregatori (detti anche “hub”), che realizzano una serie di attività legate all’operatività e alla gestione della piattaforma
tecnologica per l'offerta di prodotti e servizi digitali; sia,
infine, ai venditori (c.d.“merchant”) che offrono contenuti
digitali e vendono servizi editoriali, prodotti multimediali,
giochi e servizi inerenti.
Sicurezza innanzitutto
Sull’operatore, che riveste la qualifica di Titolare del trattamento dei dati, ricade l’obbligo di rendere un’informativa
chiara e completa di tutti gli elementi di cui all’articolo 13
del Codice della Privacy. In particolare, l’informativa deve
specificare se i dati personali dell’utente sono trattati anche
per scopi ulteriori, ovvero per finalità di marketing, quali
invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta e per il
compimento di ricerche di mercato. Quanto invece ad eventuali programmi di fidelizzazione e di comunicazione dei dati a soggetti terzi, nell’informativa dovrà essere specificato
che tali attività possono svolgersi solo previa acquisizione
del consenso degli utenti, al fine di non incorrere in attività di profilazione degli utenti. L’informativa dovrà inoltre
richiamare l’eventuale utilizzo di dati di natura sensibile da
parte dell’operatore e le relative modalità di trattamento.
Considerati i limiti di spazio derivanti dai termini mobili
utilizzati per la fruizione dei servizi di pagamento digitale,
l’informativa potrà tuttavia essere predisposta secondo il
c.d. approccio “layered”, ovvero “a strati”: all’utente potrà
essere fornita una prima informativa breve contenente il riferimento agli elementi essenziali del trattamento (tra i quali
almeno l’indicazione delle finalità e gli estremi identificativi
del titolare) ed un’ulteriore informativa, più dettagliata, cui
l’utente potrà accedere tramite specifico link.
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Nel provvedimento non mancano poi specifiche prescrizioni in tema di misure di sicurezza, che consistono in
cautele ulteriori rispetto a quelle disciplinate dall’articolo
31 e seguenti del Codice Privacy e dall’Allegato B dello stesso. Ad esempio, l’operatore deve prevedere una
forma di mascheramento dei dati, ad esempio mediante
meccanismo crittografico (c.d. “hash”), le cui chiavi di
decifrazione siano nella esclusiva disponibilità degli addetti alle operazioni di customer care. Questi ultimi, infatti, possono accedere a tali dati per finalità di assistenza
alla clientela e nominati quali incaricati al trattamento dei
dati personali e dovranno, quindi, esser sottoposti alla
procedura della c.d. “strong authentication” che consiste
in un processo di autenticazione basato su token ed account nominale.
In tale contesto, il provvedimento del Garante Privacy prescrive che i dati relativi al mobile remote payment
non possono esser conservati per più di sei mesi, decorsi
i quali l’operatore, l’eventuale aggregatore ed il merchant
dovranno provvedere alla cancellazione dei dati dai propri
sistemi. L'indirizzo IP degli utenti dovrà invece essere immediatamente cancellato dal merchant, una volta terminata la procedura di acquisto.
Dalla lettura del provvedimento del Garante emerge un
quadro di regole sulla privacy preciso e dettagliato, almeno apparentemente idoneo ad assicurare un’adeguata
protezione dei dati personali degli utenti del mobile remote payment. Il tempo e la diffusione di tali servizi consentiranno di valutare l’effettiva completezza della normativa
approntata dal Garante. Nel frattempo, è fondamentale
che tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni di mobile remote payment si adeguino alle prescrizioni del Garante,
al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dal Codice
Privacy e, soprattutto, di garantire una sempre più effettiva riservatezza dei dati degli utenti.
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Contatto per ulteriori informazioni
Edizione: Aprile 2015
accise e le cessioni di beni immateriali oggetti di commercio elettronico diretto.
Vendite a distanza dall’Italia verso privati residenti in altri paesi
comunitari
Elena Urbani
Dottoressa
Tel.:
+ 39 02.6328841
E-mail: [email protected]
> Aspetti IVA nel commercio elettronico
nell’ambito UE
a cura di Birgit Rauschendorfer, Claudio Finanze e
Pamela Ciarcià, Rödl & Partner Milano
Aspetti IVA delle vendite a distanza di beni a consumatori privati nell’ambito dell’Unione Europea
La normativa IVA6 prevede un regime particolare per le cosiddette vendite a distanza all’interno dell’Unione Europea,
definite dalla legge anche come “cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili”. Le vendite a distanza
sono caratterizzate dai seguenti presupposti:
- l’acquisto è effettuato da un soggetto privato residente in
uno stato membro diverso da quello del cedente;
- il trasporto della merce venduta è effettuato direttamente a
cura del cedente o per suo conto.
Le cessioni effettuate da un fornitore italiano a persone fisiche residenti in altri paesi comunitari non sono imponibili
in Italia se il cedente residente ha realizzato nell’altro stato
membro, nell’anno precedente o in quello in corso, vendite a distanza di valore superiore a Euro 100.000,00 ovvero,
al minore ammontare stabilito nell’ambito della disciplina
interna al detto stato membro. Se, invece, l’ammontare
delle vendite a distanza effettuate in ciascuno Stato membro non supera le suddette soglie nell’anno precedente o
in quello in corso o in entrambi, le vendite sono imponibili
in Italia.
Se viene superata la soglia in uno Stato membro nel corso dell’anno, scatta l’obbligo per il cedente di nominare
un rappresentante fiscale o di identificarsi direttamente
ai fini IVA nello Stato dell’acquirente. Inoltre, le cessioni,
a partire dalla vendita che determina il superamento del
limite, sono sottoposte all’IVA del paese dell’acquirente
secondo le aliquote e regole ivi vigenti. Le soglie per le
vendite a distanza dei singoli paesi membri possono variare tra un minimo di Euro 35.000,00 ed un massimo di
Euro 100.000,00. La seguente tabella7 riporta i limiti fissati
dei singoli Stati membri per l’applicazione del regime delle
vendite a distanza effettuate nei confronti dei soggetti privati residenti nel relativo paese membro. Gli importi sono
da considerarsi al netto dell’IVA.
Condizione essenziale per l’applicazione di tale disposizione è
che il trasporto dei beni a destinazione avvenga da parte
o per conto del cedente. Se il trasporto è effettuato da
terzi deve essere assicurato che la proprietà del bene non
si trasferisca all’acquirente prima della consegna nel territorio di destinazione. L’individuazione del luogo dell’applicazione dell’IVA varia tra Stato membro di origine e quello
di destinazione e dipende dall’ammontare delle vendite
effettuate del cedente in un anno solare verso un Stato
membro oppure da una sua opzione eventualmente esercitata. Sono escluse del regime in esame, perché seguono
regole proprie, le cessioni di mezzi di trasporto nuovi, le
cessioni di beni da istallare, le cessioni di beni soggetti ad
6 Art. 33 della Direttiva 2006/112/CE, recepita dagli art. 40, comma 3 e
41, comma 1, lettera b) D.L. 30/08/1993 n. 331
7 Disponibile su http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/taxation/vat/traders/vat_community/vat_in_ec_annexi.pdf; aggiornato a Marzo 2014
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Paese
Soglia di esonero
Austria
€ 35.000
Belgio
€ 35.000
Bulgaria
BGN 70.000
Cipro
€ 35.000
Croazia
HRK 270.000
Danimarca
DKK 280.000
Estonia
€ 35.000
Finlandia
€ 35.000
Francia
€ 100.000
Germania
€ 100.000
Gran Bretagna
GBP 70.000
Grecia
€ 35.000
Irlanda
€ 35.000
Italia
€ 35.000
Lettonia
€ 35.000
Lituania
€ 35.000
Lussemburgo
€ 100.000
Malta
€ 35.000
Olanda
€ 100.000
Polonia
PLN 160.000
Portogallo
€ 35.000
Repubblica Ceca
CZK 1.140.000
Romania
RON 118.000
Slovacchia
€ 35.000
Slovenia
€ 35.000
Spagna
€ 35.000
Svezia
SEK 320.000
Ungheria
€ 35.000
Il cedente può comunque optare per l’applicazione dell’IVA
nello Stato membro anche se non ha superato il limite previsto. Agli effetti della compilazione degli elenchi Intrastat, deve
tenersi conto che tale cessioni sono da considerarsi cessioni intracomunitarie e, pertanto, da contemplare nella dichiarazione Intrastat. Il cedente dovrà quindi iscriversi nel c.d. “VIES”
contemporaneamente alla registrazione ai fini IVA nell’altro
stato membro.
Vendite a distanza verso privati nazionali
Le vendite a distanza effettuate da un cedente comunitario nei confronti di persone fisiche residenti in Italia sono
soggette ad IVA in Italia, se tali vendite hanno superato il
limite di valore di Euro 35.000 nell’anno solare precedente
o nell’anno in corso. Invece, l’IVA non deve essere assolta
in Italia ma nel paese comunitario di residenza del cedente,
se tali vendite rimangono sotto tale soglia, a meno che il
cedente non opti per l’applicazione dell’IVA in Italia, anche
se le sue vendite sono al di sotto di detto limite. Sia nel caso
del superamento della soglia che nel caso dell’opzione per
l’IVA italiana, il cedente comunitario ha l’obbligo di nominare un suo rappresentante fiscale ovvero di identificarsi
direttamente ai fini IVA Italia e assolvere tutti gli obblighi
connessi.
Novità IVA relative al “commercio elettronico diretto”
per le prestazioni rese a consumatori privati nell’ambito
dell’Unione Europea
Dal 1° gennaio 2015, sono previste nuove regole ai fini
dell’IVA in relazione alle vendite online, per le prestazioni
di “commercio elettronico diretto” (compresi i servizi di teleradiodiffusione e di telecomunicazione). Nei rapporti B2C
(business to consumer), il luogo impositivo è individuato nel
Paese del cliente committente. In altri termini, l’IVA è sempre dovuta nello Stato del cliente committente, a prescindere
dello Stato in cui è stabilito il fornitore (Unione Europea o
Extra-UE).
Il “commercio elettronico diretto” si configura quando
un bene digitale o un servizio è messo a disposizione del
cliente in forma digitale e per il tramite di una rete elettronica utilizzata dall’acquirente, per cui, in concreto, sia
l’operazione commerciale sia la consegna avvengono solo
online ricorrendo alle modalità telematiche. In merito a
tali tipologia di servizi, il Governo ha approvato in via
definitiva, in sede di Consiglio dei Ministri del 27 marzo
2015, il decreto che recepisce la disciplina di cui all’art.
58 della Direttiva 2006/112/CE, riscrivendo in diversi punti il DPR 633/72. Ai sensi del riformulato art. 7-sexies lettere
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Edizione: Aprile 2015
f) e g) del DPR 633/72 (contenente le deroghe al criterio di
tassazione dei servizi “B2C” di cui all’art. 7-ter comma 1 lett.
b), si considerano effettuate nello Stato se rese a committenti
non soggetti passivi, rispettivamente:
- le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, quando
il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente, senza domicilio all’estero;
- le prestazioni di telecomunicazione e di teleradiodiffusione,
quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato
o ivi residente senza domicilio all’estero, e sempre che siano
utilizzate nel territorio dell’Unione Europea.
Pamela Ciarcià
Dottore Commercialista, Revisore Legale
Tel.:
+ 39 02.6328841
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Il decreto approvato dal Governo prevede, inoltre, l’esonero
dalla fatturazione (se non richiesta dal cliente) per le prestazioni di telecomunicazione, di teleradiodiffusione e di e-commerce nei confronti di privati, anche nel caso di servizi resi da
imprese italiane nei confronti di clienti nazionali.
Contatto per ulteriori informazioni
Birgit Rauschendorfer
Dottore Commercialista, Revisore Legale
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Claudio Finanze
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Rödl & Partner è uno dei maggiori studi multi-professionali
del mondo, presente in 40 Paesi con 93 uffici e uno staff di
oltre 3500 collaboratori in grado di offrire consulenza legale e
fiscale, servizi di revisione legale e consulenza del lavoro senza
confini.
Rödl & Partner vanta, tra l’altro, un team di professionisti specializzati nelle aree IT, IP, media ed e-commerce.
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di portali di e-commerce. Redige documenti legali e contrattuali per siti B2B e B2C. Conduce audit in materia di privacy, diritto della concorrenza e compliance 231 nel contesto
dell’implementazione di siti internet, app e social network.
Affianca i clienti nella protezione del diritto d'autore e dei diritti di proprietà intellettuale nel web. Offre consulenza a 360°
nell'ambito della fiscalità internazionale.
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Contattare: Dott. Thomas Giuliani
Verso il successo
“Ogni singola persona conta“, per i Castellers e per noi.
„La nostra filosofia è condividere gli obiettivi dei nostri assistiti in una visione globale e
imprenditoriale. Pensiamo al cliente e al mercato in cui opera, ne condividiamo le finalità e
impostiamo la nostra consulenza con l’obiettivo di accompagnarlo verso il successo.“
Le “torri umane” simboleggiano in modo straordinario la cultura di Rödl &
Partner. Incarnano la nostra filosofia di coesione, equilibrio, coraggio e
spirito di squadra. Mostrano la crescita che scaturisce dalle proprie forze,
elemento che ha fatto di Rödl & Partner quello che è oggi.
Rödl & Partner
„Força, Equilibri, Valor i Seny“ (Forza, equilibrio, coraggio e intelligenza)
sono i valori dei Castellers, così vicini ai nostri. Per questo, nel maggio
2011, Rödl & Partner ha stretto una cooperazione con i Castellers di Barcellona,
ambasciatori nel mondo dell’antica tradizione delle “torri umane”.
L’associazione catalana incarna, insieme a molte altre, questa preziosa
eredità culturale.
„Non perdiamo mai di vista lo scopo del nostro impegno. Un chiaro obiettivo ci aiuta a scorgere
gli errori, le debolezze e rischi e ad evitarli per tempo. Solo quando la strada è libera dagli
ostacoli, iniziamo la scalata, ma avendo sempre ben presente quale sia la nostra meta.“
Castelleres de Barcelona
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Redazione:
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Responsabile di redazione: Paolo Peroni – [email protected]
Carlo Impalà – [email protected]
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La presente pubblicazione è redatta a cura di Rödl & Partner e non è destinata alla stampa. Rödl & Partner
non assume alcuna responsabilità in relazione ai contenuti della presente né in merito alla veridicità, attualità o completezza delle informazioni o in merito a decisioni eventualmente assunte in seguito alla lettura,
anche per estratto, della medesima. Le informazioni e valutazioni ivi contenute hanno carattere generale,
non costituiscono parere legale o fiscale, né esame esaustivo dei temi trattati, non potendo sostituire né
intendersi quali servizi di consulenza legale o tributaria personalizzati che raccomandiamo di richiedere ove
foste interessati all’analisi e trattazione di questioni e casi concreti. L'intero contenuto della pubblicazione
costituisce proprietà intellettuale di Rödl & Partner ed è protetto da copyright. È consentito scaricare, stampare o copiare la pubblicazione esclusivamente per uso personale. Qualsiasi modifica, copia, divulgazione o
libera riproduzione dei contenuti o di parti di essi, sia online che offline, necessitano di preventiva autorizzazione scritta da parte di Rödl & Partner.
Hanno collaborato alla redazione: Paolo Peroni, Carlo Impalà, Camilla Manfredi, Mario Pozzi, Tiziana Fiorella, Elena Urbani, Birgit Rauschendorfer, Claudio Finanze, Pamela Ciarcià.