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LA CONTROCOPERTINA
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DOMENICA 11 OTTOBRE
3
Sarà ricordato oggi a partire dalle 10:30, presso
la Sezione di Locri dell'Archivio di Stato, lostilista
calabrese,originariodiBivongi,AntonioRusso.
Antonio
Russo,
lo stilista che trasformò la
Per più di
trent'anni ha fatto
sfilare sul palco di
Roccella Jonica
prima, e Siderno
poi, le sue
straordinarie
creazioni, insieme
a quelle dei
giovani stilisti
emergenti di tutta
Italia e di grandi
griffe come
Luciano Soprani,
Marelles Ferrara,
Rosy Garbo,
Egon Von
Furstenberg, le
sorelle Fontana,
Yoshinori
Shimizu.
Locride in Piazza di Spagna
D
al suo atelier di Via Roma a Roccella
ha mostrato, irradiandolo, il volto pulito della moda sartoriale italiana, elevando al contempo l'immagine della
Calabria migliore nel mondo. Lo stilista calabrese Antonio Russo, originario
di Bivongi e patron per ben 32 edizioni della "Sfilata
di Alta Moda Sartoriale" di Roccella Jonica, evento
assai noto nel mondo della televisione e dello spettacolo, sarà ricordato oggi a partire dalle 10.30 presso la Sezione di Locri dell'Archivio di Stato, in occasione dell'evento nazionale "Domenica di carta".
Filmati, bozzetti, foto e articoli che la stampa nazionale e internazionale ha dedicato al nostro compianto stilista, imitato in Italia e nel mondo, saranno
esposti in una mostra curata da Rita Matrone che ha
gentilmente concesso un'anteprima ai nostri lettori.
Cosa rappresenta Antonio Russo per la categoria
sartoriale italiana e perchè l'Archivio di Stato ha
deciso di dedicargli una mostra?
La categoria sartoriale italiana credo che debba
molto ad Antonio Russo,
soprattutto per essersi sempre prodigato, nel corso
della sua trentennale attività, in difesa dei valori dell'artigianato sartoriale da
contrapporre all'invasione di
capi prodotti da un'industria
di serie.
Per
quanto
riguarda
l'Archivio di Stato posso dire
che, l'archivio Russo ci è stato
segnalato dal dott. Domenico
Lanciano giornalista fondatore dell' Università delle
Generazioni che ha sede in
Agnone del Molise e per alcuni anni collaboratore di
Antonio Russo nell'organizzazione
della
Rassegna
Internazionale di moda sartoriale. La dott.ssa Mirella
Marra Direttrice dell'Archivio
di Stato di Reggio Calabria, da
cui dipende la nostra sede di
Locri, ha subito manifestato
grande interesse per l'acquisizione di un archivio
che apparentemente poteva sembrare lontano dai
nostri standard culturali, ma che si è poi rivelato
fonte preziosa per la storia della moda artigianale
calabrese. In seguito abbiamo valutato il materiale
che cortesemente ci è stato messo a disposizione
dalla famiglia del cavalier Russo e dietro autorizzazione ministeriale si è proceduto alla relativa acquisizione.
Proprio in quanto fonte preziosa per tutti coloro che
sono interessati a ricostruire la storia dell'artigianato locale, e in special modo di quello sartoriale,
abbiamo ritenuto opportuno presentare l'Archivio
Russo nell'ambito di una manifestazione quale
“Domenica di carta“ il cui slogan è “ la cultura è
apertura“.
Quanto c'era in Antonio Russo dell'artista geniale e
sregolato e quanto dell'artigiano?
Osservando le foto dei suoi modelli posso dire che
coesistevano in lui due anime: una geniale, pronta a
recepire tutte le novità della moda e l'altra legata
allo stile e alla raffinatezza dell'alta moda sartoriale
italiana, un vero artigiano attento ai minimi particolari, dal taglio alla composizione delle stoffe, alle
cravatte da abbinare ai modelli maschili, e persino
alle fodere degli abiti che venivano fornite dalla più
prestigiosa ditta milanese dell'epoca.
Grazie al contributo di Antonio Russo Roccella
avrebbe potuto divenire la capitale della moda sartoriale del Mediterraneo?
Penso proprio di sì e non sono l'unica perchè tutti
coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere l'impegno di Antonio Russo nel campo della moda pensano la stessa cosa. Non dobbiamo dimenticare che
a discutere di moda, grazie alla sua simpatia, alla sua
capacità di instaurare rapporti di stima, sono venute
in Calabria le mitiche sorelle Fontana, oltre che stilisti provenienti dalla Francia, dalla Jugoslavia, dalla
Germania e persino dal Giappone, per non parlare
degli ambasciatori dei paesi che si affacciano sul
Mediterraneo, quali Grecia, Egitto, Spagna, Malta.
Maria Giovanna Cogliandro
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ATTUALITÀ
GIUDIZIARIA
“Stupor Mundi”, maxi
operazione antidroga
L
a maxi operazione antidroga
denominata “Stupor Mundi”
ha colpito oltre 30 soggetti,
destinatari dell’ordinanza di
custodia cautelare in carcere
emessa dal Gip di Reggio
Calabria, su richiesta della Procura distrettuale antimafia reggina che ha coordinato
le indagini del Goa della Guardia di
Finanza di Catanzaro. Un troncone è stata
definito in appello nei giorni scorsi, con 14
condanne per oltre 130 anni di reclusione. Il
processo tornava da una decisione della
Cassazione che aveva annullato con rinvio
su un’eccezione del collegio difensivo.
Molti imputati, che non avevano altre pendenze, venivano scarcerati per decorrenza
dei termini di fase.
L’indagine “Stupor Mundi” prendeva le
mosse da un’altra, denominata “Igres”,
condotta negli anni precedenti e incentrata
sui rapporti tra un siciliano, tale A.M. e
delle famiglie di Platì, con la regia di un presunto broker di Siderno, per il traffico di
cocaina dalla Colombia all’Europa.
Infatti intorno alla figura di un platiese, tale
M.R., secondo gli investigatori esistevano
nuovi soggetti, a quel tempo ancora sconosciuti, operanti sempre nel settore del traffico internazionale, ma con strutture e metodologie diverse da quelle già trattate in
ambito “Igres”.
L’organo inquirente, immediatamente
dopo il sequestro di un’ingente partita di
“cocaina” (170 kg) avvenuta nel novembre
del 2002, decideva di stralciare la posizione
processuale di tre soggetti e di altri ancora
sconosciuti alle indagini. Primo fra tutti tale
P.G., allora meglio conosciuto come
“Giovanni”. Lo sviluppo successivo delle
indagini, le numerose intercettazioni telefoniche, i tanti servizi di osservazione e pedinamenti, confermavano abbondantemente
l’esistenza di una diversa e agguerrita organizzazione criminale, i cui promotori, organizzatori e finanziatori, erano quasi per
intero, tutti di origine calabrese.
Man mano che i nuovi personaggi venivano
identificati, era anche possibile ricostruire
l’organigramma dell’intero assetto criminogeno, individuando i ruoli e le posizioni di
ciascuno. Venivano altresì individuate altre
“cellule criminali organizzate” che, consapevoli della forte capacità dell’organizzazione principale, si rivolgevano ad essa per l’acquisto di consistenti partite di droga da
piazzare sul mercato laziale e piemontese.
Le attività ponevano in luce collegamenti
tra le cosche alle quali gli indagati erano
riconducibili, si trattava di alcune famiglie di
Platì, di Ciminà, di Guardavalle, di Santo
Stefano in Aspromonte e di San Luca e
altre cosche calabresi.
Molteplici le caratteristiche del sodalizio
appurate nel corso delle indagini: la mobilità dei membri dell’associazione, idonea a
garantire un continuativo e coordinato
esercizio dell’attività tra Torino, Milano, la
Calabria, il Lazio, l’Olanda e il Belgio; la
costituzione in Olanda e Belgio di un
nucleo operativo stabile destinato a sovrintendere al commercio della cocaina avviata
verso il mercato italiano; la reiterazione di
viaggi dall’Olanda all’Italia, e comunque lo
spostamento da e per l’Italia con scadenze
ricorrenti dai Paesi di smistamento dello
stupefacente dei presumibili fornitori o
emissari dei fornitori e dei corrieri dell’organizzazione; l’esistenza di strutture di riferimento a Torino e Milano, luoghi di incontri finalizzati al reperimento di capitale e al
successivo spaccio dello stupefacente; la
predisposizione di basi logistiche e depositi,
individuabili negli appartamenti rientranti
nella disponibilità di alcuni indagati; il reclutamento e l’invio di manovalanza calabrese
e straniera secondo formule destinate a
ripetersi in occasione di ogni operazione; la
capacità di far fronte alle continue richieste
di ingenti quantitativi di cocaina provenienti dai mercati clandestini; la molteplicità di
fonti di approvvigionamento; la predisposizione di mezzi finanziari per il trasferimento di capitali all’estero e di accorgimenti per
la loro gestione..
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DOMENICA 11 OTTOBRE
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I ragazzi dellaV A del Pascoli di Siderno
lasciano una traccia nella storia
HANNO PARTECIPATO AL PROGETTO NAZIONALE PATCH FOR FUTURE E SONOTUTTIVINCITORI.
IL 24 OTTOBREVOLERANNO ALL'EXPO DI MILANO PER LA PREMIAZIONE UFFICIALE.
"La maestra Francesca ha riletto
l'email tre volte. Non ci credeva!"
- racconta raggiante Erica mentre
la sua maestra sembra avvolta da
un'aura di gratificazione impareggiabile. Lo staff di Patch for
Future il 30 settembre scorso alle
17.47 comunica alla maestra
Francesca Lopresti che "considerato il lavoro condiviso tra alunni,
insegnanti e genitori, la giuria ha
deciso di premiare tutti i ragazzi
della IV A (oggi V) dell'Istituto
Comprensivo Pascoli-Alvaro di
Siderno". Patch for Future avrà
quindi non uno ma un'intera classe di vincitori, perchè è stato
impossibile scegliere. Patch for
Future è un'iniziativa promossa
da Symbola - Fondazione per le
qualità italiane in collaborazione
con la Kip International School,
veicolata dal MIUR (Ministero
dell'Istruzione, dell'Università e
della Ricerca), e nasce da un'idea
dell'artista italo- persiano Howtan
Re. Patch for Future è tra i protagonisti dell'Expo di Milano: lo
scorso 22 settembre, presso i
Giardini dell'Onu, è stato inaugurato lo spazio che porterà all'in-
terno dell'esposizione universale
la campagna dedicata ai più giovani e ispirata agli Obiettivi del
Millennio delle Nazioni Unite.
Puntando su arte e creatività,
Patch for Future ha lanciato un
progetto indirizzato agli studenti
della scuola primaria e secondaria, che prevede la realizzazione
di un'opera collettiva ideata da
Howtan Re. L'intento è quello di
sensibilizzare i ragazzi su temi
importanti come la lotta alla
povertà e alla fame, la riduzione
della mortalità infantile, lo sviluppo sostenibile, l'impegno a rendere universale l'educazione primaria.
Quest'ultimo è stato il tema su
cui si sono concentrati i ragazzi
della V A del Pascoli che il prossimo 24 ottobre voleranno all'Expo
di Milano per la premiazione ufficiale. Ognuno di loro ha realizzato su uno scampolo di stoffa
(Patch) pensieri e idee sulla scuola. Su un fazzoletto di lino grezzo,
tessuto legato alla nostra tradizione, i ragazzi della V A hanno
dipinto, ricamato e scritto poesie
in dialetto calabrese, dando prova
della loro straordinaria creatività
e tenera saggezza. "Sono immensamente orgogliosa dei miei
ragazzi - dichiara la dirigente
Rosita Fiorenza Risultati del
genere si raggiungono solo quando è possibile contare su una forte
collaborazione tra insegnanti,
alunni e genitori. A vincere è stata
la nostra comunità scolastica.
Sono fiera di farne parte".
Ogni patch realizzato dai ragazzi
vincitori sarà adesso utilizzato per
dar vita a The Globe, la prossima
opera di Howtan Re che sarà
esposta presso la sede dell'ONU.
"La nostra traccia nella storia l'abbiamo lasciata" - commenta con
aria soddisfatta Domenico. E noi
siamo più che certi che non sarà
l'unica!
Maria Giovanna Cogliandro
Aeroporto dello stretto,
riusciranno a salvarlo?
Il 26esimo
scalo italiano,
con quasi
580mila
passeggeri
l'anno, rischia
di chiudere
battenti dopo
una gestione
ai limiti del
paranormale.
Le ultime ore, forse, dell’Aeroporto reggino. La tempesta che ha investito lo scalo
calabrese, ormai da diversi mesi al centro
di un dibattito politico e giudiziario che
non ha portato a nessun punto, non vuole
cessare. Anzi, incalza, avvicinando un bacino di utenza importante all’impossibilità di
essere serviti dal secondo scalo aeroportuale della Calabria.
Il termine, perentorio, imposto dall’ENAC –
l’Ente Nazionale Aviazione Civile – alla
SOGAS, che entro il 15 ottobre deve soddisfare i requisiti economici e finanziari
necessari al mantenimento della già precaria concessione dello scalo reggino, non
aiuta di certo una situazione già delicata,
culminata con le dimissioni del presidente
del CdA SOGAS, Carlo Alberto Porcino, e di
due membri dello stesso, Vincenzo Calarco
e Domenica Catalfamo, quest’ultima già
presidente della Sezione trasporti della
Provincia di Reggio Calabria. I dimissionari
qui presentati, ricordiamo, erano stati indicati dalla Provincia di Reggio Calabria, il
socio di maggioranza dell’Aeroporto reggino. Insomma, un cane che si morde la
coda.
Strano come lo stesso artefice della gestione made in Provincia, attore istituzionale
che, con la complicità di una leggerezza da
parte della politica comunale, non ha
garantito al 26esimo scalo italiano, con
quasi 580mila passeggeri l'anno, una tranquilla sopravvivenza, si stia strenuamente
battendo per difendere quella che si è rivelata una gestione ai limiti del paranormale.
Lo scalo di Reggio ha una posizione strategica ambitissima, un progetto di riqualificazione rimasto per anni in naftalina – l’unica a sopravvivere è la neonata stazione
ferroviaria Reggio Aeroporto; del piano
superiore, del molo per i viaggiatori provenienti da Messina e di altre innovazioni per
anni sbandierate nemmeno l’ombra – e
che garantiva ampissimi margini di miglioramento, eppure a detta del presidente del
CdA l’unico problema è stato il sovrabbondare di personale. Non le disfunzioni di
uno scalo, non la Sicurcenter che accusa la
gestione di inadempienza.
La speranza, però, non deve essere l’ultima
a morire. È bene ricordare che al termine
della proroga concessa dall’ENAC alla
SOGAS, l’aeroporto potrebbe non chiudere definitivamente, aprendosi diverse
porte che, sebbene la decisione da parte
del CdA di non esternalizzare il servizio alla
società belga Aviacenter – già vincitrice di
un bando per la stessa esternalizzazione -,
potrebbero significare la sopravvivenza
del Minniti. Di sicuro, scaduta la proroga,
ENAC potrebbe bandire un altro bando
per la gestione dello scalo, comportando o
la creazione di una società unica di gestione su scala regionale o l’effettiva privatizzazione della struttura – si veda l’esempio del
gigante Capodichino, oppure, infine, la
creazione di una società mista che possa
poggiare sul sostegno anche dell’amministrazione di Messina, la quale ha dimostrato recentemente un interesse ad entrare
nella gestione del Minniti.
In attesa di una più auspicabile situazione
concertata con gli attori istituzionali “del
posto”, ossia Comune, Provincia e Regione,
lo scenario di un nuovo bando ENAC è un
punto di partenza da non sottovalutare.
Antonio Cormaci
Attualità
La Lettera di Monsignor Francesco Oliva
Non lasciamoci
rubare la dignità
Carissimi fratelli e sorelle,
sento il bisogno di scrivervi in questo particolare
momento. Lo faccio semplicemente per invitare a far
sentire la nostra voce di cittadini e credenti di fronte
alle tante sofferenze del nostro popolo. Fare silenzio
quando il bene comune è in pericolo è solo omertà e
viltà. Accogliamo il disagio di tanti nostri fratelli a
motivo della povertà, della mancanza di lavoro e di
vari tipi di sfruttamento propri di un territorio bello,
ma gravemente emarginato.
Emarginato geograficamente per un sistema viario e di
trasporto, precario e inadeguato, con una linea ferroviaria ferma agli anni trenta, che ci isola dal resto del
paese;
Emarginato economicamente, perché da queste parti
non si vede ombra di investimenti e la disoccupazione
impera a tutti i livelli;
Emarginato socialmente, perché fatti e misfatti hanno
reso questo lembo della penisola terra bruciata, un
deserto dal quale stare lontani, dove il turismo, che
potrebbe essere una risorsa, è totalmente assente;
Emarginato culturalmente per la presenza di consolidate forme di illegalità e di un radicato e diffuso sistema mafioso, che fa la parte dello Stato laddove questo
appare assente e forte solo sotto l’aspetto repressivo.
Locride, rialzati e cammina. Difendi la tua dignità.
Difendila di fronte ad ogni tentativo di usurpazione dei
diritti che ti spettano. Non rassegnarti quando questi
vengono negati: il lavoro da diritto diviene privilegio di
pochi, le famiglie sono abbandonate a se stesse, i giovani fuggono in cerca di un destino migliore e tanti
nostri borghi, piccoli gioielli d’arte, si spengono nel
loro isolamento.
Difendiamo anzitutto il primario diritto alla salute.
Non possiamo tollerare che l’Ospedale della Locride,
ultimo baluardo a difesa della nostra salute in un’area
così marginale, e tutto il sistema sanitario del territorio
debbano subire continui tagli e ridimensionamenti,
costringendo ammalati, anziani e bambini ad estenuanti viaggi. È giusto che ci chiediamo: da che parte
stiamo come cristiani e cittadini? Prendiamo a cuore i
problemi comuni, difendiamo il diritto ad abitare il
nostro territorio.
Invito le Comunità cristiane, le Associazioni, i movimenti cattolici e tutti i fedeli ad essere in prima fila
nella difesa del diritto alla salute, a mobilitarsi a difesa
dell’Ospedale e della sanità nella Locride.
E’ un bene che ci appartiene, un diritto di civiltà che
nessuno può toglierci. Difendiamolo e non rassegniamoci. Aderiamo e partecipiamo compatti alla manifestazione del 17 ottobre prossimo a cominciare dalle
ore 9.00 in corteo verso l’Ospedale.
Ci saremo per dire: abbiamo una dignità, che nessuno
ci può togliere!
Francesco Oliva
Il calvario del nosocomio
di Locri sembra procedere
senza sosta grazie a
commissari troppo inebriati
dall’interesse personale per
vedere che stanno
condannando a morte un
intero comprensorio.Il 17
ottobre la Locride
protesterà contro questo
schifo.
Breve s
di un o
dimenti
el momento stesso in cui Giovanni Calabrese ha preso le redini della
città di Locri, una delle sue principali preoccupazioni è stato il buon funzionamento dell’Ospedale. Rispettando pienamente un rigido codice
morale che dovrebbe essere proprio di ogni primo cittadino che si rispetti, Calabrese ha dimostrato di tenerci alla salute dei propri cittadini,
nella sicura consapevolezza che l’ospedale di Locri non serve solo un
bacino limitato di utenti, ma è strategico per tutta la Locride.
Tale consapevolezza, purtroppo, non appartiene per nulla ad amministratori o commissari della sanità calabrese, tant’è che, solo negli ultimi due anni, non c’è stato
Sarica o Scura che si sia esentato dall’annunciare tagli, depotenziamenti e chiusure
di reparti. Incatenamenti, manifestazioni di sindaci provenienti dall’intero comprensorio, come quella del 19 giugno 2014, e persino veglie di preghiera indette dal vescovo (ricorderete sicuramente quella del 7 dicembre scorso) non sono servite a fermare
lo stupro di una struttura già in ginocchio da parte degli esponenti di una politica bastarda, più interessata a reggere il moccolo agli amici dei capoluoghi che a dare una
speranza a chi invece davvero ne avrebbe bisogno.
Lettere di sdegno, di polemica, e disperati appelli si sono susseguiti sortendo nei capi
della sanità calabrese lo stesso effetto che la richiesta di risarcimento per una pecora scannata dall’esercito di passaggio da parte di un contadino avrebbe sortito in un
tiranno d’epoca medievale.
Se a questo si aggiunge che la messa all’angolo del nostro nosocomio è stata fatta per
favorire un’ASP commissariata e, novità della settimana, ancora priva di chi
dovrebbe guidarla a due settimane dalla nomina della triade (tutta residente fuori
dalla Calabria), la situazione assume davvero i connotati di un paradosso a tinte fosche che pare uscito dalla testa contorta di Daniel Pennac.
Come trovare il bandolo di questa ingarbugliata matassa e gridare alla Regione il
nostro territorio è una sua parte integrante, che siamo tutti cittadini di pari dignità e
paghiamo le tasse come tutti gli altri?
Per adesso, a Locri si sta preparando la grande manifestazione del prossimo 17 ottobre che, a partire dalle 9:00, riunirà amministratori e cittadini pronti a denunciare la
mancanza di interventi seri da parte delle istituzioni e a sputare tutto il proprio sdegno sulle facce imperturbabili di chi, proprio tranquillo, non dovrebbe essere.
Ma, ne siamo sicuri, la vicenda non si chiuderà qui.
Jacopo Giuca
N
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DOMENICA 11 OTTOBRE 7
in strada
storia Scendete
al nostro fianco
ospedale
icato
L’appello di Giovanni Calabrese
Il 17 ottobre è ormai prossimo e le sensazioni non possono
che essere positive date le numerose adesioni già pervenute
e l’incoraggiamento a non mollare che molti cittadini ci rivolgono quotidianamente.
Scendete in strada al nostro fianco!!!
Il mio sincero ed accorato appello è rivolto ai cittadini della
Locride, che, una volta per tutte, hanno la reale opportunità
di dimostrare quanto ci tengono a questo territorio.
Abbiamo tutti quanti la possibilità di far vedere all’Italia intera la nostra unità, se questa realmente esiste.
I nostri avi hanno lottato con le unghie e con i denti, alcuni
perdendo anche la propria vita, per la difesa della loro terra
contro i proprietari latifondisti; poi hanno lottato affinché si
concretizzasse l’annessione al neocostituendo stato italiano:
quello stesso Stato che oggi ci toglie ogni minimo servizio in
nome della spending review (in parole povere in un’ottica di
risparmio). Un risparmio deciso a tavolino, senza tenere
conto di sperperi perpetrati negli anni e di situazioni apparentemente simili ma totalmente diverse per ogni singolo
territorio d’Italia. La Locride è proprio uno di questi, un’area particolare, depressa e in sofferenza. La Locride è realmente lontana dal resto d’Italia ed è innegabilmente fuori
dall’Europa.
Un isolamento voluto da Roma e acconsentito da una datata classe politica regionale incompetente o disinteressata, se
non per attività inerenti il proprio tornaconto personale in
termini di voti.
Hanno tagliato i treni che collegavano la Locride con il Nord
Italia, anche se di treno portavano solo il nome, accontentandoci nel 2015 di avere una linea non elettrificata (sic!) e
un servizio non consono al prezzo pagato, pur di poter partire e arrivare nelle nostre stazioni.
Hanno deciso di non investire quanto promesso per la realizzazione di arterie stradali veloci: ne è limpido esempio la
variante della nuova strada statale 106 che ha visto la luce
dopo oltre un trentennio di parole e che negli anni ha subito riduzioni di tratte, isolando così paesi certi di avere una
strada importante vicina per poter uscire dalla loro nicchia
territoriale.
Nei comuni più piccoli e interni rispetto alla costa, hanno
deciso di offrire un servizio postale a singhiozzo, con aperture a giorni alterni (quando va bene).
Hanno deciso che non abbiamo diritto ad avere un lavoro
dignitoso nel luogo dove siamo nati e cresciuti.
Ora, dulcis in fundo, come se nulla fosse, hanno deciso di
toglierci la Sanità con la prossima chiusura dell’Ospedale di
Locri che, per varie contingenze, è diventato l’unico ed effettivo Ospedale della Locride, il solo tra Reggio e Catanzaro,
quindi nell’arco di 200 chilometri. Prima hanno attuato l’accorpamento con l’Azienda Sanitaria di Reggio Calabria,
togliendo l’autonomia (in termini di gestione economica e
sanitaria) al Nosocomio di Locri. Poi hanno deciso di trasformarlo in un Ospedale Spoke (riuscendo soprattutto nel
loro principale intento: non far capire ai cittadini cosa volesse realmente significare), attuando però politiche totalmente diverse rispetto a quanto stabilito per legge per una struttura “Spoke”, basate sul NON finanziamento, sul NON
investimento sul personale, sul NON adeguamento e/o
manutenzione di macchinari ed attrezzature fondamentali
per l’attività ospedaliera.
Quindi, come si fa, ad oggi, a parlare di sviluppo della
Locride, di occupazione, di progetti futuri, se anche ciò che
è minimo (ed essenziale) ci viene tolto? Come possiamo dire
ai nostri figli di rimanere qui ad investire il loro futuro, in una
terra che di prospettive ne ha poche? Come si fa a negare
alle persone più anziane o economicamente più svantaggiate, la possibilità di curarsi “a casa loro”, senza necessariamente doversi spostare nel resto d’Italia?
La storia ci dice che i nostri nonni hanno lottato per avere la
ferrovia, le strade, le scuole, che paradossalmente sono tutte
strutture ed infrastrutture rimaste al secolo scorso, ma che
ad oggi per fortuna ci ritroviamo, proprio grazie alla volontà
e alla caparbietà di una classe borghese – popolare che,
avendo a cuore il territorio dove vivevano, ne hanno voluto
la loro presenza, non tanto per loro stessi ma per i loro posteri, e per lo sviluppo di un territorio dalle potenzialità infinite.
Ecco, rifacendomi e rifacendoci a questa storia, che è la
nostra storia, apparentemente così lontana, ma realmente
così vicina, faccio un appello a tutti i cittadini della Locride,
a chi lavora per le Istituzioni, a chi opera in proprio, alle
dipendenze o nel sociale, a chi fa parte di associazioni, a chi
è disoccupato o studente, a chi ha i figli piccoli o a chi è anziano, nell’abbandonare ogni loro singolo impegno e nel venire
a Locri il 17 ottobre per manifestare insieme e pacificamente a difesa e tutela del nostro Ospedale. Perché l’Ospedale
della Locride non deve chiudere. E noi dobbiamo essere in
tanti e soprattutto uniti, per far sentire la nostra voce, altrimenti si continuerà a decidere a tavolino sulla nostra pelle.
Rompiamo gli indugi !!!! Per una volta dimostriamoci coesi
e abbandoniamo atavici campanilismi che hanno solo fatto
male a questo territorio.
Vi aspetto tutti quanti, da Bivongi a Staiti, da Monasterace a
Palizzi, a partire dalle ore 9:00 davanti il Palazzo di Città, per
poter poi procedere in corteo verso il nostro Ospedale.
Io non mollo, ma la battaglia deve essere comune!
#iononmollo #17ottobre #tuttipresenti #difendiamolospedale
Giovanni Calabrese
IL MONDO GIOVANILE DELLA LOCRIDE NON SI RASSEGNA E SCENDE IN CAMPO
Il Rotaract club di Locri aveva già espresso da tempo la volontà di occuparsi delle numerose problematiche che il territorio annovera, indicando come necessaria un’ampia collaborazione del
mondo giovanile. L’imminente rischio che si configura per l’ospedale di Locri ha fatto sì che
rispondessero positivamente all'appello di partecipazione attiva rivolto dal CORSECOM in occasione della manifestazione di giorno 17 a tutela dell’ospedale. Per questa occasione i giovani
rotaractiani insieme al Leo club di Locri, hanno coinvolto le diverse associazioni giovanili del
comprensorio per partecipare alla riunione preparatoria prevista al comune di Siderno lunedì 12
ottobre alla ore 17.
La straordinaria adesione di molte associazioni territoriali e delle rappresentanze universitarie
dei giovani Locridei negli atenei di Reggio, Messina e Cosenza, dimostra la grande volontà e
attenzione che rivolgono nei confronti del proprio territorio.
Gli aderenti all’iniziativa sono: le consulte giovanili di Siderno, Sant’Ilario e Antonimina, le associazioni Antonimina guarda avanti, O’strakon(Marina di Gioiosa Ionica), Carpe Diem
(GioisaSuperiore), Associazione Giovani di Caulonia, Nuovi Orizzonti per il Sud (Portigliola),
Giovani per la Locride(Locri), Comitato piazza dell’emigrante( Siderno), il Rotaract club di Locri
e il Leo club di Locri, il Coordinamento provinciale forza Italia giovani, il Coordinamento
regionale studenti per le libertà, i rappresentanti universitari della Locride delle università di
Cosenza, Reggio Calabria e Messina. La comunità giovanile ha deciso di cogliere come un’occasione questo momento incerto e confuso per unirsi etrasmettere positività e speranza, ricordando che le menti più predisposte allo sviluppo e all’innovazione, grazie alla loro vivacità, sono
quelle dei giovani.
Questo dovrebbe far pensare al potenziale importantissimo che la gioventù rappresenta e quindi
alla necessità che questa diventi protagonista nello studiare una strategia condivisa con le istituzioni le forze sociali, produttive ed economiche, con il mondo cattolico e con tutti coloro che
credono che opponendosi all’inefficiente staticità, si possa fornire alla Locride una dignitosa integrazione nei nuovi contesti globali. Da queste considerazioni, sorge la necessità di una partecipazione popolare, in particolare del mondo giovanile, capace di scuotere amministratori e politici inducendoli ad azioni più incisive e risolutorie.
I giovani, quindi, presentano questo momento di avvio del percorso appena accennato e
chiedono, se questo è condiviso anche dai politici e amministratori regionali, il potenziamento
dell’ospedale,il suo smantellamento rappresenta oggi, per la comunità locridea, non solo un mancato presidio di sanità pubblica, ma genera una percezione di abbondono, sfiducia e isolamento
territoriale.
Coordinamento Giovanile della Locride
POLITICA
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DOMENICA 11 OTTOBRE
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UNCONSIGLIOCOMUNALEBALBETTANTENELDIFENDEREL’ONOREDISIDERNO EDEISUOISTESSICOMPONENTI
E di quel“morbo”nessuno parlò...
ILARIO AMMENDOLIA
na doverosa risposta a un lettore che dopo aver letto il mio
articolo pubblicato su “Riviera” domenica scorsa mi
domanda da che parte sto. In una società scissa in “diavoli”
e “angeli” io continuo a restare dalla parte degli uomini.
Anzi e per esser ancor più precisi dalla parte degli “ultimi”
e degli “sfruttati” di ieri e di oggi. Non aderisco al conformismo e mi
dissocio dal pensiero unico dominante.
Se questa è una colpa mi dichiaro subito colpevole e passo all’articolo.
Ho grande rispetto per i singoli componenti del consiglio comunale di
Siderno. Conosco direttamente il sindaco e molti consiglieri e so che
sono tutte persone capaci, perbene, impegnate, composte e serie.
Sono sicuro che coloro che non conosco non siano da meno.
Ciò premesso, mi si perdoni l’ardire, ma la riunione del consiglio
comunale mi è apparsa come decisamente deludente.
Ho avuto la netta sensazione di un consiglio esitante nel difendere l’onore della Città ferita.
Balbettante nella difesa dei suoi stessi componenti pur accusati ingiustamente.
Decisamente reticente nel puntare il telescopio sulle cause di un
“morbo” che infetta una parte della popolazione.
Infatti ha evitato di discutere del perché la ‘ndrangheta con il passar
degli anni è diventata più forte e a chi ascrivere eventuali responsabilità. Il dibattito è annegato in un continuo e, a volte, strumentale
richiamo a concetti quali la legalità e la trasparenza scissi dalla storia.
Si è avuta la chiara sensazione che il consiglio abbia messo al centro
del dibattito questioni marginali ed eluso i problemi vitali.
Sia chiaro, non giudico e non ne faccio una colpa ai singoli consiglieri.
Comprendo perfettamente il clima pesante come il piombo che
schiaccia tanta parte della Calabria. Un clima che genera paure anche
a chi non avrebbe ragione alcuna di averne.
A mementi mi è sembrato che ogni consigliere guardasse l’altro con
sospetto e che ci fosse una rimozione del passato e un rifiuto della storia della Città.
A conclusione del dibattito, è stato approvato un documento scisso
dalla realtà, infarcito di amenità e di luoghi comuni.
In questo clima sicuramente non sereno si stagliava il pallore del presidente del consiglio comunale, Paolo Fragomeni.
Il suo volto pieno di tensione ha detto ciò che le bocche non sono riuscite a dire.
Fragomeni è apparso un uomo costretto a soffrire per una “colpa” che
non esiste, una “colpa” che neanche la Santa Inquisizione aveva ritenuto tale.
Mi riferisco alla discutibilissima “colpa di parentela” nata da un atto
di amore e tornata in auge nonostante siano passati oltre duecento
anni dal secolo dei Lumi.
Il silenzio sulla vicenda mi è apparso un cupo messaggio di paura.
Io sono solo un modesto osservatore dei fatti, tuttavia non posso tacere che avrei voluto vedere un Consiglio comunale in piedi, orgoglioso
di Siderno e della sua gente. Orgoglioso della storia della Città.
Capace di un’analisi franca e senza sconti e da cui ripartire.
Mi sarei aspettato un consiglio consapevole di essere stato pienamente legittimato dagli elettori. Gli unici che hanno il diritto di “delegittimare” la massima istanza democratica di una comunità.
Un consiglio espressione genuina del paese pur nella sua complessità
senza dover ubbidire a criteri dettati da qualsiasi potere estraneo ed
esterno alla città.
In una democrazia autentica c’è chi deve combattere la criminalità.
Un consiglio comunale può e deve fare molto di più. Deve avere l’ambizione di essere portatore di un Progetto capace di delineare, pur
senza fughe dalla realtà, una comunità senza mafia e senza sopraffazioni da parte di alcuno.
La ‘ndrangheta è l’espressione di una moderna idolatria del denaro e
del potere.
L’amministrazione comunale deve essere portatrice di valori alternativi come l’uguaglianza, la solidarietà, la democrazia.
Infine un solo esempio a cui guardare pur nella consapevolezza della
diversità delle situazioni.
Qualche anno fa Harlem e la zona portuale di Marsiglia erano off
limits per i cittadini perbene e per le stesse forze dell’ordine.
Oggi la realtà è completamente cambiata.
Non v’è stata un’antimafia gridata e teatrale ma un grande Progetto
di sviluppo e di radicale cambiamento concordato da tutti i livelli dello
Stato.
Governo, Comune, forze dell’ordine e tutte le forze vive della società
sono intervenuti da ogni lato cambiando radicalmente la situazione.
Oggi Harlem è una zona ambita di New York tanto che Bill Clinton
ha comprato casa.
Le zone di Marsiglia sono in buona parte recuperate.
Nella Locride si sono sciolti i comuni, sono state sospese le garanzie
costituzionali e si straparla di lotta alla ‘ndrangheta da trenta anni, i
costi (soprattutto umani) sono stati altissimi, le carriere di alcuni folgoranti, i risultati molto dubbi.
U
«Mi è sembrato che ogni consigliere guardasse
l’altro con sospettoe che ci fosse una rimozione del
passato e un rifiuto della storia della Città»
Perlage francese e
oscurantismo calabrese
Rachida Dati, signora della giustizia francese, ministro di
Sarkozy, aveva due fratelli in galera, più il padre.
Paolo Fragomeni, presidente del consiglio di Siderno, è
stato buttato, ovvero, inserito con metodo incomprensibile, tra le 1471 pagine dell’inchiesta Acero-Krupy per essere il cognato di Giuseppe Commisso, fratello del boss
Cosimo Commisso.
La giustizia che guarda avanti, nel momento in cui affronta il male salvaguardando la parte buona del male, costruisce civiltà. Quella che, al contrario, si nutre di oscurantismo e di pregiudizio genealogico, discende nelle tenebre.
E la Calabria, all’uso egizio, muore tra sceriffi e faraoni di
Mastrosso, presunti santi e grandi peccatori che trovano
sempre un modo, mille modi, per incastrare Roger
Rabbit.
Comanda Reggio, con quel vecchio gioco della birra tra il
padrone di destra e il sotto di sinistra, con i rispettivi kapò
e lacché, bravi e promessi sposi. Reggio è un problema,
una zavorra, che, da quarant’anni, decide la sorte dell’intera provincia con quel vecchio ping pong tra piazza
Camagna e il Cordon Bleu. Senza risultati per il popolo,
senza speranza per il futuro e con una patacca in fronte al
sole: la Città Metropolitana, un contenitore per comandare oltre che per fottere.
E Siderno e la Locride, Gioia Tauro e la Piana subiscono
e patiscono anche per colpa di giornalisti di bassa marca o
marchetta, sempre a disposizione, anche fuori provincia,
sempre a gettone, di chi ha bisogno della ‘ndrangheta per
mantenersi il vecchio privilegio: uno, nessuno, centomila
con la sindrome delle iene, intolleranti alla luce del sole.
Maledetta ‘ndrangheta.
Rosario Vladimir Condarcuri
Riflessioni
Negli ultimi anni sempre più si è ritrovati a commentare notizie
afferenti ordinanze di custodia cautelare, fermi e successive convalide, arresti e misure di prevenzione varie. Puntualmente spuntano
le stesse domande e le medesime risposte. Ci si chiede se con quegli arresti si stia o meno criminalizzando un territorio, una comunità, una classe politica, degli imprenditori e altro ancora.
Alcuni anni addietro un lungimirante editore ha immaginato di
vendere un brand che richiama a un territorio specifico, superando quello che geograficamente veniva inteso come il territorio
della ’ndrangheta, quello dell’anonima sequestri, con un triangolo
individuato in una zona dell’Aspromonte che ha dato i natali a
sequestratori condannati a pene esemplari. Cosa è rimasto di quel
territorio geografico? Molte faide e decine di narcotrafficanti. Con
i soldi dei sequestri c’è chi si è costruito una villa alla marina … c’è
chi ha investito in un ristorante o altro locale commerciale in un’altra regione d’Italia o all’estero. Il tutto spesso e volentieri dietro a
prestanomi.
Cosa rimane quindi di quell’espressione geografica? Rimane la
’ndrangheta che non investe ma che ha occupato tutto quando era
possibile occupare. Anche, in alcuni casi, la politica. Ci sono dichiarazioni di collaboratori di giustizia che riferiscono del figlio del capo
locale diventato medico e primario in qualche ospedale… in altri
casi il figlio del boss è un professionista stimato. La loro capacità si
misura anche da come si esprimono e da come scrivono. Ci sono
professionisti che in alcuni casi hanno scritto “lì Bovallino” o “lì
Siderni” o “ lì Monasteraci” o “lì LLocri” etc.. Segue puntuale data
e firma. Scripta manet.
Negli anni si è parlato più volte di “borghesia mafiosa”, che si cela
dietro a delitti dove le sentenze però non parlano di “mafia”.
Servono a cosa certe parate quando tutto è peggio di prima?
Un dirigente dei servizi segreti tedeschi, al vertice per anni nel controspionaggio, riferendosi all’economia criminale globalizzata
molti anni fa ha ammonito: “Il pericolo per uno Stato di diritto non
risiede nell’atto criminale in sé, ma nella possibilità della criminalità organizzata di influenzare, grazie alla sua enorme potenza
finanziaria, i processi decisionali in modo duraturo. In alcun casi è
in grado di dettare alla politica la sua legge e i suoi valori. In questo modo scompaiono gradualmente l’indipendenza della giustizia,
la credibilità dell’azione politica e la funzione tutelare dello Stato di
diritto. La corruzione diviene un fenomeno accettato. Il risultato è
l’istituzionalizzazione progressiva della criminalità organizzata”.
Quando ciò dovesse avvenire lo Stato non sarebbe capace di garantire i diritti e le libertà ai cittadini.
In questo caso non basta immaginare un nuovo nome per distinguere un territorio dal malaffare. Perché a quel punto probabilmente non ci sarà neanche la libera stampa.
r.m.
ATTUALITÀ
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DOMENICA 11 OTTOBRE 10
POLITICA
Una consiliatura di servizio per salvare Gerace SINDACO Sì
L’amministrazione
Varacalli, secondo
l’opposizione, sta
facendo
sprofondare il
borgo nel baratro.
La soluzione di
Cusato e Gratteri
è un patto che
metta delle
pezze prima delle
prossime elezioni.
malcontento generalizzato che
l’amministrazione Varacalli sta
generando tra le mura del
Comune e, spesso, anche tra i
cittadini di Gerace, ha spinto i
consiglieri di opposizione Angelo
Gratteri e Giuseppe Cusato a sottoscrivere recentemente un “Patto Civico di
corresponsabilità per una Consiliatura di
Servizio”. Il documento, che attesta una
comunione di intenti volta a garantire il
bene della comunità geracese, vuole
essere una strategia unificante utile a
indicare la rotta per un futuro recupero
del tessuto socioeconomico della città
che, stando alle parole di Cusato, sta
vivendo uno dei momenti più bassi della
propria storia politica.
«Nonostante durante il suo periodo di
opposizione abbia in più occasioni reclamato l’istituzione di Commissioni
Consiliari - afferma Causato - il sindaco,
oggi, non riconosce nemmeno quegli
organi che dovrebbero essere obbligatori per legge. Non informa se non durante la declamazione dell’ordine del giorno
le motivazioni per cui vengono convocati i Consigli Comunali e concede raramente il diritto di replica, impedendo
Il
che l’opposizione possa avere il contrappeso che merita nell’organo amministrativo. «Questo crea, per i consiglieri di
opposizione, delle difficoltà a esercitare i
propri diritti e doveri nell’interesse della
collettività e, a parere nostro, è la causa
diretta della situazione di stallo vissuta
da Gerace.
«Preoccupandosi esclusivamente di
curare
la
propria
immagine,
l’Amministrazione ha completamente
dimenticato le promesse fatte in campagna elettorale, finendo con l’alzare i contributi per i cittadini quando è stato
dichiarato un dissesto che poteva essere
evitato semplicemente rispettando le
direttive dei revisori dei conti».
Il senso di responsabilità espresso da
Cusato e dalle 11 pagine che costituiscono il patto civico, viene già esercitato
quotidianamente a riprova che quanto si
sta affermando può avere (e, anzi, già
ha) un riscontro concreto, che i cittadini
possono toccare con mano. Non sono
stati pochi, infatti, i provvedimenti dell’ultimo periodo di cui i consiglieri di
opposizione hanno garantito l’approvazione, come quello relativo alla transazione per l’adeguamento alle normative
europee dell’impianto di depurazione di
Siderno, che serve anche la città di
Gerace.
L’obiettivo conclamato di questa consiliatura di servizio è la realizzazione di
una missione che implementi le aspirazioni della comunità risolvendo i suoi
problemi più urgenti, cercando di preparare la strada per l’amministrazione che
verrà.
Jacopo Giuca
CITAZIONE PRESUNTA
FOTO NOTIZIA
Seminario europeo
YMCA: Siderno si veste
di sport
Fuda o Borges?
Caro Direttore, avevo colto in un comunicato di promozione elettorale del sindaco Pietro Fuda una frase suggestiva: “un passato da recuperare, un presente su cui riflettere, un futuro da costruire”. Questa frase echeggiava
qualcosa a me letterariamente familiare, che al momento mi sfuggiva. Ora, ripensandoci, mi sovviene il grande
Jorge Luis Borges, che presentando una sua raccolta di
versi, Carme presunto e altre poesie, asseriva che la lettura della poesia soddisfa il bisogno di “recuperare un passato o prefigurare un avvenire”. Sarebbe interessante
sapere se l’assonanza del concetto fosse stata involontaria o se l’autore del comunicato avesse mutuato lo stesso
concetto dalla lettura di Borges. In ogni caso, la politica
che si serve anche delle citazioni letterarie, fa ben sperare per il miglioramento della comunicazione pubblica. Se
seguono i fatti (le realizzazioni), tanto meglio per tutti.
F.D.C.
DAL PAPA
Dal 30/9 al 4/10, l’YMCA ha ospitato
il Seminario Europeo dello sport,
che ha visto la partecipazione di rappresentanti provenienti da
Germania, Finlandia, Danimarca,
Macedonia, Ucraina e Svezia.
I componenti del direttivo YMCA
hanno incontrato il sindaco per la
presentazione dei futuri campionati
europei, assegnati a Siderno per il
2016. L’ospitalità di Siderno ha dato
le basi per i futuri eventi internazionali e si discute di riproporre da noi il
Seminario Europeo anche per il
prossimo anno.
La L.A.Do.S. ci racconta di una
Locride che pensa al prossimo
La Locride si è dimostrata altruista in
occasione della 1ª Giornata Nazionale
del Dono, quando la L.A.Do.S. ha portato la sua autoemoteca in Piazza
Portosalvo, a Siderno. Ventitré volontari si sono presentati nelle ore in cui
l’Associazione è rimasta in piazza,
garantendole di raccogliere quindici
donazioni tra cui sei da nuovi tesserati.
Per gli otto rimanenti, niente paura:
non in condizioni ottimali per la donazione di domenica, potranno ripresentarsi a metà novembre nello stesso
luogo. Ma la grande attività della
L.A.Do.S., in questo periodo, non si
ferma. Ieri sono stati a Bivongi, sabato
prossimo saranno a Marina di Gioiosa
Jonica e domenica a Natile di Careri,
solo per citare gli appuntamenti già fissati.
Chi volesse sapere dove l’associazione
sarà nelle sue tre uscite settimanali non
deve fare altro che collegarsi sul suo
sito, sul quale dovrebbero presto apparire anche notizie relativamente all’imminente “trasferta” sulla Piana, che
allargherà ulteriormente il bacino dei
volontari!
QUELLA SCUOLA CHE STA PIÙ A CUORE AGLI ARCHITETTI CHE AI POLITICI…
Il centro Italiano Protezione Civile
Siderno, sede del banco alimentare, ha
preso parte all’udienza con il Pontefice
che si è svolta sabato 3 ottobre in
Vaticano presso Sala Nervi. 4000 i
Volontari del Banco Nazionale
Alimentare presenti, unitisi sotto lo slogan “Carità è Amore” di Papa
Francesco!
Questo viaggio di solidarietà è stato
sostenuto da alcuni imprenditori sidernesi, che vengono ringraziati pubblicamente ed eccezionalmente per aver
dato la possibilità di affrontare il viaggio
offrendo il loro contributo. Tra tutti si ringrazia in particolare la Full Travel di
Pino Canzonieri per aver messo a
disposizione un pulmino. L’articolo
completo è pubblicato sulla pagina
www.rivieraweb.it
Gli uffici regionali del settore istruzione/edilizia scolastica di Catanzaro, questa settimana,
hanno ospitato per la terza volta in appena dieci giorni gli architetti Brianti, Mezzatesta e
Cavallaro, che hanno discusso delle problematiche amministrative relative agli appalti
degli istituti scolastici di Condofuri e Oppido Mamertina. Presente ai meeting, e a ricordare che i costi di spostamento sono stati a carico degli interessati, anche Pier Paolo
Zavettieri, che da mesi si batte per questa causa.
SINDACO NO
Il titolo, come sempre
simpatico e ironico, a
una foto che mi ritraeva sulla “Riviera” di un
paio di settimane fa
insieme agli amministratori comunali 2010 2015, sebbene involontariamente, rappresentava quella
che in realtà è un’opinione alquanto diffusa:
un vero lapsus freudiano. “Il fu Ninì
Scordino…” è l’inizio di quel titolo e il verbo
è un passato remoto che si usa in genere per
chi non c’è più, come l’ “Ei fu” del Manzoni
per Napoleone. Meno male che ho il senso
dei miei limiti e che non sono affatto superstizioso!
C’è in effetti una certa convinzione che un
Sindaco quando termina il suo mandato,
soprattutto se per una sconfitta elettorale,
entri in una condizione di identità perduta,
rimanga privo di ruolo sociale e non riesca a
elaborare il “lutto”. Insomma: non è più lui;
appunto, “ei fu”. A parte il fatto che questa è
una delle tante opinioni generalmente prive
di adeguato riscontro (un insegnante continua a fare l’insegnante, un imprenditore, un
commerciante, un avvocato, ecc. continuano
a fare il loro lavoro, e magari con maggiore
impegno e passione di prima), lo è ancor di
più se l’interessato decide autonomamente di
non ricandidarsi, indipendentemente dalla
possibilità di essere rieletto. E non mancano,
a parte il mio, casi di questo tipo.
Non c’è dubbio che quasi tutte le scelte, proprio per la loro struttura e la loro dinamica,
richiedono un prendere-accettare e un lasciare-rinunciare, che talora può anche comportare una privazione sofferta e talaltra una liberazione. All’interno di queste situazioni psicologiche ed esistenziali si svolge la parte più
importante e significativa della nostra vita:
nell’ambito scolastico-universitario, lavorativo, religioso, civico e in alcuni casi, i più sofferti, anche sentimentale. Il grado di problematicità e di “pesantezza” della scelta dipende
molto dall’essere attratti da un solo obiettivo
o, al contrario, da una molteplicità di percorsi, tutti più o meno di pari interesse e fascino.
Ambedue le situazioni, sul piano psicologico e
operativo, presentano vantaggi e svantaggi: in
una condizione la scelta monopolizza ed
esaurisce, in quel determinato ambito, tutte le
potenzialità del soggetto e genera un senso di
completezza; nell’altra la scelta viene vissuta
come parziale limite e presuppone l’esplorazione di altri ambiti operativi e la ricerca di
altre esperienze.
I motivi per cui una persona, se ci riesce, decide di fare il Sindaco non fuoriescono da questa cornice di riferimento e, nel contempo, si
arricchiscono di altri elementi specifici, che
nobilitano o squalificano la scelta stessa.
Pertanto, si può interpretare la funzione
amministrativa come: servizio - variamente
inteso - alla comunità e alla risoluzione dei
suoi problemi; esplicitazione e messa in atto
delle proprie competenze; occasione di pubbliche relazioni con la gente e/o verso l’ “alto”;
conquista di un prestigio personale e/o di un
ruolo sociale, magari uno nuovo, altrimenti
carenti o assenti; impegno retribuito; puro
esercizio di potere e di comando (?).
Ovviamente nessuna di queste motivazioni
esclude che l’attività amministrativa venga poi
svolta con, più o meno, senso di responsabilità. Siccome l’esperienza mi dice che le motivazioni iniziali di questo elenco sono di gran
lunga prevalenti, ribadisco che non fare più il
Sindaco non significa che egli “fu” (non sto
dicendo questo in polemica con “Riviera”,
ironica e simpatica, ma per correggere una
certa opinione pubblica che, comunque, in
questo senso non mi ha coinvolto).
Per quanto mi riguarda, quasi un anno prima
della scadenza del mandato sindacale avevo
pubblicamente dichiarato che non mi sarei
ricandidato, pur avendo, forse la probabilità,
sicuramente la possibilità di essere rieletto
(per la quarta volta). Per riappropriarmi del
“mio” tempo e della “mia” vita (perché un
Sindaco responsabile non ha una “sua” vita),
ossia per poter fare le tante cose che non
avevo potuto fare prima o fare come avrei
voluto, ma che desideravo fortemente di realizzare: stare di più con la mia famiglia; studiare; scrivere; riallacciare i rapporti, quasi persi,
con i tanti amici anche di fuori Bianco; impegnarmi di più nell’ambito ecclesiale; coltivare
gli hobby e altro ancora. Nessuna stanchezza,
dunque, né liberazione da un peso insopportabile, ma nemmeno fare il Sindaco è stata
una scelta di vita, certamente una parentesi
vissuta con senso di responsabilità e grande
disponibilità verso i miei concittadini di
Bianco. D’altra parte, in certe situazioni virtuose, fare il Sindaco, come qualunque altra
attività politica, può anche essere una scelta di
vita. In questi casi col vantaggio dell’esclusività
dell’impegno e, però, con il rischio di volerci
restare quasi ad ogni costo e dipendere da
esso. E ciò, se è così, può presentare qualche
svantaggio.
Antonio Scordino
+
0gni donna porta con sè un'equazione tra
ciò che ha (il suo patrimonio estetico) e
ciò che è (la sua essenza). La soluzione di
questa espressione è enunciata attraverso
le emozioni che comunica.
HA + È = Equazione perfetta.
Una MISS non è un'immagine stereotipata ma è portatrice di una qualità unica, la sua.
Gli hairstalyst CDB, stanchi di una bellezza che annulla le differenze, sostengono le donne che hanno il
coraggio di espremere la propria unicità e a queste
Miss dedicano la collezione "MISS L'ERA DEL
CORAGGIO". Seguendo questo principio hanno
creato la nuova collezione ispirandosi a tre contemporary trend:
1.OB-SHAG
TAGLI MEDI - BOB E LOB IN VERSION SHAG
Creiamo la fusione dei mondi ispirazionali che dal '60
incrociano i '90 e inventano il nuovo OB-SHAG, la sintesi, l'equazione perfetta del nostro tempo: glamour e
audacia, il BOB e il LOB si fondono con lo SHAG per
spettinare la perfezione.
2.MOD
TAGLI CORTI - MINI BOB - PIXIE TOUSLED
Celebriamo le differenze con lo stile MOD di una
Londra anni '60, caretterizzato da un elegante modernismo che supera il casual e dal desiderio di distinguersi con un look innovativo e curato, attraverso mini
BOB, PIXIE TOUSLED (ciuffo scarmigliato e rasature ai lati), un mix tra Twiggy e Peggy anni '60, Linda
Evangelista anni '90 e Tyra Banks oggi.
3.GRUNGE
TAGLI LUNGHI - SCALATURE VOLUMI
NATURALI E VISSUTI
Esaltiamo il trasformismo possibile, di una femminilità
meno ingenua e più ironica, dell'emancipazione tipica degli anni '90, liberata dagli
eccessi degli anni '80, da Courtney Love
all'era delle Super Top Models. Lunghe
scalature e volumi naturali e vissuti.
-
GERENZA
Le COLLABORAZIONI non precedute dalla sottoscrizione di
preventivi accordi tra l’editore e gli autori sono da
intendersi gratuite. FOTOGRAFIE e ARTICOLI inviati alla
redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti.
I SERVIZI sono coperti da copyright diritto esclusivo per
tutto il territorio nazionale ed estero. GLI AUTORI delle
rubriche in cui si esprimono giudizi o riflessioni personali,
sono da ritenersi direttamente responsabili.
Registrata al Tribunale
di Locri (RC) N° 1/14
RCEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Con
i lavoratori
non si
scherza
L'assessore
Roccisano
annuncia l’impegno a pagare
le mensilità arretrate per i
lavoratori percettori della
mobilità in deroga ma poi,
tutt'a un tratto, si scopre che
non ci sono le risorse per
emettere i decreti di pagamento. Adesso si attende
una presa di posizione forte
da parte della Roccisano,
affinchè venga garantita la
dignità a questi lavoratori,
gettati senza riguardo nel
più totale sconforto.
Abbandonati a loro stessi,
29.000 padri e madri di famiglia non riescono ad arrivare
alla fine del mese. La politica promette illudendoli e
mandando l'ennesimo messaggio vuoto di contenuto,
facendo passare un messaggio ancora più orripilante: la
politica calabrese non prende sul serio le necessità primarie dei suoi elettori.
Per un attimo 29.000 lavoratori hanno visto la luce fuori
del tunnel ma poi sono
ripiombati nell'abbandono
più buio. La politica deve
smetterla di promettere
mari e monti e iniziare a
dare segni di affidabilità e concretezza.
Paolo Piscioneri
Direttore responsabile:
MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
Editorialista:
ILARIO AMMENDOLIA
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DOMENICA 11 OTTOBRE 14
Incarcerepertreparole:
locale,uomini,distaccato
Il nostro calvario è iniziato la notte del 13 novembre 2012,
quando mio suocero, Fragomeni Salvatore, è stato arrestato
nell'ambito dell'Operazione Saggezza.
Sono passati 3 anni, il processo di primo grado si é da poco
concluso con una sentenza che brilla per ingiustizia e
inequità: mio suocero è stato condannato a 10 anni e 6 mesi
di reclusione.
E beh, direte voi, qualcosa avrà fatto per essere condannato;
e beh, vi dico io, mio suocero è in carcere per delle intercettazioni in cui usava un linguaggio dialettale e "mafioso"…
sì, mafioso, ma solo secondo gli inquirenti. Ha usato un linguaggio e delle parole che la magistratura ha interpretato a
proprio piacere e che lo hanno fatto diventare capo di un
locale di 'ndrangheta: e così, un litigio familiare è stato fatto
diventare un litigio di 'ndrangheta e un allontanamento tra
fratelli é stato fatto diventare un "distacco" di locali di
'ndrangheta.
Le indagini sono iniziate nel 2007, siamo nel 2015, (ne hanno
avuto di tempo per fare approfondimenti!), ma in questi anni
su mio suocero non è venuto fuori niente (perché niente realmente c'é). Vi dirò, anzi, che durante gli interrogatori nel
processo, é stato chiesto a chi ha effettuato queste minuziose
indagini, chi fosse Fragomeni Salvatore, che lavoro facesse,
dove abitasse, etc, ma il testimone non ha saputo fornire
risposte, ha detto che di Salvatore Fragomeni sa solo ciò che
ha ascoltato nelle intercettazioni.
Io, allora, mi chiedo, se chi è a capo dell'operazione, sospetta che questo tale Fragomeni Salvatore sia un delinquente,
sia il capo del locale di Gerace, perché non fa fare altre
indagini su di lui? Perchè non far mettere sotto controllo le
sue utenze? Perché basare tutto su quelle tre PAROLE?
Perché sì, in questo processo sono stati in grado di levare più
di 10 anni di libertà a un uomo solo ed esclusivamente considerando tre parole (neppure 3 frasi, proprio 3 singole
parole: locale, uomini, distaccato).
E io mi chiedo: si può far arrestare una persona, farla condannare così, solo per l'interpretazione arbitraria, a mio avviso assolutamente non obiettiva, di alcune intercettazioni?
Beh, nostro malgrado la risposta pare essere positiva: in
Calabria è possibile arrestare le persone senza prove concrete, perché la magistratura può fare il bello ed il cattivo
tempo... c’è chi si è eretto a difensore della giustizia, ha pubblicato i suoi libri sul linguaggio della 'ndrangheta, e chi usa
questo linguaggio (da lui portato a conoscenza dei più) è un
mafioso. C’è chi è alla ribalta della cronaca per le sue maxi
operazioni, caratterizzate da centinaia di arresti ciascuna
(sennò non farebbero scalpore! e chissà quanti innocenti, tra
queste centinaia), per il suo vedere la ndrangheta dappertutto E NON C’È NESSUNO CHE “VIGILI” SUL SUO
OPERATO (siamo tutti uomini e nessuno è onnipotente!!!...).
Io non nego che la 'ndrangheta esista, né penso che non si
debba combattere, ma la Calabria non è solo ‘ndrangheta, i
calabresi non sono tutti mafiosi e forse c'è qualche falla nel
sistema: si fanno maxi operazioni a cui ci si arriva con indagini sommarie (per lo meno é quello che ho visto con l'arresto
di mio suocero) e povero, chi va a finire nella rete, perché
non c'è modo di salvarsi... Come li convinci che ciò che loro
hanno interpretato è tutt'altro? Non puoi, io l'ho capito in
questi anni, perché credono solo a ciò che fa comodo loro.
Hanno stabilito che usare certi termini dialettali (che per loro
stessa natura sono intrinsechi nel linguaggio di chi ancora
parla il dialetto giornalmente) sia indice di mafiosità e noi
non possiamo smentirli, perché non abbiamo modo di farlo!
Tutto quello che dicono i collaboratori di giustizia è oro colato, ma quando un onesto cittadino cerca di difendersi, per
loro racconta solo frottole.
Io non conosco le dinamiche mafiose, ma penso che un boss,
il boss di un piccolo paese come Gerace, se fosse tale,
avrebbe fatto fare alla propria ditta di calcestruzzi tutti i lavori
del proprio paese: mio suocero portava avanti la famiglia con
piccoli lavori saltuari; al boss non penso andrebbero a rubare
il carburante dai mezzi di cantiere e non causerebbero danni
agli stessi; non andrebbero a rubare a casa sua e, SOPRATTUTTO UN BOSS PER PRIMA COSA NON
ANDREBBE A SPORGERE REGOLARE DENUNCIA AI CARABINIERI!
Questo è mio suocero, il "grande boss": un povero disgraziato che lavorava dalla mattina alla sera cercando di mandare
avanti la baracca, un uomo che denunciava quando subiva
qualche torto... un uomo che dopo un litigio con il fratello si
è allontanato da quest'ultimo e non si è distaccato da nessun
locale, perché di nessun locale fa parte.
Con questa mia, non penso che cambierò il suo destino
giudiziario, ma voglio che la gente sappia: la "legge non è
uguale per tutti" in Calabria e in ogni aula di tribunale ci
dovrebbe essere scritto "perdete ogni speranza o voi che
entrate", perché è quello che è successo a noi.
Ho perso le speranze che qualcuno creda alla verità di mio
suocero, che poi è l'unica davvero, ma voglio ringraziare tutte
le persone che ci sono vicine, e non lo fanno per solidarietà
al boss e alla sua famiglia , ma perché conoscono Fragomeni
Salvatore e sanno che uomo onesto è.
Faustina Serafino
FERROVIA JONICA
Siamo gli ostaggi impotenti di dirigenti
ottusiestrangolatoridell’economia
C'
è modo e modo di sequestrare e imprigionare le persone. Non si pensi a quattro mura o
a cancelli di ferro con serrature scricchiolanti, il modo più raffinato è quello di impedire
la libertà di movimento! Cioè togliere la possibilità di viaggiare! IL DIRITTO AL TRASPORTO
deve essere garantito. I pensieri sono ospiti del nostro
cervello. si insinuano come tarli e affiorano continuamente nella mente, non lasciano adito ad altro. Sulla
tratta ferroviaria ionica c'erano treni che univano
Reggio Calabria a Taranto, Bari, Crotone e Catanzaro
Lido, e vetture che venivano unite ai treni per tutta Italia
a Lamezia. C'era anche un rapido! D’incanto, per voglia
di un mago cattivo, oggi i treni non ci sono più! Si pensi
che per raggiungere Roccella da Crotone ci vogliono
ben tre ore e mezza con cambio di tre littorine! I magnifici dirigenti hanno promesso di sostituire i treni adattando un sistema di trasporto tipo metropolitana, pensando che nella zona ionica non si capisca (o non ci
siano persone all'altezza di capire) cos'è la metropolitana: treni veloci che avrebbero dovuto unire Reggio
Calabria a Lamezia, via ionica, diverse volte al giorno
andata e ritorno. La Repubblica italiana è uno Stato di
diritto, nel quale ogni cittadino può far valere i propri
diritti, anche nei confronti dello Stato. Quante lotte,
quanti sacrifici, nei tempi passati, sono stati necessari
per ottenere questi diritti per raggiungere l'attuale condizione di vita, per costruire delle regole valide per tutti,
avere la libertà di scegliere democraticamente la forma
di governo, senza imposizioni o ricatti! Quanta fatica è
servita a scrivere una costituzione a garanzia dei diritti di
ognuno e di tutti! È ovvio che quando si forma un gover-
no, legalmente letto, si passa alla pratica, si mettono in
atto le premesse di legalità, di rispetto del popolo, e si
attua, con vari provvedimenti, l'equità che allontana
qualsiasi atto discriminatorio tra cittadini conviventi nel
territorio di cui lo Stato SOVRANO. Quanto affermato sottintende naturalmente che se tutti i cittadini
(appellativo con il quale si fa riferimento a persona conscia dei propri diritti e conseguentemente dei propri
doveri) hanno l’obbligo di contribuire alla vita economica dello Stato, hanno anche il diritto di ricevere dallo
Stato pari trattamento in qualsiasi luogo vivono. Quale
grande conquista è stata l'avvento della tv, che oggi
garantisce di ricevere le trasmissioni in tutti i luoghi del
territorio nazionale (sulle montagne, nelle pianure, città,
paesi, palazzi capanne) anche se bisogna pagare il canone! Si ricorderà che, tempo fa, qualcuno aveva promesso che, grazie ai ricavi della pubblicità, i cittadini sarebbero stati presto esentati dal pagamento. Promesse.
Ricordiamo la costruzione della strada ferrata, eseguita
non come un'impresa economica, IN ONORE DEL
DIO DENARO, ma come servizio vantaggio di tutti gli
italiani. Unì l'Italia dalle Alpi alla Sicilia, da ambo i lati
della penisola. Costeggiando il Mar Ligure, il Tirreno,
l'Adriatico, lo Ionio, giungeva persino oltre (in Sicilia e
Sardegna), formando un sistema di trasporto per spostarsi agevolmente in qualunque situazione! Rese possibile partire da Milano a ritornare a Milano costeggiando i mari che bagnano la penisola! Non esistevano allora autostrade e neanche strade molto agevoli (si noti che
ancora oggi sulla strada statale 106 esistono i ponti
costruiti nel ventennio e sono transitabili a senso unico
alternato!). Alcune città erano collegate dai servizi
marittimi, come accadeva a Napoli e Palermo. La
Ferrovia dello Stato, chiamata FS, unì l'Italia libera.
Anche cittadini della costa ionica potevano usufruire del
diritto di MOBILITÀ e viaggiare da un capo all'altro
della penisola per varie necessità, soprattutto di salute.
La zona ionica della Calabria è la malata d'Italia soltanto nella mente di coloro i quali la considerano tale e
fanno di tutto per farla regredire! Oggi le FS hanno
cambiato nome, si chiamano TRENITALIA - oggi
impera il rendimento economico a senso unico: i lunghi
treni merci che portavano i prodotti agricoli dal sud al
nord non ci sono più, i dirigenti attuano tagli e il denaro
speso per la costruzione dei sottopassaggi nelle stazioni,
ha realizzato costruzioni che oggi giacciono inutilizzate
e sono diventate latrine pubbliche. Non si tiene conto
del rendimento UMANO, che la mobilità dei cittadini è
un diritto primario come la sanità e deve essere praticata in modo equo in tutto il territorio dello Stato. Non si
venga a parlare dei cosiddetti rami secchi, etichetta valida solo per alcuni luoghi fuori mano e con esigua popolazione. Quando si parla di COSTA IONICA, ci si riferisce a una parte integrante d'Italia, si parla di un bacino
di utenza di diverse decine di migliaia di cittadini che
hanno gli stessi diritti degli altri e non hanno esenzioni
perché rami secchi! Si pensi ai bus che hanno sostituito
con grande disagio per gli utenti le vetture ferroviarie
per ROMA, TORINO, MILANO. Ancora prima del
rendimento economico (che per le autolinee esiste)
bisogna tener conto del rendimento umano, motivo per
il quale è avvenuta la costruzione della ferrovia! È vero,
si possono attuare bypass ferroviari (Metaponto Cosenza) più brevi, ma con il rischio di affollare sempre
più la tirrenica lasciando la tratta Metaponto - Reggio
Calabria deserta. Già prima della guerra, e durante, c'erano i treni con le vetture per tutte le città d'Italia, e
soprattutto per la capitale! Il welfare di uno stato di diritto non può assolutamente pensare solo al rendimento
economico, che compete ai privati, ma deve rispettare
tutti i cittadini senza penose discriminazioni. Hanno riesumato vecchie vetture da destinare alla tratta della
riviera ionica, hanno eliminato la tratta Reggio Calabria
- Taranto - Bari tanto utile, una volta servita, tra l'altro,
da un rapido che univa Bari a VILLA SAN GIOVANNI e ritorno, e sempre affollato, anche da messinesi,
comodo per le coincidenze con i traghetti per la Grecia
ed altri. Si continua a parlare di turismo ma non si sa
quanto è complicato spostarsi per raggiungere le zone
ioniche. Quanto è facile per questi dirigenti tagliare tratte ferroviarie oggi qui è domani lì, senza tener conto dei
disagi arrecati a migliaia di persone, a cittadini, che non
possono più raggiungere agevolmente ospedali specialistici inesistenti al sud, oppure costretti a muoversi per
mille altri motivi. LORO, i dirigenti, prendono le
Frecce, che sono tanto belle che non vorreste mai scendere. Gli abitanti ionici le possono ammirare solo in
televisione. A fine di queste poche parole non resta altro
che amaramente constatare come decisioni errate di
esseri ottusi possono strangolare l'economia, il progresso civile di un territorio che è parte integrante della
nazione. E tutto questo accade senza che i governanti
(che percepiscono lauti stipendi) corrano ai ripari mentre il resto del mondo progredisce sempre più. Sia di
esempio l'Albania!
Gasparro Bruno
RIVIERA
ATTUALITÀ
Largo alla generazione "Z"
CRESCIUTI CON I SOCIAL NETWORK, A SCUOLA SFOGGIANO UNO SMOKEY EYES,
ASCOLTANDO LA MUSICA IN STREAMING. PER LOROTUTTO È PIÙ EASY E PIÙ FAST.
La chiamano generazione “Z” e sono i nati dal
’96 circa al 2001. Sono i giovanissimi, gli adolescenti di oggi che popolano facebook, instagram e qualsiasi altro tipo di social network.
Sono i fan degli One Direction e Justin Bieber.
E sono anche parecchio bellini. A scuola si va
col trucco, si delinea lo sguardo con il kajal, si
tira la cerniera del borsellino con le dita adornate da unghie rigorosamente ricostruite o con
nail art da far invidiare la National Gallery di
Londra. Hanno capelli lunghissimi legati a
trama di treccia e sono so fashion. La femminilità mista all’aggressività di un braccialetto con
le borchie. Degli anni ’90, hanno estrapolato la
moda, le gonnelle, le maglie che scoprono l’ombelico, i giubbottini di jeans. Nel 2015 si spera
in una miopia o in un astigmatismo per poter
indossare grandi occhiali da vista, meglio se
neri, dietro ai quali ci sta benissimo uno smokey
eyes e rossetto rosso da contrapporre a
Converse e jeans strappato. Alla nostra età
(anni ’80) portare gli occhiali da vista era una
tragedia. Pianti, disperazione. Preferivamo
uscire senza e poi per strada non riconoscevamo nemmeno il ragazzo che ci piaceva, pur di
non sembrare delle talpe. Già, il ragazzo che ci
piaceva. Generalmente si trattava di un compagno di classe alla quale si mandavano i famosi
bigliettini, passati per esempio tramite l’astuccio, o lanciati quando la prof era di spalle. Non
avevamo il cellulare, solo qualcuno dei compagni più fortunati ne aveva uno, molto simile al
primo mattone che San Francesco posò per
riparare la Chiesa di San Damiano. Erano quei
cellulari che quando vibravano qualcuno urlava
“Il terremoto!” e invece era solo il serpentello
di Snake che si era incastrato su se stesso. Non
avevamo WhatsApp, per cui, se proprio si voleva inviare un sms dal cellulare dei nostri genitori al cellulare del genitore del nostro amato,
dovevi saper bene organizzare quei 160 caratteri. Ed è per tale motivo che oggi ci si inalbera
quando si leggono frasi scritte ancora a mo’ di
“xkè, cn, cmq, 6, qnd”: potete scrivere quanto
caspita vi pare, è gratis, fatelo! Non le pagate
più le lettere! E insomma, noi degli anni ’80 si è
cresciuti con l’usanza degli squilli, che voleva
semplicemente significare “Ti penso!”. Non la
dimentico no, la mia felicità di alcuni pomeriggi autunnali, riempiti dagli squilli del ragazzo
che mi faceva battere il cuore, con la sua tuta
Adidas nera e le strisce bianche (rigorosamente tre, se erano di più o di meno eri uno sfigato). Ascoltavamo la musica nei lettori portatili,
quindi importantissima era la scelta delle canzoni: in un cd ne potevi mettere circa 20. Altro
che I-tunes, altro che Spotify. Eravamo la generazione del “limite”: l’offerta attivata a Natale
per gli sms gratis, aveva un limite; i nostri orari
di rientro, avevano un limite. E della connessione ad internet sui pc che avevamo a casa, ne
vogliamo parlare? Quel rumore assordante
emesso, che lo sapevano fino a Reggio che ti
stavi connettendo, tanto era stridulo quel
suono. Oggi un po’ di cose sono cambiate, un
po’ tanto. Ma il cambiamento è inevitabile e
necessario. È funzionale. Ciò che il mondo propone ai giovanissimi di oggi, non lo ha proposto
a noi. Un adolescente del 2015 ha davvero
un’immane possibilità di crescere e formarsi in
modo più ricco. Ma è proprio questa enorme
possibilità che deve essere gestita in modo corretto, ponendo un filtro che non è quello a cui
tutti pensiamo oggi (il mayfair di Instagram),
ma una sorta di lente che possa permettere ai
ragazzi e ai loro genitori soprattutto, di osservare meglio. Che mamma e papà facciano pure i
raggi X a ciò che circonda i loro figli, ovviamente evitando di cadere nell’iperprotezione. Ma
non diamo per scontato i luoghi e le compagnie
che i nostri figli frequentano. Perché se l’obiettivo finale è l’autonomia, è pur vero che la vita
è fatta di stadi (vedi Erickson e i suoi studi),
ognuno della sua durata, e nessuno stadio
andrebbe oltrepassato, prima di essere vissuto a
pieno, e per il tempo necessario. Dare la possibilità a un ragazzo di 13 anni di partire per una
vacanza studio con la scuola per migliorare l’inglese è un’occasione da cogliere senza pensarci
troppo su, secondo me. Basti pensare che io e
miei amici, alle stessa età, abbiamo trascorso
semplicemente cinque giorni in Sila dove al
lago Cecita ci siamo stati pure due volte. Ma
trascorrere una notte in un locale e osservare
scene che a tratti sconvolgono anche me, che
sono adulta, e magari trovarmi di fianco la
ragazzina che il mese prima ha finito gli esami
di terza media, mi lascia un po’ perplessa.
L’adolescenza è l’età in cui si mette in crisi la
propria identità (il famoso “non sono un bambino, ma nemmeno un adulto”) e cosa non si
farebbe per dare un senso a quella identità che
vacilla. È l’età in cui gioca un ruolo centrale l’emulazione (prendere qualcuno come modello
ed imitarlo), nei modi di vestire, di parlare, di
comunicare. Quel “ai miei tempi non eravamo
così” è una frase che trova spazio quotidianamente, perfino io mi ritrovo a dirlo. Ma i
“tempi” sono questi, non c’è la possibilità di tornare indietro, di tornare alla lira, alle feste di
compleanno con la semplice torta con la panna
e la scritta “Buon compleanno” in gel rosso, a
Dawson’s creek in cui Joey Potter non desiderava la O bag, ma probabilmente un motoscafo
per raggiungere più velocemente il suo
Dawson, invece che ammazzarsi a remare (no,
non di selfie). Non servono più le enciclopedie
pagate un botto di soldi dai nostri papà per fare
una ricerca sulla Lituania e non c’è bisogno che
la nostra vicina sponsorizzi un buon negozio di
vestiti. È tutto più easy, più fast. È tutto online.
E non possiamo pretendere che i giovanissimi
di oggi capiscano o comprendano quello che
noi siamo stati, semplicemente perché non lo
hanno vissuto. Ma possiamo insegnare loro,
educarli all’utilizzo buono di tutto ciò che di più
tecnologico c’è. I fattori di rischio sono tanti,
troppi, ma fortunatamente non mancano i fattori di protezione. Ed è su quello che dobbiamo
puntare.
Sara Jacopetta
SETTIMANALE
www.larivieraonline.com
DOMENICA 11 OTTOBRE
17
“Z”, Millenial
e“X”, tre
generazioni
a confronto
I PRIMI SONO I PIÙ PRAGMATICI.
PIENI DI ASPIRAZIONI I SECONDI.
QUELLI DELLA GENERAZIONE “X” RESTANO,
INVECE, INGUARIBILI SOGNATORI.
Steve Jobs aveva programmato un tasto centrale che consentiva di poter annullare tutte
le operazioni in un attimo, così da tornare
indietro con un semplice clic. Oggi questo è
possibile.
Arriveremo, forse, un giorno alla possibilità
per le neomamme di poter scambiare sms
amorevoli con il loro bambino ancora nel
pancione. A renderlo fattibile potrà essere
magari la generazione successiva alla “Z”, la
generazione “Alpha” che qualcuno chiama
screenager, un nome da pelle d’oca.
In attesa che venga tracciato un profilo più
dettagliato della generazione Alpha, occupiamoci di chi è già incappato nelle “grinfie”
dei sociologi. Partiamo da loro, la generazione Z, ovvero i nati tra il 1996 e il 2001. La
caratteristica che salta immediatamente agli
occhi è che sono altamente "tecnologizzati".
Ripudiano i libri cartacei perché loro leggono (se leggono) esclusivamente sull'e-book,
giudicano vintage - tanto per essere eleganti
- chi va a studiare in biblioteca e vivono in
un mondo parallelo dove le persone hanno
le sembianze dei loghi di Facebook,
Instagram e WhatsApp più che quelle
umane.
Sono nati in epoca di grandi cambiamenti e
quando la crisi ancora non si sentiva. I computer a schermo piatto erano già in commercio e a scuola c'erano le lavagne interattive.
Martina è nata nel 2000 ed è l'opposto di sua
sorella - che poi sarei io.
Guarda "Uomini e donne" perché dice di
innamorarsi delle storie degli altri, anche se
farebbe meglio a innamorarsi delle sue.
Cambia il codice di sicurezza del cellulare
ogni sera. Teme che qualcuno possa frugare
nei suoi contatti, manco fosse una serial killer che nasconde chissà quale assurdo mistero. Ride sempre, ma guardando lo schermo
del cellulare, finisce i giga di traffico internet
in tre, massimo quattro giorni. Va disperatamente in cerca di una rete Wi-fi non protetta, manco fosse in astinenza da cibo su un'isola deserta e, quando riesce a scovarne
una, si ritrova 2500 messaggi sulle varie chat
da parte dei 3400 gruppi di cui è membro,
che nemmeno Obama nella sua posta elettronica.
È sempre assente dal pianeta Terra, ascolta
la musica con le cuffie, e ogni tanto si riesce
a strapparle qualche considerazione sul
mondo che la circonda.
Questa è una di quelle rare volte.
"Allora Martina, cosa sono per te passato,
presente e futuro?"- mi accingo a chiederle.
Ci pensa un po' e poi afferma:
"Ehm...allora, il passato è quello che ho già
vissuto, la crescita, i divieti dei genitori, le
ore a scuola. Il presente è quello che sto
vivendo adesso, gli anni delle amicizie, delle
uscite, dello sport. Il futuro è… che io vorrei
lavorare". Martina frequenta il terzo anno
dell'Istituto Tecnico Commerciale e a mio
padre l'ha detto chiaramente: lei vuole lavorare, perché a stare sui libri non ha proprio
la testa.
Risponde alla mia domanda con estrema
leggerezza e semplicità, tipica dei suoi 15
anni, e con una pragmaticità che mette in
croce tutti i sogni e le aspirazioni di chi ha
solo qualche anno più di lei. Come per
esempio Caterina, nata nel 1993. Frequenta
l'università e ha tanti sogni. Oltre a studiare,
è impegnata nel sociale e nella gestione
della sua famiglia. Lei appartiene alla generazione che i sociologi hanno definito dei
Millenial, ovvero i nati tra l’82 e il ‘95. È
"tecnologizzata" ma non troppo, preferisce il
profumo dei libri alla luminosità dell'iPad, e
sorride più alle persone in carne e ossa che
allo schermo di un iPhone. Rivolgiamo a lei
la stessa domanda posta a Martina:
"Cosa rappresenta per te il passato, cosa il
presente e cosa il futuro?".
"Per me il passato è stato crescere insieme ai
miei fratelli, con mia madre che ci sgridava
quando combinavamo danni, e la nonna che
ci permetteva di tutto. È le giornate passate
con la mia famiglia, o in comunità a organizzare manifestazioni. Il presente è pieno di
impegni, di aspirazioni, di studio, di progetti. È l'università ma anche la famiglia e gli
amici. In realtà non ho neanche il tempo di
pensare al presente. Invece per il futuro
spero di realizzare i miei sogni, trovare un
lavoro, mettere su famiglia".
Per sottolineare una differenza di prospettiva ancora maggiore, poniamo la stessa
domanda a Francesca, una donna adulta,
classe 1980, generazione X.
Il suo approccio al medesimo interrogativo
è molto più sentimentale.
"Quando io ero un'adolescente apprezzavo
tutto. Conoscevo il valore delle cose, perché
la realtà storica e sociale lo permetteva. Non
pretendevo nulla dalla mia famiglia, anzi la
consideravo come una squadra, all’interno
della quale avrei dovuto contribuire secondo le mie possibilità. Non come oggi che i
ragazzi pensano che tutto sia loro dovuto.
La mia felicità era ascoltare il mio programma preferito in radio e sognare ascoltando
le canzoni del mio artista". E mentre lo
afferma sorride. Nelle sue parole c'è molta
commozione, le piace ricordare. "Il mio presente sono i miei figli, a cui devo garantire il
massimo, e il mio lavoro. Il futuro invece...
insomma diciamo che per il futuro mi sento
di dire: speriamo bene! La vedo dura".
Sara Leone
RIVIERA
AL MEMORIAL PEPPE TIZIAN DI
BOVALINO IL CIRCUS DEL BEACH CROSS
Nicola Irto a Gioiosa
Jonica parla del futuro
della Calabria
Questa sera, alle ore, alle ore 19:00, in Piazza
Plebiscito, a Gioiosa Jonica, si svolgerà un convegno organizzato dal Circolo del Partito
Democratico cittadino dal titolo “Le sfide di oggi la Calabria di Domani”. Durante l’incontro il giornalista Bruno Gemelli effettuerà un’intervista al
Presidente del Consiglio Regionale della Calabria
Nicola Irto.
Oggi il Circus del Beach Cross approderà ancora una volta sulla spiaggia di Bovalino con l'edizione 2015 del memorial PEPPE TIZIAN
curato da Pasquale Vizzari e Michele Racco con la collaborazione del MOTOCLUB EXTREME DI MARINA DI GIOIOSA JONICA. La gara inizialmente prevista per il 4 ottobre è slittata di una settimana a causa delle proibitive condizioni meteo marine. Il tracciato di 1.200 metri realizzato sul lungomare San Francesco da Paola ospiterà i migliori piloti specialisti della sabbia con la sola esclusione del giovanissimo campione Emilio Scuteri chiamato a rappresentare l'Italia nella squadra ufficiale della FMI al trofeo delle nazioni.
Prevista la partecipazione dei due leader di campionato Nello Carbone (MX2) e Giuseppe Marafioti (MX1) oltre ai loro piloti che
giungeranno dalla Sicilia dalla Puglia e dalla Campania. La Direzione di Gara è stata affidata a Vittorio Cordì e tutto lo staff del CORE
Calabria sarà presente per dare giusto merito ad un appuntamento che segna quest'anno la tappa della decima edizione proseguendo
la tradizione del super mare cross inventato dal Cav. Gaetano Di Stefano che era giusto appunto originario di Bovalino.
CULTURA E SOCIETA’
L'artista Giovanni Longo alla biennale Jeune Création Européenne
Un "pezzo" di Calabria
alle porte di Parigi
Ci sarà anche l'artista calabrese Giovanni Longo tra
i sei italiani che esporranno alla JCE - Jeune
Création Européenne 2015-2017. La biennale prevede un'esposizione itinerante che prenderà il via dal
14 ottobre presso il Centre culturel Le Beffroi di
Montrouge, a pochi passi dalla capitale francese, per
poi proseguire verso nord a Hjørring (Danimarca),
verso est a Wroclaw (Polonia) e Cesis (Lettonia),
infine a sud con le mostre di Como (Italia), Figueres
(Spagna) e Amarante (Portogallo). La mostra raccoglie le opere di 56 artisti emergenti provenienti da
diversi paesi europei offrendo un variegato colpo
d'occhio sulle tendenze delle nuove generazioni. Il
principio ispiratore è offrire un’occasione di visibilità
tramite una vetrina internazionale, un programma di
residenza e un catalogo illustrativo. La selezione italiana è stata effettuata dall’Assessorato alla Cultura
del Comune di Como, partner del progetto JCE,
attraverso il concorso nazionale Como
Contemporary Contest con l’obiettivo di sostenere i
giovani artisti italiani sulla scena contemporanea
nazionale e internazionale.
L'opera di Giovanni Longo dal titolo "Distanza zero"
si inserisce nella serie di sculture denominate
"Fragile Skeletons". Realizzate attraverso l'assemblaggio di numerosi pezzi di legno, queste sculture
rappresentano simboliche strutture scheletriche fragili ed evocative. Un meticoloso lavoro di raccolta e
comparazione degli elementi lignei recuperati lungo
le spiagge e le foci delle fiumare calabresi, da sempre
considerati dall'artista luoghi magici e indecifrabili.
Longo, le cui opere da alcuni anni riscuotono una
buona attenzione internazionale, nell'ultimo mese
ha sviluppato un nuovo progetto artistico proprio in
Francia, sulle colline di Grasse, durante la residenza
Giovani artisti in Côte. Questo ultimo lavoro verrà
presentato nel mese di dicembre presso il Centro
Polifunzionale per la Fotografia e le Arti Visive
PHOS di Torino.
“VOGLIA DI
CAMBIARE “
Per la“CALABRIA FILM"
presidente: Paolo Sanci, segretario
di produzione: Pino Gambardelli,
operatore: Antonio Alì.
Si sta girando nei paesi della Locride:
Roccella Jonica, Marina di Gioiosa Jonica, e
Locri, il film "Voglia di Cambiare" con la
regia di Paolo Turrà, noto attore catanzarese
e interprete del film nella parte di un commissario di polizia, e con Evelyn Candido attrice
di Gioiosa Jonica, come protagonista principale.
La storia narrata dal film è quella di un commissario, fedele servitore dello stato che viene
trasferito in una località a sud della Calabria
dove trova un ambiente , che nonostante il
passare degli anni è rimasto alle vecchie tradizioni sociali e culturali fortemente legate al
modello di comando imposto da persone
malavitose senza scrupoli.
Il film si avvale di un cast di giovani promesse
tutti calabresi di cui alcuni già con valide esperienze.
Lo sforzo di questa produzione è il frutto di
un sentimento profondo di amore verso la
propria terra che costringe tutti i protagonisti,
tra l’altro senza nessuna ricompensa economica, a un impegno faticoso tutto volontario
e svolto nell’interesse esclusivo di dare un
contributo significativo allo sviluppo culturale, artistico e sociale alla Calabria.
È da evidenziare la partecipazione di un grande Gianni Pellegrino, personaggio importante nella storia raccontata, autore di una
straordinaria interpretazione così come tutti
gli altri attori come: Cristina Nauman, Valeria
Saccomando, Valentina Rames, Anna Maria
Poveromo, Loredana Iachino, Santina
Critelli, Arianna Biamonte, Santina
Cavallaro e, ancora, Ale Cody, Marco
Catanzaro, Giancarlo Saccomando, Pino
Pizzati, Roberto Polito, Orazio Scarfò,
Anthony Reale, Antonio Brescia, Mattia
Scaramuzzo, Fiore Caroleo, Emiliano
Chillico e tantissimi altri che realizzano un'ottima performance aderente alla descrizione
dei personaggi ottimamente definiti e diretti
dal regista.
Due giovani stiliste
calabresiportanoaPechino
il Made in Italy del Sud
Silvia Aiello e Stefania
Giovinazzo volano a Pechino
dopo aver strabiliato la giuria
di "Imbastire un sogno, cucire
un'idea 2015" il concorso
nazionale, indetto dalla
Confartigianato di Prato che
quest'anno ha avuto come
location Milano, la capitale
italiana della moda.
Aiello e Giovinazzo portano a
Pechino il marchio made in
Italy del Sud. La loro formazione
proviene
dall'Accademia New Style di
Cosenza che ha consentito a
tanti allievi di affermare una
loro idea o entrare nelle grandi maison di moda.
Il concorso "Imbastire un
sogno, cucire un'idea 2015" è
uno dei più interessanti per i
giovani
stilisti
italiani.
Promosso già da alcuni anni
dalla Confartigianato di
Prato, ha dei rigidi criteri di
selezione, basti pensare che le
proposte da parte dei fashion
designer arrivano in maniera
anonima, una giuria a più voci
valuta su competenze tecniche e capacità oggettive non
solo l'idea, ma anche la capacità di realizzazione di un
modello che da astratto si trasforma in un capo reale.
Intanto c'è l'entusiasmo di chi
parte, Silvia Aiello e Stefania
Giovinazzo, consapevoli di
essere entrate in un progetto
importante ed entusiaste di
rappresentare l'Italia in una
terra ricca di storia e cultura,
uno dei principali mercati
mondiali, come la Cina.
Sei cake
designer
calabresi a
Milano per
realizzare la
torta più
grande del
mondo
C'era anche un gruppo di "cake designer" calabresi
nella squadra che domenica scorsa, presso il salone
Hobby Show, la manifestazione della Fiera di
Milano, ha conquistato il record della torta più
grande del mondo, spodestando l'Inghilterra. Più di
tre tonnellate di peso, la torta da guinnes ha la
forma del nostro stivale e si estende per 244 metri
quadri. In fondente di zucchero sono stati modellati i più importanti monumenti delle principali città
italiane. Per realizzarla ci son volute 10.000 uova,
800 kg di burro, 300 kg di farina e il lavoro di oltre
300 tra "sugar artist" e pasticcieri coordinati
dall'Ancdi, l'Associazione nazionale cake designers
Italia. Sull'intera operazione ha fatto buona guardia
Lorenzo Veltri, giudice del Guinness World
Records noto al pubblico per la sua partecipazione
alla trasmissione "Lo Show dei Record" condotta da
Gerry Scotti. Ben 12.000 porzioni di torta sono
state distribuite gratuitamente ai visitatori della
feria e più di tremila sono state offerte al banco alimentare a alla Caritas. Un’esperienza esaltante per
la squadra calabrese, formata da Patrizia Sulla,
Giusy Vescio, Alessia Saporito, Floriana Crucitti,
Anna Alecce, Filomena Tucci, coordinate da
Daniela
Amendola,
delegata
regionale
dell'Ancditalia Calabria.
Attilio Bandiera. Il nome di questa ragazza bionda, piccola,
delicata, andata sposa a soli 19 anni,veniva chiamata affettuosamente con quel nomignolo perché sembrava uscita proprio da
un romanzo romantico. Aspettava il suoAttilio, in trepidazione
continua, sempre in campo insieme con suo fratello Emilio e
gli altri compagni di lotta per "affrancare la nostra Patria dallo
straniero" che la teneva oppressa. Maria, nel frattempo si ammala di tisi: Attilio è lontano. Per uno
strano gioco del destino un giorno, in sogno, vede il marito che, al grido di "Viva l’Italia" viene ucciso.
Attilio in realtà subirà questa sorte pochi mesi dopo fra il crepitare dei fucili nemici, nel Vallone di
Rovito, proprio in Calabria. Maria morirà prima del suo ritorno. L’unica a sopravvivere un’altra donna
forte: la madre dei Fratelli Bandiera. Ormai vecchia ottuagenaria avrà la forza di andare a ricevere le
salme dei figli nella loro città d’origine, Venezia, una Venezia ormai liberata.
RIVIERA
LA ROSA DEIVENTI
ACCANTO A GRANDI UOMINI GRANDI DONNE MA QUASI... DIMENTICATE (parte 2)
Continuiamo a incontrare figure di donne che hanno contribuito con la loro vita a onorare e ornare
l’Italia del Risorgimento. Dopo Cristina Di Belgioioso, oggi ci occupiamo di un nome meno conosciuto ma non meno importante, una fra quelle che, con il cuore in gola, aspettavano i loro "eroi"
impegnati a fare dell’Italia un Paese libero e indipendente. Fra queste: Maria, la "Marietta", moglie di
www.larivieraonline.com
DOMENICA 11 OTTOBRE
19
Professor
Romano uomo
di scuola
VITO PIRRUCCIO
L’editore piccolo piccolo che
aveva un sogno grande grande
Franco Pancallo vive sommerso dai libri da 40 anni. È stato bibliotecario, libraio,
editore, scrittore, custode di una cultura antica. La sua storia è parte integrante di
Locri, un romanzo perfetto che trae origine dal passato per ritornare ai suoi fasti.
“L’idea di
realizzare questo
progetto a
Palazzo Nieddu
mi ha subito
affascinato, tanto
che mi sono
immediatamente
spostato lì per
sovrintendere ai
lavori.”
“Imparai a
utilizzare
Photoshop per
ristampare le
meraviglie del
passato e grazie a
tanta costanza
oggi ho un
catalogo di
quattrocento libri
antichi”
on è difficile raggiungere
l’attuale sede della
Franco
Pancallo
Editore, ma è complicato trovare la corrispondenza dell’indirizzo su
un qualsiasi stradario cartaceo o digitale, per aggiornato che sia.
La strada che conduce all’estremità
locrese della nuova 106 fa un piega
che cela un edificio nel quale ho trovato una persona cordiale, la cui solitudine nelle ore lavorative poco si
addice alla grande voglia di chiacchierare.
Tra una sigaretta e l’altra, Franco
Pacallo mi racconta la sua storia, così
incredibile da sembrare il parto di
uno dei libri che stampa nelle ampie
stanze della in cui vive dall’alba al tramonto.
Ciò che mi racconta si intreccia perfettamente con la storia di Locri e,
proprio per cercare di ricreare quell’atmosfera unica, voglio riportare le
sue parole.
«Sono qui perché ho accettato una
proposta folle del sindaco esordisce.
N
«Qualche
tempo fa, Calabrese mi ha
chiesto di collaborare alla realizzazione del Museo del Libro. Gli è venuto
in mente il mio nome perché, nel
1964, realizzai la biblioteca comunale
su incitamento di Guido Laganà.
«L’idea di realizzare questo progetto
a Palazzo Nieddu mi ha subito affascinato, tanto che mi sono immediatamente spostato lì per sovrintendere
ai lavori. Ciò che non mi era stato
detto era che il restauro avrebbe
riguardato anche la pavimentazione,
pertanto me ne sono dovuto andare
con urgenza trovando una sistemazione di fortuna.
«Ho saputo in seguito che il mio
nome deve essere stato fatto anche
perché Francesco Macrì, predecessore di Calabrese, gli aveva regalato
“Da Locri Epizefiri a Locri”, un libro
sulla storia della città scritto da me
con la collaborazione di Gabriella
Bonsignore.
«Mi chiese di realizzare il testo Mario
Caligiuri, Assessore Regionale alla
cultura al quale mi lega una profonda
amicizia.
«“Vorrei fare un regalo a Locri” mi
disse un giorno. “Trovami un libro
che parli della città dalla sua fondazione fino a domani mattina e ristampalo senza preoccuparti dei diritti
d’autore.”. Avrei realizzato volentieri
l’idea non fosse stato che un libro così
non esisteva.
«“Allora scrivilo tu”, mi disse
Caligiuri con non chalance.
«Mario Sapeva che, anni prima, Luigi
De Sena mi chiese di scrivere l’editoriale per un’inserto periodico sulla
Calabria che sarebbe dovuto finire ne
L’Espresso e che Caligiuri lesse avidamente. Come aveva promesso, si
occupò di tutte le pratiche per la realizzazione del libro, ma non riuscimmo a distribuirlo a causa di una mia
malattia e del contestuale abbandono
dei finanziamenti da parte della
Regione.
«Ricordo con affetto la stesura del
volume. Mentre lo scrivevo, avevo
dinanzi agli occhi un cortometraggio
che mi mostrava come, da
Zaleuco, la storia di Locri si era
evoluta fin ad arrivare alla decadenza del IV secolo. Da Gerace
Marina, si giungeva ai giorni nostri,
a quella lettera che Calabrese ha
scritto ai suoi cittadini all’inizio dell’estate.
«In questo lasso di tempo a Locri ho
cominciato a muovermi io, che nel
1974 ho intrapreso il mestiere di
librario grazie alla passione inculcatami dai miei genitori per musica, lettura e scrittura.
«Fu la realizzazione di un sogno che,
nell’arco di un anno, mi avrebbe permesso di portare in magazzino milioni di libri. Eravamo i librai migliori
della regione, situazione che sarebbe
perdurata fino ai tre incendi che ho
subito nel 2006, momento in cui la
mia parabola avrebbe cominciato a
essere discendente.
«Non mi sono dato per vinto e mi
sono reinventato editore non per far
tremare la famiglia Berlusconi, quanto per onorare la mia formazione e
sviluppare una cultura meridionalista
che devo alla pazienza di Pasquino
Crupi e alla lettura de “I migranti” di
Perri. Proprio la ricerca di quel testo
mi spinse a ristamparlo fotocopiandolo pagina per pagina in quaranta
copie, delle quali la metà andarono
buttate per realizzare il fronte-retro.
Scoperta questa passione, ristampai
con questo sistema altri testi fino a
quando Pino Macrì mi invitò nel suo
studio mostrandomi come, con il
computer, si potevano recuperare
libri devastati dalle intemperie.
«Imparai a utilizzare Photoshop per
ristampare le meraviglie del passato e
grazie a tanta costanza oggi ho un
catalogo di 400 libri antichi, risalenti
anche alla prima metà del ‘500 e
quasi introvabili. Nonostante le pagine su cui lavoro siano devastate dall’umidità o illeggibili per le caratteristiche della carta, scannerizzo le pagine e analizzo le lettere rovinate o
illeggibili. Pulisco ogni singola lettera
per rendere i caratteri più nitidi o la
copio e incollo da un’altra parola. Per
ognuna delle migliaia di pagine allineo le righe, rendo leggibile ogni lettera e concludo con la stampa. Il mio
lavoro non comprende, però, le lettere capovolte o gli errori, che ritengo
peculiarità immutabili del testo, di cui
mi occupo di fare un Fac-Simile.
«Il più grande riconoscimento a questa mia fatica è avvenuto per puro
caso. Faccio parte della commissione
del premio “La Giara”, durate il
quale regalai al direttore di Rai
Calabria,
Demetrio
Crucitti,
“Astrologicorum
Libri”
di
Campanella.
«Non sapevo che Crucitti fosse amico
di Tiberio Timperi, al quale parlò di
me e del mio lavoro. Poco dopo ricevetti una chiamata dalla Rai di Roma,
che mi disse che Timperi voleva ospitarmi nella sua trasmissione.
«Quei quindici minuti di gloria, purtroppo, sono passati inosservati alla
politica, fatta eccezione per quella
volta in cui l’Assessore alla Cultura
Saverio Zavettieri mi fece svenire.
«Anche in questa occasione fu il caso
a metterci lo zampino. Ristampai un
libro di Peppe Arena. Una sua ex
alunna venne da me e ne volle acquistare una copia. Era la segretaria di
Zavettieri che, incuriosito dal mio
lavoro mi fece contattare per farsi
inviare tre copie del libro, che spedii
con dedica e con in allegato il catalogo della mia casa editrice.
«Rimase così colpito che chiese al
contabile quanti soldi ci fossero nelle
casse e lo incitò a versarmeli tutti
affinché stampassi dei testi per le
biblioteche. Quando mi arrivò la raccomandata non immaginavo di cosa
si trattasse. L’aprii e vi trovai all’interno la richiesta e un assegno di 35
milioni.
«Fu così che persi i sensi!
«Mi convinsi che sarebbe stato l’inizio
di una collaborazione con le istituzioni, ma quell’iniziativa non ebbe mai
un seguito. Oggi, purtroppo, non versiamo in condizioni ottimali.
«Ma non ho intenzione di mollare.
Continuerò a svolgere questo lavoro
convinto che questa terra riprenderà
a crescere riscoprendo il proprio passato e le motivazioni per cui meritò
l’appellativo di Magna Graecia!»
Jacopo Giuca
La notizia della morte del prof. Michele Romano, l’anziano professore medaglia d’oro della Pubblica Istruzione deceduto a Locri,
arriva di prima mattina in un tam-tam che si protrae per diversi
momenti grazie alla lunga lista di amici e uomini di scuola (docenti, personale di segreteria e collaboratori scolastici) che, in ruoli
diversi, hanno conosciuto l’uomo dei mille contatti e dell’infinita
disponibilità. Un vero filantropo che sapeva magistralmente
coniugare professionalità e amicizia e che, oggi, diremmo “uomo
d’altri tempi”.
L’ho conosciuto 35 anni fa nella scuola elementare di Guardavalle
che, allora, comprendeva la direzione didattica del centro storico
catanzarese e le frazioni di Sciordillà ed Elce della Vecchia, dislocate nella montagna che si inerpica verso l’altopiano delle Serre.
“Un uomo d’altri tempi” il prof. Michele Romano lo era, anche,
allora. Con l’inseparabile compagna della sua vita, la maestra
Giuseppina Mosca, raggiungeva ogni mattina puntualmente la
direzione didattica dove lo aspettava la sfilza di problemi che sapeva affrontare, con calma serafica, nella sua veste di vicario esercitata per lunghissimi anni con i vari direttori didattici, oggi dirigenti, che si sono succeduti alla guida della popolosa comunità scolastica di Guardavalle.
L’anno che l’ho conosciuto, la scuola stava vivendo, come oggi, un
lungo travaglio di riforma (si stava prospettando il passaggio nelle
scuole elementari dall’insegnante unico al team che la Legge del
1985 avrebbe gradualmente inserito nel modulo organizzativo
della scuola di base). Come oggi, anche allora, la riforma è stata
preceduta da un reclutamento massiccio che, diversamente da
oggi, però, ha significato un vero e proprio turnover, con l’entrata
in campo di una leva di insegnati tra i 20 e i 30 anni che la scuola
italiana non conoscerà mai più.
In questo contesto di ingresso massiccio di giovani leve nelle aule
ho avuto modo di apprezzare le doti umane e professionali del
prof. Michele Romano. Eravamo, in pratica, una vera e propria
schiera di ventenni freschi di studi e completamente digiuni di
didattica sul campo. E il prof.
Michele Romano, nel suo
ruolo di vicario, ci dislocava
nei vari plessi con accortezza
in modo tale da conciliare
l’entusiasmo giovanile con la
missione educativa-formativa
al servizio dei ragazzi.
L’accortezza era talmente studiata che, anche, il tutor assegnatoci per l’anno di prova,
rispondeva a requisiti di esperienza e di gioventù: un tutorponte che, nel caso mio e di un
folto gruppo di neo-ammessi
a seguito del concorso del
1981, ci ha letteralmente
introdotti alla pratica del “fare
scuola” (si trattava del prof. Giglio Demasi, oggi dirigente scolastico a Soverato). Ricordo l’abilità di affidarci, per esempio, la novità
dell’introduzione nella didattica della matematica del calcolo binario e dell’uso dei regoli facendo perno, soltanto, sulla nostra giovanile predisposizione ad accogliere le innovazioni che facevano
capolino nella scuola riformata degli anni ’80. Ma l’elenco sarebbe
veramente lungo e il rischio di sforare l’ampiezza del pezzo mi
frena nel racconto.
Ma il tratto che più mi ha colpito, in quella prima esperienza di
insegnante, è stato l’incontro con un vero uomo di scuola come il
prof. Michele Romano. Sono stato attratto principalmente dalla
sua naturalezza nell’affrontare i problemi di una scuola, oggettivamente difficile in quanto dislocata su un vasto e impervio territorio. Quando noi principianti alle prese con la “cattedra” avevamo
un problema, la soluzione era a portata di mano: il prof. Romano!
Allora non era, ancora, arrivata l’era dei computer e dei telefonini, ma il mezzo “risolva problemi” era quel telefono con la rotella
poggiato nel suo ufficio della Direzione Didattica di Guardavalle.
E, quanto, il telefono era insufficiente, la macchina di ognuno di
noi era a disposizione per raggiungere il Provveditorato di
Catanzaro in Viale dei Normanni. Il prof. Romano raccoglieva le
sue carte e non c’era impiegato del Provveditorato di Catanzaro,
dal personale di portineria al Provveditore in persona, che non lo
accogliesse con quel saluto caloroso e familiare che gli era congeniale. Non c’è uomo o donna di scuola che ha lavorato con il prof.
Michele Romano che non si sia servito della sua disponibilità e del
suo prodigarsi disinteressato per il bene della comunità scolastica
a lui affidata. Non ha mai inseguito la carica dirigenziale, ma il
prof. Michele Romano i galloni li ha saputo meritarseli sul campo
e lo attestano i numerosi riconoscimenti che, sicuramente, la maestra Giuseppina Mosca e i suoi figli custodiranno gelosamente e
riservatamente, come loro costume, a perenne ricordo del loro
amatissimo congiunto.
Quell’uomo di “altri tempi” ha concluso il suo ciclo terreno
lasciandoci testimoni di immensa riconoscenza. Ci ha lasciati da
“uomo d’altri tempi” e, oggi, un’altra bandiera della scuola calabrese si ammaina inchinandosi.
ATTUALITÀ
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DOMENICA 11 OTTOBRE 21
L’intervista a Antonio Cassone
La chirurgia del naso:
estetica e funzionale
Quali sono gli interventi che possono essere praticati
sul naso?
La rinoplastica è l’intervento chirurgico con il quale
vengono eliminati i dismorfismi della piramide nasale;
la settoturbinoplastica corregge le deviazioni del setto
nasale e riduce l’eccessivo gonfiore dei turbinati inferiori e medi garantendo una buona respirazione nasale;
infine, la chirurgia funzionale endoscopica delle cavità
sinusali (FESS), da praticare in caso di sinusiti
croniche purulente o polipoidee.
Quando e perché fare la rinoplastica?
Poiché il naso costituisce la parte più prominente del
viso, i suoi difetti estetici, sono fonte di forte condizionamento della persona dal punto di vista psicologico e,
quindi, sociale.
La rinoplastica si prefigge come scopo quello di
rimodellare un naso con difetti estetici e armonizzarlo
con tutte le altre componenti del volto.
In questa sede la competenza del chirurgo, unitamente al senso estetico ed all’esperienza di cui deve
essere dotato, è determinante poiché il medesimo
tenendo conto delle caratteristiche fisiognomiche del
viso del paziente e delle, altrettanto rilevanti, sue
aspettative, dovrà avere come obiettivo quello di coniugare il migliore risultato estetico con la naturalezza
dello stesso nella sua visione complessiva.
Quali sono i più frequenti difetti estetici del naso per
cui il paziente si rivolge al chirurgo?
Il naso aquilino (con gibbo osseo e/o cartilagineo) o
deviato o a sella, la punta quadrata o globosa, la base
larga, le asimmetrie delle cartilagini alari sono tutti dismorfismi che possono essere corretti nel corso di un
intervento di rinoplastica, attraverso il modellamento
dello scheletro osto-cartilagineo del naso.
A secondo della necessità il chirurgo potrà optare per
una rinoplastica chiusa, in cui l’accesso viene garantito
da incisioni interne alle narici, o per una rinoplastica
aperta, nella quale viene effettuata una piccola incisione della columella; quest’ultima è da preferire in
caso di importanti difetti estetici a carico della punta.
A quale chirurgo ci si può affidare per essere sottoposti ad un intervento di rinoplastica?
L’Otorinolaringoiatra che esegue la rinoplastica ha un
vantaggio rispetto ad altri chirurghi: conosce perfettamente l’organo che andrà ad operare ossia la fisiopatologia delle cavità nasali, potendo quindi valutare,
attraverso delle indagini endoscopiche (rinofibroscopia), l’opportunità di associare alla chirurgia estetica del naso una chirurgia funzionale a carico delle
strutture interne (settoturbinoplastica e FESS).
Quali sono le condizioni che inducono
l’Otorinolaringoiatra a consigliare la settoturbinoplastica e la FESS?
L’intervento Vincenzo Calafiore
Detti interventi sono consigliati in caso di deviazioni
del setto nasale, che determinano stenosi più o meno
marcata di una o entrambe le fosse nasali, o ipertrofia
dei turbinati (sporgenze ossee della parete laterale
delle fosse nasali rivestite da tessuto spugnoso ipervascolarizzato) o ancora in presenza di polipi rinosinusali.
I sintomi che il paziente lamenta sono la difficoltosa
respirazione nasale, soprattutto notturna con possibile
russamento e apnee nel sonno, la cefalea frontale e
periorbitaria, la riduzione della capacità del paziente
di percepire odori e sapori, la voce nasale, la
lacrimazione e l’abbondante produzione di secrezione
acquosa dalle cavità nasali.
Allorquando con il trattamento farmacologico (lavaggi nasali, antistaminici, cortisonici per uso topico e sistemico) non si ottiene la scomparsa dei sintomi suddetti è necessario far ricorso alla terapia chirurgica,
previa TC del massiccio facciale.
A seconda dei casi verrà eseguita la settoplastica, la
turbinoplastica con laser o con tecnica tradizionale, ed,
in caso di poliposi naso-sinusale, si procederà ad un
intervento chirurgico endoscopico funzionale (FESS)
che consiste nell’apertura dei seni paranasali flogosati,
al fine di ripulirli del processo infiammatorio cronico e
ripristinare la fisiologica aerazione delle cavità sinusali.
È possibile effettuare contemporaneamente l’intervento estetico e quello funzionale?
La rinosettoturbinoplastica, associata o meno alla
chirurgia endoscopica dei seni paranasali, è l’intervento
che coniuga la possibilità di soddisfare il miglioramento estetico del naso alla necessità di ripristinare la normale ventilazione rino-sinusale. Esso intervento,
nonostante abbia tempi chirurgici ovviamente maggiori rispetto alla sola rinoplastica, non costituisce un
maggiore disagio per il paziente relativamente al
decorso post-operatorio, consentendo di conseguire
contemporanemante più risultati.
“
“
Dott. Antonio Cassone
Specialista
in Otorinolaringoiatria
Responsabile dell’Unità Operativa
di Otorinolaringoiatria della
Casa di Cura “Cappellani-Giomi”.
Messina
Responsabile del DS di
Otorinolaringoiatria della
Casa di Cura “Carmona”.
Messina
Riceve:
Studio Raymat,
Via Calvario
15 A Marina di Gioiosa Jonica
Tel 0964 /416856;
Via Riviera 13
Villa San Giovanni
tel 0965/794842 339/1459340
Via Torrione 6
Reggio Calabria
tel 0965/794842 – 339/1459340
Quando il ginocchio si usura
L’artrosi di ginocchio o gonartrosi è una patologia
caratterizzata dal progressivo consumo della cartilagine articolare e delle strutture che costituiscono il
ginocchio, ovvero menischi, legamenti, tendini, osso
sub condrale. Col passare del tempo si verifica una
deformità dell’articolazione associata a una limitazione dei movimenti con conseguente peggioramento della qualità di vita del paziente. L’artrosi inizia generalmente in età avanzata ma ci sono dei casi
in cui può interessare anche soggetti più giovani,
come ad esempio quelli già sottoposti a interventi
chirurgici al ginocchio, oppure nelle pregresse fratture che interessano la zona articolare e nei pazienti che hanno costituzionalmente ginocchia vare o
valghe. Nei casi di artrosi iniziale si ricorre ai trattamenti cosiddetti conservativi: terapia medica, infiltrazioni intra-articolari con acido ialuronico o cortisone, fisioterapia. Nelle forme di grave artrosi di
ginocchio si ricorre all’intervento chirurgico per
impianto di protesi, che può essere parziale o totale. La protesi di ginocchio è un dispositivo metallico
che sostituisce le parti degenerate del femore e della
tibia, riproducendone la forma e la funzione. Dopo
l’intervento il paziente può deambulare già dal terzo
giorno post operatorio. È importante che ci si rivolga sempre a centri specializzati e altamente qualificati dove si ricerca la sterilità assoluta dell’ambiente
operatorio e del materiale utilizzato, come ad esempio l’Istituito Ortopedico del Mezzogiorno d’Italia
di Reggio Calabria, dove si eseguono oltre 800
impianti protesici l’anno.
IL DOTT. VINCENZO
CALAFIORE
RICEVE PREVIO
APPUNTAMENTO PRESSO:
STUDIO MEDICO PRIVATO,
VIA DEL TORRIONE 24,
REGGIO CALABRIA,
TEL 0965/21079;
CELL 329/4255444
STUDIO MEDICO
POLISPECIALISTICO RAYMAT,
VIA CALVARIO 15/A
MARINA DI GIOIOSA JONICA,
TEL. 0964/416856;
ISTITUTO ORTOPEDICO DEL
MEZZOGIORNO D'ITALIA ,
DI REGGIO CALABRIA
TEL 0965/361221
(IN REGIME
DI CONVENZIONE COL SSN).
RIVIERA
Compagni giornalisti
Enzo Romeo e Pino Albenese, per uno
strano caso del destino, sono vestiti
come fossero propagandisti de L’Unità,
invece sono solo due cronisti locali!
Sull’attenti!
Per alcuni lui è il
“Maresciallo”, altri,
invece, lo conoscono più semplicemente come
Lillo. Tutti sanno
che è il papà di
Salvatore e Mario
Trichilo.
Artigiani dell’editoria Locridea
Un po’ di sana
sinistra à la calabrese, in questa
bella foto, che
ritrae insieme i
due leggendari
Franco Pancallo
e Mimmo
Gareffa, campioni d’editoria.
Una guida politica e
una intellettuale
Il bravo sindaco di
Portigliola, Rocco
Luglio, ritratto in compagnia dell’ex sindaco
di Caulonia, e nostro
grandissimo editorialista, Ilario
Ammendolia.
Gente di Catojio a
Benestare (1)
La scorsa settimana,
una fresca sera benestarese è stata riscaldata dall’atmosfera di
una notte dedicata ai
catoji. Qualcuno iniziava a preparare la
cena…
Piccoli ometti
crescono
“Tanti Auguri
Vincenzo! Con
affetto e tanto
amore ti auguriamo buon
compleanno
con tutto il
cuore! Nonna
Maria, zia
Concetta, Papà e
Marika”
Spanò in incognito
Due gemelli sono
venuti a trovarci
dalle desolate lande
del West. Ma le male
lingue affermano
che dietro la barba
di uno dei due si
nasconda Attilio
Spanò!
La classe non si sc
Ecco a voi l’uomo iacqua
che ha insegnato lo stile alla Locr
tiluomo d’altri tem ide, un gentore sano di bontà d’pi, un portaa voi Giovanni Fem animo: ecco
ia!
Gente di Catojio a
Benestare (2)
… altri si erano portati
avanti con il lavoro e
attendevano col sorriso
sulle labbra l’arrivo dei
primi clienti, inondando di
dolci profumi le strade…
Tre di soppiatto
Erano usciti dalla porta sul
Sellaro,
Carmelo
retro,
Salvatore Galluzzo e Stefano
Zirilli, ma non sono stati abbastanza veloci per il nostro fotografo!
La crisi non colpisce
l’altruismo (1)
Settimana dedicata
alla beneficienza,
quella di Piazza
Portosalvo. La raccolta fondi indetta
dall’Unicef,
della
quale
abbiamo
immortalato
tre
esponenti,…
SETTIMANALE
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DOMENICA 11 OTTOBRE 23
La quiete dopo la tempesta
Una settimana difficile, quella del
consigliere Figliomeni. La compagnia dell’amico e maestro filosofo
Tavernese, dunque, si rivela un
premio meritato!
Un tutt’uno con il mare
Ancora uno scatto per la nostra meravigliosa patrona che, durante la processione di Portosalvo, pare emergere dalle
acque come un miracolo della natura.
La guida
Mimmo Pturistica
ne. Qui anetta fa spesso
Alvaro, chè con parenti deil ciceropersone e diceva che pe l dottor
perché nole medicine non r alcune
servono
n c’è riparo
…
18mila anni di felicità
Per Emiliana e Rocco
Marzano è arrivato il
giorno di festeggiare i
18 anni anche del
secondogenito. Gli
anni passano, ma la
famiglia è sempre
splendida.
Gioiosa Marina-Siderno
coast to coast
Da Marina di Gioiosa, giunge
dopo periglioso viaggio in
Siderno il dottore Carbone,
qui ritratto col compagno
Fragomeni. Questo e altro
per un amico!
Gente di Catojio a Benestare
(3)
… altri ancora si prendevano
o
qualche istante per fare una fot
sa
po
in
osi
ricordo, mettend
dinanzi al nostro fotografo assieme al sindaco Rosario Rocca.
uca
Il gattino di Gianl cata
di
de
La rotonda
di
alla memoria usta
gi
on
C
Gianluca
esto
ospita spesso qu a il
rv
se
os
gatto che
rlastraffico come se pavecdi
o
ic
se con un am
chia data
stivi
Virtuosismi estate non è mai finita, o
e
l’
A Caulonia minciata e, indipendenforse è già rico anto l’acqua sia fredda a
temente da quun Tubiolo al tuffo!
ottobre, ecco
La crisi non colpisce l’altruismo (2)
… si è contesa il primato di evento
benefico con la raccolta di sangue della
L.A.Do.S., organizzata da Filippo Tedesco
e da tutti i volontari della Locride.
e
allon enp
i
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s
he sa
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uro c dicata all Calcio è .
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Un rata de iderno ccesso
La se ne del S ande su anche
tazio un gr ripartire
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Sider allone!
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